RASSEGNA STAMPA 15.07.2004

 

MESSAGGERO
Processo Api, rispunta il “sasso”

FALCONARA Un sasso nella pompa, la rottura, e quella maledetta valvola che era aperta anziché chiusa mettendo in modo anomalo in connessione due circuiti di benzina. Inoltre, forse, quei due operai si avvicinarono troppo alla nube di carburante vaporizzata che, scoppiando, li avrebbe inghiottiti per sempre. La teoria delle concause - prese singolarmente non determinanti, ma secondo un nesso a catena dirompenti - è riemersa ieri nella lunga udienza del processo per omicidio colposo sul rogo che il 25 agosto '99 uccise alla raffineria Api Mario Gandolfi e Ettore Giulian. Una teoria ribadita in aula dai periti Volpicella e Godano, che già l'avevano enunciata durante l'incidente probatorio d'inchiesta.

 
CORRIERE ADRIATICO
Rogo all’Api, il giallo della valvola aperta

Nel processo si riaffaccia l’ipotesi di un furto di carburante all’origine del terribile incidente

di LORENZO SCONOCCHINI

Mille domande, mille risposte. Ma resta irrisolto il mistero della valvola 279. Doveva essere chiusa, ma in quell’alba tragica qualcuno la lasciò aperta e da lì passo un fiume di benzina verde verso una pompa che andò in sovraccarico fino a collassare. Fu questa una delle concause, ciascuna “necessaria ma non sufficiente”, del rogo scoppiato all’Api di Falconara il 25 agosto di cinque anni fa, ma sul perché di quella valvola fuori posto al momento restano solo ipotesi, compresa alcune dai risvolti inquietanti, che evocano saccheggi notturni di carburante dai serbatoi della raffineria. Lo hanno confermato ieri i periti Gennaro Volpicelli e Giuseppe Godono dell’Università di Napoli, nominati dal gip durante le indagini preliminari, nel processo a carico di sei dirigenti, tecnici e operai dell’Api, tra cui l’ex direttore della raffineria Giovanni Saronne e Franco Bellucci, attuale numero uno della raffineria e all’epoca vice. Sono tutti accusati di incendio e omicidio colposo per la morte dei due operai Ettore Giulian e Mario Gandolfi, deceduti per le gravi ustioni riportate nell’esplosione di una nube di vapori di benzina. Nella ricostruzione dei due esperti manca ancora un tassello importante: il motivo per cui venne lasciata aperta quella valvola causando un “assetto anomalo” della linea su cui la mattina dell’incidente veniva trasferito il carburante verde. Con le proprie domande agli esperti, gli avvocati della difesa hanno voluto approfondire l’ipotesi per cui ci sarebbe stato un furto di carburante dietro l’imprevista apertura della valvola incriminata. Una tesi che la difesa sostiene in contrapposizione alla parte civile e al pm Cristina Tedeschini secondo i quali, invece, all’Api vigeva la prassi scorretta di tenere aperte quelle valvole, soprattutto nel periodo estivo, per evitare problemi di pressione nelle linee. Sul “corpo estraneo” trovato dentro la pompa - altra concausa dell’incidente - il professor Volpicelli ha detto di non poter spiegare come ci sia finito ma anche di escludere che ciò sia accaduto dopo lo scoppio. Sull' intervento d’emergenza effettuato dai due tecnici deceduti, i periti hanno confermato che la loro condotta non rispose alle norme di sicurezza e alle comuni regole d’esperienza. Secondo gli esperti, però, Giulian e Gandolfi non erano a conoscenza del problema che aveva causato la perdita di carburante. “Se lo avessero saputo, sarebbero intervenuti a chiudere le valvole e non sulla pompa poi scoppiata”. Poi nel pomeriggio il giudice Capezza ha sentito i consulenti della difesa, Ortolani e Pasini, secondo i quali non sarebbe stato un corpo estraneo finito nella pompa a provocarne il collasso, quanto l’aumento di pressione innescatosi al momento del trasferimento regolare del carburante, a causa di un recedente prelievo fraudolento di benzina effettuato da ignoti. I tecnici hanno spiegato la presenza “incongruente” di Gandolfi e Giulian sul luogo dell’esplosione, ipotizzando che stessero ripristinando la sicurezza della linea dopo essersi accorti che altri l’avevano deviata per prelevare illecitamente carburante. Quanto al pezzo di calcestruzzo, hanno spiegato, sarebbe entrato nella pompa dopo l’esplosione e in ogni caso, anche ammettendo che ci fosse anche prima, non avrebbe potuto provocare l’incidente.

