RASSEGNA STAMPA 21.01.2004

 

MESSAGGERO
Tre progetti per la spiaggia di Villanova

di LETIZIA LARICI

FALCONARA - Trasformazione in vista per la spiaggia di Villanova. Il recupero dell'edificio "ex tiro a volo", che rientra nel piano di riqualificazione urbanistica, dovrebbe portare alla realizzazione di un complesso turistico. Tre i progetti individuati dalla giunta, su parere della commissione competente. A presentarli rispettivamente l'Agesci Marche, la Fiardi trading srl, società di gestione di varie attività commerciali con sede a Falconara e il noto locale notturno "Sottosopra". I tre progetti, scelti in un lotto di sei, hanno ricevuto il gradimento preventivo in base alla valutazione del loro contenuto, che sembra rispecchiare maggiormente le finalità pubbliche, ma ciò non significa un impegno definitivo da parte del Comune, in quanto sugli stessi andranno eseguiti ulteriori approfondimenti, con particolare riferimento alla articolazione esecutiva delle offerte. Una sala di soccorso, uno store con edicola, uno snack - bar ed un solarium, ma anche campi di calcetto e beach volley, giostre per bambini, una palestra in legno lamellare e piscine galleggianti per disabili. Questa la proposta della Fiardi Trading che prevede anche la realizzazione di un rimessaggio barche con annessa officina per riparazioni, di un pontile galleggiante per l'attracco e l'installazione di boe in acqua. Differente l'offerta dell'Agesci che propone l'attivazione di una base nautica regionale riservata alla utilizzazione esclusiva dei propri iscritti. Per questo l'associazione ha formulato la richiesta per una concessione gratuita dell'area della durata di 10 anni. Una struttura dotata di bar e ristorante, destinata ad ospitare feste e spettacoli è infine la proposta del "Sottosopra". La società di gestione del locale si è resa disponibile ad addossarsi le spese relative all'impianto elettrico e ai servizi per disabili, in cambio di una concessione ventennale.

Esplosione di gas: 27 morti Il prezzo del petrolio sale

ALGERI Spicca il volo il prezzo del petrolio all’indomani della terribile esplosione (nella foto AP-Alg.Tv) di lunedì scorso nel complesso di gas naturale liquefatto di Skikda, in Algeria. Ieri sera ha sfiorato quota 35,70 con un rimbalzo di oltre 4 dollari al barile. Aumenta il prezzo del petrolio ma anche il numero delle vittime dell’esplosione. Il ministero della Sanità algerino ieri sera ha fornito un bilancio di 27 morti, 9 dispersi e 72 feriti. L'esplosione sarebbe stata provocata da una «caldaia difettosa», secondo un responsabile della sicurezza del complesso, che si trova a 500 chilometri a est di Algeri. Il complesso petrolchimico di Skikda è uno dei più importanti dell'Algeria, con 12.000 operai in sette diversi stabilimenti. È stato costruito negli anni 70.

