RESTO DEL CARLINO |
«La sicurezza non ha prezzo»
FALCONARA — Intanto i
Comitati sono in allarme per la questione della sicurezza
alla raffineria. Dopo aver ricordato che il 2002 è stato il
secondo esercizio consecutivo con il bilancio in perdita, i
Comitati rilevano che «nonostante ciò l'azienda ha
proseguito il rilevante programma poliennale di
investimenti, con una quota di circa 30 milioni nel 2002. Di
questi, le sole risorse riservate agli investimenti in
sicurezza e ambiente hanno contribuito ad incrementare di un
terzo l'indebitamento medio». I Comitati si stupiscono che
in Provincia, Comune e Regione «nessuno sembra essere stato
colpito da quanto detto dal presidente Brachetti Peretti.
Nessuno dei sindacati sembra essersi allarmato per il fatto
che l'esercizio in perdita sia stato determinato per un
terzo dagli 'investimenti in sicurezza ed ambiente', cioè da
due elementi peculiari e imprescindibili della sua attività.
«Riteniamo — spiegano i Comitati in un comunicato — che
obiettivamente l'affermazione di Brachetti Peretti sia da
considerarsi gravissima, in quanto egli dovrebbe tenere
nella massima considerazione che l'azienda che guida è una
raffineria di petrolio ritenuta dalla legge europea ed
italiana ad alto rischio».
i
comunicati stampa emessi dai comitati Un Consiglio regionale ad
hoc
di Maria Gloria Frattagli
FALCONARA — L'intrigata
vicenda del rinnovo della concessione alla raffineria Api
verrà, con molte probabilità, discussa in Consiglio
regionale. Infatti il consigliere regionale Cristina
Cecchini è riuscita a raccogliere un quarto delle firme
necessarie per ottenere la discussione del problema e dei
risvolti legati all'attività di raffinazione. In tutto sono
dodici i consiglieri che hanno aderito alla proposta: sei di
Alleanza nazionale (Ciccioli, Novelli, Romagnoli, Pistarelli,
Castelli, Gasperi); cinque di Forza Italia (Brini, Ceroni,
Trenta, Grandinetti, Viventi) e Massi dell'Udc. Proprio
durante questi giorni di fuoco, dove gli incontri si
susseguono a ritmi sostenuti, la stessa Cecchini ha
presentato il risultato di un sondaggio da lei stessa
commissionato ed effettuato da Datamedia dove, il 53,8% dei
falconaresi, su un campione di 400 casi, ha espresso parere
favorevole alla dismissione dell'impianto oppure alla sua
delocalizzazione. Il sondaggio era stato somministrato a
famiglie dove erano presenti dipendenti Api e non. «Secondo
noi — ha detto Carlo Ciccioli di An — è opportuno che del
rinnovo della concessione alla raffineria Api, al di là dei
convincimenti di ciascuno, se ne parli alla luce del sole e
che al contrario non sia oggetto di una trattativa privata
tra assessore regionale e società, con la partecipazione
'discreta' di sindaco e Provincia. Per cui — ha sottolineato
— il dibattito in aula serve a verificare la posizione di
ciascuno anche perché la presenza in commissione
dell'assessore all'ambiente Amagliani, avvenuta martedì, è
stata piuttosto deludente. Ho aderito quindi alla proposta
della Cecchini proprio a seguito dell'incontro con Amagliani».
Per i consiglieri regionali, cioè per quelli
dell'opposizione, la diversità di ideali e di vedute deve
essere messa da parte di fronte alla decisione di rinnovo
della raffineria Api: ciascuno nella loro diversità ne
vogliono parlare, prima che una decisione definitiva venga
presa.
