MESSAGGERO |
Quattro anni fa il rogo in
raffineria Fiaccole accese per Ettore e Mario
di ROBERTA MACCAGNANI
FALCONARA - Il 25 Agosto,
quattro anni dopo: profonda amarezza nei cittadini all’ombra
dell’Api. Ieri l’anniversario di quel terribile rogo che nel
1999 risvegliò l’intera città dal suo torpore. Un torpore in
cui però, a detta dei comitati cittadini, ora è ripiombata.
Quattro anni fa un incendio scoppiato alle pompe di
distribuzione della benzina dello stabilimento in poco tempo
coinvolse due operai, Ettore Giulian e Mario Gandolfi,
sopraggiunti per controllare la situazione. I due morirono
alcuni giorni dopo in seguito alle ustioni riportate. Ieri
gli operai, in azienda, hanno osservato un minuto di
silenzio in ricordo dei loro colleghi, e in molti
parteciperanno anche alle messe di commemorazione previste
il 29 Agosto e il 1° Settembre. E a quattro anni di distanza
Roberta Giulian, vedova di Ettore, ci confessa al telefono
di aver perdonato. «Non ce l’ho con nessuno, né con
l’azienda né con gli operai. E se c’è stato l’errore da
parte di un lavoratore non posso dire nulla: tutti possono
sbagliare». E come valuta il rinnovo ventennale dato
all’Api? «Sono contenta per gli operai e le famiglie. Non
penso sia fattibile mandar via l’azienda». Non la pensa così
il Comune di Falconara che, invece, ribadisce la necessità
di programmare a lungo termine un futuro diverso. «In questo
momento - spiega Giancarlo Scortichini, assessore
all’ambiente - non possiamo guardare positivamente alle
prospettive. Quella tragedia aveva provocato una riflessione
collettiva sulla convivenza tra l’azienda e la città e si
era aperto un cammino serio su cui Comune, Provincia e
Regione erano concordi come dimostrano anche gli atti fatti,
vedi la dichiarazione di area ad alto rischio e il prg. Oggi
però rimangono ancora due aspetti irrisolti: la sicurezza,
su cui comunque riconosco l’impegno degli operai e dei
sindacati nello stimolare l’azienda a migliorare, e un
diverso modello di sviluppo, alternativo allo stabilimento».
Ma, a questo punto, col rinnovo ventennale all’Api, l’ente
locale non pensa di trasferire i quartieri di Villanova e
Fiumesino altrove? «Sarebbe una brutalità, specialmente per
un quartiere storico come Fiumesino e poi la prospettiva va
invertita: è l’Api che si deve ridimensionare, rispettando
le esigenze della città». Anche il sindaco Carletti
sottolinea questa ricorrenza e ricorda come il Comune si sia
mosso «con tutti gli strumenti giuridicamente leciti per
invitare chi aveva violato le leggi a mettersi a norma, e su
tale versante abbiamo ottenuto risultati più che
significativi». Di tradimento, invece, parla Massimo De
Paolis, esponente del comitato di Fiumesino che ieri sera ha
organizzato una fiaccolata silenziosa per le vie del
quartiere in memoria del terribile incidente di quattro anni
fa. A disposizione 150 fiaccole. Per via della pioggia ci si
è limitati a un breve tragitto per via Fiumesino poi le
fiaccole sono stati sistemate ancora ardenti in un alcuni
contenitori di sabbia. «Tutte le promesse fatte in quei
giorni - dice - sono state tradite col rinnovo della
concessione. Non hanno fatto nulla in questi anni per
risolvere i nostri problemi, ci hanno abbandonato,
peggiorando anche la situazione con la nuova concessione e
il by-pass». Per Loris Calcina, comitato di Villanova, la
situazione è addirittura peggiorata: «Il paradosso è che
invece di risolvere i nostri guai ne hanno aggiunti altri,
vedi il by-pass causato direttamente dalla tragedia. Un
treno, infatti, passò proprio quando scoppiò l’incendio
perché le ferrovie non avevano attivato il blocco
automatico. Quindi da una situazione tremenda da cui forse
si poteva almeno trarre qualche vantaggio per la città ne è
conseguito, invece, un peggioramento». Ma i due comitati
insieme a quello del 25 agosto non demordono. «Continueremo
la nostra lotta - sottolinea Elisa Grifoni del comitato 25
Agosto - in questi anni abbiamo avuto l’appoggio anche
economico di molti cittadini e proseguiremo nel controllo
dell’attività della raffineria».
