RASSEGNA STAMPA 04.07.2003

 

MESSAGGERO
Verdi, pronto il ricorso alla Corte dei conti per lo studio Svim sull’Api

di CLAUDIA PASQUINI

Mentre il caso Api approda sulle scrivanie dei politici romani, a livello locale i Verdi aprono una vertenza sul rischio idraulico dell’Esino che «mette in pericolo la vita dei cittadini». Il 16 luglio i responsabili nazionali degli enti locali dell’Ulivo si incontreranno nella capitale per discutere tra le altre cose anche della concessione alla raffineria e della posizione dei Verdi fuori dalla maggioranza della Regione. Nel frattempo gli ambientalisti stanno valutando la possibilità di ricorrere al Tar o alla Corte dei Conti. Lo hanno annunciato ieri il responsabile regionale dei Verdi Luciano Montesi e il capogruppo regionale Marco Moruzzi nel corso di una conferenza stampa. «La prima cosa da fare – spiega Moruzzi – è garantire la sicurezza dei cittadini di Fiumesino e per questo motivo valuteremo il modo di chiedere la revoca del passaggio dell’accordo che di fronte al rischio idraulico evidenziato dal Piano di assetto idrogeologico della Regione si chiede all’Api la realizzazione di uno studio entro il 2004 per la rinaturalizzazione del fiume Esino. E’ inaccettabile: sette delle quattordici campate del ponte sono chiuse, mezzo fiume è invaso dalla raffineria. Una esondazione costituirebbe una catastrofe. Non capisco perché sia stata sequestrata la falesia del Passetto definita dal Pai zona R4 ad alto rischio e non si faccia nulla per l’Esino che ha la stessa classificazione. Seconda cosa – ha proseguito il consigliere – diffidiamo la Regione dal manipolare gli esiti della ricerca della Svim sulla riconversione dell’Api attraverso sintesi poco chiare (vedi articolo a lato, ndr)». Moruzzi ha poi proseguito analizzando le singole prescrizioni sottolineando il fatto che «fanno tutte riferimento a leggi già esistenti» che «non propongono nulla di nuovo» e che «non prevedono comunque sanzioni in caso di inadempimenti». «Anzi – ha aggiunto Montesi – non c’è neanche un fondo di deposito». I Verdi hanno stigmatizzato quanto accaduto mercoledì in consiglio regionale. «Il fatto che Fi e Udc abbiano votato insieme ai partiti di maggioranza il documento che approva il rinnovo della concessione fino al 2020 – ha detto ancora Montesi – dimostra che la cosa puzza di bruciato, che ci sono accordi sotterranei tra maggioranza e opposizione. L’assessore Amagliani e la giunta invece di difendere i cittadini hanno difeso gli interessi dell’azienda. Il governo regionale di centro-sinistra sta deludendo il suo elettorato e si sta comportando come il miglior alleato del centrodestra per le prossime elezioni».

«Raffineria, grandi potenzialità»

Che cosa dice lo studio della Svim al centro della discussione

«Dagli studi effettuati per il sito della raffineria Api non emergono situazioni di scenari scientificamente documentati, che possono far ipotizzare in futuro, assetti economici e territoriali diversi da quelli attuali. Ciò non significa che non si continueranno a seguire le dinamiche evolutive dell’area ed a predisporre, con il piano di risanamento, misure utili per il suo sviluppo sostenibile». Sono le valutazioni conclusive di Francesco Marchesi, direttore generale della Svim, alla quale era stato commissionato uno studio sull’area ad alto rischio ambientale della bassa Vallesina, divulgate proprio nel giorno delle polemiche in consiglio regionale. Lo studio è «in via di conclusione» spiega Marchesi, rilevando che la raffineria Api, «un’ulteriore importante caratteristica economica», è un «elemento piuttosto impattante» sul territorio. Un elemento che però «si presenta oggi sotto controllo, e di più lo sarà in futuro a seguito delle ulteriori prescrizioni della Regione Marche». «La sua valenza regionale di polo energetico ambientalmente avanzato - viene concluso - si allarga al sistema nazionale. In particolare l'impianto Igcc ha consentito la riduzione della dipendenza della nostra regione dall'importazione di energia elettrica dall’80% al 50%».

