MESSAGGERO |
Ds e Rifondazione fanno la
pace
Ora si pensa all’allargamento
della maggioranza ma la Margherita frena
di LETIZIA LARICI
FALCONARA Contrasti superati
tra Rifondazione e Ds. L'altra sera l'incontro che ha
sancito l'avvicinamento. Ad annunciarlo i due partiti con un
documento congiunto che parla di «convergenza sui principali
temi programmatici dell'Amministrazione». Presenti il
sindaco Carletti, esponenti dei Ds e di Prc, l'assessore
regionale Marco Amagliani, il summit è servito per avviare
un confronto programmatico dal quale è emersa «la
condivisione di larga parte delle valutazioni». Gettate le
basi per una ricomposizione della sinistra a Falconara, non
resta che allargare il confronto a tutta la coalizione che
governa la città per consentire a Rifondazione di entrarein
maggioranza. Confronto che non dovrebbe tardare.
Presumibilmente entro la prossima settimana il sindaco
riunirà gli altri partiti della coalizione con l'auspicio
che l'accordo venga stretto quanto prima. Fiducioso il
capogruppo di Rc Massimo Marcelli: «Se nel giro di poco
tempo siamo riusciti ad avviare un percorso condiviso con i
Ds, lo stesso potrebbe accadere con il resto della
maggioranza». Tempi stretti? Impossibile secondo la
Margherita, da sempre scettica su un accordo con
Rifondazione. «Se ne discuterà - commenta il segretario
comunale Marco Salustri - ma senza bruciare le tappe. Per
ora la nostra posizione rimane quella di sempre: Rc fino ad
oggi non ha mai dimostrato di essere d'accordo con
l'Amministrazione, anzi ne ha sempre contestato duramente
l'operato. Se ha cambiato idea, valuteremo». Intanto Ds e
Rifondazione hanno avviato un confronto sui nodi centrali
del programma Carletti, dal Prg al ruolo del Consiglio
comunale, dai servizi sociali al tema degli istituti
democratici di partecipazione, registrando «più convergenze
che divergenze», come sottolinea Marcelli Flori. Se la
questione Api non è stata sfiorata, dal dibattito è emersa
la necessità «di valorizzare il ruolo del consiglio
comunale». L'assenza di partecipazione democratica in
Consiglio, obiezione più volte sollevata non solo da Rc,
sembrerebbe quindi una preoccupazione superata. «Con quest'incontro
- commenta il segretario Ds Giancarlo Scortichini - abbiamo
colmato un deficit di conoscenza. Constatata una
condivisione programmatica di fondo, ci impegneremo per il
raggiungimento dell'obiettivo del rafforzamento della
maggioranza». Soddisfatto dell’accordo pure il consigliere
comunale di Alleanza popolare, Michele Boncristiano:
«Condivido ampiamente tale scelta in quanto volta a creare
l’unità del centrosinistra che permetta di dare soluzioni
convincenti ai tanti problemi della città».
«A Camerata una centrale
modello»
L’Enel giura sulla sicurezza
dell’impianto ma a Jesi continua la “ribellione”
di GIOIA MORICI
JESI «La Turbogas di Camerata
Picena è un patrimonio di cui la comunità non può fare a
meno, perché risponde in breve tempo alla richiesta di
potenza e di energia che si può manifestare sulla rete
elettrica». Non ci sta l'Enel alla accuse sollevate dalla
scena politica jesina contro la riattivazione della propria
centrale. E le critiche mosse da sindaco e consiglieri
comunali? «Assolutamente fuori luogo - replicano dall'Unità
termoelettrica Enel di Ancona - L'impianto di Camerata
rappresenta una risorsa strategica indispensabile per gli
interventi rapidi, insostituibile nel suo ruolo di presidio
anti-blackout, che non a caso ha accolto il sostegno della
protezione civile. Oltretutto, secondo le stime, potrebbe
funzionare, dato che si tratta di un impianto di picco,
circa 100 ore l'anno, ovvero solo 4 giorni su 365. Sulla
centrale, per nulla obsoleta, abbiamo investito su delibera
nazionale dopo l'emergenza dello scorso giugno per evitare
il razionamento di energia elettrica: utilizza metano ed è
perfettamente ambientalizzata tanto da essere stata definita
un modello per il fatto di trovarsi entro un bosco di circa
20 ettari, piantumato proprio da Enel». Rassicurazioni che
però non bastano a placare le polemiche. Antonio Grassetti (An)
torna infatti all'attacco contro la Regione: «Anziché
accapigliarsi sulle reciproche responsabilità, la sinistra
che governa dovrebbe chiedere scusa alla popolazione, che
oggi si sente ingannata. La Regione, purtroppo, ha lasciato
scorrere passivamente gli anni, sino trovarsi impreparata di
fronte ad un evento atteso come quello della riattivazione
della centrale di Camerata Picena. Bisogna coordinare
l'attività dell'Enel sul nostro territorio con un sapiente
piano energetico, che dovrebbe essere approvato al più
presto». La Regione dal canto suo replica che «la centrale
di Camerata per le sue caratteristiche è soggetta ad
autorizzazione del Governo e il piano energetico poteva fare
poco rispetto alla pianificazione del suo futuro.
