RASSEGNA STAMPA 12.05.2004

 

MESSAGGERO
Ds e Rifondazione fanno la pace

Ora si pensa all’allargamento della maggioranza ma la Margherita frena

di LETIZIA LARICI

FALCONARA Contrasti superati tra Rifondazione e Ds. L'altra sera l'incontro che ha sancito l'avvicinamento. Ad annunciarlo i due partiti con un documento congiunto che parla di «convergenza sui principali temi programmatici dell'Amministrazione». Presenti il sindaco Carletti, esponenti dei Ds e di Prc, l'assessore regionale Marco Amagliani, il summit è servito per avviare un confronto programmatico dal quale è emersa «la condivisione di larga parte delle valutazioni». Gettate le basi per una ricomposizione della sinistra a Falconara, non resta che allargare il confronto a tutta la coalizione che governa la città per consentire a Rifondazione di entrarein maggioranza. Confronto che non dovrebbe tardare. Presumibilmente entro la prossima settimana il sindaco riunirà gli altri partiti della coalizione con l'auspicio che l'accordo venga stretto quanto prima. Fiducioso il capogruppo di Rc Massimo Marcelli: «Se nel giro di poco tempo siamo riusciti ad avviare un percorso condiviso con i Ds, lo stesso potrebbe accadere con il resto della maggioranza». Tempi stretti? Impossibile secondo la Margherita, da sempre scettica su un accordo con Rifondazione. «Se ne discuterà - commenta il segretario comunale Marco Salustri - ma senza bruciare le tappe. Per ora la nostra posizione rimane quella di sempre: Rc fino ad oggi non ha mai dimostrato di essere d'accordo con l'Amministrazione, anzi ne ha sempre contestato duramente l'operato. Se ha cambiato idea, valuteremo». Intanto Ds e Rifondazione hanno avviato un confronto sui nodi centrali del programma Carletti, dal Prg al ruolo del Consiglio comunale, dai servizi sociali al tema degli istituti democratici di partecipazione, registrando «più convergenze che divergenze», come sottolinea Marcelli Flori. Se la questione Api non è stata sfiorata, dal dibattito è emersa la necessità «di valorizzare il ruolo del consiglio comunale». L'assenza di partecipazione democratica in Consiglio, obiezione più volte sollevata non solo da Rc, sembrerebbe quindi una preoccupazione superata. «Con quest'incontro - commenta il segretario Ds Giancarlo Scortichini - abbiamo colmato un deficit di conoscenza. Constatata una condivisione programmatica di fondo, ci impegneremo per il raggiungimento dell'obiettivo del rafforzamento della maggioranza». Soddisfatto dell’accordo pure il consigliere comunale di Alleanza popolare, Michele Boncristiano: «Condivido ampiamente tale scelta in quanto volta a creare l’unità del centrosinistra che permetta di dare soluzioni convincenti ai tanti problemi della città».

«A Camerata una centrale modello»

L’Enel giura sulla sicurezza dell’impianto ma a Jesi continua la “ribellione”

