MESSAGGERO |
Verdi, pronto il ricorso alla
Corte dei conti per lo studio Svim sull’Api
di CLAUDIA PASQUINI
Mentre il caso Api approda
sulle scrivanie dei politici romani, a livello locale i
Verdi aprono una vertenza sul rischio idraulico dell’Esino
che «mette in pericolo la vita dei cittadini». Il 16 luglio
i responsabili nazionali degli enti locali dell’Ulivo si
incontreranno nella capitale per discutere tra le altre cose
anche della concessione alla raffineria e della posizione
dei Verdi fuori dalla maggioranza della Regione. Nel
frattempo gli ambientalisti stanno valutando la possibilità
di ricorrere al Tar o alla Corte dei Conti. Lo hanno
annunciato ieri il responsabile regionale dei Verdi Luciano
Montesi e il capogruppo regionale Marco Moruzzi nel corso di
una conferenza stampa. «La prima cosa da fare – spiega
Moruzzi – è garantire la sicurezza dei cittadini di
Fiumesino e per questo motivo valuteremo il modo di chiedere
la revoca del passaggio dell’accordo che di fronte al
rischio idraulico evidenziato dal Piano di assetto
idrogeologico della Regione si chiede all’Api la
realizzazione di uno studio entro il 2004 per la
rinaturalizzazione del fiume Esino. E’ inaccettabile: sette
delle quattordici campate del ponte sono chiuse, mezzo fiume
è invaso dalla raffineria. Una esondazione costituirebbe una
catastrofe. Non capisco perché sia stata sequestrata la
falesia del Passetto definita dal Pai zona R4 ad alto
rischio e non si faccia nulla per l’Esino che ha la stessa
classificazione. Seconda cosa – ha proseguito il consigliere
– diffidiamo la Regione dal manipolare gli esiti della
ricerca della Svim sulla riconversione dell’Api attraverso
sintesi poco chiare (vedi articolo a lato, ndr)». Moruzzi ha
poi proseguito analizzando le singole prescrizioni
sottolineando il fatto che «fanno tutte riferimento a leggi
già esistenti» che «non propongono nulla di nuovo» e che
«non prevedono comunque sanzioni in caso di inadempimenti».
«Anzi – ha aggiunto Montesi – non c’è neanche un fondo di
deposito». I Verdi hanno stigmatizzato quanto accaduto
mercoledì in consiglio regionale. «Il fatto che Fi e Udc
abbiano votato insieme ai partiti di maggioranza il
documento che approva il rinnovo della concessione fino al
2020 – ha detto ancora Montesi – dimostra che la cosa puzza
di bruciato, che ci sono accordi sotterranei tra maggioranza
e opposizione. L’assessore Amagliani e la giunta invece di
difendere i cittadini hanno difeso gli interessi
dell’azienda. Il governo regionale di centro-sinistra sta
deludendo il suo elettorato e si sta comportando come il
miglior alleato del centrodestra per le prossime elezioni».
«Raffineria, grandi
potenzialità»
Che cosa dice lo studio della
Svim al centro della discussione
«Dagli studi effettuati per
il sito della raffineria Api non emergono situazioni di
scenari scientificamente documentati, che possono far
ipotizzare in futuro, assetti economici e territoriali
diversi da quelli attuali. Ciò non significa che non si
continueranno a seguire le dinamiche evolutive dell’area ed
a predisporre, con il piano di risanamento, misure utili per
il suo sviluppo sostenibile». Sono le valutazioni conclusive
di Francesco Marchesi, direttore generale della Svim, alla
quale era stato commissionato uno studio sull’area ad alto
rischio ambientale della bassa Vallesina, divulgate proprio
nel giorno delle polemiche in consiglio regionale. Lo studio
è «in via di conclusione» spiega Marchesi, rilevando che la
raffineria Api, «un’ulteriore importante caratteristica
economica», è un «elemento piuttosto impattante» sul
territorio. Un elemento che però «si presenta oggi sotto
controllo, e di più lo sarà in futuro a seguito delle
ulteriori prescrizioni della Regione Marche». «La sua
valenza regionale di polo energetico ambientalmente avanzato
- viene concluso - si allarga al sistema nazionale. In
particolare l'impianto Igcc ha consentito la riduzione della
dipendenza della nostra regione dall'importazione di energia
elettrica dall’80% al 50%». |
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RESTO DEL CARLINO |
COMITATI CITTADINI di
Falconara si sono
COMITATI CITTADINI di
Falconara si sono rivolti al difensore civico per
prospettare la questione del nodo ferroviario di Falconara
dopo l'avviso pubblicato dalla Rete Ferroviaria Italiana Spa
sull'avvio della procedura di via sulle opere del nodo e il
collegamento Orte-Falconara con la linea Adriatica. Secondo
i Comitati, l'avviso, in cui si dice che «il progetto di
ristrutturazione del nodo ferroviario prevede anche la
dismissione dell'attuale scalo merci e la realizzazione del
nuovo parco merci nelle adiacenze dell'interporto Marche,
non fornisce una «corretta rappresentazione della situazione
che si verrà a determinare con la realizzazione dell'opera».