L'assessorato all'Ambiente si è attivato subito quando il
progetto era in fase di bozza per intervenire invece con un
piano ambientale, visto che l'impianto è vecchissimo e si
prospettavano problemi seri. Quando l'Enel ha comunicato
l'intenzione di riattivare la struttura, abbiamo chiesto le
opportune verifiche durante il funzionamento con i dati di
monitoraggio validati dall'Arpam su cui fare le giuste
valutazioni tecniche e amministrative. Poi l'Enel ha
autonomamente dichiarato che la situazione è sotto controllo
ed è andata per la sua strada. Siamo ancora in attesa dei
dati, che dovranno confermare se tenere accesa la centrale,
anche solo per emergenze, sia compatibile coi costi e se
effettivamente ci siano gravi rischi di inquinamento, visti
i milioni di tonnellate di gas che verranno bruciati. Lo
ribadiamo: anche per noi tre centrali turbogas in Vallesina
sono troppe. Ci impegneremo pertanto a controllare
attentamente la situazione». |
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CORRIERE ADRIATICO |
Disgelo con Rifondazione
Carletti e Amagliani allo
stesso tavolo. Verso l'ingresso in giunta
di MARINA MINELLI
FALCONARA - Schiarite sempre
più ampie fra Ds falconaresi e Rifondazione Comunista che,
dopo l'incontro del disgelo svoltosi nei giorni scorsi, si
sono rivisti lunedì sera per affrontare in particolare tre
grandi questioni. All'ordine del giorno dell'incontro a cui
hanno partecipato, oltre ai direttivi dei due partiti, anche
il sindaco Carletti e l'assessore regionale Amagliani, in
primo luogo la vicenda della costituzione della società
d'ambito "Esino spa", l'urbanistica con una particolare
attenzione al nuovo Prg ed infine la cosiddetta "gestione
democratica del consiglio comunale e delle commissioni".
"Dopo avere verificato una sostanziale condivisione
dell'analisi politica - ha commentato il capo gruppo di Rc
Massimo Marcelli Flori - il confronto è proseguito sui
principali temi programmatici realizzati ed in via di
realizzazione da parte dell'amministrazione comunale,
soprattutto per quanto concerne le scelte strategiche sul
medio-lungo periodo ed i problemi legati all'applicazione
concreta del nuovo Prg". Il dialogo fra i due gruppi
politici (presenti per Rc Maurizio Amagliani ed il
consigliere provinciale Renzo Amagliani e per i Ds, il
segretario comunale Giancarlo Scortichini, il capo gruppo
Angelo Di Mattia, il consigliere Aldemaro Pietrucci e
l'assessore Fausto Api) è proseguito sulle scelte che
riguardano la realizzazione del complesso piano di servizi
sociali e le sue modalità di gestione; il dibattito ha
toccato poi il tema degli istituti democratici di
partecipazione e la necessità, condivisa da entrambe le
formazioni politiche ed evidenziata in una nota congiunta,
"di valorizzare il ruolo del consiglio comunale quale
massimo organismo politico e democratico della città". "La
condivisione di larga parte delle valutazioni - prosegue la
nota - la comune volontà registrata sui temi principali
della vita cittadina rendono a nostro avviso ormai non
rinviabile l'avvio di un costruttivo confronto che dovrà
coinvolgere Rifondazione Comunista e l'intera maggioranza,
confronto finalizzato ad un rapporto di collaborazione
amministrativa tale da superare le divisioni del passato".
