MESSAGGERO |
Fiamme nella “spiaggia dei
veleni ”
L’allarme è scattato alle 4.
Forse il rogo è doloso. Liberate nell’aria particelle di
amianto, sul posto anche i tecnici dell’Arpam
Incendio nella notte in un
capannone dell’ex Montedison: tetto crollato, mura
pericolanti
FALCONARA Per l’area ex
Montedison non c’è pace. Messa sotto sequestro, al centro di
un’indagine per un disastro ambientale, fulcro di un
polemico dibattito per la sua destinazione - almeno nei
piani - a centro di espansione turistico-commerciale, adesso
è pure teatro delle “bravate” dei piromani. Un incendio è
infatti scoppiato la scorsa notte in un capannone dello
stabilimento, dismesso ormai da molti anni. L’allarme è
scattato verso le 4. I vigili del fuoco hanno impiegato
quattro ore per mettere in sicurezza la zona. Il rogo ha
fatto crollare il tetto in legno della struttura. Il crollo,
che non ha provocato feriti, ha interessato un'area di circa
200 metri quadri. L'area ex Montedison include una serie di
edifici, a tutt'oggi sotto sequestro, che un tempo erano
adibiti a stabilimento chimico. Attività che ha provocato un
grave inquinamento della zona, fino a una profondità di
oltre dieci metri, da sostanze tossiche come arsenico,
mercurio, piombo, rame e zinco. Cosa ha provocato
l’incendio? Secondo i tecnici, un’ipotesi potrebbe essere
quella di un corto circuito. Gli stabili sono abbandonati e
svuotati di ogni attrezzatura, ma, sempre secondo gli
esperti, ci sono ancora circuiti elettrici che potrebbero
andare in tilt. Altra ipotesi è quella del “piromane
accidentale”: la struttura è infatti ricovero di
extracomunatari e sbandati (oltre che di prostitute) e forse
qualcuno ha acceso un fuoco per scaldarsi qualcosa da
mangiare, fuoco che poi si è esteso alla struttura. Resta
poi in piedi ovviamente anche l’ipotesi di un piromane vero
e proprio che avrebbe volutamente appiccato il rogo. Le
indagini sono ovviamente in corso. L'incendio tra l’altro ha
provocato l'interruzione della linea ferroviaria adriatica
per una mezz'ora circa, fra le 4 e le 5. Le fiamme che hanno
fatto crollare il tetto hanno anche reso precario
l'equilibrio statico delle mura del capannone. Sul posto
hanno operato i vigili del fuoco di Ancona, polizia e
carabinieri, nonché tecnici dell'Agenzia regionale per
l'ambiente. La presenza degli esperti dell’Arpam si spiega
anche col fatto che nella realizzazione della struttura è
stato utilizzato l’amianto. L’incendio potrebbe aver
liberato particelle del pericoloso materiale. Sempre la
stessa zona è stata interessata, ieri, da uno sversamento di
liquido detersivo mischiato ad alcol e ammoniaca fuoriuscito
da due fusti stoccati in una fabbrica di detersivi
industriali, anche in questo caso non più in funzione da
tempo. |
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RESTO DEL CARLINO |
Rogo devasta magazzino
Bloccata la linea ferroviaria
di Andrea Massaro
FALCONARA — Cenere e fumo su
quel che resta dell'ex Montedison, lo stabilimento chimico
ormai dismesso da tanti anni e che sorge al confine tra i
Comuni di Falconara e Montemarciano. Non basta lo scempio
quotidiano che si è costretti a sopportare nel vedere la
struttura. Adesso ad impensierire un po' tutti ci sono anche
le conseguenze di un incendio, quasi sicuramente di natura
dolosa, che è divampato domenica mattina attorno alle 4.30
all'interno di uno dei magazzini dell'ex complesso
industriale. Gli esperti dell'Arpam e i tecnici dei vigili
del fuoco che sono intervenuti sul posto, al momento non
sono in grado di stabilire se dal fuoco che ha distrutto un
capannone di circa 200 metri quadri possano derivare
problemi di inquinamento ambientale. Lo stato di salute
dell'ex Montedison è noto a tutti: l'intera area,
sequestrata ancor prima del fuoco dell'altra notte, è
inquinata in ogni suo punto, fin nelle profondità del
terreno. Ci sono montagne di perizie che attestano anche
gravi risvolti ambientali in prossimità della spiaggia che
si estende sul retro dello stabilimento. Sulle cause
dell'incendio, domato dalle squadre dei vigili del fuoco di
Ancona dopo almeno tre ore di intenso lavoro, stanno
tentando di far chiarezza i carabinieri. Nonostante i
sigilli, la zona è ormai da tempo la meta preferita di
sbandati, tossicodipendenti, senza tetto. Più volte le forze
dell'ordine hanno eseguito blitz all'interno dell'ex
Montedison, facendo venire alla luce veri e propri rifugi
allestiti da poveri disgraziati che si arrangiano a vivere
tra cumuli di sporcizia. E' probabile che il fuoco sia
partito proprio dalla mano di una di queste persone. Le
fiamme hanno aggredito cataste di legno e di rifiuti e in
men che non si dica si sono allargate alle strutture
portanti di quello che un tempo era uno dei magazzini dello
stabilimento. Essendo il legno facilmente infiammabile, è
andato tutto in cenere. Compreso il tetto che è crollato
sotto i colpi furiosi delle lingue di fuoco che hanno
alimentato e prodotto in zona una densa coltre di fumo nero
che ha costretto all'interruzione della linea ferroviaria
dalle 4.50 alle 5.10 del mattino. L'intera area è stata
posta sotto sequestro. La struttura è una situazione di
equilibrio precario. Sarà adeguatamente recintata e verranno
affissi cartelli di pericolo crollo. Grande la
preoccupazione tra i residenti e i turisti che sono stati
svegliati dal frastuono dei mezzi di soccorso e
dall'insopportabile puzzo di bruciato.
