RASSEGNA STAMPA 19.06.2003

 

RESTO DEL CARLINO
Ripercorriamo insieme l'iter che ha portato l'autorizzazione alla costruzione della centrale turbogas  (Ferrara)

di Raul Forlani

Ripercorriamo insieme l'iter che ha portato l'autorizzazione alla costruzione della centrale turbogas. La prima mossa è stata promuovere e accettare la centrale turbogas a Ferrara senza nessuna pubblicità o dibattito con la cittadinanza, in barba alla tanto declamata partecipazione e trasparenza. La seconda mossa ha visto una giunta che non ha mai preso in considerazione i pareri di alcuni dissidenti perché non qualificati! La terza mossa ha visto l'assessore Bratti cadere dalle nuvole quando un tecnico che da molti anni si occupa di centrali a turbogas ha pubblicato un articolo in cui si fa conoscere il grave grado di inquinamento di una centrale di quel genere. Le polveri sottili si conoscono molto bene già da trenta anni ma, colpo di scena, questa rivelazione mette un po' in crisi l'immagine che l'assessore Bratti vuole del «suo» sviluppo sostenibile e così fa la bella figura di fingere una sospensione del progetto per approfondire gli studi sugli inquinanti. Nel far questo tenta di demolire la figura del tecnico (articolo 11/05/05) che ha scritto l'ultimo di tanti articoli, sull'argomento polveri inquinanti, e poi ci informa di riaprire lo studio sui possibili danni che una centrale turbogas di quella portata può causare a Ferrara. Come mai non era stato fatto uno studio completo e accurato fin dall'inizio del progetto? Come mai non si è considerata l'esperienza americana nel settore? Perché a progetto approvato un assessore all'ambiente afferma che dobbiamo approfondire le ricerche? Dopo la «sospensione» del progetto e dopo alcuni articoli contro la centrale, le acque tornano tranquille e l'assessore ci comunica alcune novità. La prima è la richiesta di di inserire l'area in questione fra i siti di interesse nazionale per la bonifica dei territori. Perché non è stato fatto prima del progetto? La seconda è che ci comunica gli stessi dati di «scarso» inquinamento che ci aveva dato prima che vi fosse un minimo di dibattito e quindi conclude assicurando che non ha più dubbi sul progetto. Alla domanda posta dal giornalista del Carlino sulle responsabilità dell'industria sui gravi inquinamenti l'assessore ha affermato che l'industria non ha mai pagato per i danni all'ambiente perché ha sempre vinto i processi giudiziari per responsabilità di inquinamenti e disastri ambientali. Cosa è cambiato nello spinto dei «nuovi industriali»? Non è forse sempre stato il profitto a vincere e a scavalcare i «controlli sanitari e ambientali»? Sono sempre loro a volere la centrale turbogas, non è cambiato nulla!! Al termine della intervista l'assessore ci dice che il fattore inquinamento è ineliminabile e si lascia un'evidente «porta politica e di facciata» aperta dichiarando di essere ancora pronto a bloccare il progetto turbogas. Penso che l'inquinamento non sia così ineliminabile, perché è sufficiente non aggiungere a disastri altri disastri e aver compreso a fondo che l'inquinamento non paga mai. Perché ci siamo accaniti con il polo chimico-industriale e non abbiamo fatto nulla per fare diventare Ferrara la capitale europea di un'agricoltura biologica? Ma questa è un'altra storia e mi viene da pensare che forse l'inquinamento paga e appaga qualcuno. Dott. Federico Franchini

Turbogas Bratti e Malaguti: «La centrale deve andare avanti»

«Non avrà ricadute ambientali e sanitarie peggiorative, bensì migliorative». Secondo l'assessore comunale all'ecologia Alessandro Bratti e il vicepresidente della commissione Turbogas Mauro Malaguti, il progetto del turbogas deve dunque andare avanti. «La realizzazione dell'impianto promette di ridurre le attuali emissioni inquinanti in atmosfera e permetterà la bonifica del terreno inquinato del polo chimico» sottolinea Bratti. Che continua: «La valutazione effettuata dai nostri tecnici ha sempre indicato che la sostituzione delle attuali centrali a gasolio con quella a gas naturale avrebbe portato a un miglioramento dei parametri ambientali». Ma lo scorso maggio, la pubblicazione di un articolo da parte di Nicola Armaroli a Claudio Po, ha riaperto un dibattito mai del tutto chiuso. Sulla base dei dati dell'agenzia americana per l'ambiente, l'Epa, si stimava che la produzione di micropolveri da parte di un turbogas delle dimensioni di quello di Ferrara ammonterebbe a 250 tonnellate all'anno. «Un errore di pubblicazione di un parametro fondamentale da parte dell'Epa, poi ripreso dagli studi americani autori dell'articolo — spiega Bratti — ha falsato questo dato». «Secondo le nostre verifiche e misurazioni, le emissioni annue di micropolveri potranno andare da 3 a 18 tonnellate — spiega Maurizio Marchetti dell'Arpa di Ferrara —. Il turbogas consentirà inoltre la riduzione dell'ossido di azoto e non produrrà sostanze ammoniacali». Infine, il vincolo sui flussi di massa ridurrà la potenza dell'impianto dagli 800 Mw nominali a 450 - 500 effettivi. «Crediamo — dichiara l'assessore all'Ambiente della Provincia di Ferrara Sergio Golinelli —che la sua costruzione all'interno del polo chimico, anziché in ambienti non inquinati come Bondeno e Ostellato, sia una scelta coerente con l'obiettivo di ridurre l'inquinamento dove è elevato e non aumentarlo laddove è contenuto».

