RASSEGNA STAMPA 15.06.2003

 

MESSAGGERO
«Falconara ha fatto sentire le sue ragioni»

Caso Api. Il sindaco rompe il silenzio e accetta per la prima volta di parlare dell’estenuante confronto in dirittura d’arrivo sul rinnovo della concessione

Carletti: «Senza le istanze della città da condividere il protocollo d’intesa non avrebbe alcun valore»

di ROBERTO SOPRANZI

FALCONARA - Carletti rompe il silenzio. E lo fa solo ora che la lunga estenuante trattiva che prelude da mesi al rinnovo della concessione Api è ormai arrivataa alla svolta. Sindaco, perché è stato zitto tutto questo tempo? «Dipende che cosa si intende per silenzio. Personalmente non amo esternare sui giornali, questione di carattere. Ma quanto alla mia amministrazione tutto si può dire meno che ci sia stato del silenzio specie sul fronte della raffineria. In questi mesi abbiamo prodotti importanti atti, altro che silenzio...» Un riferimento ai suoi interlocutori istituzionali? «Le istituzioni assumono degli impegni e vivono intensamente le battaglie politiche. Quando questo non accade, quando c’è silenzio, non è casuale: significa che c’è una volontà di assenza». Dica la verità come è andata tra Comune, Provicia e Regione in questo confronto che all’esterno a volte è apparso sofferto, altre addirittura un dialogo tra sordi? «L'intesa si è resa necessaria ed è stata condivisa pienamente dalle tre istituzioni per indicare gli indirizzi generali da utilizzare. Bisognava affrontare problemi territoriali forti ed indicare casi particolari su cui le istituzioni dovevano misurarsi. Poteva essere una svolta, un momento illuminante pper riappropriarsi dei tono alti della politica. Invece questa intesa mi pare più il frutto di una supplenza alla politica: per questo ha stentato a decollare». - Traduca... «I termini si sono dilatati. Gli atti che sono stati introdotti, e di cui dicevo, sono prese di posizione. Si è assistito con amarezza ad un eccesso di disinvoltura politico amministrativo ma il contenuto di questi ultimi atti speriamo sia diventato motivo di riflessione da parte delle forze politiche, degli organi istituzionali e della stessa azienda. Senza l'assunzione condivisa del contenuto di tali atti per me non ha alcun pregio il protocollo d'intesa fra le istituzioni e l'azienda» Insomma avete battuto i pugni sul tavolo e il rumore si è sentito... «Non volevamo costituire una sorta di frontiera nei confronti delle prerogative degli enti sovraordinati: è un percorso dove sono contenuti questi atti, a cui questo ente non rinuncia e corrisponde alle scelte fondamentali sul territorio espresse nel nostro piano regolatore generale, che non è il documento del Sindaco ma della città. Che cosa si aspetta alla vigilia della decisione sul rinnovo della concessione? «Un sussulto di saggezza ed intelligenza». Come si è arrivati al caso Api? «L'Api è una dimostrazione conclamata di assenza di politica ambientale. Oggi di fronte ad una richiesta di autorizzazione al rinnovo della raffineria si è costretti ad enunciare una serie infinita di prescrizioni per la messa in sicurezza ed il risanamento di quanto compromesso nell'attività pregressa e di quanto allo stato attuale è in atto forme di inquinamento ambientale. Questo dimostra che è mancata l'attenzione su quell'area, forse è mancata una volontà politica di indirizzo per fornire mezzi e competenze agli enti locali coinvolti in questi problemi». Insomma un bel pasticcio... «Si sono create complicazioni procedurali che rendono non chiara la soluzione che l'azienda richiede. Le forze politiche si sono frammentate nel dare giudizi senza ispirarsi ad una linea generale di condotta che le stesse dovevano darsi prima. Quando si tratta di grosse strutture occorre ragionare per progetti, ed i progetti hanno sempre una grande valenza politica». Pensa di aver fatto tutte le mosse giuste o, se potesse tornare indietro, modificherebbe qualcosa della sua strategia ? «Qualcosa si rischia di lasciare indietro ed alcune volte si può correre troppo in avanti. Allo stato attuale queste inevitabili anomalie sono state assestate ed i nostri atti prodotti in questi ultimi mesi ne sono la riprova». Come si concilieranno le previsioni del piano regolatore ed il piano Bohigas con l'eventuale permanenza ventennale della raffineria sul territorio ? «Direi piuttosto che la permanenza della raffineria si deve conciliare con il prg». - Si sente ancora solo? «Sì, ma anche libero. Io sono con la mia città e con le contraddizioni, le critiche e la dialettica che una politica così impegnata inevitabilmente provoca».

