RESTO DEL CARLINO |
Ripercorriamo insieme l'iter che ha portato
l'autorizzazione alla costruzione della centrale turbogas
(Ferrara) di Raul Forlani
Ripercorriamo insieme l'iter che ha portato
l'autorizzazione alla costruzione della centrale turbogas.
La prima mossa è stata promuovere e accettare la centrale
turbogas a Ferrara senza nessuna pubblicità o dibattito con
la cittadinanza, in barba alla tanto declamata
partecipazione e trasparenza. La seconda mossa ha visto una
giunta che non ha mai preso in considerazione i pareri di
alcuni dissidenti perché non qualificati! La terza mossa ha
visto l'assessore Bratti cadere dalle nuvole quando un
tecnico che da molti anni si occupa di centrali a turbogas
ha pubblicato un articolo in cui si fa conoscere il grave
grado di inquinamento di una centrale di quel genere. Le
polveri sottili si conoscono molto bene già da trenta anni
ma, colpo di scena, questa rivelazione mette un po' in crisi
l'immagine che l'assessore Bratti vuole del «suo» sviluppo
sostenibile e così fa la bella figura di fingere una
sospensione del progetto per approfondire gli studi sugli
inquinanti. Nel far questo tenta di demolire la figura del
tecnico (articolo 11/05/05) che ha scritto l'ultimo di tanti
articoli, sull'argomento polveri inquinanti, e poi ci
informa di riaprire lo studio sui possibili danni che una
centrale turbogas di quella portata può causare a Ferrara.
Come mai non era stato fatto uno studio completo e accurato
fin dall'inizio del progetto? Come mai non si è considerata
l'esperienza americana nel settore? Perché a progetto
approvato un assessore all'ambiente afferma che dobbiamo
approfondire le ricerche? Dopo la «sospensione» del progetto
e dopo alcuni articoli contro la centrale, le acque tornano
tranquille e l'assessore ci comunica alcune novità. La prima
è la richiesta di di inserire l'area in questione fra i siti
di interesse nazionale per la bonifica dei territori. Perché
non è stato fatto prima del progetto? La seconda è che ci
comunica gli stessi dati di «scarso» inquinamento che ci
aveva dato prima che vi fosse un minimo di dibattito e
quindi conclude assicurando che non ha più dubbi sul
progetto. Alla domanda posta dal giornalista del Carlino
sulle responsabilità dell'industria sui gravi inquinamenti
l'assessore ha affermato che l'industria non ha mai pagato
per i danni all'ambiente perché ha sempre vinto i processi
giudiziari per responsabilità di inquinamenti e disastri
ambientali. Cosa è cambiato nello spinto dei «nuovi
industriali»? Non è forse sempre stato il profitto a vincere
e a scavalcare i «controlli sanitari e ambientali»? Sono
sempre loro a volere la centrale turbogas, non è cambiato
nulla!! Al termine della intervista l'assessore ci dice che
il fattore inquinamento è ineliminabile e si lascia
un'evidente «porta politica e di facciata» aperta
dichiarando di essere ancora pronto a bloccare il progetto
turbogas. Penso che l'inquinamento non sia così
ineliminabile, perché è sufficiente non aggiungere a
disastri altri disastri e aver compreso a fondo che
l'inquinamento non paga mai. Perché ci siamo accaniti con il
polo chimico-industriale e non abbiamo fatto nulla per fare
diventare Ferrara la capitale europea di un'agricoltura
biologica? Ma questa è un'altra storia e mi viene da pensare
che forse l'inquinamento paga e appaga qualcuno. Dott.
Federico Franchini
Turbogas Bratti e Malaguti: «La centrale deve andare
avanti»
«Non avrà ricadute ambientali e sanitarie peggiorative,
bensì migliorative». Secondo l'assessore comunale
all'ecologia Alessandro Bratti e il vicepresidente della
commissione Turbogas Mauro Malaguti, il progetto del
turbogas deve dunque andare avanti. «La realizzazione
dell'impianto promette di ridurre le attuali emissioni
inquinanti in atmosfera e permetterà la bonifica del terreno
inquinato del polo chimico» sottolinea Bratti. Che continua:
«La valutazione effettuata dai nostri tecnici ha sempre
indicato che la sostituzione delle attuali centrali a
gasolio con quella a gas naturale avrebbe portato a un
miglioramento dei parametri ambientali». Ma lo scorso
maggio, la pubblicazione di un articolo da parte di Nicola
Armaroli a Claudio Po, ha riaperto un dibattito mai del
tutto chiuso. Sulla base dei dati dell'agenzia americana per
l'ambiente, l'Epa, si stimava che la produzione di
micropolveri da parte di un turbogas delle dimensioni di
quello di Ferrara ammonterebbe a 250 tonnellate all'anno.