Sul possibile allargamento della maggioranza a Rc esprime
una valutazione positiva anche Michele Boncristiano, ex
consigliere di Forza Italia passato all'Udeur-Alleanza
Popolare, il quale dichiara "di condividere ampiamente tale
scelta, in quanto volta a creare l'unità del
centro-sinistra". Un tale coinvolgimento che Boncristiano si
augura sia favorito e condiviso da tutte le forse politiche,
"garantirebbe certamente il raggiungimento di un'importante
obiettivo, in particolare quello di migliorare la qualità
dei programmi da realizzare, inoltre aprirebbe la scena
politica a nuovi personaggi in grado di contribuire
responsabilmente e con capacità, al difficile compito di
amministrare la nostra città". "In questo contesto - osserva
il rappresentante di Uderu-AP - ritengo estremamente
positivo il percorso effettuato dal Sindaco, visto che tra
l'altro coalizioni di centro-sinistra a cui partecipa Rc già
governano la Regione Marche la Provincia di Ancona e molte
importanti città del nostro territorio".
Flaminia, da lunedì scatta
il senso unico
Lavori in corso. Oggi la
firma dell'ordinanza
di MARINA MINELLI
FALCONARA - Partirà lunedì 17
maggio l'ordinanza che impone il senso unico di transito
sulla via Flaminia verso nord in direzione Senigallia. Il
provvedimento, che resterà in vigore, sembra, una ventina di
giorni, è motivato da alcuni lavori di rifacimento del manto
stradale che saranno eseguiti dal Cam ed è stata la stessa
azienda servizi (come risulta da un'ordinanza poi risultata
incompleta e non vidimata dal sindaco che fino a ieri
pomeriggio era sul sito internet del comune di Falconara) a
chiedere all'amministrazione cittadina questa modifica
sostanziale della viabilità cittadina. La Flaminia dovrebbe
essere a senso unico (la conferma con l'ordinanza ufficiale
alla quale gli uffici comunali stanno lavorando da due
giorni solo nella giornata di oggi) da via Trento a via
Baldelli e nello stesso tratto di strada potrebbero anche
essere eliminati dei posti auto. Quanto al traffico in
direzione sud, se diretto ad Ancona sarà deviato sulla
variante prima dell'ingresso in città e cioè davanti alla ex
caserma Saracini e altrimenti percorrerà le vie
Casteldidardo, Bottego, Fratelli Rosselli, Leopardi e Trento
per immettersi poi di nuovo sulla via Flaminia. Anche nelle
vie interne saranno eliminati molti posti di sosta per le
auto a causa del trasferimento di tutte le fermate delle
linee Conerobus per Ancona. Fra i residenti ed i
commercianti comincia già a serpeggiare un certo malumore
motivato in parte dalla constatazione che i permessi di
sosta già pagati saranno inutilizzabili per un lungo
periodo, e poi dalla considerazione che le difficoltà di
circolazione in tutte le vie interne di Falconara in questo
modo verranno notevolmente incrementate. C'è chi teme
inoltre giorni difficili per strade fin ad oggi considerate
interne e residenziali, come via della Repubblica, e più
verso le zone collinari via Milano e soprattutto per via
Barcaglione. |
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FAMIGLIA CRISTIANA |
LE NOSTRE MAREE NERE
Rischio d'incidenti per
l'intenso traffico marittimo
di Barbara Carazzolo e Gianni
Lannes
Ogni anno nel Mediterraneo
transitano 400 milioni di tonnellate di greggio. Solo dal
2005 l’Unione europea vieterà il transito delle petroliere
senza doppio scafo. Ha vagato per sei giorni nel Mare
Adriatico arrivando a dieci miglia dalla costa pugliese
prima di essere intercettata casualmente da alcuni
diportisti e poi rimorchiata al porto di Bari. A bordo non
c’era anima viva. Aveva rotto gli ormeggi il 9 dicembre
2002, mentre era nella rada del porto di San Giovanni di
Medua, in Albania, a causa delle avverse condizioni del
tempo. Nessuno aveva lanciato l’allarme, nonostante si
trattasse di una petroliera da 6.000 tonnellate di stazza.
Eppure, solo un mese prima, era colata a picco la Prestige,
devastando le coste della Galizia e sollevando un’ondata di
proteste in tutto il mondo. La "nave fantasma" si chiamava
Mistral, batteva bandiera honduregna e stazionava nel porto
albanese dal 4 settembre, in precarie condizioni di
sicurezza. «La petroliera avrebbe rappresentato un
gravissimo pericolo d’inquinamento per il litorale italiano
se avesse raggiunto la costa infrangendosi con il suo carico
di combustibile», scrive il Comando generale delle
Capitanerie di porto in un dispaccio del 15 dicembre 2002.
