RASSEGNA STAMPA 12.06.2003

 

MESSAGGERO
Concessione, l’accordo ancora non c’è

Intanto i Verdi tornano a minacciare il divorzio da D’Ambrosio: «Rapporto fortemente incrinato». I sindacati: «Niente dismissioni senza alternative»

La decisione sul rinnovo può slittare oltre il 15 giugno. Amagliani: «Stiamo cercando una sintesi»

di ROBERTA MACCAGNANI

FALCONARA - Potrebbe slittare oltre il 15 giugno il parere della Regione sul rinnovo anticipato della concessione Api. I tecnici stanno ancora lavorando sulle prescrizioni e per il protocollo d’intesa non c’è stata ancora, infatti, nessuna firma congiunta. Anzi il Comune di Falconara sta approfondendo l’analisi del protocollo, considerato importante veicolo per regolare i rapporti tra l’azienda e gli enti deputati al controllo territoriale tra cui il Comune vorrebbe un ruolo da protagonista. «Vogliamo capire - ha detto il sindaco Giancarlo Carletti - se i contenuti del protocollo sono in linea con i nostri ultimi atti di giunta. Un requisito per noi fondamentale per andare avanti nel processo di analisi delle prescrizioni». Le prescrizioni, quindi, non le state analizzando? «In questo momento ci siamo concentrati sul protocollo». Ma la scadenza del 15 giugno è ormai alle porte. «Noi stiamo lavorando sull’impianto che regge la richiesta di rinnovo di concessione, ma non faremo le cose in fretta. Non possiamo permetterci superficialità». Sotto la lente di ingrandimento del Comune, quindi, questo protocollo d’intesa dove l’ente locale, oltre la Regione, sembra stia cercando di ritagliarsi un ruolo istituzionale e di verificare quanto la presenza della raffineria sia in sintonia col nuovo Prg della città. A sorpresa anche Marco Amagliani, assessore regionale all’ambiente, non fa fretta al processo di rinnovo. «I tecnici anche questa mattina - ha detto - stanno continuando a lavorare». Ma quest’attività si sta allungando perché forse il Comune di Falconara non è concorde sul protocollo? «L’obiettivo è trovare una sintesi dove ognuno si riconosca. Tutto qui». Ma non rischiate di far slittare la data per la decisione a dopo il 15 giugno? «Cercheremo di concludere tutto. Se poi occorre qualche giorno in più lo daremo». Potrebbe quindi slittare il parere della Regione sulla richiesta di rinnovo di concessione anticipata dell’Api. Eventualità rigettata con forza dalle segreterie di Cgil, Cisl e Uil di Ancona insieme a quelle di categoria e alla Rsu. «Sollecitiamo - si legge in una nota - Regione, Provincia e Comune a definire, nei tempi stabiliti, le intese di merito per formulare il parere positivo per la concessione della raffineria. Nessun programma politico ed elettorale, almeno di nostra conoscenza, ha mai previsto dismissioni senza una concreta alternativa sia sul piano occupazionale che strategico dell’impianto stesso». Frattanto sempre più attrito tra Verdi e Giunta regionale: «Nell'incontro di maggioranza del 3 giugno sul rinnovo della concessione alla Raffineria Api, il presidente Vito D'Ambrosio si era impegnato a far pervenire ai gruppi e ai partiti della maggioranza i testi delle prescrizioni legate al rinnovo della concessione e della bozza di protocollo di intesa tra Regione e azienda. Ma a tutt'oggi non è pervenuta alcuna documentazione. Dati i tempi di decisione ciò è gravissimo. I Verdi delle Marche denunciano l'approssimazione, la superficialità e la mancanza di collegialità della maggioranza, con cui la giunta sta affrontando la questione». Un atteggiamento che «incrina fortemente il rapporto di fiducia verso la giunta regionale».

Esino inquinato, rischiano 4 dirigenti Regione e Provincia chiedono i danni

di G.M.

