MESSAGGERO |
«Falconara ha fatto sentire le sue ragioni»
Caso Api. Il sindaco rompe il silenzio e accetta per la
prima volta di parlare dell’estenuante confronto in
dirittura d’arrivo sul rinnovo della concessione
Carletti: «Senza le istanze della città da condividere il
protocollo d’intesa non avrebbe alcun valore»
di ROBERTO SOPRANZI
FALCONARA - Carletti rompe il silenzio. E lo fa solo ora
che la lunga estenuante trattiva che prelude da mesi al
rinnovo della concessione Api è ormai arrivataa alla svolta.
Sindaco, perché è stato zitto tutto questo tempo? «Dipende
che cosa si intende per silenzio. Personalmente non amo
esternare sui giornali, questione di carattere. Ma quanto
alla mia amministrazione tutto si può dire meno che ci sia
stato del silenzio specie sul fronte della raffineria. In
questi mesi abbiamo prodotti importanti atti, altro che
silenzio...» Un riferimento ai suoi interlocutori
istituzionali? «Le istituzioni assumono degli impegni e
vivono intensamente le battaglie politiche. Quando questo
non accade, quando c’è silenzio, non è casuale: significa
che c’è una volontà di assenza». Dica la verità come è
andata tra Comune, Provicia e Regione in questo confronto
che all’esterno a volte è apparso sofferto, altre
addirittura un dialogo tra sordi? «L'intesa si è resa
necessaria ed è stata condivisa pienamente dalle tre
istituzioni per indicare gli indirizzi generali da
utilizzare. Bisognava affrontare problemi territoriali forti
ed indicare casi particolari su cui le istituzioni dovevano
misurarsi. Poteva essere una svolta, un momento illuminante
pper riappropriarsi dei tono alti della politica. Invece
questa intesa mi pare più il frutto di una supplenza alla
politica: per questo ha stentato a decollare». - Traduca...
«I termini si sono dilatati. Gli atti che sono stati
introdotti, e di cui dicevo, sono prese di posizione. Si è
assistito con amarezza ad un eccesso di disinvoltura
politico amministrativo ma il contenuto di questi ultimi
atti speriamo sia diventato motivo di riflessione da parte
delle forze politiche, degli organi istituzionali e della
stessa azienda. Senza l'assunzione condivisa del contenuto
di tali atti per me non ha alcun pregio il protocollo
d'intesa fra le istituzioni e l'azienda» Insomma avete
battuto i pugni sul tavolo e il rumore si è sentito... «Non
volevamo costituire una sorta di frontiera nei confronti
delle prerogative degli enti sovraordinati: è un percorso
dove sono contenuti questi atti, a cui questo ente non
rinuncia e corrisponde alle scelte fondamentali sul
territorio espresse nel nostro piano regolatore generale,
che non è il documento del Sindaco ma della città. Che cosa
si aspetta alla vigilia della decisione sul rinnovo della
concessione? «Un sussulto di saggezza ed intelligenza». Come
si è arrivati al caso Api? «L'Api è una dimostrazione
conclamata di assenza di politica ambientale. Oggi di fronte
ad una richiesta di autorizzazione al rinnovo della
raffineria si è costretti ad enunciare una serie infinita di
prescrizioni per la messa in sicurezza ed il risanamento di
quanto compromesso nell'attività pregressa e di quanto allo
stato attuale è in atto forme di inquinamento ambientale.
Questo dimostra che è mancata l'attenzione su quell'area,
forse è mancata una volontà politica di indirizzo per
fornire mezzi e competenze agli enti locali coinvolti in
questi problemi». Insomma un bel pasticcio... «Si sono
create complicazioni procedurali che rendono non chiara la
soluzione che l'azienda richiede. Le forze politiche si sono
frammentate nel dare giudizi senza ispirarsi ad una linea
generale di condotta che le stesse dovevano darsi prima.
