RASSEGNA STAMPA 18.02.2004

 

IL MESSAGGERO
I Noe cercano la prova del nove

Il ministero congela sine die le conferenze di servizio sul sito di interesse nazionale. Bonifica truccata? Sotto inchiesta i dati di tutti i tipi di inquinamento

di GIAMPAOLO MILZI

FALCONARA - Un inquinamento double face : uno “ufficiale” e blando; e uno reale, inquietante e nascosto? Della serie “il trucco c'è ma non si vede”? Noe e Arpam lavorano a una prova del nove difficile, vista la mole di documenti cartacei e informatici sequestrati, e improntata al “super garantismo”. Già, perchè con le cifre non si scherza. Tanto più coi parametri di “diagnosi di una malattia” (quella autodenunciata il 15 giugno 2000 dall'Api ex Dm 471/99) che riguarda la vasta area su cui insiste lo stabilimento di raffinazione petrolifera (superficie, viscere, falda acquifera, zone immediatamente a ridosso del perimetro, bagnate dal mare e dall'Esino) e di riflesso la sicurezza di Falconara. Anche l'inchiesta giudiziaria coordinata dal procuratore capo Vincenzo Luzi, volta a verificare un eventuale “pateracchio al ribasso” nella comunicazione dei numeri sulla contaminazione alle autorità pubbliche, sembra una medaglia a due facce: da un lato l'informazione di garanzia per Federico Sardi, rappresentante della ditta milanese Remedia spa, incaricata dall'Api di curare tutti gli aspetti (messa in sicurezza, piano di caratterizzazione) legati all'opera mirata alla bonifica finale; dall'altra l'azienda falconarese, che per ora si è vista solo rastrellare dai carabinieri comunicazioni, software, faldoni, e la cui posizione resta molto sfumata. Le ipotesi di reato riguardano esclusivamente la Remedia e altre due ditte dello stesso settore: manipolazione dei “dati di campo” che indicano la vera situazione d'inquinamento (falso in atto pubblico); mancato rispetto delle procedure funzionali al pieno ritorno dall'emergenza alla normalità ambientale (art. 51 bis Decreto Ronchi). Quei dati, decisivi per tipo e costi della “cura verde” da prescrivere è stata poi l'Api a comunicarli alle autorità pubbliche di vigilanza. Tra queste Regione, Provincia, Comune di Falconara e ministero dell'ambiente, che hanno ricevuto report, numeri, piantine anche ad uso delle periodiche conferenze di servizio sulla “ecoemergenza”. Conferenze “avocate” a Roma dopo il “salto di qualità” del sito industriale falconarese, inserito nel 2002 nella lista nazionale di quelli a rischio e da bonificare con estremo rigore. Tra le carte radiografate dal Noe, anche quelle finite sulla scrivania di Francesco Mascazzini, direttore generale dell'ufficio rifiuti e bonifiche del ministero dell'ambiente, il funzionario che ha “guidato” la prima conferenza nella capitale, quella d'insediamento. Mercoledì scorso, poi, quasi in concomitanza con la consegna da parte di Noe e Arpam della prima corposa relazione in procura ad Ancona, il congelamento sine die del secondo summit romano programmato per il giorno dopo. “Carte false” per rassicurare su credibilità di garanzie di un'opera di risanamento in realtà di tipo inadeguato alle vere esigenze? “Dati di campo” ingannevoli? Sovrastimati quelli sulla capacità di pompaggio del “surnatante”? Sottotostimata l'entità dei prodotti inquinanti captati dai pozzi piezometrici? Ridimensionata la profondità delle infiltrazioni di idrocarburi nelle acque di falda, marine e dell'Esino? Per rispondere con certezza a questi e altri interrogativi, gli inquirenti hanno bisogno di un mare di riscontri a catena. Va sottolineato, infatti, che esistono discrepanze fisiologiche ammesse dalla legge. Insite nella procedura. Che prevede che i dati prima vengano raccolti sul territorio da risanare, quindi elaborati in un modo scientifico-statistico, poi forniti dalla ditta incaricata della pre-bonifica all'Api. E infine passati dall'Api ai controllori. Normalissimo e lecito che durante un iter così complesso le cifre mutino. Fino a prova contraria.