«Un errore di pubblicazione di un parametro fondamentale da
parte dell'Epa, poi ripreso dagli studi americani autori
dell'articolo — spiega Bratti — ha falsato questo dato».
«Secondo le nostre verifiche e misurazioni, le emissioni
annue di micropolveri potranno andare da 3 a 18 tonnellate —
spiega Maurizio Marchetti dell'Arpa di Ferrara —. Il
turbogas consentirà inoltre la riduzione dell'ossido di
azoto e non produrrà sostanze ammoniacali». Infine, il
vincolo sui flussi di massa ridurrà la potenza dell'impianto
dagli 800 Mw nominali a 450 - 500 effettivi. «Crediamo —
dichiara l'assessore all'Ambiente della Provincia di Ferrara
Sergio Golinelli —che la sua costruzione all'interno del
polo chimico, anziché in ambienti non inquinati come Bondeno
e Ostellato, sia una scelta coerente con l'obiettivo di
ridurre l'inquinamento dove è elevato e non aumentarlo
laddove è contenuto».
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CORRIERE ADRIATICO |
E' guerra all'inquinamento
Ozono, in arrivo il protocollo per fermare le emissioni
pericolose
di E.DA.
L'assessore provinciale all'ambiente, Patrizia Casagrande
Esposto, chiede alla Regione di attivare il protocollo per
l'ozono. La richiesta fa seguito all'intervento del sindaco
Carletti che, domenica sera, ha lanciato l'allarme per il
superamento dei livelli di sicurezza. Le ultime rilevazioni,
tuttavia, tendono a allentare la preoccupazione dal momento
che nella giornata di lunedì i livelli sono stati molti
distanti dalla soglia di allarme. Intanto An chiede una
campagna di informazione e di sensibilizzazione sulle
conseguenze della riduzione dell'ozono. L'assessore
Casagrande definisce "positiva" l'esperienza dell'anno
scorso con il protocollo ozono. Al punto che nella richiesta
avanzata alla Regione propone di estenderla anche ai comuni
limitrofi. Il protocollo permette interventi rapidi nei
confronti dei fenomeni più rilevanti che producono ozono:
produzione industriale, traffico, per esempio. I livelli
intanto, enlla giornata di lunedì, sono diminuiti: in zona
acquedotto la punta massima è stata di 136 ug/mc, in centro
di 127, a Falconara Alta di 129 quando il livello di
attenzione scatta a 180 mg/uc. "Promuovere una campagna di
sensibilizzazione e di informazione, che coinvolga la
pubblica opinione sulle conseguenze della diminuzione
dell'ozono nella nostra atmosfera." E' quanto chiedono
invece i consiglieri provinciali, Ennio Mencarelli e Massimo
Bello, rispettivamente presidente e vice presidente del
gruppo di Alleanza nazionale alla Provincia di Ancona, in
un'interrogazione indirizzata al Presidente Giancarli,
evidenziando come "le relazioni, gli studi e le valutazioni
degli esami - scrivono Mencarelli e Bello - effettuati
sull'ozonosfera, divulgati dai mass media in tutto il mondo,
hanno accertato l'allarmante e progressiva diminuzione
dell'ozono, che avvolge il nostro pianeta." L'ozono
rappresenta - aggiungono i due consiglieri di An - l'unica
difesa dalla penetrazione dai raggi ultravioletti sulla
terra ed i rischi ai quali può essere esposta l'umanità
quali i tumori alla pelle, le malattie degli occhi e
l'aumento della temperatura del globo sono altissimi. Come
risulta dalle ricerche e dagli studi scientifici, l'ozono è
calato in misura notevole negli ultimi anni a causa delle
emissioni di sostanze dovute alle produzioni industriali".