Duecento piante di lavanda
per Villanova
FALCONARA — Duecento piante
di lavanda saranno innestate nel quartiere di Villanova
lungo la via Flaminia. Su iniziativa del Cam, attraverso il
Servizio Manutenzione Verde e arredo urbano, questi fiori
dal profumo antico, in passato utilizzato per profumare la
biancheria nei cassetti e anticamente nominato «spighetta»,
verranno piantumati per arricchire la zona già interessata
da lavori di rifacimento del manto stradale e dei
marciapiedi. Ma l'attività del Cam rivolta al verde non si
ferma alla lavanda, prosegue invece con la disinfestazione
dei platani presenti sul territorio comunale dalla corithuca
(«la tigre del platano» proveniente dagli Stati Uniti). Ma
l'arrivo dell'estate ha portato con sé anche il fastidioso
problema della presenza degli insetti in città che creano
disagi all'alberatura. Numerose anche le segnalazioni
relative agli afidi (i comuni pidocchi, per capirci) e ai
lepidotteri che si nutrono delle foglie degli aceri. Nei
giorni scorsi il Servizio ha contattato l'Osservatorio
fitopatologico dell'Assam di Ancona che stabilisce i metodi
d'intervento più appropriati contro questi animali: si punta
a risolvere il problema anche con l'aiuto di altri insetti
in grado di distruggere quelli dannosi. |
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CORRIERE ADRIATICO |
Fogne, problema irrisolto
Dopo le promesse in diretta,
la trasmissione radiofonica di Oliviero Beha torna ad
occuparsi del caso ma il Comune stavolta non interviene A
distanza di sette mesi "Il falco azzurro" torna all'assalto
di MARINA MINELLI
Le fogne sono un problema
drammatico e l'associazione "Il Falco Azzurro", fondata
qualche mese fa da Massimo Fanelli, ha portato di nuovo la
questione davanti ai microfoni della trasmissione "la radio
a colori" condotta da Oliviero Beha, ma questa volta
l'amministrazione comunale tace ed anche il sindaco Carletti
ha preferito declinare l'invito. A quasi sette mesi dalla
prima uscita radiofonica, dunque, la questione resta
irrisolta. In quella occasione, l'assessore ai lavori
pubblici Antonio Graziosi aveva garantito un pronto
intervento, il nulla di fatto dell'amministrazione comunale
ha convinto Fanelli della necessità di questa ulteriore
uscita. "Lo scorso 20 novembre - ricorda Fanelli -
l'assessore Graziosi ammise che il problema esiste in due
punti del litorale, la Zona Disco e il tratto nei pressi
della ferrovia, minimizzò però le conseguenze ed affermò che
non c'è mai stato alcun pericolo per l'attività balneare in
quanto il problema è circoscritto a casi di forti piogge".
Infatti in alcune zone quando piove molto si verifica il
fenomeno del troppo pieno e il collettore scarica a mare
l'acqua in esubero. In diretta radiofonica Graziosi assicurò
che esisteva un piano di intervento per risolvere
l'inconveniente, con circa un miliardo di vecchie lire di un
finanziamento dal Ministero dell'Ambiente, sarebbero stati
allungati i pontili collocati nei due punti critici. I
lavori dovevano essere affidati al Consorzio Gorgovivo
Multiservizi spa, al quale il Comune ha affidato la gestione
dei servizi idrici e della rete fognaria. "Sette mesi dopo
nulla è stato fatto - commenta Fanelli - nonostante le
promesse e le firme raccolte nel 2002 raccolte in fretta
lungo l'arenile dopo l'ennesimo acquazzone che aveva
trasformato l'arenile cittadino in una fogna a cielo aperto,
dove scorrazzavano topi e galleggiavano escrementi". Il
problema di fondo, secondo Fanelli però è un altro: "il
sistema fognario non è più sufficiente in una città che
cresciuta vorticosamente negli ultimi anni ed arrivata oggi
ad oltre 28.000 abitanti. Poi ci sono altre questioni come
il deflusso delle acque dei fiumi, la presenza della
raffineria Api, il vicino porto di Ancona, tutti elementi
che contribuiscono a rendere il problema inquinamento acque
allarmante, soprattutto nella stagione estiva, quando gli
stabilimenti si riempiono di bagnanti". Dopo inutili
promesse di incontro da parte del sindaco, Massimo Fanelli
lo scorso 26 ottobre ha inviato un esposto direttamente al
Tribunale Europeo di Strasburgo sottolineando che la rete
fognaria di Falconara, lunga 66 km, risale agli anni 50 ed è
ormai insufficiente e inadeguata, considerata anche la
particolare conformazione geomorfologica della città.
"Sarebbe necessario rinnovarla completamente, ma a quanto
sembra il Comune non ha nessun interesse".
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IL GAZZETTINO on line |
Black out a Porto Marghera
Petrolchimico spento senza corrente
EMERGENZA CALDO Rubinetti a
secco, livello del Sile più basso di 80 centimetri.