Pochi mesi dopo, il 27 gennaio 2003, affonda la Nicole, una
nave mercantile di proprietà greca, ma battente bandiera del
Belize. Davanti alle coste delle Marche, esattamente a due
miglia dal litorale del Parco nazionale del Conero, oltre 67
tonnellate di gasolio fuoriuscite dai suoi serbatoi si
riversano in mare formando un velo letale lungo sette
chilometri e largo una quarantina di metri. Il cargo
trasportava 3.150 tonnellate di feldspato, un minerale
utilizzato per la lavorazione del vetro. «Nelle ore
precedenti l’affondamento, l’imbarcazione era stata
avvicinata da una motovedetta della Capitaneria di porto,
insospettita dal fatto che la nave viaggiava sottocosta»,
rilevano in un’interrogazione parlamentare ventidue deputati
dell’Ulivo, dei Verdi e del Gruppo misto. «Nessun controllo
diretto, però, è stato effettuato».
Tragedie sfiorate
Il delicato equilibrio del Mediterraneo è continuamente
messo a repentaglio dall’intenso traffico marittimo. Ma sono
soprattutto le petroliere a rappresentare il pericolo
maggiore, visto che questo antico mare è la rotta di
navigazione preferita per il trasporto di petrolio dai Paesi
produttori a quelli industrializzati. Le cifre fornite dalla
Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo
parlano chiaro: quattrocento milioni di tonnellate di
greggio transitano annualmente nel Mare nostrum e potrebbero
diventare circa un miliardo nel 2010. Ma cosa si fa per
ridurre i rischi? Nelle acque territoriali degli Stati Uniti
e del Giappone già dal 1990 è, tra l’altro, vietata la
navigazione alle petroliere monoscafo (quelle, cioè, che non
hanno il doppio scafo di sicurezza), mentre nei mari
europei, secondo il nuovo regolamento dell’Ue, verranno
messe al bando solo a partire dal 2005. Da anni le
associazioni ambientaliste esortano la Commissione europea
ad adottare alcune misure cautelative: divieto di ormeggio
nei porti dell’Unione per petroliere con più di 15 anni;
adozione di un calendario di scadenze per vietare l’approdo
a quelle sprovviste di doppio scafo e interdizione delle
"bandiere ombra". Il 23 marzo 2001 è stato approvato a
Londra il testo della Convenzione internazionale sulla
responsabilità civile e sul risarcimento dei danni da
inquinamento provocati dal carburante delle navi. Questa
convenzione entrerà in vigore un anno dopo l’avvenuta
ratifica di almeno 18 Stati, di cui cinque che abbiano
iscritti nei propri registri navali non meno di un milione
di stazza lorda di naviglio mercantile. E in Italia cosa
succede? Con il decreto firmato il 21 febbraio 2003 dal
ministro dell’Ambiente Matteoli e da quello dei Trasporti
Lunardi, l’Italia ha fatto un passo avanti proibendo
l’accesso alle petroliere con una stazza lorda superiore
alle 5.000 tonnellate, prive di doppio scafo e con oltre 15
anni di vita. «Ma il provvedimento è incompleto», affermano
i parlamentari Verdi, «perché circoscrive le limitazioni
all’ingresso nei porti e nei terminali off-shore, mentre i
rischi d’incidente sono presenti soprattutto durante la
navigazione e a prescindere dalla stazza delle navi». E su
gran parte delle coste italiane incombe il rischio "onda
nera". Secondo Franco Ferroni, responsabile delle aree
protette del Wwf, «diciannove tra riserve e parchi marini
rischiano di essere inquinati in caso d’incidenti. Tra
questi ci sono anche le coste del Parco nazionale del
Gargano, l’arcipelago delle isole Tremiti, Ustica, le Eolie,
l’arcipelago toscano, le Bocche di Bonifacio, perché vicini
a raffinerie, terminal o rotte petrolifere». L’Italia è una
gigantesca raffineria: ogni anno entrano 180 milioni di
tonnellate di greggio e ne escono raffinate 47 milioni di
tonnellate. Una ricerca sulle Maree nere nel Mediterraneo,
curata dal professor Ugo Biliardo del dipartimento di
Ingegneria chimica dell’Università "La Sapienza" di Roma,
definisce «tutt’altro che rassicuranti i piani di emergenza
messi a punto in Italia». E Roberto Carraro di Medicina
democratica aggiunge: «A fronte di un elevato livello di
pericolo la valutazione del rischio, l’informazione degli
addetti e della popolazione, nonché l’intervento di
prevenzione nel comparto portuale risultano sostanzialmente
inesistenti, con la sola eccezione dell’area
portuale-industriale di Ravenna».