Quando si tratta di grosse strutture occorre ragionare per
progetti, ed i progetti hanno sempre una grande valenza
politica». Pensa di aver fatto tutte le mosse giuste o, se
potesse tornare indietro, modificherebbe qualcosa della sua
strategia ? «Qualcosa si rischia di lasciare indietro ed
alcune volte si può correre troppo in avanti. Allo stato
attuale queste inevitabili anomalie sono state assestate ed
i nostri atti prodotti in questi ultimi mesi ne sono la
riprova». Come si concilieranno le previsioni del piano
regolatore ed il piano Bohigas con l'eventuale permanenza
ventennale della raffineria sul territorio ? «Direi
piuttosto che la permanenza della raffineria si deve
conciliare con il prg». - Si sente ancora solo? «Sì, ma
anche libero. Io sono con la mia città e con le
contraddizioni, le critiche e la dialettica che una politica
così impegnata inevitabilmente provoca».
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RESTO DEL CARLINO |
Il rebus delle polveri sottili: quante ne produrrà il
turbogas? (Ferrara)
di Michele Fabbri
«I risultati di recenti ricerche indicano che particelle
fini volatili quasi invisibili di diametro inferiore a 2,5
millesimi di millimetro (le cosiddette PM2,5, ndr) sono uno
dei rischi più gravi per la salute. Esse sono prodotte dalla
combustione di carbone, petrolio, gas naturale e altre
biomasse e dai motori a combustione interna». Era il 1998
quando, con un documento intitolato «Emissioni di particelle
fini e salute umana», il Comitato sulla scienza e tecnologia
del Consiglio d'Europa lanciava l'allarme sulle micropolveri
prodotte anche dalle centrali termoelettriche a gas naturale
(comprese, dunque, le cosiddette Turbogas). Già allora,
dunque, anche nella Comunità europea si sapeva che le
centrali a gas naturale emettono grandi quantità di
pericolose micropolveri, mentre nelle proposte di
costruzione di nuovi impianti esse erano considerate nulle.
A tutt'oggi, avere un quadro preciso delle micropolveri
emesse dalle centrali a gas è piuttosto difficile, perché
gli aspetti da esaminare sono numerosi e le informazioni
scarse. Difficile ma certamente non impossibile. Partiamo da
un primo elemento: la distinzione fra polveri "primarie" e
"secondarie". «Quando si brucia gas naturale in una centrale
termoelettrica — spiega Domenico Cipriano del Cesi di
Milano, società di certificazione di apparati
elettromeccanici — solo una piccolissima parte di essa si
trasforma in micropolveri: sono un po' come la fuliggine o
il nerofumo che troviamo nel camino della nostra stufa». Ma
se consideriamo che in una centrale Turbogas da 800 megawatt
si bruciano milioni di tonnellate di gas, quanta di questa
pericolosissima fuliggine alla fine sarà uscita dal camino?
« Dipende da molti fattori» sottolinea Cipriano. «Comunque
possiamo parlare di alcune decine di tonnellate all'anno per
un impianto di quelle dimensioni. Dalle 20 alle 40». Secondo
l'esperto del Cesi, non si possono però scartare a priori -
date le enormi masse in gioco - altre stime che portano a
valori dieci volte superiori. Ma come facciamo, allora, a
sapere se le polveri primarie sono decine o centinaia di
tonnellate? «Il metodo c'è — afferma Cipriano — basta non
basarsi sulle stime e 'contare' le effettive emissioni della
centrale che si vuole installare. Non un modello matematico
o l'elaborazione di dati provenienti da altri impianti, ma
la misurazione diretta, al camino, della centrale 'madre' da
cui nascono tutte le 'figlie' identiche che quel produttore
installa». Passiamo ora alle polveri secondarie. «La
combustione — afferma il documento europeo — produce anche
un secondo tipo di particelle che derivano dalla
trasformazione in aria delle emissioni di ossidi di zolfo e
azoto (Nox)». Rispetto alla quantità, continua il documento,
«l'emissione di particelle da parte delle moderne centrali
può essere determinata assumendo che metà delle emissioni di
ossidi di zolfo e di azoto si trasforma in particelle fini».
