IL MESSAGGERO |
I Noe cercano la prova del
nove
Il ministero congela sine
die le conferenze di servizio sul sito di interesse
nazionale. Bonifica truccata? Sotto inchiesta i dati di
tutti i tipi di inquinamento
di GIAMPAOLO MILZI
FALCONARA - Un inquinamento
double face : uno “ufficiale” e blando; e uno reale,
inquietante e nascosto? Della serie “il trucco c'è ma non si
vede”? Noe e Arpam lavorano a una prova del nove difficile,
vista la mole di documenti cartacei e informatici
sequestrati, e improntata al “super garantismo”. Già, perchè
con le cifre non si scherza. Tanto più coi parametri di
“diagnosi di una malattia” (quella autodenunciata il 15
giugno 2000 dall'Api ex Dm 471/99) che riguarda la vasta
area su cui insiste lo stabilimento di raffinazione
petrolifera (superficie, viscere, falda acquifera, zone
immediatamente a ridosso del perimetro, bagnate dal mare e
dall'Esino) e di riflesso la sicurezza di Falconara. Anche
l'inchiesta giudiziaria coordinata dal procuratore capo
Vincenzo Luzi, volta a verificare un eventuale “pateracchio
al ribasso” nella comunicazione dei numeri sulla
contaminazione alle autorità pubbliche, sembra una medaglia
a due facce: da un lato l'informazione di garanzia per
Federico Sardi, rappresentante della ditta milanese Remedia
spa, incaricata dall'Api di curare tutti gli aspetti (messa
in sicurezza, piano di caratterizzazione) legati all'opera
mirata alla bonifica finale; dall'altra l'azienda
falconarese, che per ora si è vista solo rastrellare dai
carabinieri comunicazioni, software, faldoni, e la cui
posizione resta molto sfumata. Le ipotesi di reato
riguardano esclusivamente la Remedia e altre due ditte dello
stesso settore: manipolazione dei “dati di campo” che
indicano la vera situazione d'inquinamento (falso in atto
pubblico); mancato rispetto delle procedure funzionali al
pieno ritorno dall'emergenza alla normalità ambientale (art.
51 bis Decreto Ronchi). Quei dati, decisivi per tipo e costi
della “cura verde” da prescrivere è stata poi l'Api a
comunicarli alle autorità pubbliche di vigilanza. Tra queste
Regione, Provincia, Comune di Falconara e ministero
dell'ambiente, che hanno ricevuto report, numeri, piantine
anche ad uso delle periodiche conferenze di servizio sulla “ecoemergenza”.
Conferenze “avocate” a Roma dopo il “salto di qualità” del
sito industriale falconarese, inserito nel 2002 nella lista
nazionale di quelli a rischio e da bonificare con estremo
rigore. Tra le carte radiografate dal Noe, anche quelle
finite sulla scrivania di Francesco Mascazzini, direttore
generale dell'ufficio rifiuti e bonifiche del ministero
dell'ambiente, il funzionario che ha “guidato” la prima
conferenza nella capitale, quella d'insediamento. Mercoledì
scorso, poi, quasi in concomitanza con la consegna da parte
di Noe e Arpam della prima corposa relazione in procura ad
Ancona, il congelamento sine die del secondo summit romano
programmato per il giorno dopo. “Carte false” per
rassicurare su credibilità di garanzie di un'opera di
risanamento in realtà di tipo inadeguato alle vere esigenze?
“Dati di campo” ingannevoli? Sovrastimati quelli sulla
capacità di pompaggio del “surnatante”? Sottotostimata
l'entità dei prodotti inquinanti captati dai pozzi
piezometrici? Ridimensionata la profondità delle
infiltrazioni di idrocarburi nelle acque di falda, marine e
dell'Esino? Per rispondere con certezza a questi e altri
interrogativi, gli inquirenti hanno bisogno di un mare di
riscontri a catena. Va sottolineato, infatti, che esistono
discrepanze fisiologiche ammesse dalla legge. Insite nella
procedura. Che prevede che i dati prima vengano raccolti sul
territorio da risanare, quindi elaborati in un modo
scientifico-statistico, poi forniti dalla ditta incaricata
della pre-bonifica all'Api. E infine passati dall'Api ai
controllori. Normalissimo e lecito che durante un iter così
complesso le cifre mutino. Fino a prova contraria.
