MESSAGGERO |
Concessione, l’accordo ancora
non c’è
Intanto i Verdi tornano a
minacciare il divorzio da D’Ambrosio: «Rapporto fortemente
incrinato». I sindacati: «Niente dismissioni senza
alternative»
La decisione sul rinnovo può
slittare oltre il 15 giugno. Amagliani: «Stiamo cercando una
sintesi»
di ROBERTA MACCAGNANI
FALCONARA - Potrebbe slittare
oltre il 15 giugno il parere della Regione sul rinnovo
anticipato della concessione Api. I tecnici stanno ancora
lavorando sulle prescrizioni e per il protocollo d’intesa
non c’è stata ancora, infatti, nessuna firma congiunta. Anzi
il Comune di Falconara sta approfondendo l’analisi del
protocollo, considerato importante veicolo per regolare i
rapporti tra l’azienda e gli enti deputati al controllo
territoriale tra cui il Comune vorrebbe un ruolo da
protagonista. «Vogliamo capire - ha detto il sindaco
Giancarlo Carletti - se i contenuti del protocollo sono in
linea con i nostri ultimi atti di giunta. Un requisito per
noi fondamentale per andare avanti nel processo di analisi
delle prescrizioni». Le prescrizioni, quindi, non le state
analizzando? «In questo momento ci siamo concentrati sul
protocollo». Ma la scadenza del 15 giugno è ormai alle
porte. «Noi stiamo lavorando sull’impianto che regge la
richiesta di rinnovo di concessione, ma non faremo le cose
in fretta. Non possiamo permetterci superficialità». Sotto
la lente di ingrandimento del Comune, quindi, questo
protocollo d’intesa dove l’ente locale, oltre la Regione,
sembra stia cercando di ritagliarsi un ruolo istituzionale e
di verificare quanto la presenza della raffineria sia in
sintonia col nuovo Prg della città. A sorpresa anche Marco
Amagliani, assessore regionale all’ambiente, non fa fretta
al processo di rinnovo. «I tecnici anche questa mattina - ha
detto - stanno continuando a lavorare». Ma quest’attività si
sta allungando perché forse il Comune di Falconara non è
concorde sul protocollo? «L’obiettivo è trovare una sintesi
dove ognuno si riconosca. Tutto qui». Ma non rischiate di
far slittare la data per la decisione a dopo il 15 giugno?
«Cercheremo di concludere tutto. Se poi occorre qualche
giorno in più lo daremo». Potrebbe quindi slittare il parere
della Regione sulla richiesta di rinnovo di concessione
anticipata dell’Api. Eventualità rigettata con forza dalle
segreterie di Cgil, Cisl e Uil di Ancona insieme a quelle di
categoria e alla Rsu. «Sollecitiamo - si legge in una nota -
Regione, Provincia e Comune a definire, nei tempi stabiliti,
le intese di merito per formulare il parere positivo per la
concessione della raffineria. Nessun programma politico ed
elettorale, almeno di nostra conoscenza, ha mai previsto
dismissioni senza una concreta alternativa sia sul piano
occupazionale che strategico dell’impianto stesso».
Frattanto sempre più attrito tra Verdi e Giunta regionale:
«Nell'incontro di maggioranza del 3 giugno sul rinnovo della
concessione alla Raffineria Api, il presidente Vito
D'Ambrosio si era impegnato a far pervenire ai gruppi e ai
partiti della maggioranza i testi delle prescrizioni legate
al rinnovo della concessione e della bozza di protocollo di
intesa tra Regione e azienda. Ma a tutt'oggi non è pervenuta
alcuna documentazione. Dati i tempi di decisione ciò è
gravissimo. I Verdi delle Marche denunciano
l'approssimazione, la superficialità e la mancanza di
collegialità della maggioranza, con cui la giunta sta
affrontando la questione». Un atteggiamento che «incrina
fortemente il rapporto di fiducia verso la giunta
regionale».
Esino inquinato, rischiano
4 dirigenti Regione e Provincia chiedono i danni
di G.M.
Uno scarico
dall'autorizzazione “decrepita”, addirittura del 1972. Nel
frattempo le leggi si sono prese davvero cura dell'ambiente,
ma “lui”, il “fosso scolatore” dell'Api, in qualche modo
avrebbe continuato a funzionare. E così, “per colpa sua”, da
un lato ci ha rimesso il limitrofo corso dell'Esino,
dall'altro rischiano una condanna penale quattro tra
dirigenti ed ex dirigenti e tecnici della raffineria, mentre
Regione e Provincia entrano come parte civile nel processo.
