RASSEGNA STAMPA 26.08.2003

 

MESSAGGERO
Quattro anni fa il rogo in raffineria Fiaccole accese per Ettore e Mario

di ROBERTA MACCAGNANI

FALCONARA - Il 25 Agosto, quattro anni dopo: profonda amarezza nei cittadini all’ombra dell’Api. Ieri l’anniversario di quel terribile rogo che nel 1999 risvegliò l’intera città dal suo torpore. Un torpore in cui però, a detta dei comitati cittadini, ora è ripiombata. Quattro anni fa un incendio scoppiato alle pompe di distribuzione della benzina dello stabilimento in poco tempo coinvolse due operai, Ettore Giulian e Mario Gandolfi, sopraggiunti per controllare la situazione. I due morirono alcuni giorni dopo in seguito alle ustioni riportate. Ieri gli operai, in azienda, hanno osservato un minuto di silenzio in ricordo dei loro colleghi, e in molti parteciperanno anche alle messe di commemorazione previste il 29 Agosto e il 1° Settembre. E a quattro anni di distanza Roberta Giulian, vedova di Ettore, ci confessa al telefono di aver perdonato. «Non ce l’ho con nessuno, né con l’azienda né con gli operai. E se c’è stato l’errore da parte di un lavoratore non posso dire nulla: tutti possono sbagliare». E come valuta il rinnovo ventennale dato all’Api? «Sono contenta per gli operai e le famiglie. Non penso sia fattibile mandar via l’azienda». Non la pensa così il Comune di Falconara che, invece, ribadisce la necessità di programmare a lungo termine un futuro diverso. «In questo momento - spiega Giancarlo Scortichini, assessore all’ambiente - non possiamo guardare positivamente alle prospettive. Quella tragedia aveva provocato una riflessione collettiva sulla convivenza tra l’azienda e la città e si era aperto un cammino serio su cui Comune, Provincia e Regione erano concordi come dimostrano anche gli atti fatti, vedi la dichiarazione di area ad alto rischio e il prg. Oggi però rimangono ancora due aspetti irrisolti: la sicurezza, su cui comunque riconosco l’impegno degli operai e dei sindacati nello stimolare l’azienda a migliorare, e un diverso modello di sviluppo, alternativo allo stabilimento». Ma, a questo punto, col rinnovo ventennale all’Api, l’ente locale non pensa di trasferire i quartieri di Villanova e Fiumesino altrove? «Sarebbe una brutalità, specialmente per un quartiere storico come Fiumesino e poi la prospettiva va invertita: è l’Api che si deve ridimensionare, rispettando le esigenze della città». Anche il sindaco Carletti sottolinea questa ricorrenza e ricorda come il Comune si sia mosso «con tutti gli strumenti giuridicamente leciti per invitare chi aveva violato le leggi a mettersi a norma, e su tale versante abbiamo ottenuto risultati più che significativi». Di tradimento, invece, parla Massimo De Paolis, esponente del comitato di Fiumesino che ieri sera ha organizzato una fiaccolata silenziosa per le vie del quartiere in memoria del terribile incidente di quattro anni fa. A disposizione 150 fiaccole. Per via della pioggia ci si è limitati a un breve tragitto per via Fiumesino poi le fiaccole sono stati sistemate ancora ardenti in un alcuni contenitori di sabbia. «Tutte le promesse fatte in quei giorni - dice - sono state tradite col rinnovo della concessione. Non hanno fatto nulla in questi anni per risolvere i nostri problemi, ci hanno abbandonato, peggiorando anche la situazione con la nuova concessione e il by-pass». Per Loris Calcina, comitato di Villanova, la situazione è addirittura peggiorata: «Il paradosso è che invece di risolvere i nostri guai ne hanno aggiunti altri, vedi il by-pass causato direttamente dalla tragedia. Un treno, infatti, passò proprio quando scoppiò l’incendio perché le ferrovie non avevano attivato il blocco automatico. Quindi da una situazione tremenda da cui forse si poteva almeno trarre qualche vantaggio per la città ne è conseguito, invece, un peggioramento». Ma i due comitati insieme a quello del 25 agosto non demordono. «Continueremo la nostra lotta - sottolinea Elisa Grifoni del comitato 25 Agosto - in questi anni abbiamo avuto l’appoggio anche economico di molti cittadini e proseguiremo nel controllo dell’attività della raffineria».

