MESSAGGERO |
Tre progetti per la spiaggia
di Villanova
di LETIZIA LARICI
FALCONARA - Trasformazione in
vista per la spiaggia di Villanova. Il recupero
dell'edificio "ex tiro a volo", che rientra nel piano di
riqualificazione urbanistica, dovrebbe portare alla
realizzazione di un complesso turistico. Tre i progetti
individuati dalla giunta, su parere della commissione
competente. A presentarli rispettivamente l'Agesci Marche,
la Fiardi trading srl, società di gestione di varie attività
commerciali con sede a Falconara e il noto locale notturno
"Sottosopra". I tre progetti, scelti in un lotto di sei,
hanno ricevuto il gradimento preventivo in base alla
valutazione del loro contenuto, che sembra rispecchiare
maggiormente le finalità pubbliche, ma ciò non significa un
impegno definitivo da parte del Comune, in quanto sugli
stessi andranno eseguiti ulteriori approfondimenti, con
particolare riferimento alla articolazione esecutiva delle
offerte. Una sala di soccorso, uno store con edicola, uno
snack - bar ed un solarium, ma anche campi di calcetto e
beach volley, giostre per bambini, una palestra in legno
lamellare e piscine galleggianti per disabili. Questa la
proposta della Fiardi Trading che prevede anche la
realizzazione di un rimessaggio barche con annessa officina
per riparazioni, di un pontile galleggiante per l'attracco e
l'installazione di boe in acqua. Differente l'offerta dell'Agesci
che propone l'attivazione di una base nautica regionale
riservata alla utilizzazione esclusiva dei propri iscritti.
Per questo l'associazione ha formulato la richiesta per una
concessione gratuita dell'area della durata di 10 anni. Una
struttura dotata di bar e ristorante, destinata ad ospitare
feste e spettacoli è infine la proposta del "Sottosopra". La
società di gestione del locale si è resa disponibile ad
addossarsi le spese relative all'impianto elettrico e ai
servizi per disabili, in cambio di una concessione
ventennale.
Esplosione di gas: 27
morti Il prezzo del petrolio sale
ALGERI Spicca il volo il
prezzo del petrolio all’indomani della terribile esplosione
(nella foto AP-Alg.Tv) di lunedì scorso nel complesso di gas
naturale liquefatto di Skikda, in Algeria. Ieri sera ha
sfiorato quota 35,70 con un rimbalzo di oltre 4 dollari al
barile. Aumenta il prezzo del petrolio ma anche il numero
delle vittime dell’esplosione. Il ministero della Sanità
algerino ieri sera ha fornito un bilancio di 27 morti, 9
dispersi e 72 feriti. L'esplosione sarebbe stata provocata
da una «caldaia difettosa», secondo un responsabile della
sicurezza del complesso, che si trova a 500 chilometri a est
di Algeri. Il complesso petrolchimico di Skikda è uno dei
più importanti dell'Algeria, con 12.000 operai in sette
diversi stabilimenti. È stato costruito negli anni 70.
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CORRIERE ADRIATICO |
Villanova, la spiaggia dei
desideri
Tre progetti in gara per l'ex
tiro a volo
di MARINA MINELLI
FALCONARA - Centro velico,
base nautica degli scout aderenti all'Agesci, oppure
struttura attrezzata per feste e spettacoli. Questi i tre
progetti selezionati dalla giunta comunale che ha espresso
parere favorevole in relazione all'indagine esplorativa per
l'affidamento della gestione dell'ex tiro a volo situato
sulla spiaggia di Villanova nei pressi del distaccamento
falconarese della Capitaneria di Porto di Ancona. Sei in
totale i progetti ricevuti dall'amministrazione comunale.