 
CORRIERE ADRIATICO
E' guerra all'inquinamento

Ozono, in arrivo il protocollo per fermare le emissioni pericolose

di E.DA.

L'assessore provinciale all'ambiente, Patrizia Casagrande Esposto, chiede alla Regione di attivare il protocollo per l'ozono. La richiesta fa seguito all'intervento del sindaco Carletti che, domenica sera, ha lanciato l'allarme per il superamento dei livelli di sicurezza. Le ultime rilevazioni, tuttavia, tendono a allentare la preoccupazione dal momento che nella giornata di lunedì i livelli sono stati molti distanti dalla soglia di allarme. Intanto An chiede una campagna di informazione e di sensibilizzazione sulle conseguenze della riduzione dell'ozono. L'assessore Casagrande definisce "positiva" l'esperienza dell'anno scorso con il protocollo ozono. Al punto che nella richiesta avanzata alla Regione propone di estenderla anche ai comuni limitrofi. Il protocollo permette interventi rapidi nei confronti dei fenomeni più rilevanti che producono ozono: produzione industriale, traffico, per esempio. I livelli intanto, enlla giornata di lunedì, sono diminuiti: in zona acquedotto la punta massima è stata di 136 ug/mc, in centro di 127, a Falconara Alta di 129 quando il livello di attenzione scatta a 180 mg/uc. "Promuovere una campagna di sensibilizzazione e di informazione, che coinvolga la pubblica opinione sulle conseguenze della diminuzione dell'ozono nella nostra atmosfera." E' quanto chiedono invece i consiglieri provinciali, Ennio Mencarelli e Massimo Bello, rispettivamente presidente e vice presidente del gruppo di Alleanza nazionale alla Provincia di Ancona, in un'interrogazione indirizzata al Presidente Giancarli, evidenziando come "le relazioni, gli studi e le valutazioni degli esami - scrivono Mencarelli e Bello - effettuati sull'ozonosfera, divulgati dai mass media in tutto il mondo, hanno accertato l'allarmante e progressiva diminuzione dell'ozono, che avvolge il nostro pianeta." L'ozono rappresenta - aggiungono i due consiglieri di An - l'unica difesa dalla penetrazione dai raggi ultravioletti sulla terra ed i rischi ai quali può essere esposta l'umanità quali i tumori alla pelle, le malattie degli occhi e l'aumento della temperatura del globo sono altissimi. Come risulta dalle ricerche e dagli studi scientifici, l'ozono è calato in misura notevole negli ultimi anni a causa delle emissioni di sostanze dovute alle produzioni industriali". "Riteniamo importante - concludono il loro intervento Mencarelli e Bello - che anche le istituzioni prendano coscienza del problema ed intervengano con una campagna di informazione, che coinvolga soprattutto le giovani generazioni".

 
LA NUOVA VENEZIA
Eni, la prima raffineria «pulita»

In Italia nessun altro stabilimento analogo può vantare livelli così contenuti di emissioni di gas e produzione di rifiuti