 
CORRIERE ADRIATICO
Villanova, la spiaggia dei desideri

Tre progetti in gara per l'ex tiro a volo

di MARINA MINELLI

FALCONARA - Centro velico, base nautica degli scout aderenti all'Agesci, oppure struttura attrezzata per feste e spettacoli. Questi i tre progetti selezionati dalla giunta comunale che ha espresso parere favorevole in relazione all'indagine esplorativa per l'affidamento della gestione dell'ex tiro a volo situato sulla spiaggia di Villanova nei pressi del distaccamento falconarese della Capitaneria di Porto di Ancona. Sei in totale i progetti ricevuti dall'amministrazione comunale. Sono sottoposti al giudizio della commissione presieduta dal dirigente del settore lavori pubblici, Luciano Fantozzi (e costituita anche dal dirigente all'urbanistica Furio Durpetti e da Alberto Brunetti e Giampiero Canonici del servizio gare e contratti), oltre al centro velico di "Fiardi Trading", alla base dell'Agesci Marche ed alla struttura ricreativa pensata dai titolari di "Sottosopra", il disco-dinner di Rocca Mare, altre idee erano state proposte dall'associazione Pesca Sportiva Villanova, da Pesca Club Jolly Sport e da Blu Pubblica Assistenza Onlus. Il progetto di "Fiardi Trading" coinvolge area ed immobile di Villanova e la società si impegna a garantire servizi riguardanti il turismo, lo sport ed il tempo libero. Verranno installati servizi igienici, sala di soccorso, store con edicola, snack- bar, solarium, spazio di rimessaggio per le imbarcazioni con annessa un'officina per riparazioni, campi per calcetto e beach- volley, giostre per bambini, palestra in legno lamellare, piscine galleggianti idonee anche per disabili. La "Fiardi Trading", inoltre, prevede nel progetto la realizzazione di un pontile galleggiante raggiungibile con pedana fissa per consentire alle imbarcazioni di attraccare e l'installazione di boe in acqua che guidano il percorso iniziale delle imbarcazioni. Anche i servizi offerti dall'Agesci Marche, l'associazione degli scout cattolici, interessano il turismo, lo sport ed il tempo libero riservati però agli aderenti. L'Agesci Marche, avrebbe intenzione di istituire una base nautica regionale con uno spazio per imbarcazioni e rimessaggio natanti ed aree per la vita in comune degli iscritti, ma chiede una concessione gratuita per almeno 10 anni. Bar e ristorante con spazio per ballare sono la proposta della società "Sottosopra" che si accollerebbe le spese per l'adeguamento dei locali a patto di poter contare su una concessione di venti anni con un primo periodo di concessione gratuita per far fronte alle spese di avviamento dell'attività.

"Il territorio frana, fate qualcosa"

I consiglieri Astolfi e Virgulti (An) chiamano in causa il sindaco Carletti

FALCONARA - "L'amministrazione comunale ha provveduto o pensa di provvedere in futuro al monitoraggio dei fenomeni franosi presenti nel territorio comunale e ha risposto alla richiesta dell'Autorità di Bacino regionale per poter concorrere all'eventuale finanziamento dei monitoraggi delle frane tipo R3?". Matteo Astolfi e Lucio Virgulti, consiglieri comunali di Alleanza Nazionale, sono intervenuti in questi giorni con una interrogazione al sindaco Giancarlo Carletti sul complesso e difficile problema della franosità del territorio comunale anche in considerazione del fatto che "l'Autorità di Bacino regionale ha definito una specifica linea di azione volta al monitoraggio dei dissesti gravitativi, ritenuta necessaria ai fini di una ottimale pianificazione delle azioni da intraprendere", le quali consistono, come precisano i documenti ufficiali della Regione Marche, "nel controllo dell'evoluzione dei fenomeni ai fini di prevenzione e nell'acquisizione di informazioni tecniche da utilizzare, qualora si verifichino le condizioni di finanziabilità di interventi strutturali, per l'interpretazione del modello e per la definizione di adeguate soluzioni tecniche". "Considerato che in una nota dell'Autorità di Bacino dell'Agosto 2003 si richiede alle strutture tecniche dei Comuni di collaborare all'aggiornamento dei dati inviando all'Autorità le informazioni sintetiche delle aree in oggetto con ubicazione e dispositivi di monitoraggio - rilevano i due consiglieri di Alleanza Nazionale - sarebbe il caso che l'amministrazione cittadina si attivasse in questo senso, in quanto, come è ormai noto, tutto il territorio comunale risulta essere interessato da diverse frane con livello di rischio R3".