Uno scarico dall'autorizzazione “decrepita”, addirittura del 1972. Nel frattempo le leggi si sono prese davvero cura dell'ambiente, ma “lui”, il “fosso scolatore” dell'Api, in qualche modo avrebbe continuato a funzionare. E così, “per colpa sua”, da un lato ci ha rimesso il limitrofo corso dell'Esino, dall'altro rischiano una condanna penale quattro tra dirigenti ed ex dirigenti e tecnici della raffineria, mentre Regione e Provincia entrano come parte civile nel processo. I due enti lo hanno fatto ieri in Tribunale, con l'ok del giudice, per chiedere i “danni materiali e quelli d'immagine turistica”. Il fatto è, come ha testimoniato il maresciallo del Noe Campagnolo, «che quel fosso di scarico in teoria non doveva più funzionare da un pezzo. E invece, con i funzionari dell'Arpam, il 22 e 23 marzo 2001 accertammo che proprio a quel fosso affluivano le acque del piazzale della raffineria dove venivano lavate le autobotti e che finivano nel fiume senza che le due vasche di deolizazione le filtrassero». Secondo l'Arpam, attraverso il fosso scolatore sono confluiti nell'Esino idrocarburi, azoto e altre sostanze pericolose. Colpa, secondo il pm Lioniello, anche e soprattutto di una realizzazione dell'impianto Api di chiarificazione delle acque in modo non conforme al progetto a suo tempo approvato. E infatti tra gli imputati - oltre a Giovanni Saronne, all'epoca direttore di stabilimento della Raffineria, Franco Bellucci, attuale direttore e Clemente Napolitano, legale responsabile, che devono rispondere di reati ambientali - c'è il progettista Francesco Rossi, numero uno delle manutenzioni della raffineria. E' accusato di aver prodotto un certificato di collaudo dichiarando falsamente che le opere di ristrutturazione del fosso scolatore, vasche “trappola” comprese, erano state fatte a regola d'arte, come previsto nelle carte presentate in Comune. Frattanto verrà discusso stamattina davanti al Tar Marche il ricorso proposto da Api ed Associazione provinciale degli industriali contro la delibera 705/2000 con cui il consiglio regionale aveva appurato l'elevato rischio ambientale della zona compresa tra porto di Ancona, raffineria di Falconara e Bassa Vallesina. Dalla data del provvedimento regionale di acqua sotto i ponti ne è passata, come sottolineato dalla perizia fornita dai consulenti nominati dal Tar nel 2001. La consulenza infatti pur evidenziando la pericolosità dell'area in questione, non nasconde come successivi interventi abbiano provveduto ad eliminare alcune delle cause che avevano indotto a dichiarare l'elevato rischio ambientale. Come dire che l'habitat attuale della zona si presenta diverso rispetto a quello che nel 2000 aveva fatto scattare l'allarme. Ricordiamo che il provvedimento fu adottato dalla Regione come diretta conseguenza della tragedia alla raffineria in cui persero la vita Mario Gandolfi ed Ettore Giulian.

 
RESTO DEL CARLINO
Regione e Provincia parte civile

FALCONARA — Il tribunale di Ancona ha ammesso ieri la costituzione di parte civile della Regione Marche e della Provincia di Ancona nel procedimento a carico di quattro tra dirigenti, ex dirigenti e tecnici della raffineria Api di Falconara, riguardante l' inquinamento del fiume Esino causato - secondo l' accusa - dagli scarichi dell' azienda dal 1997 al 2001. Il giudice monocratico Alberto Pallucchini, accogliendo le argomentazioni dei legali di Regione e Provincia, ha ritenuto tempestiva la costituzione effettuata nell' udienza odierna in quanto avvenuta prima dell' inizio del dibattimento. Quanto all' asserita mancanza di legittimazione dei due enti territoriali (in base al nuovo art. 118 della Costituzione) per la richiesta di risarcimento del danno all' immagine rispetto invece alla competenza del Comune di Falconara (che non ha ritenuto di dover entrare nel processo), il tribunale ha dichiarato l' irrilevanza della questione nel merito. Gli imputati sono Giovanni Saronne, all' epoca direttore di stabilimento della Raffineria, Franco Bellucci, attuale direttore, Clemente Napolitano, legale responsabile, (difesi dall' avv. Giacomo Vettori) e Francesco Rossi (avv. Michele Andreano). I primi debbono rispondere dei reati ambientali mentre Rossi di falso. Quest' ultimo è stato chiamato in causa in qualità di progettista architettonico dell' opera di ristrutturazione del fosso scolatore e come responsabile della Sezione operazioni e manutenzioni della raffineria, ed è accusato di aver prodotto un certificato di collaudo dichiarando falsamente, sempre secondo l' accusa, che le opere erano state realizzate in conformità con il progetto presentato dall' Api al Comune. In realtà, secondo l' ipotesi accusatoria, sarebbero state realizzate opere edilizie non previste nel progetto. Nei loro confronti ha deciso di costituirsi parte civile la Regione Marche. In questo caso il processo è relativo allo scarico non autorizzato nel fiume Esino delle acque di dilavamento del piazzale dello stabilimento e quelle di troppopieno di una vasca deoliatrice in cemento armato. Le difese sostengono invece la completa estraneità della raffineria in merito alla dispersione di sostanze nel fiume: a tal fine oggi l' avv. Vettori ha prodotto tutta la documentazione che attesterebbe l' assenza di responsabilità dell' Api.