Sono sottoposti al giudizio della commissione presieduta dal
dirigente del settore lavori pubblici, Luciano Fantozzi (e
costituita anche dal dirigente all'urbanistica Furio
Durpetti e da Alberto Brunetti e Giampiero Canonici del
servizio gare e contratti), oltre al centro velico di "Fiardi
Trading", alla base dell'Agesci Marche ed alla struttura
ricreativa pensata dai titolari di "Sottosopra", il
disco-dinner di Rocca Mare, altre idee erano state proposte
dall'associazione Pesca Sportiva Villanova, da Pesca Club
Jolly Sport e da Blu Pubblica Assistenza Onlus. Il progetto
di "Fiardi Trading" coinvolge area ed immobile di Villanova
e la società si impegna a garantire servizi riguardanti il
turismo, lo sport ed il tempo libero. Verranno installati
servizi igienici, sala di soccorso, store con edicola,
snack- bar, solarium, spazio di rimessaggio per le
imbarcazioni con annessa un'officina per riparazioni, campi
per calcetto e beach- volley, giostre per bambini, palestra
in legno lamellare, piscine galleggianti idonee anche per
disabili. La "Fiardi Trading", inoltre, prevede nel progetto
la realizzazione di un pontile galleggiante raggiungibile
con pedana fissa per consentire alle imbarcazioni di
attraccare e l'installazione di boe in acqua che guidano il
percorso iniziale delle imbarcazioni. Anche i servizi
offerti dall'Agesci Marche, l'associazione degli scout
cattolici, interessano il turismo, lo sport ed il tempo
libero riservati però agli aderenti. L'Agesci Marche,
avrebbe intenzione di istituire una base nautica regionale
con uno spazio per imbarcazioni e rimessaggio natanti ed
aree per la vita in comune degli iscritti, ma chiede una
concessione gratuita per almeno 10 anni. Bar e ristorante
con spazio per ballare sono la proposta della società
"Sottosopra" che si accollerebbe le spese per l'adeguamento
dei locali a patto di poter contare su una concessione di
venti anni con un primo periodo di concessione gratuita per
far fronte alle spese di avviamento dell'attività.
"Il territorio frana, fate
qualcosa"
I consiglieri Astolfi e
Virgulti (An) chiamano in causa il sindaco Carletti
FALCONARA -
"L'amministrazione comunale ha provveduto o pensa di
provvedere in futuro al monitoraggio dei fenomeni franosi
presenti nel territorio comunale e ha risposto alla
richiesta dell'Autorità di Bacino regionale per poter
concorrere all'eventuale finanziamento dei monitoraggi delle
frane tipo R3?". Matteo Astolfi e Lucio Virgulti,
consiglieri comunali di Alleanza Nazionale, sono intervenuti
in questi giorni con una interrogazione al sindaco Giancarlo
Carletti sul complesso e difficile problema della franosità
del territorio comunale anche in considerazione del fatto
che "l'Autorità di Bacino regionale ha definito una
specifica linea di azione volta al monitoraggio dei dissesti
gravitativi, ritenuta necessaria ai fini di una ottimale
pianificazione delle azioni da intraprendere", le quali
consistono, come precisano i documenti ufficiali della
Regione Marche, "nel controllo dell'evoluzione dei fenomeni
ai fini di prevenzione e nell'acquisizione di informazioni
tecniche da utilizzare, qualora si verifichino le condizioni
di finanziabilità di interventi strutturali, per
l'interpretazione del modello e per la definizione di
adeguate soluzioni tecniche". "Considerato che in una nota
dell'Autorità di Bacino dell'Agosto 2003 si richiede alle
strutture tecniche dei Comuni di collaborare
all'aggiornamento dei dati inviando all'Autorità le
informazioni sintetiche delle aree in oggetto con ubicazione
e dispositivi di monitoraggio - rilevano i due consiglieri
di Alleanza Nazionale - sarebbe il caso che
l'amministrazione cittadina si attivasse in questo senso, in
quanto, come è ormai noto, tutto il territorio comunale
risulta essere interessato da diverse frane con livello di
rischio R3". |
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IL GAZZETTINO |
Il pm Felice Casson ha
scoperto altri 20 morti
"Ci sono almeno 20 operai
morti dopo la fine del processo di primo grado. Tumori ai
polmoni e al fegato. C'è anche il caso di un operaio assunto
nel 1981 al Petrolchimico, dove ha lavorato fino al 1989. E'
morto pochi mesi fa". Per Felice Casson è una storia
infinita questa delle morti per Cvm. "Arrivano le
segnalazioni da tutti gli ospedali del Veneto, ormai si sa
che tutti gli operai del Petrolchimico morti per un
qualsiasi motivo vanno segnalati in Procura. Poi gli