L'impianto di Marghera ha ottenuto la certificazione Emas

di Chiara Semenzato

MESTRE. Una raffineria in regola con l'ambiente. La prima in Italia e una delle poche in Europa. Il primato spetta all'impianto Eni di Porto Marghera che, grazie a forti investimenti, ha ottenuto il 9 aprile scorso la certificazione Emas (Eco-Management and Audit Scheme), promossa dall'Unione Europea, e ha ridotto notevolmente le emissioni di gas nell'atmosfera e i rifiuti prodotti. Una raffineria che garantisce il controllo costante degli inquinanti, nell'acqua e nell'aria, ma che può vantare anche una gestione programmata in ambito ambientale. «Un riconoscimento - ha detto Giacomo Rispoli, direttore dell'impianto Eni - per gli sforzi nella salvaguardia dell'ambiente. Una certificazione che non è arrivata in modo casuale». L'impianto veneziano, infatti, fin dal 1999 attuava una politica societaria volta al miglioramento ambientale, ispirata alle regole della certificazione precedente, la Iso 14001. «Con Emas - ha spiegato il direttore - ai controlli interni già previsti, si aggiungono quelli istituzionali dell'Apat (Ministero per l'ambiente) e dell'Arpav (agenzia regionale). Ma si punta anche a dare un'informazione più trasparente sulla sicurezza alla comunità». E proprio per la sinergia con il territorio si è complimentato anche il sindaco di Venezia, Paolo Costa. «Di fronte agli impegni per la tutela dell'ambiente - ha detto - la gente si sente più sicura. E' un messaggio positivo che uno stabilimento così grande dà a tutti». La tutela dell'ambiente, insomma, e di conseguenza la salvaguardia della salute pubblica, viene posta come priorità nelle strategie di un grande gruppo. La raffineria di Porto Marghera, attiva fin dal 1926, occupa un'area di 110 ettari, più o meno come 117 campi da calcio messi insieme, ed è considerata di media dimensione con la produzione di 4 milioni di tonnellate all'anno di prodotti finiti (benzina, gpl, gasolio, ma anche cherosene, energia elettrica e bitumi). Una produzione a cui fanno da contraltare quasi 20 milioni di euro programmati fino al 2005 per gli interventi di natura ambientale. «Una gestione che - come ha spiegato Gabriele Zanetto, responsabile del corso di laurea in scienza ambientali di Ca' Foscari - fa entrare la raffineria veneziana nell'aristocrazia delle imprese che accettano i problemi ambientali come una sfida e un investimento nella propria capacità di fare».

Valori di diossina sempre più elevati

Esperti a convegno: «Dati allarmanti, è come vivere su un tumore»

di c.m.

MESTRE. Diossine in città, valori sempre più elevati. L'allarme è stato lanciato durante un convegno del Consorzio Interuniversitario nazionale della chimica per l'ambiente (Inca). E' aumentata di dieci volte la presenza di diossine tra il 2001 e il 2002 nello scarico depuratore di Vesta. Cresciuta invece tre volte rispetto alla media, la rilevazione di diossine nella stazione di monitoraggio vicino all'ospedale di Mestre, dopo l'incendio al Tdi al Petrolchimico del 28 novembre scorso. La situazione emerge dalle relazioni di Stefano Guerzoni dell'Istituto di Scienze Marine della città lagunare e di Giorgio Ferrari, magistrato alle acque. «Dal 2001 al 2002 la presenza di diossine nello scarico depuratore di Vesta a Fusina è cresciuto di dieci volte, passando da 20 mg a 200 mg di diossina all'anno e raggiungendo un non poco confortante livello in proiezione di 160 mg per l'anno 2003», ha spiegato il magistrato alle acque. Contemporaneamente i rischi rappresentati dagli stabilimenti della zona industriale di Marghera sono diventati un pericolo per il centro di Mestre come spiega Guerzoni: «A confermare questo ci sono le rilevazioni della stazione di monitoraggio vicina all'ospedale Umberto I che dopo l'incendio del 28 novembre scorso al Tdi ha rilevato un incremento del deposito di diossine tre volte superiore alla media». Numeri che preoccupano gli adetti ai lavori come Stefano Racanelli, direttore del laboratorio Inca di Porto Marghera che ha spiegato: «I dati sono allarmanti perché le sostanze prodotte negli anni passati presenti nei sedimenti, nel suolo e nelle fogne della zona industriale possono essere rilasciati nell'acqua. Quindi è come se vivessimo sopra ad un tumore. Un cancro che per essere eliminato ha bisogno di adeguate tecniche di bonifica, altrimenti ci si troverà a dover far i conti con ulteriori contaminazioni».