Malori a ripetizione a
Venezia e sulle spiagge, in poche ore due anziani fulminati
da infarto
Mestre Quel che chiedono da
anni gli ambientalisti e che tecnici e industriali ritengono
pericolosissimo è avvenuto con una semplicità non degna dei
processi chimici: il Petrolchimico si è spento. Nessun
incidente, solo un "fuori servizio" che ha provocato
l'interruzione dell'energia elettrica e ha mandato in tilt 5
tra i più importanti impianti dell'area. Risultato: tutti i
gas presenti nelle tubature sono stati bruciati nella
fiaccola di Fusina. Una fiamma altissima si è sprigionata ed
è stata vista da Venezia, da Mestre, da Marghera, tanto che
i centralini delle forze dell'ordine sono stati sommersi da
una marea di telefonate. Situazione sempre più critica per
il caldo record in questi giorni. I consumi elettrici sono
cresciuti del 18 per cento, quelli idrici (a causa dell'uso
smodato di condizionatori d'aria) del 20. Ma la prolungata
siccità ha impoverito le risorse: il livello del Sile è più
basso di 70-80 centimetri rispetto alla media. Inevitabili
le conseguenze per la salute. Decine e decine gli interventi
del Suem di Venezia in seguito a ripetuti malori. E due
persone hanno perso la vita ieri in seguito ad infarti
probabilmente collegati alla eccessiva temperatura. Un
pensionato di Castello stava recandosi in un negozio di
generi alimentari quando è stramazzato al suolo senza vita.
Sul posto sono intervenuti gli agenti delle Volanti e l'Ivep.
Analoga sorte è toccata a un uomo che lavorava al convento
del Redentore. Secondo il Suem di Venezia i punti più
critici sono rappresentati dai vaporetti e dai pontili dell'Actv.
Vera e propria emergenza anche al Lido dove non si contano
gli interventi al Punto di primo intervento.
La fiaccola di Fusina
riaccende la paura
Un black out dell'energia
elettrica manda in tilt 5 impianti del Petrolchimico.
Nessuna conseguenza per l'ambiente e le persone
di Paolo Navarro Dina
Mestre Il Petrolchimico è
andato in tilt. E per un errore umano. L'improvviso black
out, scattato l'altra notte attorno alle 23.30, ha coinvolto
ben cinque impianti: Polimeri Europa, Evc, Cloro-soda,
Montefibre e Dow Chemical Italia. Ma ciò che più ha causato
allarme è stata la cosiddetta "fiaccola" di Fusina, quella
che sovrasta la centrale Enel, il depuratore Vesta, la
darsena Dalla Pietà e il camping: si tratta di un traliccio
che porta ad un'altezza di decine di metri la bocca di un
grosso tubo proveniente dal Cracking della Polimeri Europa,
ex impianto di EniChem (oggi Syndial). Quando l'impianto va
in tilt, in quel tubo vengono convogliati e bruciati tutti i
gas presenti nell'impianto: e di notte la fiamma che si
sprigiona dal "camino" si vede da chilometri di distanza.
Tanto che l'altra notte l'hanno notata da tutta Marghera, ma
anche dalla Giudecca, da buona parte del centro storico e
chiaramente da Fusina. Numerose sono state le telefonate
giunte ai centralini dei Carabinieri, del commissariato di
polizia di Marghera, ma anche alla redazione del nostro
giornale. E ieri sera il fenomeno si è ripetuto, in fase di
riattivazione dell'impianto. Il ricordo e la paura scatenata
dalle drammatiche sequenze del 28 novembre scorso, quando
esplose un pezzo dell'impianto Tdi5 della Dow Chemical, sono
ancora nella mente di tanti. Tutto è iniziato alle 23.30,
quando una fiamma prolungata è uscita dalla sommità della
fiaccola. Il fuoco sprigionatosi ha letteralmente bruciato,
dal momento del blocco fino alle 8 di ieri mattina, circa
800 tonnellate di prodotti gassosi. Il picco massimo di
invio alla "fiaccola" è stato di 260 tonnellate. Si tratta
di materiale combusto e che, quindi, non ha portato secondo
i tecnici ad alcuna conseguenza nell'atmosfera. Dal punto di
vista della natura qualitativa dei gas combusti trattasi di
miscele di idrocarburi contenenti idrogeno, metano, etilene,
propilene e idrocarburi c4. Ma anche gli esperti del settore
ambientale dell'Arpav intervenuti sul posto hanno verificato
che il materiale ha dissolto nell'aria solo anidride
