MESSAGGERO |
Api, comitati in piazza
“Un futuro senza rimpianti” è
la manifestazione pubblica organizzata dai comitati
cittadini per oggi alle 18,30, in piazza F.lli Bandiera, per
dire no al rinnovo della concessione all’Api, così come
impostata dalla Regione Marche.
Ma la concessione Api è
ormai pronta
L’assessore Amagliani:
«Avanti anche senza l’accordo del Comune»
di ROBERTA MACCAGNANI
FALCONARA - Caso Api in
dirittura d’arrivo: tra due giorni la verità. La Regione ha,
infatti, convocato per lunedì pomeriggio il tavolo
istituzionale con Provincia e Comune per firmare le
prescrizioni e il protocollo d’intesa con cui si dovrà
rinnovare la concessione Api per altri venti anni. «Giovedì
sera - dice Marco Amagliani, assessore regionale
all’ambiente - abbiamo avuto l’ultimo incontro con la
delegazione del Comune di Falconara che ancora non ha
sciolto le sue riserve sui due documenti. Ci auguriamo però
che lunedì arrivi l’assenso. La Regione ha lavorato per
andare incontro alle esigenze dei tre enti e sia nelle
prescrizioni che nel protocollo sono comprese le principali
volontà del Comune di Falconara». E se alla fine il Comune
dirà di no? «Noi abbiamo cercato di trovare un punto di
incontro, ma alla fine la competenza è regionale». Decisive,
quindi, le ultime ore rimaste: il Comune è riuscito a far
inserire nei documenti preparati dalla Regione, oltre alla
possibilità di realizzare il porto e il contratto di
quartiere di Fiumesino, il riconoscimento delle scelte del
prg del Comune. Tutti elementi su cui l’Api era contraria e
su cui, quindi, sembra aver ceduto. Ma per Giancarlo
Carletti, primo cittadino, questo non basta. Cosa manca
ancora? Una delle tante questioni sollevate era stato il
sostentamento dell’ufficio ambiente del Comune, attivo ormai
da oltre tre anni, e che all’ente locale costa qualcosa come
500 mila euro l’anno tra dipendenti, consulenti e
macchinari. Un supporto in questa direzione sarebbe
senz’altro ben accolto dal Comune, soprattutto perché le sue
casse ne trarrebbero un giovamento considerevole. Tra le
ipotesi era stata anche ventilata l’idea di inserire
l’ufficio ambiente all’interno dell’Arpam, facendo così
ricadere oneri ed onori sulle spalle della Regione che
finora non sembra però avere manifestato interessi in questo
senso, almeno di sua spontanea iniziativa.
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RESTO DEL CARLINO |
Api, le regole per la convivenza
di Maria Gloria Frattagli
FALCONARA — Sono stati lunghi mesi di «agonia» per una
parte della cittadinanza, giorni trascorsi ascoltando
paroloni, in certi momenti enfatizzati, dal significato
sconosciuto alla maggior parte dei falconaresi: prescrizioni
e protocollo d'intesa, quelle più ricorrenti. Il risultato è
quello ipotizzato più volte e quello paventato fin dalle
prime battute della interminabile diatriba: «La concessione
alla raffineria Api avrà una durata di 20 anni decorrenti
dal primo febbraio 2000 con conseguente scadenza il 31
gennaio 2020». Questo si legge nelle cinque pagine della
«bozza del sistema prescrittivo per il rilascio della
concessione petrolifera di Api raffineria di Ancona,
stabilimento di Falconara Marittima». Il documento E' in
quest'ultima data il risultato di un tragitto tortuoso che
come epilogo ha visto l'uscita dei Verdi dalla maggioranza
regionale. C'é chi ha definito questa presa di posizione
come un gesto dovuto e chi, invece, l'ha considerata eroica,
quasi ad intendere che se ne vedono pochi di politici pronti
a rinunciare alla propria «poltrona» per passare nelle file
dello schieramento di opposizione. I Verdi hanno contestato
fin dall'inizio il rinnovo, come era normale che fosse, ma
solo vedendo, nero su bianco, quelle che considerano
«flebili prescrizioni» hanno detto basta. Nel documento si
legge che saranno effettuati step periodici di verifica
correllati agli esiti delle istruttorie tecniche dei
rapporti di sicurezza: il primo dovrà essere presentato
entro giugno 2004. In caso di riscontro positivo, l'attività
concessionata procederà in modo ordinario, negli altri casi
la Regione procederà ad approfondimenti tecnico istruttori
finalizzati al superamento delle criticità. Per quanto
riguarda l'aspetto energetico, l'«Azienda dovrà utilizzare
per l'impianto di gassificazione e relativa centrale Igcc,
esclusivamente prodotti derivanti dal ciclo di produzione
della raffineria di Falconara. Le condizioni Innanzitutto
l'adempimento entro i termini indicati dall'autorità
competente, delle eventuali prescrizioni che deriveranno dal
decreto ministeriale sui porti industriali e petroliferi;
l'integrale ottemperanza alle vigenti disposizioni in
materia di aree demaniali e quella delle disposizioni