«Infatti — affermano — la realizzazione del nuovo parco
merci non coincide con la completa dismissione dell'attuale
scalo merci di Falconara», perché «è composto da due fasci
di binari, dei quali, quello lato mare, continuerà a
funzionare per la sosta e la composizione dei treni merci».
Svim: «La raffineria è
sotto controllo»
ANCONA — «Dagli studi
effettuati non emergono situazioni di scenari
scientificamente documentati, che possono far ipotizzare in
futuro assetti economici e territoriali diversi da quelli
attuali . Ciò non significa che non si continueranno a
seguire le dinamiche evolutive dell'area ed a predisporre,
con il piano di risanamento, misure utili per il suo
sviluppo sostenibile». Sono le valutazioni conclusive di
Francesco Marchesi, direttore generale della Svim, alla
quale era stato commissionato uno studio sull'area ad alto
rischio ambientale della bassa Vallesina, divulgate proprio
nel giorno delle polemiche in consiglio regionale. La
raffineria Lo studio è «in via di conclusione» spiega
Marchesi, rilevando che la raffineria Api, «un'ulteriore
importante caratteristica economica», è un «elemento
piuttosto impattante» sul territorio. Un elemento che però
«si presenta oggi sotto controllo, e di più lo sarà in
futuro a seguito delle ulteriori prescrizioni della Regione.
La sua valenza regionale di polo energetico ambientalmente
avanzato, si allarga al sistema nazionale. In particolare
l'impianto Igcc ha consentito la riduzione della dipendenza
della nostra regione dall'importazione di energia elettrica
dall'80% al 50%». Nella valutazioni conclusive Marchesi
ricorda l'obiettivo generale dello studio: «analizzare in
modo integrato tutti gli aspetti di impatto tra le attività
industriali ed insediative ed il territorio circostante». Lo
studio Svim «Ha coinvolto consulenti incaricati dalla Svim
tecnici della Regione, tutti individuati per specifiche
esperienze e competenze professionali. L'attività si è
articolata su tre aree tematiche: ambientale; urbanistica;
socio-economica, per le quali sono stati elaborati documenti
specifici. La Svim elaborerà un documento finale nel quale
sarà eseguita una lettura integrata di tutte le attività
svolte, ed una conseguente valutazione di sintesi. «È emerso
che le caratteristiche ambientali dell'area sono comuni a
quelle delle aree fortemente terziarizzate ed
industrializzate — spiega Marchesi — inoltre l'area riveste
dal punto di vista economico una notevole importanza, il suo
sistema presenta consistenti potenzialità di crescita e un
buon livello di flessibilità e di adattamento. Il direttore
generale cita inoltre la presenza nella zona di «un
articolato sistema infrastrutturale, elemento di forte
valenza economica, che potrebbe, concorrere anche a portare
un notevole beneficio ambientale. Il by pass Soprattutto il
traffico veicolare rappresenta una rilevante criticità.