di GIOIA MORICI

JESI «La Turbogas di Camerata Picena è un patrimonio di cui la comunità non può fare a meno, perché risponde in breve tempo alla richiesta di potenza e di energia che si può manifestare sulla rete elettrica». Non ci sta l'Enel alla accuse sollevate dalla scena politica jesina contro la riattivazione della propria centrale. E le critiche mosse da sindaco e consiglieri comunali? «Assolutamente fuori luogo - replicano dall'Unità termoelettrica Enel di Ancona - L'impianto di Camerata rappresenta una risorsa strategica indispensabile per gli interventi rapidi, insostituibile nel suo ruolo di presidio anti-blackout, che non a caso ha accolto il sostegno della protezione civile. Oltretutto, secondo le stime, potrebbe funzionare, dato che si tratta di un impianto di picco, circa 100 ore l'anno, ovvero solo 4 giorni su 365. Sulla centrale, per nulla obsoleta, abbiamo investito su delibera nazionale dopo l'emergenza dello scorso giugno per evitare il razionamento di energia elettrica: utilizza metano ed è perfettamente ambientalizzata tanto da essere stata definita un modello per il fatto di trovarsi entro un bosco di circa 20 ettari, piantumato proprio da Enel». Rassicurazioni che però non bastano a placare le polemiche. Antonio Grassetti (An) torna infatti all'attacco contro la Regione: «Anziché accapigliarsi sulle reciproche responsabilità, la sinistra che governa dovrebbe chiedere scusa alla popolazione, che oggi si sente ingannata. La Regione, purtroppo, ha lasciato scorrere passivamente gli anni, sino trovarsi impreparata di fronte ad un evento atteso come quello della riattivazione della centrale di Camerata Picena. Bisogna coordinare l'attività dell'Enel sul nostro territorio con un sapiente piano energetico, che dovrebbe essere approvato al più presto». La Regione dal canto suo replica che «la centrale di Camerata per le sue caratteristiche è soggetta ad autorizzazione del Governo e il piano energetico poteva fare poco rispetto alla pianificazione del suo futuro. L'assessorato all'Ambiente si è attivato subito quando il progetto era in fase di bozza per intervenire invece con un piano ambientale, visto che l'impianto è vecchissimo e si prospettavano problemi seri. Quando l'Enel ha comunicato l'intenzione di riattivare la struttura, abbiamo chiesto le opportune verifiche durante il funzionamento con i dati di monitoraggio validati dall'Arpam su cui fare le giuste valutazioni tecniche e amministrative. Poi l'Enel ha autonomamente dichiarato che la situazione è sotto controllo ed è andata per la sua strada. Siamo ancora in attesa dei dati, che dovranno confermare se tenere accesa la centrale, anche solo per emergenze, sia compatibile coi costi e se effettivamente ci siano gravi rischi di inquinamento, visti i milioni di tonnellate di gas che verranno bruciati. Lo ribadiamo: anche per noi tre centrali turbogas in Vallesina sono troppe. Ci impegneremo pertanto a controllare attentamente la situazione».

 
CORRIERE ADRIATICO
Disgelo con Rifondazione

Carletti e Amagliani allo stesso tavolo. Verso l'ingresso in giunta

di MARINA MINELLI

FALCONARA - Schiarite sempre più ampie fra Ds falconaresi e Rifondazione Comunista che, dopo l'incontro del disgelo svoltosi nei giorni scorsi, si sono rivisti lunedì sera per affrontare in particolare tre grandi questioni. All'ordine del giorno dell'incontro a cui hanno partecipato, oltre ai direttivi dei due partiti, anche il sindaco Carletti e l'assessore regionale Amagliani, in primo luogo la vicenda della costituzione della società d'ambito "Esino spa", l'urbanistica con una particolare attenzione al nuovo Prg ed infine la cosiddetta "gestione democratica del consiglio comunale e delle commissioni". "Dopo avere verificato una sostanziale condivisione dell'analisi politica - ha commentato il capo gruppo di Rc Massimo Marcelli Flori - il confronto è proseguito sui principali temi programmatici realizzati ed in via di realizzazione da parte dell'amministrazione comunale, soprattutto per quanto concerne le scelte strategiche sul medio-lungo periodo ed i problemi legati all'applicazione concreta del nuovo Prg". Il dialogo fra i due gruppi politici (presenti per Rc Maurizio Amagliani ed il consigliere provinciale Renzo Amagliani e per i Ds, il segretario comunale Giancarlo Scortichini, il capo gruppo Angelo Di Mattia, il consigliere Aldemaro Pietrucci e l'assessore Fausto Api) è proseguito sulle scelte che riguardano la realizzazione del complesso piano di servizi sociali e le sue modalità di gestione; il dibattito ha toccato poi il tema degli istituti democratici di partecipazione e la necessità, condivisa da entrambe le formazioni politiche ed evidenziata in una nota congiunta, "di valorizzare il ruolo del consiglio comunale quale massimo organismo politico e democratico della città". "La condivisione di larga parte delle valutazioni - prosegue la nota - la comune volontà registrata sui temi principali della vita cittadina rendono a nostro avviso ormai non rinviabile l'avvio di un costruttivo confronto che dovrà coinvolgere Rifondazione Comunista e l'intera maggioranza, confronto finalizzato ad un rapporto di collaborazione amministrativa tale da superare le divisioni del passato". Sul possibile allargamento della maggioranza a Rc esprime una valutazione positiva anche Michele Boncristiano, ex consigliere di Forza Italia passato all'Udeur-Alleanza Popolare, il quale dichiara "di condividere ampiamente tale scelta, in quanto volta a creare l'unità del centro-sinistra". Un tale coinvolgimento che Boncristiano si augura sia favorito e condiviso da tutte le forse politiche, "garantirebbe certamente il raggiungimento di un'importante obiettivo, in particolare quello di migliorare la qualità dei programmi da realizzare, inoltre aprirebbe la scena politica a nuovi personaggi in grado di contribuire responsabilmente e con capacità, al difficile compito di amministrare la nostra città". "In questo contesto - osserva il rappresentante di Uderu-AP - ritengo estremamente positivo il percorso effettuato dal Sindaco, visto che tra l'altro coalizioni di centro-sinistra a cui partecipa Rc già governano la Regione Marche la Provincia di Ancona e molte importanti città del nostro territorio".

