RASSEGNA STAMPA 01.11.2003

 

MESSAGGERO
Ferrovia da arretrare, ora c’è l’incarico

L’impresa. La Provincia in parallelo col viceministro Baldassarri

di FABIO PIANGERELLI

Le grandi imprese, a volte, partono sottovoce. Un documento, una riunione. L’arretramento della ferrovia Adriatica, da Montemarciano a Loreto, per Ancona e il suo hinterland vale come il ponte sullo stretto di Messina. Un’impresa ciclopica, per costi e impatto. Ma, zitto zitto, il progetto va avanti. Ci crede, ed è una garanzia, il viceministro all’Economia Mario Baldassarri. Tra qualche settimana, sul suo tavolo, arriverà una relazione dettagliata, che sa tanto di progetto di massima. La Rfi (le ex Ferrovie dello Stato, per intenderci) consegnerà al viceministro tracciato, tempi e costi. In parallelo, si sta muovendo la Provincia di Ancona, che proprio ieri ha affidato la redazione dello studio di prefattibilità per il riassetto del sistema ferroviario costiero a una società di ingegneria di Roma. Entro il 31 dicembre la Provincia avrà già in mano una valutazione sulla domanda potenziale e un’ analisi delle alternative di sistema. Che significa arretrare la linea ferroviaria dalla costa? Significa realizzare un asse parallelo all’A14 per il traffico di lunga percorrenza, lasciando i binari attuali a un traffico più leggero, al metrò di superficie. Riconsegnando alla costa nord di Ancona un ruolo sociale e urbanistico sinora precluso dal passaggio dei binari. Una rivoluzione del trasporto pubblico, che imporrà probabilmente anche lo spostamento di Ancona Centrale a Varano. Tempi e costi altissimi, certo, ma si va avanti. Baldassarri pensa a un project financing, al concorso dei privati, che potrebbero ripagarsi l’impegno in cambio di qualche area per i servizi o entrando nella gestione del metrò di superficie. La lettera d'intenti sulla infrastrutturazione del nodo di Falconara, sottoscritta lo scorso 1 agosto dai presidenti di Regione e Provincia Vito D' Ambrosio e Enzo Giancarli, non parla di modalità di finanziamento. Ma rappresenta una volontà precisa, teorema decisivo di tutta l’operazione, che, se vogliamo, è già stata avviata, con il progetto del braccio Montemarciano-Chiaravalle, pensato per escludere il passaggio in mezzo alle cisterne dell’Api. La consegna finale dello studio commissionato dalla Provincia è prevista per il 29 febbraio 2004 e comprenderà l'inserimento urbanistico e ambientale, la riorganizzazione dei servizi di trasporto e la valutazione economica preliminare. Lo studio si baserà sull' analisi degli atti di pianificazione approvati dalla Provincia (Piano dei trasporti e Piano territoriale di coordinamento, Prusst dell' Area Urbana di Ancona e progetto di integrazione autobus-treno), e verificherà la fattibilità di un sistema integrato di trasporto su ferro per lo spostamento a monte dell' attuale linea ferroviaria adriatica. L' arretramento, per Giancarli, «appare ad oggi un obiettivo di qualità da perseguire nel medio-lungo periodo». Il futuro, insomma, è già iniziato.