Verdi all’attacco. L’Api: «Pronti a ulteriori verifiche»

di GIAMPAOLO MILZI

Verdi all'attacco dopo la notizia del Messaggero sul rischio “bonifica truccata”: Marco Lion, capogruppo in commissione ambiente alla Camera e artefice dell'inserimento di Falconara fra i siti di interesse nazionale da bonificare, ha presentato un'interrogazione ministeriale; Marco Moruzzi, consigliere regionale, rimarca «i dubbi sulla capacità della pubblica amministrazione di controllare chi deve definire l'entità dei lavori di bonifica per garantire la sicurezza dei cittadini». Lion vuol sapere «chi e perchè ha incaricato le tre aziende che sarebbero sotto inchiesta di effettuare le rilevazioni ambientali, per un'area già oggetto di indagini di Provincia e Arpa, che avevano dato risultati drammatici sulla situazione. Che l'Api galleggiasse sul petrolio era un dato verificato dagli enti pubblici; che ci fosse interesse ad addolcire i dati per ridurre l'entità e l'onere della bonifica, a carico dell' Api, poteva essere prevedibile». Di qui il «ringraziamento per il sensibile monitoraggio della Magistratura». Moruzzi condivide gli «inquietanti interrogativi e ombre per il futuro» posti dall'indagine «sulle aziende incaricate della messa in sicurezza. Il rinnovo della concessione all'Api presupponeva il risanamento. Ma anche le certezze sulla serietà della bonifica da avviare vengono meno di fronte all'ipotizzata manipolazione dei dati sull'inquinamento e alla violazione del decreto Ronchi. Perché i dubbi sul lavoro della Remedia emergono solo ora dopo l'iniziativa della Magistratura, se le operazioni di bonifica sono sottoposte allo stretto controllo degli enti? (Conferenze di servizio, ndr ). Dove arriva in realtà l'inquinamento di sottosuolo e falda?». Una prima risposta dell'Api: «E' certo un costante miglioramento del subnatante, come certificato più volte anche dagli enti pubblici sulla base di loro verifiche». L'azienda «confidando nella Magistratura, è disponibile per ogni ulteriore verifica».

 
CORRIERE ADRIATICO
"Ombre sui controlli all'Api"

Lion interroga il ministero dell'ambiente: "Chi e perché ha incaricato quelle tre aziende?" Moruzzi sull'inchiesta della procura: "Dubbi inquietanti"

FALCONARA - L'indagine del Noe e della procura di Ancona sull' operato della società Remedia, incaricata dall' Api di valutare la contaminazione da idrocarburi nel sottosuolo della raffineria di Falconara e della messa in sicurezza del territorio, pone "inquietanti interrogativi per il futuro" secondo il capogruppo regionale verde Marco Moruzzi. Il quale solleva dubbi sulla capacità della pubblica amministrazione di controllare le operazioni di risanamento del sito. Da quanto si è appreso, i reati ipotizzati finora (l'inchiesta è in una fase preliminare) sarebbero omessa bonifica e falso, e gli investigatori stanno vagliando numerosa documentazione posta sotto sequestro. Il rinnovo della concessione alla Raffineria, osserva Moruzzi in una nota, "presupponeva il risanamento ambientale. Ma le certezze sulla serietà della bonifica da avviare vengono meno di fronte all'ipotizzata manipolazione dei dati sull' inquinamento sotterraneo e alla violazione delle procedure del Decreto Ronchi che verrebbe imputata alla Remedia". L'esponente verde si chiede dunque "per quale motivo i dubbi sulla credibilità del lavoro della Remedia emergano solo ora, a seguito dell'iniziativa della magistratura, se tutte le operazioni di bonifica sono sottoposte allo stretto controllo degli enti pubblici attraverso le conferenze di servizio". Moruzzi vuole sapere poi fin dove si estende in realtà l' inquinamento del sottosuolo e della falda. A suo avviso la vicenda "alimenta dubbi sulla capacità della pubblica amministrazione di controllare il lavoro di chi ha il delicato compito di definire l'entità e la dimensione delle opere di bonifica, al fine di garantire la sicurezza dei cittadini e dell'ambiente in una zona industriale ad alto rischio". L'inchiesta della procura, secondo il capogruppo dei Verdi in commissione Ambiente alla Camera Marco Lion, è un'ombra inquietante sulle modalità di verifica ambientale e di predisposizione della bonifica dell'area della raffineria Api di Falconara Marittima". Lion ha presentato un'interrogazione al ministero dell' Ambiente "al fine di conoscere chi e perchè ha incaricato le tre aziende che sarebbero sotto inchiesta di effettuare le rilevazioni ambientali, per un'area che è stata oggetto di indagini, da parte della Provincia e dell'Arpa, che avevano dato risultati drammatici in merito alla situazione ambientale della zona". Il parlamentare ringrazia "per la sensibile opera di monitoraggio che la magistratura marchigiana ha operato e sta operando per la tutela dell'ambiente e della salute dei cittadini". Ridotta all'essenziale la replica dell'Api: "Il dato certo è il miglioramento costante negli ultimi anni dello stato del sottosuolo, come constatato direttamente anche dagli enti pubblici preposti nelle varie verifiche da questi effettuate periodicamente e in linea con i programmi a suo tempo concordati. Confidiamo nell'operato della magistratura".