 
RESTO DEL CARLINO
COMITATI CITTADINI di Falconara si sono

COMITATI CITTADINI di Falconara si sono rivolti al difensore civico per prospettare la questione del nodo ferroviario di Falconara dopo l'avviso pubblicato dalla Rete Ferroviaria Italiana Spa sull'avvio della procedura di via sulle opere del nodo e il collegamento Orte-Falconara con la linea Adriatica. Secondo i Comitati, l'avviso, in cui si dice che «il progetto di ristrutturazione del nodo ferroviario prevede anche la dismissione dell'attuale scalo merci e la realizzazione del nuovo parco merci nelle adiacenze dell'interporto Marche, non fornisce una «corretta rappresentazione della situazione che si verrà a determinare con la realizzazione dell'opera». «Infatti — affermano — la realizzazione del nuovo parco merci non coincide con la completa dismissione dell'attuale scalo merci di Falconara», perché «è composto da due fasci di binari, dei quali, quello lato mare, continuerà a funzionare per la sosta e la composizione dei treni merci».

Svim: «La raffineria è sotto controllo»

ANCONA — «Dagli studi effettuati non emergono situazioni di scenari scientificamente documentati, che possono far ipotizzare in futuro assetti economici e territoriali diversi da quelli attuali . Ciò non significa che non si continueranno a seguire le dinamiche evolutive dell'area ed a predisporre, con il piano di risanamento, misure utili per il suo sviluppo sostenibile». Sono le valutazioni conclusive di Francesco Marchesi, direttore generale della Svim, alla quale era stato commissionato uno studio sull'area ad alto rischio ambientale della bassa Vallesina, divulgate proprio nel giorno delle polemiche in consiglio regionale. La raffineria Lo studio è «in via di conclusione» spiega Marchesi, rilevando che la raffineria Api, «un'ulteriore importante caratteristica economica», è un «elemento piuttosto impattante» sul territorio. Un elemento che però «si presenta oggi sotto controllo, e di più lo sarà in futuro a seguito delle ulteriori prescrizioni della Regione. La sua valenza regionale di polo energetico ambientalmente avanzato, si allarga al sistema nazionale. In particolare l'impianto Igcc ha consentito la riduzione della dipendenza della nostra regione dall'importazione di energia elettrica dall'80% al 50%». Nella valutazioni conclusive Marchesi ricorda l'obiettivo generale dello studio: «analizzare in modo integrato tutti gli aspetti di impatto tra le attività industriali ed insediative ed il territorio circostante». Lo studio Svim «Ha coinvolto consulenti incaricati dalla Svim tecnici della Regione, tutti individuati per specifiche esperienze e competenze professionali. L'attività si è articolata su tre aree tematiche: ambientale; urbanistica; socio-economica, per le quali sono stati elaborati documenti specifici. La Svim elaborerà un documento finale nel quale sarà eseguita una lettura integrata di tutte le attività svolte, ed una conseguente valutazione di sintesi. «È emerso che le caratteristiche ambientali dell'area sono comuni a quelle delle aree fortemente terziarizzate ed industrializzate — spiega Marchesi — inoltre l'area riveste dal punto di vista economico una notevole importanza, il suo sistema presenta consistenti potenzialità di crescita e un buon livello di flessibilità e di adattamento. Il direttore generale cita inoltre la presenza nella zona di «un articolato sistema infrastrutturale, elemento di forte valenza economica, che potrebbe, concorrere anche a portare un notevole beneficio ambientale. Il by pass Soprattutto il traffico veicolare rappresenta una rilevante criticità. Secondo Marchesi «un aiuto all'intero sistema potrà derivare dalla realizzazione degli interventi infrastrutturali previsti: l'uscita dal porto, il raddoppio della variante Falconara-Baraccola, lo svincolo di accesso all' Interporto, il by pass ferroviario di Falconara; quest'ultimo, soprattutto, faciliterà l' arretramento del traffico merci, ottenendo un sostanziale scarico della fascia costiera».