 
CORRIERE ADRIATICO
Api, i sindacati premono

Sì al rinnovo della concessione. Contrari invece i Verdi

Man mano che si avvicina la data della decisione della Regione sul futuro della raffineria Api il confronto si fa più aspro. Il protocollo ipotizzato dall'assessore regionale Marco Amagliani prevede il rinnovo fino al 2020 a condizioni che l'azienda accetti "accetti le prescrizioni". La decisione è dunque attesa a giorni. E proprio perché si faccia presto, le segreterie provinciali e di categoria di Cgil, Cisl e Uil - insieme alla Rsu dell'Api - sollecitano gli amministratori di Regione, Provincia e Comune di Falconara a "definire, nei tempi stabiliti, le intese di merito al fine di formulare il parere positivo per la concessione all'Api". "Ci preme ribadirlo - affermano i sindacati in una nota - alla luce di recenti dichiarazioni rilasciate da taluni consiglieri regionali che si affannano a chiedere, viceversa, le dismissioni dello stabilimento, adducendo ciò ad impegni programmatici. Vogliamo ricordare che nessun programma politico ed elettorale, almeno di nostra conoscenza, ha mai previsto le dismissioni di tale entità produttiva senza una reale e concreta alternativa sia sul piano occupazionale che sul versante strategico dell'impianto stesso. Quindi ogni richiamo in questo senso è pretestuoso e va contro gli interessi dei lavoratori e più in generale della collettività locale". I sindacati chiedono pertanto, "considerata la situazione, definiti i termini e i contenuti delle prescrizioni, le quali peraltro l'azienda è chiamata a rispettare ed attuare", che si concluda "definitivamente e senza tentennamenti la procedura per il parere favorevole alla nuova concessione della raffineria". Contrari invece i Verdi. Che in una nota sostengono che "nell'incontro di maggioranza del 3 giugno sul rinnovo, il presidente Vito D'Ambrosio si era impegnato a far pervenire a gruppi e partiti della maggioranza i testi delle prescrizioni legate al rinnovo della concessione e della bozza di protocollo di intesa tra Regione e azienda. Ma a tutt'oggi - rilevano i Verdi - non è pervenuta alcuna documentazione". "Dati i tempi di decisione - aggiungono - ciò è gravissimo. Visto che non si tratta di rinnovare la concessione ad uno stabilimento balneare, ma ad una attività industriale riconosciuta ad elevato rischio ambientale dal Parlamento, i Verdi delle Marche denunciano l'approssimazione, la superficialità e la mancanza di collegialità della maggioranza, con cui la giunta sta affrontando la questione". Un atteggiamento che "incrina fortemente il nostro rapporto di fiducia verso la giunta". In questo contesto, "non accettiamo e non condividiamo le scelte della giunta per il rinnovo della concessione".