accertamenti successivi stabiliscono se si tratta di morti
correlate all'ambiente di lavoro o meno". E i nuovi casi
sono già una ventina. Non entreranno in questo processo
perché in Appello non si possono far entrare nuove "parti",
ma sicuramente verranno istruiti nuovi processi per queste
morti. Casson non molla e dice anche chiaramente che il
processo di Appello non chiuderà la vicenda Montedison. In
questa aula si parlerà di tutto quel che è successo in
fabbrica fino al 1974, delle morti e dell'inquinamento della
laguna, dell'aria e della terra. Si parlerà del disastro di
una industria chimica che ha portato tanta ricchezza, ma
anche tanti lutti. Ma la storia non finisce con questo
processo, certo l'Appello è importante ed è chiaro che
Casson punta al ribaltamento della sentenza, ad accertare
cioè la penale responsabilità dei dirigenti di Montedison ed
Enichem sia nel caso dell'inquinamento che delle morti per
cloruro di vinile monomero. Anche se si respira una certa
aria di stanchezza, Casson non ha perso il suo spirito
battagliero, che trasmette anche agli avvocati di parte
civile. L'anima, anche di questo processo, è di nuovo lui. E
siccome non vuole lasciarsi travolgere dagli eventi, già
pensa al dopo. Se anche l'Appello andasse male, comunque ci
sono già altri processi che incombono. La fuga di ammoniaca,
quella di cvm, l'inquinamento della laguna, i venti operai
morti...
Cvm, sul processo l'ombra
di altri 20 morti
PORTO MARGHERA Dopo due anni
e due mesi imputati, accusatori e vittime si sono ritrovati
in aula bunker. Udienza di appello aperta e poco dopo
rinviata al 10 febbraio: in ballo l'eccezione di
costituzionalità
di AMADORI, DIANESE TREVISAN
E BENATELLI
Mestre - Il 2 novembre 2001
era il giorno delle lacrime, della rabbia. Il 20 gennaio
2003 è quello dei fiori e della malinconia. I fiori li
portano i fratelli Bortolozzo, figli di Gabriele, l'operaio
del Petrolchimico che ha portato alla sbarra il gotha
dell'industria chimica italiana. Li appoggiano ad uno ad uno
sulle sedie del settore destinato al pubblico. Il presidente
della Corte chiede di toglierli e loro li tolgono. Sono come
il padre, abituati a non mollare, ma anche al rispetto.
Attendono l'inizio di questo processo di appello per le
morti da cvm di tanti operai e della morte da cvm di laguna,
aria e terra. Il processo di primo grado è andato nel modo
peggiore, per i familiari delle vittime, mandando assolti
tutti gli imputati. Il Tribunale ha stabilito che prima del
1974 le industrie non sapevano che il cvm provoca il cancro
e dopo, quando lo hanno saputo, hanno fatto tutto quel che
potevano. I familiari delle vittime scrutano la Corte,
cercando di leggere nei primi atti del Tribunale un indizio
di come andrà a finire. Solo questo conta: come andrà a
finire. Se ci saranno le condanne o non ci saranno le
condanne degli imputati. Intanto anche loro notano,
sconsolati, che in aula bunker ci sono più avvocati che
cittadini, come se la città si fosse dimenticata non solo
del processo, ma anche di quel che significa in una città
che anche un anno fa è stata sull'orlo dell'olocausto
chimico. In questo clima di malinconia se non ancora di
rassegnazione, la differenza la fanno sei ragazzine dello
Stefanini, unica presenza di giovanissimi in un'aula in cui
si parla di un passato che sembra lontano anni luce. "Ma noi
abbiamo paura adesso dell'incidente chimico oggi" - dicono
le studentesse che a scuola hanno studiato la tragedia dei
30 mila morti di Bhopal, gasati in una notte dalla Union
Carbide. Ma queste sei ragazze sono l'eccezione, non la
regola. Intanto la mezza mattinata - il processo slitta
subito al 10 febbraio perchè il presidente, Aliprandi, ha un
problema alla retina dell'occhio sinistro - passa annegata
nella nebbia della routine giudiziaria. Roba da
azzeccagarbugli, per chi non è del mestiere. Ma è così
sempre alle prime udienze. Da dire c'è poco, se non che
tutti si aspettavano una gran folla. Lo prevedeva anche la
polizia che infatti aveva preparato un notevole cordone
sanitario attorno all'aula, ma alla fine le presenze anche
forti, come quelle dei Centri sociali, erano ridotte al
minimo. Ecco spiegata la malinconia di vedove e figli dei
morti ammazzati dal cvm, che sconsolati aspettano un
ribaltamento della sentenza di primo grado. "Spero che sia
resa giustizia - sintetizza da poeta Ferruccio Brugnaro -
Perchè gli operai sono morti due volte, finora". E il p.m.