Fiaccolata per ricordare il tragico 25 agosto

Ricordato con una fiaccolata, 4 anni dopo, quel tragico 25 Agosto. Ieri rievocato a Falconara l’anniversario di quel terribile rogo che nel 1999 risvegliò l’intera città con l’odore acre del disastro. Si contarono poi due morti: gli operai Ettore Giulian e Mario Gandolfi non sopravvissero alle ustioni riportate. I colleghi hanno osservato in azienda un minuto di raccoglimento e parteciperanno anche alle messe di commemorazione previste per il 29 Agosto e il 1° Settembre. E a quattro anni di distanza Roberta Giulian, vedova di Ettore, ci confessa al telefono di aver perdonato. «Non ce l’ho con nessuno, né con l’azienda nei con gli operai».

COSA ACCADDE QUEL GIORNO

LA CRONISTORIA

Una mattinata di terrore per Falconara. Più di trentamila cittadini si sono svegliati col cuore in gola, alle prime luci del mattino, quel 25 agosto 1999. Buttati giù dal letto dal rumore di una deflagrazione provocata dallo scoppio di un incendio alla raffineria Api: erano le 5.37. Poco dopo, transitò anche un treno i cui binari attraversano lo stabilimento. Decine di persone, da quel momento fin verso le 7 hanno vissuto momenti d'incubo. L’amministrazione comunale non sapeva se evacuare o meno i due quartieri della zona (Villanova e Fiumesino), perché non riusciva ad avere informazioni su quanto accadeva all’interno dello stabilimento. Due le fasi dell’incidente: prima la dispersione di benzina da una pompa, in seguito alla quale si è formata una nube gassosa. Secondo i Vigili del Fuoco, accorsi anche dall’aeroporto, la dispersione di prodotto sarebbe stata di circa 10 metri cubi. Le fiamme hanno investito due dipendenti accorsi sul luogo dell’incidente, Mario Giulian ed Ettore Gandolfi, deceduti qualche giorno dopo, si sono poi estese alla sala pompe e agli impianti di trasferimento del greggio pipe-ways e pipe-recks. Una colonna di fumo si alzò dalla stabilimento per, poi, dissolversi nella parte alta della città e verso l’interno della Vallesina.

 
RESTO DEL CARLINO
Chissà se sono stati

FALCONARA — Chissà se sono stati dimenticati, rimanendo solo nei cuori di chi li ha perduti, dei familiari che cancellerebbero dal calendario quel maledetto giorno. Oggi, 25 agosto 2003, ricorre la data di quel tremendo incidente alla raffineria Api, dove quattro anni fa persero la vita due operai a seguito delle ustioni riportate. Due operatori del pronto intervento: Mario Gandolfi, 54 anni di Montemarciano, e Ettore Giulian, 38 anni originario di Mira (Venezia), ma residente da tempo a Falconara. I comitati dei quartieri cittadini, Fiumesino, Villanova e appunto 25 agosto, all'imbrunire di ieri hanno espresso il dolore per la perdita e l'amarezza per come si sono evoluti i fatti che hanno portato al rinnovo della concessione alla raffineria Api, accedendo dei fuochi, delle fiaccole, restando per strada a parlare, a discutere di loro, Mario ed Ettore e di quanto, fin da quel maledetto giorno, hanno sperato in una vita diversa, senza raffineria. «La nostra vuole essere una manifestazione silenziosa — ha detto Massimo De Paolis, uno dei componenti del comitato di Fiumesino — non plateale, ma unicamente volta a ricordare i due lavoratori e alle preoccupazioni che suscita in noi la permanenza della raffineria Api. Ci siamo fermati a discutere facendo un viaggio a ritroso su tutte le dichiarazioni che i nostri politici hanno fatto nel corso di questi anni e del brutto epilogo che ha avuto tutta questa faccenda». Il cattivo tempo ha minacciato i manifestanti fin dal primo pomeriggio, ma ugualmente e imperterriti hanno provato a contrastare anche quella pioggia che continuava a scendere senza tregua. «Il nostro ricordo — ha continuato De Paolis — va fino alla dichiarazione di area ad alto rischio, di incompatibilità ambientale dell'industria petrolifera, fino a raggiungere il rinnovo ventennale appena concesso. Tutti, sindaco, Amagliani e D'Ambrosio, avevano speso parole di preoccupazione, ma non hanno fatto molto per non peggiorare la situazione. Si era parlato di delocalizzazione dei quartieri e invece niente». Le funzioni religiose in suffragio di Mario Gandolfi si terrà venerdì a Montemarciano, mentre quella di Ettore Giulian, lunedì primo settembre alla parrocchia S.Antonio di Falconara. Maria Gloria Frattagli