Secondo Marchesi «un aiuto all'intero sistema potrà derivare
dalla realizzazione degli interventi infrastrutturali
previsti: l'uscita dal porto, il raddoppio della variante
Falconara-Baraccola, lo svincolo di accesso all' Interporto,
il by pass ferroviario di Falconara; quest'ultimo,
soprattutto, faciliterà l' arretramento del traffico merci,
ottenendo un sostanziale scarico della fascia costiera».
Verdi pronti a ricorrere
al Tar
di Maria Gloria Frattagli
FALCONARA — I Verdi sono
pronti a proseguire la loro battaglia contro il gigante
petrolifero Api. Lo faranno, con molte probabilità,
attraverso un ricorso al Tar (contro il rinnovo) o alla
Corte dei Conti per indagare sull'utilizzo dei fondi
pubblici (262 mila euro) per l'indagine commissionata dalla
Regione alla Svim, studi — per i Verdi — sventolati e mai
utilizzati. Quella del consigliere regionale, Marco Moruzzi
e del presidente della federazione dei Verdi Marche, Luciano
Montesi sarà insomma un'azione volta alla revoca della
concessione alla raffineria Api. «Dalla lettura delle
prescrizioni — ha detto Moruzzi — sono arrivati a concedere
il rinnovo fino al 2020 a cui vanno sommati ben cinque anni
di ulteriore automatico rinnovo. Le condizioni stabilite
dalla Regione non sono altro che un elenco di obblighi che
comunque la raffineria doveva rispettare e a cui non è stato
aggiunto nulla di nuovo e non è stato stabilito neanche un
sistema sanzionatorio in caso di mancato adempimento delle
prescrizioni stesse». Il consigliere regionale denuncia
anche la mancata menzione, nel protocollo d'intesa, della
cauzione che l'Api avrebbe dovuto versare all'ente
regionale, a titolo cautelativo, proprio per far fronte ad
eventuali inadempimenti. «Che fine abbia fatto quella
richiesta, inizialmente stabilita negli atti preliminari —
ha sottolineato Moruzzi — nessuno ne è al corrente». Ma i
due esponenti hanno puntato il dito su quelle che sarebbero
le «incongruità del documento di rinnovo». «Non è stata
fissata neanche una data ultima per la bonifica del suolo —
ha aggiunto il consigliere — e non si spiega come si possa
licenziare in modo così blando il rischio idrogeologico che
grava su quell'area. La foce del fiume Esino, infatti,
presenta grandi difficoltà a seguito di una conquista
territoriale sempre maggiore da parte dell'Api e il rischio
possibile è quello di un'alluvione che metterebbe in
pericolo i cittadini del quartiere di Villanova». Moruzzi e
Montesi hanno poi affrontato la parte strettamente politica
di tutta la questione: «Il passaggio regionale dell'Api — ha
rimarcato Montesi — puzza di bruciato. Il ruolo della
maggioranza è incomprensibile, perché il valore primario del
centrosinistra era quello di tutelare gli interessi diffusi,
e in questo caso quelli dei cittadini». E proprio per
discutere il rinnovo, mercoledì 16 luglio si terrà la
riunione nazionale dei responsabili degli enti locali
dell'Ulivo. Nel frattempo però (martedì) un altro incontro
avrà luogo: quello richiesto dalla maggioranza regionale ai
Verdi per ricostruire l'unione persa. |
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CORRIERE ADRIATICO |
Api, i Verdi studiano un
ricorso al Tar La polemica
Il 17 luglio vertice
dell'Ulivo
ANCONA - L'uscita dei Verdi
dalla maggioranza regionale nelle Marche per il rinnovo
della concessione all'Api approda a un "tavolo" nazionale.