Felice Casson avverte: "Dalla sentenza di primo grado altri
20 operai sono morti di cancro".
L'accusa vuole rinnovare
una parte del dibattimento
LA STRATEGIA Secondo i pm
Casson e Bruni la Corte non si dovrà limitare a rivalutare
le prove acquisite in primo grado. Acquisizione di studi
scientifici e nuovi testimoni
di Gianluca Amadori
Normalmente un processo
d'appello ruota attorno alla documentazione probatoria
acquisita nel corso del primo grado, materiale che viene
rivalutato dalla Corte sulla base delle argomentazioni
avanzate in aula da accusa, difesa e dagli avvocati delle
parti civili. Nel caso del Petrolchimico, come accade
generalmente nelle vicende più complesse e delicate, la
procura generale ha invece chiesto un parziale rinnovamento
del dibattimento con l'intenzione di introdurre nuovi
elementi che non sono stati valutati dal Tribunale e che, a
suo avviso, possono essere determinanti nel convincere la
Corte della fondatezza delle accuse.
STUDI SCIENTIFICI - Il sostituto procuratore Felice Casson,
il magistrato che si è occupato dell'inchiesta e ha
rappresentato la pubblica accusa anche nel corso del
processo di primo grado, aveva già avanzato richiesta di
rinnovamento del dibattimento nell'ambito del monumentale
atto d'appello, 1500 pagine con le quali ha impugnato la
sentenza di generale assoluzione pronunciata dal Tribunale
il 2 novembre del 2001. Nei giorni scorsi il magistrato, che
nell'aula bunker siede a fianco del sostituto procuratore
generale Bruno Bruni, ha depositato una memoria scritta
nella quale ribadisce quella istanza e la precisa più
dettagliatamente. La parte più rilevante del nuovo materiale
probatorio che la pubblica accusa vorrebbe introdurre
all'attenzione del presidente Francesco Aliprandi e dei due
giudici a latere, Antonio Lucisano e Daniela Perdibon, è
composto da studi scientifici e documenti pubblicati
successivamente alla sentenza del 2001 e all'impugnazione
presentata il 29 ottobre del 2002: «Si tratta di studi e
documenti che si riferiscono ai dati e alle conoscenze
scientifiche sul cvm, argomenti già trattati nell'atto
d'appello del pm - si legge nella memoria depositata alla
Corte - Si ritengono rilevanti nell'ambito della presente
vicenda processuale».
CVM A MARGHERA - Complessivamente sono dieci studi, alcuni
dei quali realizzati negli Stati Uniti, a Taiwan, ma anche
all'Università di Milano. Uno, in particolare, è
l'aggiornamento al maggio-giugno 2003, dello "Studio
epidemiologico dei lavoratori esposti a cloruro di vinile
nello stabilimento di Porto Marghera", realizzato da Roberta
Pirastu, Michela Baccini, Annibale Biggeri e Pietro Comba.
Il pm Casson ha chiesto anche l'acquisizione di una scheda
Fulc- Università di Padova, relativo a Gabriele Bortolozzo,
l'operaio simbolo della battaglia per la salute al
Petrolchimico, che con la sua denuncia diede il via
all'inchiesta. Secondo il magistrato questo documento,
rinvenuto dal figlio Gianluca all'inizio dello scorso anno,
smentirebbe una delle tesi della sentenza assolutoria di
primo grado, ovvero che la "sindrome di Raynaud", una delle
malattie correlate alla lavorazione del cvm, sarebbe
prescritta perché risalente al 1965.
NUOVI TESTIMONI - Nell'aula bunker di Mestre, la pubblica
accusa vorrebbe far sfilare anche nuovi testimoni, tra cui
alcuni finanzieri di Milano che hanno indagato sui colossi
della chimica e che i pm Casson e Bruni vogliono interrogare
su presunte "tangenti" e sul fiume di denaro investito in
pubblicità, invece che per migliorare i sistemi di sicurezza
e la salubrità degli stabilimenti.
