MESSAGGERO |
Api, nuovo sversamento in mare
Nuovo inconveniente a una manichetta. Intervento
immediato sotto il cotrollo diretto della Capitaneria
La raffineria precisa: 200 litri. Comune scettico: «Forse
il doppio»
di ROBERTA MACCAGNANI
FALCONARA - Ancora uno sversamento di petrolio nello
specchio d’acqua di fronte a Falconara, alla raffineria Api,
a due mesi di distanza dal precedente episodio. L’incidente
si è verificato ieri verso le 12 alla piattaforma, a circa 6
miglia dalla riva, da una manichetta sottoposta alle annuali
operazioni di sostituzione. Dalle prime ricostruzioni la
causa è da attribuire alla rottura di questa manichetta che
ha provocato lo sversamento di greggio in mare. La stessa
raffineria, che ha reso noto l’episodio in una nota, parla
di 200 litri finiti in mare, ma secondo l’ufficio ambiente
del Comune l’entità potrebbe aggirarsi fino al doppio. «Gli
addetti della raffineria - si legge in una nota dell’Api -
hanno prontamente operato secondo le procedure che prevedono
l’intervento della motonave Api rec-oil, Grecale I,
appositamente adibita al recupero di idrocarburi. La
situazione è, quindi, rimasta sempre sotto controllo: il
Grecale I, sotto il coordinamento e in collaborazione con la
Capitaneria di Porto, ha provveduto a circoscrivere il
prodotto con le panne galleggianti e ad attivarsi per il
recupero, tuttora in corso. Durante le operazioni di
sostituzione della manichetta era già presente in zona un
aereo della Capitaneria, che, oltre ad informare gli enti
preposti, è intervenuta con le sue strutture». A scendere in
prima linea, infatti, anche il Comune di Falconara con
l’ufficio ambiente, che non risparmia critiche. «Siano stati
avvertiti dell’episodio dalla Capitaneria - afferma
Giancarlo Scortichini, assessore all’ambiente - che
ringraziamo. In questo modo, infatti, abbiamo avuto la
possibilità di recarci col gommone sul luogo ed accertarci
dell’entità dell’incidente. L’episodio mi è sembrato serio,
esteso su una superficie di mare estesa, con chiazze corpose
e striature nere di prodotto sul mare. Dobbiamo però
rilevare ancora una volta due problemi. Da un lato la
raffineria che non ci ha informato direttamente
dell’incidente: su questo aspetto non riusciamo proprio a
capirci, dall’altro il ripetersi di un episodio deleterio
per il nostro territorio, a meno di due mesi dal precedente
sversamento. E’ uno stillicidio: il Comune, infatti, prova a
rilanciare uno sviluppo nuovo della città, puntando sulla
spiaggia e le strutture balneari. Ma la complessità della
presenza di una struttura così pericolosa - conclude
Scortichini - ci porta ogni volta a fare i conti con l’ansia
di quello che può accadere e le conseguenze che ne possono
derivare».
Api, 200 litri di petrolio finiscono in mare
La raffineria: «Immediata messa in sicurezza con il
controllo della Capitaneria». L’assessore: «Non ci hanno
informati»
Il Comune scettico sulle cifre: «Probabilmente sversati
400 litri»
Ancora uno sversamento di petrolio nello specchio d’acqua
di fronte a Falconara, alla raffineria Api, a due mesi di
distanza dal precedente episodio. L’incidente si è
verificato ieri verso le 12 alla piattaforma, a circa 6
miglia dalla riva, da una manichetta sottoposta alle annuali
operazioni di sostituzione. Dalle prime ricostruzioni la
causa è da attribuire alla rottura di questa manichetta che
ha provocato lo sversamento di greggio in mare. La stessa
raffineria, che ha reso noto l’episodio in una nota, parla
di 200 litri finiti in mare, ma secondo l’ufficio ambiente
del Comune l’entità potrebbe aggirarsi fino al doppio.
