Rogo all’Api, il giallo della
valvola aperta
Nel processo si riaffaccia
l’ipotesi di un furto di carburante all’origine del
terribile incidente
di LORENZO SCONOCCHINI
Mille domande, mille
risposte. Ma resta irrisolto il mistero della valvola 279.
Doveva essere chiusa, ma in quell’alba tragica qualcuno la
lasciò aperta e da lì passo un fiume di benzina verde verso
una pompa che andò in sovraccarico fino a collassare. Fu
questa una delle concause, ciascuna “necessaria ma non
sufficiente”, del rogo scoppiato all’Api di Falconara il 25
agosto di cinque anni fa, ma sul perché di quella valvola
fuori posto al momento restano solo ipotesi, compresa alcune
dai risvolti inquietanti, che evocano saccheggi notturni di
carburante dai serbatoi della raffineria. Lo hanno
confermato ieri i periti Gennaro Volpicelli e Giuseppe
Godono dell’Università di Napoli, nominati dal gip durante
le indagini preliminari, nel processo a carico di sei
dirigenti, tecnici e operai dell’Api, tra cui l’ex direttore
della raffineria Giovanni Saronne e Franco Bellucci, attuale
numero uno della raffineria e all’epoca vice. Sono tutti
accusati di incendio e omicidio colposo per la morte dei due
operai Ettore Giulian e Mario Gandolfi, deceduti per le
gravi ustioni riportate nell’esplosione di una nube di
vapori di benzina. Nella ricostruzione dei due esperti manca
ancora un tassello importante: il motivo per cui venne
lasciata aperta quella valvola causando un “assetto anomalo”
della linea su cui la mattina dell’incidente veniva
trasferito il carburante verde. Con le proprie domande agli
esperti, gli avvocati della difesa hanno voluto approfondire
l’ipotesi per cui ci sarebbe stato un furto di carburante
dietro l’imprevista apertura della valvola incriminata. Una
tesi che la difesa sostiene in contrapposizione alla parte
civile e al pm Cristina Tedeschini secondo i quali, invece,
all’Api vigeva la prassi scorretta di tenere aperte quelle
valvole, soprattutto nel periodo estivo, per evitare
problemi di pressione nelle linee. Sul “corpo estraneo”
trovato dentro la pompa - altra concausa dell’incidente - il
professor Volpicelli ha detto di non poter spiegare come ci
sia finito ma anche di escludere che ciò sia accaduto dopo
lo scoppio. Sull' intervento d’emergenza effettuato dai due
tecnici deceduti, i periti hanno confermato che la loro
condotta non rispose alle norme di sicurezza e alle comuni
regole d’esperienza. Secondo gli esperti, però, Giulian e
Gandolfi non erano a conoscenza del problema che aveva
causato la perdita di carburante. “Se lo avessero saputo,
sarebbero intervenuti a chiudere le valvole e non sulla
pompa poi scoppiata”. Poi nel pomeriggio il giudice Capezza
ha sentito i consulenti della difesa, Ortolani e Pasini,
secondo i quali non sarebbe stato un corpo estraneo finito
nella pompa a provocarne il collasso, quanto l’aumento di
pressione innescatosi al momento del trasferimento regolare
del carburante, a causa di un recedente prelievo fraudolento
di benzina effettuato da ignoti. I tecnici hanno spiegato la
presenza “incongruente” di Gandolfi e Giulian sul luogo
dell’esplosione, ipotizzando che stessero ripristinando la
sicurezza della linea dopo essersi accorti che altri
l’avevano deviata per prelevare illecitamente carburante.
Quanto al pezzo di calcestruzzo, hanno spiegato, sarebbe
entrato nella pompa dopo l’esplosione e in ogni caso, anche
ammettendo che ci fosse anche prima, non avrebbe potuto
provocare l’incidente.