Regione e Provincia contro la raffineria

Parti civili per l'inquinamento dell'Esino

di GILBERTO MASTROMATTEO

Regione Marche e Provincia di Ancona sono parti civili del processo iniziato ieri contro quattro tra dirigenti e tecnici dell'Api accusati dell'inquinamento del fiume Esino provocato secondo la procura tra il '97 e il 2001 dagli scarichi della raffineria. Il giudice Alberto Pallucchini, accogliendo gli argomenti degli avvocati Insolera e Domizio, ha ritenuto tempestiva e fondata la richiesta di costituzione in giudizio. Le difese s'erano opposte sostenendo una mancanza di legittimazione dei due enti territoriali (in base al nuovo articolo 118 della Costituzione) per la richiesta di risarcimento del danno all'immagine rispetto invece alla competenza del Comune di Falconara che non ha ritenuto di dover entrare nel processo. A giudizio ci sono Giovanni Saronne, all'epoca direttore della raffineria, l'attuale direttore Franco Bellucci, il legale rappresentante della Api di Falconara Clemente Napolitano (difesi dall'avvocato Giacomo Vettori) e l'ingegner Francesco Rossi assistito dall'avvocato Michele Andreano. I primi debbono rispondere dei reati 'ambientali mentre Rossi di falso per un certificato di collaudo del nuovo fosso scolatore, da lui progettato, che in cui dichiara - secondo l'accusa falsamente - che le opere erano state realizzate in conformità con il progetto presentato dall'Api al Comune. Il processo riguarda lo scarico non autorizzato nell'Esino delle acque di dilavamento del piazzale dello stabilimento e quelle di "troppopieno" di una vasca deoliatrice in cemento armato. Attraverso il fosso scolatore, nel fiume sono confluiti idrocarburi, azoto e altre sostanze pericolose come solidi sospesi, con elevato contenuto di ferro, provenienti dall'impianto di chiarificazione delle acque della raffineria. Le difese sostengono invece la completa estraneità della raffineria in merito alla dispersione di sostanze nel fiume. Ieri sono stati sentiti alcuni testi del pm Rosario Lioniello. Il processo riprenderà il 6 ottobre.

 
LA NAZIONE
Truffa «petrolifera»

«Per l'ex area IP, risarciteci con 125 milioni di euro»

TRIBUNALE / Industriali lucchesi raggirati alla Spezia

Ha preso il via martedì alla Spezia il processo per truffa sull'area Ip per il quale sono imputate cinque persone tra tecnici e dirigenti della società petrolifera più un consulente. Parte civile è la «Grifil» di cui è presidente Pier Luigi Viani, una cordata di imprenditori lucchesi. I legali della Grifil hanno chiesto che il giudice chiami in causa l'Eni, essendo questa la società che, subentrando a Ip e Agip, è quella maggiormente responsabile e che dovrà risarcire civilmente i danni nel caso sia accertata la responsabilità penale dei cinque imputati. L'avvocato Enrico Marzaduri del foro di Lucca e gli avvocati Antonio Benedetto e Alessandro Civitillo del foro della Spezia) hanno chiesto un risarcimento record per i danni patiti dalla «Grifil spa» di Lucca quantificabile in 125 milioni di euro (circa 250 miliardi di vecchie lire). La dottoressa Brusacà (pubblico ministero Maurizio Caporuscio) ha accolto la istanza presentata dalla parte civile e ha rinviato il processo al 9 ottobre prossimo. La Grifil aveva comprato nel 1998 i terreni dell'area Ip per una somma di circa 30 miliardi. Ma ben presto la società toscana scoprì, attraverso indagini geognostiche, che l'area non era stata bonificata dalle gravi contaminazioni e dagli inquinamenti dagli oli minerali. E nell'atto notarile la Ip aveva garantito che l'area era bonificata. I cinque imputati sono accusati tra l'altro di avere indotto il presidente di Grifil, Pier Luigi Viani, all'acquisto e alla sottoscrizione del contratto di vendita dell'area della dismessa raffineria Ip nel '96.

