RASSEGNA STAMPA 09.09.2004

 

CORRIERE ADRIATICO
Sepolto dal bitume bollente

L’autotrasportatore d’origine abruzzese all’inizio era dato per disperso. Dopo quattro ore è stato ritrovato il cadavere Amava il calcio, lascia la moglie e due figli Nel rogo muore Sebastiano Parisse, 49 anni, di Porto Potenza

di DANIELE PALLOTTA

POTENZA PICENA - Quattro ore. Quattro lunghe ore hanno separato, ieri mattina, la vita dalla morte. La speranza dal dolore. Fino all’ultimo per Sebastiano Parisse, autotrasportatore di 49 anni, originario di Bisegna, in provincia dell’Aquila, ma da una vita residente a Porto Potenza, sposato e padre di due figli, si è pregato. Fino all’ultimo si è atteso l’arrivo della notizia del miracolo. Un miracolo, appunto.

E invece lo stesso vento che di prima mattina ha portato la morte nel cielo sopra la raffineria Api di Falconara Marittima, ha trasportato in casa di Sebastiano, intorno alle 11, un’aria di lutto. Sua moglie, Giovanna Torresi, 45 anni, da tutti conosciuta come Giannina, che fino ad allora aveva retto al pianto, non ce l’ha fatta. Ha gridato, ha urlato in cielo il nome di suo marito. Allo stesso cielo che glielo ha portato via di prima mattina, strappandolo al suo amore. All’amore dei figli Simone e Marco, 24 e 19 anni, due bravi ragazzi che lavorano come cuochi, uno a Civitanova Alta, l’altro a San Benedetto del Tronto.

A quel punto la famiglia di Sebastiano ha capito che il miracolo si era volatilizzato, che il dramma si era consumato e si è chiusa in un comprensibile silenzio.

Non vogliono parlare neanche i colleghi di lavoro di Sebastiano presso la ditta cui lavorava, la Rossano Bravi di Recanati. “Che volete che vi dica? - risponde al telefono una voce gentile che con fermezza però invita a richiamare in un altro momento - Sebastiano era uno dei nostri, una persona su cui si poteva contare”.

Chi conosce l’autotrasportatore lo descrive come un uomo casa, chiesa, famiglia e lavoro. Aveva un’unica passione: quella per il calcio. Nel 1999 era stato fra i soci fondatori del “Porto 99”, una società di seconda categoria. Di recente l’assetto societario era cambiato ma Sebastiano era rimasto lì, ancorato alla dirigenza.

Tutti gli volevano bene, tutti seguivano i suoi consigli, tutti lo stimavano per i suoi sforzi nonostante le fatiche del lavoro.

E poi aveva un amore sconsiderato per la famiglia. Quella che si era fatto, una volta giunto nelle Marche dove aveva conosciuto sua moglie Giannina, ma anche quella d’origine. Aveva scelto Potenza Picena per assistere il fratello disabile ospite dell’istituto di riabilitazione “Santo Stefano”. Viveva a due passi da lui, poco oltre la caserma dell’Aeronautica, al di là della Statale, nel nuovo quartiere Spinnaker. Era qui la sua dimora, una villetta a schiera bianca, col giardino d’ingresso curato, con le imposte socchiuse, ieri, in segno di lutto. Fino a dieci anni fa Sebastiano aveva lavorato in un calzaturificio della zona, la Ruggeri. Eppoi aveva deciso di cambiare e era salito sul camion. Casa, chiesa, famiglia e lavoro. Sopra di lui il cielo. Quel cielo che ieri se l’è preso strappandolo all’amore di una moglie e due figli che ora piangono un marito, un padre, un amico. Un nome da ricordare e a cui spetta giustizia.

 

 
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