Fiumesino, da Roma l’ok al contratto di quartiere
Parte finalmente l’iter per la riqualificazione. Nuove
case anti-inquinamento e ponte ciclabile
di Roberta Maccagnani
FALCONARA - Fiumesino cambia volto: dalla primavera 2004
per due anni cantieri aperti in tutto il quartiere. Sono le
prospettive del protocollo firmato il 10 luglio scorso tra
Furio Durpetti, dirigente ufficio urbanistica del Comune di
Falconara, e il Ministero delle Infrastrutture che ha dato
il via libera alla realizzazione del contratto di quartiere
di Fiumesino con uno stanziamento di fondi di 3 milioni e
400 mila euro. Non solo strade e marciapiedi nuovi, ma anche
tredici alloggi per edilizia pubblica residenziale, un ponte
pedonale e ciclabile sull?Esino, il recupero del circolo con
la nuova piazza e la realizzazione di aree verdi con
parcheggi. Un cambiamento, dunque, che si pone l’obiettivo
di migliorare la qualità della vita del quartiere, ma anche
di renderlo più accogliente. Dello stanziamento di oltre 3
milioni di euro per questo progetto già si sapeva da tempo,
ma mancava l’ufficializzazione del Governo per partire
operativamente. «Entro sei mesi - spiega Durpetti - dovremo
presentare i progetti esecutivi e in precedenza, intorno ad
ottobre, avvieremo la convenzione col Ministero grazie a cui
verranno erogati i soldi stanziati. Per la primavera 2004
gli appalti, almeno un paio d’anni per la conclusione dei
lavori». Entusiasmo palpabile in Comune impegnato a
garantire lo sviluppo sostenibile specie per l’area a nord
della città. Tra i progetti più importanti per Fiumesino, la
realizzazione con tecniche sperimentali per l’isolamento
acustico e termico degli alloggi da edilizia pubblica
residenziale (che sostituiranno le case diroccate del
quartiere) e il ponte ciclabile. Previste anche piste
ciclabili, mentre da prg è in programma la realizzazione di
zone verdi “filtro” a protezione del quartiere verso la
raffineria. Una raffineria che resterà a Falconara per altri
venti anni, contrariamente alle attese del comitato di
quartiere: «Questa concessione - sostiene quest’ultimo in
una nota - ha ormai procurato una frattura sociale: da una
parte la classe politica ed amministrativa, che non si è
preoccupata dei problemi dei cittadini, dall’altra parte i
cittadini, isolati nei loro problemi». Intanto per sollevare
le sorti anche di Villanova, in vista del progetto Bohigas,
il Comune sta pensando di fare una delibera per incentivare
la ristrutturazione degli edifici per recuperare l’immagine
del quartiere, iniziativa che verrà estesa anche a Fiumesino
e Falconara Alta.
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RESTO DEL CARLINO |
Petrolio finisce in mare
FALCONARA — Erano le 11.05 quando l'aereo «Orca 9»,
appartenente al terzo nucleo aereo della guardia costiera di
Pescara si è accorto, durante la quotidiana missione
antinquinamento, di una striscia di greggio che si estendeva
nell'Adriatico all'altezza di una monoboa della raffineria
Api a sei miglia dalla costa. Uno sversamento di petrolio
simile per quantità e modalità avvenuto lo scorso primo
aprile. «Orca 9» ha quindi subito avvisato la capitaneria di
Ancona che si è recata sul posto con le motonavi Cp2098 e
Cp401 - «Oreste Cavallari». La striscia di greggio era lunga
circa un miglio e con una larghezza variabile dai 10 ai 60
metri per un totale di quattro quintali di prodotto. Del
tipo «Iranian navy - heavy» (greggio per la marina), il
greggio è stato immediatamente circoscritto grazie all'uso
di panne galleggianti autogonfiabili stese, per circa 800
metri, con l'aiuto del rimorchiatore «Città di Ravenna» e
«Diomedea» insieme alla barca d'appoggio «Grecale I». Sul
posto hanno operato anche il personale della Carman Sub
coadiuvato dal mezzo «Carman Sub II». «La fuoriuscita del
greggio — spiega il comandante della capitaneria di porto,
Agostino Izzo — è stata causata da una manichetta sostituita
per la normale manutenzione della monoboa». Il prodotto
greggio è un prodotto pesante che «diventa pericoloso se va
a finire sulla costa ma — continua Izzo —, se circoscritto
al largo, diventa di più semplice da gestire e recuperare».
Sul posto infatti sono stati impiegati immediatamente due
skimmer (aspiratori meccanici) di ultima generazione che,
intorno alle 15.40, hanno dato modo all'aereo «Orca 9» di
rientrare in sede lasciando che l'operazione continuasse con
le sole istruzioni date via mare e non più anche via aria.
Fortunatamente, la situazione metereologica di ieri ha
aiutato il fondamentale lavoro svolto dalla capitaneria di
porto. Una missione impegnativa anche per i primi due
ufficiali donna (giunti lo scorso 7 luglio) della «Oreste
Cavallari» che si sono trovate così a svolgere la loro prima
importante missione.