"Riteniamo importante - concludono il loro intervento
Mencarelli e Bello - che anche le istituzioni prendano
coscienza del problema ed intervengano con una campagna di
informazione, che coinvolga soprattutto le giovani
generazioni". |
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LA NUOVA VENEZIA |
Eni, la prima raffineria «pulita»
In Italia nessun altro stabilimento analogo può vantare
livelli così contenuti di emissioni di gas e produzione di
rifiuti
L'impianto di Marghera ha ottenuto la certificazione Emas
di Chiara Semenzato
MESTRE. Una raffineria in regola con l'ambiente. La prima
in Italia e una delle poche in Europa. Il primato spetta
all'impianto Eni di Porto Marghera che, grazie a forti
investimenti, ha ottenuto il 9 aprile scorso la
certificazione Emas (Eco-Management and Audit Scheme),
promossa dall'Unione Europea, e ha ridotto notevolmente le
emissioni di gas nell'atmosfera e i rifiuti prodotti. Una
raffineria che garantisce il controllo costante degli
inquinanti, nell'acqua e nell'aria, ma che può vantare anche
una gestione programmata in ambito ambientale. «Un
riconoscimento - ha detto Giacomo Rispoli, direttore
dell'impianto Eni - per gli sforzi nella salvaguardia
dell'ambiente. Una certificazione che non è arrivata in modo
casuale». L'impianto veneziano, infatti, fin dal 1999
attuava una politica societaria volta al miglioramento
ambientale, ispirata alle regole della certificazione
precedente, la Iso 14001. «Con Emas - ha spiegato il
direttore - ai controlli interni già previsti, si aggiungono
quelli istituzionali dell'Apat (Ministero per l'ambiente) e
dell'Arpav (agenzia regionale). Ma si punta anche a dare
un'informazione più trasparente sulla sicurezza alla
comunità». E proprio per la sinergia con il territorio si è
complimentato anche il sindaco di Venezia, Paolo Costa. «Di
fronte agli impegni per la tutela dell'ambiente - ha detto -
la gente si sente più sicura. E' un messaggio positivo che
uno stabilimento così grande dà a tutti». La tutela
dell'ambiente, insomma, e di conseguenza la salvaguardia
della salute pubblica, viene posta come priorità nelle
strategie di un grande gruppo. La raffineria di Porto
Marghera, attiva fin dal 1926, occupa un'area di 110 ettari,
più o meno come 117 campi da calcio messi insieme, ed è
considerata di media dimensione con la produzione di 4
milioni di tonnellate all'anno di prodotti finiti (benzina,
gpl, gasolio, ma anche cherosene, energia elettrica e
bitumi). Una produzione a cui fanno da contraltare quasi 20
milioni di euro programmati fino al 2005 per gli interventi
di natura ambientale. «Una gestione che - come ha spiegato
Gabriele Zanetto, responsabile del corso di laurea in
scienza ambientali di Ca' Foscari - fa entrare la raffineria
veneziana nell'aristocrazia delle imprese che accettano i
problemi ambientali come una sfida e un investimento nella
propria capacità di fare».
Valori di diossina sempre
più elevati
Esperti a convegno: «Dati
allarmanti, è come vivere su un tumore»
di c.m.
MESTRE. Diossine in città,
valori sempre più elevati. L'allarme è stato lanciato
durante un convegno del Consorzio Interuniversitario
nazionale della chimica per l'ambiente (Inca). E' aumentata
di dieci volte la presenza di diossine tra il 2001 e il 2002
nello scarico depuratore di Vesta. Cresciuta invece tre
volte rispetto alla media, la rilevazione di diossine nella
stazione di monitoraggio vicino all'ospedale di Mestre, dopo
l'incendio al Tdi al Petrolchimico del 28 novembre scorso.
La situazione emerge dalle relazioni di Stefano Guerzoni
dell'Istituto di Scienze Marine della città lagunare e di
Giorgio Ferrari, magistrato alle acque. «Dal 2001 al 2002 la
presenza di diossine nello scarico depuratore di Vesta a
Fusina è cresciuto di dieci volte, passando da 20 mg a 200
mg di diossina all'anno e raggiungendo un non poco
confortante livello in proiezione di 160 mg per l'anno
2003», ha spiegato il magistrato alle acque.
Contemporaneamente i rischi rappresentati dagli stabilimenti
della zona industriale di Marghera sono diventati un
pericolo per il centro di Mestre come spiega Guerzoni: «A
confermare questo ci sono le rilevazioni della stazione di
monitoraggio vicina all'ospedale Umberto I che dopo
l'incendio del 28 novembre scorso al Tdi ha rilevato un
incremento del deposito di diossine tre volte superiore alla
media». Numeri che preoccupano gli adetti ai lavori come
Stefano Racanelli, direttore del laboratorio Inca di Porto
Marghera che ha spiegato: «I dati sono allarmanti perché le
sostanze prodotte negli anni passati presenti nei sedimenti,
nel suolo e nelle fogne della zona industriale possono
essere rilasciati nell'acqua. Quindi è come se vivessimo
sopra ad un tumore. Un cancro che per essere eliminato ha
bisogno di adeguate tecniche di bonifica, altrimenti ci si
troverà a dover far i conti con ulteriori contaminazioni».