L'IMPUGNAZIONE - Ma non ci sono soltanto nuove prove, alla
cui acquisizione la difesa sicuramente si opporrà. La
pubblica accusa è convinta che anche una più attenta
rilettura degli atti porterà alla luce la fondatezza delle
imputazioni. Nell'atto d'appello, Casson contestò al
Tribunale di aver scritto una sentenza piena di errori,
omissioni, travisamenti; un pronunciamento appiattito sulle
posizioni della difesa, nel quale i giudici non hanno tenuto
conto delle prove raggiunte nel corso del dibattimento.
Fiori in aula per
ricordare gli operai morti
L'iniziativa delle vedove e
delle figlie di quanti non hanno nemmeno visto iniziare
questo processo al cvm
di Nicoletta Benatelli
Mestre - Fiori per ricordare
gli operai morti di cloruro di vinile monomero. In aula
bunker, ieri mattina, nell'udienza di apertura del processo
d'appello, erano le mogli e le figlie degli operai morti a
tenere in mano un fiore. Per ricordare. Per non dimenticare.Il
processo inizia e subito registra una pausa, riprenderà il
10 febbraio perchè il presidente del collegio Francesco
Aliprandi, si è appena operato alla retina. Il presidente,
che è coadiuvato dai giudici a latere Daniela Perdibon e
Antonio Lucisano, ha in programma un tour de force che
prevede in calendario almeno due udienze alla settimana fino
a che non sarà terminata l'analisi di tutti i documenti, ma
sul dibattimento gravano già le eccezioni di
costituzionalità sollevate dal professor Tullio Padovani,
del collegio di difesa Montedison. Il professor Padovani,
partendo da alcune analisi già presentate dai difensori di
Giulio Andreotti, pone il nodo della legittimità per il
pubblico ministero ad impugnare una sentenza di assoluzione
di primo grado. La sostanza è questa: siccome il processo di
appello sostanzialmente si basa sulle carte e non "rinnova"
il dibattimento, l'imputato ha meno possibilità di
difendersi. Dunque, gli avvocati chiedono che, una volta
assolti in primo grado non si possa più essere processati in
appello. Succede già in America, gli avvocati vorrebbero
introdurre questo principio anche nel nostro Pese. Il 10
febbraio dunque il collegio presieduto da Aliprandi dovrà
esprimere il proprio parere sull'eccezione presentata dal
professor Padovani, a cui si è associato ieri anche il
professor Federico Stella, per Enichem. Sarà il Procuratore
generale Ennio Fortuna a sostenere le tesi della pubblica
accusa sull'eccezione di costituzionalità.Non temono le
eccezioni delle difese però i rappresentanti della pubblica
accusa: il pubblico ministero Felice Casson, titolare fin
dall'inizio dell'inchiesta e protagonista di tutto il primo
grado, e il sostituto procuratore generale Bruno Bruni. Il
Pm Casson intende ripartire dalla tesi sostenuta in primo
grado secondo la quale il cvm è cancerogeno e può colpire
più organi bersaglio: fegato, polmoni, cervello, linfa,
anche a seguito di basse esposizioni. Il sostituto Bruni
invece si occuperà più in dettaglio dell'inquinamento della
laguna ed in particolare della matrice tipica delle impronte
delle emissioni provenienti dal Petrolchimico. Ieri in aula
si è preso atto anche della morte dell'imputato Angelo
Sebastiani, 90 anni, ex direttore del Petrolchimico. Gli
imputati sono ora 27 e, oltre al celebre ex presidente
Montedison, Eugenio Cefis, comprendono anche altri dirigenti
della stessa società e di Enichem. Le aziende chiamate in
causa come responsabile civile in caso di condanna sono
quattro: Montedison, Enichem, Eni e Montefibre. Confermate
anche le presenze delle parti civili pubbliche: Comune di
Venezia e Regione (avvocato Eugenio Vassallo), Provincia di
Venezia (avvocato Adelchi Chinaglia con Marco Giacomini e