 
IL GAZZETTINO
Il pm Felice Casson ha scoperto altri 20 morti

"Ci sono almeno 20 operai morti dopo la fine del processo di primo grado. Tumori ai polmoni e al fegato. C'è anche il caso di un operaio assunto nel 1981 al Petrolchimico, dove ha lavorato fino al 1989. E' morto pochi mesi fa". Per Felice Casson è una storia infinita questa delle morti per Cvm. "Arrivano le segnalazioni da tutti gli ospedali del Veneto, ormai si sa che tutti gli operai del Petrolchimico morti per un qualsiasi motivo vanno segnalati in Procura. Poi gli accertamenti successivi stabiliscono se si tratta di morti correlate all'ambiente di lavoro o meno". E i nuovi casi sono già una ventina. Non entreranno in questo processo perché in Appello non si possono far entrare nuove "parti", ma sicuramente verranno istruiti nuovi processi per queste morti. Casson non molla e dice anche chiaramente che il processo di Appello non chiuderà la vicenda Montedison. In questa aula si parlerà di tutto quel che è successo in fabbrica fino al 1974, delle morti e dell'inquinamento della laguna, dell'aria e della terra. Si parlerà del disastro di una industria chimica che ha portato tanta ricchezza, ma anche tanti lutti. Ma la storia non finisce con questo processo, certo l'Appello è importante ed è chiaro che Casson punta al ribaltamento della sentenza, ad accertare cioè la penale responsabilità dei dirigenti di Montedison ed Enichem sia nel caso dell'inquinamento che delle morti per cloruro di vinile monomero. Anche se si respira una certa aria di stanchezza, Casson non ha perso il suo spirito battagliero, che trasmette anche agli avvocati di parte civile. L'anima, anche di questo processo, è di nuovo lui. E siccome non vuole lasciarsi travolgere dagli eventi, già pensa al dopo. Se anche l'Appello andasse male, comunque ci sono già altri processi che incombono. La fuga di ammoniaca, quella di cvm, l'inquinamento della laguna, i venti operai morti...

Cvm, sul processo l'ombra di altri 20 morti

PORTO MARGHERA Dopo due anni e due mesi imputati, accusatori e vittime si sono ritrovati in aula bunker. Udienza di appello aperta e poco dopo rinviata al 10 febbraio: in ballo l'eccezione di costituzionalità

di AMADORI, DIANESE TREVISAN E BENATELLI

Mestre - Il 2 novembre 2001 era il giorno delle lacrime, della rabbia. Il 20 gennaio 2003 è quello dei fiori e della malinconia. I fiori li portano i fratelli Bortolozzo, figli di Gabriele, l'operaio del Petrolchimico che ha portato alla sbarra il gotha dell'industria chimica italiana. Li appoggiano ad uno ad uno sulle sedie del settore destinato al pubblico. Il presidente della Corte chiede di toglierli e loro li tolgono. Sono come il padre, abituati a non mollare, ma anche al rispetto. Attendono l'inizio di questo processo di appello per le morti da cvm di tanti operai e della morte da cvm di laguna, aria e terra. Il processo di primo grado è andato nel modo peggiore, per i familiari delle vittime, mandando assolti tutti gli imputati. Il Tribunale ha stabilito che prima del 1974 le industrie non sapevano che il cvm provoca il cancro e dopo, quando lo hanno saputo, hanno fatto tutto quel che potevano. I familiari delle vittime scrutano la Corte, cercando di leggere nei primi atti del Tribunale un indizio di come andrà a finire. Solo questo conta: come andrà a finire. Se ci saranno le condanne o non ci saranno le condanne degli imputati. Intanto anche loro notano, sconsolati, che in aula bunker ci sono più avvocati che cittadini, come se la città si fosse dimenticata non solo del processo, ma anche di quel che significa in una città che anche un anno fa è stata sull'orlo dell'olocausto chimico. In questo clima di malinconia se non ancora di rassegnazione, la differenza la fanno sei ragazzine dello Stefanini, unica presenza di giovanissimi in un'aula in cui si parla di un passato che sembra lontano anni luce. "Ma noi abbiamo paura adesso dell'incidente chimico oggi" - dicono le studentesse che a scuola hanno studiato la tragedia dei 30 mila morti di Bhopal, gasati in una notte dalla Union Carbide. Ma queste sei ragazze sono l'eccezione, non la regola. Intanto la mezza mattinata - il processo slitta subito al 10 febbraio perchè il presidente, Aliprandi, ha un problema alla retina dell'occhio sinistro - passa annegata nella nebbia della routine giudiziaria. Roba da azzeccagarbugli, per chi non è del mestiere. Ma è così sempre alle prime udienze. Da dire c'è poco, se non che tutti si aspettavano una gran folla. Lo prevedeva anche la polizia che infatti aveva preparato un notevole cordone sanitario attorno all'aula, ma alla fine le presenze anche forti, come quelle dei Centri sociali, erano ridotte al minimo. Ecco spiegata la malinconia di vedove e figli dei morti ammazzati dal cvm, che sconsolati aspettano un ribaltamento della sentenza di primo grado. "Spero che sia resa giustizia - sintetizza da poeta Ferruccio Brugnaro - Perchè gli operai sono morti due volte, finora". E il p.m. Felice Casson avverte: "Dalla sentenza di primo grado altri 20 operai sono morti di cancro".