Nel caso della nostra centrale, si tratterebbe dunque di più
di cinquecento tonnellate all'anno che si sommano alle
polveri primarie. Una quantità enorme, molte volte superiore
a quella prodotta dal traffico urbano e pericolosissima se
concentrata in un piccolo spazio vicino a centri abitati.
Anche perché, avverte il documento, la quantità trasformata
in PM2,5 dipende dal clima, e la situazione può
drasticamente peggiorare «per l'accumularsi di inquinamento
da fonti locali in condizioni di assenza di vento».
Esattamente quello che accade in un polo chimico situato
nella Pianura padana. Per giungere ad una migliore
conoscenza, bisognerebbe dunque rilevare sempre le
particelle inferiori ai 2,5 millesimi di millimetro (oltre
alle Pm10) e costruire un modello attendibile della
formazione delle micropolveri nella circolazione atmosferica
locale (competenze di alto livello nella nostra Università
non mancano) e nel quadro totale delle emissioni del sito.
E' poi possibile abbattere, con apposite tecnologie, le
emissioni di Nox. Ovviamente, avverte il documento europeo,
«il costo di produzione dell'energia aumenta». A questo
proposito è però importante la disponibilità dei produttori.
«Sul problema delle micropolveri — ha affermato Antonio
Livieri di Assoelettrica, associazione nazionale delle
imprese elettriche — non abbiamo informazioni specifiche. I
nostri associati, del resto, comperano dai costruttori
l'intero impianto 'chiavi in mano' imponendo le specifiche
di legge. La tutela ambientale è oggi la nostra prima
preoccupazione, e se per le microploveri emergessero
problemi e nuovi limiti di legge forniremmo immediatamente
ai produttori specifiche tecniche relative. Così come
accadde nell'industria quando si scoprì la pericolosità
dell'amianto». Alla fine di questa carrellata fra problemi e
possibili soluzioni, può essere utile ricordare le parole di
Maurizio Pallante, inascoltato guru del Comitato per l'uso
razionale dell'energia: «La scelta strategica, sia in
termini quantitativi, sia perché attuabile nell'immediato è
la microcogenerazione diffusa». Cioè impianti esattamente
come la centrale turbogas, ma più piccoli e diffusi in modo
da recuperare tutta l'energia prodotta, consentendo così di
«spegnere» altre fonti di inquinamento. Come spesso accade,
il problema più che nella tecnologia sembra essere nella
capacità di farne un uso razionale.
Inceneritore, a Correggio la Margherita tira il freno
(Reggio Emilia)
di Davide Nitrosi
Domani la giunta di Correggio potrebbe formalizzare la
sua disponibilità a ospitare sul proprio territorio il nuovo
inceneritore e al tempo stesso stabilire il calendario
d'incontri pubblici per coinvolgere la cittadinanza nella
decisione. Potrebbe.... Il condizionale è d'obbligo visto
che la Margherita (che fa parte della giunta ed esprime il
vice sindaco e un assessore) non ha dato un chiaro via
libera per candidare Correggio, ma ha accettato solo di
«discutere» della candidatura. Il che non è propriamente una
sottigliezza. Gli aderenti al partito di centro si sono
riuniti venerdì sera a Correggio e hanno stilato una nota
politica dove fanno sapere di aver dettato tre condizioni
per accordare ai propri amministratori correggesi la
possibilità di «discutere» con la Provincia dell'eventuale
costruzione dell'impianto nel Correggese. Prima condizione:
«L'impianto sia dimensionato esclusivamente per i rifiuti
della nostra provincia». Seconda: «Si dia assoluta priorità
alla tutela della salute dei cittadini». Terzo paletto:
«Siano allestite tutte le opere di mitigazione e di
compensazione per migliorare l'ambiente delle zone
circostanti». Le condizioni sono le stesse che ha sempre
ripetuto il sindaco Claudio Ferrari, che già alla Conferenza
dei servizi del 3 giugno, quando la Provincia ha presentato