Ettore Santin), Comuni di Mira e Campagna Lupia (avvocato
Alfredo Zabeo). L'avvocato dello stato Giampaolo Schiesaro,
parte civile per il ministero dell'Ambiente ha ritirato la
costituzione di parte civile contro Montedison a seguito del
risarcimento extragiudiziale di 525 miliardi di lire, ma
resta costituito contro Enichem. Confermate anche le
costituzioni di parte civile della Camera del lavoro e dei
sindacati Cub, delle associazioni WWF, Medicina Democratica,
Legambiente e Salvaguardia Malcontenta, di numerosi operai
malati o congiunti di lavoratori morti, tra i quali i figli
di Gabriele Bortolozzo. |
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GIORNALE DI BRESCIA |
Algeria: 27 morti in una
raffineria
Tragica esplosione
accidentale. Il disastro nella città portuale di Skikda, 500
km dalla capitale. Disastro al petrolchimico
ALGERI - Una tremenda
esplosione, pare accidentale, ha devastato lunedì sera il
grande complesso di lavorazione del gas naturale di Skikda,
città portuale a circa 500 km ad est di Algeri, facendo
almeno 27 morti e 74 feriti. Si tratta della più grave
catastrofe industriale in Algeria dopo l’indipendenza, nel
1962. La radio algerina ha riferito che i soccorritori sono
alla ricerca di altri nove operai sepolti sotto le macerie
dell’impianto, considerato il fiore all’occhiello
dell’industria petrolchimica algerina. La tragedia è
avvenuta in un settore dove stavano lavorando una
cinquantina fra tecnici ed operai. «C’è stato un boato
assordante - ha riferito un testimone - che ha fatto tremare
tutta la città. Per un raggio di diverse centinaia di metri
tutte le finestre sono andate in frantumi». Subito dopo è
divampato un grande incendio mentre dense spire di fumo
hanno annerito il cielo per diversi chilometri intorno allo
stabilimento. Per il momento non vi sono dichiarazioni
ufficiali sulle cause del disastro. È stato solo reso noto
che la deflagrazione primaria è avvenuta all’interno di una
unità di riscaldamento del complesso. Un caposquadra che
lavora nell’impianto e che si trovava in «una zona di
stoccaggio» del sito ha detto alla radio di aver sentito
«dei rumori strani, delle vibrazioni anomale nella caldaia e
nelle valvole poco prima dell’esplosione». Una commissione
d’inchiesta è stata incaricata di determinare le cause e le
eventuali responsabilità, ha detto il presidente della
Repubblica algerino Abdelaziz Bouteflika che si è recato in
mattinata sul posto. Il complesso petrolchimico di Skikda è
uno dei più importanti dell’Algeria, con 12.000 operai in
sette diversi stabilimenti. È stato costruito negli anni ’70
su modello di analoghi impianti dell’ex Unione Sovietica. Il
gas prodotto in questo complesso, aumentato in quantità
negli anni 80, è esportato essenzialmente verso l’Europa.
Gli idrocarburi costituiscono la principale fonte di valuta
estera per l’Algeria: sono circa il 95 per cento delle
esportazioni del paese. Le tre unità Gnl (gas naturale
liquefatto) andate distrutte nell’esplosione producevano
oltre dieci milioni di metri cubi di gas liquefatto
all’anno, ossia il 23 per cento della produzione globale di
Gln in Algeria: verranno rimpiazzate con nuove unità nel
giro di due-tre anni, ha assicurato Bouteflika. |
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MANIFESTO |
Esplode impianto
petrolchimico, strage in Algeria
La più grave catastrofe
industriale che abbia mai colpito il paese
dall'indipendenza: 27 morti, 72 feriti e 9 dispersi. Il
disastro provocato, pare, dall'esplosione di una caldaia.
Avviata un'inchiesta. Negli impianti di Skikda lavorano
12.000 operai, e si produce l'84% del gas da esportare,
anche in Italia
di G. S.