Falconara, solo legno sull’arenile

L’ex spiaggia dei militari diventerà un centro ricreativo e di ristoro. Torneranno le piattaforme a mare in voga negli Anni ’30 Saranno migliorati tutti gli accessi al litorale Progetto del Comune per realizzare strutture balneari a basso impatto ambientale

di MARINA MINELLI

FALCONARA - Legno, tanto legno. Per le strutture balneari e della ristorazione, per il cavalcavia che ricongiungerà la zona sud del quartiere di Palombina Vecchia con la spiaggia, e anche per il pontile e la piattaforma a mare. La riqualificazione del tratto di arenile a confine con il comune di Ancona passa attraverso un progetto a bassissimo impatto ambientale. “Il legno - spiega Furio Durpetti, dirigente all’urbanistica del comune di Falconara – ci è sembrata la scelta più giusta, e ora che abbiamo in mano i disegni aspettiamo il confronto con tutti gli enti e gli organismi preposti”. Entro la fine del mese, il comune di Falconara ha intenzione di convocare un incontro con Soprintendenza ai Beni Culturali, Autorità Portuale, Demanio Marittimo, Capitaneria di Porto per avviare le procedure per acquisire i pareri necessari e quindi partire con i lavori. “Il fulcro di tutto l’intervento – prosegue Durpetti – sarà la zona dello stabilimento utilizzato un tempo dai militari dello stabilimento dell’ex 84esimo battaglione fanteria ‘Venezia’ e poi abbandonato all’epoca della chiusura della caserma Saracini. L’edificio e la spiaggia adesso sono in concessione al Comune che vista l’importanza e la vastità dell’area vuole creare qualcosa di nuovo”. Lo stabilimento dell’84esimo, affidato per il recupero e la manutenzione all’istituzione sportiva “Jessie Owens”, oggi è la sede marina dei centri estivi del Comune, ma il suo futuro è ben diverso. Il progetto dell’architetto Nello Petrini, recentemente approvato dalla giunta, prevede infatti un complesso dedicato alle attività ricreative e al ristoro, facilmente raggiungibile attraverso il cavalcavia in legno che andrà ad insistere su una zona che nel Prg ’99 è destinata a parcheggio pubblico. “I manufatti in legno sulla riva, così come il pontile e la piattaforma a mare – precisa Durpetto - accoglieranno attività ricreative e di ristoro con una spiaggia adeguatamente attrezzata per il benessere e per il tempo libero”. Un’idea che secondo l’amministrazione falconarese “ha un notevole valore economico”, destinata a riportare lungo l’arenile della città l’uso delle “piattaforme a mare” degli anni ’20-’30 del secolo scorso. L’intervento però non si fermerà al confine con Ancona perché è intenzione del Comune di riqualificare tutti i pontili che dalla spiaggia raggiungono le scogliere per trasformarli di “percorsi a mare” destinati allo sport, alla nautica, alla pesca ed alla ristorazione. Inoltre, viste le generali difficoltà di accesso all’arenile, separato dalla città dalla Flaminia e dalla ferrovia, è stata valutata la possibilità di migliorare di tutti gli accessi al mare, in modo che questi, resi accessibili anche ai disabili, siano facilmente identificabili sia dalla parte a mare che dalla parte della città. “Mi sembra una proposta molto interessante – afferma Gianluca Guazzarotti, presidente del consorzio dei bagnini Falcomar – è giusto utilizzare in pieno tutta la spiaggia di Falconara e creare dei poli di attrazione da nord a sud. Come è auspicabile anche una rapida sistemazione ed un adeguamento dei sottopassi”.

Meno consumi più blackout

Corrente elettrica, Marche non autosufficienti. La produzione non copre neppure la metà del fabbisogno regionale La provincia di Ancona è quella che assorbe più energia. Nel 2003 251 minuti di interruzione