carbonica e acqua. La causa dello spavento dei residenti a
Marghera, ma anche di coloro che anche dal centro storico
hanno visto la gigantesca fiamma nella zona industriale si
deve ad un errore umano. Attorno alle 21, la centrale
elettrica Edison di via della Chimica aveva segnalato ai
tecnici della Syndial - che nell'area del Petrolchimico si
occupa della gestione dei servizi (elettricità, vapore,
acquedotto industriale) - che vi era la necessità di
controllare uno dei due trasformatori da 110 megavoltampere
(come dire energia per alimentare almeno una ventina di
centri commerciali) che forniscono energia elettrica
all'area dei nuovi impianti del Petrolchimico. E proprio
mentre i tecnici Syndial stavano effettuando un collegamento
da un trasformatore all'altro - nonostante fossero state
prese tutte le precauzioni del caso e l'intervento fosse
stato condotto secondo le norme - è avvenuto il blocco
nell'erogazione della corrente elettrica. Di conseguenza,
nel giro di una frazione di secondo, i cinque impianti del
Petrolchimico sono andati in blocco causando non solo
l'interruzione della produzione, ma anche la fuoriuscita del
materiale lungo il tubo del Cracking che ha scatenato la
"fiaccola". Gli impianti sono rimasti fermi per circa
mezz'ora. Trascorsi trenta minuti sono iniziate le
operazioni di riavviamento delle strutture. E per alcune di
loro si è trattato di interventi che si sono protratti per
tutta la giornata di ieri. Una vicenda, dicevamo, che ha
suscitato nella popolazione il ricordo di ciò che accadde il
28 novembre dell'anno scorso quando un incendio danneggiò
l'impianto del Tdi5 nell'area Dow Chemical (anche se in
questo caso non è accaduto nulla di grave e le procedure
d'emergenza hanno funzionato come dovevano): per ore
Venezia, Mestre e l'entroterra mestrino rimasero con il
fiato sospeso per il fumo sprigionato dall'impianto in
atmosfera. Ma almeno su un elemento vi sono delle
inquietanti analogie: anche in questo caso la macchina
informativa è scattata con un ritardo di circa mezz'ora. Un
episodio criticato dal Comune di Venezia che, in una nota,
ha lamentato che l'annuncio del fax di attivazione delle
"fiaccole" di sicurezza sia giunto dopo 30 minuti
dall'evento. «Un ritardo cronico di quasi mezz'ora - dice
una nota di Ca' Farsetti: - alle 23.25 rispetto alle 23 di
inizio evento. Peraltro si era già verificato che la Polizia
municipale e il Centro operativo territoriale (Cot) si erano
già attivati per accertare la natura dell'incidente. Così,
nell'arco di pochi minuti, con i contatti intercorsi tra i
responsabili della Protezione civile, i Vigili del fuoco e
il tecnico di turno dello stabilimento è stato possibile
verificare che non rappresentava alcuna situazione di
rischio o pericolo per la popolazione». Intanto, proprio
nelle ore più delicate dell'intervento nell'area del
Petrolchimico, la Municipalità di Marghera su sollecitazione
di numerosi cittadini spaventati per la "fiaccola" aveva
istituito in quattro e quattr'otto un presidio che da un
lato cercava di reperire informazioni dai tecnici
dell'azienda e, dall'altro, informare chi si rivolgeva alla
sede istituzionale di quartiere. È stato grazie all'attività
del presidente della municipalità, Roberto Turetta, e al
delegato Vittorio Baroni che è stato possibile offrire
almeno alcune sommarie notizie dell'evento che si stava
compiendo a poca distanza dalle loro case. A partire
dall'ennesima esperienza di "rischio ambientale", la
Municipalità di Marghera rilancia la riflessione, ma anche
l'azione per la tutela dell'ambiente e della salute in una
zona delicata dal punto di vista industriale sulla base del
"Progetto Marghera Sicura".
Industriali: «Danno per
parecchi miliardi»
Critiche del Comune per i
ritardi nell'informazione
Mestre «L'aspetto più
preoccupante è stato il mancato avviso ai cittadini. Non è
la prima volta che ciò accade. Bisogna che tutti coloro che
hanno compiti importanti nell'area di Porto Marghera si
impegnino al massimo per garantire la massima informazione.