La «Goletta Verde» approda
in città
ANCONA — La «Goletta Verde»
di Legambiente sbarcherà oggi al porto di Ancona,
nell'ambito della campagna di analisi e informazione per la
tutela del mare e delle coste italiane promossa nelle Marche
in collaborazione con l'Arpam (Agenzia regionale per la
protezione ambientale delle Marche), per salpare mercoledì 6
agosto. L'imbarcazione ambientalista, spiega Legambiente,
ormeggerà al porto turistico di Marina Dorica per monitorare
le acque, denunciare gli abusi a coste e mare, e per
promuovere, infine, parchi costieri e aree marine protette.
«Lo storico veliero — dicono da Legambiente — risalendo
l'Adriatico effettuerà in diversi punti prelievi e analisi
microbiologiche per una sorta di 'istantanea' alla qualità
delle acque di balneazione. I risultati del check-up saranno
resi noti nel corso di una conferenza stampa in programma
mercoledì 6 agosto, prevista a bordo dell'imbarcazione
ambientalista». Si tornerà a focalizzare l'attenzione
sull'istituzione del Parco Marino del Conero: martedì 5
agosto, infatti, a bordo di «Goletta Verde» è in programma
un incontro dibattito sul tema «Il Parco Marino del Conero:
elemento di conservazione ambientale e valorizzazione
turistica per la riviera marchigiana». Previsti anche due
appuntamenti serali che saranno ospitati il oggi e domani
nel cartellone di «Belvedere Estate» la rassegna organizzata
dall'Arci al Parco di Posatora. Domani sera lo staff della
Goletta Verde sarà presente anche al Parco del Cardeto
nell'ambito della manifestazioni del «Vecchio Faro».
Posizione morbida dei
Verdi sulla vicenda Api
Favilla: «Speriamo che non
sia solo tattica»
di Fabrizio Ilacqua
CHIARAVALLE — Nel Consiglio
comunale di venerdì 25 luglio, il Prc ha presentato un odg,
votato dalla maggioranza con la sola astensione del
consigliere dei Verdi Paolo Michieluzzi, in cui si chiede
all'amministrazione di Chiaravalle di prendere parte attiva
al processo che vede coinvolti i comuni della bassa
vallesina nel processo che dovrebbe, nel corso degli anni,
riconvertire l'Api da raffineria petrolifera in un polo
produttore di energia. «Siamo contenti — commenta Franco
Favilla, capogruppo Prc in consiglio — che la giunta Montali
abbia votato il nostro odg e registriamo con favore la
sensibilità dell'amministrazione su una questione così
delicata. Anche l'atteggiamento dei Verdi, qui a
Chiaravalle, con l'astensione di Michieluzzi è stato
positivo. L'atteggiamento del gruppo dei Verdi va valutato
positivamente visto che, sulla stessa problematica, in
Regione, hanno deciso di uscire dalla maggioranza. Qui, i
Verdi hanno invece deciso di porsi dialetticamente nel
percorso tracciato tramite la stipula dell'accordo fra
Regione ed Api». Favilla pone però, anche un'altra
riflessione. «Non vorremmo — continua — che l'atteggiamento
dei Verdi, una componente importante del centro sinistra sia
soltanto tattico, dovuto cioè, alla diversa collocazione nel
contesto politico, in quanto qui in città, hanno un incarico
di Giunta che in Regione non avevano. Se l'atteggiamento non
è solo tattico questo dovrebbe portarli, ad aprire una
riflessione a tutti i livelli. Certo è che — conclude
Favilla — fossero stati coerenti con quanto fatto in
Regione, qui a Chiaravalle, avrebbero dovuto scegliere per
forza di cose, un altro percorso». |
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CORRIERE ADRIATICO |
"Falconara progetta lo
sviluppo sostenibile"
Il segretario dei Ds
Scortichini interviene sul caso Api. "Il Prg prevede altro,
la convenzione è inutile"
FALCONARA - Non sono andate
giù, al segretario comunale dei Ds, le dichiarazioni che
hanno fatto da contorno all'adesione della Provincia al
protocollo d'intesa già siglato da Regione e Api.