 
LA SICILIA
«Il governo fermi Mincato»

L'Enichem pronta a smobilitare. La Commissione bicamerale ha concluso le audizioni

di Paolo Mangiafico

Priolo. Si è conclusa ieri, con un sopralluogo negli impianti del petrolchimico di Priolo, la «due giorni» siracusana della Commissione bicamerale d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti, presieduta dal parlamentare di Fi Paolo Russo. E mentre la stessa commissione ha potuto avere, attraverso le varie audizioni, delle precise indicazioni sulla situazione ambientale del «Priolo after», come è stata chiamata questa missione della Commissione a Siracusa, ancora una volta nubi minacciose si addensano sul futuro della chimica, ed in particolare sull'impianto di Cloro-Soda. Ad evidenziarlo è stato il senatore dei Ds Antonio Rotondo, che proprio di recente è entrato a fare parte della Commissione bicamerale d'inchiesta sui rifiuti. «Oggi - ha affermato il parlamentare diessino - si è avuta l'ulteriore prova da parte dell'Eni di chiudere degli impianti fondamentali, tra cui quello del Cloro-Soda. I dirigenti dell'ex Enichem hanno reiterato questa scelta che, tra l'altro non poteva essere altrimenti, considerato che l'amministratore delegato dell'Eni Vittorio Mincato si è pronunciato in questo senso. Proprio per tale motivo chiedo un immediato intervento del governo, che deve fare la sua parte per impedire che la chimica a Priolo non abbia futuro. In particolare, dovrà intervenire il ministero delle Finanze, che è socio Eni, per fare «rimangiare» a Mincato queste decisioni». Rotondo chiede anche l'intervento di tutta la politica per evitare la chiusura della chimica in Sicilia. «Sarebbe, infatti, assurdo che un paese industriale come l'Italia possa rinunciare alla chimica che è fondamentale per i processi di sviluppo di una nazione moderna». Le audizioni della Commissione bicamerale d'inchiesta sui rifiuti sono iniziate martedì mattina, presso la prefettura di Siracusa. L'esordio delle audizioni è toccato al procuratore della Repubblica del Tribunale di Siracusa Roberto Campisi e al sostituto procuratore Maurizio Musco, che stanno svolgendo le indagini giudiziarie su tutta la particolare situazione ambientale del petrolchimico di Priolo: dalle malformazioni neonatali, all'avvelenamento da benzene delle acque pubbliche, al «mare al mercurio», allo smaltimento del «filter-cake», allo smaltimento dei fanghi provenienti dai reflui industriali depurati dall'impianto biologico dell'Ias, alla contaminazione della falda acquifera profonda. Quindi sono stati ascoltati il direttore dell'Arpa (Agenzia regionale protezione ambiente) di Siracusa, Angelo Stoli, i sindaci di Siracusa, Priolo e Melilli, il presidente della Provincia, i responsabili delle aziende del petrolchimico. «Siamo qui - ha detto il presidente della Commissione Paolo Russo - non per trovare un colpevole, ma per comprendere al meglio questa fenomenologia e ricercare gli elementi di disagio e di disfunzione. Quindi, individuare, tutti insieme, degli strumenti e delle normative che alimentano la competività delle industrie e nello stesso tempo creino condizioni di tutela per l'ambiente. A Priolo non abbiamo riscontrato una specificità diversa rispetto agli altri siti industriali di cui ci siamo occupati, ma senza dubbio la specificità, qui, esiste».

