RASSEGNA STAMPA 25.10.2003

 

MESSAGGERO
«Abbiamo disposto un’inchiesta interna»

L’API SULL’INCIDENTE DELL’OPERAIO FERNANDO ALTANA

di LETIZIA LARICI

FALCONARA - «Abbiamo disposto un’inchiesta interna per definire esattamente i termini dell'accaduto. Giungeremo presto a una conclusione, ma in linea di massima ci sentiamo di escludere sin da ora qualsiasi responsabilità da parte della raffineria». Non si scompone l'Api di fronte alla decisione di passare alle vie legali presa da Fernando Altana, l'operaio della ditta appaltatrice Paresa spa di Cesena, rimasto ferito lo scorso 15 ottobre mentre stava lavorando all'impianto di cogenerazione. «In caso di denuncia - afferma il portavoce dell'azienda Giancarlo Fré - spetterà alla magistratura fare luce sui fatti. Noi siamo sereni, certi che si sia trattato di un incidente legato a una casualità o a un momento di disattenzione. Comunque prenderemo una posizione solo dopo la chiusura dell'inchiesta». Fernando Altana che, colpito da un getto di acqua bollente, è ancora ricoverato all'ospedale di Torrette per le ustioni riportate, aveva dichiarato l'altro ieri al Messaggero di sentirsi contrariato dal comportamento dell'Api che tenderebbe a sminuire la portata dell'episodio: «Mi avevano detto che sarebbe partita un'inchiesta - aveva spiegato - della quale però non ho avuto più notizia». Di qui la decisione di andare a fondo. L'inchiesta comunque è stata aperta, ma come sottolinea Fré «ci vuole del tempo prima di trarre delle conclusioni». In ogni caso l'azienda tiene a precisare come gli addetti al della raffineria siano intervenuti immediatamente sul luogo dell'incidente: «Abbiamo applicato subito un bendaggio, intervento apprezzato dagli stessi medici di Torrette che hanno emesso una prognosi di 20 giorni a mero titolo precauzionale, come precisato dagli stessi. Comunque entro la prossima settimana verrà adottato da parte della raffineria un ulteriore protocollo di sicurezza per evitare che incidenti del genere si ripetano».

 
RESTO DEL CARLINO
Montedison, incarico a Bohigas

FALCONARA — Ora è ufficiale. L'architetto spagnolo Oriol Bohigas e i suoi collaboratori dello studio Mbm di Barcellona hanno accettato l'incarico dall'azienda agricola del Poggio, attuale proprietaria del sito ex Montedison e di una parte consistente degli immobili ricadenti nella zona, per la redazione di un progetto urbanistico preliminare finalizzato a determinare le condizioni di bonifica, recupero, riabilitazione e sviluppo di quel territorio. Come è noto, l'operazione sarà svolta sotto la direzione ed il coordinamento dei comuni di Falconara e di Montemarciano, trattandosi di un'area di confine che coinvolge i territori di entrambi i territori. Il progetto preliminare sarà realizzato nel pieno rispetto degli strumenti urbanistici vigenti, nell'ottica di una pianificazione locale che sia in assonanza con le altre azioni politico- amministrative in essere. Il tutto per assicurare all'interno del territorio della Bassa Vallesina uno sviluppo armonico ed omogeneo, frutto di una programmazione integrata e condivisa.

 
CORRIERE ADRIATICO
Montedison, parte il progetto Bohigas

Accordo con Montemarciano e Falconara

Ora è ufficiale. L'architetto spagnolo Oriol Bohigas e i suoi collaboratori dello studio Mbm di Barcellona hanno accettato l'incarico dall'Azienda Agricola del Poggio, attuale proprietaria del sito ex Montedison e di una parte consistente degli immobili ricadenti nell'Apu 3 (Area Progetto Unitario ) per la redazione di un progetto urbanistico preliminare finalizzato a determinare le condizioni di bonifica, recupero, riabilitazione e sviluppo di quel territorio. Come è noto, l'operazione sarà svolta sotto la direzione ed il coordinamento dei Comuni di Falconara e di Montemarciano, trattandosi di un'area di confine che coinvolge i territori di entrambi i Comuni e ciò sulla base del protocollo d'intesa stipulato lo scorso 10 ottobre. Tale documento è stato sottoscritto congiuntamente dal sindaco di Falconara, Giancarlo Carletti , dal sindaco di Montemarciano Gerardo Cingolani e dal rappresentante dell'Azienda Agricola del Poggio, proprietaria del sito ex Montedison per avviare uno studio urbanistico volto alla redazione di progetti finalizzati al riuso delle aree, alla loro riqualificazione nell'ottica di funzioni urbane integrate tra i Comuni di Falconara e di Montemarciano. Il protocollo d'intesa sarà lo strumento mediante il quale tracciare il percorso che dovrà condurre ad un progetto preliminare di assetto urbanistico condiviso che costituirà il punto di riferimento per le successive azioni attuative delle trasformazioni. Il progetto preliminare a cura dell'architetto Bohigas e dei suoi collaboratori dello studio Mbm di Barcellona sarà realizzato nel pieno rispetto degli strumenti urbanistici vigenti