 
IL GAZZETTINO
19 milioni e mezzo di investimenti da qui al 2005 per il Piano di miglioramento delle produzioni

Mestre La raffineria Eni di Porto Marghera è tra le prime in Europa ad essere iscritta nel registro dei siti industriali che operano in maniera ecocompatibile. Lo hanno annunciato ieri mattina Gilberto Callera e Giacomo Rispoli, rispettivamente direttore generale dell'Eni Divisione Refining & Marketing e direttore della raffineria Eni di Venezia, nel corso della cerimonia organizzata per presentare la Dichiarazione ambientale Emas 2003. Un evento considerato importante perché è il primo del settore in Italia e perché porta con sè 19 milioni e mezzo d'euro di investimenti nel triennio 2003-2005 per il "piano di miglioramento". Chissà, magari con tutti questi soldi riescono anche ad eliminare le puzze micidiali che si sentono passando per il canale Brentella e il canale Vittorio Emanuele che lambiscono la raffineria. Odori a parte, la Dichiarazione ambientale «pone la Raffineria di Venezia all'avanguardia rispetto al sistema industriale europeo, e insieme mette all'avanguardia il sistema territoriale e sociale veneziano» ha commentato il sindaco Paolo Costa intervenuto ieri a Palazzo Pisani Moretta assieme al presidente della Provincia, al rettore di Ca' Foscari e al professor Gabriele Zanetto, ex presidente del Vega. La Dichiarazione presentata ieri mattina, oltre a descrivere la politica e il sistema di gestione ambientale dell'azienda, raccoglie i dati relativi all'attività dello stabilimento di Venezia quali le emissioni in atmosfera, gli scarichi idrici, i rifiuti, il monitoraggio del suolo e delle falde; ed è inoltre corredata da un "Piano di miglioramento" annuale che descrive, per ogni significativo parametro ambientale, le azioni programmate, i costi, i tempi di realizzazione e i miglioramenti attesi. Il sindaco ha colto l'occasione per ricordare un problema di vecchia data nel rapporto tra la società veneziana e il suo sistema industriale: quello della carenza di comunicazione tra imprese e territorio in particolare nel campo del rischio e della sicurezza. Visto che ospite d'onore era l'Eni, Paolo Costa ha anche approfittato per chiedere al gruppo industriale italiano di impegnarsi per individuare tutti gli strumenti che consentano una rapida attuazione delle bonifiche e quindi il veloce rientro delle aree di Porto Marghera nel ciclo economico: «Non si può pensare che il bisogno di aree industriali della nostra Regione non trovi soddisfazione a Marghera».

L'alternativa al Petrolchimico

INTERPORTO Sabato la grande festa per i 10 anni del centro veneziano per la logistica che dà lavoro a 600 persone

Il presidente De Vecchi: «Abbiamo bisogno almeno di altri 75 ettari per poter crescere

di Elisio Trevisan

«Chilometri e chilometri di banchine, il primo porto dell'Adriatico, il quarto aeroporto italiano... siamo dentro la logistica fino al collo, non ci resta che approfittarne e sfruttarla». Per chi non mastica di merci e del loro trasporto, logistica può avere lo stesso gusto di un pezzo di plastica, ma per chi è abituato a comprare e vendere merci in giro per il mondo - come Eugenio De Vecchi, presidente di Interporto Venezia - ha il sapore dei soldi, tanti, e dell'occupazione piena. Ai detrattori delle alternative alla chimica, i signori della logistica di Porto Marghera rispondono con le cifre: l'Interporto, che sabato festeggia i 10 anni di attività, opera su 24 ettari, le 24 imprese che vi operano danno lavoro a 600 persone, e hanno un giro d'affari di 250 milioni di euro, l'anno scorso hanno movimentato 1 milione e 700mila tonnellate di merci varie e i primi mesi del 2003 registrano un trend in crescita del 15\%. Tanto? Bazzecole, se si paragonano ai maggiori interporti italiani con 100/150mila ettari di terreno a disposizione. Questo è un interporto della "mutua", eppure dà già tante soddisfazioni: «Per questo abbiamo bisogno di nuove aree, almeno altri 75 ettari» ha detto ieri mattina De Vecchi, l'imprenditore che 10 anni fa decise di investire sul terreno di una fabbrica chiusa, l'Alucentro, e su 175 operai in mobilità. Oggi, al fianco della sua famiglia (che detiene il 53\% del pacchetto azionario), ci sono enti pubblici (Regione, Comune, Provincia, camera di Commercio) e privati tra i quali l'Autorità portuale. La sua scommessa l'ha vinta: «Ma adesso si tratta di fare il salto - come ha spiegato anche Gian Michele Gambato, presidente di Sistemi Territoriali, la società con cui la Regione ha un 4,3\% di partecipazione in Interporto: - Sono realtà nate come contenitori immobiliari, oggi a Marghera si è fatto un passo avanti, perché questo Interporto dà significato ad un pezzo di territorio altrimenti compromesso: qui c'è spazio per tutti, ma la realtà deve crescere perché la vecchia Sava non è ancora stata ristrutturata ed è già occupata, anzi le domande sono superiori all'offerta». Gambato si riferisce al fatto che sabato il sottosegretario ai Trasporti, Paolo Mammola, taglierà il nastro del nuovo cantiere che abbatterà i vecchi capannoni della Sava, al cui posto entro 3 anni sorgeranno edifici per merci varie e, con un investimento di 12 milioni e mezzo di euro, 100mila metri cubi per il polo del freddo di cui si occuperanno direttamente i fratelli Rossi della Metafin spa che possiede il 26\% dell'Interporto, ma soprattutto tra i maggiori esperti di refrigerazione in Italia, visto che a Marcon possiedono due grandi aziende per il commercio del pesce e per il trasporto. La storia di Interporto sta per vivere la sua seconda fase: la prima appartiene all'avventura dei De Vecchi che hanno cominciato 10 anni fa con il Cia (Centro intermodale adriatico). La seconda fase, per Eugenio De Vecchi, deve significare l'apertura alla città e ai suoi bisogni, più occupazione e razionalizzazione della distribuzione. L'Interporto, insomma, sta diventando il punto di arrivo per le merci dei grandi distributori italiani, fornitori di ipermercati e negozi, che non entreranno più in centro città con i Tir: dai depositi di Marghera, infatti, le merci ripartiranno con camioncini o, in direzione di Venezia, con le barche. A Marghera, inoltre, possono trovare posto pure il mercato ortofrutticolo e quello ittico. Da ultimo, ma non meno importante, lo sviluppo delle "autostrade del mare" per decongestionare le nostre autostrade d'asfalto. Buoni propositi, grande volontà, ma ora ci vogliono le aree: «Le uniche utilizzabili sono quelle vicine all'Interporto attuale, quindi quelle chimiche, a partire dall'ex area San Marco - spiega De Vecchi. - Su questo dobbiamo impegnarci a fondo tutti, pubblico e privato». Visto che ci si deve impegnare non sarebbe male, a questo punto, che anche le Ferrovie accelerassero il potenziamento della loro rete (che a Marghera dovrebbe significare un servizio meno costoso e più frequente) e che procedessero spediti i lavori per raddoppiare l'ampiezza di via dell'Elettricità, la strada dell'Interporto.

