RESTO DEL CARLINO |
Il dieci agosto era acido
solfidrico
L'Arpam ha confermato i
sospetti
FALCONARA — Acido solfidrico:
i cittadini hanno sentito giusto. Il 10 agosto scorso i
residenti di Fiumesino e Villanova avevano segnalato alle
autorità competenti uno «sgradevole olezzo di uova marce
determinato dalla raffineria Api». L'Arpam ha in parte
confermato i sospetti sottolineando come ripetute
concentrazioni di acido solfidrico possano produrre
«riverberazioni negative per la salute della popolazione».
«Alle provinciali andiamo da soli»
ANCONA — Il rinnovo della concessione ventennale alla
raffineria Api di Falconara deciso con la contrarietà dei
Verdi (per questo usciti dalla coalizione) dalla maggioranza
di centro sinistra che governa la Regione Marche potrebbe
avere ripercussioni anche a livello nazionale, fino a
compromettere l'alleanza. Lo ha detto inaugurando ieri ad
Ancona la nuova sede del Sole che ride il presidente dei
Verdi Alfonso Pecoraro Scanio, osservando che se il caso Api
non venisse rivisto, i Verdi interpreterebbero questo fatto
come «una scelta degli alleati contro l'ambiente». «La
vicenda Api — ha detto il leader ecologista — va riaperta.
Non vorremmo che fosse una piccola slavina che finisca però
con il portarsi dietro conseguenze molto più vaste a livello
nazionale». Pecoraro Scanio ha osservato che «nelle Marche
c'è una miopia del centro sinistra. I Verdi — ha detto —
possono anche andare da soli alle prossime regionali e se
fossimo costretti a questa scelta le Marche non sarebbero un
caso isolato, perché lo faremmo anche in altre regioni». «Il
centrosinistra — ha incalzato — deve dirci che intende fare
nelle Marche, a cominciare dagli amici di Rifondazione
comunista, che sembrano affetti da schizofrenia quando
governano, pensando con i no-global che un altro mondo è
possibile dappertutto eccetto che a Falconara». «Le nostre
posizioni sull'Api — ha continuato — sono state moderate;
nessuno ha chiesto di chiudere la raffineria, ma non è più
tollerabile un mostro ambientale a Falconara senza alcuna
certezza per il futuro». Sostenendo che la decisione di
rinnovare la concessione all'Api sarebbe stata condizionata
da pressioni lobbistiche sugli ex partner di maggioranza,
Pecoraro Scanio ha concluso affermando che «quello sull'Api
è stato un atto di slealtà fra alleati, e i nostri alleati
devono riconoscere che hanno sbagliato».
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CORRIERE ADRIATICO |
Api, caso nazionale
Martedì summit con i vertici del centrosinistra Chiaro
messaggio "La questione va riaperta altrimenti si
tratterebbe di una scelta degli alleati contro l'ambiente"
Le "stoccate" di Alfonso Pecoraro Scanio
I Verdi incalzano la Regione
ANCONA - Il rinnovo della concessione ventennale alla
raffineria Api di Falconara deciso con la contrarietà dei
Verdi (per questo usciti dalla coalizione) dalla maggioranza
di centrosinistra che governa la Regione Marche potrebbe
avere ripercussioni anche a livello nazionale, fino a
compromettere l'alleanza. Lo ha detto inaugurando ieri ad
Ancona la nuova sede del Sole che ride il presidente dei
Verdi Alfonso Pecoraro Scanio, osservando che se il caso Api
non venisse rivisto, i Verdi interpreterebbero questo fatto
come "una scelta degli alleati contro l'ambiente". "La
vicenda Api - ha detto il leader ecologista - va riaperta.