Questo luogo non è uguale agli altri». Gianfranco Bettin,
prosindaco di Mestre, non nasconde la rabbia per come sono
state gestite le informazioni dopo quest'ennesimo episodio
avvenuto nella zona industriale. «Certo - aggiunge - ben
presto è stato ricostruito che l'evento è stato poco
significativo, anzi per lo più folcloristico, ma è
incredibile che io come tanti altri lo si abbia appreso dal
classico "passaparola" tra i cittadini. Gli enti competenti
sono stati avvisati tutti con qualche ritardo». Una conferma
che arriva anche dal comunicato ufficiale del Comune che
ribadisce le proprie critiche per i ritardi nelle
informazioni. E a Ca' Farsetti, nonostante tutto, è toccato
il compito di "governare" l'episodio con un gruppo di
intervento che ha visto la partecipazione del sindaco Paolo
Costa, del comandante provinciale dei Vigili del fuoco,
Adriano Pallone, dell'assessore alla Protezione civile,
Michele Mognato, del comandante della Polizia municipale,
Francesco Vergine e del direttore della Protezione civile
Gianluigi Penzo. Sull'episodio è intervenuto anche l'Assindustria
con Nelson Persello. «Si è trattato di un guasto
all'alimentazione elettrica della rete che rifornisce l'area
dei nuovi impianti del Petrolchimico - sottolinea - Al di là
di quanto è accaduto, di sicuro ci sarà da rilevare un
notevole danno economico per l'improvvisa fermata degli
impianti di produzione di tutta l'area del Petrolchimico. Va
detto, comunque, che proprio la presenza della "fiaccola"
sta a significare che il materiale è stato tutto bruciato.
Non vi è stato quindi alcun problema di emissione di fumi
nell'atmosfera. Ora bisognerà riavviare gli impianti tenendo
conto di tutte le procedure di sicurezza scattate
immediatamente dopo l'arresto delle strutture». E sulla
vicenda sono intervenuti anche il presidente della
Municipalità di Marghera, Roberto Turetta e il delegato alla
comunicazione, Vittorio Baroni. «É importante continuare a
diffondere - sottolineano - la cultura della prevenzione al
rischio industriale. Da questo punto di vista è
assolutamente fondamentale il lavoro svolto con il Progetto
Marghera Sicura assieme al Servizio protezione civile e
rischi industriali del Comune. Per questo va ricordato il
primo corso di formazione per i volontari della protezione
civile che si concluderà sabato prossimo con la creazione di
un gruppo specializzato nel rischio industriale e che avrà
come obiettivo l'istituzione di una "rete cooperativa del
territorio" e l'avvio di esercitazioni per simulare allarmi
per incidenti industriali». |
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LA SICILIA |
Priolo, ecco il «day after»
di Andrea Lodato
Catania. Ascoltati
venticinque personaggi legati al mondo delle industrie
chimiche del Siracusano, sentiti quindici rappresentanti di
enti e istituzioni, lette alcune delle carte che contengono
i primi risultati della Procura, la "Commissione
Parlamentare d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle
attività illecite ad esso connesse" è arrivata ad una
conclusione inquietante. E scontata. Errori, negligenze,
leggerezze e superficialità che sono state consumate
nell'area chimica tra Priolo e Melilli, non sono episodi
locali, non fatti da circoscrivere a questi siti. Rientrano
nel perverso sistema industriale del settore chimico che in
tutto il Paese, per decenni, ha seminato fabbriche con un
baratto letale. Per garantire lavoro e occupazione, in
sostanza, si è chiesto alle industrie di occupare anche più
personale di quanto ne servisse, per creare posti di lavoro
in aree tendenzialmente povere e depresse. E in cambio? «In
cambio - spiega il presidente della Commissione, Paolo Russo
- si è consentito che fossero abbassati notevolmente i
margini di sicurezza, di tutela ambientale e di salute dei
lavoratori stessi». Da Priolo a Porto Marghera, dalla Puglia
alla Sardegna, suppergiù, la stessa storia. Triste. E adesso?