E ora i Verdi studiano la permanenza nell'Ulivo

In Provincia Giancarli cerca di ricucire

di AL. CAM.

La riflessione tocca addirittura la permanenza dei Verdi nell'Ulivo, ma non tanto nella maggioranza allargata che regge la Provincia, quanto addirittura a livello nazionale. "E' una riflessione generale che va fatta complessivamente", annuncia Marco Pecoraro Scanio, assessore comunale e capogruppo provinciale dei Verdi. Anche se Pecoraro previene ogni eventuale dubbio sulla sua permanenza nella giunta comunale. Il fattore scatenante della crisi in Provincia è stata la vicenda Api. E il Comune dorico non ha competenze in materia. "Noi vogliamo essere il valore aggiunto della coalizione - spiega Pecoraro Scanio -, ma questo significa che la coalizione deve volerci e accettarci". E per affrontare la questione nei primi giorni della prossima settimana i Verdi si incontreranno. Anche per fare il punto della situazione all'indomani della fuoriuscita dalla giunta provinciale, voluta dal presidente Enzo Giancarli, dell'assessore dei Verdi Massimo Binci. Pare anche per questioni legate a rapporti personali. Insomma, per Giancarli sarebbe venuto meno il rapporto di fiducia che aveva portato alla nomina di Binci come assessore. Il presidente lavora per ricucire ed è disposto a dare al movimento tutto il tempo necessario a chiarirsi anche al proprio interno. "Sono per ricostruire il rapporto con i Verdi - dice, infatti, Giancarli -. L'attività amministrativa nel frattempo può andare avanti con l'attuale composizione della giunta, non ci sono urgenze". E ricostruire il rapporto con i Verdi, trovando quindi una sostituzione in casa del posto di Massimo Binci, al momento sembra possibile del tutto possibile. "Noi condividiamo il programma elettorale del presidente Giancarli e della maggioranza - precisa infatti Marco Pecoraro Scanio -. C'è stato solo un distinguo su un punto, quello del protocollo d'intesa Api, che non era contemplato sul programma perché non di competenza della Provincia".

 
IL GAZZETTINO
Il Tribunale condanna per la fuga di Cvm

Dall'amministratore delegato di Evc Italia al direttore di stabilimento di Marghera 8 mesi in primo grado