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IL GAZZETTINO |
19 milioni e mezzo di investimenti da qui al 2005 per il
Piano di miglioramento delle produzioni
Mestre La raffineria Eni di Porto Marghera è tra le prime
in Europa ad essere iscritta nel registro dei siti
industriali che operano in maniera ecocompatibile. Lo hanno
annunciato ieri mattina Gilberto Callera e Giacomo Rispoli,
rispettivamente direttore generale dell'Eni Divisione
Refining & Marketing e direttore della raffineria Eni di
Venezia, nel corso della cerimonia organizzata per
presentare la Dichiarazione ambientale Emas 2003. Un evento
considerato importante perché è il primo del settore in
Italia e perché porta con sè 19 milioni e mezzo d'euro di
investimenti nel triennio 2003-2005 per il "piano di
miglioramento". Chissà, magari con tutti questi soldi
riescono anche ad eliminare le puzze micidiali che si
sentono passando per il canale Brentella e il canale
Vittorio Emanuele che lambiscono la raffineria. Odori a
parte, la Dichiarazione ambientale «pone la Raffineria di
Venezia all'avanguardia rispetto al sistema industriale
europeo, e insieme mette all'avanguardia il sistema
territoriale e sociale veneziano» ha commentato il sindaco
Paolo Costa intervenuto ieri a Palazzo Pisani Moretta
assieme al presidente della Provincia, al rettore di Ca'
Foscari e al professor Gabriele Zanetto, ex presidente del
Vega. La Dichiarazione presentata ieri mattina, oltre a
descrivere la politica e il sistema di gestione ambientale
dell'azienda, raccoglie i dati relativi all'attività dello
stabilimento di Venezia quali le emissioni in atmosfera, gli
scarichi idrici, i rifiuti, il monitoraggio del suolo e
delle falde; ed è inoltre corredata da un "Piano di
miglioramento" annuale che descrive, per ogni significativo
parametro ambientale, le azioni programmate, i costi, i
tempi di realizzazione e i miglioramenti attesi. Il sindaco
ha colto l'occasione per ricordare un problema di vecchia
data nel rapporto tra la società veneziana e il suo sistema
industriale: quello della carenza di comunicazione tra
imprese e territorio in particolare nel campo del rischio e
della sicurezza. Visto che ospite d'onore era l'Eni, Paolo
Costa ha anche approfittato per chiedere al gruppo
industriale italiano di impegnarsi per individuare tutti gli
strumenti che consentano una rapida attuazione delle
bonifiche e quindi il veloce rientro delle aree di Porto
Marghera nel ciclo economico: «Non si può pensare che il
bisogno di aree industriali della nostra Regione non trovi
soddisfazione a Marghera».
L'alternativa al
Petrolchimico
INTERPORTO Sabato la grande
festa per i 10 anni del centro veneziano per la logistica
che dà lavoro a 600 persone
Il presidente De Vecchi:
«Abbiamo bisogno almeno di altri 75 ettari per poter
crescere
di Elisio Trevisan
«Chilometri e chilometri di
banchine, il primo porto dell'Adriatico, il quarto aeroporto
italiano... siamo dentro la logistica fino al collo, non ci
resta che approfittarne e sfruttarla». Per chi non mastica
di merci e del loro trasporto, logistica può avere lo stesso
gusto di un pezzo di plastica, ma per chi è abituato a
comprare e vendere merci in giro per il mondo - come Eugenio
De Vecchi, presidente di Interporto Venezia - ha il sapore
dei soldi, tanti, e dell'occupazione piena. Ai detrattori
delle alternative alla chimica, i signori della logistica di
Porto Marghera rispondono con le cifre: l'Interporto, che
sabato festeggia i 10 anni di attività, opera su 24 ettari,
le 24 imprese che vi operano danno lavoro a 600 persone, e
hanno un giro d'affari di 250 milioni di euro, l'anno scorso
hanno movimentato 1 milione e 700mila tonnellate di merci
varie e i primi mesi del 2003 registrano un trend in
crescita del 15\%. Tanto? Bazzecole, se si paragonano ai
maggiori interporti italiani con 100/150mila ettari di
terreno a disposizione. Questo è un interporto della
"mutua", eppure dà già tante soddisfazioni: «Per questo
abbiamo bisogno di nuove aree, almeno altri 75 ettari» ha
detto ieri mattina De Vecchi, l'imprenditore che 10 anni fa
decise di investire sul terreno di una fabbrica chiusa, l'Alucentro,
e su 175 operai in mobilità. Oggi, al fianco della sua
famiglia (che detiene il 53\% del pacchetto azionario), ci
sono enti pubblici (Regione, Comune, Provincia, camera di
Commercio) e privati tra i quali l'Autorità portuale. La sua
scommessa l'ha vinta: «Ma adesso si tratta di fare il salto
- come ha spiegato anche Gian Michele Gambato, presidente di
Sistemi Territoriali, la società con cui la Regione ha un
4,3\% di partecipazione in Interporto: - Sono realtà nate
come contenitori immobiliari, oggi a Marghera si è fatto un
passo avanti, perché questo Interporto dà significato ad un
pezzo di territorio altrimenti compromesso: qui c'è spazio
per tutti, ma la realtà deve crescere perché la vecchia Sava
non è ancora stata ristrutturata ed è già occupata, anzi le
domande sono superiori all'offerta». Gambato si riferisce al