L' incendio alla torre della Crion Processo chiude con due assoluzioni

Il 18 dicembre del 2000 dallìEnichem si alzò una lunga colonna di fumo nero

di Stefano Babato

Mestre Assolti perché il fatto non sussiste. È finito nella classica bolla di sapone il processo a carico di Danilo Piovan, 60 anni, e Sante Bellio, 55 anni, rispettivamente responsabile dell'impianto e delegato ai lavori della ditta Crion di Porto Marghera. I due erano finiti a giudizio in seguito all'incendio scoppiato il 18 dicembre del 2000 alla torre di raffreddamento dell acque. Quel giorno una colonna di fumo nero, alzatasi dall'Enichem verso il cielo, riportò la paura di una sciagura chimica. Alla fine tutto si risolse senza conseguenze gravi visto che l'incendio non "coinvolse" sostanze pericolose. Alcuni operai delle ditta appaltatrice Altea 2 stavano lavorando con la fiamma ossidrica nell'area di pertinenza della Crion, una società privata del gruppo Sapio specializzata nella lavorazione di gas tecnici sia in fase liquida che gassosa.La torre 8 fu realizzata nel 1962 e fu acquisita dalla Crion nel 1987. I lavori, regolarmente autorizzati, riguardavano lo smontaggio di un vecchio ventilatore, installato nella torre 8, che da anni era ormai in disuso. Per raggiungerlo gli operai dovettero usare fiamma ossidrica, indispensabile per tagliare una "porta" metallica che impediva l'accesso al ventilatore. Alcune gocce di metallo fuso però finirono sul materiale combustibile contenuto nella torre, formato da plastica e legno, generando così un incendio domato comunque in pochi minuti. Sul posto, dopo l'intervento del personale dell'azienda, giunsero anche i vigili del fuoco di Marghera e Mestre. Tutto alla fine si limitò alla colonna di fumo alzatasi in cielo; una colonna che spaventò comunque parecchi cittadini che "presero d'assalto" i centralini di enti e forze dell'ordine. Partì subito un'inchiesta e al termine delle varie perizie effettuate sul luogo dell'incendio, il gip Licia Marino dispose il rinvio a giudizio di Piovan e Bellio.