Verdi pronti a ricorrere al Tar

di Maria Gloria Frattagli

FALCONARA — I Verdi sono pronti a proseguire la loro battaglia contro il gigante petrolifero Api. Lo faranno, con molte probabilità, attraverso un ricorso al Tar (contro il rinnovo) o alla Corte dei Conti per indagare sull'utilizzo dei fondi pubblici (262 mila euro) per l'indagine commissionata dalla Regione alla Svim, studi — per i Verdi — sventolati e mai utilizzati. Quella del consigliere regionale, Marco Moruzzi e del presidente della federazione dei Verdi Marche, Luciano Montesi sarà insomma un'azione volta alla revoca della concessione alla raffineria Api. «Dalla lettura delle prescrizioni — ha detto Moruzzi — sono arrivati a concedere il rinnovo fino al 2020 a cui vanno sommati ben cinque anni di ulteriore automatico rinnovo. Le condizioni stabilite dalla Regione non sono altro che un elenco di obblighi che comunque la raffineria doveva rispettare e a cui non è stato aggiunto nulla di nuovo e non è stato stabilito neanche un sistema sanzionatorio in caso di mancato adempimento delle prescrizioni stesse». Il consigliere regionale denuncia anche la mancata menzione, nel protocollo d'intesa, della cauzione che l'Api avrebbe dovuto versare all'ente regionale, a titolo cautelativo, proprio per far fronte ad eventuali inadempimenti. «Che fine abbia fatto quella richiesta, inizialmente stabilita negli atti preliminari — ha sottolineato Moruzzi — nessuno ne è al corrente». Ma i due esponenti hanno puntato il dito su quelle che sarebbero le «incongruità del documento di rinnovo». «Non è stata fissata neanche una data ultima per la bonifica del suolo — ha aggiunto il consigliere — e non si spiega come si possa licenziare in modo così blando il rischio idrogeologico che grava su quell'area. La foce del fiume Esino, infatti, presenta grandi difficoltà a seguito di una conquista territoriale sempre maggiore da parte dell'Api e il rischio possibile è quello di un'alluvione che metterebbe in pericolo i cittadini del quartiere di Villanova». Moruzzi e Montesi hanno poi affrontato la parte strettamente politica di tutta la questione: «Il passaggio regionale dell'Api — ha rimarcato Montesi — puzza di bruciato. Il ruolo della maggioranza è incomprensibile, perché il valore primario del centrosinistra era quello di tutelare gli interessi diffusi, e in questo caso quelli dei cittadini». E proprio per discutere il rinnovo, mercoledì 16 luglio si terrà la riunione nazionale dei responsabili degli enti locali dell'Ulivo. Nel frattempo però (martedì) un altro incontro avrà luogo: quello richiesto dalla maggioranza regionale ai Verdi per ricostruire l'unione persa.