 
RESTO DEL CARLINO
Arretramento dei binari: uno studio di fattibilità

ANCONA — Un sogno che ogni tanto viene ritirato fuori dal cassetto e riproposto come grande opportunità per risolvere i problemi infrastrutturali della zona costiera di Falconara ed Ancona. L'arretramento della strada ferratada Marina di Montemarciano ad Ancona è stato un cavallo di battaglia dell'europarlamentare Luciana Sbarbati che aveva previsto l'opera all'interno dello strategico Corridoio Adriatico che Bruxelles non ha ancora abbracciato. Lo stesso progetto era stato sostenuto dal vice ministro dell'Economia Mario Baldassarri che di recente l'aveva collegato all'altro grande nodo da sciogliere: quello dell'uscita a Nord di Ancona con conseguente interramento del piede della frana Barducci. ora la Provincia di Ancona ha affidato la redazione dello studio di prefattibilità per il riassetto del sistema ferroviario costiero, il cosiddetto arretramento della linea ferroviaria Adriatica. La lettera d'intenti sulla infrastrutturazione del nodo di Falconara Marittima era stata sottoscritta lo scorso 1 agosto dai presidenti di Regione e Provincia Vito D'Ambrosio e Enzo Giancarli. Nell'intesa viene riconosciuta la permanenza delle esigenze che fanno ritenere comunque opportuno sul lungo periodo un più generale arretramento della linea ferroviaria Adriatica, considerando che Rfi Spa ha depositato presso il ministero delle Infrastrutture il progetto preliminare del Nodo di Falconara e collegamento Orte-Falconara con la Linea Adriatica, che permetterebbe di riorganizzate l'infrastrutturazione ferroviaria nella Bassa Valle dell'Esino, oltre a consistenti interventi di riqualificazione ambientale e urbanistica. In merito al progetto, inoltre, sono in corso da parte delle competenti strutture regionali le procedure per la formalizzazione del parere di competenza sulla valutazione di impatto ambientale. L'incarico, a una società di ingegneria di Roma, prevede la consegna intermedia, con inquadramento territoriale, valutazione della domanda potenziale e analisi delle alternative di sistema, entro il 31 dicembre. La consegna finale è prevista per il 29 febbraio 2004 e comprenderà l'inserimento urbanistico e ambientale, la riorganizzazione dei servizi di trasporto e la valutazione economica preliminare. Lo studio si baserà sull'analisi degli atti di pianificazione approvati dalla Provincia (Piano dei trasporti e Piano territoriale di coordinamento, Prusst dell'Area Urbana di Ancona promosso dal sindaco Fabio Sturani e progetto di integrazione autobus-treno), e verificherà la fattibilità di un sistema integrato di trasporto su ferro per lo spostamento a monte dell'attuale linea ferroviaria adriatica. L'arretramento, per Giancarli, «appare ad oggi un obiettivo di qualità da perseguire nel medio lungo periodo».

FERRARA

Bufera sul turbogas

Si riapre il confronto sui livelli di inquinamento collegati alle emissioni di polveri sottili delle grandi centrali a turbogas, come quella da 800 megawatt che verrà costruita nel nostro petrolchimico. Uno studio della Commissione europea confermerebbe le perplessità già espresse nel maggio scorso da Nicola Armaroli e Claudio Po, che pubblicarono sulla rivista della Società chimica italiana la ricerca secondo la quale gli impianti di quella portata produrrebbero un inquinamento da polveri sottili per nulla trascurabile. Un fatto che fino a quel momento era stato del tutto sottovalutato o, addirittura, ignorato. Anche il metano sarebbe tra i combustibili che producono grande quantità di polveri fini e ultrafini, le micidiali Pm2,5 e 0,1, che non possono venire rilevate attraverso le misurazioni ai camini. La discussione promette sorprese.

«Le nuove centrali produrranno polveri micidiali»