fatto che sabato il sottosegretario ai Trasporti, Paolo
Mammola, taglierà il nastro del nuovo cantiere che abbatterà
i vecchi capannoni della Sava, al cui posto entro 3 anni
sorgeranno edifici per merci varie e, con un investimento di
12 milioni e mezzo di euro, 100mila metri cubi per il polo
del freddo di cui si occuperanno direttamente i fratelli
Rossi della Metafin spa che possiede il 26\%
dell'Interporto, ma soprattutto tra i maggiori esperti di
refrigerazione in Italia, visto che a Marcon possiedono due
grandi aziende per il commercio del pesce e per il
trasporto. La storia di Interporto sta per vivere la sua
seconda fase: la prima appartiene all'avventura dei De
Vecchi che hanno cominciato 10 anni fa con il Cia (Centro
intermodale adriatico). La seconda fase, per Eugenio De
Vecchi, deve significare l'apertura alla città e ai suoi
bisogni, più occupazione e razionalizzazione della
distribuzione. L'Interporto, insomma, sta diventando il
punto di arrivo per le merci dei grandi distributori
italiani, fornitori di ipermercati e negozi, che non
entreranno più in centro città con i Tir: dai depositi di
Marghera, infatti, le merci ripartiranno con camioncini o,
in direzione di Venezia, con le barche. A Marghera, inoltre,
possono trovare posto pure il mercato ortofrutticolo e
quello ittico. Da ultimo, ma non meno importante, lo
sviluppo delle "autostrade del mare" per decongestionare le
nostre autostrade d'asfalto. Buoni propositi, grande
volontà, ma ora ci vogliono le aree: «Le uniche utilizzabili
sono quelle vicine all'Interporto attuale, quindi quelle
chimiche, a partire dall'ex area San Marco - spiega De
Vecchi. - Su questo dobbiamo impegnarci a fondo tutti,
pubblico e privato». Visto che ci si deve impegnare non
sarebbe male, a questo punto, che anche le Ferrovie
accelerassero il potenziamento della loro rete (che a
Marghera dovrebbe significare un servizio meno costoso e più
frequente) e che procedessero spediti i lavori per
raddoppiare l'ampiezza di via dell'Elettricità, la strada
dell'Interporto.
L' incendio alla torre
della Crion Processo chiude con due assoluzioni
Il 18 dicembre del 2000
dallìEnichem si alzò una lunga colonna di fumo nero
di Stefano Babato
Mestre Assolti perché il
fatto non sussiste. È finito nella classica bolla di sapone
il processo a carico di Danilo Piovan, 60 anni, e Sante
Bellio, 55 anni, rispettivamente responsabile dell'impianto
e delegato ai lavori della ditta Crion di Porto Marghera. I
due erano finiti a giudizio in seguito all'incendio
scoppiato il 18 dicembre del 2000 alla torre di
raffreddamento dell acque. Quel giorno una colonna di fumo
nero, alzatasi dall'Enichem verso il cielo, riportò la paura
di una sciagura chimica. Alla fine tutto si risolse senza
conseguenze gravi visto che l'incendio non "coinvolse"
sostanze pericolose. Alcuni operai delle ditta appaltatrice
Altea 2 stavano lavorando con la fiamma ossidrica nell'area
di pertinenza della Crion, una società privata del gruppo
Sapio specializzata nella lavorazione di gas tecnici sia in
fase liquida che gassosa.La torre 8 fu realizzata nel 1962 e
fu acquisita dalla Crion nel 1987. I lavori, regolarmente
autorizzati, riguardavano lo smontaggio di un vecchio
ventilatore, installato nella torre 8, che da anni era ormai
in disuso. Per raggiungerlo gli operai dovettero usare
fiamma ossidrica, indispensabile per tagliare una "porta"
metallica che impediva l'accesso al ventilatore. Alcune
gocce di metallo fuso però finirono sul materiale
combustibile contenuto nella torre, formato da plastica e
legno, generando così un incendio domato comunque in pochi
minuti. Sul posto, dopo l'intervento del personale
dell'azienda, giunsero anche i vigili del fuoco di Marghera
e Mestre. Tutto alla fine si limitò alla colonna di fumo
alzatasi in cielo; una colonna che spaventò comunque
parecchi cittadini che "presero d'assalto" i centralini di
enti e forze dell'ordine. Partì subito un'inchiesta e al
termine delle varie perizie effettuate sul luogo
dell'incendio, il gip Licia Marino dispose il rinvio a
giudizio di Piovan e Bellio. |
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LA NUOVA FERRARA |
Polveri e turbogas, ora i conti tornano
Secondo
enti locali e Arpa le emissioni future saranno di molto
ridotte. Dal traffico 500 tonnellate di Pm10
Le varie stime coincidono al netto del «giallo» dei
parametri Usa
di Stefano Ciervo
Comune e Provincia sono convinti di aver spazzato ogni
ragionevole dubbio che si oppone alla costruzione della
centrale turbogas Enipower. Il rispetto dell'assunto di
base, «la nuova centrale inquinerà meno delle precedenti», è
attestato da una montagna di rapporti scientifici gettati
sull'articolo di due ricercatori bolognesi che avevano
calcolato emissioni per 280 tonnellate di Pm10. «Quel
calcolo era basato su dati americani non aggiornati» è la
convinzione di Sandro Bratti, assessore all'Ambiente del
Comune, e la conclusione è conseguente: si va avanti.