relative ai collaudi e alle ispezioni periodiche. «Il
cattivo uso delle aree concessionate, l'eventuale
inadempienza alle prescrizioni comporta la decadenza della
concessione demaniale. Per tutto il periodo di validità
della concessione sono esclusi utilizzi diversi da quelli
autorizzati, qualsiasi ampliamento della aree terrestri e
marine, e l'uso di aree del demanio pubblico. Fiume Esino
Questa sarà limitata ad un periodo di due anni dalla data di
rilascio della concessione petrolifera, e sarà comunque
rinnovabile sulla base degli esiti di specifici studi
finalizzati, a verificare la delocalizzazione dell'opera di
presa che si trova nella sponda sinistra e della fattibilità
di risorse idriche alternative. Per ciò che concerne la
prevenzione degli incendi, l'attuale confine con l'area
degli impianti ferroviari (lato mare), rappresenta il limite
entro il quale collocare eventuali nuovi impianti e
depositi. Qualsiasi futuro sviluppo dell'impianto, non potrà
prescindere dalla disponibilità di adeguati spazi. Vanno,
inoltre, verificate ipotesi di razionalizzazione degli
stoccaggi di prodotti infiammabili, nel rispetto della
creazione di una fascia di rispetto lungo la statale 16. Le
emissioni Quelle in atmosfera non dovranno superare quelle
conseguite nell'anno 2002. In relazione al sistema di
abbattimento DeNox, l'efficienza dovrà essere garantita ad
un livello non inferiore al 30% massimizzandone la
performance nei periodi estivi. L'Azienda dovrà presentare
rapporti semestrali sugli inconvenienti e, parlando di
inquinamento acustico, l'Api dovrà continuare ad effettuare
con periodicità annuale campagne di misure. Entro 6 mesi
dall'approvazione della zonizzazione acustica, l'Azienda
dovrà presentare una nuova valutazione di impatto acustico.
COMMENTANDO l' uscita dei Verdi dalla
COMMENTANDO l' uscita dei Verdi dalla maggioranza di
centro sinistra, la consigliera regionale Cristina Cecchini
(Sinistra Democratica) ha affermato che «la volontà della
giunta di rinnovare anticipatamente la concessione all'Api
di Falconara ha indotto i Verdi ad assumere un importante
gesto di responsabilità». «Ora — aggiunge — l' impegno è
individuare le forme per impedire che tale atto (decreto dei
dirigenti) possa produrre gli effetti giuridici voluti,
insieme ai cittadini di Falconara e a tutte le realtà del
territorio che si sono espresse contro il rinnovo».
«Sinistra Democratica — sottolinea Cecchini — è impegnata a
costruire insieme a quelle forze di sinistra e democratiche
della regione che hanno volontà di rinnovamento, una
politica regionale più adeguata ai bisogni dei marchigiani e
a rappresentare agli elettori di centrosinistra un modo
realmente alternativo di gestire il potere e gli interessi
pubblici, rispetto al permanere di logiche conservative e
contrarie — conclude — ad un qualificato sviluppo della
regione Marche nell'attuale schieramento governativo del
centro sinistra».
D'Ambrosio: «Mi spiace, ma non ho rimorsi»
ANCONA — Inevitabili reazioni alla decisione dei Verdi di
mollare la giunta D'Ambrosio. L'uscita dei Verdi dalla
maggioranza che sostiene la giunta regionale delle Marche
dovuta al rinnovo della concessione alla raffineria Api per
continuare nella sua attività fino al 2020 in comune di
Falconara Marittima, che gli ambientalisti ritengono non
eco-compatibile con il territorio e che l'accordo di
programma ne prevedeva la delocalizzazione, ha fatto dire al
presidente della Regione Marche, Vito D'Ambrosio, di «non
essere venuto meno agli impegni sottoscritti nel programma
della maggioranza, al contrario ci siamo adoperati per una
soluzione di alto profilo, garantendo sviluppo, occupazione,
salute, sicurezza ed ambiente». «La giunta — ha poi
ricordato D'Ambrosio — ha lavorato, d'accordo con la
maggioranza, insieme alle istituzioni locali e alle parti
sociali, per trovare, attraverso il sistema delle
prescrizioni tecniche e un protocollo d'intesa, il più
avanzato ed utile punto di equilibrio tra le ragioni delle
comunità locali e dell'intera regione e quelle di uno
sviluppo economico ecosostenibile». «La nostra
preoccupazione — ha proseguito — è stata sempre quella di
salvaguardare la salute dei cittadini, la tutela e la
valorizzazione dell'ambiente, il posto di lavoro di alcune
migliaia di persone, nonchè il fabbisogno energetico della
regione, gravemente deficitario». «Auspico, quindi — ha
concluso il presidente della giunta — che il gruppo dei
Verdi possa riprendere al più presto un rapporto di
collaborazione sereno e costruttivo accogliendo anche la
proposta da me avanzata di un impegno sottoscritto
dall'intera maggioranza a definire l'attività di
monitoraggio e l'approfondimento delle questioni poste dal
complesso, ma utile processo avviato».