L'accusa vuole rinnovare una parte del dibattimento

LA STRATEGIA Secondo i pm Casson e Bruni la Corte non si dovrà limitare a rivalutare le prove acquisite in primo grado. Acquisizione di studi scientifici e nuovi testimoni

di Gianluca Amadori

Normalmente un processo d'appello ruota attorno alla documentazione probatoria acquisita nel corso del primo grado, materiale che viene rivalutato dalla Corte sulla base delle argomentazioni avanzate in aula da accusa, difesa e dagli avvocati delle parti civili. Nel caso del Petrolchimico, come accade generalmente nelle vicende più complesse e delicate, la procura generale ha invece chiesto un parziale rinnovamento del dibattimento con l'intenzione di introdurre nuovi elementi che non sono stati valutati dal Tribunale e che, a suo avviso, possono essere determinanti nel convincere la Corte della fondatezza delle accuse.
STUDI SCIENTIFICI - Il sostituto procuratore Felice Casson, il magistrato che si è occupato dell'inchiesta e ha rappresentato la pubblica accusa anche nel corso del processo di primo grado, aveva già avanzato richiesta di rinnovamento del dibattimento nell'ambito del monumentale atto d'appello, 1500 pagine con le quali ha impugnato la sentenza di generale assoluzione pronunciata dal Tribunale il 2 novembre del 2001. Nei giorni scorsi il magistrato, che nell'aula bunker siede a fianco del sostituto procuratore generale Bruno Bruni, ha depositato una memoria scritta nella quale ribadisce quella istanza e la precisa più dettagliatamente. La parte più rilevante del nuovo materiale probatorio che la pubblica accusa vorrebbe introdurre all'attenzione del presidente Francesco Aliprandi e dei due giudici a latere, Antonio Lucisano e Daniela Perdibon, è composto da studi scientifici e documenti pubblicati successivamente alla sentenza del 2001 e all'impugnazione presentata il 29 ottobre del 2002: «Si tratta di studi e documenti che si riferiscono ai dati e alle conoscenze scientifiche sul cvm, argomenti già trattati nell'atto d'appello del pm - si legge nella memoria depositata alla Corte - Si ritengono rilevanti nell'ambito della presente vicenda processuale».
CVM A MARGHERA - Complessivamente sono dieci studi, alcuni dei quali realizzati negli Stati Uniti, a Taiwan, ma anche all'Università di Milano. Uno, in particolare, è l'aggiornamento al maggio-giugno 2003, dello "Studio epidemiologico dei lavoratori esposti a cloruro di vinile nello stabilimento di Porto Marghera", realizzato da Roberta Pirastu, Michela Baccini, Annibale Biggeri e Pietro Comba. Il pm Casson ha chiesto anche l'acquisizione di una scheda Fulc- Università di Padova, relativo a Gabriele Bortolozzo, l'operaio simbolo della battaglia per la salute al Petrolchimico, che con la sua denuncia diede il via all'inchiesta. Secondo il magistrato questo documento, rinvenuto dal figlio Gianluca all'inizio dello scorso anno, smentirebbe una delle tesi della sentenza assolutoria di primo grado, ovvero che la "sindrome di Raynaud", una delle malattie correlate alla lavorazione del cvm, sarebbe prescritta perché risalente al 1965.
NUOVI TESTIMONI - Nell'aula bunker di Mestre, la pubblica accusa vorrebbe far sfilare anche nuovi testimoni, tra cui alcuni finanzieri di Milano che hanno indagato sui colossi della chimica e che i pm Casson e Bruni vogliono interrogare su presunte "tangenti" e sul fiume di denaro investito in pubblicità, invece che per migliorare i sistemi di sicurezza e la salubrità degli stabilimenti.
L'IMPUGNAZIONE - Ma non ci sono soltanto nuove prove, alla cui acquisizione la difesa sicuramente si opporrà. La pubblica accusa è convinta che anche una più attenta rilettura degli atti porterà alla luce la fondatezza delle imputazioni. Nell'atto d'appello, Casson contestò al Tribunale di aver scritto una sentenza piena di errori, omissioni, travisamenti; un pronunciamento appiattito sulle posizioni della difesa, nel quale i giudici non hanno tenuto conto delle prove raggiunte nel corso del dibattimento.