 
CORRIERE ADRIATICO
Api, i Verdi studiano un ricorso al Tar La polemica

Il 17 luglio vertice dell'Ulivo

ANCONA - L'uscita dei Verdi dalla maggioranza regionale nelle Marche per il rinnovo della concessione all'Api approda a un "tavolo" nazionale. Il caso marchigiano è all'ordine del giorno di un incontro tra i responsabili degli enti locali delle forze dell'Ulivo, che si terrà il 17 luglio prossimo. Lo hanno annunciato ieri il capogruppo dei Verdi in consiglio regionale Marco Moruzzi, il consigliere regionale Pietro D' Angelo e il presidente della federazione Verdi Marche Luciano Montesi. I Verdi sono stati nel frattempo invitati a ad un incontro con gli ex partner della maggioranza, fissato per la prossima settimana, a cui intendono partecipare "proponendo gli argomenti di cui discutere - ha detto Moruzzi - ma senza con questo alleggerire la situazione che si è creata con la nostra uscita dalla maggioranza". Una posizione che gli ambientalisti intendono mantenere, mentre stanno valutando la possibilità di portare davanti al Tar il rinnovo della concessione all'Api. Sempre secondo Moruzzi, c' è qualche aspetto che potrebbe avere margini di irregolarità amministrativa. "Ad esempio - ha detto - per quello che riguarda il rischio idrogeologico. Il piano idrogeologico regionale e altri atti del consiglio e della giunta regionale individuano la sponda destra dell'Esino come zona ad altissimo rischio per la quale l'unica prescrizione è l' arretramento della raffineria".

La contesa della Nicole

E una petizione on line raccoglie 3.500 firme per lasciarla dov'è Comune e Arpam: "Va rimossa". I sub: "E' un errore"

Scoppia la polemica per il recupero della nave

di BRUNO ORLANDINI

Scoppia la guerra della Nicole, la nave mercantile naufragata il 26 gennaio al largo di Numana. L'imbarcazione, battente bandiera del Belize, giace a 12 metri di profondità col suo carico di feldspato, materiale inerte non nocivo. Comune e Arpam (Azienda regionale per la protezione ambientale) premono perché quel relitto sia rimosso. Il viceministro Tassone nell'immediatezza dell'incidente ingiunse alla società proprietaria del mercantile di provvedere alla rimozione altrimenti lo avrebbe fatto lo Stato italiano. Al contrario i sub stanno raccogliendo le firme perché resti dov'è così da creare un'oasi ittica. Vediamo i due fronti. Giancarlo Balducci, sindaco di Numana, non ha dubbi: "Il mio pensiero l'ho detto chiaramente e ripetutamente. Bisogna recuperare la Nicole, perché se è vero che il minerale contenuto nelle stive non è nocivo, è altrettanto vero che tutto il materiale con cui la neve mercantile è stata costruita è di altri tempi. Dunque superato, non sicuro dal punto di vista della salute del mare e dell'ecosistema marino. Mi rendo conto tuttavia che l'operazione di recupero può essere complessa e molto costosa. In alternativa, chiedo la bonifica completa del relitto e che nella zona si istituisca la segnalazione appropriata, perché così come è posizionato il relitto è pericoloso per la navigazione. Vanno piazzate al più presto, e a questo non può pensare il Comune - conclude Balducci - boe luminose e radarabili". Più determinata e convinta della rimozione è invece Cassandra Mengarelli, responsabile del servizio acque del dipartimento di Ancona dell'Arpam. "La zona in cui è affondata la Nicole - spiega - è sotto controllo. Il monitoraggio è continuo, i pericoli sono esclusi, non ci sono state ripercussioni negative per l'ambiente marino. Detto questo, non possiamo mai dimenticare che lo scafo del mercantile affondato è una carretta del mare, costruito attorno agli anni '80, dunque con materiale che può diventare pericoloso. E senza doppio scafo. Va recuperato al più presto, senza tentennamenti. In America, per esempio - ricorda la Mengarelli - dopo il disastro ecologico della Exxon Valdez, in Alaska, le misure preventive sono diventate ancor più rigorose, al punto che nei registri di bordo devono essere indicate anche le sostanze chimiche con cui la carena viene verniciata, perché non vi sia la presenza di sostanze antivegetative inquinanti. Questo fa intendere quale sia il rigore che giustamente regola una materia tanto importante. Ci sono, insomma, almeno tre valide ragioni - conclude - per un rapido recupero: anzitutto i materiali con cui è costruito il mercantile che assolutamente fuori norma; quindi la necessità di evitare l'impatto con l'olio che è rimasto nei motori e che prima o poi finirà in mare, e infine, la questione del feldspato, materiale inerte che, comunque, quando si propagherà finirà per compromettere le forme di vita biocenotica che vi sono in mare". Non la pensa così Marco Giuliano, responsabile del Centro Sub Monte Conero, esperto di mare e fondali, che ha promosso anche una petizione su Internet per evitare il recupero. E hanno già firmato in 3.500.