Il caso marchigiano è all'ordine del giorno di un incontro
tra i responsabili degli enti locali delle forze dell'Ulivo,
che si terrà il 17 luglio prossimo. Lo hanno annunciato ieri
il capogruppo dei Verdi in consiglio regionale Marco Moruzzi,
il consigliere regionale Pietro D' Angelo e il presidente
della federazione Verdi Marche Luciano Montesi. I Verdi sono
stati nel frattempo invitati a ad un incontro con gli ex
partner della maggioranza, fissato per la prossima
settimana, a cui intendono partecipare "proponendo gli
argomenti di cui discutere - ha detto Moruzzi - ma senza con
questo alleggerire la situazione che si è creata con la
nostra uscita dalla maggioranza". Una posizione che gli
ambientalisti intendono mantenere, mentre stanno valutando
la possibilità di portare davanti al Tar il rinnovo della
concessione all'Api. Sempre secondo Moruzzi, c' è qualche
aspetto che potrebbe avere margini di irregolarità
amministrativa. "Ad esempio - ha detto - per quello che
riguarda il rischio idrogeologico. Il piano idrogeologico
regionale e altri atti del consiglio e della giunta
regionale individuano la sponda destra dell'Esino come zona
ad altissimo rischio per la quale l'unica prescrizione è l'
arretramento della raffineria".
La contesa della Nicole
E una petizione on line
raccoglie 3.500 firme per lasciarla dov'è Comune e Arpam:
"Va rimossa". I sub: "E' un errore"
Scoppia la polemica per il
recupero della nave
di BRUNO ORLANDINI
Scoppia la guerra della
Nicole, la nave mercantile naufragata il 26 gennaio al largo
di Numana. L'imbarcazione, battente bandiera del Belize,
giace a 12 metri di profondità col suo carico di feldspato,
materiale inerte non nocivo. Comune e Arpam (Azienda
regionale per la protezione ambientale) premono perché quel
relitto sia rimosso. Il viceministro Tassone
nell'immediatezza dell'incidente ingiunse alla società
proprietaria del mercantile di provvedere alla rimozione
altrimenti lo avrebbe fatto lo Stato italiano. Al contrario
i sub stanno raccogliendo le firme perché resti dov'è così
da creare un'oasi ittica. Vediamo i due fronti. Giancarlo
Balducci, sindaco di Numana, non ha dubbi: "Il mio pensiero
l'ho detto chiaramente e ripetutamente. Bisogna recuperare
la Nicole, perché se è vero che il minerale contenuto nelle
stive non è nocivo, è altrettanto vero che tutto il
materiale con cui la neve mercantile è stata costruita è di
altri tempi. Dunque superato, non sicuro dal punto di vista
della salute del mare e dell'ecosistema marino. Mi rendo
conto tuttavia che l'operazione di recupero può essere
complessa e molto costosa. In alternativa, chiedo la
bonifica completa del relitto e che nella zona si istituisca
la segnalazione appropriata, perché così come è posizionato
il relitto è pericoloso per la navigazione. Vanno piazzate
al più presto, e a questo non può pensare il Comune -
conclude Balducci - boe luminose e radarabili". Più
determinata e convinta della rimozione è invece Cassandra
Mengarelli, responsabile del servizio acque del dipartimento
di Ancona dell'Arpam. "La zona in cui è affondata la Nicole
- spiega - è sotto controllo. Il monitoraggio è continuo, i
pericoli sono esclusi, non ci sono state ripercussioni
negative per l'ambiente marino. Detto questo, non possiamo
mai dimenticare che lo scafo del mercantile affondato è una
carretta del mare, costruito attorno agli anni '80, dunque
con materiale che può diventare pericoloso. E senza doppio
scafo. Va recuperato al più presto, senza tentennamenti. In
America, per esempio - ricorda la Mengarelli - dopo il
disastro ecologico della Exxon Valdez, in Alaska, le misure
preventive sono diventate ancor più rigorose, al punto che
nei registri di bordo devono essere indicate anche le
sostanze chimiche con cui la carena viene verniciata, perché
non vi sia la presenza di sostanze antivegetative
inquinanti. Questo fa intendere quale sia il rigore che
giustamente regola una materia tanto importante. Ci sono,
insomma, almeno tre valide ragioni - conclude - per un
rapido recupero: anzitutto i materiali con cui è costruito
il mercantile che assolutamente fuori norma; quindi la
necessità di evitare l'impatto con l'olio che è rimasto nei
motori e che prima o poi finirà in mare, e infine, la
questione del feldspato, materiale inerte che, comunque,
quando si propagherà finirà per compromettere le forme di
vita biocenotica che vi sono in mare". Non la pensa così
Marco Giuliano, responsabile del Centro Sub Monte Conero,
esperto di mare e fondali, che ha promosso anche una
petizione su Internet per evitare il recupero. E hanno già
firmato in 3.500. |
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LA SICILIA |
Manutenzione affidata a una
nuova società
di M. C. G.