Fiori in aula per ricordare gli operai morti

L'iniziativa delle vedove e delle figlie di quanti non hanno nemmeno visto iniziare questo processo al cvm

di Nicoletta Benatelli

Mestre - Fiori per ricordare gli operai morti di cloruro di vinile monomero. In aula bunker, ieri mattina, nell'udienza di apertura del processo d'appello, erano le mogli e le figlie degli operai morti a tenere in mano un fiore. Per ricordare. Per non dimenticare.Il processo inizia e subito registra una pausa, riprenderà il 10 febbraio perchè il presidente del collegio Francesco Aliprandi, si è appena operato alla retina. Il presidente, che è coadiuvato dai giudici a latere Daniela Perdibon e Antonio Lucisano, ha in programma un tour de force che prevede in calendario almeno due udienze alla settimana fino a che non sarà terminata l'analisi di tutti i documenti, ma sul dibattimento gravano già le eccezioni di costituzionalità sollevate dal professor Tullio Padovani, del collegio di difesa Montedison. Il professor Padovani, partendo da alcune analisi già presentate dai difensori di Giulio Andreotti, pone il nodo della legittimità per il pubblico ministero ad impugnare una sentenza di assoluzione di primo grado. La sostanza è questa: siccome il processo di appello sostanzialmente si basa sulle carte e non "rinnova" il dibattimento, l'imputato ha meno possibilità di difendersi. Dunque, gli avvocati chiedono che, una volta assolti in primo grado non si possa più essere processati in appello. Succede già in America, gli avvocati vorrebbero introdurre questo principio anche nel nostro Pese. Il 10 febbraio dunque il collegio presieduto da Aliprandi dovrà esprimere il proprio parere sull'eccezione presentata dal professor Padovani, a cui si è associato ieri anche il professor Federico Stella, per Enichem. Sarà il Procuratore generale Ennio Fortuna a sostenere le tesi della pubblica accusa sull'eccezione di costituzionalità.Non temono le eccezioni delle difese però i rappresentanti della pubblica accusa: il pubblico ministero Felice Casson, titolare fin dall'inizio dell'inchiesta e protagonista di tutto il primo grado, e il sostituto procuratore generale Bruno Bruni. Il Pm Casson intende ripartire dalla tesi sostenuta in primo grado secondo la quale il cvm è cancerogeno e può colpire più organi bersaglio: fegato, polmoni, cervello, linfa, anche a seguito di basse esposizioni. Il sostituto Bruni invece si occuperà più in dettaglio dell'inquinamento della laguna ed in particolare della matrice tipica delle impronte delle emissioni provenienti dal Petrolchimico. Ieri in aula si è preso atto anche della morte dell'imputato Angelo Sebastiani, 90 anni, ex direttore del Petrolchimico. Gli imputati sono ora 27 e, oltre al celebre ex presidente Montedison, Eugenio Cefis, comprendono anche altri dirigenti della stessa società e di Enichem. Le aziende chiamate in causa come responsabile civile in caso di condanna sono quattro: Montedison, Enichem, Eni e Montefibre. Confermate anche le presenze delle parti civili pubbliche: Comune di Venezia e Regione (avvocato Eugenio Vassallo), Provincia di Venezia (avvocato Adelchi Chinaglia con Marco Giacomini e Ettore Santin), Comuni di Mira e Campagna Lupia (avvocato Alfredo Zabeo). L'avvocato dello stato Giampaolo Schiesaro, parte civile per il ministero dell'Ambiente ha ritirato la costituzione di parte civile contro Montedison a seguito del risarcimento extragiudiziale di 525 miliardi di lire, ma resta costituito contro Enichem. Confermate anche le costituzioni di parte civile della Camera del lavoro e dei sindacati Cub, delle associazioni WWF, Medicina Democratica, Legambiente e Salvaguardia Malcontenta, di numerosi operai malati o congiunti di lavoratori morti, tra i quali i figli di Gabriele Bortolozzo.

