Ore 7.20,
torna l’incubo di fuoco
Scoppia un serbatoio alla
raffineria: un morto e tre feriti
di EMANUELE COPPARI
FALCONARA - Fa un morto e tre
feriti (uno è gravissimo) la replica dell’inferno che va in
scena alle 7.20 all’Api cinque anni, diciannove giorni e un
paio d’ore dopo la maledetta alba dell’agosto del ’99. Le
fiamme della morte tornano a bruciare serenità e animi,
lividi come il cielo oscurato da una coltre di fumo
grigiastro e il catrame incandescente che s’è ingoiato una
vita umana. Il biglietto per il ritorno negli inferi è un
boato che scuote chi abita a Villanova e si espande con
un’eco sinistra. E’ un rogo killer quel mostro che erutta
nuvole nere, ma ancora non si sa alle 7.30, quando scatta il
piano di emergenza. Bloccate le strade di accesso alla
raffineria, si rincorrono le sirene dei mezzi del vigili del
fuoco: le squadre di soccorso da Ancona e Jesi, gli
operativi di stanza all’aeroporto. In breve è una congerie
di auto di carabinieri, polizia, guardia di finanza. C’è
anche l’Esercito. La protezione civile consiglia ai
cittadini di restare a casa, l’aria è acre sotto la cappa di
terrore che paralizza pure la ferrovia e la Flaminia, non
l’aeroporto. “Due feriti, ci sono due feriti”. Solo una
voce, ce ne saranno tante a fare da colonna sonora a una
mattinata convulsa, infinita, a due passi dall’ingresso
dell’Api. E’ varcato anche dal procuratore della Repubblica
Vincenzo Luzi e il suo sostituto Cristina Tedeschini, che
vanno a rinfoltire il crocchio coi vertici delle forze di
polizia e le autorità. Attorno alle 9.40 sullo sfondo la
cortina si dirada, i vigili del fuoco hanno vinto il rogo.
L’amministratore delegato di Api Raffineria Franco Brunetti
in un’improvvisata conferenza stampa offre una prima
ricostruzione dei fatti. “Per un errore di manovra
potrebbero essere entrati in contatto un’autocisterna e il
sistema di carico del bitume provocando l’incendio, che si è
propagato ad uno dei quattro serbatoi dell’area”. S’aggrava
il bilancio, e si apre un giallo che tormenterà a lungo. “Ci
sono tre feriti, sono autotrasportatori di una ditta
esterna, e ce n’è un quarto coinvolto”. Il sospetto prende
corpo qualche minuto più tardi: c’è un disperso. Diventa
dramma con le parole del procuratore Luzi: “Sembra che
abbiano individuato un cadavere, stanno andando a
verificare”. C’è anche il pm Irene Bilotta nel pool di
magistrati che raccolgono i primi elementi per le indagini e
mettono sotto sequestro la zona del disastro. All’orizzonte
passa un treno, è stata riattivata la linea ferroviaria che
per un tratto entra nelle fauci dello stabilimento. In primo
piano è un via vai di divise, di tecnici e politici. Si dà
molto da fare il responsabile della protezione civile
Roberto Oreficini. Vuol toccare con mano la portata del
dramma il consigliere regionale della Margherita Marco
Luchetti. L’assessore all’ambiente Marco Amagliani è sepolto
da taccuini e telecamere. “Se si dovesse rilevare una
qualche negligenza dell’azienda potrebbe esserci la
sospensione della concessione”, minaccia. Dichiarazioni
forti, rilasciate sull’onda di una concitazione che monta
perché nessuno riesce a dare un nome al disperso. E
soprattutto a conoscere il suo destino. Nicola Cilli, 36
anni, ha ustioni sul 40% del corpo ed è ricoverato in un
centro specializzato a Padova, ha braccia e gambe
martoriate, la prognosi è riservatissima. Marcelo Pelaez,
argentino di 34 anni residente ad Angeli di Rosora, è
ricoverato al reparto di dermatologia dell’ospedale di
Torrette. Le mani e i piedi sono stati investiti dalla nube
di fuoco. Che ha lambito solo le caviglie di Mauro
Cameurccio, 50 anni, di Marina di Montemarciano. A lui è
andata di lusso, è già a casa. Ma del loro collega, nulla. A
far tirare il fiato ci pensa il prefetto Giulio Maninchedda.
Sono le 11.30. “L’emergenza è cessata, le sostanze
sprigionate dal bitume combusto non erano tossiche”. Manca
all’appello un altro camionista, il cellulare continua a
squillare a vuoto, conferma. “Sembra che abbiano trovato il
morto, o i suoi resti”, straziano il cuore come frecce
acuminate le parole di Andrea Fiordelmondo, segretario della
Uilcem Marche. Ci sono anche i rappresentanti di Cisl e Cgil
ad auspicare che si faccia chiarezza “senza eccessive
restrizioni per l’attività del petrolchimico”. Poi i
sindacati si riuniscono. Sarà un altro estenuante tira e
molla sulla sicurezza. Ma quel che conta è che là dentro c’è
Sebastiano Parisse, 49 anni, di Porto Potenza. Il suo corpo
senza vita è ricoperto dal catrame bruciato e giace nel
bacino di contenimento del serbatoio imploso. Alle 14.20
l’azienda ufficializza la tragedia. |