Fiaccolata per ricordare
il tragico 25 agosto
Ricordato con una fiaccolata,
4 anni dopo, quel tragico 25 Agosto. Ieri rievocato a
Falconara l’anniversario di quel terribile rogo che nel 1999
risvegliò l’intera città con l’odore acre del disastro. Si
contarono poi due morti: gli operai Ettore Giulian e Mario
Gandolfi non sopravvissero alle ustioni riportate. I
colleghi hanno osservato in azienda un minuto di
raccoglimento e parteciperanno anche alle messe di
commemorazione previste per il 29 Agosto e il 1° Settembre.
E a quattro anni di distanza Roberta Giulian, vedova di
Ettore, ci confessa al telefono di aver perdonato. «Non ce
l’ho con nessuno, né con l’azienda nei con gli operai».
COSA ACCADDE QUEL GIORNO
LA CRONISTORIA
Una mattinata di terrore per
Falconara. Più di trentamila cittadini si sono svegliati col
cuore in gola, alle prime luci del mattino, quel 25 agosto
1999. Buttati giù dal letto dal rumore di una deflagrazione
provocata dallo scoppio di un incendio alla raffineria Api:
erano le 5.37. Poco dopo, transitò anche un treno i cui
binari attraversano lo stabilimento. Decine di persone, da
quel momento fin verso le 7 hanno vissuto momenti d'incubo.
L’amministrazione comunale non sapeva se evacuare o meno i
due quartieri della zona (Villanova e Fiumesino), perché non
riusciva ad avere informazioni su quanto accadeva
all’interno dello stabilimento. Due le fasi dell’incidente:
prima la dispersione di benzina da una pompa, in seguito
alla quale si è formata una nube gassosa. Secondo i Vigili
del Fuoco, accorsi anche dall’aeroporto, la dispersione di
prodotto sarebbe stata di circa 10 metri cubi. Le fiamme
hanno investito due dipendenti accorsi sul luogo
dell’incidente, Mario Giulian ed Ettore Gandolfi, deceduti
qualche giorno dopo, si sono poi estese alla sala pompe e
agli impianti di trasferimento del greggio pipe-ways e
pipe-recks. Una colonna di fumo si alzò dalla stabilimento
per, poi, dissolversi nella parte alta della città e verso
l’interno della Vallesina. |
|
RESTO DEL CARLINO |
Chissà se sono stati
FALCONARA — Chissà se sono
stati dimenticati, rimanendo solo nei cuori di chi li ha
perduti, dei familiari che cancellerebbero dal calendario
quel maledetto giorno. Oggi, 25 agosto 2003, ricorre la data
di quel tremendo incidente alla raffineria Api, dove quattro
anni fa persero la vita due operai a seguito delle ustioni
riportate. Due operatori del pronto intervento: Mario
Gandolfi, 54 anni di Montemarciano, e Ettore Giulian, 38
anni originario di Mira (Venezia), ma residente da tempo a
Falconara. I comitati dei quartieri cittadini, Fiumesino,
Villanova e appunto 25 agosto, all'imbrunire di ieri hanno
espresso il dolore per la perdita e l'amarezza per come si
sono evoluti i fatti che hanno portato al rinnovo della
concessione alla raffineria Api, accedendo dei fuochi, delle
fiaccole, restando per strada a parlare, a discutere di
loro, Mario ed Ettore e di quanto, fin da quel maledetto
giorno, hanno sperato in una vita diversa, senza raffineria.
«La nostra vuole essere una manifestazione silenziosa — ha
detto Massimo De Paolis, uno dei componenti del comitato di
Fiumesino — non plateale, ma unicamente volta a ricordare i
due lavoratori e alle preoccupazioni che suscita in noi la
permanenza della raffineria Api. Ci siamo fermati a
discutere facendo un viaggio a ritroso su tutte le
dichiarazioni che i nostri politici hanno fatto nel corso di
questi anni e del brutto epilogo che ha avuto tutta questa
faccenda». Il cattivo tempo ha minacciato i manifestanti fin
dal primo pomeriggio, ma ugualmente e imperterriti hanno
provato a contrastare anche quella pioggia che continuava a
scendere senza tregua. «Il nostro ricordo — ha continuato De
Paolis — va fino alla dichiarazione di area ad alto rischio,
di incompatibilità ambientale dell'industria petrolifera,
fino a raggiungere il rinnovo ventennale appena concesso.