"Valutazioni che convergono, in modo paradossale - scrive in
un intervento Giancarlo Scortichini - nel sottolineare come
il rinnovo della concessione alla raffineria fino al 2020
vada pienamente incontro alle aspettative del Comune di
Falconara che, ingrato e tra lo stupore dei presenti, invece
di ringraziare e partecipare ai festeggiamenti si permette
di ricorrere al Tar". Tra le frasi riportate dalla stampa
l'unica degna di nota, secondo il segretario della Quercia
falconarese, è del proprietario Brachetti Peretti, secondo
cui "le decisioni prese negli ultimi 70 anni da diverse
amministrazioni cittadine non possono essere cambiate da
Carletti come se nulla fosse". Ecco svelata, secondo
Scortichini, l'anomalia: "Un'amministrazione comunale
falconarese che con il proprio Prg progetta e persegue un
modello di sviluppo per Falconara e che, dopo 70 anni di
espansione fin dentro il tessuto urbano di un'attività
altamente condizionante ed a rischio come la raffineria,
dichiara che oggi esistono le condizioni per avviare
progressivamente la città verso uno sviluppo
eco-sostenibile". Scortichini ricorda che il Consiglio
Regionale nel marzo 2000 aveva dichiarato la raffineria
(nella foto) al centro dell'area ad alto rischio di crisi
ambientale ed incompatibile con il territorio circostante.
"Dunque - fa notare il segretario dei Ds - non il solo
Comune di Falconara ma un autorevole coro di voci
individuava nel superamento del modello di sviluppo
incentrato sulla presenza della raffineria un problema da
affrontare. Cosa è cambiato ora rispetto allo scenario che
aveva portato alle analisi ed alle decisioni sopra
ricordate? Nulla per il Comune di Falconara che continua a
lavorare per cambiare profondamente il volto della città
aprendola al mare come previsto dall'architetto Boighas,
molto per Regione e Provincia che hanno individuato nel
rinnovo della concessione e nell'annesso protocollo d'intesa
la nuova pietra angolare su cui edificare lo sviluppo
sostenibile del nostro territorio". Scortichini spiega i
motivi per cui gli amministratori falconaresi non
condividono i contenuti del protocollo d'intesa stipulato a
garanzia della proroga della concessione fino al 2020.
Anzitutto "la concessione ed il protocollo legano
indissolubilmente le sorti della centrale Igcc e della
raffineria la cui permanenza è esclusivamente legata a
valutazioni aziendali sull'evoluzione dei mercati
petroliferi". Poi "nessuna garanzia sulla bonifica del suolo
che è profondamente inquinato come stabilito dall'autodenuncia
della raffineria e confermato dall'inclusione nell'elenco
nazionale dei siti inquinati". Il comune, secondo il
segretario Ds, è ancora una volta "messo nella condizione di
non poter esercitare il diritto di programmare gli usi del
territorio, dovendo sottostare a scelte ed interessi che non
rappresentano quanto deliberato e previsto dal Prg vigente".
Dai veleni all'acquapark
Nell'area da bonificare
sorgerà pure un parco divertimenti
Un'inchiesta sulle scorie
della produzione di concimi
di LORENZO SCONOCCHINI
Dove un tempo la Montedison
produceva concimi, lasciando scorie velenose nell'ambiente,
tra qualche anno dovrebbero sorgere un grosso centro
commerciale, una discoteca, una multisala cinematografica,
un acquapark e forse anche un porticciolo per rilanciare
Falconara come località di villeggiatura. E' quanto prevede
il nuovo piano regolatore in quella lingua di litorale,
proprio al confine con Marina di Montemarciano, una volta
che il sito sarà bonificato dall'eredità di quel
gocciolatoio di tossine che è stato per decenni il capannone
dell'industria chimica sul lungomare nord di Falconara. Per
la zona ex Montedison gli obiettivi primari del piano
regolatore firmato dall'architetto catalano Bohigas sono la
valorizzazione della risorsa spiaggia, con opere di
protezione e difesa a mare della costa e ipotesi di approdo
turistico, e il recupero delle strutture quale "polo
territoriale per il tempo libero". Dall'archeologia
industriale si dovrebbe passare a un insediamento
turistico-ricettivo "capace di assorbire - spiega il Prg di
Falconara - un turismo alternativo e continuativo anche
durante le stagioni invernali". Il piano regolatore prevede
poi in quella zona il potenziamento della viabilità
territoriale e interurbana, con raddoppio della statale 16,
e un nuovo assetto del fronte urbano di Marina di
Montemarciano, "con ampliamento dell'attuale area sportiva e
valorizzazione del manufatto storico detto Mandracchio". Ma
il passato dell'ex Montedison è un'ipoteca sul futuro di
quell'area post-industriale. Un'inchiesta della procura
dorica ha infatti ipotizzato il disastro ambientale per lo
smaltimento di scorie velenose lungo il tratto di costa
occupato dalla Montedison tra il 1920 e il 1988. A rischiare
un processo sono ora Giuseppe Torrioni, il legale
responsabile della ditta "Rocca Mare spa" di Savignano sul
Rubicone, e l'amministratore unico della "Agricola '92" Dino
Simonetti, i due imprenditori che acquisirono l' area dall'Enichem.
