Un miscuglio pericoloso
Presenza di diossina e
idrocarburi nell'area tra la centrale Enel e la raffineria
Esso
di Paolo Mangiafico
Augusta. Dai Piani di
caratterizzazione presentati al ministero dell'Ambiente e
riguardanti la zona della centrale elettrica Enel Tifeo, si
evince che la stessa zona risulta fortemente contaminata sia
della diossina che anche da idrocarburi. Per quest'ultimo
inquinamento del sottosuolo, il ministero del'Ambiente ha
preso in esame la situazione in base alla nota Enel
acquisita dal settore Ri.Bo. (Riqualifica e Bonifiche) il 20
giugno scorso, e la nota Esso acquisita il 16 luglio scorso.
La zona in questione, infatti, si trova al confine tra le
proprietà Enel ed Esso e, quindi, bisognerà capire da cosa è
stata causata questa contaminazione. Di certo, c'è, comunque
che il sottosuolo di tutta questa zona del territorio di
Augusta non gode di buona salute dal punto di vista
ambientale. Molta preoccupazione ha destato la
contaminazione per la presenza, in alta percentuale, di
diossina. Un inquinante, questo, che ancora non si era
manifestato nell'ingarbugliato scenario delle contaminazioni
che, ormai, toccano tutta la zona del petrolchimico. Basta,
infatti, leggere l'ordine del giorno dell'ultima conferenza
dei servizi che si è tenuta lo scorso 6 novembre al
ministero dell'Ambiente per rendersi conto del massacro
ambientale a cui è stato sottoposto dalle industrie il «sito
Priolo»: dall'Agip Petroli, coinvolta nella contaminazione
della zona San Francesco, all'Ias, dall'Enel di Augusta alla
Esso, dalla Isab alla Syndial. Tutti questi impianti
industriali, costruiti anche su reperti archeologici,
all'inizio del terzo millennio rappresentano, oggi, il sogno
infranto della Sicilia di Enrico Mattei. E' ovvio, che
l'industria ha dato lavoro, ha consentito uno sviluppo
socio-economico non indifferente per tutta la provincia di
Siracusa, e non solo, ma i guai ambientali che stanno
venendo fuori sono di gran lunga di maggiore entità
economica, se confrontati alla ricchezza data dalle
industrie. Come faceva notare Enzo Parisi, della segreteria
regionale di Legambiente, ci vorranno almeno cent'anni e
centinaia di miloni di euro per recuperare e riqualificare
il territorio, fermo restando che le industrie (lo stanno
facendo) mettano in atto uno sviluppo eco-compatibile. «Il
terremoto dei silenzi», scritto da don Palmiro Pistrutto,
parroco di Brucoli, frazione di Augusta, che per tanto tempo
ha costretto anche all'omertà la gente per la paura di
perdere il posto di lavoro, si sta mutando in un grido che
echeggia da Melilli a Priolo ad Augusta. Nei prossimi
giorni, sicuramente, se ne saprà di più su quale tipo di
interventi verranno avviati per iniziare le operazioni di
bonifica, anche perché, in settimana, è attesa la delibera
del Cipe che assegnerà il finanziamento di 30 milioni di
euro per questi lavori di riqualificazione del territorio
del «sito Priolo». Si saprà anche l'esatta dimensione della
contaminazione di diossina visto che inizieranno, nella
zona, le caratterizzazioni pubbliche. Se la contaminazione
da benzene e da mercurio non è per niente trascurabile, di
maggiore interesse è la contaminazione da diossina in quanto
è certamente tra i prodotti più pericolosi e che destano
motivato allarme nella Comunità scientifica e nella
popolazione. La diossina è chimicamente e fisicamente molto
stabile, sostanzialmente insolubile in acqua ed estremamente
persistente nell'ambiente e nei sistemi biologici.
D'altronde, la dolorosa vicenda di Seveso, da cui poi sono
scaturite direttive e norme legislative europee e nazionali,
ha dimostrato quanto elevato sia il rischio e quanto a lungo
permangono i danni sull'ambiente e sulla salute delle
persone.
«Eni chiude gli impianti?
Chiederemo i danni»
Settimana decisiva al
Petrolchimico dopo il sequestro dei serbatoi e il sindaco
annuncia
Gela. Si apre una settimana
cruciale al Petrolchimico dopo il sequestro del 70% dei
serbatoi operato dalla Procura di Gela per inquinamento da
idrocarburi del sottosuolo. Da oggi potrebbero avere inizio
le operazioni per cominciare a fermare gli impianti, e pian
piano si potrebbe arrivare anche al fermo del dissalatore e
dell'impianto di depurazione dei reflui. Domani riunione del
consiglio di fabbrica di tutte le società Eni, assemblea
importante per capire quale sarà la reazione dei lavoratori.
Ieri intanto il sindaco in una lunga lettera al presidente
della task force per l'occupazione on. Borghini, ha reso
nota la posizione dell'amministrazione rispetto alla
delicata vicenda che sta vivendo il petrolchimico. Crocetta
attacca l'Eni. «La Raffineria, con la scusa dei sigilli ai
serbatoi, minaccia di chiudere gli impianti? Che lo facciano
pure. Il Comune avvierà un'azione di risarcimento danni di
migliaia di miliardi - esordisce il sindaco Rosario Crocetta
- è meglio che li tengono aperti questi impianti e che si
mettano il cuore in pace a spendere i soldi per bonificare.
Basta con le bugie, con i sotterfugi. E' venuto il momento
il momento di spendere per Gela». All'on. Borghini il capo
dell'amministrazione fa sapere che Gela non vuole un decreto
«salva Eni» come fu «il decreto sul pet coke» un anno e
mezzo fa. «Allora - continua Crocetta - si fece un decreto
che consentì all'Eni di poter continuare ad usare i pet
coke. Poi nessuno più si pose il problema di come coniugare
industria con ambiente. Oggi noi vogliamo solo battere cassa
perché Gela non può aspettare. Non può essere inquinata e
per giunta minacciata di restare senz'acqua». Al governo il
sindaco chiede la convocazione urgente di un incontro.
Governo nazionale e regionale, presidente della Regione,
forze locali, Eni attorno allo stesso tavolo per un accordo
di programma sugli investimenti necessari a bonificare. Lo
stesso accordo che è stato fatto per la Sardegna ma non per
la Sicilia e che ora è indifferibile vista l'emergenza che
si sta vivendo al petrolchimico. Una domenica di tensione e
di attesa di nuovi sviluppi quella vissuta ieri a Gela.
Nelle prossime ore si attendono ulteriori novità mentre Gela
chiama Roma per un intervento del governo che il sindaco
reclama non a favore degli interessi dell'Eni ma
dell'ambiente e dei lavoratori. |