Palazzo Municipale ha commissionato uno studio al docente
padovano Alberto Mirandola, ha fatto svolgere all'Arpa una
serie d'indagini sulle centrali già esistenti e ha mostrato
un articolo in via di pubblicazione sulla stessa rivista che
ha dato il via alla polemica, "La chimica e l'industria", di
due ingegneri milanesi, Daniele Fraternali e Olga Oliveti
Selmi. Proprio questo studio, «che non abbiamo commissionato
noi, ci mancherebbe» ha detto Bratti, ribalta i risultati
sulle emissioni di polveri sottili, innescando il "giallo
della virgola spostata". Fraternali e Selmi hanno infatti
ricalcolato le emissioni utilizzando i parametri messi a
punto dall'ente ambientale statunitense, l'Epa, aggiornati
però al 1998. Lo studio dei due ricercatori bolognesi,
invece, si rifaceva a tabelle di qualche anno prima, che,
per quanto riguarda le Pm10, avevano fattori di emissione
dieci volte superiori. Lo scambio di mail tra Fraternali e
alcuni ricercatori Usa ha chiarito che le tabelle giuste
sono le più recenti: resta un punto interrogativo su come
sia possibile in pochi anni migliorare tanto la qualità
degli impianti. Al netto di questo "giallo", i conti più o
meno tornano. Non è che la nuova centrale non emetta polveri
(«non l'abbiamo mai detto, e se è venuto fuori si è trattato
di un errore» ha voluto rimarcare Bratti), ma la forbice
delle emissioni calcolate va da 48 a 18 tonnellate di
polveri l'anno, «in realtà anche meno, vicino alla
concentrazione dell'aria in ingresso nell'impianto» ha detto
Maurizio Marchetti (Arpa). La centrale Cte2, che sarà messa
in stand-by dopo l'apertura della turbogas, produce quasi
100 tonnellate, nella configurazione attuale «che prevede
già il massimo di utilizzo possibile di metano al posto
dell'olio combustibile», è sempre Bratti a ricordarlo.
Quindi il miglioramento è assicurato. Con impianti di questo
tipo a pochi chilometri dalla città sono o no utili le
limitazioni di traffico anti-Pm10 che hanno punteggiato il
nostro inverno? Si espone Ivano Graldi, direttore Arpa:
«Abbiamo calcolato in 440 tonnellate l'anno la produzione di
polveri da usura freni, pneumatici e manto stradale, e altre
100 derivano direttamente dallo smog da traffico».
Considerato che la riduzione da targhe alterne è calcolata
nel 10%, anche meno, il beneficio è cancellato dal lavoro
attuale della Cte2 e in buona parte ridotto anche dalla
futura presenza della turbogas. «La battaglia contro questi
inquinanti deve essere condotta sotto molti fronti - è il
commento dell'assessore provinciale Sergio Golinelli - Ci
sono altri impianti nel petrolchimico che producono polveri
(Hydro Agri, ad esempio). Stiamo mandando avanti un
monitoraggio complessivo». Resta fermo il principio di
negare autorizzazioni a nuovi impianti in siti ancora
"vergini", tipo Ostellato.
Formaldeide, toluene e altri inquinanti
Le stime complessive della nuova centrale. E di quella
attiva da anni
Non s'inquina di sole polveri. Il diluvio di articoli e
analisi scientifiche sulla turbogas, innescato dalle paure
di elevate emissioni di Pm10, ha avuto se non altro il
merito di produrre nuovi dati sul complesso degli inquinanti
che escono e usciranno dai camini delle centrali.