«Per noi - aggiunge Russo - questa fase dell'inchiesta che
conduciamo si chiama "Priolo-after", proprio perché vogliamo
andare oltre. Oltre i silenzi, ma anche oltre i
sensazionalismi. Perché tra questi due eccessi bisogna, e
vogliamo, trovare una terza via». La missione che si intesta
la Commissione è chiara, delicata. Una scommessa non da
poco. La terza via è, spiegano i parlamentari impegnati
nell'inchiesta, il punto d'equilibrio che dovrebbe
consentire di salvaguardare i livelli occupazionali e,
contemporaneamente, garantire tutela dell'ambiente e salute
dei cittadini. C'è da chiedersi se la ricerca più o meno
precisa, non facile, di questo "balance" non rischi di
spegnere sensazionalismi e denunce, contribuendo a gettar
sabbia su chi ne ha combinate di tutti i colori. Giocando
sulla pelle della gente. Ma l'ipotesi viene sdegnosamente
respinta. «Non ne se ne parla nemmeno - sentenziano
all'unisono sia Russo che gli altri membri della Commissione
- perché la magistratura prosegue il suo lavoro, per cui noi
non rappresentiamo, come è evidente, un intralcio. Anzi,
considerato che noi operiamo su tutto il territorio
nazionale, rappresentiamo una sorta di saldatura tra le
varie realtà e le varie situazioni». La Commissione ha
incontrato il sindaco e il Presidente della Provincia di
Siracusa, il sindaco di Melilli e Priolo, il Capo della
Procura di Siracusa, i vertici di Syndian, Polimeri Europa,
Erg, Enel. Compiuti anche sopralluoghi tra Priolo, Melilli,
Augusta. Ma come uscire da questa situazione? Con gli
interventi riparatori delle aziende che hanno sbagliato,
certamente. Ma non solo. «Chiederemo subito al governo di
stanziare risorse che consentano di effettuare interventi
strutturali concreti e che proiettino davvero quest'area
fuori dall'emergenza. Perchè il futuro - spiegato il
senatore siracusano Rotondo - può essere fatto di una
chimica moderna, eco-compatibile, pulita». E se in quest'area
ha sbagliato l'uomo, a Biancavilla, invece, al di là di
certe negligenze, la Commissione parlamentare ha avuto la
conferma che la natura è stata proprio matrigna. «Qui -
spiega Paolo Russo - occorre immediatamente stilare la lista
degli interventi prioritari da mettere a punto per risolvere
i problemi sanitari provocati dal massiccio utilizzo della
fluorodenite, estratta dalla cava cittadina». Qui già cinque
miliardi sono stati spesi per bitumare le strade, ma ne
serviranno altri per mettere in sicurezza e bonificare la
cava. Ma importante, sottolinea la commissione, è anche
evitare scontri tra le varie articolazioni dello Stato che
devono operare, piuttosto in sinergia. Comincia a
funzionare, e questa è la buona notizia, l'Arpa, dopo i due
ultimatum della stessa Commissione alla Regione che non
aveva fatto decollare questo organismo destinato al
controllo e alla tutela del territorio |
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ECONEWS (Verdi) |
Energia. Verdi: Marzano
inventa le priorità
"Il ministro delle Attività
Produttive inventa le priorità: i picchi dei consumi
energetici registrati con l'ondata di grande caldo non
giustificano la costruzione di nuove centrali elettriche".
Lo afferma il deputato Verde Marco Lion, intervenuto in
merito alle affermazioni di Antonio Marzano. "Occorre
senz'altro, oltre che l'utilizzazione delle fonti
alternative, una razionalizzazione del settore energetico:
ma il decreto sblocca centrali prevede la costruzione di 600
nuove strutture e la produzione di una quantità abnorme di
energia, senza dettare alcuna norma di buon senso su come,
dove e quando produrre. Bisogna infine ricordare che le
anomale temperature registrate in questi giorni sono
conseguenza dell'effetto serra che il Governo Berlusconi non
è impegnato a contrastare, boicottando di fatto gli accordi
di Kyoto, consentendo le condizioni per aumentare i consumi
energetici e assecondando una spirale viziosa".
Clima. Legambiente: caldo
non sia pretesto per nuove centrali
"Non vorremmo che il caldo
asfissiante di questi giorni e l'intenso uso di
condizionatori diventi il pretesto per lanciare pretestuosi
allarmi black-out e chiedere nuove centrali che non servono
al paese". Legambiente esprime in una nota la sua
preoccupazione per le possibili strumentalizzazioni legate
alla crescita dei consumi energetici causati dal caldo.
"L'ha spiegato anche il ministro Marzano: l'uso dei
condizionatori non provocherà problemi all'erogazione. E
allora perché realizzare 11 mila megawatt di nuove
centrali, quasi nessuna da energie rinnovabili? E'
certamente necessario affrancare l'Italia dalla dipendenza
energetica dall'estero, che significa dal petrolio e anche
dal nucleare francese, ma questo impegno non deve tradursi
in una rincorsa a far spuntare come funghi nuovi
mega-impianti lungo tutta la penisola". Anche perché,
spiega in conclusione legambiente, "l'impegno preso con la
ratifica del Protocollo di Kyoto indica una strada diversa:
l'incremento delle fonti rinnovabili, ma anche la riduzione
dei consumi e l'efficienza energetica". |
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