Falconara, solo legno
sull’arenile
L’ex spiaggia dei militari
diventerà un centro ricreativo e di ristoro. Torneranno le
piattaforme a mare in voga negli Anni ’30 Saranno migliorati
tutti gli accessi al litorale Progetto del Comune per
realizzare strutture balneari a basso impatto ambientale
di MARINA MINELLI
FALCONARA - Legno, tanto
legno. Per le strutture balneari e della ristorazione, per
il cavalcavia che ricongiungerà la zona sud del quartiere di
Palombina Vecchia con la spiaggia, e anche per il pontile e
la piattaforma a mare. La riqualificazione del tratto di
arenile a confine con il comune di Ancona passa attraverso
un progetto a bassissimo impatto ambientale. “Il legno -
spiega Furio Durpetti, dirigente all’urbanistica del comune
di Falconara – ci è sembrata la scelta più giusta, e ora che
abbiamo in mano i disegni aspettiamo il confronto con tutti
gli enti e gli organismi preposti”. Entro la fine del mese,
il comune di Falconara ha intenzione di convocare un
incontro con Soprintendenza ai Beni Culturali, Autorità
Portuale, Demanio Marittimo, Capitaneria di Porto per
avviare le procedure per acquisire i pareri necessari e
quindi partire con i lavori. “Il fulcro di tutto
l’intervento – prosegue Durpetti – sarà la zona dello
stabilimento utilizzato un tempo dai militari dello
stabilimento dell’ex 84esimo battaglione fanteria ‘Venezia’
e poi abbandonato all’epoca della chiusura della caserma
Saracini. L’edificio e la spiaggia adesso sono in
concessione al Comune che vista l’importanza e la vastità
dell’area vuole creare qualcosa di nuovo”. Lo stabilimento
dell’84esimo, affidato per il recupero e la manutenzione
all’istituzione sportiva “Jessie Owens”, oggi è la sede
marina dei centri estivi del Comune, ma il suo futuro è ben
diverso. Il progetto dell’architetto Nello Petrini,
recentemente approvato dalla giunta, prevede infatti un
complesso dedicato alle attività ricreative e al ristoro,
facilmente raggiungibile attraverso il cavalcavia in legno
che andrà ad insistere su una zona che nel Prg ’99 è
destinata a parcheggio pubblico. “I manufatti in legno sulla
riva, così come il pontile e la piattaforma a mare – precisa
Durpetto - accoglieranno attività ricreative e di ristoro
con una spiaggia adeguatamente attrezzata per il benessere e
per il tempo libero”. Un’idea che secondo l’amministrazione
falconarese “ha un notevole valore economico”, destinata a
riportare lungo l’arenile della città l’uso delle
“piattaforme a mare” degli anni ’20-’30 del secolo scorso.
L’intervento però non si fermerà al confine con Ancona
perché è intenzione del Comune di riqualificare tutti i
pontili che dalla spiaggia raggiungono le scogliere per
trasformarli di “percorsi a mare” destinati allo sport, alla
nautica, alla pesca ed alla ristorazione. Inoltre, viste le
generali difficoltà di accesso all’arenile, separato dalla
città dalla Flaminia e dalla ferrovia, è stata valutata la
possibilità di migliorare di tutti gli accessi al mare, in
modo che questi, resi accessibili anche ai disabili, siano
facilmente identificabili sia dalla parte a mare che dalla
parte della città. “Mi sembra una proposta molto
interessante – afferma Gianluca Guazzarotti, presidente del
consorzio dei bagnini Falcomar – è giusto utilizzare in
pieno tutta la spiaggia di Falconara e creare dei poli di
attrazione da nord a sud. Come è auspicabile anche una
rapida sistemazione ed un adeguamento dei sottopassi”.
Meno consumi più blackout
Corrente elettrica, Marche
non autosufficienti. La produzione non copre neppure la metà
del fabbisogno regionale La provincia di Ancona è quella che
assorbe più energia. Nel 2003 251 minuti di interruzione
di MASSIMILIANO VITI
ANCONA - Rallentano i consumi
ma aumentano i blackout in una regione che non produce
neanche la metà dell’energia elettrica necessaria. Entro
fine anno sarà varato il nuovo piano energetico che prenderà
atto di questa situazione: nel 2002 le Marche hanno
consumato 7.480 Gwh (gigawattora) producendone appena 3.176.