Trasporto pubblico Il museo incappa in Bohigas

di MARINA MINNELLI

FALCONARA - Posto di recente sotto la tutela conservativa della sovrintendenza il più vecchio capannone dell'ex squadra rialzo (costruito fra il 1903 ed il 1909) dovrebbe ospitare il primo museo del trasporto pubblico dell'Italia centrale, ma il progetto a cui la Regione ha già dato via libera è bloccato e dal Comune non ci sono segnali di svolta. "L'idea è nata quando si è posto il problema di come utilizzare il vecchio deposito - spiega Claudio Bigi, presidente del Dopolavoro Ferroviario di Falconara, l'associazione che si è fatta promotrice dell'iniziativa - anche perché in questi anni siamo riusciti a mettere insieme qualche bel pezzo d'epoca, come due vecchie locomotive a vapore attualmente parcheggiate in un'area dismessa dello scalo merci in attesa di una collocazione più adeguata". "Se ne parla da due anni e ci sarebbero anche i finanziamenti della Regione e dell'Unione europea, ma per accedere a questi ultimi bisogna avere un progetto e lo spazio dentro al quale realizzarlo e il capannone è nell'area interessata dal progetto Bohigas. Quindi non sappiamo bene che fine farà". Il sindaco Carletti, sollecitato in proposito dallo stesso presidente del Dlf non si è pronunciato e non è stato presente ai due incontri organizzati in Comune. "Abbiamo molto materiale messo a disposizione dagli Amici del vapore - dice Bigi - e vorremmo raccoglierne molto altro legato a tutti i trasporti pubblici, dai tram agli aerei, però non sappiamo come andare avanti se il Comune non prenderà una decisione definitiva anche tenendo conto che questa è un'occasione davvero unica per Falconara".

 
IL GAZZETTINO
«Centrale, scarso impatto ambientale»

L'analisi del professor Ivo Allegrini sull'impianto che dovrebbe sorgere nell'area ex Eni. Secondo l'esponente del Cnr anche la salute dei cittadini verrebbe adeguatamente tutelata

di Fabrizio Cibin

Portogruaro - "Il progetto di questa centrale è sicuramente adeguato e utilizza le migliori tecnologie disponibili". A intervenire sulla discussa costruzione della centrale a turbogas di Giussago, è il professor Ivo Allegrini, direttore dell'Istituto inquinamento del Cnr (Consiglio nazionale di ricerche), con esperienza trentennale nel settore dell'inquinamento e che era già intervenuto in occasione del consiglio comunale di Portogruaro convocato per discutere proprio di questo argomento. "Le conclusioni cui possiamo arrivare - continua - è che queste centrali utilizzano le migliori tecnologie, hanno scarso impatto ambientale e rispetta la salute dei cittadini, così come vengono progettate, costruite e gestite". La centrale è quella che dovrebbe sorgere nell'area ex Eni, termoelettrica a ciclo combinato turbogas, con una potenza di circa 400 megawatt. "L'impianto - spiega Allegrini - verrà alimentato a gas naturale, metano, e l'elettricità sarà utilizzata da qualche parte attraverso la rete nazionale di trasmissione. Le caratteristiche principali dell'impianto sono appunto una potenza nominale installata di 400 megawatt; si utilizza quasi esclusivamente gas naturale, per un quantitativo annuo pari a 400mila tonnellate". Le emissioni in atmosfera, a questo punto. "Ora deve essere chiaro che quando si parla di un impianto termoelettrico, si parla di qualcosa che brucia e quando qualcosa brucia, quello che succede è che vengono generati degli inquinanti; ma fra tutti i combustibili che noi possiamo pensare di utilizzare, il metano e il gas naturale gpl costituiscono dei combustibili che emettono soltanto degli ossidi di azoto, cioè delle sostanze che noi chiamiamo "Nox" ma dove, praticamente in gran parte (99 per cento), la formazione è quella di una molecola che noi chiamiamo "No" e che si chiama ossido di azoto, che è una sostanza di per sè innocua. Vengono prodotti degli altri inquinanti, essenzialmente "Co2", che però non è un inquinante di interesse per la salute, mentre a regime le quantità di altri due inquinanti che possono essere presenti, cioè particolato e "So2", sono nulle. L'ossido di carbonio è una sostanza che invariabilmente accompagna le reazioni di combustione, ma la quantità prodotta è molto bassa e assolutamente infinitesima rispetto alle quantità della stessa sostanza che vengono emesse, per esempio, dal traffico autoveicolare. Naturalmente per questo abbiamo delle concentrazioni che vengono garantite dall'impianto, al di sotto delle quali, chiaramente, non si può andare. Abbiamo 50 milligrammi/mc, che non è uno standard italiano, ma deriva da direttive comunitarie che impongono a vari tipi di impianto questo tipo di emissione massima. Si tenga presente che gli standard comunitari sono estremamente conservativi, quindi praticamente queste sono emissioni di assoluta tutela per la salute dei cittadini". "La centrale - conclude il professor Allegrini, che si dice disponibile a partecipare ad altri incontri pubblici - ha uno scarso impatto ambientale e il pieno rispetto per la salute dei cittadini".

 
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