 
LA NUOVA FERRARA
Polveri e turbogas, ora i conti tornano

Secondo enti locali e Arpa le emissioni future saranno di molto ridotte. Dal traffico 500 tonnellate di Pm10

Le varie stime coincidono al netto del «giallo» dei parametri Usa

di Stefano Ciervo

Comune e Provincia sono convinti di aver spazzato ogni ragionevole dubbio che si oppone alla costruzione della centrale turbogas Enipower. Il rispetto dell'assunto di base, «la nuova centrale inquinerà meno delle precedenti», è attestato da una montagna di rapporti scientifici gettati sull'articolo di due ricercatori bolognesi che avevano calcolato emissioni per 280 tonnellate di Pm10. «Quel calcolo era basato su dati americani non aggiornati» è la convinzione di Sandro Bratti, assessore all'Ambiente del Comune, e la conclusione è conseguente: si va avanti. Palazzo Municipale ha commissionato uno studio al docente padovano Alberto Mirandola, ha fatto svolgere all'Arpa una serie d'indagini sulle centrali già esistenti e ha mostrato un articolo in via di pubblicazione sulla stessa rivista che ha dato il via alla polemica, "La chimica e l'industria", di due ingegneri milanesi, Daniele Fraternali e Olga Oliveti Selmi. Proprio questo studio, «che non abbiamo commissionato noi, ci mancherebbe» ha detto Bratti, ribalta i risultati sulle emissioni di polveri sottili, innescando il "giallo della virgola spostata". Fraternali e Selmi hanno infatti ricalcolato le emissioni utilizzando i parametri messi a punto dall'ente ambientale statunitense, l'Epa, aggiornati però al 1998. Lo studio dei due ricercatori bolognesi, invece, si rifaceva a tabelle di qualche anno prima, che, per quanto riguarda le Pm10, avevano fattori di emissione dieci volte superiori. Lo scambio di mail tra Fraternali e alcuni ricercatori Usa ha chiarito che le tabelle giuste sono le più recenti: resta un punto interrogativo su come sia possibile in pochi anni migliorare tanto la qualità degli impianti. Al netto di questo "giallo", i conti più o meno tornano. Non è che la nuova centrale non emetta polveri («non l'abbiamo mai detto, e se è venuto fuori si è trattato di un errore» ha voluto rimarcare Bratti), ma la forbice delle emissioni calcolate va da 48 a 18 tonnellate di polveri l'anno, «in realtà anche meno, vicino alla concentrazione dell'aria in ingresso nell'impianto» ha detto Maurizio Marchetti (Arpa). La centrale Cte2, che sarà messa in stand-by dopo l'apertura della turbogas, produce quasi 100 tonnellate, nella configurazione attuale «che prevede già il massimo di utilizzo possibile di metano al posto dell'olio combustibile», è sempre Bratti a ricordarlo. Quindi il miglioramento è assicurato. Con impianti di questo tipo a pochi chilometri dalla città sono o no utili le limitazioni di traffico anti-Pm10 che hanno punteggiato il nostro inverno? Si espone Ivano Graldi, direttore Arpa: «Abbiamo calcolato in 440 tonnellate l'anno la produzione di polveri da usura freni, pneumatici e manto stradale, e altre 100 derivano direttamente dallo smog da traffico». Considerato che la riduzione da targhe alterne è calcolata nel 10%, anche meno, il beneficio è cancellato dal lavoro attuale della Cte2 e in buona parte ridotto anche dalla futura presenza della turbogas. «La battaglia contro questi inquinanti deve essere condotta sotto molti fronti - è il commento dell'assessore provinciale Sergio Golinelli - Ci sono altri impianti nel petrolchimico che producono polveri (Hydro Agri, ad esempio). Stiamo mandando avanti un monitoraggio complessivo». Resta fermo il principio di negare autorizzazioni a nuovi impianti in siti ancora "vergini", tipo Ostellato.