Flaminia, da lunedì scatta il senso unico

Lavori in corso. Oggi la firma dell'ordinanza

di MARINA MINELLI

FALCONARA - Partirà lunedì 17 maggio l'ordinanza che impone il senso unico di transito sulla via Flaminia verso nord in direzione Senigallia. Il provvedimento, che resterà in vigore, sembra, una ventina di giorni, è motivato da alcuni lavori di rifacimento del manto stradale che saranno eseguiti dal Cam ed è stata la stessa azienda servizi (come risulta da un'ordinanza poi risultata incompleta e non vidimata dal sindaco che fino a ieri pomeriggio era sul sito internet del comune di Falconara) a chiedere all'amministrazione cittadina questa modifica sostanziale della viabilità cittadina. La Flaminia dovrebbe essere a senso unico (la conferma con l'ordinanza ufficiale alla quale gli uffici comunali stanno lavorando da due giorni solo nella giornata di oggi) da via Trento a via Baldelli e nello stesso tratto di strada potrebbero anche essere eliminati dei posti auto. Quanto al traffico in direzione sud, se diretto ad Ancona sarà deviato sulla variante prima dell'ingresso in città e cioè davanti alla ex caserma Saracini e altrimenti percorrerà le vie Casteldidardo, Bottego, Fratelli Rosselli, Leopardi e Trento per immettersi poi di nuovo sulla via Flaminia. Anche nelle vie interne saranno eliminati molti posti di sosta per le auto a causa del trasferimento di tutte le fermate delle linee Conerobus per Ancona. Fra i residenti ed i commercianti comincia già a serpeggiare un certo malumore motivato in parte dalla constatazione che i permessi di sosta già pagati saranno inutilizzabili per un lungo periodo, e poi dalla considerazione che le difficoltà di circolazione in tutte le vie interne di Falconara in questo modo verranno notevolmente incrementate. C'è chi teme inoltre giorni difficili per strade fin ad oggi considerate interne e residenziali, come via della Repubblica, e più verso le zone collinari via Milano e soprattutto per via Barcaglione.

 
FAMIGLIA CRISTIANA
LE NOSTRE MAREE NERE

Rischio d'incidenti per l'intenso traffico marittimo

di Barbara Carazzolo e Gianni Lannes

Ogni anno nel Mediterraneo transitano 400 milioni di tonnellate di greggio. Solo dal 2005 l’Unione europea vieterà il transito delle petroliere senza doppio scafo. Ha vagato per sei giorni nel Mare Adriatico arrivando a dieci miglia dalla costa pugliese prima di essere intercettata casualmente da alcuni diportisti e poi rimorchiata al porto di Bari. A bordo non c’era anima viva. Aveva rotto gli ormeggi il 9 dicembre 2002, mentre era nella rada del porto di San Giovanni di Medua, in Albania, a causa delle avverse condizioni del tempo. Nessuno aveva lanciato l’allarme, nonostante si trattasse di una petroliera da 6.000 tonnellate di stazza. Eppure, solo un mese prima, era colata a picco la Prestige, devastando le coste della Galizia e sollevando un’ondata di proteste in tutto il mondo. La "nave fantasma" si chiamava Mistral, batteva bandiera honduregna e stazionava nel porto albanese dal 4 settembre, in precarie condizioni di sicurezza. «La petroliera avrebbe rappresentato un gravissimo pericolo d’inquinamento per il litorale italiano se avesse raggiunto la costa infrangendosi con il suo carico di combustibile», scrive il Comando generale delle Capitanerie di porto in un dispaccio del 15 dicembre 2002. Pochi mesi dopo, il 27 gennaio 2003, affonda la Nicole, una nave mercantile di proprietà greca, ma battente bandiera del Belize. Davanti alle coste delle Marche, esattamente a due miglia dal litorale del Parco nazionale del Conero, oltre 67 tonnellate di gasolio fuoriuscite dai suoi serbatoi si riversano in mare formando un velo letale lungo sette chilometri e largo una quarantina di metri. Il cargo trasportava 3.150 tonnellate di feldspato, un minerale utilizzato per la lavorazione del vetro. «Nelle ore precedenti l’affondamento, l’imbarcazione era stata avvicinata da una motovedetta della Capitaneria di porto, insospettita dal fatto che la nave viaggiava sottocosta», rilevano in un’interrogazione parlamentare ventidue deputati dell’Ulivo, dei Verdi e del Gruppo misto. «Nessun controllo diretto, però, è stato effettuato».