di Ilaria Fazi

BOLOGNA — Organizzarsi con i colleghi, utilizzare l'autobus, intercettare il fratello della baby sitter per recuperare i figli più piccoli all'uscita da scuola; in breve, affrontare i disagi provocati dal provvedimento delle 'targhe alterne' adottato dalla nostra regione, sarebbe un gioco che non vale la candela. Ad affermarlo sono gli esperti di 19 nazioni europee autori del secondo documento della Commissione Europea sul problema delle polveri. Secondo i super esperti dell'Ue, rinunciare all'auto un giorno alla settimana comporterebbe soltanto una minima riduzione della concentrazione media di PM10, e non avrebbe alcun effetto sul numero degli sforamenti e i valori dei picchi. Per questo sarebbe necessario il blocco totale del traffico. Ma dal documento, che fa parte del più ampio programma europeo per la qualità dell'aria, emerge un altro e ben più grave pericolo, che di nuovo tocca da vicino la nostra regione. Una minaccia che porta il nome di PM2,5 e PM0,1, le polveri sottili e ultrasottili che, secondo l'Oms, e a differenza delle più grandi PM10, riescono a entrare direttamente nel sangue, perché capaci di eludere le barriere difensive dei polmoni. E tra le regioni europee a più alto rischio ci sarebbe proprio la valle del Po, dove le condizioni climatiche e lo scarso ricambio d'aria faciliterebbero la permanenza in aria dei precursori e l'accumulo delle polveri fini stesse. Una situazione che in futuro potrebbe peggiorare, se venissero realizzati gli impianti a ciclo combinato alimentati a metano previsti dal piano energetico della Regione per colmare il deficit dell'Emilia Romagna, che oggi produce in loco soltanto il 50% dell'energia che consuma. L'allarme arriva da un ricercatore del Cnr di Bologna, Nicola Armaroli, che già nel maggio scorso, dalle pagine de 'La Chimica e l'Industria' e insieme a Claudio Po, aveva denunciato il pericolo legato alle emissioni di particolato fine da parte di questi impianti. Armaroli e Po, per primi, affermavano che centrali turbogas delle dimensioni di 800 Megawatt, come quelle già autorizzate a Ferrara e Ravenna, e le tre che erano state ipotizzate in altre province, tra cui Bologna (Bentivoglio e Minerbio), Forlì, Piacenza o Parma, produrrebbero quantità di polveri sottili non trascurabili, come si riteneva, ma nella misura di centinaia di tonnellate. I ricercatori, contestati da chi sostiene che i turbogas rappresentino la miglior soluzione anche in termini di impatto ambientale, trovano ora in questo documento nuove conferme. Lo studio infatti rafforza le tesi presentate ad Armaroli e Po. Alle quali era stato contestato, sulla base di misurazioni effettuate ai camini, che i turbogas producono minori quantità di PM10 rispetto agli impianti a olio combustibile o carbone. Ma, ribadisce lo studio, le pericolose PM2,5 si formano per la maggior parte in un secondo momento e non si possono rilevare ai camini: tra i loro principali precursori, gli ossidi di azoto, prodotti in grandi quantità da queste centrali. I turbogas poi bruciano metano: che tra i combustibili è quello che produce la maggior quantità di polveri fini e ultrafini.

"Stiamo attenti alle polveri fini"

di Ilaria Fazi

Non è una virgola, questa volta, a riaprire la discussione sull'opportunità della costruzione del turbogas da 800 Mw progettato da S.E.F. all'interno del petrolchimico alle porte della città. Ma è invece, a dirlo con una metafora presa in prestito dal ricercatore del Cnr Nicola Armaroli, un malinteso, tra chi parla di palloni da calcio e chi, come lui e il collega Claudio Po, intendono palline da golf. Il riferimento è chiaro: all'uscita lo scorso maggio dello studio in cui Armaroli e Po sostenevano che i turbogas, gli impianti a ciclo combinato alimentati a metano, producono centinaia di tonnellate di micropolveri, i tecnici di Arpa e del Comune avevano replicato con i dati delle emissioni di PM10 rilevate ai camini, calcolate in poche decine di tonnellate. Ma mentre i tecnici di Arpa si riferivano alle sole PM10, i due ricercatori bolognesi avevano in mente ben altro: le pericolose polveri fini e ultrafini, quelle con diametro inferiore ai 2,5 millesimi di millimetro, che si formano in gran parte alcune ore dopo l'emissione dei gas di questi impianti, e che quindi non possono essere rilevate ai camini. Dalla fine di ottobre, Armaroli e Po hanno un'arma in più a sostegno della loro tesi: si tratta del secondo documento europeo sul particolato. Un dossier redatto da un consiglio di esperti incaricati dalla Commissione europea di fare il punto sul problema delle micropolveri. E in cui non mancano riferimenti che permettono di ricollegare gli impianti turbogas alla produzione delle pericolose polveri: le quali, si legge nel documento, non hanno una soglia di sicurezza e quindi, come il benzene, provocano un danno alla salute che cresce linearmente con la loro concentrazione. Molti gli elementi presenti nel fascicolo di ben 214 pagine: dal tempo di persistenza in atmosfera delle particelle, che va da giorni a settimane e che in zone chiuse come la nostra aumenta, all'indicazione che un combustibile come il metano produce polveri più piccole rispetto ad olio e carbone. A chiudere lo studio è una valutazione sul provvedimento delle targhe alterne adottate dall'Emilia Romagna. Che riceve, purtroppo, un giudizio non troppo incoraggiante. Secondo gli esperti europei, un solo giorno di traffico a targhe alterne riduce lievemente la concentrazione media di PM10 sul lungo termine, ma non influisce sul numero degli sforamenti e dei picchi.