Wwf: 'Nessuna... Concessione'
ANCONA — Il Wwf delle Marche conferma la sua opposizione
al rinnovo della concessione alla raffineria Api, «in
assenza — dice — di garanzie per la sicurezza e la tutela
dell'ambiente». L'inquinamento pregresso, la gestione
passata e l'opposizione della cittadinanza di Falconara, ma
soprattutto la mancanza di una prospettiva di dismissione o
di una reale riconversione ecosostenibile dell'impianto,
rendono secondo il Wwf «insostenibile ogni ulteriore azione
per accettare l'Api sul territorio marchigiano». Dalla
dichiarazione della giunta regionale, che ha istituito
l'Area ad elevato rischio di crisi ambientale, nella quale
si è stabilito di valutare la compatibilità della raffineria
con il territorio attraverso tre studi (Enea, Arpam e Svim),
«poco o nulla è stato fatto — afferma nella nota — , con la
conseguenza che oggi non sembrano esserci più ostacoli al
rinnovo della concessione». E, nonostante l'apprezzabile
impegno della Regione Marche (anche se tardivo), delle sue
strutture tecniche, e l'operato dell'assessore Amagliani
manca ogni strategia politica per una risoluzione definitiva
dell' impatto ambientale causato dalla raffineria».
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CORRIERE ADRIATICO |
In rete la bozza della concessione
Le prescrizioni
della Regione divulgate sul sito dei comitati
E oggi manifestazione di protesta in piazza Chiesta
inoltre alla Provincia un'assemblea pubblica su by pass
ferroviario e impatto ambientale
di Marina Minnelli
La "Bozza del sistema prescrittivo per il rilascio della
concessione petrolifera di Api Raffineria di Ancona,
stabilimento di Falconara" da ieri pomeriggio è in rete sul
sito dei comitati cittadini di Villanova, Fiumesino e 25
agosto. La decisione di pubblicare il documento, ricevuto
per "autonoma decisione dai consiglieri Verdi" è stata presa
- spiegano i portavoce Loris Calcina, Franco Budini ed Elisa
Grifoni - "con l'obiettivo di fornire all'opinione pubblica
un altro strumento per valutare su che basi e con quali
prospettive la Regione Marche si appresta a rinnovare la
concessione alla raffineria Api". "Noi - proseguono i
rappresentanti dei comitati - ci stiamo impegnando per
informare nel modo più ampio i cittadini in merito
all'operato delle amministrazioni locali le quali, spesso,
non fanno altrettanto. La questione del by-pass ferroviario
ne è un esempio eclatante" aggiungono i rappresentanti dei
comitati. Che aggiungono: "Migliaia di cittadini falconaresi
sono stati tenuti all'oscuro rispetto allo stravolgimento
del territorio e della qualità della vita che determinerà
quell'opera. Decine e decine di famiglie si vedranno
espropriata la propria abitazione senza prima aver potuto
sapere poco o nulla, se non a cose fatte". "Anche se non
piacerà a qualcuno - affermano Calcina, Budini e Grifoni -
la pubblicazione sul nostro sito
(www.comitati-cittadini.net) della bozza delle prescrizioni,
corredate da nostre annotazioni basate su documenti
ufficiali, è l'ennesimo tentativo di capire, informare e
spiegare in tempo utile ciò che ogni cittadino dovrebbe
essere messo in condizione di sapere tempestivamente".
L'accordo prevede una durata ventennale della concessione (a
decorrere dal 2000 e quindi con scadenza nel 2020) e "ai
fini della verifica periodica dell'effettiva attuazione dei
migliori accorgimenti tecnologici e gestionali finalizzati a
prevenire incidenti rilevanti connessi alle sostanze
pericolose stoccate e lavorate nell'impianto, a limitarne le
conseguenze per l'uomo e per l'ambiente, saranno effettuati
step (il primo entro giugno 2004) periodici di verifica".