di MASSIMILIANO VITI

ANCONA - Rallentano i consumi ma aumentano i blackout in una regione che non produce neanche la metà dell’energia elettrica necessaria. Entro fine anno sarà varato il nuovo piano energetico che prenderà atto di questa situazione: nel 2002 le Marche hanno consumato 7.480 Gwh (gigawattora) producendone appena 3.176. La provincia di Ancona (2.519 Gwh) è quella che assorbe più energia di tutte le altre con un aumento dello 0,9% sul 2001. Poi Ascoli Piceno con 1.572 Gwh (+1,9%), Macerata con 1.225 (+5,8%) e infine Pesaro e Urbino con 1.368 Gwh (+5,6%). Per il conteggio complessivo, al consumo domestico occorre aggiungere i circa 409 Gwh utilizzati per il trasporto e la trasformazione e circa 252 Gwh per le attività delle centrali elettriche. Per quanto riguarda i consumi, le Marche con 4.495 Kwh pro capite, sono al di sotto della media nazionale che si attesta a 4.928, e ad ulteriore aiuto al deficit regionale l’Enel stima un rallentamento nella crescita dei consumi. Infatti se nel 2003 i consumi sono aumentati del 3% rispetto all’anno precedente, nel 2004 si prevede un incremento dell’uno per cento. Un dato che attenua ma non cancella le preoccupazioni per un’autosufficienza energetica piuttosto lontana da raggiungere e che potrebbe frenare i settori economici in ripresa, così come è stato sottolineato di recente da uno studio elaborato dalla Cna regionale. Accrescono la preoccupazione anche i dati relativi ai blackout. Nel 2003 ci sono stati 251 minuti di interruzione di erogazione di energia elettrica per ogni utente contro gli 82 minuti del 2002, i 102 minuti del 2001 e 126 minuti del 2000. La torrida estate dell’anno scorso e un dicembre piuttosto freddo sono state le cause imputabili all’aumento dei blackout. Come migliorare la situazione? Il territorio marchigiano è pieno di microcentrali idroelettriche (44 di proprietà dell’Enel per una produzione di appena 500 milioni di Kwh) che danno scarso rendimento anche confrontandolo con i danni all’ambiente. E si prevede che in futuro altre centrali idroelettriche ferme perché non redditizie ma con un basso impatto ambientale verranno di nuovo messe in funzione per dare il loro contributo al raggiungimento della soglia del 2% di energia verde richiesto dalla normativa. Occorrono allora nuove centrali? L’unica che potrebbe essere attivata nei prossimi mesi è quella a gas di San Severino, sulla quale pende però una petizione con migliaia di firme. Altre centrali eoliche potrebbero essere messe in funzione, soprattutto in provincia di Macerata, ma c’è l’opposizione degli ambientalisti. Occorre allora potenziare le centrali già in funzione. Un importante polo di produzione è quello di Falconara che nel 2002 ha erogato 1.500 Gwh e nel 2004 ne produrrà circa 2.000. C’è la centrale turbogas a metano di Camerata Picena che è stata riaperta quest’anno dopo i lavori di manutenzione che potrebbe essere potenziata vista anche la felice collocazione ambientale, nel bel mezzo di un bosco di 20 ettari costruito dall’Enel. Soluzioni che, come accennato, dovrà trovare il nuovo piano energetico, pronto entro la fine di quest’anno e in vigore dal 2005. Per diverse ragioni non sarà facile trovare le soluzioni al problema - e soprattutto soluzioni che abbiano un risultato rapido - ma lo sviluppo economico della regione è minacciato dal deficit energetico.

 
RESTO DEL CARLINO
Rogo all'Api, i periti sul giallo della valvola

ANCONA - E' sicuro che la valvola 279 - quella da cui passo il carburante ecologico verso la pompa poi collassata - era rimasta aperta e che questa fu una delle concause, ciascuna «necessaria ma non sufficiente», del rogo scoppiato alla raffineria Api di Falconara il 25 agosto '99, ma ci sono solo ipotesi sui motivi per tale valvola non fosse stata opportunamente chiusa. Lo hanno ribadito ieri i periti Volpicella e Godano dell' Università di Napoli, a suo tempo nominati dal gip di Ancona, nel processo a carico di sei persone, tra cui l'ex direttore della raffineria Giovanni Saronne e Franco Bellucci, attuale direttore e vice di Saronne nel '99, accusati di omicidio colposo per la morte dei due operai Ettore Giulian e Mario Gandolfi, deceduti per le gravi ustioni riportate nell'incendio. Nella loro relazione tecnica, i due esperti hanno ipotizzato che a provocare l'incendio sarebbe stata una serie di concause iniziata con il trasferimento della benzina verde al deposito nazionale lungo una linea anomala. A questo, sempre secondo i periti, si sarebbero aggiunta la mancata chiusura di alcune valvole di sicurezza, come richiesto da una prassi corretta di gestione del servizio, e il cedimento di una pompa nella quale fu trovato un pezzo di calcestruzzo. Una ricostruzione che è stata ripetuta in udienza ma alla quale manca un tassello importante, e cioè il motivo per cui venne lasciata aperta quella valvola causando un "assetto anomalo" della linea su cui la mattina dell'incidente veniva trasferito il carburante. Con le proprie domande agli esperti, gli avvocati della difesa hanno inteso approfondire l'ipotesi per cui ci sarebbe stato un fraudolento prelevamento di carburante dietro l'inopinata apertura della valvola incriminata.

 
LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO
«I lavoratori morti da ieri sono saliti a 132»

Il Comitato delle vittime del Petrolchimico: «Passiamo all'azione politica» «Non più compassione»

BRINDISI - «Ora i morti del Petrolchimico sono diventati 132. È morto un altro collega. Si chiamava Cosimo Bissante, aveva un tumore al fegato». Difficile dire se c'era più commozione o rabbia nelle parole di Franco Caiulo, coordinatore del Comitato delle vittime del Petrolchimico che ieri pomeriggio ha invitato tutta la cittadinanza ad un nuovo sit-in in piazza Vittoria. Ma di certo c'era angoscia per questa pagina di storia della città che in molti vorrebbero se non negare, almeno seppellire sotto il peso del tempo. È vero le malattie sono il risultato di gravi inadempienze passate, ma come si fa ad essere certi che la sicurezza dei lavoratori oggi sia tutelata. Mai dimenticare. «È finito il periodo in cui chiedevamo compassione - ha affermato Maurizio Portaluri, referente di Medicina democratica - ora intendiamo passare all'azione politica». «Non ci accontiamo più di cercare la verità nelle aule giudiziarie - è stato detto a più voci -. Chiediamo con forza al Comune e alla Provincia un'attenzione coerente. Chiediamo che siano destinate risorse e un ufficio al Comitato.

 
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