Sepolto dal
bitume bollente
L’autotrasportatore d’origine
abruzzese all’inizio era dato per disperso. Dopo quattro ore
è stato ritrovato il cadavere Amava il calcio, lascia la
moglie e due figli Nel rogo muore Sebastiano Parisse, 49
anni, di Porto Potenza
di DANIELE PALLOTTA
POTENZA PICENA - Quattro ore.
Quattro lunghe ore hanno separato, ieri mattina, la vita
dalla morte. La speranza dal dolore. Fino all’ultimo per
Sebastiano Parisse, autotrasportatore di 49 anni, originario
di Bisegna, in provincia dell’Aquila, ma da una vita
residente a Porto Potenza, sposato e padre di due figli, si
è pregato. Fino all’ultimo si è atteso l’arrivo della
notizia del miracolo. Un miracolo, appunto.
E invece lo stesso vento che
di prima mattina ha portato la morte nel cielo sopra la
raffineria Api di Falconara Marittima, ha trasportato in
casa di Sebastiano, intorno alle 11, un’aria di lutto. Sua
moglie, Giovanna Torresi, 45 anni, da tutti conosciuta come
Giannina, che fino ad allora aveva retto al pianto, non ce
l’ha fatta. Ha gridato, ha urlato in cielo il nome di suo
marito. Allo stesso cielo che glielo ha portato via di prima
mattina, strappandolo al suo amore. All’amore dei figli
Simone e Marco, 24 e 19 anni, due bravi ragazzi che lavorano
come cuochi, uno a Civitanova Alta, l’altro a San Benedetto
del Tronto.
A quel punto la famiglia di
Sebastiano ha capito che il miracolo si era volatilizzato,
che il dramma si era consumato e si è chiusa in un
comprensibile silenzio.
Non vogliono parlare neanche
i colleghi di lavoro di Sebastiano presso la ditta cui
lavorava, la Rossano Bravi di Recanati. “Che volete che vi
dica? - risponde al telefono una voce gentile che con
fermezza però invita a richiamare in un altro momento -
Sebastiano era uno dei nostri, una persona su cui si poteva
contare”.
Chi conosce
l’autotrasportatore lo descrive come un uomo casa, chiesa,
famiglia e lavoro. Aveva un’unica passione: quella per il
calcio. Nel 1999 era stato fra i soci fondatori del “Porto
99”, una società di seconda categoria. Di recente l’assetto
societario era cambiato ma Sebastiano era rimasto lì,
ancorato alla dirigenza.
Tutti gli volevano bene,
tutti seguivano i suoi consigli, tutti lo stimavano per i
suoi sforzi nonostante le fatiche del lavoro.
E poi aveva un amore
sconsiderato per la famiglia. Quella che si era fatto, una
volta giunto nelle Marche dove aveva conosciuto sua moglie
Giannina, ma anche quella d’origine. Aveva scelto Potenza
Picena per assistere il fratello disabile ospite
dell’istituto di riabilitazione “Santo Stefano”. Viveva a
due passi da lui, poco oltre la caserma dell’Aeronautica, al
di là della Statale, nel nuovo quartiere Spinnaker. Era qui
la sua dimora, una villetta a schiera bianca, col giardino
d’ingresso curato, con le imposte socchiuse, ieri, in segno
di lutto. Fino a dieci anni fa Sebastiano aveva lavorato in
un calzaturificio della zona, la Ruggeri. Eppoi aveva deciso
di cambiare e era salito sul camion. Casa, chiesa, famiglia
e lavoro. Sopra di lui il cielo. Quel cielo che ieri se l’è
preso strappandolo all’amore di una moglie e due figli che
ora piangono un marito, un padre, un amico. Un nome da
ricordare e a cui spetta giustizia.
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