Non vorremmo che fosse una piccola slavina che finisca però
con il portarsi dietro conseguenze molto più vaste a livello
nazionale". Pecoraro Scanio ha osservato che "nelle Marche
c'è una miopia del centrosinistra. I Verdi - ha detto -
possono anche andare da soli alle prossime regionali e se
fossimo costretti a questa scelta le Marche non sarebbero un
caso isolato, perché lo faremmo anche in altre regioni". "Il
centrosinistra - ha incalzato - deve dirci che intende fare
nelle Marche, a cominciare dagli amici di Rifondazione
comunista, che sembrano affetti da schizofrenia quando
governano, pensando con i no-global che un altro mondo è
possibile dappertutto eccetto che a Falconara". "Le nostre
posizioni sull' Api - ha continuato - sono state moderate;
nessuno ha chiesto di chiudere la raffineria, ma non è più
tollerabile un mostro ambientale a Falconara senza alcuna
certezza per il futuro". Sostenendo che la decisione di
rinnovare la concessione all' Api sarebbe stata condizionata
da pressioni lobbistiche sugli ex partner di maggioranza,
"quello sull' Api è stato un atto di slealtà fra alleati -
ha detto - e i nostri alleati devono riconoscere che hanno
sbagliato". Martedì prossimo i Verdi marchigiani si
incontreranno con gli ex partner della maggioranza di centro
sinistra che governa la Regione Marche. Lo ha annunciato il
portavoce regionale del Sole che ride Luciano Montesi. Il
rendez-vous di martedì sarà il primo dopo la crisi nel
rapporto fra i Verdi e il resto della maggioranza. Montesi
ha precisato che a richiedere l'incontro sono stati gli ex
partner di maggioranza e ha osservato che si tratterà di un
"incontro interlocutorio, dal quale potrà riprendere il
colloquio con gli ex alleati, ma nel quale il rientro dei
Verdi in maggioranza non sarà all'ordine del giorno". "Oggi
- ha detto - c' è una situazione di stallo nei rapporti con
gli ex alleati regionali e non si vedono al momento segnali
di un suo superamento. Non è un problema di poltrone - ha
ribadito - bensì riconducibile al macigno Api". Montesi ha
poi annunciato una futura assemblea regionale del Sole che
ride per elaborare un "programma di governo" per la Regione
("non pensiamo ai Verdi come a un partito del no"), un
pacchetto di proposte da sottoporre al centro-sinistra per
valutare come verrà accolto dal governo regionale. Alla
conferenza stampa sono intervenuti anche il capogruppo in
Regione Marco Moruzzi ("commetterebbe un grave errore e
perderebbe d'incisività un centro sinistra che pensasse di
poter stare senza di noi") e Giorgio Marchetti.
"Dialogo in Provincia"
Si punta a ricucire lo
strappo di Ancona
ANCONA - Il confronto con gli alleati di centrosinistra
che governano la Provincia di Ancona, dopo il ritiro della
delega all'assessore verde all'ambiente Massimo Binci, che
in giunta ha votato contro il protocollo d'intesa sull' Api,
va senz' altro riaperto e i Verdi sono "caparbiamente"
intenzionati a ricostruire il rapporto. Resta dunque aperto
uno spiraglio per il dialogo, ma non sarà facile trovare un
punto di mediazione. "Certamente - ha osservato Pecoraro
Scanio - il rapporto fiduciario fra un presidente o un
sindaco e un suo assessore si può rompere. Ma un voto di
dissenso dato da un assessore in giunta, in una singola
occasione, peraltro di estrema rilevanza per il suo partito,
non può certo essere surrettiziamente interpretato come
espressione di sfiducia da parte dei Verdi". Dal canto suo,
Binci ha definito "gravissimo" il modo in cui il presidente
della giunta provinciale, il diessino Enzo Giancarli, ha
giudicato l'unico voto contrario espresso dai Verdi durante
tutto il tempo della loro permanenza nell'organo di governo.