L'azienda, secondo quanto stabilito dalla Regione, dovrà
utilizzare per l'impianto di massificazione e la relativa
centrale termoelettrica Igcc "esclusivamente prodotti
derivanti dal ciclo di produzione della raffineria di
Falconara". Quanto alle aree in concessione è escluso
qualsiasi ampliamento ed il cattivo uso delle stesse
comporta la decadenza dell'accordo, mentre l'attuale confine
con l'area di sedime degli impianti ferroviari (lato mare) e
quest'ultima, in caso di delocalizzazione della linea
ferroviaria, rappresenta il limite entro il quale collocare
eventuali nuovi impianti e depositi aventi caratteristiche
operative critiche. Andranno poi verificate ipotesi di
razionalizzazione degli stoccaggi di prodotti infiammabili
che possano portare alla creazione di una fascia di rispetto
lungo la Statale 16. Le prescrizioni danno indicazioni
precise anche in merito alle emissioni in atmosfera ed
all'inquinamento acustico, alle acque ed al suolo per il
quale l'azienda dovrà accelerare i processi di bonifica.
Intanto i comitati in questi giorni hanno rinnovato al
presidente della Provincia Enzo Giancarli la richiesta di
un'assemblea pubblica "necessaria per discutere i problema
legati alla questione del by-pass Fs ed al suo impatto sulla
città". E oggi, a partire dalle 18.30, i comitati cittadini
insieme a Legaambiente, Wwf e Il Falco Azzurro, ai
consiglieri comunali, provinciali e regionali dei Verdi e di
An saranno in piazza Fratelli Bandiera per manifestazione
contro il rinnovo della concessione.
Il Wwf: no al rinnovo "Mancano strategie per una
futura dismissione"
Favorevoli e contrari. Cesaroni critica l'atteggiamento
di Carletti
Il rinnovo della concessione all'Api continua a dividere.
Da una parte il Wwf, che conferma la sua opposizione, "in
assenza di garanzie per la sicurezza e per la tutela
dell'ambiente". L'inquinamento pregresso, la gestione
passata "ma soprattutto la mancanza di una prospettiva di
dismissione o di una reale riconversione ecosostenibile
dell'impianto, rendono insostenibile ogni ulteriore azione
per accettare l'Api sul territorio marchigiano" sostiene il
Wwf in una nota. "Dalla dichiarazione della giunta
regionale, che ha istituito l'Area ad elevato rischio di
crisi ambientale, nella quale si è stabilito di valutare la
compatibilità della raffineria con il territorio, attraverso
l'elaborazione di 3 studi (Enea, Arpam e Svim), poco o nulla
è stato fatto, con la conseguenza che non sembrano oggi
esserci più ostacoli al rinnovo della concessione" si legge
ancora. Nonostante "l'apprezzabile impegno della Regione
(pure se tardivo), anche con l'utilizzo delle proprie
competenti strutture tecniche, attraverso l'operato
dell'assessore Amagliani per rendere il processo decisionale
trasparente e partecipato, nella sostanza si rileva la
mancanza di ogni strategia politica per una risoluzione
definitiva dell'impatto ambientale causato dalla
raffineria". La raffineria, sostiene il Wwf, "condiziona e
sostiene da anni l'economia e l'occupazione". Per il rinnovo
della concessione il consigliere regionale Enrico Cesaroni.
Una posizione che l'esponente di Forza Italia ribadisce. E
torna a puntare il dito contro il sindaco Giancarlo Carletti
"che ritiene di poter decidere autonomamente le sorti della
raffineria. E invece "tale competenza spetta alla Regione",
dunque "non al sindaco né tantomeno al consiglio comunale da
lui guidato e che in più occasioni ha cercato di coinvolgere
in posizioni fuori luogo poiché non di sua competenza".
Cesaroni nella nota tra l'altro riafferma "il valore della
struttura per l'intero territorio regionale", "l'Api in
questi anni infatti ha prodotto ricchezza e sviluppo
socioeconomico" conclude Cesaroni dicendosi certo del
prossimo rinnovo della concessione.
La "frattura" sul tavolo nazionale
L'uscita dei Verdi dalla maggioranza divide ancora di più
l'Ulivo
di F.B.
ANCONA - L'uscita dei Verdi dalla maggioranza continua a
far discutere. E mentre lo stesso Moruzzi annuncia che la
vicenda finirà sul tavolo dell'Ulivo a livello nazionale,
sulla questione torna il presidente D'Ambrosio. Il suo
auspicio è che "il Sole che ride" possa rivedere la propria
posizione nel vertice del partito" in programma oggi.
Comunque, il Governatore non teme che i Verdi si dissocino
dalla coalizione in occasione del voto sul piano sanitario.
"Lo hanno fatto capire le dichiarazioni dei consiglieri
Moruzzi e D'Angelo", spiega il presidente. La conferma
giunge da Moruzzi che "sì voterà il Piano ma solo per
conservare la sanità pubblica e non come atto di fiducia a
D'Ambrosio che sulla questione ha spaccato il
centrosinistra". Secondo il Governatore, però, "la loro
valutazione sull'impegno della Giunta e della maggioranza
sul rinnovo della concessione all'Api mi è parsa
eccessivamente minimalista e sbagliano a considerare il
rinnovo un cammino finito". Ma intanto il consigliere
Moruzzi e Domenico Lo Melo, responsabile nazionale enti
locali per i Verdi, promettono che la vicenda avrà
conseguenze sulla politica nazionale del centrosinistra
perché, "sin dall'inizio della legislatura, i Verdi sono
stati esclusi dalla partecipazione alla Giunta". Un'
esclusione, fa sapere Moruzzi, "confermata anche in
occasione della verifica politica". Di gesto di
"responsabilità", riferendosi alla scelta dei Verdi, parla
il consigliere di Sinistra democratica, Cristina Cecchini.