 
RESTO DEL CARLINO
Il rebus delle polveri sottili: quante ne produrrà il turbogas?  (Ferrara)

di Michele Fabbri

«I risultati di recenti ricerche indicano che particelle fini volatili quasi invisibili di diametro inferiore a 2,5 millesimi di millimetro (le cosiddette PM2,5, ndr) sono uno dei rischi più gravi per la salute. Esse sono prodotte dalla combustione di carbone, petrolio, gas naturale e altre biomasse e dai motori a combustione interna». Era il 1998 quando, con un documento intitolato «Emissioni di particelle fini e salute umana», il Comitato sulla scienza e tecnologia del Consiglio d'Europa lanciava l'allarme sulle micropolveri prodotte anche dalle centrali termoelettriche a gas naturale (comprese, dunque, le cosiddette Turbogas). Già allora, dunque, anche nella Comunità europea si sapeva che le centrali a gas naturale emettono grandi quantità di pericolose micropolveri, mentre nelle proposte di costruzione di nuovi impianti esse erano considerate nulle. A tutt'oggi, avere un quadro preciso delle micropolveri emesse dalle centrali a gas è piuttosto difficile, perché gli aspetti da esaminare sono numerosi e le informazioni scarse. Difficile ma certamente non impossibile. Partiamo da un primo elemento: la distinzione fra polveri "primarie" e "secondarie". «Quando si brucia gas naturale in una centrale termoelettrica — spiega Domenico Cipriano del Cesi di Milano, società di certificazione di apparati elettromeccanici — solo una piccolissima parte di essa si trasforma in micropolveri: sono un po' come la fuliggine o il nerofumo che troviamo nel camino della nostra stufa». Ma se consideriamo che in una centrale Turbogas da 800 megawatt si bruciano milioni di tonnellate di gas, quanta di questa pericolosissima fuliggine alla fine sarà uscita dal camino? « Dipende da molti fattori» sottolinea Cipriano. «Comunque possiamo parlare di alcune decine di tonnellate all'anno per un impianto di quelle dimensioni. Dalle 20 alle 40». Secondo l'esperto del Cesi, non si possono però scartare a priori - date le enormi masse in gioco - altre stime che portano a valori dieci volte superiori. Ma come facciamo, allora, a sapere se le polveri primarie sono decine o centinaia di tonnellate? «Il metodo c'è — afferma Cipriano — basta non basarsi sulle stime e 'contare' le effettive emissioni della centrale che si vuole installare. Non un modello matematico o l'elaborazione di dati provenienti da altri impianti, ma la misurazione diretta, al camino, della centrale 'madre' da cui nascono tutte le 'figlie' identiche che quel produttore installa». Passiamo ora alle polveri secondarie. «La combustione — afferma il documento europeo — produce anche un secondo tipo di particelle che derivano dalla trasformazione in aria delle emissioni di ossidi di zolfo e azoto (Nox)». Rispetto alla quantità, continua il documento, «l'emissione di particelle da parte delle moderne centrali può essere determinata assumendo che metà delle emissioni di ossidi di zolfo e di azoto si trasforma in particelle fini». Nel caso della nostra centrale, si tratterebbe dunque di più di cinquecento tonnellate all'anno che si sommano alle polveri primarie. Una quantità enorme, molte volte superiore a quella prodotta dal traffico urbano e pericolosissima se concentrata in un piccolo spazio vicino a centri abitati. Anche perché, avverte il documento, la quantità trasformata in PM2,5 dipende dal clima, e la situazione può drasticamente peggiorare «per l'accumularsi di inquinamento da fonti locali in condizioni di assenza di vento». Esattamente quello che accade in un polo chimico situato nella Pianura padana. Per giungere ad una migliore conoscenza, bisognerebbe dunque rilevare sempre le particelle inferiori ai 2,5 millesimi di millimetro (oltre alle Pm10) e costruire un modello attendibile della formazione delle micropolveri nella circolazione atmosferica locale (competenze di alto livello nella nostra Università non mancano) e nel quadro totale delle emissioni del sito. E' poi possibile abbattere, con apposite tecnologie, le emissioni di Nox. Ovviamente, avverte il documento europeo, «il costo di produzione dell'energia aumenta». A questo proposito è però importante la disponibilità dei produttori. «Sul problema delle micropolveri — ha affermato Antonio Livieri di Assoelettrica, associazione nazionale delle imprese elettriche — non abbiamo informazioni specifiche. I nostri associati, del resto, comperano dai costruttori l'intero impianto 'chiavi in mano' imponendo le specifiche di legge. La tutela ambientale è oggi la nostra prima preoccupazione, e se per le microploveri emergessero problemi e nuovi limiti di legge forniremmo immediatamente ai produttori specifiche tecniche relative. Così come accadde nell'industria quando si scoprì la pericolosità dell'amianto». Alla fine di questa carrellata fra problemi e possibili soluzioni, può essere utile ricordare le parole di Maurizio Pallante, inascoltato guru del Comitato per l'uso razionale dell'energia: «La scelta strategica, sia in termini quantitativi, sia perché attuabile nell'immediato è la microcogenerazione diffusa». Cioè impianti esattamente come la centrale turbogas, ma più piccoli e diffusi in modo da recuperare tutta l'energia prodotta, consentendo così di «spegnere» altre fonti di inquinamento. Come spesso accade, il problema più che nella tecnologia sembra essere nella capacità di farne un uso razionale.