Trieste, la rotta delle
petroliere
Il porto di Trieste, per esempio, è il maggior terminal
petrolifero del Mediterraneo e uno dei più grandi del mondo.
«Nel 2001 sono transitate circa 36 milioni di tonnellate di
greggio, oltre a 850.000 tonnellate di prodotti raffinati»,
dice l’onorevole Mauro Bulgarelli, dei Verdi, autore di una
dettagliata interrogazione parlamentare sull’argomento.
«Nello stesso anno sono attraccate, ai tre terminal della
città, 512 petroliere. A causa di tale, intensissimo
traffico, le manovre all’interno dell’area marittima
portuale risultano di particolare difficoltà e il rischio
d’incidenti è molto alto. Ciononostante, il porto di Trieste
non è dotato di un sistema radar per il monitoraggio del
traffico, o di sistemi d’identificazione basati sulla
trasmissione a terra, da parte della nave, della propria
posizione». E infine rimane sempre aperto il problema della
salvaguardia della laguna di Venezia dove, ogni anno,
circolano circa cinque milioni e mezzo di tonnellate di
petrolio. «Rispetto agli anni scorsi, ora nella laguna
passano solo le petroliere a doppio scafo, almeno così ci
assicura il Governo», dice il sindaco Paolo Costa. «Ma non
basta, per due motivi. Il primo è che il pericolo è legato
anche al trasporto di materiali chimici a rischio. Il
secondo è che un incidente può essere disastroso per la
laguna anche se avviene al di fuori dell’area controllata
dall’Unione europea. Se la Prestige fosse affondata a Fiume,
il gioco delle correnti avrebbe portato la marea nera dritta
a Venezia. Le misure attuali non bastano: l’unica vera
difesa è da una parte il rilancio del progetto di
costruzione di un oleodotto che arrivi alle spalle di
Venezia. Dall’altra il divieto assoluto di transito per le
petroliere prive di doppio scafo in tutto il Mediterraneo o,
almeno, in tutto il bacino adriatico». |
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LA SICILIA |
Tensione sempre più su Priolo.
Cgil, Cisl e Uil: «Scusate il
disturbo. Ma cerchiamo le responsabilità»
di SALVATORE MAIORCA
Priolo - Tornano a scusarsi i
segretari generali di Cgil, Cisl e Uil (Pippo Zappulla, Enzo
Scatà e Stefano Munafò) per i disagi provocati dai «presìdi
stradali» di questi giorni, ultimo quello di ieri sulla
statale 114 Siracusa-Catania, all'altezza dello svincolo per
Augusta-Villasmundo. Ma tornano a ripetere che non al
sindacato nè ai lavoratori va attribuita la responsabilità
di questi disagi bensì alla totale assenza di trattativa sui
tagli produttivi e occupazionali decisi dall'Eni e al
perdurante silenzio dei governi nazionale e regionale. Un
segnale di presenza c'era stato da parte del governo
regionale, con la convocazione di un incontro fra presidente
della Regione, assessore regionale dell'Industria, Marina
Noè, e rappresentanti sindacali. Ma la convocazione è stata
annullata dai due esponenti del governo regionale. I
dirigenti sindacali sono accusati di strumentalizzazione
elettorale della vicenda per aver dichiarato di giudicare
inutile questo incontro. Una seduta straordinaria è stata
dedicata al problema del polo petrolchimico dal Consiglio
comunale di Siracusa, il quale ha approvato un ordine del
giorno su proposta del consigliere Ettore Di Giovanni. Il
Consiglio condivide le richieste del sindacato siracusano.