Formaldeide, toluene e altri inquinanti

Le stime complessive della nuova centrale. E di quella attiva da anni

Non s'inquina di sole polveri. Il diluvio di articoli e analisi scientifiche sulla turbogas, innescato dalle paure di elevate emissioni di Pm10, ha avuto se non altro il merito di produrre nuovi dati sul complesso degli inquinanti che escono e usciranno dai camini delle centrali. Nell'articolo Fraternali-Selmi, ad esempio, si cita la formaldeide, un cancerogeno rilevante: «L'unico inquinante emesso in quantità non trascurabile è la formaldeide, circa 10 tonnellate l'anno». Si spiega che questa sostanza nelle turbogas «viene prodotta in quantità più elevata rispetto alla generica combustione del gas naturale, probabilmente a seguito delle elevate temperature in gioco». C'è da dire, al proposito, che gli uomini Arpa di Ferrara si sono detti scettici sull'applicabilità di queste stime, di origine statunitense, ai nostri impianti. «In ogni caso non ci attendiamo sorprese sulle emissioni, quando andremo a misurare i camini dell'impianto - ha chiosato il direttore Ivano Graldi - Le reazioni chimiche della combustione del metano possono dare solo determinati risultati». Vale la pena di riportare le stime contenute nello stesso articolo sulle emissioni della attuale centrale, Cte2, perché sono un inedito. Si tratta di calcoli a tavolino su impianti delle stesse caratteristiche e dimensioni della Cte2, e fanno una certa impressione. Si parla di 119,6 tonnellate di formaldeide, 22,5 di un altro cancerogeno come il toluene, e metalli pesanti assortiti: 306,3 tonnellate di nichel, 115,3 di vanadio, 105,5 di zinco, 21,6 di cobalto, 4,8 di arsenico, 9,3 di bario. Tutti dati che andrebbero moltiplicati per il numero di anni di funzionamento di questa centrale, nel corso dei quali il problema non risulta essere mai stato sollevato. Solo da qualche tempo a questa parte si è cominciato a parlare di «centrale molto inquinante», per dire che bisognava sostituirla con la nuova turbogas.

 
LA SICILIA
Una notte di smog

Il sindaco convoca i responsabili delle industrie

di Paolo Mangiafico

Melilli. A distanza di un anno si ripropone una fuga nella notte per il pericolo di smog. Ieri notte, infatti, è stata attivata la sala operativa della Protezione civile del Comune di Melilli a causa dell'eccessiva presenza di smog industriale nell'atmosfera che ha reso irrespirabile l'aria, provocando malori tra gli abitanti del centro ibleo. Già le prime avvisaglie di quanto è accaduto ieri notte erano state avvertite nei giorni scorsi, tant'è che il sindaco Pippo Sorbello aveva sollecitato gli stabilimenti industriali ad usare carburante a btz (basso tenore di zolfo) proprio perché si era in presenza di inversione termica. Invece, quanto temuto è regolarmente accaduto, con diverse famiglie di Melilli che sono state costrette a lasciare, in piena notte, le proprie abitazioni in seguito ad un odore nauseabondo di chiara natura industriale. Ogni anno, quindi, puntualmente si registrano casi di problemi ambientali nel corso della notte, quando il mix di anidride solforosa, ozono ed idrocarburi rende invivibile Melilli. Durante la notte, il responsabile dell'ufficio comunale di Protezione civile ed il dirigente Vincenzo Mollica si sono recati negli stabilimenti industriali ma i responsabili hanno riferito che tutto era in regola e che le emissioni gassose in atmosfera dei loro camini non mostravano nessuna irregolarità. Comunque, molto di più se ne potrà sapere dagli accertamenti che stanno effettuando, sui campioni d'aria prelevati, i tecnici dell'Arpa (Agenzia regionale protezione ambiente) di Siracusa, che proprio in questi giorni stanno controllando, con il mezzo mobile, la qualità dell'aria del territorio di Melilli. Questo monitoraggio ambientale fa parte della scheda I2-6/C del Piano di risanamento che interessa l'indagine sugli inquinanti organici ed inorganici. Il mezzo mobile dell'Arpa è dotato di uno spettrometro di massa, senza separazione cromatografica dei composti, che tramite ionizzazione molecolare consentirà l'analisi in tempo reale di miscele anche complesse. Forse, per la prima volta in assoluto, si potrà sapere quali «veleni» ieri notte erano presenti nell'atmosfera del centro abitato di Melilli. «Se le analisi dell'Arpa - ha affermato il sindaco Sorbello - confermeranno la presenza di «veleni» nell'atmosfera, interesserò immediatamente i legali del Comune per procedere, questa volta con dati precisi ed inconfutabili, ad una denuncia verso le industrie del territorio per attentato alla salute pubblica. E' assolutamente inaccettabile che le aziende interpellate affermano di essere in regola con le emissioni in atmosfera, mentre la gente deve fuggire di notte dalle proprie case. Ho convocato tutti i responsabili delle industrie».

 
GAZZETTA DEL SUD
Caldo, umidità ed emissioni della zona industriale: aria “impossibile”