Continuano i cambi societari
all'interno del petrolchimico. Dopo la Raffineria Agip
petroli che è diventata dal primo gennaio Rage (Raffineria
di Gela) e l'Enichem che un paio di mesi fa ha cambiato nome
in Sindial, è il turno di Eni Divisione Agip. La società che
cura le estrazioni petrolifere ha deciso di affidare, in
tutti i siti italiani in cui è presente, il settore della
manutenzione ad una nuova società. Un fatto questo che
riguarda circa 130 lavoratori di Eni Divisione Agip in
Italia di cui 27 nel distretto di Gela. La notizia della
cessione di ramo d'azienda ha creato non poca apprensione
tra i lavoratori di Eni Divisione Agip che sono ancora «
scottati» dalle vicende di alcuni anni fa quando il
distretto minerario di Gela subì un ridimensionamento invece
che l'atteso salto di qualità con il nuovo centro
direzionale. L'aspetto più preoccupante, oltre al destino
dei lavoratori, era quello delle conseguenze che potevano
derivare dalla scissione tra la manutenzione e la produzione
in un'ipotesi di gestione tra due società diverse. Ieri a
Roma l'Eni ha fornito informazioni ai sindacati sulla
cessione del ramo d'azienda. La delegazione più folta era
quella di Gela con i tre segretari Fulc Alessandro Piva,
Salvatore Licata e Silvio Ruggeri e la Rsu Eni Divisione
Agip composta dai sindacalisti Catalano, Gallo, Canotto e
Siragusa. A gestire il settore manutenzione sarà, a partire
dal primo agosto, una società denominata Ems controllata per
il 50% da Eni Divisione Agip e per l'altro 50% dalla Saipem.
E' stato assicurato che non ci saranno stravolgimenti per
quanto riguarda il personale della manutenzione che resta
sostanzialmente personale Eni e continuerà ad essere
inquadrato con il contratto del settore energia. Ai
sindacalisti l'Azienda ha presentato un piano specifico
sottolineando che la nascita di Ems servirà a specializzare
le attività. Nella prima fase il personale continuerà a fare
lo stesso lavoro che svolge attualmente. Mentre i sindacati
dei siti del nord Italia hanno siglato già ieri l'accordo
con Eni Divisione Agip sulla cessione del ramo d'azienda non
avendo nulla da obiettare, al termine dell'incontro Piva,
Licata e Ruggeri hanno reso noto che l'accordo sul distretto
di Gela non è stato firmato . Si è preferito rinviare al 9
luglio in modo da poter svolgere un'assemblea a Gela,
informare il personale con i documenti forniti dall'Azienda
per poi ottenere il placet sulla firma. Intanto al
petrolchimico bollono altre situazioni, in prima linea
quello dell'indotto con gli esuberi che si creeranno a
settembre. |
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ECONEWS (Verdi) |
Black out. Lion: licenza di
inquinamento per le aziende
Il decreto sullo scarico
delle acque varato ieri dal Governo "è una licenza di
inquinamento per le aziende le quali potranno ridurre i loro
costi, con conseguenze devastanti per l'ambiente e
l'economia". Lo sostiene il capogruppo Verde in commissione
Ambiente il quale sottolinea che "questo provvedimento
produrrà la distruzione della fauna ittica dei fiumi
italiani e un sicuro incremento delle mucillagini nei mari,
con grossi disagi immediati per il comparto turistico e, nel
lungo periodo, disastri ecologici irreversibili. Il Governo
non vuole affrontare un serio programma energetico ma agita
il rischio di blackout: ma, nonostante il picco delle ore 12
di oggi sia stato superiore alla previsione del Gestore
della rete nazionale dell'elettricità, l'unica minaccia di
blackout era riferita alla Sardegna, oggettivamente
penalizzata nella rete di distribuzione". |
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