«Emissioni non trascurabili»

E' vivacissimo e interessa anche i nostri polmoni il confronto tra esperti e scienziati sulle emissioni delle centrali a turbogas da 800 megawatt, come quella che attende di essere costruita nel nostro petrolchimico alle porte della città. In una lettera indirizzata al direttore generale dell'Arpa, e per conoscenza a tutti i consiglieri regionali e al presidente della Regione, il ricercatore del Cnr di Bologna Nicola Armaroli ritorna sugli aspetti più delicati dei fumi collegati in modo specifico alle centrali turbogas di nuova generazione e polemizza con il dirigente dell'Agenzia regionale. «Il tema delle polveri è stato trattato dall'Arpa nella Vas del Piano energetico regionale — scrive il ricercatore — a pagina 53 si recita che le centrali turbogas eliminano ogni emissione di particolato. Altrove si parla di emissioni trascurabili. Con questa approssimazione come sarebbe andata la discussione senza il nostro intervento?» chiede Armaroli. Fu lui, assieme al medico Claudio Po, ad elaborare nei mesi scorsi uno studio che venne poi pubblicato sull'organo ufficiale della Società chimica italiana: fino a quel momento nessuno aveva mai comunicato che le centrali turbogas provocano inquinamento da polveri sottili, di diverse dimensioni. «La distinzione tra particolato primario e secondario perderà molto del suo significato entro qualche anno — sottolinea Armaroli — è bene che le autorità abbiano presente questa prospettiva per non trovarsi di fronte a spiacevoli sorprese, tra non molto, ad impianti autorizzati e funzionamenti. Siamo in una regione già duramente provata dall'inquinamento atmosferico e non possiamo permetterci errori di valutazione grossolani su impianti di queste dimensioni». Armaroli difende il suo lavoro anche dalle obiezioni poste da uno studio effettuato nei giorni successivi e ampiamente utilizzato dai nostri amministratori per confermare l'autorizzazione a costruire la centrale. E conclude: «Entro pochi anni le concentrazioni di polveri fini e ultrafini nell'aria dovranno essere ulteriormente ridotte, per ottemperare alle leggi comunitarie. Il proliferare di megacentrali a turbogas ci porterà lontani da questo obiettivo, se si continuerà a ritenere erroneamente che questi impianti non costituiscano un problema. E tuttavia le ragioni superiori della salute e dell'ambiente vanno spesso al di là dei burocratici requisiti di legge, irrilevanti al vaglio delle nostre vie respiratorie».

Turbogas Perché una centrale così grande?

di Vittorio Serafini

Caro direttore, leggendo una lettera del sindaco su questa rubrica, pubblicata pochi giorni fa, ho appreso da lui stesso, che egli è, per legge, il primo garante per la tutela della salute della nostra comunità. La cosa mi fa molto piacere e poiché il Sindaco ha una sua reputazione, penso meritata, di persona colta ed intelligente, questo mi dà il destro, direi quasi il diritto, di fargli una domanda, una sola. Sono d'accordo con lui sulle isole pedonali, sulle Ztl, sulle piste ciclabili, sul'andare di più in bicicletta e sul ridurre al minimo indispensabile l'uso dell'automobile. Quello che non mi ha convinto è il passaggio sul problema della centrale a turbogas, che il sindaco liquida brevemente scaricando tutto sull'approvazione di Commissioni Tecniche Governative. Crede veramente il sig. Sindaco che noi possiamo delegare il problema della nostra salute all'on. Marzano, che dopo l'ultimo black-out, ancora non si sa se casuale o provocato, è corso in televisione a dire che ci vogliono nuove centrali (naturalmente termoelettriche)? Peccato che tutti abbiano capito benissimo, anche ascoltando Rubbia (lui sì al di sopra di ogni sospetto), che il blackout è stato provocato, caso mai, da difetti di connessione della rete elettrica italiana. Infatti è avvenuto di notte, quando il consumo italiano di energia elettrica è meno della metà di quello erogabile dalle nostre centrali. Non gli chiederò perché non si è pensato di spostare gradualmente il polo chimico fuori dalla città, lontano da tutti, per esempio nella zona Sipro; non gli chiederò nemmeno perché, prima delle pubblicazioni di Armaroli e Po, ben due assessori andavano dicendo che il turbogas non emette che NOX. Non gli chiederò nemmeno perché non si tien conto del parere della gente, magari facendo un referendum, quando invece sembra già tutto deciso da tempo. Lasciamo stare. Gli chiederò solamente: ma perché si costruisce una centrale da 800 megawat e non una, per esempio., da 400., visto che 200 megawat sono più che sufficienti per gli impianti del petrolchimico (anche nelle più rosee prospettive) e gli altri 200 in più potrebbero bastare per fare guadagnare gli industriali ? Certo con 800 Megawat ci si può guadagnare sopra molto di più, vendendo l'energia alla rete centrale, ma, lei che è il garante della nostra salute, sa che cosa vuol dire una potenza doppia? Vuol dire almeno il doppio di tutte le tonnellate di micropolveri e di tutte le porcherie che la centrale emette e quindi il doppi di malattie respiratorie, di allergie e di tumori che i suoi cittadini dovranno sopportare. Le sembra poco? E, per favore, non mi risponda come ha fatto il vicepresidente della commissione turbogas, che ha detto che le centrali sono standard così e non si possono fare che da 800 megawat. Ci sono solo tre ditte nel mondo (e non sono italiane) che fabbricano centrali a turbogas e le consegnano «chiavi in mano» da 200 megawat, da 400 o da 800, basta pagare.