Api: «E' tutto sotto controllo» ma il Comune è molto
critico
FALCONARA — «Lo sversamento di 200 litri di greggio è
scaturito presso la piattaforma da una manichetta sottoposta
alle annuali operazioni di sostituzione». Questo ciò che è
accaduto ieri e quanto riferito dalla direzione della
raffineria Api. «Gli addetti — spiega la dirigenza in una
nota — hanno prontamente operato secondo le procedure, che
prevedono l'intervento della motonave Api rec-oil, Grecale
I, appositamente adibita al recupero di idrocarburi. La
situazione — continua la nota — è, quindi, rimasta sempre
sotto controllo: il Grecale I, con il coordinamento e in
collaborazione con la Capitaneria di Porto, ha provveduto a
circoscrivere il prodotto con le panne galleggianti e ad
attivarsi per il recupero. Durante le operazioni di
sostituzione della manichetta — conclude — era già presente
nella zona il mezzo aereo della Capitaneria, la quale, oltre
ad informare gli enti preposti, è intervenuta con le sue
motonavi». Questo è quanto sostenuto dalla raffineria poche
ore dopo l'incidente, più critica, invece, è la versione
dell'assessore all'ambiente Scortichini, intervenuto sul
luogo all'1.45 con un gommone e accompagnato dai vigili
ambientali. «Abbiamo ricevuto delle chiamate dai cittadini
di Fiumesino attorno alle 10.30 — ha spiegato l'assessore —
per delle fumate provenienti dai camini dell'Api e per il
forte odore di idrocarburi. Sicuramente il tratto
interessato è molto ampio: il greggio era diffuso a macchia
di leopardo, in alcuni tratti la pellicola del prodotto era
superficiale, in altri più consistente. Constatiamo con
amarezza — continua — che attività così a rischio
compromettono e pregiudicano il lavoro svolto dal Comune.
Non sono un tecnico ma ho seri dubbi che il prodotto venga
totalmente recuperato».
Disinformazione sul
turbogas (Ferrara)
«Un caso inquietante di
disinformazione». Non usa mezzi termini Nicola Armaroli, il
ricercatore del Cnr che pubblicò, assieme al medico Claudio
Po, lo studio sulle emissioni delle centrali a turbogas da
780 megawatt, del tipo di quella che verrà costruita nel
petrolchimico ferrarese. In una intervista pubblicata in
internet su E-Gazette, Armaroli torna sulla lunga vicenda
che lo ha visto protagonista per aver svelato quanto nessuno
aveva mai raccontato alla città fino a quel momento, e cioè
che il nuovo impianto produrrà micropolveri in quantità
elevata. «Le turbogas da 780 megawatt bruciano un miliardo
di metri cubi di gas naturale l'anno» dichiara il
ricercatore, confermando subito dopo i risultati di quella
(finalmente famosa) indagine pubblicata sull'Organo
ufficiale della Società chimica italiana. «In queste
settimane sono circolate voci di una nostra inesistente
ritrattazione, un caso inquietante di disinfomazione» accusa
Armaroli. «Queste false notizie sono state ricamate a
partire da una bozza di una pubblicazione che smentiva un
dato, uno solo, dei tanti riportati nel nostro lavoro. Gli
autori della bozza attribuivano l'errore non a noi ma al
Dipartimento dell'Energia del Governo degli Stati Uniti,
senza peraltro riportare alcuna loro smentita ufficiale».
Armaroli ricorda che «un impianto turbogas da 780 MW produce
una quantità rilevante di inquinanti incluse le polveri fini
(PM10, PM2,5). Queste ultime — spiega — sono regolarmente
indicate come 'zero' negli studi di impatto ambientale in
Italia, un dato scandalosamente lontano dalla realtà.