"Ora - aggiunge - l'impegno è di individuare le forme per
sostenere quanti sono contro il rinnovo". |
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LA SICILIA |
Smog industriale al toluene
MELILLI. L'Arpa ha accertato
l'eccessiva concentrazione della sostanza nell'atmosfera
di Paolo Mangiafico
Melilli. Durante la notte del
17 giugno scorso, nell'atmosfera del centro ibleo, c'era una
eccessiva concentrazione di toluene. A ribadirlo è stato il
sindaco Pippo Sorbello in base alla relazione che gli è
stata trasmessa dell'Arpa (Agenzia regionale protezione
ambiente) di Siracusa. Sarebbe stata, quindi la presenza di
questo carburo dell'idrogeno a rendere irrespirabile l'aria
di Melilli, tant'è che parecchi cittadini, in piena notte,
hanno preferito lasciare la loro abitazione e trasferirsi in
zone meno colpite dallo smog industriale. Comincia a dare
già i primi frutti il monitoraggio dei composti organici
volatili e delle sostanze odorigene nell'area industriale di
Siracusa, condotto dall'Arpa e che è scattato lo scorso mese
di maggio, ed attualmente interessa la zona di Melilli. Nel
corso della «notte di smog», i tecnici dell'Arpa di
Siracusa, sono intervenuti sul posto ed hanno prelevato dei
campini d'aria che poi sono stati analizzati in laboratorio.
E' stato possibile, attraverso l'apparecchiatura, che
proprio il Comune di Melilli ha dato in gestione al'Arpa di
Siracusa, sapere che quella notte nell'aria del centro ibleo
la gente ha respirato toluene. Però, anche per non creare
allarmismi, si deve puntualizzare che questa sostanza non è
cancerogena, tutto al più, come è accaduto, può provocare
difficoltà nella respirazione. Il toluene, infatti, è un
indicatore che si forma attraverso delle reazioni chimiche.
Quindi, sarebbe molto utile sapere del perchè si è formato e
quali sono state le sostanze che hanno determinato la
reazione fino a farlo diventare eccessivamente presente
nell'atmosfera melillese. Un «giallo», questo che
difficilmente si riuscirà a chiarire, anche perchè tutte le
aziende che in piena notte sono state interpellate dai
responsabili dell'ufficio comunale della Protezione civile,
hanno dichiarato che le emissioni dai loro camini erano
perfettamente entro i parametri di legge.
L'energia che verrà,
progetti in Sicilia
Lo scenario. Entro il 2005 l'Enel
investirà 220 milioni di euro. Nuova centrale a Priolo,
ostacoli per quella di Termini Imerese
di Michele Guccione
Palermo. Ieri in Sicilia l'Enel
non ha ripetuto il piano di blackout a rotazione che giovedì
– alla stessa stregua di quanto accadeva nel resto del Paese
– ha provocato disagi a 650 mila utenti divisi in sei fasce
orarie di 90 minuti ciascuna. Qualche interruzione sempre a
danno delle aziende ittico-conserviere di Mazara del Vallo,
la possibilità annunciata nei prossimi giorni di
interruzioni nel territorio di Gravina di Catania dalle 15
alle 16,30. Niente più. L'ing. Sergio Volpato, responsabile
di Enel distribuzione spa per Sicilia e Calabria, ieri si è
limitato a dire: «Dal Gestore della rete nazionale non è
giunta l'indicazione di ripetere le interruzioni. La
tensione della rete sta andando molto bene, c'è energia a
sufficienza. Non penso che scatterà l'emergenza». Non si sa
se perché i consumi al Nord Italia siano tornati entro
limiti normali, o perché le roventi polemiche abbiano
indotto il Gestore della rete nazionale a desistere. L'ing.