È salito a 27 morti, 72
feriti e 9 dispersi, il drammatico bilancio dell'esplosione
che lunedì sera (verso le 19) ha distrutto la piattaforma di
gas naturale liquefatto che si trova a Larbi ben M'hidi, ex
Giovanna d'Arco, a qualche chilometro da Skikda. La grande
piattaforma petrolchimica di Skikda, una delle più grandi
dell'Algeria, a circa 600 chilometri a est della capitale,
comprende sei importanti impianti per la lavorazione del gas
naturale dove lavorano circa 12.000 operai. La raffineria
fornisce l'84 per cento dei 14 milioni di tonnellate
prodotte annualmente dalla Sonatrach (la compagnia statale
degli idrocarburi) e destinati all'esportazione diretta in
Europa e negli Stati uniti. L'incendio scoppiato con un
grande boato, che ha rotto tutti i vetri delle abitazioni
situate a chilometri di distanza, è stato domato solo
all'alba dopo ore di lavoro. L'incidente, la più grave
catastrofe industriale che ha colpito l'Algeria
dall'indipendenza nel 1962, pare sia stata provocata dallo
scoppio di una caldaia, ma una inchiesta è in corso per
verificare l'accaduto. Al momento dell'esplosione sulla
piattaforma si trovavano operai, tecnici e ingegneri. La
maggior parte dei feriti sono stati portati all'ospedale di
Annaba, mentre i più gravi sono stati trasferiti
all'ospedale militare di Ain Nadja, alla periferia di
Algeri, specializzato nel trattamento delle ustioni. Una
cellula di crisi per coordinare i soccorsi è stata
costituita dalla Sonatrach. Il ministro dell'energia e delle
miniere, Chakib Khelil, che si è recato sul posto così come
il presidente algerino Abdelaziz Buteflika, ha riferito che
tre unità di liquefazione del gas sono state distrutte
dall'incendio. «C'è stata una esplosione terribile, anche
gli impianti collegati sono saltati», ha detto il ministro.
Ma poi ha cercato di minimizzare l'impatto del danno
sostenendo che visto che l'impianto di Skikda è bloccato,
«una parte» del gas potrebbe partire dall'altro grande
complesso petrolchimico di Arzew, situato all'ovest del
paese, vicino ad Orano. Il gas che viene trattato negli
impianti di Skikda proviene dal Sahara ed è diretto in
Europa, attraverso i gasdotti del Mediterraneo. L'Algeria è
uno dei maggiori produttori di gas (oltre che di petrolio),
da cui dipende anche buona parte del fabbisogno italiano,
anche se l'incidente di lunedì non dovrebbe provocare
problemi alla disponibilità di gas in Italia, in quanto, ha
precisato ieri l'Eni, il sistema italiano ha diverse fonti
di approvvigionamento in grado di garantire la piena
sicurezza delle forniture. Quello di Skikda tuttavia non è
il primo incidente del genere in Algeria, altri si sono
verificati negli ultimi mesi proprio nell'altro grande
impianto di Arzew, provocando anche delle vittime. Se ieri
sono state escluse possibilità di sabotaggi e di attacchi
terroristici, non sono invece escluse responsabilità nella
manutenzione degli impianti. «Il dramma che ci ha appena
colpito ripropone l'allarme sulla decadenza di uno stato che
marginalizza le competenze, ignora le aspettative dei quadri
e dei lavoratori o delle associazioni che a ripetutamente
hanno interpellato le autorità pubbliche e il governo sulle
condizioni di lavoro e sulla sicurezza che si vanno man mano
degradando», afferma un comunicato diffuso ieri dal
Movimento democratico e sociale (nato dal partito
comunista). Che continua: «queste circostanze tragiche
gettano una luce terrificante su un potere che ha scelto di
voltare le spalle alle esigenze in materia di investimenti,
di orientamento, di organizzazione e di protezione della
vita degli algerini e degli interessi nel nostro paese».
L'Algeria, alle prese con un processo di privatizzazioni che
non riesce a decollare, ha trascurato la modernizzazione di
molte industrie già penalizzate dalla lassatezza di decenni
di economia di stato pianificata. Il governo si è però
impegnato a modernizzare le raffinerie, perché il processo
di privatizzazioni non dovrebbe riguardare la Sonatrach che
controlla la maggiore risorsa del paese, il 90 per cento
delle esportazioni algerine riguardano infatti gli
idrocarburi e l'aumento del prezzo del petrolio ha
contribuito negli ultimi tempi a risollevare le sorti del
paese grazie proprio grazie alle entrate in valuta derivanti
dagli idrocarburi.