Centrali della stessa potenza — continua — negli Stati Uniti
producono 150-250 tonnellate l'anno di polveri fini,
quantità che oltreoceano deve essere compensata con
interventi di miglioramento della qualità dell'aria nella
regione interessata». Il ricercatore incalza poi rammentando
come negli Usa «le centrali siano dotate di costosi impianti
di abbattimento degli inquinanti primari», come sono gli
ossidi di azoto ridotti — sottolinea — fino a 10 volte
rispetto a quanto previsto in Italia. «Il 50% degli NOx sono
precursori di polveri PM2.5 secondarie, secondo dati
ufficiali del Parlamento Europeo». Armaroli stima «la
produzione di 750 tonnellate l'anno di PM2.5 secondari come
nitrati, cui vanno aggiunti 50-100 tonnellate l'anno di
particolato primario in uscita dai camini»: l'ipotesi è
comunque riferita alle emissioni della centrale a piena
potenza, mentre l'assessore Alessandro Bratti dichiarò al
nostro giornale che esisterebbe una sorta di intesa per
limitarla a 540 megawatt. In quella stessa intervista
l'assessore anticipò i dati di uno studio dell'Arpa, che
stimava in circa 400 tonnellate l'anno le polveri PM10
prodotte dall'intero traffico cittadino. L'intervista di
Armaroli riapre dunque molti dubbi sulle emissioni delle
turbogas e sulle polveri primarie e secondarie. «Si tratta
di un problema sanitario assai rilevante — commenta alla
fine il ricercatore del Cnr su E- Gazette — anche se fossero
solo la metà. Come è possibile ignorare tutto questo in
Italia?». Da segnalare infine una nota dell'Eni di ieri,
riportata dall'agenzia Ansa, con la quale la società
dichiara l'apertura del cantiere di costruzione di una nuova
centrale. «L'impianto di Brindisi — si legge — è il quarto
che il gruppo inizia a costruire dopo quelli di Ferrara,
Erbognone, Ravenna e Mantova». |
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CORRIERE ADRIATICO |
L'Api: "Duecento litri di greggio in mare"
L'assessore Scortichini dopo un sopralluogo: "Le chiazze
oleose sono piuttosto numerose e estese"
Perdita a 6 miglia dalla costa. La motonave Grecale ha
recuperato gli idrocarburi
di Marina Minnelli
FALCONARA - Sversamento di greggio ieri mattina verso le
12 alla seconda isola dell'Api situata a circa sei miglia
dalla costa. Secondo quanto comunicato dall'azienda, la
perdita, avvenuta a causa di una manichetta sottoposta alle
annuali operazioni di sostituzione, ha provocato la
dispersione in mare di circa 200 litri di greggio. "Gli
addetti della raffineria - spiega la nota dell'Api - hanno
prontamente operato secondo le procedure, che prevedono
l'intervento della motonave api rec-oil, Grecale I,
appositamente adibita al recupero di idrocarburi. La
situazione è, quindi, rimasta sempre sotto controllo e il
Grecale I, sotto il coordinamento e in collaborazione con la
Capitaneria di Porto, ha provveduto a circoscrivere il
prodotto con le panne galleggianti e ad attivarsi per il
recupero". E' stato un aereo della Capitaneria ad avvistare
la macchia e a dare l'allarme. Le motovedette sono poi
rimaste sul posto, fino alle 19.30, quando l'operazione di
bonifica è terminata. La stessa Capitaneria ha informato il
comune di Falconara e, come fa notare l'assessore
all'ambiente Giancarlo Scortichini, "ancora una volta sono
stati disattesi gli accordi, perché avremmo voluto essere
avvisati con tempestività dall'azienda". "Siamo sempre noi a
dover inseguire le notizie - commenta l'assessore appena
rientrato da un sopralluogo - e questa è una amara
constatazione visto il lavoro e gli sforzi per migliorare la
situazione del territorio". Scortichini parla anche di
"convivenza difficile" e di una situazione difficile in mare
in quanto "le chiazze oleose sono piuttosto numerose ed
estese". Intanto ieri mattina intorno alle 10 e 30 numerose
a Fiumesino i residenti hanno constatato che alcuni impianti
della raffineria stavano emettendo fumo in modo anomalo e
nell'aria si stava anche diffondendo un forte odore di gas.
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LA NUOVA FERRARA |
Centrale a turbogas? No,
grazie, meglio quella a biomasse
L’impianto di limitata
potenza, alimentato a canapa, porterebbe vantaggi
all’ambiente e agli agricoltori
L’allarmismo sulle risorse
idriche segue di poche settimane quello sulle risorse
energetiche, ma sembra che tali “crisi”, invece di portare a
serie riflessioni e ripensamenti sul modello di sviluppo,
abbiano offerto l’occasione per demagogiche sparate
elettoralistiche o per il rilancio di lobby, bolse come
quella del nucleare, o più recenti come quella che prepara
una pioggia.di tante Turbogas in tutto il paese. Il Ministro
Alemanno ha pensato bene di utilizzare l’invito delle Camere
di Commercio di Ferrara e Rovigo per entrare in tale coro.