 
GIORNALE DI BRESCIA
Algeria: 27 morti in una raffineria

Tragica esplosione accidentale. Il disastro nella città portuale di Skikda, 500 km dalla capitale. Disastro al petrolchimico

ALGERI - Una tremenda esplosione, pare accidentale, ha devastato lunedì sera il grande complesso di lavorazione del gas naturale di Skikda, città portuale a circa 500 km ad est di Algeri, facendo almeno 27 morti e 74 feriti. Si tratta della più grave catastrofe industriale in Algeria dopo l’indipendenza, nel 1962. La radio algerina ha riferito che i soccorritori sono alla ricerca di altri nove operai sepolti sotto le macerie dell’impianto, considerato il fiore all’occhiello dell’industria petrolchimica algerina. La tragedia è avvenuta in un settore dove stavano lavorando una cinquantina fra tecnici ed operai. «C’è stato un boato assordante - ha riferito un testimone - che ha fatto tremare tutta la città. Per un raggio di diverse centinaia di metri tutte le finestre sono andate in frantumi». Subito dopo è divampato un grande incendio mentre dense spire di fumo hanno annerito il cielo per diversi chilometri intorno allo stabilimento. Per il momento non vi sono dichiarazioni ufficiali sulle cause del disastro. È stato solo reso noto che la deflagrazione primaria è avvenuta all’interno di una unità di riscaldamento del complesso. Un caposquadra che lavora nell’impianto e che si trovava in «una zona di stoccaggio» del sito ha detto alla radio di aver sentito «dei rumori strani, delle vibrazioni anomale nella caldaia e nelle valvole poco prima dell’esplosione». Una commissione d’inchiesta è stata incaricata di determinare le cause e le eventuali responsabilità, ha detto il presidente della Repubblica algerino Abdelaziz Bouteflika che si è recato in mattinata sul posto. Il complesso petrolchimico di Skikda è uno dei più importanti dell’Algeria, con 12.000 operai in sette diversi stabilimenti. È stato costruito negli anni ’70 su modello di analoghi impianti dell’ex Unione Sovietica. Il gas prodotto in questo complesso, aumentato in quantità negli anni 80, è esportato essenzialmente verso l’Europa. Gli idrocarburi costituiscono la principale fonte di valuta estera per l’Algeria: sono circa il 95 per cento delle esportazioni del paese. Le tre unità Gnl (gas naturale liquefatto) andate distrutte nell’esplosione producevano oltre dieci milioni di metri cubi di gas liquefatto all’anno, ossia il 23 per cento della produzione globale di Gln in Algeria: verranno rimpiazzate con nuove unità nel giro di due-tre anni, ha assicurato Bouteflika.

 
MANIFESTO
Esplode impianto petrolchimico, strage in Algeria

La più grave catastrofe industriale che abbia mai colpito il paese dall'indipendenza: 27 morti, 72 feriti e 9 dispersi. Il disastro provocato, pare, dall'esplosione di una caldaia. Avviata un'inchiesta. Negli impianti di Skikda lavorano 12.000 operai, e si produce l'84% del gas da esportare, anche in Italia

di G. S.