ai sindaci il suo piano rifiuti, aveva insistito per una
dimensione ridotta dell'inceneritore e tarata esclusivamente
sui bisogni provinciali. La giunta di Correggio avrebbe
dovuto comunicare già ieri mattina la disponibilità alla
Provincia per ospitare l'inceneritore, ma la decisione è
stata rinviata a domani perché ufficialmente ieri mancava il
numero legale in giunta. «Lunedì sanciremo la nostra
disponibilità a ospitare l'inceneritore - spiega il sindaco
di Correggio - così come aveva fatto il Comune di Reggio a
suo tempo. Il secondo passaggio è la localizzazione del
sito. In mezzo però c'è un percorso partecipato con i
cittadini per prendere la decisione. Siamo convinti che
mettendo a disposizione materiale e documenti si possano
smentire inutili paure». Nella Margherita però la
maggioranza vuole che prima ancora di dare la disponibilità,
si discuta coi cittadini. «Il documento della Margherita -
spiega il consigliere comunale correggese Andrea Manzotti -
dice che il sindaco non si deve sentire legittimato a
formalizzare subito la candidatura di Correggio. Prima il
sindaco deve fare un percorso di condivisione. Con i
cittadini, nell'Ulivo ma anche con le minoranze, a mio
parere, visto che si tratta del futuro di Correggio e di
tutta la provincia». I tempi di Ferrari sono invece diversi.
Il sindaco vuole arrivare a un'eventuale localizzazione
prima che il piano rifiuti sia approvato definitivamente
dalla Provincia. E quindi prima del febbraio del 2004.
L'amministrazione provinciale, infatti, deve prima adottare
il piano con un atto formale del consiglio. La data prevista
per ora è il 3 luglio, ma potrebbe slittare di una
settimana. Poi passeranno sei mesi per le eventuali
osservazioni e controdeduzioni prima di tornare in consiglio
per l'approvazione. Il consigliere correggese Manzotti, però
chiede più tempo. Sia a Ferrari, sia a Ruini: «Non capisco
questa fretta. Il piano provinciale necessita di qualche
miglioramento». Ma a parte i tempi per la candidatura, il
documento della Margherita ribadisce come passaggio
fondamentale la dimensione dell'inceneritore. Ridotta e
provinciale. E' questo il nodo che ha scosso la Quercia
reggiana. A parole tutti erano d'accordo per costruire un
inceneritore solo provinciale, ma la realtà è diversa.
Mentre il presidente della Provincia Roberto Ruini studiava
il piano rifiuti (che prevede appunto un impianto pensato
solo per Reggio), il sindaco Antonella Spaggiari conduceva
la trattativa con i sindaci di Parma e Piacenza per la
costruzione della holding Newco Emilia, che dovrebbe riunire
Agac, Amps Parma e Teesa Piacenza. Ebbene, nello schema di
delibera che dovrebbe dare il via libera alla Newco è
contenuto un piano industriale dove si prevedono «sinergie»
nell'utilizzo degli impianti, citando il turbogas di Parma e
l'inceneritroe di Reggio. Quando il Carlino ha svelato il
piano, sono nati i primi dubbi. Poi rafforzati dal vice
sindaco di Parma che ha ammesso di nutrire preoccupazioni
per l'ostinazione della Provincia di Reggio, rivelando
invece maggiore sintonia col sindaco Spaggiari. Qualcuno,
anche dei Ds, ha cominciato a malignare che il vero problema
del sindaco non fosse il luogo dove costruire
l'inceneritore, ma le sue dimensioni. Forse anche per questo
motivo è uscita la candidatura di Correggio. Per togliere al
Comune di Reggio l'ultima parola sull'impianto. Ma anche per
Correggio il percorso non è un letto di rose. Perché il
secondo nodo politico da sciogliere è il Cdr, ovvero il
combustibile da rifiuti, una tecnologia che il piano non
prevede, ma che la Margherita continua a chiedere. |
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CORRIERE ADRIATICO |
"Sull'Api prima lo studio, poi il rinnovo"