Nel Governo di Sua Emittenza An è determinante, provi allora
a convincere Berlusconi, da un lato a rispettare il
protocollo di Kyoto e dall’altro a farlo intervenire presso
il suo amico Bush (verso il quale vanta e millanta tanta
influenza) affinché anch’egli firmi e applichi quel
programma di riduzione dell’effetto serra. Sarebbero due
traguardi politici molto importanti. Visto che è anche
ministro dell’Agricoltura, Alemanno, dopo tre anni di
siccità, dovrebbe smettere di prospettare false vie
d’uscita. Prioritario sarà sempre, giustamente, l’uso civile
dell’acqua, porsi, in queste ore, altri obiettivi è pura
demagogia. Voglio ricordare al Ministro che il suo Governo,
sia durante la discussione della legge 178 (agosto 2002) sia
nell’ambito dell’ultima legge finanziaria ha respinto tutti
gli emendamenti del Centrosinistra volti ad aumentare e ad
istituire la dotazione di fondi per il Programma Nazionale
per l’approvvigionamento idrico in agricoltura e per la
sostituzione di vecchi impianti d’irrigazione con tecnologie
a basso consumo. Per essere seri con gli agricoltori, quando
come in questo caso, esistono i requisiti giuridici
dell’emergenza, per garantire il reddito perso con le
mancate produzioni, ciò che un Governo deve tempestivamente
fare è attivare tutte le dovute compensazioni. Ma questo è
il Governo delle “tre carte” e con l’articolo 18 del Decreto
che doveva finanziare l’impegno militare italiano nella
guerra di Bush (per la conquista del petrolio dell’Iraq), ha
prelevato i fondi destinati agli sgravi fiscali per gli
agricoltori delle zone alluvionate e terremotate nel 2002.
Sempre stando ai temi agricoli, occorre rilevare che il
Decreto “salva centrali”, che il Governo Berlusconi ha
adottato, porterà alla realizzazione di tante Mega Turbogas
da più di 1000 Milioni di Watt l’una e queste (tralasciando
i gravi danni alla salute dei lavoratori e dei cittadini
coinvolti) consumeranno una quantità d’acqua da capogiro e
con le loro emissioni in atmosfera faranno impennare
l’effetto serra. Aldilà dell’assenza di un impegno del
Governo nella ricerca, sperimentazione e sviluppo della
produzione di energia da sole, vento ed idrogeno (ma come
pretendere più “raffinate” sensibilità se, avendo fin qui
impegnato il Parlamento nelle leggi “salva Berlusconi”,
hanno perfino ignorato la grave crisi produttiva ed
occupazionale del paese?) perché Alemanno non fa qualcosa
per convincere AN, a Ferrara come a Roma, ad invertire una
rotta così sbagliata? Quale beneficio verrebbe all’ambiente
ed agli agricoltori da Centrali a Biomasse (di limitata
potenza, come previsto dagli accordi di Kyoto) alimentate a
canapa? Il Ministro sa certamente che in ampie aree del
centro nord la canapa è la coltura meno idroesigente (oltre
a svolgere una naturale funzione di diserbo nella
preparazione delle altre colture in rotazione) e che la
biomassa, per ettaro, da lei prodotta è notevolmente
superiore a quella arborea. Una scelta che darebbe: energia,
difesa ambiente, risparmio idrico e reddito per gli
agricoltori (ancor maggiore se la centrale sarà gestita da
loro associazioni o cooperative). Sembra l’uovo di Colombo.