Inceneritore, a Correggio la Margherita tira il freno (Reggio Emilia)

di Davide Nitrosi

Domani la giunta di Correggio potrebbe formalizzare la sua disponibilità a ospitare sul proprio territorio il nuovo inceneritore e al tempo stesso stabilire il calendario d'incontri pubblici per coinvolgere la cittadinanza nella decisione. Potrebbe.... Il condizionale è d'obbligo visto che la Margherita (che fa parte della giunta ed esprime il vice sindaco e un assessore) non ha dato un chiaro via libera per candidare Correggio, ma ha accettato solo di «discutere» della candidatura. Il che non è propriamente una sottigliezza. Gli aderenti al partito di centro si sono riuniti venerdì sera a Correggio e hanno stilato una nota politica dove fanno sapere di aver dettato tre condizioni per accordare ai propri amministratori correggesi la possibilità di «discutere» con la Provincia dell'eventuale costruzione dell'impianto nel Correggese. Prima condizione: «L'impianto sia dimensionato esclusivamente per i rifiuti della nostra provincia». Seconda: «Si dia assoluta priorità alla tutela della salute dei cittadini». Terzo paletto: «Siano allestite tutte le opere di mitigazione e di compensazione per migliorare l'ambiente delle zone circostanti». Le condizioni sono le stesse che ha sempre ripetuto il sindaco Claudio Ferrari, che già alla Conferenza dei servizi del 3 giugno, quando la Provincia ha presentato ai sindaci il suo piano rifiuti, aveva insistito per una dimensione ridotta dell'inceneritore e tarata esclusivamente sui bisogni provinciali. La giunta di Correggio avrebbe dovuto comunicare già ieri mattina la disponibilità alla Provincia per ospitare l'inceneritore, ma la decisione è stata rinviata a domani perché ufficialmente ieri mancava il numero legale in giunta. «Lunedì sanciremo la nostra disponibilità a ospitare l'inceneritore - spiega il sindaco di Correggio - così come aveva fatto il Comune di Reggio a suo tempo. Il secondo passaggio è la localizzazione del sito. In mezzo però c'è un percorso partecipato con i cittadini per prendere la decisione. Siamo convinti che mettendo a disposizione materiale e documenti si possano smentire inutili paure». Nella Margherita però la maggioranza vuole che prima ancora di dare la disponibilità, si discuta coi cittadini. «Il documento della Margherita - spiega il consigliere comunale correggese Andrea Manzotti - dice che il sindaco non si deve sentire legittimato a formalizzare subito la candidatura di Correggio. Prima il sindaco deve fare un percorso di condivisione. Con i cittadini, nell'Ulivo ma anche con le minoranze, a mio parere, visto che si tratta del futuro di Correggio e di tutta la provincia». I tempi di Ferrari sono invece diversi. Il sindaco vuole arrivare a un'eventuale localizzazione prima che il piano rifiuti sia approvato definitivamente dalla Provincia. E quindi prima del febbraio del 2004. L'amministrazione provinciale, infatti, deve prima adottare il piano con un atto formale del consiglio. La data prevista per ora è il 3 luglio, ma potrebbe slittare di una settimana. Poi passeranno sei mesi per le eventuali osservazioni e controdeduzioni prima di tornare in consiglio per l'approvazione. Il consigliere correggese Manzotti, però chiede più tempo. Sia a Ferrari, sia a Ruini: «Non capisco questa fretta. Il piano provinciale necessita di qualche miglioramento». Ma a parte i tempi per la candidatura, il documento della Margherita ribadisce come passaggio fondamentale la dimensione dell'inceneritore. Ridotta e provinciale. E' questo il nodo che ha scosso la Quercia reggiana. A parole tutti erano d'accordo per costruire un inceneritore solo provinciale, ma la realtà è diversa. Mentre il presidente della Provincia Roberto Ruini studiava il piano rifiuti (che prevede appunto un impianto pensato solo per Reggio), il sindaco Antonella Spaggiari conduceva la trattativa con i sindaci di Parma e Piacenza per la costruzione della holding Newco Emilia, che dovrebbe riunire Agac, Amps Parma e Teesa Piacenza. Ebbene, nello schema di delibera che dovrebbe dare il via libera alla Newco è contenuto un piano industriale dove si prevedono «sinergie» nell'utilizzo degli impianti, citando il turbogas di Parma e l'inceneritroe di Reggio. Quando il Carlino ha svelato il piano, sono nati i primi dubbi. Poi rafforzati dal vice sindaco di Parma che ha ammesso di nutrire preoccupazioni per l'ostinazione della Provincia di Reggio, rivelando invece maggiore sintonia col sindaco Spaggiari. Qualcuno, anche dei Ds, ha cominciato a malignare che il vero problema del sindaco non fosse il luogo dove costruire l'inceneritore, ma le sue dimensioni. Forse anche per questo motivo è uscita la candidatura di Correggio. Per togliere al Comune di Reggio l'ultima parola sull'impianto. Ma anche per Correggio il percorso non è un letto di rose. Perché il secondo nodo politico da sciogliere è il Cdr, ovvero il combustibile da rifiuti, una tecnologia che il piano non prevede, ma che la Margherita continua a chiedere.