Nell'articolo Fraternali-Selmi, ad esempio, si cita la
formaldeide, un cancerogeno rilevante: «L'unico inquinante
emesso in quantità non trascurabile è la formaldeide, circa
10 tonnellate l'anno». Si spiega che questa sostanza nelle
turbogas «viene prodotta in quantità più elevata rispetto
alla generica combustione del gas naturale, probabilmente a
seguito delle elevate temperature in gioco». C'è da dire, al
proposito, che gli uomini Arpa di Ferrara si sono detti
scettici sull'applicabilità di queste stime, di origine
statunitense, ai nostri impianti. «In ogni caso non ci
attendiamo sorprese sulle emissioni, quando andremo a
misurare i camini dell'impianto - ha chiosato il direttore
Ivano Graldi - Le reazioni chimiche della combustione del
metano possono dare solo determinati risultati». Vale la
pena di riportare le stime contenute nello stesso articolo
sulle emissioni della attuale centrale, Cte2, perché sono un
inedito. Si tratta di calcoli a tavolino su impianti delle
stesse caratteristiche e dimensioni della Cte2, e fanno una
certa impressione. Si parla di 119,6 tonnellate di
formaldeide, 22,5 di un altro cancerogeno come il toluene, e
metalli pesanti assortiti: 306,3 tonnellate di nichel, 115,3
di vanadio, 105,5 di zinco, 21,6 di cobalto, 4,8 di
arsenico, 9,3 di bario. Tutti dati che andrebbero
moltiplicati per il numero di anni di funzionamento di
questa centrale, nel corso dei quali il problema non risulta
essere mai stato sollevato. Solo da qualche tempo a questa
parte si è cominciato a parlare di «centrale molto
inquinante», per dire che bisognava sostituirla con la nuova
turbogas. |
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LA SICILIA |
Una notte di smog
Il sindaco convoca i
responsabili delle industrie
di Paolo Mangiafico
Melilli. A distanza di un
anno si ripropone una fuga nella notte per il pericolo di
smog. Ieri notte, infatti, è stata attivata la sala
operativa della Protezione civile del Comune di Melilli a
causa dell'eccessiva presenza di smog industriale
nell'atmosfera che ha reso irrespirabile l'aria, provocando
malori tra gli abitanti del centro ibleo. Già le prime
avvisaglie di quanto è accaduto ieri notte erano state
avvertite nei giorni scorsi, tant'è che il sindaco Pippo
Sorbello aveva sollecitato gli stabilimenti industriali ad
usare carburante a btz (basso tenore di zolfo) proprio
perché si era in presenza di inversione termica. Invece,
quanto temuto è regolarmente accaduto, con diverse famiglie
di Melilli che sono state costrette a lasciare, in piena
notte, le proprie abitazioni in seguito ad un odore
nauseabondo di chiara natura industriale. Ogni anno, quindi,
puntualmente si registrano casi di problemi ambientali nel
corso della notte, quando il mix di anidride solforosa,
ozono ed idrocarburi rende invivibile Melilli. Durante la
notte, il responsabile dell'ufficio comunale di Protezione
civile ed il dirigente Vincenzo Mollica si sono recati negli
stabilimenti industriali ma i responsabili hanno riferito
che tutto era in regola e che le emissioni gassose in
atmosfera dei loro camini non mostravano nessuna
irregolarità. Comunque, molto di più se ne potrà sapere
dagli accertamenti che stanno effettuando, sui campioni
d'aria prelevati, i tecnici dell'Arpa (Agenzia regionale
protezione ambiente) di Siracusa, che proprio in questi
giorni stanno controllando, con il mezzo mobile, la qualità
dell'aria del territorio di Melilli. Questo monitoraggio
ambientale fa parte della scheda I2-6/C del Piano di
risanamento che interessa l'indagine sugli inquinanti
organici ed inorganici. Il mezzo mobile dell'Arpa è dotato
di uno spettrometro di massa, senza separazione
cromatografica dei composti, che tramite ionizzazione
molecolare consentirà l'analisi in tempo reale di miscele
anche complesse. Forse, per la prima volta in assoluto, si
potrà sapere quali «veleni» ieri notte erano presenti
nell'atmosfera del centro abitato di Melilli. «Se le analisi
dell'Arpa - ha affermato il sindaco Sorbello - confermeranno
la presenza di «veleni» nell'atmosfera, interesserò
immediatamente i legali del Comune per procedere, questa
volta con dati precisi ed inconfutabili, ad una denuncia
verso le industrie del territorio per attentato alla salute
pubblica. E' assolutamente inaccettabile che le aziende
interpellate affermano di essere in regola con le emissioni
in atmosfera, mentre la gente deve fuggire di notte dalle
proprie case. Ho convocato tutti i responsabili delle
industrie». |
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GAZZETTA DEL SUD |
Caldo, umidità ed emissioni
della zona industriale: aria “impossibile”
di Paolo Magnano
MELILLI - Con l'arrivo della
bella stagione cominciano puntualmente per i cittadini di
Melilli i pesanti disagi da inquinamento industriale. L'alta
temperatura, associata ad un alto tasso di umidità, produce
quelle inversioni termiche, che, accoppiate con le emissioni
in atmosfera dai camini delle industrie rendono l'aria
irrespirabile. Per cui i melillesi cominciano a lamentare i
soliti fastidi di natura respiratoria e bruciore agli occhi,
che li costringono a chiedere l'intervento delle autorità
preposte alla salvaguardia della loro salute. L'ultimo in
ordine di tempo martedì notte, quando i cittadini del centro
ibleo, impossibilitati a prendere sonno a causa dell'odore
acre a causa dei fastidi provocati dall'inquinamento, hanno
chiesto ripetutamente l'intervento degli operatori della
Protezione Civile comunale. Contemporaneamente sono stati
allertati i Carabinieri della locale stazione, la Prefettura
per controllare la natura e la provenienza dei fastidi.