Comitati all'attacco: "Una decisione affrettata
metterebbe in secondo piano il problema salute"
"Siamo tutti d'accordo a proposito della necessità di uno
studio epidemiologico sulla popolazione di Falconara, ma
proprio per questo motivo, in attesa che ci siano dati
certi, la Regione dovrebbe evitare di stabilire qualsiasi
cosa sul rinnovo della concessione". Secondo i comitati
cittadini di Fiumesino, Villanova e "25 agosto" "una
decisione affrettata anteposta anche al preliminare dello
studio epidemilogico non solo squalificherebbe gli
intendimenti prescrittivi del rinnovo annunciati, per la
Regione Marche, dall'assessore Amagliani, ma determinerebbe,
oltre che un cattivo utilizzo di danaro pubblico, anche una
gravissima subordinazione del problema salute rispetto alle
esigenze aziendali della Raffineria Api che ha chiesto un
rinnovo anticipato della concessione rispetto alla sua
naturale scadenza del 2008". "Rimaniamo profondamente
sorpresi e stupiti - osservano i portavoce Franco Budini,
Loris Calcina ed Elisa Griffoni - che dal mondo del
sindacato e dei lavoratori dell'Api non emerga la stessa
esigenza di una indagine sulla salute, imposta invece dai
cittadini ad una Regione Marche in chiaro ritardo su questo
tema". Il fatto che l'assessore Amagliani abbia deciso di
conferire l'incarico per lo studio al dottor Andrea Micheli
dell'Istituto Nazionale per lo Studio e la Cura dei Tumori
di Milano, proseguono i comitati, "è un risultato importante
soprattutto per i cittadini di Falconara che sono riusciti
ad investire del problema salute dapprima il prestigioso
Istituto di Milano ed, infine, la Regione Marche". Domani
all'hotel Avion i comitati hanno organizzato un incontro
"trasversale" a cui sono invitati i consiglieri regionali,
provinciali e comunali che hanno manifestato contrarietà al
rinnovo della concessione così come prospettato dalla
Regione Marche.
i
comunicati stampa emessi dai comitati "Gravi le parole di Brachetti"
I residenti replicano alle recenti dichiarazioni del
presidente
Le recenti dichiarazioni di Aldo Brachetti Peretti,
presidente dell'Api, preoccupano i comitati cittadini di
Villanova e Fiumesino, sconcertati per il silenzio e la
"totale mancanza di reazioni e di repliche da parte di tutti
gli amministratori locali". Inoltre, "nessuno dei sindacati
ed in special modo dei lavoratori sembra essersi allarmato
per il fatto che l'esercizio in perdita dell'azienda che "dà
loro da mangiare" (come più volte abbiamo sentito ripetere)
sia stato determinato per un terzo dagli "investimenti in
sicurezza ed ambiente": cioè da due elementi peculiari ed
imprescindibili della sua attività". I comitati ritengono
che l'affermazione di Brachetti Peretti sia da considerarsi
gravissima, "in quanto egli dovrebbe tenere nella massima
considerazione un fatto: l'azienda che guida è una
raffineria di petrolio ritenuta dalla legge europea ed
italiana ad alto rischio e dovrebbe quindi tenere nel
massimo conto la tutela della sicurezza e dell'ambiente le
quali non hanno prezzo". La riduzione del rischio ed i
relativi investimenti - affermano i rappresentanti dei
cittadini residenti a Villanova e Fiumesino - "sono un
dovere primario e quotidiano a cui il bilancio dell'azienda
deve poter sempre far fronte". A questo punto i comitati
vorrebbero sapere qual è la posizione dei lavoratori e dei
sindacati perché "i dubbi che la dichiarazione del
presidente fa scaturire sono innumerevoli e pesanti".
i
comunicati stampa emessi dai comitati |
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LA SICILIA |
No all'Orimulsion. «E' un combustibile inquinante»
Termini, paese contro l'Enel
di Franco Battaglia
Termini Imerese. Il Comune di Termini Imerese contro l'Enel
sull'utilizzo dell'Orimulsion nella centrale termoelettrica.