di Nicoletta Benatelli

Mestre - Assolto per non aver commesso il fatto Graziano Vidotto, presidente del consiglio di amministrazione di Evc Italia. Condannati ad otto mesi di reclusione con sospensione della pena gli altri dirigenti: Ernst Bartsch, amministratore delegato di Evc per il cvm; Gregor Stewart, responsabile operativo anche per lo stabilimento di Porto Marghera; Carlo Porcu, direttore stabilimento Evc a Marghera; Lauro Berto, coordinatore sicurezza e ambiente di Evc. Il giudice monocratico Sara Natto ha condannato l'azienda anche al risarcimento dei danni per un ammontare complessivo di 457.500 euro.Ieri pomeriggio non appena è stata pronunciata la sentenza nella sede mestrina del tribunale penale di Venezia, il pubblico ministero Felice Casson non ha potuto trattenere un piccolo cenno di soddisfazione. Il giudice monocratico Sara Natto infatti ha dato ragione all'impianto accusatorio del Pm e ha condannato gli imputati riconoscendoli colpevoli dei reati di disastro colposo e omissione dolosa di cautela. "Non voglio aggiungere nulla a quanto ho affermato anche nella mia requisitoria", si è affrettato a dire il Pm. Ma la sua tesi è stata espressa chiaramente durante tutto il dibattimento: "Gli impianti per la lavorazione del cvm sono vecchi e sono oggetto di scarsa manutenzione, nemmeno il personale è adeguatamente preparato a gestire le emergenze - aveva affermato Casson. - Incidenti come questo sono successi perché i vertici della società hanno consapevolmente trascurato interventi di messa in sicurezza sollecitati anche da vari organi di controllo". "Hanno deciso di produrre a qualsiasi costo senza curarsi nemmeno del fatto che, proprio mentre avveniva l'incidente, si stava celebrando il maxi processo in aula bunker per le morti degli operai addetti al cvm", aveva sottolineato Giampaolo Schiesaro, avvocato dello Stato, parte civile per il Ministero dell'Ambiente. E anche ieri mattina nelle repliche l'avvocato Eugenio Vassallo, parte civile per Comune di Venezia e Regione, aveva puntualizzato: "Chiedo scusa per la rabbia che mi prende da cittadino quando penso ai rischi che si corrono a convivere con un'industria che non investe nella sicurezza, ma da legale non posso non ricordare anche che vi è sempre l'obbligo ad utilizzare la migliore tecnologia disponibile da parte dell'azienda". Per il giudice dunque l'emissione di cvm a seguito della fuga è un disastro colposo dovuto alla omissione delle cautele necessarie per poterlo evitare. Secondo il consulente dell'accusa, Stefano Guerzoni, tracce di diossine e furani sarebbero state riscontrate anche in centro storico a Venezia e nella laguna nord a circa 20 chilometri dagli impianti. Il giudice ha assolto invece per mancanza di prove sulla sussistenza del fatto, Carlo Porcu, Lauro Berto e Domenico Marzano che erano stati accusati di frode processuale per non aver consegnato la documentazione relativa alla parte a monte dell'impianto, così come sollecitato invece dal Pm e dai suoi consulenti. Infine il giudice ha condannato il tecnico Germano Mistron a un'ammenda di 206 euro per il ritardo con cui è stata data comunicazione dell'incidente alle pubbliche autorità. Il risarcimento del danno riconosciuto alle parti civili dal giudice Natto è nello specifico di 250 mila euro per il Ministero dell'Ambiente (avvocato Giampaolo Schiesaro), 40mila euro ciascuno per Comune di Venezia e Regione (avvocato Eugenio Vassallo), 47.500 euro per la Provincia (avvocati Marco Giacomini e Ettore Santin) e di 40mila euro ciascuno per l'associazione Medicina Democratica (avvocato Luigi Scatturin) e il WWF (avvocato Angelo Pozzan). Il risarcimento però potrà essere liquidato solo quando la sentenza sarà passata in giudicato e sempre nel caso che vengano confermate le condanne.

Casson: «Impianto vecchio, superato»

LE REAZIONI Costa: "Siamo tranquilli per il futuro". Da Villa: "Controlli sufficienti". Bettin: "Chiudere". Wwf: "Cambiare"