 
LA SICILIA
Manutenzione affidata a una nuova società

di M. C. G.

Continuano i cambi societari all'interno del petrolchimico. Dopo la Raffineria Agip petroli che è diventata dal primo gennaio Rage (Raffineria di Gela) e l'Enichem che un paio di mesi fa ha cambiato nome in Sindial, è il turno di Eni Divisione Agip. La società che cura le estrazioni petrolifere ha deciso di affidare, in tutti i siti italiani in cui è presente, il settore della manutenzione ad una nuova società. Un fatto questo che riguarda circa 130 lavoratori di Eni Divisione Agip in Italia di cui 27 nel distretto di Gela. La notizia della cessione di ramo d'azienda ha creato non poca apprensione tra i lavoratori di Eni Divisione Agip che sono ancora « scottati» dalle vicende di alcuni anni fa quando il distretto minerario di Gela subì un ridimensionamento invece che l'atteso salto di qualità con il nuovo centro direzionale. L'aspetto più preoccupante, oltre al destino dei lavoratori, era quello delle conseguenze che potevano derivare dalla scissione tra la manutenzione e la produzione in un'ipotesi di gestione tra due società diverse. Ieri a Roma l'Eni ha fornito informazioni ai sindacati sulla cessione del ramo d'azienda. La delegazione più folta era quella di Gela con i tre segretari Fulc Alessandro Piva, Salvatore Licata e Silvio Ruggeri e la Rsu Eni Divisione Agip composta dai sindacalisti Catalano, Gallo, Canotto e Siragusa. A gestire il settore manutenzione sarà, a partire dal primo agosto, una società denominata Ems controllata per il 50% da Eni Divisione Agip e per l'altro 50% dalla Saipem. E' stato assicurato che non ci saranno stravolgimenti per quanto riguarda il personale della manutenzione che resta sostanzialmente personale Eni e continuerà ad essere inquadrato con il contratto del settore energia. Ai sindacalisti l'Azienda ha presentato un piano specifico sottolineando che la nascita di Ems servirà a specializzare le attività. Nella prima fase il personale continuerà a fare lo stesso lavoro che svolge attualmente. Mentre i sindacati dei siti del nord Italia hanno siglato già ieri l'accordo con Eni Divisione Agip sulla cessione del ramo d'azienda non avendo nulla da obiettare, al termine dell'incontro Piva, Licata e Ruggeri hanno reso noto che l'accordo sul distretto di Gela non è stato firmato . Si è preferito rinviare al 9 luglio in modo da poter svolgere un'assemblea a Gela, informare il personale con i documenti forniti dall'Azienda per poi ottenere il placet sulla firma. Intanto al petrolchimico bollono altre situazioni, in prima linea quello dell'indotto con gli esuberi che si creeranno a settembre.

 
ECONEWS (Verdi)
Black out. Lion: licenza di inquinamento per le aziende

Il decreto sullo scarico delle acque varato ieri dal Governo "è una licenza di inquinamento per le aziende le quali potranno ridurre i loro costi, con conseguenze devastanti per l'ambiente e l'economia". Lo sostiene il capogruppo Verde in commissione Ambiente il quale sottolinea che "questo provvedimento produrrà la distruzione della fauna ittica dei fiumi italiani e un sicuro incremento delle mucillagini nei mari, con grossi disagi immediati per il comparto turistico e, nel lungo periodo, disastri ecologici irreversibili. Il Governo non vuole affrontare un serio programma energetico ma agita il rischio di blackout: ma, nonostante il picco delle ore 12 di oggi sia stato superiore alla previsione del Gestore della rete nazionale dell'elettricità, l'unica minaccia di blackout era riferita alla Sardegna, oggettivamente penalizzata nella rete di distribuzione".

 
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