Volpato si lascia scappare un solo commento: «Spero che non
dovremo mai più parlare di queste cose». Bisognerebbe, però,
potenziare la produzione energetica in Sicilia, avere una
riserva più abbondante da esportare nel resto del Paese in
caso di deficit. Enel produzione spa, che gestisce le
centrali elettriche, ha già programmi di sviluppo in
Sicilia. Le centrali di Termini, Porto Empedocle, Priolo e
Augusta nominalmente possono coprire i consumi attuali e
dare qualcosa in più. Ma vi sono lavori in corso, alcuni
elementi vengono spenti. L'ufficio stampa dell'Enel, a nome
di Enel produzione, ha fornito questo quadro: «Enel non può
aumentare la sua capacità produttiva complessiva in Italia,
per cui gli interventi in corso o previsti sono tesi a
migliorare l'efficienza e la compatibilità ambientale degli
impianti senza aumenti della potenza totale e quindi senza
la realizzazione di nuove grandi centrali. I progetti più
significativi in Sicilia sono due. Il primo – prosegue la
nota – riguarda Priolo Gargallo, dove è in fase di
ultimazione la conversione in ciclo combinato delle due
sezioni di produzione della Centrale, che con questa
trasformazione passa da 640 MW di potenza (con alimentazione
ad olio combustibile e rendimento del 39%) a 760 MW (con
alimentazione a metano e rendimento del 56%). Un
investimento da 255 milioni di euro». Il ciclo combinato al
momento prevede solo il metano, ma in futuro l'Enel potrebbe
utilizzare anche l'«orimulsion», una miscela prodotta in
Venezuela e ritenuta dagli ambientalisti inquinante. Proprio
l'«orimulsion» blocca il secondo progetto: «A Termini –
spiega l'Enel – è già stata autorizzata la conversione a
ciclo combinato di uno dei gruppi di produzione oggi
alimentati a olio e gas, ma Enel ha anche presentato un
progetto più ampio, che consente di valorizzare le
infrastrutture esistenti e prevede la trasformazione di due
gruppi produttivi alla tecnologia del ciclo ibrido (che
utilizza sia il gas naturale sia l'“orimulsion”), a fronte
di un investimento di 450 milioni di euro in due anni, una
grande cifra a beneficio dell'economia termitana». Il
miraggio degli investimenti non ha, però, colpito più di
tanto la classe politica locale. Il Consiglio comunale di
Termini ha espresso parere negativo alla conversione degli
impianti a «orimulsion». Una decisione apprezzata dal
coordinatore della Margherita Franco Piro, ma che ha
suscitato «stupore» da parte dell'Enel «che più volte ha
chiesto di potere illustrare il progetto al Comune, senza
risposta». «Il problema non è il tipo di alimentazione –
spiegano fonti vicine ai vertici Enel – ma cosa viene
immesso nell'aria dai camini. Qualche anno fa, ad esempio,
il gasolio delle auto era altamente inquinante e dava basse
prestazioni, poi la tecnologia ha risolto il problema
portando il gasolio ai medesimi standard della benzina.
Ecco, la tecnologia ha prodotto gli stessi risultati con l'“orimulsion”».
Se è così, perché utilizzarlo, quando il metano è poco
inquinante e accettato dall'opinione pubblica? «E' un
problema di costi – spiegano le stesse fonti – fra poco
entrerà in funzione la Borsa elettrica, nella quale sarà
venduta solo l'energia prodotta ai costi più bassi. L'Enel
ha venduto la centrale di San Filippo del Mela perché
produceva a costi elevati. Oggi Termini produce a costi non
competitivi e, se non si potrà convertirla per produrre a
costi inferiori, dovrà essere chiusa». Quanto all'energia
prodotta da fonti rinnovabili, nel rispetto dell'ambiente,
c'è ancora molto da fare nell'Isola. «In questo settore – è
la risposta di Enel produzione – Enel in Sicilia dispone già
di circa 700 MW operativi, ma entro il 2005 investirà 220
milioni di euro per altri 220 MW di capacità “verde”. In
particolare, dopo le recenti inaugurazioni di impianti
eolici a Carlentini, Sclafani Bagni e Caltabellotta, sono
già in costruzione altri impianti eolici per 86 MW con un
investimento di 85 milioni di euro». Molto lontana, invece,
la produzione di elettricità dall'idrogeno: «Enel è
attivamente impegnata nella ricerca sulla produzione a
idrogeno, ma siamo ancora in fase di sperimentazione
preliminare: al momento non ci sono progetti realizzativi
già definiti». Né esistono ipotesi di costruzione di
centrali a combustione nucleare. A livello nazionale, l'A.d.