Tragedie sfiorate
Il delicato equilibrio del Mediterraneo è continuamente messo a repentaglio dall’intenso traffico marittimo. Ma sono soprattutto le petroliere a rappresentare il pericolo maggiore, visto che questo antico mare è la rotta di navigazione preferita per il trasporto di petrolio dai Paesi produttori a quelli industrializzati. Le cifre fornite dalla Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo parlano chiaro: quattrocento milioni di tonnellate di greggio transitano annualmente nel Mare nostrum e potrebbero diventare circa un miliardo nel 2010. Ma cosa si fa per ridurre i rischi? Nelle acque territoriali degli Stati Uniti e del Giappone già dal 1990 è, tra l’altro, vietata la navigazione alle petroliere monoscafo (quelle, cioè, che non hanno il doppio scafo di sicurezza), mentre nei mari europei, secondo il nuovo regolamento dell’Ue, verranno messe al bando solo a partire dal 2005. Da anni le associazioni ambientaliste esortano la Commissione europea ad adottare alcune misure cautelative: divieto di ormeggio nei porti dell’Unione per petroliere con più di 15 anni; adozione di un calendario di scadenze per vietare l’approdo a quelle sprovviste di doppio scafo e interdizione delle "bandiere ombra". Il 23 marzo 2001 è stato approvato a Londra il testo della Convenzione internazionale sulla responsabilità civile e sul risarcimento dei danni da inquinamento provocati dal carburante delle navi. Questa convenzione entrerà in vigore un anno dopo l’avvenuta ratifica di almeno 18 Stati, di cui cinque che abbiano iscritti nei propri registri navali non meno di un milione di stazza lorda di naviglio mercantile. E in Italia cosa succede? Con il decreto firmato il 21 febbraio 2003 dal ministro dell’Ambiente Matteoli e da quello dei Trasporti Lunardi, l’Italia ha fatto un passo avanti proibendo l’accesso alle petroliere con una stazza lorda superiore alle 5.000 tonnellate, prive di doppio scafo e con oltre 15 anni di vita. «Ma il provvedimento è incompleto», affermano i parlamentari Verdi, «perché circoscrive le limitazioni all’ingresso nei porti e nei terminali off-shore, mentre i rischi d’incidente sono presenti soprattutto durante la navigazione e a prescindere dalla stazza delle navi». E su gran parte delle coste italiane incombe il rischio "onda nera". Secondo Franco Ferroni, responsabile delle aree protette del Wwf, «diciannove tra riserve e parchi marini rischiano di essere inquinati in caso d’incidenti. Tra questi ci sono anche le coste del Parco nazionale del Gargano, l’arcipelago delle isole Tremiti, Ustica, le Eolie, l’arcipelago toscano, le Bocche di Bonifacio, perché vicini a raffinerie, terminal o rotte petrolifere». L’Italia è una gigantesca raffineria: ogni anno entrano 180 milioni di tonnellate di greggio e ne escono raffinate 47 milioni di tonnellate. Una ricerca sulle Maree nere nel Mediterraneo, curata dal professor Ugo Biliardo del dipartimento di Ingegneria chimica dell’Università "La Sapienza" di Roma, definisce «tutt’altro che rassicuranti i piani di emergenza messi a punto in Italia». E Roberto Carraro di Medicina democratica aggiunge: «A fronte di un elevato livello di pericolo la valutazione del rischio, l’informazione degli addetti e della popolazione, nonché l’intervento di prevenzione nel comparto portuale risultano sostanzialmente inesistenti, con la sola eccezione dell’area portuale-industriale di Ravenna».