Sott'accusa ci sono anche Vito De Lucia e Cosimo Capobianco,
due funzionari di "Enichem agricoltura". Sono accusati di
disastro ambientale per un alto tasso di inquinamento
dell'area provocato dallo sversamento di metalli pesanti,
quali arsenico, mercurio, piombo, rame e altre sostanze
rintracciate nel terreno. L'area, venti ettari in tutto, era
stata sequestrata il 6 settembre del 2001 per permettere
all'esperto di inquinamenti ambientali Nedo Biancani di fare
prelievi necessari per una perizia. Ma nel marzo scorso,
dopo la chiusura dell'indagine, la procura aveva tolto i
sigilli all'ex Montedison.
Piromani all'ex Montedison,
crolla il tetto
L'incendio ha danneggiato un
capannone in muratura della fabbrica dismessa da anni I
tecnici dell'Arpam sono intervenuti per il rischio di
inquinamento chimico
C'è l'ipotesi del dolo.
Interrotta anche la linea ferroviaria
di CATERINA CANTORI
FALCONARA - Potrebbe esserci
il dolo all'origine del rogo divampato l'altra notte nello
stabilimento dell'ex Montedison sul litorale nord, proprio
al confine con Marina di Montemarciano. L'incendio ha
causato il crollo di circa 200 metri quadrati della
copertura di un capannone in muratura che fa parte del
complesso industriale dismesso e l'interruzione della linea
ferroviaria per circa venti minuti. Le fiamme si sono alzate
verso le quattro del mattino in un ex magazzino dello
stabilimento, un tempo adibito ad industria chimica ma ormai
abbandonato da circa quindici anni e svuotato di ogni
impianto. A dare l'allarme sono stati alcuni automobilisti
che percorrevano la strada statale Adriatica, che scorre
proprio accanto al fabbricone, e hanno visto il fumo
innalzarsi dallo stabilimento. I vigili del fuoco hanno
domato le fiamme in poco tempo mentre i carabinieri hanno
avviato le indagini per stabilire le cause del rogo. Sul
posto anche i tecnici dell'Arpam, l'agenzia regionale per
l'ambiente, intervenuti per tenere sotto controllo i rischi
di inquinamento dato che stava andando a fuoco una zona già
contaminata da residui di lavorazioni chimiche. Per il
momento l'ipotesi più accreditata è quella dell'atto
incendiario compiuto da qualche balordo. Non si esclude
comunque che le fiamme possano essere divampate da un
bivacco. Spesso infatti i capannoni abbandonati vengono
utilizzati come rifugio da extracomunitari e prostitute.
Circa sei mesi fa infatti alcuni clandestini erano stati
denunciati dai carabinieri per una serie di furti di energia
elettrica dall'ex azienda chimica che, nonostante
l'inattività, in alcuni punti continuerebbe ad usufruirne.
Il corto circuito non appare però tra le probabili cause
dell'incendio in quanto la maggior parte dello stabilimento
non è più servito dalla corrente elettrica. Gli
investigatori comunque non escludono alcuna ipotesi e le
indagini si stanno svolgendo a tutto campo. A causa del
crollo del tetto, - composto soprattutto da parti in legno -
all'interno dell'ex magazzino non è stato possibile
rinvenire elementi che possano indicare l'origine del rogo o
la presenza di persone nel momento in cui sono divampate le
fiamme. Nessuno quindi è rimasto ferito o intossicato dalla
nube di fumo che si è sollevata dall'ex industria chimica.
L'incendio ha anche reso precario l'equilibrio delle mura
del capannone dove si è verificato il crollo. La nuvola
grigia e densa ha causato l'interruzione della linea
ferroviaria dalle 4.50 alle 5.20, lasso di tempo in cui non
era comunque previsto il passaggio di convogli. Quindi una
pura precauzione. Non sono stati dunque registrati disagi o
ritardi nel traffico ferroviario. Lo stabilimento è stato
posto sotto sequestro dall'autorità giudiziaria. |
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