L'impianto cloro-soda non sarà rimodernato

I posti a rischio sono 1400

di Paolo Mangiafico

Priolo. L'impianto Cloro-Soda di Priolo conta una forza lavoro, tra diretti ed indotto, di 400 unità. La sua chiusura non mette a rischio soltanto questi 400 posti di lavoro, ma altri 1000 che operano in altri tre impianti, legati al ciclo della produzione del cloro. Al monento l'impianto Cloro-Soda è fermo, ufficialmente per manutenzione, ma l'arresto dell'impianto venne determinato dal caso giudiziario del «mare al mercurio» che coinvolse anche i massimi dirigenti di Enichem Priolo. A giorni l'impianto verrà messo in marcia, ma il suo destino di chiusura è stato già segnato fra un anno in quanto non verrà ammodernato. Il progetto di ammodernamento faceva parte del Piano di risanamento ambientale, e, già nel 1995, l'Enichem aveva destinato 350 miliardi delle vecchie lire. Il Piano di intervento era stato indicato con la scheda il cui codice era D2-3/C: «Sostituzione celle a mercurio con celle a membrana negli impianti di Cloro-Soda. Tempo di realizzazione due anni». Soltanto che Enichem si era riservata di dare corso a questa scheda se non avesse portato a risultati sperati l'altra scheda I1-6/C, sempre del risanamento ambientale, relativa alla innocuizzazione dei fanghi mercuriosi. Il mancato avvio del Piano di risanamento ha lasciato tutto nel «limbo» ed ha procurato guai giudiziari all'Enichem per lo smaltimento proprio dei fanghi mercuriosi.

 
LA GAZZETTA DEL SUD
Spiagge e acqua, Rifondazione pretende garanzie dal sindaco

Dopo gli allarmanti risultati delle inchieste giudiziarie

di Salvo Maccarrone

PRIOLO – «È veramente balneabile la spiaggia di Marina di Priolo? La sabbia del litorale è contaminata da sostanze inquinanti? L'acqua che beviamo è potabile?». Sono tre allarmati, ma legittimi, interrogativi che provengono da molti strati della popolazione residente a Priolo e fatti suoi dal circolo locale di Rifondazione Comunista scaturiti a seguito delle recenti notizie, non scevre da palesi contraddizioni, che stanno confondendo in questi ultimi giorni le menti dell'opinione pubblica priolese. «Da un lato - dice Gianni Leone, responsabile del circolo di rifondazione comunista - il sindaco assicura la cittadinanza che l'acqua non è contaminata, dall'altro leggiamo che la procura della repubblica sostiene cose diametralmente opposte. A questo punto - prosegue Leone - chiediamo al sindaco un grande atto di responsabilità facendo analizzare da tecnici specialisti, a cadenza settimanale, le acque di balneazione, la sabbia e l'acqua potabile che giunge nei nostri rubinetti. Inoltre chiediamo al sindaco - aggiunge Leone - un atto di grande trasparenza, facendo affiggere i risultati di tutti i campionamenti settimanali, soprattutto sull'acqua potabile, in una bacheca pubblica comunale, opponendo in calce, ben visibile, la sua firma». Fatta questa proposta Gianni Leone rende noto un episodio che potrebbe avere attinenza con la spiaggia di Marina di Priolo. «Sabato sera - spiega Leone - un bambino che era ritornato dalla spiaggia, è stato ricoverato d'urgenza all'ospedale con febbre a 40 ed infezione virale. Non sappiamo se tale episodio può essere collegato ad inquinamenti esistenti nella sabbia o nell'acqua di mare o nell'acqua potabile e, pertanto, invitiamo il sindaco a tutelare la salute pubblica con l'avvio di opportune analisi». Sull'inquinamento dell'acqua potabile, argomento che sta gettando nella costernazione parecchi priolesi, nei giorni scorsi ,come si ricorderà, gli ambientalisti di Amica Terra avevano diffuso un comunicato stampa, con diversi allegati compresa la tabella riassuntiva del monitoraggio del pozzo comunale 22, in cui si evidenziava la non peregrina probabilità che i priolesi avessero bevuto, dal 6 al 14 marzo 2002, acqua inquinata da benzene, proveniente proprio dal pozzo comunale n. 22 che era stato distaccato dalla rete idrica municipale, nonostante il forte inquinamento da idrocarburi totali ricercati, otto giorni dopo la scoperta della contaminazione. Alla luce di tale gravissimo episodio anche Amica Terra chiedeva al sindaco l'avvio di controlli sanitari specifici sulla popolazione di Priolo. Intanto, nell'attesa di ricevere chiare risposte da parte del primo cittadino Rifondazione comunista è impegnata nella campagna referendaria per l'abrogazione dell'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori e su cui gli italiani saranno chiamati alle urne nei giorni 15 e 16 giugno prossimi. «Nel Comitato referendario - rende noto Leone - oltre a noi di Rifondazione si sono aggiunti qualcuno dei Ds e i Verdi. Oggi alle 19 avremo a Priolo la presenza del segretario provinciale della Cgil, Pippo Zappulla».