 
CORRIERE ADRIATICO
La stazione all'Aspio e i binari via dalla costa

Dopo l'intesa con la Regione, la Provincia affida ora la redazione dell' esame di prefattibilità Giancarli: "Un progetto di qualità da perseguire nel medio lungo periodo" Linea Adriatica, si studia l'arretramento

di AL. CAM.

L'arretramento della linea ferroviaria dalla costa ai piedi delle colline fa un primo passo. La Provincia ha affidato la redazione dello studio di prefattibilità per il riassetto del sistema ferroviario. Impegno che fa seguito alla lettera d'intenti sottoscritta lo scorso primo agosto dai presidenti Vito D'Ambrosio e Enzo Giancarli. Nell'intesa, Regione e Provincia riconoscono la permanenza delle esigenze di un arretramento sul lungo periodo della linea ferroviaria Adriatica, considerando che Rete Ferroviaria Italiana Spa ha depositato al ministero delle Infrastrutture e dei trasporti il progetto preliminare del Nodo di Falconara e del collegamento Orte-Falconara con la Linea Adriatica. Un fatto che permetterebbe, oltre alla complessiva riorganizzazione dell'infrastrutturazione ferroviaria nella Bassa Valle dell'Esino, anche consistenti interventi di riqualificazione ambientale ed urbanistica. Lo studio è affidato alla Società di Ingegneria V. Mosco e Associati Srl di Roma, che ha già esperienza nel settore. L'incarico prevede la consegna intermedia dell'inquadramento territoriale, della valutazione della domanda potenziale e dell'analisi delle alternative di sistema, entro il 31 dicembre prossimo. La consegna finale è prevista per il 29 febbraio 2004 e comprenderà anche l'inserimento urbanistico ed ambientale, la riorganizzazione degli attuali servizi di trasporto e la valutazione economica preliminare. Lo studio si baserà sull'analisi degli atti di pianificazione approvati dalla Provincia, quali il Piano dei trasporti e il Piano territoriale di coordinamento, il Prusst e il progetto di integrazione autobus-treno, ormai giunto alla fase di realizzazione delle opere, con l'espletamento degli appalti per le nuove fermate ferroviarie e l'adeguamento delle banchine. Inoltre, verificherà la fattibilità di un sistema integrato di trasporto su ferro per lo spostamento a monte dell'attuale linea ferroviaria adriatica, grosso modo da Falconara all'Aspio. Sogno del presidente della Provincia Giancarli (foto), di cui fa parte lo spostamento all'Aspio della stazione Ancona centrale e l'utilizzo della linea costiera per la sola metropolitana di superficie utilizzata dai pendolari. Un modo anche per dare nuova vita alla costa. Progetto ambizioso, che non si realizzerà certo in tempi brevi. Ad ogni buon conto, Giancarli ritiene che "l'arretramento della linea ferroviaria Adriatica appare ad oggi un obiettivo di qualità da perseguire nel medio lungo periodo", come proposto e confermato più volte sia dagli atti di pianificazione della Provincia sia dalla Regione.

 
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