Il nuovo progetto prevede la trasformazione di due gruppi
produttivi alla tecnologia del ciclo combinato ibrido (che
utilizza sia il gas naturale sia l'Orimulsion) portando la
capacità dell'impianto a 1.172 MW. Ma, il sindaco di Termini
Imerese Luigi Purpi si oppone al piano: «Sino a quando sarò
io sindaco, non darò mai l'autorizzazione per l'Orimulsion.
Abbiamo chiesto all'Università di Palermo uno studio sulle
ricadute ambientali del nuovo progetto. È emerso che
sarebbero preoccupanti. E io non arretro di un passo». La
pensano in maniera opposta all'Enel. Vittorio Vagliasindi,
direttore dell'Area impianti termoelettrici, e Leonardo
Arrighi, responsabile della Progettazione nuovi impianti
dell'Enel, hanno illustrato i contenuti del progetto,
evidenziando tra l'altro che la nuova soluzione consente di
valorizzare al meglio le infrastrutture esistenti, con
particolare riferimento al porto industriale. Sempre secondo
l'Enel, dal punto di vista ambientale, il ciclo combinato
ibrido consentirà un forte abbattimento delle emissioni (con
riduzioni tra il 60 e il 70 per cento), non solo rispetto
alla situazione attuale, ma anche rispetto al progetto di
riconversione, già presentato e autorizzato dalle autorità
competenti che prevedeva la conversione di un solo gruppo.
«Questi risultati – hanno sottolineato i due dirigenti dell'Enel
– sono possibili grazie ad un consistente investimento in
tecnologie all'avanguardia che permettono un impiego
assolutamente compatibile con l'ambiente non solo del metano
ma anche dell'Orimulsion. Tale combustibile, proveniente dal
bacino dell'Orinoco – da cui prende il nome – in Venezuela,
è un'emulsione di bitume naturale e acqua che non è un
prodotto di raffineria né un residuo, con un contenuto di
zolfo inferiore al 3 per cento. Le riserve accertate nel
mondo sono di 267 miliardi di barili (circa la metà delle
riserve di petrolio) e dal 1995 è stato dichiarato idoneo
all'utilizzo come combustibile dal Ministero delle Attività
produttive, che dopo approfondite analisi lo ha riconosciuto
equivalente agli altri già impiegati. Tra l'altro, in
Italia, è già usato nelle centrali di Brindisi Sud (utilizzo
di circa 1,7 Mt/anno dal 1998), Fiume Santo (utilizzo di
circa 0,7 Mt/anno dal 1999) e Porto Tolle (utilizzo fino a 5
Mt/anno dal 2006), ma anche in Canada, Giappone, Danimarca e
Germania. Le ultime centrali progettate per utilizzare l'Orimulsion
saranno costruire a Coleson Cove (Canada) con tre gruppi da
350 MW e Singapore con tre gruppi da 250 MW». Intanto, gli
atti del progetto sono stati “congelati” dalla commissione
edilizia del Comune di Termini. E se l'Enel anche dal punto
di vista economico ritiene il nuovo progetto vantaggioso in
termini di investimento diretto (circa 450 milioni di euro),
di cui una buona parte destinata a imprese locali, si
annuncia un altro braccio di ferro. Per domani alle 12 il
sindaco Purpi ha convocato al Comune tutte le associazioni
locali per fare un unico fronte. Nel frattempo, il prefetto
di Palermo ha precettato per l'ennesima volta i turnisti,
che richiedono l'«indennità amianto» e che avevano indetto
uno sciopero di quattro ore per domani.
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