RASSEGNA STAMPA 09.09.2004

 

CORRIERE ADRIATICO
Ore 7.20, torna l’incubo di fuoco

Scoppia un serbatoio alla raffineria: un morto e tre feriti

di EMANUELE COPPARI

FALCONARA - Fa un morto e tre feriti (uno è gravissimo) la replica dell’inferno che va in scena alle 7.20 all’Api cinque anni, diciannove giorni e un paio d’ore dopo la maledetta alba dell’agosto del ’99. Le fiamme della morte tornano a bruciare serenità e animi, lividi come il cielo oscurato da una coltre di fumo grigiastro e il catrame incandescente che s’è ingoiato una vita umana. Il biglietto per il ritorno negli inferi è un boato che scuote chi abita a Villanova e si espande con un’eco sinistra. E’ un rogo killer quel mostro che erutta nuvole nere, ma ancora non si sa alle 7.30, quando scatta il piano di emergenza. Bloccate le strade di accesso alla raffineria, si rincorrono le sirene dei mezzi del vigili del fuoco: le squadre di soccorso da Ancona e Jesi, gli operativi di stanza all’aeroporto. In breve è una congerie di auto di carabinieri, polizia, guardia di finanza. C’è anche l’Esercito. La protezione civile consiglia ai cittadini di restare a casa, l’aria è acre sotto la cappa di terrore che paralizza pure la ferrovia e la Flaminia, non l’aeroporto. “Due feriti, ci sono due feriti”. Solo una voce, ce ne saranno tante a fare da colonna sonora a una mattinata convulsa, infinita, a due passi dall’ingresso dell’Api. E’ varcato anche dal procuratore della Repubblica Vincenzo Luzi e il suo sostituto Cristina Tedeschini, che vanno a rinfoltire il crocchio coi vertici delle forze di polizia e le autorità. Attorno alle 9.40 sullo sfondo la cortina si dirada, i vigili del fuoco hanno vinto il rogo. L’amministratore delegato di Api Raffineria Franco Brunetti in un’improvvisata conferenza stampa offre una prima ricostruzione dei fatti. “Per un errore di manovra potrebbero essere entrati in contatto un’autocisterna e il sistema di carico del bitume provocando l’incendio, che si è propagato ad uno dei quattro serbatoi dell’area”. S’aggrava il bilancio, e si apre un giallo che tormenterà a lungo. “Ci sono tre feriti, sono autotrasportatori di una ditta esterna, e ce n’è un quarto coinvolto”. Il sospetto prende corpo qualche minuto più tardi: c’è un disperso. Diventa dramma con le parole del procuratore Luzi: “Sembra che abbiano individuato un cadavere, stanno andando a verificare”. C’è anche il pm Irene Bilotta nel pool di magistrati che raccolgono i primi elementi per le indagini e mettono sotto sequestro la zona del disastro. All’orizzonte passa un treno, è stata riattivata la linea ferroviaria che per un tratto entra nelle fauci dello stabilimento. In primo piano è un via vai di divise, di tecnici e politici. Si dà molto da fare il responsabile della protezione civile Roberto Oreficini. Vuol toccare con mano la portata del dramma il consigliere regionale della Margherita Marco Luchetti. L’assessore all’ambiente Marco Amagliani è sepolto da taccuini e telecamere. “Se si dovesse rilevare una qualche negligenza dell’azienda potrebbe esserci la sospensione della concessione”, minaccia. Dichiarazioni forti, rilasciate sull’onda di una concitazione che monta perché nessuno riesce a dare un nome al disperso. E soprattutto a conoscere il suo destino. Nicola Cilli, 36 anni, ha ustioni sul 40% del corpo ed è ricoverato in un centro specializzato a Padova, ha braccia e gambe martoriate, la prognosi è riservatissima. Marcelo Pelaez, argentino di 34 anni residente ad Angeli di Rosora, è ricoverato al reparto di dermatologia dell’ospedale di Torrette. Le mani e i piedi sono stati investiti dalla nube di fuoco. Che ha lambito solo le caviglie di Mauro Cameurccio, 50 anni, di Marina di Montemarciano. A lui è andata di lusso, è già a casa. Ma del loro collega, nulla. A far tirare il fiato ci pensa il prefetto Giulio Maninchedda. Sono le 11.30. “L’emergenza è cessata, le sostanze sprigionate dal bitume combusto non erano tossiche”. Manca all’appello un altro camionista, il cellulare continua a squillare a vuoto, conferma. “Sembra che abbiano trovato il morto, o i suoi resti”, straziano il cuore come frecce acuminate le parole di Andrea Fiordelmondo, segretario della Uilcem Marche. Ci sono anche i rappresentanti di Cisl e Cgil ad auspicare che si faccia chiarezza “senza eccessive restrizioni per l’attività del petrolchimico”. Poi i sindacati si riuniscono. Sarà un altro estenuante tira e molla sulla sicurezza. Ma quel che conta è che là dentro c’è Sebastiano Parisse, 49 anni, di Porto Potenza. Il suo corpo senza vita è ricoperto dal catrame bruciato e giace nel bacino di contenimento del serbatoio imploso. Alle 14.20 l’azienda ufficializza la tragedia.

 
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