Ma passerà anche il 2003 e riavremo gli stessi problemi nel
2004, perché, come dimostrano le siccità del 2001 e del
2002, guardare al futuro non rientra nella loro modernità. E
poi in ballo ci sono ben altri interessi. Fernando Rossi Ex
assessore provinciale dell’Agricoltura |
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IL CENTRO |
Energia, i black out
evitabili
di Francesco Ferrante
(direttore generale di Legambiente Onlus)
E’ dal dopoguerra che in
Italia non si faceva ricorso ai black out per contenere i
consumi eccessivi di energia elettrica. In passato abbiamo
già toccato senza alcun problema picchi di consumo analoghi
a quelli che si sono verificati nelle ultime settimane. I
black out che hanno interessato l’Italia sono la conseguenza
dell’incapacità del Gestore della rete di prevedere e
gestire con tempestività le richieste da parte dell’utenza e
della scarsa attenzione da parte del governo alle politiche
di risparmio energetico, le uniche in grado di scongiurare
il pericolo dei picchi. Si prenda come esempio il modello
californiano: grazie a una capillare campagna informativa e
a un convincente sistema di incentivi, il governatore dello
stato americano è riuscito a ridurre i consumi energetici
del 10%. Picchi di consumo a parte, il fabbisogno energetico
in Italia è in costante crescita. Quali le soluzioni? Lo
sviluppo del mercato delle fonti energetiche rinnovabili, e
mi riferisco all’energia eolica e a quella fotovoltaica,
rappresenta senza dubbio una strada percorribile e
auspicabile. Gli impianti basati sullo sfruttamento delle
fonti rinnovabili presentano un impatto ambientale di gran
lunga inferiore a quello delle centrali alimentate a carbone
e petrolio. Sul fronte del loro impiego siamo tuttavia
ancora molto indietro rispetto ad altri Paesi europei.
L’eolico, per esempio, è un settore già maturo ma si
installa ben poco: abbiamo chiuso il 2002 con 700 megawatt
installati contro gli 8.700 della Germania, tanto per fare
un paragone. Nonostante gli impegni presi dal nostro Paese
con la firma del protocollo di Kyoto, l’Italia sta facendo
ben poco per tagliare le proprie emissioni di gas serra e
promuovere l’energia pulita. Invece di diminuire, le nostre
emissioni sono cresciute del 5% rispetto ai livelli del 1990
e il mercato energetico continua a essere dominato dal
carbone e dal petrolio, colpevoli del surriscaldamento del
pianeta. L’eolico sarebbe un’alternativa valida, ma gli
ostacoli non mancano. Innanzitutto si sta facendo pochissimo
a livello legislativo per accelerare l’iter delle centrali a
vento. In secondo luogo è vero che l’impatto di questi
impianti può raggiungere valori anche elevati soprattutto
sul paesaggio e sul territorio, in quanto i siti di
interesse ai fini dello sfruttamento dell’energia eolica
sono sovente, specie nelle zone appenniniche, anche aree di
valore naturalistico e paesaggistico, che vanno pertanto
tutelate. Tuttavia è possibile promuovere, compatibilmente
con le esigenze dell’ambiente, quella del vento come una
delle tecnologie più innovative e meno impattanti dal punto
di vista ecologico. Sulla prospettiva di futuri insediamenti
di centrali turbogas anche in Abruzzo si è aperto negli
ultimi tempi un vivace dibattito. A nostro avviso, il parco
termoelettrico italiano è attualmente costituito soprattutto
da impianti obsoleti, con dei costi di produzione molto
elevati e un notevole impatto ambientale. Se parliamo invece
delle moderne turbogas a ciclo combinato alimentate a
metano, in linea di principio non siamo contrari a un loro
impiego, soprattutto in prospettiva di una graduale
dismissione delle vecchie centrali a carbone e a petrolio.
Nel campo delle fonti non rinnovabili, il metano è infatti
di gran lunga il combustibile più pulito. In più, il ciclo
combinato rappresenta una tecnologia di produzione di
energia elettrica ad alto rendimento e con un impatto
ambientale particolarmente ridotto in grado di riutilizzare
il calore residuo, che altrimenti si disperderebbe
nell’ambiente, per produrre ulteriore energia. C’è chi
ritiene che le emissioni prodotte da questo genere di
impianto possano in qualche modo nuocere alla salute.
Ritengo la cosa del tutto improbabile. L’assenza di zolfo
nel metano non dà luogo alle cosiddette “piogge acide“ e la
sua natura gassosa elimina il pericolo di emissioni di
sostanze nocive quali polveri e metalli pesanti. Si tratta
quindi di un impianto tecnologicamente sicuro, le cui
emissioni, essenzialmente costituite da vapore acqueo e
anidride carbonica, non provocano ripercussioni sulla salute
delle persone. E’ comunque ovvio che l’iter autorizzativo
debba essere severo. Occorre pertanto una programmazione
seria a livello nazionale e regionale. Ciascuna regione deve
poter disporre di un piano energetico di riferimento che
stabilisca se esistono i presupposti per accogliere nel
proprio territorio un impianto del genere. Inoltre è
auspicabile che vengano autorizzati solo quei progetti che
insistono in aree a vocazione industriale, che non vadano a
interferire sulla qualità della vita e sulle altre attività
economiche e sociali dei territori circostanti. |
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