Verdi all’attacco. L’Api:
«Pronti a ulteriori verifiche»
di GIAMPAOLO MILZI
Verdi all'attacco dopo la
notizia del Messaggero sul rischio “bonifica truccata”:
Marco Lion, capogruppo in commissione ambiente alla Camera e
artefice dell'inserimento di Falconara fra i siti di
interesse nazionale da bonificare, ha presentato
un'interrogazione ministeriale; Marco Moruzzi, consigliere
regionale, rimarca «i dubbi sulla capacità della pubblica
amministrazione di controllare chi deve definire l'entità
dei lavori di bonifica per garantire la sicurezza dei
cittadini». Lion vuol sapere «chi e perchè ha incaricato le
tre aziende che sarebbero sotto inchiesta di effettuare le
rilevazioni ambientali, per un'area già oggetto di indagini
di Provincia e Arpa, che avevano dato risultati drammatici
sulla situazione. Che l'Api galleggiasse sul petrolio era un
dato verificato dagli enti pubblici; che ci fosse interesse
ad addolcire i dati per ridurre l'entità e l'onere della
bonifica, a carico dell' Api, poteva essere prevedibile». Di
qui il «ringraziamento per il sensibile monitoraggio della
Magistratura». Moruzzi condivide gli «inquietanti
interrogativi e ombre per il futuro» posti dall'indagine
«sulle aziende incaricate della messa in sicurezza. Il
rinnovo della concessione all'Api presupponeva il
risanamento. Ma anche le certezze sulla serietà della
bonifica da avviare vengono meno di fronte all'ipotizzata
manipolazione dei dati sull'inquinamento e alla violazione
del decreto Ronchi. Perché i dubbi sul lavoro della Remedia
emergono solo ora dopo l'iniziativa della Magistratura, se
le operazioni di bonifica sono sottoposte allo stretto
controllo degli enti? (Conferenze di servizio, ndr ). Dove
arriva in realtà l'inquinamento di sottosuolo e falda?». Una
prima risposta dell'Api: «E' certo un costante miglioramento
del subnatante, come certificato più volte anche dagli enti
pubblici sulla base di loro verifiche». L'azienda
«confidando nella Magistratura, è disponibile per ogni
ulteriore verifica». |
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CORRIERE ADRIATICO |
"Ombre sui controlli all'Api"
Lion interroga il ministero
dell'ambiente: "Chi e perché ha incaricato quelle tre
aziende?" Moruzzi sull'inchiesta della procura: "Dubbi
inquietanti"
FALCONARA - L'indagine del
Noe e della procura di Ancona sull' operato della società
Remedia, incaricata dall' Api di valutare la contaminazione
da idrocarburi nel sottosuolo della raffineria di Falconara
e della messa in sicurezza del territorio, pone "inquietanti
interrogativi per il futuro" secondo il capogruppo regionale
verde Marco Moruzzi. Il quale solleva dubbi sulla capacità
della pubblica amministrazione di controllare le operazioni
di risanamento del sito. Da quanto si è appreso, i reati
ipotizzati finora (l'inchiesta è in una fase preliminare)
sarebbero omessa bonifica e falso, e gli investigatori
stanno vagliando numerosa documentazione posta sotto
sequestro. Il rinnovo della concessione alla Raffineria,
osserva Moruzzi in una nota, "presupponeva il risanamento
ambientale. Ma le certezze sulla serietà della bonifica da
avviare vengono meno di fronte all'ipotizzata manipolazione
dei dati sull' inquinamento sotterraneo e alla violazione
delle procedure del Decreto Ronchi che verrebbe imputata
alla Remedia". L'esponente verde si chiede dunque "per quale
motivo i dubbi sulla credibilità del lavoro della Remedia
emergano solo ora, a seguito dell'iniziativa della
magistratura, se tutte le operazioni di bonifica sono
sottoposte allo stretto controllo degli enti pubblici
attraverso le conferenze di servizio". Moruzzi vuole sapere
poi fin dove si estende in realtà l' inquinamento del
sottosuolo e della falda. A suo avviso la vicenda "alimenta
dubbi sulla capacità della pubblica amministrazione di
controllare il lavoro di chi ha il delicato compito di
definire l'entità e la dimensione delle opere di bonifica,
al fine di garantire la sicurezza dei cittadini e
dell'ambiente in una zona industriale ad alto rischio".
L'inchiesta della procura, secondo il capogruppo dei Verdi
in commissione Ambiente alla Camera Marco Lion, è un'ombra
inquietante sulle modalità di verifica ambientale e di
predisposizione della bonifica dell'area della raffineria
Api di Falconara Marittima". Lion ha presentato
un'interrogazione al ministero dell' Ambiente "al fine di
conoscere chi e perchè ha incaricato le tre aziende che
sarebbero sotto inchiesta di effettuare le rilevazioni
ambientali, per un'area che è stata oggetto di indagini, da
parte della Provincia e dell'Arpa, che avevano dato
risultati drammatici in merito alla situazione ambientale
della zona". Il parlamentare ringrazia "per la sensibile
opera di monitoraggio che la magistratura marchigiana ha
operato e sta operando per la tutela dell'ambiente e della
salute dei cittadini". Ridotta all'essenziale la replica
dell'Api: "Il dato certo è il miglioramento costante negli
ultimi anni dello stato del sottosuolo, come constatato
direttamente anche dagli enti pubblici preposti nelle varie
verifiche da questi effettuate periodicamente e in linea con
i programmi a suo tempo concordati. Confidiamo nell'operato
della magistratura".