I due enti lo hanno fatto ieri in Tribunale, con l'ok del
giudice, per chiedere i “danni materiali e quelli d'immagine
turistica”. Il fatto è, come ha testimoniato il maresciallo
del Noe Campagnolo, «che quel fosso di scarico in teoria non
doveva più funzionare da un pezzo. E invece, con i
funzionari dell'Arpam, il 22 e 23 marzo 2001 accertammo che
proprio a quel fosso affluivano le acque del piazzale della
raffineria dove venivano lavate le autobotti e che finivano
nel fiume senza che le due vasche di deolizazione le
filtrassero». Secondo l'Arpam, attraverso il fosso scolatore
sono confluiti nell'Esino idrocarburi, azoto e altre
sostanze pericolose. Colpa, secondo il pm Lioniello, anche e
soprattutto di una realizzazione dell'impianto Api di
chiarificazione delle acque in modo non conforme al progetto
a suo tempo approvato. E infatti tra gli imputati - oltre a
Giovanni Saronne, all'epoca direttore di stabilimento della
Raffineria, Franco Bellucci, attuale direttore e Clemente
Napolitano, legale responsabile, che devono rispondere di
reati ambientali - c'è il progettista Francesco Rossi,
numero uno delle manutenzioni della raffineria. E' accusato
di aver prodotto un certificato di collaudo dichiarando
falsamente che le opere di ristrutturazione del fosso
scolatore, vasche “trappola” comprese, erano state fatte a
regola d'arte, come previsto nelle carte presentate in
Comune. Frattanto verrà discusso stamattina davanti al Tar
Marche il ricorso proposto da Api ed Associazione
provinciale degli industriali contro la delibera 705/2000
con cui il consiglio regionale aveva appurato l'elevato
rischio ambientale della zona compresa tra porto di Ancona,
raffineria di Falconara e Bassa Vallesina. Dalla data del
provvedimento regionale di acqua sotto i ponti ne è passata,
come sottolineato dalla perizia fornita dai consulenti
nominati dal Tar nel 2001. La consulenza infatti pur
evidenziando la pericolosità dell'area in questione, non
nasconde come successivi interventi abbiano provveduto ad
eliminare alcune delle cause che avevano indotto a
dichiarare l'elevato rischio ambientale. Come dire che
l'habitat attuale della zona si presenta diverso rispetto a
quello che nel 2000 aveva fatto scattare l'allarme.
Ricordiamo che il provvedimento fu adottato dalla Regione
come diretta conseguenza della tragedia alla raffineria in
cui persero la vita Mario Gandolfi ed Ettore Giulian. |
|
RESTO DEL CARLINO |
Regione e Provincia parte
civile
FALCONARA — Il tribunale di
Ancona ha ammesso ieri la costituzione di parte civile della
Regione Marche e della Provincia di Ancona nel procedimento
a carico di quattro tra dirigenti, ex dirigenti e tecnici
della raffineria Api di Falconara, riguardante l'
inquinamento del fiume Esino causato - secondo l' accusa -
dagli scarichi dell' azienda dal 1997 al 2001. Il giudice
monocratico Alberto Pallucchini, accogliendo le
argomentazioni dei legali di Regione e Provincia, ha
ritenuto tempestiva la costituzione effettuata nell' udienza
odierna in quanto avvenuta prima dell' inizio del
dibattimento. Quanto all' asserita mancanza di
legittimazione dei due enti territoriali (in base al nuovo
art. 118 della Costituzione) per la richiesta di
risarcimento del danno all' immagine rispetto invece alla
competenza del Comune di Falconara (che non ha ritenuto di
dover entrare nel processo), il tribunale ha dichiarato l'
irrilevanza della questione nel merito. Gli imputati sono
Giovanni Saronne, all' epoca direttore di stabilimento della
Raffineria, Franco Bellucci, attuale direttore, Clemente
Napolitano, legale responsabile, (difesi dall' avv. Giacomo
Vettori) e Francesco Rossi (avv. Michele Andreano). I primi
debbono rispondere dei reati ambientali mentre Rossi di
falso. Quest' ultimo è stato chiamato in causa in qualità di
progettista architettonico dell' opera di ristrutturazione
del fosso scolatore e come responsabile della Sezione
operazioni e manutenzioni della raffineria, ed è accusato di
aver prodotto un certificato di collaudo dichiarando
falsamente, sempre secondo l' accusa, che le opere erano
state realizzate in conformità con il progetto presentato
dall' Api al Comune. In realtà, secondo l' ipotesi
accusatoria, sarebbero state realizzate opere edilizie non
previste nel progetto. Nei loro confronti ha deciso di
costituirsi parte civile la Regione Marche. In questo caso
il processo è relativo allo scarico non autorizzato nel
fiume Esino delle acque di dilavamento del piazzale dello
stabilimento e quelle di troppopieno di una vasca
deoliatrice in cemento armato. Le difese sostengono invece
la completa estraneità della raffineria in merito alla
dispersione di sostanze nel fiume: a tal fine oggi l' avv.