 
CORRIERE ADRIATICO
"Sull'Api prima lo studio, poi il rinnovo"

Comitati all'attacco: "Una decisione affrettata metterebbe in secondo piano il problema salute"

"Siamo tutti d'accordo a proposito della necessità di uno studio epidemiologico sulla popolazione di Falconara, ma proprio per questo motivo, in attesa che ci siano dati certi, la Regione dovrebbe evitare di stabilire qualsiasi cosa sul rinnovo della concessione". Secondo i comitati cittadini di Fiumesino, Villanova e "25 agosto" "una decisione affrettata anteposta anche al preliminare dello studio epidemilogico non solo squalificherebbe gli intendimenti prescrittivi del rinnovo annunciati, per la Regione Marche, dall'assessore Amagliani, ma determinerebbe, oltre che un cattivo utilizzo di danaro pubblico, anche una gravissima subordinazione del problema salute rispetto alle esigenze aziendali della Raffineria Api che ha chiesto un rinnovo anticipato della concessione rispetto alla sua naturale scadenza del 2008". "Rimaniamo profondamente sorpresi e stupiti - osservano i portavoce Franco Budini, Loris Calcina ed Elisa Griffoni - che dal mondo del sindacato e dei lavoratori dell'Api non emerga la stessa esigenza di una indagine sulla salute, imposta invece dai cittadini ad una Regione Marche in chiaro ritardo su questo tema". Il fatto che l'assessore Amagliani abbia deciso di conferire l'incarico per lo studio al dottor Andrea Micheli dell'Istituto Nazionale per lo Studio e la Cura dei Tumori di Milano, proseguono i comitati, "è un risultato importante soprattutto per i cittadini di Falconara che sono riusciti ad investire del problema salute dapprima il prestigioso Istituto di Milano ed, infine, la Regione Marche". Domani all'hotel Avion i comitati hanno organizzato un incontro "trasversale" a cui sono invitati i consiglieri regionali, provinciali e comunali che hanno manifestato contrarietà al rinnovo della concessione così come prospettato dalla Regione Marche.

i comunicati stampa emessi dai comitati

"Gravi le parole di Brachetti"