Mestre - Fuori dall'aula del Tribunale, appena smessa la toga,Felice Casson è il più drastico: "Quello è un reparto vecchio, superato, fuori dalla storia. E adesso puntano addirittura al raddoppio". Una follia che il pm del processo al Petrolchimico, anche nel corso di una conferenza all'Accademia internazionale di scienze ambientali, aveva illustrato nei dettagli con argomenti "tranchant" parlando di danni ambientali e di rischi tutt'ora presenti. Il sindaco di Venezia,Paolo Costatrova nella sentenza una ulteriore conferma della pericolosità della situazione passata. Ma per il presente - secondo Costa - bisogna dire che le industrie di Marghera hanno fatto notevoli passi avanti. Vuol dire che si è arrivati a mettere in atto quelle precauzioni che consentono di parlare di standard di sicurezza adeguati. Un aplomb diplomatico che si spiega con il fatto che in Giunta sono presenti due anime, quella dei Verdi che puntano alla chiusura e quella dei Ds che continuano a sostenere la chimica a Marghera. Del resto, basta sentire quel che dice Gianfranco Bettin secondo il quale questa condanna dimostri in modo inequivocabile che il Petrolchimico e in particolare il ciclo del clorosoda è incompatibile con l'ambiente. E dunque la proposta non può che essere quella della chiusura. Del resto dopo la quarta condanna di seguito che cosa pensa il cittadino, se non che continua a vivere seduto sul bordo di un vulcano che butta in aria tonnellate di veleni? "Gli Enti locali hanno solo poteri di controllo, preventivo e successivo - spiega l'assessore provinciale Ezio Da Villa- Vuol dire che siamo riusciti a far digerire alle aziende che possono produrre solo rispettando certi parametri. Anche in questo caso la segnalazione è partita proprio dalla Provincia. L'Evc ci aveva avvertito di una limitata quantità di cvm emesso dai camini, ma poi sono state le nostre indagini ad accertare che la limitata quantità era superiore alle due tonnellate. Quindi la nostra funzione di controllo è tutt'altro che marginale, soprattutto in un momento come questo in cui si deve accompagnare, senza rischi, la radicale trasformazione che porterà alla chiusura". Ma il concetto è che la chiusura degli impianti la Provincia non la può disporre. "No. La Provincia può solo cercare di fare in modo che da qui alla chiusura degli impianti si proceda senza rischi. Se poi mi si chiede che cosa penso, non come amministratore, che deve rispettare le norme e le leggi, ma come cittadino, allora non posso che dire che spero nella chiusura più rapida possibile". Anche il WWF con Paolo Perlasca coglie l'occasione per chiedere di mutare i cicli produttivi. "E' importante considerare sia la salute umana che il delicatissimo ecosistema lagunare su cui l'area industriale va a incidere, si pensi al traffico di petroliere e chimichiere, al rischio di incidenti o affondamenti, ma anche agli effetti che hanno sul fenomeno dell'Acqua Alta delle bocche di porto scavate per consentire l'ingresso in laguna di questi mastodonti del mare. La sentenza di oggi conferma senza dubbio l'esistenza e la consistenza di danni all'ambiente.

 
BRESCIA OGGI
Nube tossica a Marghera, 4 condanne

PETROLCHIMICO. Nel 1999, dall’impianto fuoriuscirono tre tonnellate di cloruro di vinile monomero

Otto mesi all’amministratore e a tre dirigenti della Evc, assolto il presidente

Venezia. L’amministratore delegato della Evc Italia, Ernest Bartsch, e altri tre dirigenti della società sono stati condannati a otto mesi di reclusione dal giudice monocratico di Venezia Sara Natto; il processo nacque per l’incidente in cui, l’8 giugno 1999, dall’impianto Cvm del Petrolchimico di Porto Marghera fuoriuscirono circa tre tonnellate di cloruro di vinile monomero. Gli altri dirigenti di Evc sono l’ operation manager Gregor Burton Stuart, il direttore dell’impianto veneziano Carlo Porcu e il responsabile sicurezza Lauro Berto. Nei loro confronti il pm Felice Casson aveva chiesto la condanna a un anno e quattro mesi per il reato di omissione dolosa di cautele nei luoghi di lavoro e disastro colposo. È stato invece assolto da questi reati, per non aver commesso il fatto, il presidente della Evc Graziano Vidotto. Il giudice ha inoltre assolto Porcu, Berto e il caporeparto Domenico Marzano dal reato di frode processuale. Infine un settimo imputato, Germano Mistron, che la sera dell’incidente era di turno alla sala di controllo, è stato condannato al pagamento di un’ammenda di 206 euro perché tardò ad avvisare dell’incidente gli organismi di protezione civile. Oltre alle condanne penali, il giudice ha disposto il risarcimento delle parti civili costituitesi nel processo. I quattro dirigenti e la società Evc sono stati condannati a pagare in solido al ministero dell’ambiente 250 mila euro, alla Provincia di Venezia 47 mila 500 euro, alla Regione Veneto, al Comune di Venezia, a Medicina democratica e al Wwf 40 mila euro, oltre alle spese per le costituzioni nel processo. Le motivazioni saranno depositate entro 90 giorni. «L’assoluzione dei nostri manager dall’imputazione di frode processuale rileva la trasparenza con cui la Evc ha sempre operato, offrendo alla magistratura la massima disponibilità e collaborazione». Così la Evc Italia commenta la sentenza, e annuncia che impugnerà la decisione, a tutela non solo dei propri diritti «ma soprattutto della correttezza scientifica e intellettuale che sostiene le attività di Evc nel mondo». Quanto alle condanne per i reati di disastro ambientale ed omissioni di cautele, la società chimica continua ad affermare che «le analisi e le perizie condotte in seguito all’incidente non hanno evidenziato danni o rischi per l’ambiente e la salute».

 
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