“Ora
vogliamo la verità”
La famiglia non crede alla
prima ipotesi avanzata dopo l’incidente
di D.P.
POTENZA PICENA - “Rispettate
il nostro dolore, non chiedeteci altro” - implora con garbo
Simone ai giornalisti. Nei suoi occhi c’è l’angoscia di chi
ha perso un padre. Ma c’è anche la rabbia di chi vorrebbe
chiedere fin d’ora che sia fatta giustizia. “Mio padre era
un esperto - urla al cielo Simone - Chiedetelo ai suoi
colleghi cosa è successo in quella maledetta raffineria.
Sapranno spiegarvi meglio di come un incidente del genere
non sia possibile”. Durante le lunghe ore d’angoscia,
vissute a casa di Sebastiano ieri mattina, si era sparsa la
voce che l’incidente fosse stato provocato da un errore
umano, dall’urto della betoniera contro il sistema di carico
del bitume. “Non è possibile - ripete Simone Parisse - C’è
una divisione netta fra i silos del bitume e le autocisterne
da caricare, chiedetelo ai colleghi di mio padre”.
Sebastiano era un esperto. Così esperto che ieri, per un
istante, si è anche pensato che se la fosse cavata
nonostante quell’inferno di fuoco. Qualcuno aveva visto un
uomo scappare, mettersi in salvo. Si era sperato per lui.
“Era in gamba - ripete suo
figlio - ma in casa non parlava mai di lavoro, teneva sempre
lontani dalla famiglia i suoi problemi. Nè tantomeno ha mai
parlato di carenze nelle misure di sicurezza o di pericoli”.
All’ipotesi di un errore umano la famiglia Parisse comunque
non crede. Una ricostruzione che, ieri mattina, ha sembrato
aggiungere amarezza nell’amarezza giungendo inaspettata,
come la notizia della morte, nella villetta di via Aldo Moro
13. Poco dopo le 8 le immagini dei telegiornali hanno
mostrato l’inferno. Da quell’inferno Sebastiano è stato
inghiottito. Alle 11, dopo quattro ore, l’avvistamento di un
corpo poi, tre ore dopo, la notizia del recupero della salma
dell’uomo. |