«Violate le normative ambientali in spregio all'inalienabile diritto alla salute»

FALCONARA — Come ogni anno anche il sindaco Carletti ricorda il tragico avvenimento, una data che, per quanto riguarda l'amministrazione comunale, «ha segnato la svolta, a cominciare dalla politica di programmazione, diversa del territorio partendo dall'area in cui sorge la raffineria». La tutela della legalità ambientale è stato uno dei temi cardine che abbiamo affrontato fin da subito con grande energia e consapevolezza del nostro ruolo sul territorio. Abbiamo sempre agito nel pieno rispetto di tutti battendoci con grande forza affinché le linee di condotta e i comportamenti di tutti fossero orientati entro i binari della legalità. Ci siamo accorti che in alcune situazioni, certe normative e certe disposizioni di legge in materia ambientale erano state apertamente violate in spregio all'inalienabile diritto alla salute, al territorio ed ai cittadini che lo abitano. Per questo ci siamo mossi con tutti gli strumenti giuridicamente leciti a nostra disposizione per invitare chi aveva violato le leggi a mettersi a norma ed in tale versante, abbiamo ottenuto risultati più che significativi.Quel tragico evento ha dato una scossa, è stato la molla scatenante di un qualcosa di nuovo di cui si stanno raccogliendo i primi frutti e che vede l'amministrazione comunale combattere una battaglia dura ed estenuante basata su principi guida nei quali non ha mai smesso di credere. E' proprio in funzione di ciò che abbiamo provveduto ad un ripensamento del territorio che nell'area occupata dalla raffineria Api prevede altri modelli di sviluppo tali da incidere nei processi di crescita dell'economia preservando qualunque forma di ecocompatibilità ambientale.

 
CORRIERE ADRIATICO
Una fiaccola per ricordare il rogo

"Ci sentiamo delusi e traditi per il rinnovo della concessione". E il Comune non dimentica

Manifestazione dei comitati cittadini in memoria dell'incendio del '99

FALCONARA - La pioggia non ha fermato la manifestazione di comitati Villanova e Fiumesino, che hanno voluto ricordare il rogo all'Api che il 25 agosto del '99 ha gettato nell'incubo Falconara. Fiaccole accese per non dimenticare quella tragica alba che spezzò la vita dei due operai Mario Gandolfi e Ettore Giulian. I comitati sono tornati con la memoria a quel terribile giorno, alle prese di posizione unanimi sull'incompatibilità della raffineria con la città. E a quattro anni di distanza, i cittadini si dicono "amareggiati, delusi, e traditi dalle istituzioni" che nelle settimane scorse hanno concesso il rinnovo della concessione all'Api. Accanto ai portavoce Loris Calcina e Franco Budini c'era il componente direttivo nazionale del Wwf Andrea Dignani. Il pauroso incendio del '99 viene ricordato anche dal Comune. "Una data - dice una nota - che ha segnato una svolta a cominciare dalla politica di programmazione diversa del territorio", a partire "proprio dall'area in cui sorge la raffineria, una programmazione diversa di crescita e di sviluppo del territorio, le cui coordinate sono state tracciate negli strumenti urbanistici". Quel tragico evento, sottolinea il sindaco Carletti, "è stato la molla scatenante" di un ripensamento del territorio "che nell'area occupata dall'Api prevede altri modelli di sviluppo tali da incidere nei processi di crescita dell'economia preservando qualunque forma di ecocompatibilità ambientale".

 
IL MANIFESTO
La Exxon non pagherà per il disastro in Alaska

La multinazionale doveva risarcire 4 miliardi di dollari per l'incidente alla petroliera Exxon Valdez, nel 1989. Ma un tribunale Usa ordina di «rivedere» la sentenza. Così una delle più gravi catastrofi ecologiche della storia rischia di rimanere impunita