I residenti replicano alle recenti dichiarazioni del presidente

Le recenti dichiarazioni di Aldo Brachetti Peretti, presidente dell'Api, preoccupano i comitati cittadini di Villanova e Fiumesino, sconcertati per il silenzio e la "totale mancanza di reazioni e di repliche da parte di tutti gli amministratori locali". Inoltre, "nessuno dei sindacati ed in special modo dei lavoratori sembra essersi allarmato per il fatto che l'esercizio in perdita dell'azienda che "dà loro da mangiare" (come più volte abbiamo sentito ripetere) sia stato determinato per un terzo dagli "investimenti in sicurezza ed ambiente": cioè da due elementi peculiari ed imprescindibili della sua attività". I comitati ritengono che l'affermazione di Brachetti Peretti sia da considerarsi gravissima, "in quanto egli dovrebbe tenere nella massima considerazione un fatto: l'azienda che guida è una raffineria di petrolio ritenuta dalla legge europea ed italiana ad alto rischio e dovrebbe quindi tenere nel massimo conto la tutela della sicurezza e dell'ambiente le quali non hanno prezzo". La riduzione del rischio ed i relativi investimenti - affermano i rappresentanti dei cittadini residenti a Villanova e Fiumesino - "sono un dovere primario e quotidiano a cui il bilancio dell'azienda deve poter sempre far fronte". A questo punto i comitati vorrebbero sapere qual è la posizione dei lavoratori e dei sindacati perché "i dubbi che la dichiarazione del presidente fa scaturire sono innumerevoli e pesanti".

i comunicati stampa emessi dai comitati

 
LA SICILIA
No all'Orimulsion. «E' un combustibile inquinante»

Termini, paese contro l'Enel

di Franco Battaglia

Termini Imerese. Il Comune di Termini Imerese contro l'Enel sull'utilizzo dell'Orimulsion nella centrale termoelettrica. Il nuovo progetto prevede la trasformazione di due gruppi produttivi alla tecnologia del ciclo combinato ibrido (che utilizza sia il gas naturale sia l'Orimulsion) portando la capacità dell'impianto a 1.172 MW. Ma, il sindaco di Termini Imerese Luigi Purpi si oppone al piano: «Sino a quando sarò io sindaco, non darò mai l'autorizzazione per l'Orimulsion. Abbiamo chiesto all'Università di Palermo uno studio sulle ricadute ambientali del nuovo progetto. È emerso che sarebbero preoccupanti. E io non arretro di un passo». La pensano in maniera opposta all'Enel. Vittorio Vagliasindi, direttore dell'Area impianti termoelettrici, e Leonardo Arrighi, responsabile della Progettazione nuovi impianti dell'Enel, hanno illustrato i contenuti del progetto, evidenziando tra l'altro che la nuova soluzione consente di valorizzare al meglio le infrastrutture esistenti, con particolare riferimento al porto industriale. Sempre secondo l'Enel, dal punto di vista ambientale, il ciclo combinato ibrido consentirà un forte abbattimento delle emissioni (con riduzioni tra il 60 e il 70 per cento), non solo rispetto alla situazione attuale, ma anche rispetto al progetto di riconversione, già presentato e autorizzato dalle autorità competenti che prevedeva la conversione di un solo gruppo. «Questi risultati – hanno sottolineato i due dirigenti dell'Enel – sono possibili grazie ad un consistente investimento in tecnologie all'avanguardia che permettono un impiego assolutamente compatibile con l'ambiente non solo del metano ma anche dell'Orimulsion. Tale combustibile, proveniente dal bacino dell'Orinoco – da cui prende il nome – in Venezuela, è un'emulsione di bitume naturale e acqua che non è un prodotto di raffineria né un residuo, con un contenuto di zolfo inferiore al 3 per cento. Le riserve accertate nel mondo sono di 267 miliardi di barili (circa la metà delle riserve di petrolio) e dal 1995 è stato dichiarato idoneo all'utilizzo come combustibile dal Ministero delle Attività produttive, che dopo approfondite analisi lo ha riconosciuto equivalente agli altri già impiegati. Tra l'altro, in Italia, è già usato nelle centrali di Brindisi Sud (utilizzo di circa 1,7 Mt/anno dal 1998), Fiume Santo (utilizzo di circa 0,7 Mt/anno dal 1999) e Porto Tolle (utilizzo fino a 5 Mt/anno dal 2006), ma anche in Canada, Giappone, Danimarca e Germania. Le ultime centrali progettate per utilizzare l'Orimulsion saranno costruire a Coleson Cove (Canada) con tre gruppi da 350 MW e Singapore con tre gruppi da 250 MW». Intanto, gli atti del progetto sono stati “congelati” dalla commissione edilizia del Comune di Termini. E se l'Enel anche dal punto di vista economico ritiene il nuovo progetto vantaggioso in termini di investimento diretto (circa 450 milioni di euro), di cui una buona parte destinata a imprese locali, si annuncia un altro braccio di ferro. Per domani alle 12 il sindaco Purpi ha convocato al Comune tutte le associazioni locali per fare un unico fronte. Nel frattempo, il prefetto di Palermo ha precettato per l'ennesima volta i turnisti, che richiedono l'«indennità amianto» e che avevano indetto uno sciopero di quattro ore per domani.

 
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