Trieste, la rotta delle petroliere
Il porto di Trieste, per esempio, è il maggior terminal petrolifero del Mediterraneo e uno dei più grandi del mondo. «Nel 2001 sono transitate circa 36 milioni di tonnellate di greggio, oltre a 850.000 tonnellate di prodotti raffinati», dice l’onorevole Mauro Bulgarelli, dei Verdi, autore di una dettagliata interrogazione parlamentare sull’argomento. «Nello stesso anno sono attraccate, ai tre terminal della città, 512 petroliere. A causa di tale, intensissimo traffico, le manovre all’interno dell’area marittima portuale risultano di particolare difficoltà e il rischio d’incidenti è molto alto. Ciononostante, il porto di Trieste non è dotato di un sistema radar per il monitoraggio del traffico, o di sistemi d’identificazione basati sulla trasmissione a terra, da parte della nave, della propria posizione». E infine rimane sempre aperto il problema della salvaguardia della laguna di Venezia dove, ogni anno, circolano circa cinque milioni e mezzo di tonnellate di petrolio. «Rispetto agli anni scorsi, ora nella laguna passano solo le petroliere a doppio scafo, almeno così ci assicura il Governo», dice il sindaco Paolo Costa. «Ma non basta, per due motivi. Il primo è che il pericolo è legato anche al trasporto di materiali chimici a rischio. Il secondo è che un incidente può essere disastroso per la laguna anche se avviene al di fuori dell’area controllata dall’Unione europea. Se la Prestige fosse affondata a Fiume, il gioco delle correnti avrebbe portato la marea nera dritta a Venezia. Le misure attuali non bastano: l’unica vera difesa è da una parte il rilancio del progetto di costruzione di un oleodotto che arrivi alle spalle di Venezia. Dall’altra il divieto assoluto di transito per le petroliere prive di doppio scafo in tutto il Mediterraneo o, almeno, in tutto il bacino adriatico».

 
LA SICILIA
Tensione sempre più su Priolo.

Cgil, Cisl e Uil: «Scusate il disturbo. Ma cerchiamo le responsabilità»

di SALVATORE MAIORCA

Priolo - Tornano a scusarsi i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil (Pippo Zappulla, Enzo Scatà e Stefano Munafò) per i disagi provocati dai «presìdi stradali» di questi giorni, ultimo quello di ieri sulla statale 114 Siracusa-Catania, all'altezza dello svincolo per Augusta-Villasmundo. Ma tornano a ripetere che non al sindacato nè ai lavoratori va attribuita la responsabilità di questi disagi bensì alla totale assenza di trattativa sui tagli produttivi e occupazionali decisi dall'Eni e al perdurante silenzio dei governi nazionale e regionale. Un segnale di presenza c'era stato da parte del governo regionale, con la convocazione di un incontro fra presidente della Regione, assessore regionale dell'Industria, Marina Noè, e rappresentanti sindacali. Ma la convocazione è stata annullata dai due esponenti del governo regionale. I dirigenti sindacali sono accusati di strumentalizzazione elettorale della vicenda per aver dichiarato di giudicare inutile questo incontro. Una seduta straordinaria è stata dedicata al problema del polo petrolchimico dal Consiglio comunale di Siracusa, il quale ha approvato un ordine del giorno su proposta del consigliere Ettore Di Giovanni. Il Consiglio condivide le richieste del sindacato siracusano. In particolare: l'accordo di programma per la chimica, con bonifiche e risanamento ambientale, reindustrializzazione e rilancio dei cicli produttivi; modifica delle scelte dell'Eni e del governo nazionale; riconversione dell'impianto cloro-soda e adeguamento dell'ossido di propilene; interconnessioni Ergmed; rilancio della Cogema; rilancio del polo metalmeccanico di Punta Cugno e Marina di Melilli. Il Consiglio quindi «sollecita il governo regionale ad assumere una forte iniziativa nei confronti dell'Eni, della Dow e di tutte le grandi aziende presenti sul territorio siracusano per impedire il processo di reindustrializzazione» avviato.