di FRANCO PANTARELLI

NEW YORK - Quello appena trascorso è stato un week-end di festa per la Exxon Mobil. Proprio mentre si stava avvicinando in modo inesorabile il momento in cui bisognava pagare il risarcimento di 4 miliardi di dollari per il disastro causato nella laguna Prince William in Alaska, la Corte d'Appello ha bloccato la procedura e ha ordinato al giudice che quella multa l'aveva decisa, Russell Holland del tribunale federale di Anchorage, di «riconsiderare» l'entità di quella punizione. Non è detto che la Exxon Mobil riesca a evitare il pagamento, ma questa decisione le consente di guadagnare ancora dell'altro tempo, come del resto fanno da oltre 14 anni i suoi avvocati, sfruttando tutte le pieghe possibili della legge per presentare i ricorsi e controricorsi. Un intervento simile la Corte d'Appello lo aveva già compiuto un anno fa. I cinque miliardi di dollari stabiliti inizialmente dal giudice Holland, avevano detto i suoi membri, sono troppi, e lui aveva accettato di fare uno «sconto» di un miliardo. Ora però non si tratta più di una «trattativa» fra due gradi del tribunale ma di un invito a tenere conto di una recente sentenza della Corte Suprema secondo cui bisogna cercare di limitare i risarcimenti «eccessivi». Il concetto di quel termine è vago e le «posizioni» delle due parti sono tanto abissali da non consentire un compromesso: secondo la Exxon Mobil, infatti, un risarcimento «equo» per ciò che ha combinato dovrebbe essere di soli 25 milioni di dollari. Ma l'obiettivo della compagnia, si diceva, non è quello di pagare «davvero» così poco, bensì quello di tirare le cose il più a lungo possibile. Ora, il territorio legale aperto da quella sentenza della Corte Suprema consentirà ai suoi avvocati di sbizzarrirsi ancora di più con i loro cavilli. Il disastro in questione è considerato il più grave mai accaduto, non tanto per la sua vastità quanto per le sue conseguenze, legate al «dove» si è verificato, e cioè in una delle più preziose fra le poche macchie di natura incontaminata rimaste al mondo, appunto la laguna Prince William. Il 24 marzo del 1989 la petroliera Exxon Valdez urtò contro uno scoglio, in una sua fiancata si aprì uno squarcio e una valanga interminabile di petrolio, 41 milioni di litri, si riversò nell'acqua. Morirono 250.000 uccelli marini, 2.800 foche, 250 aquile calve, 22 balene e un numero di salmoni e altri pesci che non è mai stato possibile contare. E alla tragedia ecologica si aggiunse quella degli indiani Chugach, che su quell'equilibrio avevano basato per un tempo immemorabile la loro esistenza. Ed è proprio qui, nell'esistenza di quella nazione indiana, che le colpe della Exxon Mobil venero fuori tutte intere. Il suo diritto di sfruttare i giacimenti petroliferi a Nord della laguna Prince Willam, infatti, la compagnia lo aveva ottenuto proprio dai Chugach, che evidentemente non erano riusciti a resistere alle sue «pressioni» ma avevano comunque ottenuto un accordo estremamente rigido che sembrava garantire loro la salvaguardia del loro way of life, oltre a mettere l'equilibrio naturale al riparo da possibili disastri.
Non vogliamo soldi, avevano infatti detto i Chugach agli emissari della Exxon Mobil. La vostra sete di petrolio potete sfogarla quanto volete, a patto che ci garantiate la continuazione della nostra vita, che voleva dire ricche acque da pescare, una intensa presenza di animali da cacciare e così via. Affare fatto, rispose la compagnia, e per dimostrare la «sincerità» dei propri intenti accettò di porre la lunga lista di cose «da fare e da non fare» preparata dai Chugach nella legge federale che doveva autorizzare lo sfruttamento dei giacimenti petroliferi.
Così - era il 1971 - l'accordo fu fatto, i suoi termini diventarono legge federale e la Exxon Mobil cominciò le sue trivellazioni dopo aver pagato ai Chugach la somma simbolica di un dollaro. Ma anche quell'accordo era destinato alla stessa fine dei circa 400 trattati solennemente firmati con gli indiani d'America e subito disattesi. Quel giorno del 1989, l'urto contro lo scoglio non avvenne perché il capitano della Exxon Valdez, Joseph Hazelwood, era ubriaco (come la compagnia sostenne a lungo per rifugiarsi nell'«errore umano»), ma perché la nave era priva di radar. Si era rotto quasi un anno prima e la compagnia aveva trovato troppo costoso ripararlo. Il dovere di mantenere il radar «in perfetta efficienza» faceva parte della lista di impegni assunti con i Chugach e diventati legge federale. La Exxon Mobil l'ha violata ed è per questo che dovrà pagare, quando i suoi avvocati avranno esaurito tutti i cavilli.

 
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