MESSAGGERO |
«Abbiamo disposto
un’inchiesta interna»
L’API SULL’INCIDENTE
DELL’OPERAIO FERNANDO ALTANA
di LETIZIA LARICI
FALCONARA - «Abbiamo disposto
un’inchiesta interna per definire esattamente i termini
dell'accaduto. Giungeremo presto a una conclusione, ma in
linea di massima ci sentiamo di escludere sin da ora
qualsiasi responsabilità da parte della raffineria». Non si
scompone l'Api di fronte alla decisione di passare alle vie
legali presa da Fernando Altana, l'operaio della ditta
appaltatrice Paresa spa di Cesena, rimasto ferito lo scorso
15 ottobre mentre stava lavorando all'impianto di
cogenerazione. «In caso di denuncia - afferma il portavoce
dell'azienda Giancarlo Fré - spetterà alla magistratura fare
luce sui fatti. Noi siamo sereni, certi che si sia trattato
di un incidente legato a una casualità o a un momento di
disattenzione. Comunque prenderemo una posizione solo dopo
la chiusura dell'inchiesta». Fernando Altana che, colpito da
un getto di acqua bollente, è ancora ricoverato all'ospedale
di Torrette per le ustioni riportate, aveva dichiarato
l'altro ieri al Messaggero di sentirsi contrariato dal
comportamento dell'Api che tenderebbe a sminuire la portata
dell'episodio: «Mi avevano detto che sarebbe partita
un'inchiesta - aveva spiegato - della quale però non ho
avuto più notizia». Di qui la decisione di andare a fondo.
L'inchiesta comunque è stata aperta, ma come sottolinea Fré
«ci vuole del tempo prima di trarre delle conclusioni». In
ogni caso l'azienda tiene a precisare come gli addetti al
della raffineria siano intervenuti immediatamente sul luogo
dell'incidente: «Abbiamo applicato subito un bendaggio,
intervento apprezzato dagli stessi medici di Torrette che
hanno emesso una prognosi di 20 giorni a mero titolo
precauzionale, come precisato dagli stessi. Comunque entro
la prossima settimana verrà adottato da parte della
raffineria un ulteriore protocollo di sicurezza per evitare
che incidenti del genere si ripetano». |
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RESTO DEL CARLINO |
Montedison, incarico a
Bohigas
FALCONARA — Ora è ufficiale.
L'architetto spagnolo Oriol Bohigas e i suoi collaboratori
dello studio Mbm di Barcellona hanno accettato l'incarico
dall'azienda agricola del Poggio, attuale proprietaria del
sito ex Montedison e di una parte consistente degli immobili
ricadenti nella zona, per la redazione di un progetto
urbanistico preliminare finalizzato a determinare le
condizioni di bonifica, recupero, riabilitazione e sviluppo
di quel territorio. Come è noto, l'operazione sarà svolta
sotto la direzione ed il coordinamento dei comuni di
Falconara e di Montemarciano, trattandosi di un'area di
confine che coinvolge i territori di entrambi i territori.
Il progetto preliminare sarà realizzato nel pieno rispetto
degli strumenti urbanistici vigenti, nell'ottica di una
pianificazione locale che sia in assonanza con le altre
azioni politico- amministrative in essere. Il tutto per
assicurare all'interno del territorio della Bassa Vallesina
uno sviluppo armonico ed omogeneo, frutto di una
programmazione integrata e condivisa. |
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CORRIERE ADRIATICO |
Montedison, parte il progetto
Bohigas
Accordo con Montemarciano e
Falconara
Ora è ufficiale. L'architetto
spagnolo Oriol Bohigas e i suoi collaboratori dello studio
Mbm di Barcellona hanno accettato l'incarico dall'Azienda
Agricola del Poggio, attuale proprietaria del sito ex
Montedison e di una parte consistente degli immobili
ricadenti nell'Apu 3 (Area Progetto Unitario ) per la
redazione di un progetto urbanistico preliminare finalizzato
a determinare le condizioni di bonifica, recupero,
riabilitazione e sviluppo di quel territorio. Come è noto,
l'operazione sarà svolta sotto la direzione ed il
coordinamento dei Comuni di Falconara e di Montemarciano,
trattandosi di un'area di confine che coinvolge i territori
di entrambi i Comuni e ciò sulla base del protocollo
d'intesa stipulato lo scorso 10 ottobre. Tale documento è
stato sottoscritto congiuntamente dal sindaco di Falconara,
Giancarlo Carletti , dal sindaco di Montemarciano Gerardo
Cingolani e dal rappresentante dell'Azienda Agricola del
Poggio, proprietaria del sito ex Montedison per avviare uno
studio urbanistico volto alla redazione di progetti
finalizzati al riuso delle aree, alla loro riqualificazione
nell'ottica di funzioni urbane integrate tra i Comuni di
Falconara e di Montemarciano. Il protocollo d'intesa sarà lo
strumento mediante il quale tracciare il percorso che dovrà
condurre ad un progetto preliminare di assetto urbanistico
condiviso che costituirà il punto di riferimento per le
successive azioni attuative delle trasformazioni. Il
progetto preliminare a cura dell'architetto Bohigas e dei
suoi collaboratori dello studio Mbm di Barcellona sarà
realizzato nel pieno rispetto degli strumenti urbanistici
vigenti
E ora i Verdi studiano la
permanenza nell'Ulivo
In Provincia Giancarli cerca
di ricucire
di AL. CAM.