E, richiamandosi alle normative che permettono voti difformi
negli esecutivi, ha definito quella da lui sollevata una
"questione di etica politica". |
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TRENTINO |
Piante mangiaveleno per
risanare la Sloi
L'ateneo di Verona studia la
fitodepurazione per le aree meno inquinate
IL CASO TRENTO NORD
di Chiara Bert
TRENTO. Usare batteri e
piante per succhiare il veleno dai terreni inquinati dell'ex
Sloi e Carbochimica. Si chiama fitodepurazione, e da un anno
un'équipe di Biotecnologie microbiche dell'Università di
Verona ha avviato uno studio per applicare questa tecnica di
bonifica alle aree di Trento Nord. «Un sistema "naturale"
che si adatta alle zone dove la contaminazione è meno alta -
spiega il responsabile della ricerca - con vantaggi sia in
termini di impatto ambientale che di costi». «Con la nostra
ricerca abbiamo voluto capire se i terreni contaminati
presentano al loro interno microorganismi vitali capaci di
degradare le sostanze inquinanti», spiega il professor
Giovanni Vallini, docente di Biotecnologie microbiche alla
Facoltà di scienze naturali di Verona. Vallini, fino al
dicembre 2002 membro della segreteria tecnica del Ministero
dell'ambiente incaricata di valutare i progetti di bonifica
dei siti inquinati di interesse nazionale, conobbe la
delegazione trentina a Roma, in occasione della
presentazione del piano di caratterizzazione di Trento Nord.
Ai responsabili della Provincia, il professore propose una
collaborazione per sperimentare i sistemi di bio e
fitodepurazione sui 10 ettari delle ex fabbriche Sloi e
Carbochimica. Servirsi cioè di microorganismi autoctoni
(presenti nel suolo), o di batteri associati a particolari
piante, per bonificare una parte dei terreni avvelenati. Un
intervento che richiederà comunque approcci diversi
considerata la differente tipologia di inquinamento. Nel
caso della Carbochimica si tratta infatti di inquinamento da
sostanze organiche, in gran parte derivanti dai serbatoi di
stoccaggio dei composti chimici. «Nella fase preliminare del
nostro studio - spiega Vallini - abbiamo accertato che nel
suolo sono presenti alcuni ceppi di batteri attivi, in grado
di resistere alle concentrazioni inquinanti di policloruri.
Ora stiamo svolgendo delle indagini biologiche per capire
qual è la loro potenzialità, e a quel punto eseguiremo un
primo test sul campo». La prospettiva è quella di coltivare
questi microorganismi in laboratorio, moltiplicandoli, e
quindi reimmetterli nel terreno perché esercitino la loro
azione di assorbimento dei veleni. Più complicata la
situazione dell'ex Sloi, dove l'inquinamento è legato alla
presenza di metalli, in particolare piombo e mercurio. Anche
qui, come per la Carbochimica, è stata appurata l'esistenza
di batteri attivi sfruttabili per bonificare. «In questo
caso - osserva il professor Vallini - i microbi possono
essere utilizzati per rendere più solubili i metalli, ma da
soli non bastano». Ecco allora arrivare in loro aiuto le
piante, per un processo di decontaminazione del terreno che
prende il nome di fitodepurazione. Il sistema consiste
appunto in un uso combinato di particolari piante e dei
microorganismi che abitano vicino alle radici. Le piante in
questione vengono definite iperaccumulatrici, il che
significa che riescono a succhiare i metalli presenti nel
suolo, resi solubili dalla precedente azione dei batteri. Si
tratta di piante selvatiche, che hanno spontaneamente
colonizzato i terreni ricchi di metalli: tra le più
efficaci, la prassica (della famiglia delle rape) e le
leguminose e, tra gli alberi, i pioppi ibridi, che
funzionano da eccezionali pompe in grado di arrivare anche
in strati profondi. Quello delle aree di Trento Nord sarebbe
il primo caso in Italia di applicazione di questa tecnica a
realtà industriali, un unico esperimento analogo è stato
fatto con una raffineria dell'Enichem. Ancora troppo presto
per dare una tempistica dell'intervento - spiegano
all'Università di Verona - è chiaro che l'azione di piante e
batteri si sviluppa su tempi lunghi. «È chiaro che dove
l'inquinamento è molto concentrato, la soluzione più ovvia è
la rimozione del terreno contaminato - spiega il professor
Vallini - ma laddove la contaminazione è meno alta e più
diffusa, i sistemi biologici sono preferibili, perché hanno
un minor impatto ambientale e minori costi». Entro fine anno
la Provincia conta di presentare il progetto preliminare di
risanamento delle aree industriali con i relativi costi. |
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