Sempre inquinata l'acqua a
Priolo
di Paolo Mangiafico
Priolo. Non si arresta la
contaminazione dei pozzi d'acqua della zona industriale di
Piano San Francesco. La relazione che l'Arpa di Siracusa ha
inviato al ministero dell'Ambiente, servizio gestione
rifiuti e bonifiche, mette in evidenza che la contaminazione
da idrocarburi della falda profonda che è stata evidenziata
più di un anno fa nel pozzo 9, e che si è presentata, nel
tempo, nei pozzi 8, 13, 34, 22, 29, ed ultimamente nel pozzo
61, nel quale la contaminazione si è annunciata con la
presenza di benzene. Inoltre, la contaminazione da
idrocarburi sta attaccando gli altri pozzi che si trovano
lungo la direzione che da nord va verso sud sud-est, e,
quindi, dalla zona del parco stoccaggi SG-10 verso il mare.
Nella stessa relazione l'Arpa di Siracusa ha evidenziato che
«le acque destinate al consumo umano sono controllate alla
distribuzione e che mai è stata riscontrata presenza di
benzene, né di composti riconducibili ai prodotti
petroliferi che contaminano la falda acquifera». Invece,
sempre l'Arpa di Siracusa mette in risalto che le risultanze
analitiche nella zona dei pozzi di Piano S. Francesco hanno
evidenziato stabilmente la presenza di benzene, e nei casi
di contaminazione più massiccia, anche omologhi superiori e
perfino altre sostanze, tra cui il Dcipe (Dicoloroisopropilene),
riconducibile ad un impianto ben preciso del petrolchimico
di Priolo. L'Arpa aretusea, infine, con l'intenzione di
contribuire all'ulteriore comprensione del fenomeno
inquinante, ha allegato alla relazione inviata al ministero
dell'Ambiente, una mappa del luogo dei pozzi e le risultanze
delle attività analitiche relative ai campionamenti
effettuati in un'ampia estensione territoriale del Comune di
Priolo. Intanto, a proposito del versamento di idrocarburi,
verificatosi il pomeriggio di giovedì 17 luglio, la Erg ha
fatto pervenire un comunicato stampa in cui si chiarisce che
«la perdita assai contenuta» proveniva dal «prodotto di uno
dei serbatoi del parco dell'ex Agip. Il serbatoio contenente
gasolio su una base d'acqua, è stato prontamente vuotato e
messo in sicurezza così come previsto da procedura interna.
«La direzione aziendale - prosegue la nota - ha provveduto
ad informare immediatamente le autorità competenti. In
seguito all' autodenuncia, sabato pomeriggio il pubblico
ministero si è recato personalmente presso gli impianti ex
Agip presso i quali ha constatato quanto già denunciato
dalla società. «In relazione all'incendio di sterpaglie si
precisa - inoltre - che è avvenuto fuori dal recinto fiscale
della Raffineria e nessuna apparecchiatura è stata
coinvolta».
E il mare di Gela diventa
«mar nero»
Una petroliera scarica al
largo e insozza sei chilometri di costa
di Maria Concetta Goldini
Gela. Bagno in compagnia di
grosse chiazze di catrame: un inquinamento marino da
petrolio che è come un pugno in faccia agli sforzi che il
territorio sta compiendo per fare del turismo, in
particolare quello balneare, il volano di un'economia
alternativa all'industria petrolchimica da anni in crisi.