La riflessione tocca
addirittura la permanenza dei Verdi nell'Ulivo, ma non tanto
nella maggioranza allargata che regge la Provincia, quanto
addirittura a livello nazionale. "E' una riflessione
generale che va fatta complessivamente", annuncia Marco
Pecoraro Scanio, assessore comunale e capogruppo provinciale
dei Verdi. Anche se Pecoraro previene ogni eventuale dubbio
sulla sua permanenza nella giunta comunale. Il fattore
scatenante della crisi in Provincia è stata la vicenda Api.
E il Comune dorico non ha competenze in materia. "Noi
vogliamo essere il valore aggiunto della coalizione - spiega
Pecoraro Scanio -, ma questo significa che la coalizione
deve volerci e accettarci". E per affrontare la questione
nei primi giorni della prossima settimana i Verdi si
incontreranno. Anche per fare il punto della situazione
all'indomani della fuoriuscita dalla giunta provinciale,
voluta dal presidente Enzo Giancarli, dell'assessore dei
Verdi Massimo Binci. Pare anche per questioni legate a
rapporti personali. Insomma, per Giancarli sarebbe venuto
meno il rapporto di fiducia che aveva portato alla nomina di
Binci come assessore. Il presidente lavora per ricucire ed è
disposto a dare al movimento tutto il tempo necessario a
chiarirsi anche al proprio interno. "Sono per ricostruire il
rapporto con i Verdi - dice, infatti, Giancarli -.
L'attività amministrativa nel frattempo può andare avanti
con l'attuale composizione della giunta, non ci sono
urgenze". E ricostruire il rapporto con i Verdi, trovando
quindi una sostituzione in casa del posto di Massimo Binci,
al momento sembra possibile del tutto possibile. "Noi
condividiamo il programma elettorale del presidente
Giancarli e della maggioranza - precisa infatti Marco
Pecoraro Scanio -. C'è stato solo un distinguo su un punto,
quello del protocollo d'intesa Api, che non era contemplato
sul programma perché non di competenza della Provincia".
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IL GAZZETTINO |
Il Tribunale condanna per la
fuga di Cvm
Dall'amministratore delegato di Evc Italia al direttore di
stabilimento di Marghera 8 mesi in primo grado
di Nicoletta Benatelli
Mestre - Assolto per non aver
commesso il fatto Graziano Vidotto, presidente del consiglio
di amministrazione di Evc Italia. Condannati ad otto mesi di
reclusione con sospensione della pena gli altri dirigenti:
Ernst Bartsch, amministratore delegato di Evc per il cvm;
Gregor Stewart, responsabile operativo anche per lo
stabilimento di Porto Marghera; Carlo Porcu, direttore
stabilimento Evc a Marghera; Lauro Berto, coordinatore
sicurezza e ambiente di Evc. Il giudice monocratico Sara
Natto ha condannato l'azienda anche al risarcimento dei
danni per un ammontare complessivo di 457.500 euro.Ieri
pomeriggio non appena è stata pronunciata la sentenza nella
sede mestrina del tribunale penale di Venezia, il pubblico
ministero Felice Casson non ha potuto trattenere un piccolo
cenno di soddisfazione. Il giudice monocratico Sara Natto
infatti ha dato ragione all'impianto accusatorio del Pm e ha
condannato gli imputati riconoscendoli colpevoli dei reati
di disastro colposo e omissione dolosa di cautela. "Non
voglio aggiungere nulla a quanto ho affermato anche nella
mia requisitoria", si è affrettato a dire il Pm. Ma la sua
tesi è stata espressa chiaramente durante tutto il
dibattimento: "Gli impianti per la lavorazione del cvm sono
vecchi e sono oggetto di scarsa manutenzione, nemmeno il
personale è adeguatamente preparato a gestire le emergenze -
aveva affermato Casson. - Incidenti come questo sono
successi perché i vertici della società hanno
consapevolmente trascurato interventi di messa in sicurezza
