IL MESSAGGERO |
Discarica, la Provincia non
accetta più rinvii
Casagrande: «Sito entro
giugno»
di C.Gr.
Sulla discarica intercomunale
la Provincia cambia registro. Se finora l'assessore Patrizia
Casagrande aveva percorso la linea della non imposizione
della scelta del sito per la realizzarla, ora sancirà in un
documento (che passerà al vaglio del Consiglio provinciale
entro febbraio) che nel caso in cui Comuni e Consorzio
Coneroambiente non arrivassero ad una sintesi, sarà lei ad
indicare il sito che dovrà accogliere la discarica. La
Provincia rompe gli indugi e, per evitare un caso Aspio-bis
(le alzate di scudi contro la scelta della Rocca di
Bolignano quale sito idoneo), prende in mano con fermezza la
situazione. Venerdì il consiglio provinciale ha dato mandato
all'assessore Casangrande di predisporre una integrazione al
Piano rifiuti, mandato che consentirà di realizzare, in
tempi brevi, gli impianti di compostaggio nell'area
Ancona-Falconara-Osimo, a supporto della discarica comunque
confermata nel bacino. Nell'integrazione al Piano, la
Casagrande confermerà l'indispensabilità della discarica per
il bacino 1 (che comprende i Comuni di Agugliano, Ancona,
Camerano, Camerata Picena, Castelfidardo, Chiaravalle,
Falconara, Filottrano, Loreto, Monte San Vito, Montemarciano,
Numana, Offagna, Osimo, Polverigi, Sirolo) e tenterà di dare
un colpo di reni all'iter per la realizzazione della
discarica che sorgerà in uno dei 14 siti su cui l'Università
sta compiendo una ricognizione (S.Pietro, Saltregna,
Cornacchia, Campara, Quagliotto, Monte Torto, S.Filippo,
Settefinestre, Mucciolina, Venetica, Grugnaletto, Malviano,
Pratacci, Colle S.Luigi): al termine dello studio (2-3 mesi)
verrà stilata la graduatoria in base alle caratteristiche
dei siti. «Il Consiglio - sottolinea l’assessore - mi ha
dato mandato di concedere a Coneroambiente e ai 16 Comuni la
possibilità di scegliere uno qualsiasi dei 14 siti,
indipendentemente dalla graduatoria. Ma se una decisione
unanime non dovesse arrivare (termine ultimo per la scelta,
giugno 2004, ndr), allora eserciterò i poteri sostitutivi,
scegliendo il primo sito della classifica: a quel punto non
sarà più possibile una mediazione». E il "pugno di ferro" è
già stato usato: due giorni fa la Casagrande ha emesso
un'ordinanza per "obbligare" i Comuni di Osimo e Filottrano
a consentire le indagini dell'Università sui loro territori. |
|
LA SICILIA |
Allarme a Gela, protesta
contro il «furto» di greggio
di Maria Concetta Goldini
Gela - Una barriera di
sindacalisti, tecnici operatori portuali ha ritardato di due
ore ieri mattina, al porto isola, l'attracco della
motocisterna Stromboli del compartimento di Augusta venuta a
caricare 17 mila tonnellate di greggio estratto dai pozzi
gelesi. Lo stesso greggio scoperto da Enrico Mattei che,
negli anni della sfida alle Sette Sorelle, ottenne dalla
Regione Siciliana una minuscola concessione alle
esplorarioni minerarie. La ottenne a Gela, trovò il greggio,
sia pure di qualità scadente, ed il 10 marzo 1965 nacque la
Raffineria. Erano altri tempi. Oggi la raffineria, inattiva
da 40 giorni, ha dovuto spedire in altri siti italiani il
petrolio gelese. Fatto mai accaduto da 45 giorni e perciò
dal forte valore simbolico. Così come simbolico è stato il
sit in di protesta di ieri che non ha certo impedito al
greggio di prendere il largo ma ha voluto accendere i
riflettori sulla delicatissima situazione che vive oggi la
Raffineria, sul pericolo del regresso dell'industria e di
ripercussioni sugli assetti occupazionali. Il fermo degli
impianti di Raffinazione dura da 40 giorni ed è una
conseguenza del sequestro di 92 serbatoi ordinato dalla
magistratura perchè ritenuti causa, con le loro perdite, di
un maxi inquinamento delle falde. A novembre le luci spente
sugli impianti hanno causato una perdita per la Raffineria
di 9 milioni di euro, a dicembre si prevede un buco di oltre
15 milioni. Oggi la Raffineria tiene in marcia in un assetto
antieconomico la centrale termoelettrica per far marciare il
dissalatore e dare acqua a Gela e ai Comuni dell'Agrigentino.
Poche settimane ancora e le scorte di pet coke, il carbone
sintetico che alimenta la centrale si esaurirà. Poche
settimane e non ci saranno lavori di manutenzione per tenere
occupato il personale. Ma gli impianti fermi si danneggiano
ed i pozzi pure. E riavviare sarà sempre più problematico.
Così dicono sindacati e lavoratori. Questo scenario unito
alla crisi cronica dell'indotto con i suoi 350 operai in
esubero dà la dimensione di come lo scenario al
petrolchimico si appresta a diventare sempre più fosco. Due
anni fa, un'altra iniziativa della magistratura, porto al
fermo della Raffineria. Fu sequestrato il pet coke, sostanza
che per la Procura di Gela era un rifiuto e veniva usata in
violazione al decreto Ronchi. Fu necessario un decreto ad
hoc del governo Berlusconi per classificare il pet coke come
combustibile e riavviare la raffineria. Stavolta è un'altra
storia. Non ci sono state barricate a Gela per gli impianti
fermi e quella di ieri è stata la prima, pacifica, protesta
dopo 40 giorni. Non c'è ostilità nei confronti dell'azione
della Procura. Nessuno degli operai vuole che si dica, come
accadde due anni fa, che preferiscono essere «ammalati
invece che disoccupati». C'è una grande sensibilità verso le
problematiche della salvaguardia ambientale e della salute.