Tutti, sindaco, Amagliani e D'Ambrosio, avevano speso parole
di preoccupazione, ma non hanno fatto molto per non
peggiorare la situazione. Si era parlato di delocalizzazione
dei quartieri e invece niente». Le funzioni religiose in
suffragio di Mario Gandolfi si terrà venerdì a Montemarciano,
mentre quella di Ettore Giulian, lunedì primo settembre alla
parrocchia S.Antonio di Falconara. Maria Gloria Frattagli
«Violate le normative
ambientali in spregio all'inalienabile diritto alla salute»
FALCONARA — Come ogni anno
anche il sindaco Carletti ricorda il tragico avvenimento,
una data che, per quanto riguarda l'amministrazione
comunale, «ha segnato la svolta, a cominciare dalla politica
di programmazione, diversa del territorio partendo dall'area
in cui sorge la raffineria». La tutela della legalità
ambientale è stato uno dei temi cardine che abbiamo
affrontato fin da subito con grande energia e consapevolezza
del nostro ruolo sul territorio. Abbiamo sempre agito nel
pieno rispetto di tutti battendoci con grande forza affinché
le linee di condotta e i comportamenti di tutti fossero
orientati entro i binari della legalità. Ci siamo accorti
che in alcune situazioni, certe normative e certe
disposizioni di legge in materia ambientale erano state
apertamente violate in spregio all'inalienabile diritto alla
salute, al territorio ed ai cittadini che lo abitano. Per
questo ci siamo mossi con tutti gli strumenti giuridicamente
leciti a nostra disposizione per invitare chi aveva violato
le leggi a mettersi a norma ed in tale versante, abbiamo
ottenuto risultati più che significativi.Quel tragico evento
ha dato una scossa, è stato la molla scatenante di un
qualcosa di nuovo di cui si stanno raccogliendo i primi
frutti e che vede l'amministrazione comunale combattere una
battaglia dura ed estenuante basata su principi guida nei
quali non ha mai smesso di credere. E' proprio in funzione
di ciò che abbiamo provveduto ad un ripensamento del
territorio che nell'area occupata dalla raffineria Api
prevede altri modelli di sviluppo tali da incidere nei
processi di crescita dell'economia preservando qualunque
forma di ecocompatibilità ambientale.
|
|
CORRIERE ADRIATICO |
Una fiaccola per ricordare il
rogo
"Ci sentiamo delusi e traditi
per il rinnovo della concessione". E il Comune non dimentica
Manifestazione dei comitati
cittadini in memoria dell'incendio del '99
FALCONARA - La pioggia non ha
fermato la manifestazione di comitati Villanova e Fiumesino,
che hanno voluto ricordare il rogo all'Api che il 25 agosto
del '99 ha gettato nell'incubo Falconara. Fiaccole accese
per non dimenticare quella tragica alba che spezzò la vita
dei due operai Mario Gandolfi e Ettore Giulian. I comitati
sono tornati con la memoria a quel terribile giorno, alle
prese di posizione unanimi sull'incompatibilità della
raffineria con la città. E a quattro anni di distanza, i
cittadini si dicono "amareggiati, delusi, e traditi dalle
istituzioni" che nelle settimane scorse hanno concesso il
rinnovo della concessione all'Api. Accanto ai portavoce
Loris Calcina e Franco Budini c'era il componente direttivo
nazionale del Wwf Andrea Dignani. Il pauroso incendio del
'99 viene ricordato anche dal Comune. "Una data - dice una
nota - che ha segnato una svolta a cominciare dalla politica
di programmazione diversa del territorio", a partire
"proprio dall'area in cui sorge la raffineria, una
programmazione diversa di crescita e di sviluppo del
territorio, le cui coordinate sono state tracciate negli
strumenti urbanistici". Quel tragico evento, sottolinea il
sindaco Carletti, "è stato la molla scatenante" di un
ripensamento del territorio "che nell'area occupata dall'Api
prevede altri modelli di sviluppo tali da incidere nei
processi di crescita dell'economia preservando qualunque
forma di ecocompatibilità ambientale". |
|
IL MANIFESTO |
La Exxon non pagherà per il
disastro in Alaska
La multinazionale doveva
risarcire 4 miliardi di dollari per l'incidente alla
petroliera Exxon Valdez, nel 1989. Ma un tribunale Usa
ordina di «rivedere» la sentenza. Così una delle più gravi
catastrofi ecologiche della storia rischia di rimanere
impunita
di FRANCO PANTARELLI
NEW YORK - Quello appena
trascorso è stato un week-end di festa per la Exxon Mobil.