sollecitati anche da vari organi di controllo". "Hanno
deciso di produrre a qualsiasi costo senza curarsi nemmeno
del fatto che, proprio mentre avveniva l'incidente, si stava
celebrando il maxi processo in aula bunker per le morti
degli operai addetti al cvm", aveva sottolineato Giampaolo
Schiesaro, avvocato dello Stato, parte civile per il
Ministero dell'Ambiente. E anche ieri mattina nelle repliche
l'avvocato Eugenio Vassallo, parte civile per Comune di
Venezia e Regione, aveva puntualizzato: "Chiedo scusa per la
rabbia che mi prende da cittadino quando penso ai rischi che
si corrono a convivere con un'industria che non investe
nella sicurezza, ma da legale non posso non ricordare anche
che vi è sempre l'obbligo ad utilizzare la migliore
tecnologia disponibile da parte dell'azienda". Per il
giudice dunque l'emissione di cvm a seguito della fuga è un
disastro colposo dovuto alla omissione delle cautele
necessarie per poterlo evitare. Secondo il consulente
dell'accusa, Stefano Guerzoni, tracce di diossine e furani
sarebbero state riscontrate anche in centro storico a
Venezia e nella laguna nord a circa 20 chilometri dagli
impianti. Il giudice ha assolto invece per mancanza di prove
sulla sussistenza del fatto, Carlo Porcu, Lauro Berto e
Domenico Marzano che erano stati accusati di frode
processuale per non aver consegnato la documentazione
relativa alla parte a monte dell'impianto, così come
sollecitato invece dal Pm e dai suoi consulenti. Infine il
giudice ha condannato il tecnico Germano Mistron a
un'ammenda di 206 euro per il ritardo con cui è stata data
comunicazione dell'incidente alle pubbliche autorità. Il
risarcimento del danno riconosciuto alle parti civili dal
giudice Natto è nello specifico di 250 mila euro per il
Ministero dell'Ambiente (avvocato Giampaolo Schiesaro),
40mila euro ciascuno per Comune di Venezia e Regione
(avvocato Eugenio Vassallo), 47.500 euro per la Provincia
(avvocati Marco Giacomini e Ettore Santin) e di 40mila euro
ciascuno per l'associazione Medicina Democratica (avvocato
Luigi Scatturin) e il WWF (avvocato Angelo Pozzan). Il
risarcimento però potrà essere liquidato solo quando la
sentenza sarà passata in giudicato e sempre nel caso che
vengano confermate le condanne.
Casson: «Impianto vecchio,
superato»
LE REAZIONI Costa: "Siamo
tranquilli per il futuro". Da Villa: "Controlli
sufficienti". Bettin: "Chiudere". Wwf: "Cambiare"
Mestre - Fuori dall'aula del
Tribunale, appena smessa la toga,Felice Casson è il più
drastico: "Quello è un reparto vecchio, superato, fuori
dalla storia. E adesso puntano addirittura al raddoppio".
Una follia che il pm del processo al Petrolchimico, anche
nel corso di una conferenza all'Accademia internazionale di
scienze ambientali, aveva illustrato nei dettagli con
argomenti "tranchant" parlando di danni ambientali e di
rischi tutt'ora presenti. Il sindaco di Venezia,Paolo
Costatrova nella sentenza una ulteriore conferma della
pericolosità della situazione passata. Ma per il presente -
secondo Costa - bisogna dire che le industrie di Marghera
hanno fatto notevoli passi avanti. Vuol dire che si è
arrivati a mettere in atto quelle precauzioni che consentono
di parlare di standard di sicurezza adeguati. Un aplomb
diplomatico che si spiega con il fatto che in Giunta sono
presenti due anime, quella dei Verdi che puntano alla
chiusura e quella dei Ds che continuano a sostenere la
chimica a Marghera. Del resto, basta sentire quel che dice
Gianfranco Bettin secondo il quale questa condanna dimostri
in modo inequivocabile che il Petrolchimico e in particolare
il ciclo del clorosoda è incompatibile con l'ambiente. E
dunque la proposta non può che essere quella della chiusura.