Immediatamente sono intervenuti i tecnici dell'Arpa che,
assieme a quelli della Protezione civile comunale, hanno
controllato le emissioni registrate dalle centraline, che a
prima vista sembravano alte. Quindi, dopo essersi messi in
contatto con il Sindaco Pippo Sorbello fuori sede, si sono
recati a controllare le emissioni direttamente all'interno
degli stabilimenti industriali per verificarne i dati. Dal
controllo è emerso che nell'atmosfera stazionava una
eccessiva presenza di toluene, che aveva oltrepassato la
soglia massima consentita dalla legge. La situazione si è
normalizzata intorno alle 2 di notte, per cui è scattato il
cessate allarme. Già la giornata di martedì si era
presentata difficile fin dalla mattinata, in quanto le
centraline avevano registrato il superamento della soglia di
allarme per l'ozono, gli idrocarburi e l'anidride solforosa.
La pesante giornata dell'altroieri, purtroppo per i
melillesi, non sarà l'unica, se non si interviene
sollecitamente in queste prime settimane di caldo afoso e di
temperature estive. A tal proposito il sindaco Sorbello,
raggiunto telefonicamente, ha tenuto a precisare che, non
appena rientrerà in sede, convocherà i direttori delle
industrie per ridiscutere il protocollo d'intesa vecchio di
cinque anni. Infatti è intenzione dell'Amministrazione
stabilire nuove norme e nuovi dati per dare serenità ai
cittadini e creare le premesse per un'estate più tranquilla
e meno inquinata. |
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GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO |
«Ozono e polveri sottili: i
dati sono allarmanti»
Il convegno su «Atmosfera,
clima ed emissioni» è stato organizzato dall'Arpab all'Hotel
Giubileo
Lo ha detto ieri a Rifreddo
Giorgio Cesari, direttore nazionale dell'Agenzia per la
Protezione dell'Ambiente
di Sandro Maiorella
Potenza Organizzato
dall'Agenzia Regionale per la Protezione dell'Ambiente di
Basilicata (Arpab) si è tenuto, nella sala congressi dell
Giubileo Hotel di Rifreddo, un seminario informativo sul
Centro Tematico Nazionale - Atmosfera Clima ed Emissioni.
All'incontro hanno partecipato rappresentanti delle Arpa del
sud Italia, amministratori locali, tecnici del settore,
associazioni ambientaliste e quanti sono interessati alle
tematiche riguardanti l'ambiente e la sua salvaguardia. «Si
tratta - ha affermato il direttore generale dell'Arpab,
Pasquale Ferrara, - di un appuntamento di grande rilevanza
per tutto il meridione. Siamo fermamente convinti che questo
tipo d'iniziativa siano necessarie, poiché solo con il
dialogo, la cooperazione, il confronto continuo sui dati e i
programmi si possono dare delle risposte certe. I problemi
ambientali non possono risolversi all'interno dei confini
regionali, ma hanno bisogno di un'azione a più largo
respiro». Da questa volontà di confronto e collaborazione
nasce appunto il lavoro del Ctn-Ace, Centro Tematico
Nazionale, che fornisce tutta una serie di dati, attraverso
un monitoraggio continuo, della situazione ambientale. «Un
impegno notevole - ha aggiunto Ferrara - che può rivelarsi
di grande utilità per tutte le Arpa, i comuni, le province
ed i cittadini. Diffondere le linee guida sulla base delle
leggi vigenti in materia di inquinamento faciliterà le
azioni a sostegno di un nuovo modo di gestire questa
materia». Dunque, un lavora a 360 gradi per ottenere una
banca dati il più reale possibile della situazione
ambientale. «I Ctn - ha spiegato il direttore nazionale
dell'Agenzia per la protezione dell'Ambiente (Apat), Giorgio
Cesari, - si sono sviluppati dal 1998 con la finalità di
fornire un supporto alle agenzie per l'ambiente nella
definizione di regole e processi per la raccolta e la
gestione dei dati e delle informazioni ambientali.
L'obiettivo è quello di ottenere l'omogeneizzazione delle
attività sul territorio nazionale e di attivare procedure in
linea con le parallele attività a livello europeo. Entro la
fine di questa estate avremmo la possibilità di fornire i
dati raccolti nella prima parte dell'anno. Per il 2002 il
lavoro ha dato risultati apprezzabili anche se i dati
sull'inquinamento ambientale soprattutto ozono e polvere
sottili sono allarmanti» |
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