di Paolo Magnano

MELILLI - Con l'arrivo della bella stagione cominciano puntualmente per i cittadini di Melilli i pesanti disagi da inquinamento industriale. L'alta temperatura, associata ad un alto tasso di umidità, produce quelle inversioni termiche, che, accoppiate con le emissioni in atmosfera dai camini delle industrie rendono l'aria irrespirabile. Per cui i melillesi cominciano a lamentare i soliti fastidi di natura respiratoria e bruciore agli occhi, che li costringono a chiedere l'intervento delle autorità preposte alla salvaguardia della loro salute. L'ultimo in ordine di tempo martedì notte, quando i cittadini del centro ibleo, impossibilitati a prendere sonno a causa dell'odore acre a causa dei fastidi provocati dall'inquinamento, hanno chiesto ripetutamente l'intervento degli operatori della Protezione Civile comunale. Contemporaneamente sono stati allertati i Carabinieri della locale stazione, la Prefettura per controllare la natura e la provenienza dei fastidi. Immediatamente sono intervenuti i tecnici dell'Arpa che, assieme a quelli della Protezione civile comunale, hanno controllato le emissioni registrate dalle centraline, che a prima vista sembravano alte. Quindi, dopo essersi messi in contatto con il Sindaco Pippo Sorbello fuori sede, si sono recati a controllare le emissioni direttamente all'interno degli stabilimenti industriali per verificarne i dati. Dal controllo è emerso che nell'atmosfera stazionava una eccessiva presenza di toluene, che aveva oltrepassato la soglia massima consentita dalla legge. La situazione si è normalizzata intorno alle 2 di notte, per cui è scattato il cessate allarme. Già la giornata di martedì si era presentata difficile fin dalla mattinata, in quanto le centraline avevano registrato il superamento della soglia di allarme per l'ozono, gli idrocarburi e l'anidride solforosa. La pesante giornata dell'altroieri, purtroppo per i melillesi, non sarà l'unica, se non si interviene sollecitamente in queste prime settimane di caldo afoso e di temperature estive. A tal proposito il sindaco Sorbello, raggiunto telefonicamente, ha tenuto a precisare che, non appena rientrerà in sede, convocherà i direttori delle industrie per ridiscutere il protocollo d'intesa vecchio di cinque anni. Infatti è intenzione dell'Amministrazione stabilire nuove norme e nuovi dati per dare serenità ai cittadini e creare le premesse per un'estate più tranquilla e meno inquinata.

 
GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO
«Ozono e polveri sottili: i dati sono allarmanti»

Il convegno su «Atmosfera, clima ed emissioni» è stato organizzato dall'Arpab all'Hotel Giubileo

Lo ha detto ieri a Rifreddo Giorgio Cesari, direttore nazionale dell'Agenzia per la Protezione dell'Ambiente

di Sandro Maiorella

Potenza Organizzato dall'Agenzia Regionale per la Protezione dell'Ambiente di Basilicata (Arpab) si è tenuto, nella sala congressi dell Giubileo Hotel di Rifreddo, un seminario informativo sul Centro Tematico Nazionale - Atmosfera Clima ed Emissioni. All'incontro hanno partecipato rappresentanti delle Arpa del sud Italia, amministratori locali, tecnici del settore, associazioni ambientaliste e quanti sono interessati alle tematiche riguardanti l'ambiente e la sua salvaguardia. «Si tratta - ha affermato il direttore generale dell'Arpab, Pasquale Ferrara, - di un appuntamento di grande rilevanza per tutto il meridione. Siamo fermamente convinti che questo tipo d'iniziativa siano necessarie, poiché solo con il dialogo, la cooperazione, il confronto continuo sui dati e i programmi si possono dare delle risposte certe. I problemi ambientali non possono risolversi all'interno dei confini regionali, ma hanno bisogno di un'azione a più largo respiro». Da questa volontà di confronto e collaborazione nasce appunto il lavoro del Ctn-Ace, Centro Tematico Nazionale, che fornisce tutta una serie di dati, attraverso un monitoraggio continuo, della situazione ambientale. «Un impegno notevole - ha aggiunto Ferrara - che può rivelarsi di grande utilità per tutte le Arpa, i comuni, le province ed i cittadini. Diffondere le linee guida sulla base delle leggi vigenti in materia di inquinamento faciliterà le azioni a sostegno di un nuovo modo di gestire questa materia». Dunque, un lavora a 360 gradi per ottenere una banca dati il più reale possibile della situazione ambientale. «I Ctn - ha spiegato il direttore nazionale dell'Agenzia per la protezione dell'Ambiente (Apat), Giorgio Cesari, - si sono sviluppati dal 1998 con la finalità di fornire un supporto alle agenzie per l'ambiente nella definizione di regole e processi per la raccolta e la gestione dei dati e delle informazioni ambientali. L'obiettivo è quello di ottenere l'omogeneizzazione delle attività sul territorio nazionale e di attivare procedure in linea con le parallele attività a livello europeo. Entro la fine di questa estate avremmo la possibilità di fornire i dati raccolti nella prima parte dell'anno. Per il 2002 il lavoro ha dato risultati apprezzabili anche se i dati sull'inquinamento ambientale soprattutto ozono e polvere sottili sono allarmanti»

 
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