di Enel, Paolo Scaroni, contro l'emergenza ha annunciato «un
programma importante che darà un contributo decisivo per
evitare fenomeni di blackout. Si tratta di investimenti tali
da poter generare nell'arco dei prossimi 8 mesi 500 MW e, in
totale 1200 MW aggiuntivi nei prossimi 12 mesi». Il
viceministro Adolfo Urso se l'è presa con i Verdi «che hanno
praticato per vent'anni la politica dei ricatti costringendo
di fatto l'Italia a rinunciare ad una vera politica
energetica». |
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IL GAZZETTINO |
«Tdi, serve una valutazione
d'impatto ambientale»
Si accende la polemica mentre
la Dow Chemical attende le richieste ufficiali del Comune
per riaprire lo stabilimento
di Fabrizio Conte
Mestre "Aspettiamo che il
Comune di Venezia verbalizzi le richieste e poi saremo in
grado di dire quando e come l'impianto Tdi ripartirà". Dalla
direzione della Dow Poliuretani Italia non arrivano altre
notizie sul riavvio dell'impianto di toluendisocianato, di
nuovo bloccato dopo l'ennesimo incidente di qualche giorno
fa. Un incidente che ha riacceso la polemica e che potrebbe
coinvolgere per il futuro anche gli altri stabilimenti che
operano nel ciclo del cloro. "Non ci sono dubbi sul fatto
che questo incidente coinvolge, a livello d'immagine, tutto
il petrolchimico" dice l'assessore Luciano De Gasperi. Dopo
le prescrizioni del Comune, che ha invitato la Dow a
presentare un progetto completo con tutte le operazioni per
il riavvio, c'è chi insiste che a questo punto sarebbe utile
anche una valutazione d'impatto ambientale. "Credo che
sarebbe quantomeno necessaria per tranquillizzare la
cittadinanza - dice Andreina Zitelli per anni componente
della Commissione nazionale che valuta gli impianti
industriali - l'unico dubbio riguarda la validità. Di solito
la valutazione viene fatta per impianti nuovi o da
modificare ma a norma. A Porto Marghera gli impianti non lo
sono e dunque sarebbe una sciagura far ripartire un ciclo
che ha dimostrato di avere più di qualche problema". Un
ragionamento che non convince i dirigenti Dow: "Per noi la
valutazione d'impatto ambientale non è necessaria, non lo
prevede la legge. Adesso aspettiamo di capire come muoverci
nei prossimi giorni. È chiaro che nulla verrà riavviato fino
a quando non avremo la certezza che tutto sia a posto. Da
parte nostra non c'è nessuna speculazione, siamo fermi da
sette mesi eppure continuiamo a comprare tdi da altri
produttori per accontentare i nostri clienti". Sui tempi
nessuna previsione: "Aspettiamo di conoscere il contenuto
delle richieste del Comune". Martedì, nel frattempo, il
governo riferirà in commissione Ambiente (sarà presente il
sottosegretario Nucara) sull'incidente avvenuto alla Dow
poliuretani. Lo rende noto la deputata Verde Luana Zanella,
che ha già presentato una interrogazione per chiedere
l'istituzione di una Commissione in grado di assicurare la
città contro i pericolosissimi rischi della chimica. "Il
governo non può limitarsi a guardare. Mi auguro - sottolinea
Zanella - che la prossima settimana il sottosegretario
Nucara possa illustrare al parlamento elementi di chiarezza
rispetto alle prospettive di rendere sicura Marghera dalla
chimica. Non vorremmo davvero che a fronte di una drammatica
emergenza, il governo non avanzi proposte credibili e di
lungo periodo". In questi giorni stanno arrivando anche le
prime testimonianze di chi, proprio in quel momento, stava
passando nelle vicinanze dello scarico Sm15. "Un mio amico,
un noto commercialista di Venezia, transitava con la barca
sul canale, quando la massa di toluendisocianato è
fuoriuscita dallo scarico - racconta la Zitelli - la barca è
stata investita da un'onda anomala, puzzolente e l'acqua ha
cambiato colore improvvisamente. Il mio amico mi ha subito
chiamato terrorizzato perché temeva per la sua salute visto
che aveva respirato le esalazioni che provenivano dal
toluendisocianato".
Chi paga i danni
all'ambiente e alla gente?
di Renato Brunetta (europarlamentare)
Sul quarto incidente al Dow
Chemical nell'impianto Tdi abbiamo analizzato le posizioni
degli operatori istituzionali e del Comitato popolare di
vigilanza ambientale di Marghera. Abbiamo rinunciato alla
tradizionale gara per l'esternazione, assumendo una
posizione meditata, ma inattaccabile. In primo luogo tutto
si tiene a Porto Marghera: un legame strettissimo collega
l'inaffidabilità di questi impianti (vedi i recenti
incidenti e soprattutto l'incendio del novembre 2002) con
l'inquinamento da diossine dell'impianto Vesta di Fusina.