Del resto dopo la quarta condanna di seguito che cosa pensa
il cittadino, se non che continua a vivere seduto sul bordo
di un vulcano che butta in aria tonnellate di veleni? "Gli
Enti locali hanno solo poteri di controllo, preventivo e
successivo - spiega l'assessore provinciale Ezio Da Villa-
Vuol dire che siamo riusciti a far digerire alle aziende che
possono produrre solo rispettando certi parametri. Anche in
questo caso la segnalazione è partita proprio dalla
Provincia. L'Evc ci aveva avvertito di una limitata quantità
di cvm emesso dai camini, ma poi sono state le nostre
indagini ad accertare che la limitata quantità era superiore
alle due tonnellate. Quindi la nostra funzione di controllo
è tutt'altro che marginale, soprattutto in un momento come
questo in cui si deve accompagnare, senza rischi, la
radicale trasformazione che porterà alla chiusura". Ma il
concetto è che la chiusura degli impianti la Provincia non
la può disporre. "No. La Provincia può solo cercare di fare
in modo che da qui alla chiusura degli impianti si proceda
senza rischi. Se poi mi si chiede che cosa penso, non come
amministratore, che deve rispettare le norme e le leggi, ma
come cittadino, allora non posso che dire che spero nella
chiusura più rapida possibile". Anche il WWF con Paolo
Perlasca coglie l'occasione per chiedere di mutare i cicli
produttivi. "E' importante considerare sia la salute umana
che il delicatissimo ecosistema lagunare su cui l'area
industriale va a incidere, si pensi al traffico di
petroliere e chimichiere, al rischio di incidenti o
affondamenti, ma anche agli effetti che hanno sul fenomeno
dell'Acqua Alta delle bocche di porto scavate per consentire
l'ingresso in laguna di questi mastodonti del mare. La
sentenza di oggi conferma senza dubbio l'esistenza e la
consistenza di danni all'ambiente. |
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BRESCIA OGGI |
Nube tossica a Marghera, 4
condanne
PETROLCHIMICO. Nel 1999,
dall’impianto fuoriuscirono tre tonnellate di cloruro di
vinile monomero
Otto mesi all’amministratore
e a tre dirigenti della Evc, assolto il presidente
Venezia. L’amministratore
delegato della Evc Italia, Ernest Bartsch, e altri tre
dirigenti della società sono stati condannati a otto mesi di
reclusione dal giudice monocratico di Venezia Sara Natto; il
processo nacque per l’incidente in cui, l’8 giugno 1999,
dall’impianto Cvm del Petrolchimico di Porto Marghera
fuoriuscirono circa tre tonnellate di cloruro di vinile
monomero. Gli altri dirigenti di Evc sono l’ operation
manager Gregor Burton Stuart, il direttore dell’impianto
veneziano Carlo Porcu e il responsabile sicurezza Lauro
Berto. Nei loro confronti il pm Felice Casson aveva chiesto
la condanna a un anno e quattro mesi per il reato di
omissione dolosa di cautele nei luoghi di lavoro e disastro
colposo. È stato invece assolto da questi reati, per non
aver commesso il fatto, il presidente della Evc Graziano
Vidotto. Il giudice ha inoltre assolto Porcu, Berto e il
caporeparto Domenico Marzano dal reato di frode processuale.
Infine un settimo imputato, Germano Mistron, che la sera
dell’incidente era di turno alla sala di controllo, è stato
condannato al pagamento di un’ammenda di 206 euro perché
tardò ad avvisare dell’incidente gli organismi di protezione
civile. Oltre alle condanne penali, il giudice ha disposto
il risarcimento delle parti civili costituitesi nel
processo. I quattro dirigenti e la società Evc sono stati
condannati a pagare in solido al ministero dell’ambiente 250
mila euro, alla Provincia di Venezia 47 mila 500 euro, alla
Regione Veneto, al Comune di Venezia, a Medicina democratica
e al Wwf 40 mila euro, oltre alle spese per le costituzioni
nel processo. Le motivazioni saranno depositate entro 90
giorni. «L’assoluzione dei nostri manager dall’imputazione
di frode processuale rileva la trasparenza con cui la Evc ha
sempre operato, offrendo alla magistratura la massima
disponibilità e collaborazione». Così la Evc Italia commenta
la sentenza, e annuncia che impugnerà la decisione, a tutela
non solo dei propri diritti «ma soprattutto della
correttezza scientifica e intellettuale che sostiene le
attività di Evc nel mondo». Quanto alle condanne per i reati
di disastro ambientale ed omissioni di cautele, la società
chimica continua ad affermare che «le analisi e le perizie
condotte in seguito all’incidente non hanno evidenziato
danni o rischi per l’ambiente e la salute». |
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