Marghera alla prova
d'appello
Nuovo processo per i morti al
petrolchimico. Due anni fa tutti assolti
di MANUELA CARTOSIO
Era il 2 novembre 2001,
giorno dei morti. Il «tutti assolti» pronunciato dal giudice
Ivano Nelson Salvarani riempì di stupore, sdegno e proteste
l'aula bunker di Mestre. Nella stesso stanzone disadorno è
iniziato ieri il processo d'appello per i morti e il
disastro ambientale causati dal petrolchimico di Porto
Marghera. Per ricordare gli operai uccisi dal cloruro di
vinile monomero (ai 157 del processo se ne sono aggiunti una
quarantina) Beatrice e Gianluca Bortolozzo avevano in mano
un fiore. Sono i figli di Gabriele, il primo ad accorgersi
dell'altissima incidenza di tumori e di particolari malattie
tra gli ex colleghi esposti al cvm. Da un suo esposto prese
avvio l'inchiesta del pm Felice Casson che, dopo tre anni di
dibattimento, chiese 185 anni di carcere per 28 pezzi grossi
e piccoli della chimica italiana (Montedison ed Enichem),
accusati di omicidio colposo e disastro ambientale. Accuse
non provate, secondo la sentenza di primo grado che,
sposando la tesi delle difese, sostiene che solo nel 1973 fu
scientificamente dimostrata la cangerogenità del cvm. Tutti
i decessi sicuramente riconducibili al cvm risalgono a prima
del `73, dunque non potevano essere evitati. In seguito,
l'azienda adottò le precauzioni impiantistiche prescritte
dalle leggi e «allo stato delle attuali conoscenze» non è
provato che esposizioni più basse abbiano causato i decessi
e le malattie più recenti. Argomentazione fotocopia per il
dissesto ambientale: l'inquinamento più consistente e grave
di terra, aria e acqua è stato realizzato quando ancora non
esistevano le leggi di protezione ambientale. La
contaminazione attuale dei canali e della fauna ittica, «pur
rilevante, non costituisce un pericolo reale per la salute
pubblica, nei termini previsti dal reato di avvelenamento».
La seconda sezione della Corte d'appello, presieduta da
Francesco Aliprandi, confermerà l'assoluzione plenaria,
ribalterà la sentenza di primo grado o farà almeno qualche
distiguo? Meglio astenersi dalle previsioni, visto che la
volta scorsa sono state radicalmente disattese. L'udienza di
ieri è servita alla costituzione delle parti. Uno degli
imputati, il novantenne Angelo Sebastiani, ex direttore del
petrolchimico, è nel frattempo deceduto. Il ministero
dell'ambiente non è più parte civile contro Montedison. Alla
vigilia della sentenza ministero e Montedison si erano
accordati per un risarcimento di 550 miliardi di lire. Una
goccia nel mare a fronte dell'ammontare totale del danno
calcolato in 80 mila miliardi dall'avvocato dello Stato
Giampaolo Schiesaro. Restano nel processo Comune e Provincia
di Venezia, sindacati e associazioni. Tra queste, Medicina
Democratica che ha in Luigi Mara uno dei più attenti
conoscitori delle carte processuali. «Le ragioni per cui
siamo qui sono sempre le stesse: dare visibilità e dignità
alle vittime, contribuire alla verità e alla giustizia»,
dice Mara. A suo parere l'assoluzione si basa su «un
madornale falso»: fatti e documenti dimostrano che le
aziende chimiche erano consapevoli della pericolosità del
cvm ben prima del 1973. Altri documenti provano che, anche
dopo quella data, al petrolchimico la sicurezza degli
impianti era una voce del bilancio da comprimere a tutti i
costi. Quanto all'ambiente, «le leggi di protezione
esistevano fin dagli anni `50». La prossima udienza, fissata
per il 10 febbraio, sarà occupata dalla prima mossa della
difesa Montedison a cui si è associata quella di Enichem. E'
un'eccezione di costituzionalità sul ricorso in appello da
parte del pm in caso di assoluzione. La questione è già
stata sollevata in altri processi e ritenuta «irrilevante».
Per discutere dell'eccezione sarà in aula il procuratore
generale di Venezia Ennio Fortuna. Felice Casson ha chiesto
e ottenuto di affiancare il sostituto pg Bruni che sostiene
l'accusa. Nell'aula bunker ieri c'erano il prosindaco Bettin,
centri sociali e studenti con uno striscione «No al fosgene».
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