Che gli inquinanti venissero distribuiti con i concimi
agricoli ha superato la nostra capacità di comprensione e la
più macabra delle fantasie. Riteniamo che vadano indagate
altre sorgenti inquinanti nell'area, dal momento che
nell'impianto Vesta si rilevano concentrazioni di diossine
10 volte più elevate di altri impianti simili. Abbiamo
richiesto una Commissione d'inchiesta che determini, non
certo le responsabilità penali di cui si dovrà occupare la
Magistratura, ma il quadro tecnico ed organizzativo in cui
opera il grande polo chimico. Il sindaco Costa e la sua
maggioranza avevano appena consegnato le stelle al merito a
Vesta quando l'impianto Dow Chemical ha dato un segno
inequivocabile di una situazione precaria sul piano
impiantistico e organizzativo. Ora la Commissione
d'inchiesta diviene irrinunciabile per la sicurezza delle
persone vivono nell'area del Petrolchimico. Il presidente
Galan ha commentato l'incidente come la riprova della
necessità di avviare lo smantellamento della chimica da
Porto Marghera. Il Comitato popolare di Marghera,
sottostimando forse la gravità tecnica dell'incidente per il
futuro, ha presentato denuncia alla Procura alla ricerca
delle responsabilità del passato. L'assessore della
Provincia Da Villa, continua con molteplici dichiarazioni
"di depistaggio": cerca sempre altri responsabili nei
controlli e altre responsabilità remote - per l'inquinamento
ambientale. Quale sia il seguito della vicenda Dow il
Presidente Galan e il Sindaco, pur operando in direzioni
opposte, dovranno convenire sulla seguente proposta: si deve
costituire un organo terzo tecnologico che valuti la
funzionalità degli impianti e la loro eventuale messa in
marcia. Sembra inutile e ridicolo riproporre le tradizionali
Commissioni che hanno portato a questi risultati. L'Ente
terzo, che ho proposto, viene costituito, sull'esempio di
altri già esistenti in Europa, da un gruppo di esperti in
grado di giudicare la funzionalità dell'impianto. In questo
caso il gruppo tecnico, rappresentato da una o più società
del settore, si tutela e tutela gli interessati dell'area,
con coperture assicurative. Se si deciderà, dopo il
congelamento annunciato dal Sindaco, il fermo a tempo
indeterminato dell'impianto, si porranno ancora elevati
problemi di sicurezza risolvibili dalla stessa struttura
tecnica che abbiamo proposto. Gran parte dell'inquinamento
diffuso in passato nell'area industriale di Marghera è
dovuto all'abbandono senza precauzione degli impianti e dei
depositi. Sul piano politico l'istituzione della Commissione
d'inchiesta è ineludibile: si devono chiarire le connessioni
tra l'inquinamento di Vesta e quello derivante dal
Petrolchimico nella ordinaria gestione e quello provocato
dagli incidenti di ricaduta ambientale. Infine, si deve
decidere chi paga i danni all'ambiente e alle persone e, sul
piano politico, il Sindaco, il Presidente della Provincia
(il suo Assessore all'Ambiente) dovranno rispondere per un
insieme di risultati devastanti nella gestione dell'accordo
per la chimica.
Fuga di acido cloridrico:
cinque sotto accusa
Il pm Felice Casson ha chiuso
l'inchiesta con una richiesta di rinvio a giudizio per
l'incidente del 9 marzo 2001 nello stabilimento Evc
Ipotizzati i reati di
rimozione od omissione di cautele contro infortuni sul
lavoro e getto pericoloso di cose
Venezia Anche l'incidente del
9 marzo 2001 all'Evc di Porto Marghera è destinato a finire
a processo. Il sostituto procuratore Felice Casson ha chiuso
l'inchiesta chiedendo il rinvio a giudizio di cinque tra
dirigenti e responsabili dello stabilimento, nei confronti
dei quali ha formulato l'ipotesi di rimozione od omissione
di cautele contro infortuni sul lavoro e getto pericoloso di
cose, reati che prevedono pene fino a cinque anni di
reclusioni, che possono diventare dieci in caso di disastro
od infortunio. Ora spetterà al giudice il compito di fissare
la data dell'udienza preliminare nella quale fare un primo
vaglio delle accuse. I cinque indagati sono difesi dagli
avvocati Guido Carlo Alleva, Debora Padoan e Domenico Giuri.
L'inchiesta riguarda la fuoriuscita di poco più di trenta
chilogrammi di acido cloridrico: attorno alle 9.45, in una
tubatura di circa 12 pollici utilizzata per le sostanze in
esubero nei cicli di lavorazione, a circa 5 metri dal suolo,
si apre un foro di 3-4 centimetri, causato dall'erosione del
metallo. I rilevatori di monitoraggio danno subito
l'allarme, e la squadra di primo intervento dell'Enichem
cerca di tamponare la falla. Per la gente sono ore di grande
paura: gli alunni delle scuole delle vicinanze vengono
tenuti all'interno delle aule con le finestre chiuse, mentre
centinaia di persone intasano i centralini di vigili del
fuoco e forze dell'ordine per avere notizie sull'incidente.
L'impianto viene subito messo in sicurezza, ma intanto si
forma una piccola nube che, fortunatamente, si diffonde in
un'area limitata, grazie alla leggera pioggia che cade su
Porto Marghera in quel momento e che aiuta i vigili del
fuoco nell'opera di abbattimento dei vapori. Solo alle 11 il
cessato allarme. Sull'episodio il pm Casson ha disposto una
perizia sulla base della quale ha formulato il capo
d'imputazione |
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