Proprio mentre si stava avvicinando in modo inesorabile il
momento in cui bisognava pagare il risarcimento di 4
miliardi di dollari per il disastro causato nella laguna
Prince William in Alaska, la Corte d'Appello ha bloccato la
procedura e ha ordinato al giudice che quella multa l'aveva
decisa, Russell Holland del tribunale federale di Anchorage,
di «riconsiderare» l'entità di quella punizione. Non è detto
che la Exxon Mobil riesca a evitare il pagamento, ma questa
decisione le consente di guadagnare ancora dell'altro tempo,
come del resto fanno da oltre 14 anni i suoi avvocati,
sfruttando tutte le pieghe possibili della legge per
presentare i ricorsi e controricorsi. Un intervento simile
la Corte d'Appello lo aveva già compiuto un anno fa. I
cinque miliardi di dollari stabiliti inizialmente dal
giudice Holland, avevano detto i suoi membri, sono troppi, e
lui aveva accettato di fare uno «sconto» di un miliardo. Ora
però non si tratta più di una «trattativa» fra due gradi del
tribunale ma di un invito a tenere conto di una recente
sentenza della Corte Suprema secondo cui bisogna cercare di
limitare i risarcimenti «eccessivi». Il concetto di quel
termine è vago e le «posizioni» delle due parti sono tanto
abissali da non consentire un compromesso: secondo la Exxon
Mobil, infatti, un risarcimento «equo» per ciò che ha
combinato dovrebbe essere di soli 25 milioni di dollari. Ma
l'obiettivo della compagnia, si diceva, non è quello di
pagare «davvero» così poco, bensì quello di tirare le cose
il più a lungo possibile. Ora, il territorio legale aperto
da quella sentenza della Corte Suprema consentirà ai suoi
avvocati di sbizzarrirsi ancora di più con i loro cavilli.
Il disastro in questione è considerato il più grave mai
accaduto, non tanto per la sua vastità quanto per le sue
conseguenze, legate al «dove» si è verificato, e cioè in una
delle più preziose fra le poche macchie di natura
incontaminata rimaste al mondo, appunto la laguna Prince
William. Il 24 marzo del 1989 la petroliera Exxon Valdez
urtò contro uno scoglio, in una sua fiancata si aprì uno
squarcio e una valanga interminabile di petrolio, 41 milioni
di litri, si riversò nell'acqua. Morirono 250.000 uccelli
marini, 2.800 foche, 250 aquile calve, 22 balene e un numero
di salmoni e altri pesci che non è mai stato possibile
contare. E alla tragedia ecologica si aggiunse quella degli
indiani Chugach, che su quell'equilibrio avevano basato per
un tempo immemorabile la loro esistenza. Ed è proprio qui,
nell'esistenza di quella nazione indiana, che le colpe della
Exxon Mobil venero fuori tutte intere. Il suo diritto di
sfruttare i giacimenti petroliferi a Nord della laguna
Prince Willam, infatti, la compagnia lo aveva ottenuto
proprio dai Chugach, che evidentemente non erano riusciti a
resistere alle sue «pressioni» ma avevano comunque ottenuto
un accordo estremamente rigido che sembrava garantire loro
la salvaguardia del loro way of life, oltre a mettere
l'equilibrio naturale al riparo da possibili disastri.
Non vogliamo soldi, avevano infatti detto i Chugach agli
emissari della Exxon Mobil. La vostra sete di petrolio
potete sfogarla quanto volete, a patto che ci garantiate la
continuazione della nostra vita, che voleva dire ricche
acque da pescare, una intensa presenza di animali da
cacciare e così via. Affare fatto, rispose la compagnia, e
per dimostrare la «sincerità» dei propri intenti accettò di
porre la lunga lista di cose «da fare e da non fare»
preparata dai Chugach nella legge federale che doveva
autorizzare lo sfruttamento dei giacimenti petroliferi.
Così - era il 1971 - l'accordo fu fatto, i suoi termini
diventarono legge federale e la Exxon Mobil cominciò le sue
trivellazioni dopo aver pagato ai Chugach la somma simbolica
di un dollaro. Ma anche quell'accordo era destinato alla
stessa fine dei circa 400 trattati solennemente firmati con
gli indiani d'America e subito disattesi. Quel giorno del
1989, l'urto contro lo scoglio non avvenne perché il
capitano della Exxon Valdez, Joseph Hazelwood, era ubriaco
(come la compagnia sostenne a lungo per rifugiarsi
nell'«errore umano»), ma perché la nave era priva di radar.
Si era rotto quasi un anno prima e la compagnia aveva
trovato troppo costoso ripararlo. Il dovere di mantenere il
radar «in perfetta efficienza» faceva parte della lista di
impegni assunti con i Chugach e diventati legge federale. La
Exxon Mobil l'ha violata ed è per questo che dovrà pagare,
quando i suoi avvocati avranno esaurito tutti i cavilli.
|
|
|