È salito a 27 morti, 72 feriti e 9 dispersi, il drammatico bilancio dell'esplosione che lunedì sera (verso le 19) ha distrutto la piattaforma di gas naturale liquefatto che si trova a Larbi ben M'hidi, ex Giovanna d'Arco, a qualche chilometro da Skikda. La grande piattaforma petrolchimica di Skikda, una delle più grandi dell'Algeria, a circa 600 chilometri a est della capitale, comprende sei importanti impianti per la lavorazione del gas naturale dove lavorano circa 12.000 operai. La raffineria fornisce l'84 per cento dei 14 milioni di tonnellate prodotte annualmente dalla Sonatrach (la compagnia statale degli idrocarburi) e destinati all'esportazione diretta in Europa e negli Stati uniti. L'incendio scoppiato con un grande boato, che ha rotto tutti i vetri delle abitazioni situate a chilometri di distanza, è stato domato solo all'alba dopo ore di lavoro. L'incidente, la più grave catastrofe industriale che ha colpito l'Algeria dall'indipendenza nel 1962, pare sia stata provocata dallo scoppio di una caldaia, ma una inchiesta è in corso per verificare l'accaduto. Al momento dell'esplosione sulla piattaforma si trovavano operai, tecnici e ingegneri. La maggior parte dei feriti sono stati portati all'ospedale di Annaba, mentre i più gravi sono stati trasferiti all'ospedale militare di Ain Nadja, alla periferia di Algeri, specializzato nel trattamento delle ustioni. Una cellula di crisi per coordinare i soccorsi è stata costituita dalla Sonatrach. Il ministro dell'energia e delle miniere, Chakib Khelil, che si è recato sul posto così come il presidente algerino Abdelaziz Buteflika, ha riferito che tre unità di liquefazione del gas sono state distrutte dall'incendio. «C'è stata una esplosione terribile, anche gli impianti collegati sono saltati», ha detto il ministro. Ma poi ha cercato di minimizzare l'impatto del danno sostenendo che visto che l'impianto di Skikda è bloccato, «una parte» del gas potrebbe partire dall'altro grande complesso petrolchimico di Arzew, situato all'ovest del paese, vicino ad Orano. Il gas che viene trattato negli impianti di Skikda proviene dal Sahara ed è diretto in Europa, attraverso i gasdotti del Mediterraneo. L'Algeria è uno dei maggiori produttori di gas (oltre che di petrolio), da cui dipende anche buona parte del fabbisogno italiano, anche se l'incidente di lunedì non dovrebbe provocare problemi alla disponibilità di gas in Italia, in quanto, ha precisato ieri l'Eni, il sistema italiano ha diverse fonti di approvvigionamento in grado di garantire la piena sicurezza delle forniture. Quello di Skikda tuttavia non è il primo incidente del genere in Algeria, altri si sono verificati negli ultimi mesi proprio nell'altro grande impianto di Arzew, provocando anche delle vittime. Se ieri sono state escluse possibilità di sabotaggi e di attacchi terroristici, non sono invece escluse responsabilità nella manutenzione degli impianti. «Il dramma che ci ha appena colpito ripropone l'allarme sulla decadenza di uno stato che marginalizza le competenze, ignora le aspettative dei quadri e dei lavoratori o delle associazioni che a ripetutamente hanno interpellato le autorità pubbliche e il governo sulle condizioni di lavoro e sulla sicurezza che si vanno man mano degradando», afferma un comunicato diffuso ieri dal Movimento democratico e sociale (nato dal partito comunista). Che continua: «queste circostanze tragiche gettano una luce terrificante su un potere che ha scelto di voltare le spalle alle esigenze in materia di investimenti, di orientamento, di organizzazione e di protezione della vita degli algerini e degli interessi nel nostro paese». L'Algeria, alle prese con un processo di privatizzazioni che non riesce a decollare, ha trascurato la modernizzazione di molte industrie già penalizzate dalla lassatezza di decenni di economia di stato pianificata. Il governo si è però impegnato a modernizzare le raffinerie, perché il processo di privatizzazioni non dovrebbe riguardare la Sonatrach che controlla la maggiore risorsa del paese, il 90 per cento delle esportazioni algerine riguardano infatti gli idrocarburi e l'aumento del prezzo del petrolio ha contribuito negli ultimi tempi a risollevare le sorti del paese grazie proprio grazie alle entrate in valuta derivanti dagli idrocarburi.