 
IL MANIFESTO
Priolo, esplode la vertenza Petrolchimico

Quattromila operai occupano le strade contro la chiusura dell'Eni. Nodo inquinamento Tragedia lavoro I dipendenti dell'Eni minacciano di bloccare la «Medea» e l'«Edipo re» in programma al teatro di Siracusa

di ALFREDO PECORARO

PALERMO - Girando per la città i palazzi anneriti dai fumi delle centrali riportano alla mente il grande sogno di Enrico Mattei, tradito dal mercurio, sostanza grazie alla quale l'Eni fa girare l'impianto di cloro-soda di Priolo, il cuore del Petrolchimico. Polmone d'ossigeno per 13 mila lavoratori, in una provincia, Siracusa, con un tasso di disoccupazione che sfiora il 20%, e causa principale dell'inquinamento in un'area a forte rischio ambientale. Adesso quel sogno infranto si sta trasformando in un incubo, con 13 mila persone che temono di ritrovarsi senza lavoro e l'Eni che tenta di barattare gli investimenti per la bonifica dell'area con i posti di lavoro. Un binomio, quello della salvaguardia dell'occupazione e dell'ambiente, che sta a cuore a Cgil, Cisl e Uil che puntano proprio sull'abbattimento dell'inquinamento e sul risanamento per rilanciare l'area industriale. Senza alcuna remora, Vittorio Mincato, amministratore delegato dell'Eni, ha ribadito l'intenzione della società di chiudere l'impianto di cloro-soda di Priolo alla fine del 2005, dando rassicurazioni, di cui non c'è però traccia formale per via della mancanza di un piano industriale, sul mantenimento dei livelli occupazionali «con l'uso di ammortizzatori sociali, con il turnover e il reimpiego di persone nella bonifica dei suoli». Parole che hanno buttato legna sul fuoco della vertenza, con oltre 4 mila chimici, metalmeccanici ed elettrici che ieri hanno paralizzato la statale 114 che collega Siracusa e Catania, minacciando nuove iniziative di lotta a salvaguardia dei siti produttivi e dell'occupazione, tra cui un presidio nel teatro greco per sensibilizzare il pubblico in occasione dell'apertura della stagione teatrale, con le tragedie «Edipo Re» e «Medea», in programma venerdì e sabato prossimi. Cgil, Cisl e Uil intanto hanno proclamato lo sciopero generale per il 18 maggio contro la politica di abbandono della chimica da parte dell'Eni, mentre i segretari nazionali della Fulc hanno inviato un telegramma a Berlusconi chiedendo un intervento immediato. «Mincato non vuole capire che Siracusa non si accontenta dell'elemosina di qualche posto di lavoro - dice Pippo Zappulla, segretario generale Cgil a Siracusa - e non intende accettare la logica dell'Eni di spacciare il dovere del risanamento e bonifica del territorio con gli investimenti industriali». Sulla stessa lunghezza d'onda Enzo Scatà, segretario della Cisl a Siracusa, secondo cui «non è possibile scambiare la rimessa in funzione delle due linee del cloro-soda con ammortizzatori sociali e altri ammennicoli che non rilanciano l'impianto». Secondo Cgil e Cisl la chiusura dell'impianto, gestito dalla Syndiel controllata Eni, causerà la perdita immediata di circa 1.200 posti di lavoro tra diretti e indotto. «Dopo l'annuncio del gruppo - dice Zappulla - anche gli americani della Down, impianto di polioli collegato al cloro-soda, ha annunciato la chiusura dello stabilimento. E' questo è solo l'inizio, il Petrolchimico fino ad ora ha retto sul mercato grazie alla sinergia tra gli impianti di chimica, di raffinazione e di produzione di energia. Se un anello cede, ci sarà un effetto domino che coinvolgerà l'intera area industriale«. Giovanna Marano, segretario generale della Fiom siciliana, rilancia «la necessità di un accordo di programma sulla chimica che preveda il risanamento ambientale e il rilancio dell'area industriale», a partire dall'impianto di cloro-soda sostituendo le cellule a mercurio con le cellule a membrana come è stato fatto a Marghera.

 
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