Trasporto pubblico Il
museo incappa in Bohigas
di MARINA MINNELLI
FALCONARA - Posto di recente
sotto la tutela conservativa della sovrintendenza il più
vecchio capannone dell'ex squadra rialzo (costruito fra il
1903 ed il 1909) dovrebbe ospitare il primo museo del
trasporto pubblico dell'Italia centrale, ma il progetto a
cui la Regione ha già dato via libera è bloccato e dal
Comune non ci sono segnali di svolta. "L'idea è nata quando
si è posto il problema di come utilizzare il vecchio
deposito - spiega Claudio Bigi, presidente del Dopolavoro
Ferroviario di Falconara, l'associazione che si è fatta
promotrice dell'iniziativa - anche perché in questi anni
siamo riusciti a mettere insieme qualche bel pezzo d'epoca,
come due vecchie locomotive a vapore attualmente
parcheggiate in un'area dismessa dello scalo merci in attesa
di una collocazione più adeguata". "Se ne parla da due anni
e ci sarebbero anche i finanziamenti della Regione e
dell'Unione europea, ma per accedere a questi ultimi bisogna
avere un progetto e lo spazio dentro al quale realizzarlo e
il capannone è nell'area interessata dal progetto Bohigas.
Quindi non sappiamo bene che fine farà". Il sindaco Carletti,
sollecitato in proposito dallo stesso presidente del Dlf non
si è pronunciato e non è stato presente ai due incontri
organizzati in Comune. "Abbiamo molto materiale messo a
disposizione dagli Amici del vapore - dice Bigi - e vorremmo
raccoglierne molto altro legato a tutti i trasporti
pubblici, dai tram agli aerei, però non sappiamo come andare
avanti se il Comune non prenderà una decisione definitiva
anche tenendo conto che questa è un'occasione davvero unica
per Falconara". |
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IL GAZZETTINO |
«Centrale, scarso impatto
ambientale»
L'analisi del professor Ivo Allegrini sull'impianto che
dovrebbe sorgere nell'area ex Eni. Secondo l'esponente del
Cnr anche la salute dei cittadini verrebbe adeguatamente
tutelata
di Fabrizio Cibin
Portogruaro - "Il progetto di
questa centrale è sicuramente adeguato e utilizza le
migliori tecnologie disponibili". A intervenire sulla
discussa costruzione della centrale a turbogas di Giussago,
è il professor Ivo Allegrini, direttore dell'Istituto
inquinamento del Cnr (Consiglio nazionale di ricerche), con
esperienza trentennale nel settore dell'inquinamento e che
era già intervenuto in occasione del consiglio comunale di
Portogruaro convocato per discutere proprio di questo
argomento. "Le conclusioni cui possiamo arrivare - continua
- è che queste centrali utilizzano le migliori tecnologie,
hanno scarso impatto ambientale e rispetta la salute dei
cittadini, così come vengono progettate, costruite e
gestite". La centrale è quella che dovrebbe sorgere
nell'area ex Eni, termoelettrica a ciclo combinato turbogas,
con una potenza di circa 400 megawatt. "L'impianto - spiega
Allegrini - verrà alimentato a gas naturale, metano, e
l'elettricità sarà utilizzata da qualche parte attraverso la
rete nazionale di trasmissione. Le caratteristiche
principali dell'impianto sono appunto una potenza nominale
installata di 400 megawatt; si utilizza quasi esclusivamente
gas naturale, per un quantitativo annuo pari a 400mila
tonnellate". Le emissioni in atmosfera, a questo punto. "Ora
deve essere chiaro che quando si parla di un impianto
termoelettrico, si parla di qualcosa che brucia e quando
qualcosa brucia, quello che succede è che vengono generati
degli inquinanti; ma fra tutti i combustibili che noi
possiamo pensare di utilizzare, il metano e il gas naturale
gpl costituiscono dei combustibili che emettono soltanto
degli ossidi di azoto, cioè delle sostanze che noi chiamiamo
"Nox" ma dove, praticamente in gran parte (99 per cento), la
formazione è quella di una molecola che noi chiamiamo "No" e
che si chiama ossido di azoto, che è una sostanza di per sè
innocua. Vengono prodotti degli altri inquinanti,
essenzialmente "Co2", che però non è un inquinante di
interesse per la salute, mentre a regime le quantità di
altri due inquinanti che possono essere presenti, cioè
particolato e "So2", sono nulle. L'ossido di carbonio è una
sostanza che invariabilmente accompagna le reazioni di
combustione, ma la quantità prodotta è molto bassa e
assolutamente infinitesima rispetto alle quantità della
stessa sostanza che vengono emesse, per esempio, dal
traffico autoveicolare. Naturalmente per questo abbiamo
delle concentrazioni che vengono garantite dall'impianto, al
di sotto delle quali, chiaramente, non si può andare.
Abbiamo 50 milligrammi/mc, che non è uno standard italiano,
ma deriva da direttive comunitarie che impongono a vari tipi
di impianto questo tipo di emissione massima. Si tenga
presente che gli standard comunitari sono estremamente
conservativi, quindi praticamente queste sono emissioni di
assoluta tutela per la salute dei cittadini". "La centrale -
conclude il professor Allegrini, che si dice disponibile a
partecipare ad altri incontri pubblici - ha uno scarso
impatto ambientale e il pieno rispetto per la salute dei
cittadini". |
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