Marghera alla prova d'appello

Nuovo processo per i morti al petrolchimico. Due anni fa tutti assolti

di MANUELA CARTOSIO

Era il 2 novembre 2001, giorno dei morti. Il «tutti assolti» pronunciato dal giudice Ivano Nelson Salvarani riempì di stupore, sdegno e proteste l'aula bunker di Mestre. Nella stesso stanzone disadorno è iniziato ieri il processo d'appello per i morti e il disastro ambientale causati dal petrolchimico di Porto Marghera. Per ricordare gli operai uccisi dal cloruro di vinile monomero (ai 157 del processo se ne sono aggiunti una quarantina) Beatrice e Gianluca Bortolozzo avevano in mano un fiore. Sono i figli di Gabriele, il primo ad accorgersi dell'altissima incidenza di tumori e di particolari malattie tra gli ex colleghi esposti al cvm. Da un suo esposto prese avvio l'inchiesta del pm Felice Casson che, dopo tre anni di dibattimento, chiese 185 anni di carcere per 28 pezzi grossi e piccoli della chimica italiana (Montedison ed Enichem), accusati di omicidio colposo e disastro ambientale. Accuse non provate, secondo la sentenza di primo grado che, sposando la tesi delle difese, sostiene che solo nel 1973 fu scientificamente dimostrata la cangerogenità del cvm. Tutti i decessi sicuramente riconducibili al cvm risalgono a prima del `73, dunque non potevano essere evitati. In seguito, l'azienda adottò le precauzioni impiantistiche prescritte dalle leggi e «allo stato delle attuali conoscenze» non è provato che esposizioni più basse abbiano causato i decessi e le malattie più recenti. Argomentazione fotocopia per il dissesto ambientale: l'inquinamento più consistente e grave di terra, aria e acqua è stato realizzato quando ancora non esistevano le leggi di protezione ambientale. La contaminazione attuale dei canali e della fauna ittica, «pur rilevante, non costituisce un pericolo reale per la salute pubblica, nei termini previsti dal reato di avvelenamento». La seconda sezione della Corte d'appello, presieduta da Francesco Aliprandi, confermerà l'assoluzione plenaria, ribalterà la sentenza di primo grado o farà almeno qualche distiguo? Meglio astenersi dalle previsioni, visto che la volta scorsa sono state radicalmente disattese. L'udienza di ieri è servita alla costituzione delle parti. Uno degli imputati, il novantenne Angelo Sebastiani, ex direttore del petrolchimico, è nel frattempo deceduto. Il ministero dell'ambiente non è più parte civile contro Montedison. Alla vigilia della sentenza ministero e Montedison si erano accordati per un risarcimento di 550 miliardi di lire. Una goccia nel mare a fronte dell'ammontare totale del danno calcolato in 80 mila miliardi dall'avvocato dello Stato Giampaolo Schiesaro. Restano nel processo Comune e Provincia di Venezia, sindacati e associazioni. Tra queste, Medicina Democratica che ha in Luigi Mara uno dei più attenti conoscitori delle carte processuali. «Le ragioni per cui siamo qui sono sempre le stesse: dare visibilità e dignità alle vittime, contribuire alla verità e alla giustizia», dice Mara. A suo parere l'assoluzione si basa su «un madornale falso»: fatti e documenti dimostrano che le aziende chimiche erano consapevoli della pericolosità del cvm ben prima del 1973. Altri documenti provano che, anche dopo quella data, al petrolchimico la sicurezza degli impianti era una voce del bilancio da comprimere a tutti i costi. Quanto all'ambiente, «le leggi di protezione esistevano fin dagli anni `50». La prossima udienza, fissata per il 10 febbraio, sarà occupata dalla prima mossa della difesa Montedison a cui si è associata quella di Enichem. E' un'eccezione di costituzionalità sul ricorso in appello da parte del pm in caso di assoluzione. La questione è già stata sollevata in altri processi e ritenuta «irrilevante». Per discutere dell'eccezione sarà in aula il procuratore generale di Venezia Ennio Fortuna. Felice Casson ha chiesto e ottenuto di affiancare il sostituto pg Bruni che sostiene l'accusa. Nell'aula bunker ieri c'erano il prosindaco Bettin, centri sociali e studenti con uno striscione «No al fosgene».

 
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