L'Azienda ha le sue responsabilità nell'inquinamento della
falda e deve riparare. Ma non si concorda sul metodo che è
stato scelto per fare le indagini sui serbatoi. I vertici
della Fulc Alessandro Piva, Salvatore Licata e Silvio
Ruggeri già alcune settimane fa hanno consegnato al prefetto
di Caltanissetta, un piano di controllo dei serbatoi che
farebbe salve le doverose ispezioni ordinate dalla
magistratura, mantenendo in marcia gli impianti. Ed anche
ieri durante il sit in di protesta contro lo «scippo» del
greggio hanno auspicato che si trovi un equilibrio tra le
indagini che vanno a favore dell'ambiente e della salute dei
cittadini ed il diritto al lavoro. Ed hanno puntato l'indice
contro la Regione, che sta in silenzio.
«L'economia in ginocchio
senza Raffineria»
di Maria Concetta Goldini
Un sit in di protesta di
sindacalisti e tecnici della Raffineria con la presenza del
sindaco Rosario Crocetta e del presidente della Provincia
Filippo Collura ha ritardato di due ore l'approdo al porto
isola della motocisterna Stromboli venuta a caricare 17 mila
tonnellate di greggio Gela verso altre raffinerie italiane
che lo lavoreranno. Una protesta simbolica. Per ricordare
che la Raffineria è ferma da 40 giorni e che lo stop agli
impianti potrà durare ancora poco senza avere conseguenze
per l'economia ed il lavoro. Ma c'è chi le conseguenze
pesanti le sta già subendo. Sono i portuali, categoria che
lavora se al porto isola arrivano le petroliere a caricare e
scaricare i prodotti della Raffinazione. Una categoria in
ginocchio che ieri era presente alla protesta. «Siamo in
ginocchio - ha detto Gaetano Casciana uno dei barcaioli -
non c'è lavoro e per sopravvivere stiamo attingendo alle
riserve del fondo pensionistico perché le manutenzioni sui
mezzi vanno fatte comunque e abbiamo fatto investimenti e
preso impegni con le banche che dobbiamo comunque
mantenere». «Per noi è una iattura - ha detto Giovanni
Canale, uno dei piloti del porto - perché siamo costretti ad
andare via in quanto il porto di Gela si identifica con la
Raffineria.Oggi il nostro servizio è drasticamente ridotto.
Se continua così, io , essendo ancora giovane, dovrò trovare
occupazione in un altro porto». Secondo il comandante Guido
Bartolozzi «se la situazione non si sblocca non bisogna far
attraccare altre navi al porto isola». Sindacati, quadri e
rappresentanti istituzionali hanno tutti detto mentre la
motocisterna si avvicinava al porto isola che la strada da
percorrere è quella di rimettere in marcia la Raffineria
effettuando con modalità diverse le verifiche sui serbatoi
sigillati per ordine della magistratura. E bonificare,
investire sul risanamento con l'Eni che, imparata la
lezione, deve fare la sua parte per l'equilibrio tra lavoro
ambiente e salute. Le istituzioni hanno chiesto aiuto al
prefetto di Caltanissetta, Cgil, Cisl ed Uil regionali si
sono rivolti al presidente della Regione Cuffaro. Si chiede
un intervento che serva a non fare morire la realtà
industriale di Gela e ad evitare che fra dieci giorni arrivi
un altra nave a portare via il greggio Gela, patrimonio
della città e dell'isola. La prossima settimana sarà
decisiva. Le attenzioni sono puntate sul palazzo di
giustizia, sulla nuova relazione che i consulenti del Gip,
impegnati nella verifica dei serbatoi depositeranno. I
consulenti relazionano al Gip ogni dieci giorni. E nella
relazione dei primi giorni di questo mese pare che gli
stessi consulenti abbiano ipotizzato una durata fino a tre
anni dell'indagine dei serbatoi uno per uno, cioè
svuotandoli e bonificando per poi ispezionarli direttamente.
Tempi lunghissimi, insopportabili per i lavoratori ed il
territorio. Perciò si spera in nuove modalità dell'indagine
ed in un rilascio a gruppi dei serbatoi. Finora l'Azienda ha
ottenuto la riconsegna di sedici serbatoi. Pare che la
Raffineria abbia proprio in questo fine settimana abbia
depositato una nuova istanza al Gip in cui chiede il
rilascio di dieci serbatoi. Sarebbero serbatoi sicurissimi
perché, ispezionati secondo le modalità stabilite dai periti
del Gip, sono risultati privi di perdite. Se così è, si apre
uno spiraglio per aggiungere altri dieci serbatoi ai sedici
già disponibili. Con 26 serbatoi forse si può ipotizzare la
ripresa delle attività alla raffineria, anche se in termini
molto ridotti. Perciò la prossima settimana, se il Gip
accoglierà questa istanza, si potrebbe aprire uno spiraglio
in una vicenda che si trascina da 40 giorni. Intanto la
motocisterna Stromboli ha prelevato il greggio Gela.
|
|
|