 
CORRIERE DELLA SERA
«Report»: un esempio nel deserto

Sembra diventato un obbligo sociale parlar bene di Milena Gabanelli; per questo fa fino storcere il naso, condire le riflessioni con i se, i ma, i però, i forse... Di suo, la Gabanelli ci mette quell’aria un po’ arcigna, tardo femminista, da «operatrice dell’impegno sociale»; di loro, i Gabanelli’s boys ci mettono la faccia da petulanti, anche un po’ scassaballe, sempre lì a menarsela con l’atrazina, l’angiosarcoma, il limite di velocità non rispettato, le onde elettromagnetiche di Radio Maria, le sigarette light. Eppure la Gabanelli fa semplicemente quello che i giornalisti Rai non hanno mai fatto (o fatto poco), per antica vocazione e formazione, per quieto vivere, per assenza di spazi. Realizza inchieste, tiene vivo lo spirito critico, si comporta da «cane da guardia» delle istituzioni. Di più: una volta fatta l’inchiesta si preoccupa anche, magari a due anni di distanza, di verificare come stanno le cose, di riferire gli esiti di certe denunce. La Gabanelli è una freelance, una collaboratrice «esterna». Se rompe troppo è facile non rinnovarle il contratto: mica ha il posto sicuro, mica può permettersi di stare al mare a fare la martire con lo stipendio che corre lo stesso. Fossi in lei mi preoccuperei più del consenso di cui ora gode (in cuor loro, molti «colleghi» la strozzerebbero volentieri) che della reazione del Potere. Sta di fatto che «Report» (Raitre, lunedì, ore 21) ha mostrato vicende esemplari su cui è sceso il silenzio: dal petrolchimico di Porto Marghera al fallimento della società Il Bagaglino, con l’arresto del titolare Mario Bertelli (quante balle nella prima inchiesta!), dal latte in polvere agli scarichi di Priolo. E poi uno si chiede perché certi tg si occupano solo di frivolezze!

 
ECONEWS (Verdi)
Delega ambientale. 20 deputati opposizione scrivono a Ciampi

"La salvaguardia dell' ambiente e la tutela della sua integrità rappresentano un valore fondamentale e primario per tutta la comunità nazionale". Inizia così la lettera che venti deputati appartenenti a tutte le forze politiche dell' opposizione, primi firmatari Fulvia Bandoli (Ds), Ermete Realacci (Margherita), Nerio Nesi (Pdci), Marco Lion (Verdi), Nichi Vendola (Rc) e Domenico Pappaterra (Sdi), hanno inviato al presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, per attirare la sua attenzione su ciò che sta accadendo in materie di politiche ambientali. "Ciò che preoccupa fortemente i deputati - spiegano - che in questo modo si sono fatti interpreti anche del vasto malessere dell' insieme del mondo ambientalista, delle imprese del settore e degli enti locali, è in primo luogo l' ampiezza della delega che il Governo e il ministro dell' Ambiente, Altero Matteoli, si apprestano a chiedere al Parlamento e che li autorizzerebbe a riscrivere tutta la legislazione ambientale affidandone il compito a ventiquattro esperti scelti e alla dipendenze del ministro". I deputati ritengono che in questo modo si produca una ferita molto seria alle prerogative del Parlamento e sottolineano inoltre al capo dello Stato "come la circolare del capo di gabinetto del ministero che blocca il lavoro di tutti gli uffici non abbia precedenti, in quanto è ovvio che fino a quando non esistono nuove leggi valgono e si applicano quelle esistenti, e dunque il lavoro degli uffici non si ferma in nessun caso". La lettera evidenzia inoltre che "l' incertezza legislativa che si verrebbe a determinare in tutti i settori ambientali è ancora più grave in vista del semestre europeo affidato alla presidenza italiana. Per queste ragioni si affida all' attenzione del capo dello Stato il valutare questa delicata situazione consapevoli che il bene ambientale è elemento vitale per tutta la nostra democrazia".

 
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