Contratti d'area, patti territoriali sono gli strumenti
messi in campo per creare alberghi e strutture ricettive e
ricreative. Poi accadono fatti come quello registrato tra
sabato sera e domenica: sei chilometri di costa nel tratto
occidentale fino a Roccazzelle invasi, a macchia di
leopardo, dal catrame. La maggiore concentrazione si è avuta
nella zona più vicina al petrolchimico è cioè tra la foce
del fiume Gela ed il Lido La Conchiglia. Gioacchino Domicoli
dipendente del lido ha raccolto nel breve tratto dello
stabilimento balneare ben 26 sacchi di catrame. A dare
l'allarme è stata l'associazione ambientalista «Amici della
terra» con il suo presidente Emanuele Amato che oggi
presenterà un esposto alla magistratura. Stessa cosa ha
annunciato Saverio Di Blasi presidente di Italia nostra di
Gela. Hanno il dente avvelenato contro il petrolchimico gli
ambientalisti, puntano l'indice sui controlli che non
verrebbero eseguiti in modo rigido, sospettano di impianti e
linee del greggio che non funzionano come dovrebbero. Ma la
Raffineria a cui il sindaco Rosario Crocetta ha chiesto
spiegazioni ha escluso sue responsabilità. Piuttosto
l'inquinamento che ieri ha avvelenato la gita al mare di
migliaia di famiglie gelesi costringendole al «fuggi fuggi»
dalle spiagge, sarebbe addebitabile ad una delle tante
petroliere in transito nel Mediterraneo. Ieri mattina
ricevuta la segnalazione dell'inquinamento a mare il sindaco
Rosario Crocetta, con il comandante dei vigili urbani
Crocifisso Guttadauro e lo specialista di vigilanza Emanuele
Smecca, si è recato in spiaggia al Lungomare. Uno spettacolo
desolante: una lunga scia nera, pezzi enormi di catrame, la
gente che cercava dell'olio per pulire piedi e gambe. E poi
in vari tratti della costa dal Lungomare a Roccazzelle una
grande prova di attaccamento al patrimonio maturalistico
cittadino: non solo i volontari di Amici della terra ma
anche semplici bagnanti hanno istituito delle squadre « fai
da te» per liberare le spiagge invase dal prodotto
petrolifero. « E' possibile che il prezzo da pagare debba
essere così alto? E' possibile che i miei figli non sia
consentito di fare il bagno serenamente? Chiede troppo la
popolazione gelese?» - ha lamentato Tony Patti uno dei tanti
cittadini intento a liberare le spiagge dal prodotto
petrolifero. Alle 13,30 a conclusione del sopralluogo il
sindaco si è recato al commissariato a presentare denuncia
dell'accaduto. Alla polizia Crocetta ha consegnato sue
sacchi contenenti catrame ed alghe prelevati nel tratto del
Lido La Conchiglia. La polizia ha avviato indagini mentre
nella mattinata di ieri sono intervenuti i mezzi di
disinquinamento. Sui campioni prelevati dalla spiaggia si
eseguiranno esami di laboratorio i cui esiti potrebbero
tornare utili ad individuare,ammesso che sia questa la pista
giusta,la nave responsabile dello scarico a mare del
petrolio. |
Verdi: ancora macchie di
petrolio in mare
"Ancora una volta la dinamica
e gli sviluppi dell'ennesimo incidente in mare occorso alla
raffineria Api di Falconara pongono seri dubbi
sull'affidabilità dell'Api" ha dichiarato Marco Moruzzi
capogruppo dei Verdi in Consiglio Regionale delle Marche.
"Il rapporto della Capitaneria di Porto di Ancona evidenzia
che lo sversamento di petrolio in mare non è stato segnalato
alle autorità marittime da parte dell'azienda, ma la
Capitaneria ha messo in opera i propri mezzi antinquinamento
solo a seguito della segnalazione dell'aereo Orca 9 della
Guardia Costiera di Pescara che sorvolava la boa petrolifera
della raffineria. Sorgono dubbi sul rispetto dell'obbligo di
legge della immediata segnalazione, dato che la dispersione
di petrolio è avvenuta durante operazioni di manutenzione
effettuate dal personale dell'azienda. Il velivolo ha
segnalato la presenza di personale in mare, in adiacenza ad
uno spandimento di petrolio che si estendeva per circa 2
miglia marine (oltre 3 chilometri). Ancora una volta l'Api
minimizza, ma la gravità dell'incidente è confermata dal
fatto che i lavori di bonifica sono terminati solo a tarda
serata, nonostante le condizioni meteo marine
particolarmente favorevoli che non hanno ostacolato il
recupero ed hanno tenuto il petrolio lontano dalla costa.
Comprensibile è l'imbarazzo ed il silenzio della Regione,
che ha appena rinnovato la concessione alla raffineria e
sottoscritto un protocollo di reciproca collaborazione per
la prevenzione di ogni tipo di incidente". |