La provincia di Ancona (2.519 Gwh) è quella che assorbe più
energia di tutte le altre con un aumento dello 0,9% sul
2001. Poi Ascoli Piceno con 1.572 Gwh (+1,9%), Macerata con
1.225 (+5,8%) e infine Pesaro e Urbino con 1.368 Gwh
(+5,6%). Per il conteggio complessivo, al consumo domestico
occorre aggiungere i circa 409 Gwh utilizzati per il
trasporto e la trasformazione e circa 252 Gwh per le
attività delle centrali elettriche. Per quanto riguarda i
consumi, le Marche con 4.495 Kwh pro capite, sono al di
sotto della media nazionale che si attesta a 4.928, e ad
ulteriore aiuto al deficit regionale l’Enel stima un
rallentamento nella crescita dei consumi. Infatti se nel
2003 i consumi sono aumentati del 3% rispetto all’anno
precedente, nel 2004 si prevede un incremento dell’uno per
cento. Un dato che attenua ma non cancella le preoccupazioni
per un’autosufficienza energetica piuttosto lontana da
raggiungere e che potrebbe frenare i settori economici in
ripresa, così come è stato sottolineato di recente da uno
studio elaborato dalla Cna regionale. Accrescono la
preoccupazione anche i dati relativi ai blackout. Nel 2003
ci sono stati 251 minuti di interruzione di erogazione di
energia elettrica per ogni utente contro gli 82 minuti del
2002, i 102 minuti del 2001 e 126 minuti del 2000. La
torrida estate dell’anno scorso e un dicembre piuttosto
freddo sono state le cause imputabili all’aumento dei
blackout. Come migliorare la situazione? Il territorio
marchigiano è pieno di microcentrali idroelettriche (44 di
proprietà dell’Enel per una produzione di appena 500 milioni
di Kwh) che danno scarso rendimento anche confrontandolo con
i danni all’ambiente. E si prevede che in futuro altre
centrali idroelettriche ferme perché non redditizie ma con
un basso impatto ambientale verranno di nuovo messe in
funzione per dare il loro contributo al raggiungimento della
soglia del 2% di energia verde richiesto dalla normativa.
Occorrono allora nuove centrali? L’unica che potrebbe essere
attivata nei prossimi mesi è quella a gas di San Severino,
sulla quale pende però una petizione con migliaia di firme.
Altre centrali eoliche potrebbero essere messe in funzione,
soprattutto in provincia di Macerata, ma c’è l’opposizione
degli ambientalisti. Occorre allora potenziare le centrali
già in funzione. Un importante polo di produzione è quello
di Falconara che nel 2002 ha erogato 1.500 Gwh e nel 2004 ne
produrrà circa 2.000. C’è la centrale turbogas a metano di
Camerata Picena che è stata riaperta quest’anno dopo i
lavori di manutenzione che potrebbe essere potenziata vista
anche la felice collocazione ambientale, nel bel mezzo di un
bosco di 20 ettari costruito dall’Enel. Soluzioni che, come
accennato, dovrà trovare il nuovo piano energetico, pronto
entro la fine di quest’anno e in vigore dal 2005. Per
diverse ragioni non sarà facile trovare le soluzioni al
problema - e soprattutto soluzioni che abbiano un risultato
rapido - ma lo sviluppo economico della regione è minacciato
dal deficit energetico. |
Rogo all'Api, i periti sul
giallo della valvola
ANCONA - E' sicuro che la
valvola 279 - quella da cui passo il carburante ecologico
verso la pompa poi collassata - era rimasta aperta e che
questa fu una delle concause, ciascuna «necessaria ma non
sufficiente», del rogo scoppiato alla raffineria Api di
Falconara il 25 agosto '99, ma ci sono solo ipotesi sui
motivi per tale valvola non fosse stata opportunamente
chiusa. Lo hanno ribadito ieri i periti Volpicella e Godano
dell' Università di Napoli, a suo tempo nominati dal gip di
Ancona, nel processo a carico di sei persone, tra cui l'ex
direttore della raffineria Giovanni Saronne e Franco
Bellucci, attuale direttore e vice di Saronne nel '99,
accusati di omicidio colposo per la morte dei due operai
Ettore Giulian e Mario Gandolfi, deceduti per le gravi
ustioni riportate nell'incendio. Nella loro relazione
tecnica, i due esperti hanno ipotizzato che a provocare
l'incendio sarebbe stata una serie di concause iniziata con
il trasferimento della benzina verde al deposito nazionale
lungo una linea anomala. A questo, sempre secondo i periti,
si sarebbero aggiunta la mancata chiusura di alcune valvole
di sicurezza, come richiesto da una prassi corretta di
gestione del servizio, e il cedimento di una pompa nella
quale fu trovato un pezzo di calcestruzzo. Una ricostruzione
che è stata ripetuta in udienza ma alla quale manca un
tassello importante, e cioè il motivo per cui venne lasciata
aperta quella valvola causando un "assetto anomalo" della
linea su cui la mattina dell'incidente veniva trasferito il
carburante. Con le proprie domande agli esperti, gli
avvocati della difesa hanno inteso approfondire l'ipotesi
per cui ci sarebbe stato un fraudolento prelevamento di
carburante dietro l'inopinata apertura della valvola
incriminata. |