In particolare: l'accordo di programma per la chimica, con
bonifiche e risanamento ambientale, reindustrializzazione e
rilancio dei cicli produttivi; modifica delle scelte
dell'Eni e del governo nazionale; riconversione
dell'impianto cloro-soda e adeguamento dell'ossido di
propilene; interconnessioni Ergmed; rilancio della Cogema;
rilancio del polo metalmeccanico di Punta Cugno e Marina di
Melilli. Il Consiglio quindi «sollecita il governo regionale
ad assumere una forte iniziativa nei confronti dell'Eni,
della Dow e di tutte le grandi aziende presenti sul
territorio siracusano per impedire il processo di
reindustrializzazione» avviato. |
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IL MANIFESTO |
Priolo, esplode la vertenza
Petrolchimico
Quattromila operai occupano
le strade contro la chiusura dell'Eni. Nodo inquinamento
Tragedia lavoro I dipendenti dell'Eni minacciano di bloccare
la «Medea» e l'«Edipo re» in programma al teatro di Siracusa
di ALFREDO PECORARO
PALERMO - Girando per la
città i palazzi anneriti dai fumi delle centrali riportano
alla mente il grande sogno di Enrico Mattei, tradito dal
mercurio, sostanza grazie alla quale l'Eni fa girare
l'impianto di cloro-soda di Priolo, il cuore del
Petrolchimico. Polmone d'ossigeno per 13 mila lavoratori, in
una provincia, Siracusa, con un tasso di disoccupazione che
sfiora il 20%, e causa principale dell'inquinamento in
un'area a forte rischio ambientale. Adesso quel sogno
infranto si sta trasformando in un incubo, con 13 mila
persone che temono di ritrovarsi senza lavoro e l'Eni che
tenta di barattare gli investimenti per la bonifica
dell'area con i posti di lavoro. Un binomio, quello della
salvaguardia dell'occupazione e dell'ambiente, che sta a
cuore a Cgil, Cisl e Uil che puntano proprio
sull'abbattimento dell'inquinamento e sul risanamento per
rilanciare l'area industriale. Senza alcuna remora, Vittorio
Mincato, amministratore delegato dell'Eni, ha ribadito
l'intenzione della società di chiudere l'impianto di
cloro-soda di Priolo alla fine del 2005, dando
rassicurazioni, di cui non c'è però traccia formale per via
della mancanza di un piano industriale, sul mantenimento dei
livelli occupazionali «con l'uso di ammortizzatori sociali,
con il turnover e il reimpiego di persone nella bonifica dei
suoli». Parole che hanno buttato legna sul fuoco della
vertenza, con oltre 4 mila chimici, metalmeccanici ed
elettrici che ieri hanno paralizzato la statale 114 che
collega Siracusa e Catania, minacciando nuove iniziative di
lotta a salvaguardia dei siti produttivi e dell'occupazione,
tra cui un presidio nel teatro greco per sensibilizzare il
pubblico in occasione dell'apertura della stagione teatrale,
con le tragedie «Edipo Re» e «Medea», in programma venerdì e
sabato prossimi. Cgil, Cisl e Uil intanto hanno proclamato
lo sciopero generale per il 18 maggio contro la politica di
abbandono della chimica da parte dell'Eni, mentre i
segretari nazionali della Fulc hanno inviato un telegramma a
Berlusconi chiedendo un intervento immediato. «Mincato non
vuole capire che Siracusa non si accontenta dell'elemosina
di qualche posto di lavoro - dice Pippo Zappulla, segretario
generale Cgil a Siracusa - e non intende accettare la logica
dell'Eni di spacciare il dovere del risanamento e bonifica
del territorio con gli investimenti industriali». Sulla
stessa lunghezza d'onda Enzo Scatà, segretario della Cisl a
Siracusa, secondo cui «non è possibile scambiare la rimessa
in funzione delle due linee del cloro-soda con
ammortizzatori sociali e altri ammennicoli che non
rilanciano l'impianto». Secondo Cgil e Cisl la chiusura
dell'impianto, gestito dalla Syndiel controllata Eni,
causerà la perdita immediata di circa 1.200 posti di lavoro
tra diretti e indotto. «Dopo l'annuncio del gruppo - dice
Zappulla - anche gli americani della Down, impianto di
polioli collegato al cloro-soda, ha annunciato la chiusura
dello stabilimento. E' questo è solo l'inizio, il
Petrolchimico fino ad ora ha retto sul mercato grazie alla
sinergia tra gli impianti di chimica, di raffinazione e di
produzione di energia. Se un anello cede, ci sarà un effetto
domino che coinvolgerà l'intera area industriale«. Giovanna
Marano, segretario generale della Fiom siciliana, rilancia
«la necessità di un accordo di programma sulla chimica che
preveda il risanamento ambientale e il rilancio dell'area
industriale», a partire dall'impianto di cloro-soda
sostituendo le cellule a mercurio con le cellule a membrana
come è stato fatto a Marghera. |
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