Vettori ha prodotto tutta la documentazione che attesterebbe
l' assenza di responsabilità dell' Api. |
|
CORRIERE ADRIATICO |
Api, i sindacati premono
Sì al rinnovo della
concessione. Contrari invece i Verdi
Man mano che si avvicina la
data della decisione della Regione sul futuro della
raffineria Api il confronto si fa più aspro. Il protocollo
ipotizzato dall'assessore regionale Marco Amagliani prevede
il rinnovo fino al 2020 a condizioni che l'azienda accetti
"accetti le prescrizioni". La decisione è dunque attesa a
giorni. E proprio perché si faccia presto, le segreterie
provinciali e di categoria di Cgil, Cisl e Uil - insieme
alla Rsu dell'Api - sollecitano gli amministratori di
Regione, Provincia e Comune di Falconara a "definire, nei
tempi stabiliti, le intese di merito al fine di formulare il
parere positivo per la concessione all'Api". "Ci preme
ribadirlo - affermano i sindacati in una nota - alla luce di
recenti dichiarazioni rilasciate da taluni consiglieri
regionali che si affannano a chiedere, viceversa, le
dismissioni dello stabilimento, adducendo ciò ad impegni
programmatici. Vogliamo ricordare che nessun programma
politico ed elettorale, almeno di nostra conoscenza, ha mai
previsto le dismissioni di tale entità produttiva senza una
reale e concreta alternativa sia sul piano occupazionale che
sul versante strategico dell'impianto stesso. Quindi ogni
richiamo in questo senso è pretestuoso e va contro gli
interessi dei lavoratori e più in generale della
collettività locale". I sindacati chiedono pertanto,
"considerata la situazione, definiti i termini e i contenuti
delle prescrizioni, le quali peraltro l'azienda è chiamata a
rispettare ed attuare", che si concluda "definitivamente e
senza tentennamenti la procedura per il parere favorevole
alla nuova concessione della raffineria". Contrari invece i
Verdi. Che in una nota sostengono che "nell'incontro di
maggioranza del 3 giugno sul rinnovo, il presidente Vito
D'Ambrosio si era impegnato a far pervenire a gruppi e
partiti della maggioranza i testi delle prescrizioni legate
al rinnovo della concessione e della bozza di protocollo di
intesa tra Regione e azienda. Ma a tutt'oggi - rilevano i
Verdi - non è pervenuta alcuna documentazione". "Dati i
tempi di decisione - aggiungono - ciò è gravissimo. Visto
che non si tratta di rinnovare la concessione ad uno
stabilimento balneare, ma ad una attività industriale
riconosciuta ad elevato rischio ambientale dal Parlamento, i
Verdi delle Marche denunciano l'approssimazione, la
superficialità e la mancanza di collegialità della
maggioranza, con cui la giunta sta affrontando la
questione". Un atteggiamento che "incrina fortemente il
nostro rapporto di fiducia verso la giunta". In questo
contesto, "non accettiamo e non condividiamo le scelte della
giunta per il rinnovo della concessione".
Regione e Provincia contro
la raffineria
Parti civili per
l'inquinamento dell'Esino
di GILBERTO MASTROMATTEO
Regione Marche e Provincia di
Ancona sono parti civili del processo iniziato ieri contro
quattro tra dirigenti e tecnici dell'Api accusati
dell'inquinamento del fiume Esino provocato secondo la
procura tra il '97 e il 2001 dagli scarichi della
raffineria. Il giudice Alberto Pallucchini, accogliendo gli
argomenti degli avvocati Insolera e Domizio, ha ritenuto
tempestiva e fondata la richiesta di costituzione in
giudizio. Le difese s'erano opposte sostenendo una mancanza
di legittimazione dei due enti territoriali (in base al
nuovo articolo 118 della Costituzione) per la richiesta di
risarcimento del danno all'immagine rispetto invece alla
competenza del Comune di Falconara che non ha ritenuto di
dover entrare nel processo. A giudizio ci sono Giovanni
Saronne, all'epoca direttore della raffineria, l'attuale
direttore Franco Bellucci, il legale rappresentante della
Api di Falconara Clemente Napolitano (difesi dall'avvocato
Giacomo Vettori) e l'ingegner Francesco Rossi assistito
dall'avvocato Michele Andreano. I primi debbono rispondere
dei reati 'ambientali mentre Rossi di falso per un
certificato di collaudo del nuovo fosso scolatore, da lui
progettato, che in cui dichiara - secondo l'accusa
falsamente - che le opere erano state realizzate in
conformità con il progetto presentato dall'Api al Comune. Il
processo riguarda lo scarico non autorizzato nell'Esino
delle acque di dilavamento del piazzale dello stabilimento e
quelle di "troppopieno" di una vasca deoliatrice in cemento
armato. Attraverso il fosso scolatore, nel fiume sono
confluiti idrocarburi, azoto e altre sostanze pericolose
come solidi sospesi, con elevato contenuto di ferro,
provenienti dall'impianto di chiarificazione delle acque
della raffineria. Le difese sostengono invece la completa
estraneità della raffineria in merito alla dispersione di
sostanze nel fiume. Ieri sono stati sentiti alcuni testi del
pm Rosario Lioniello. Il processo riprenderà il 6 ottobre.
|
|
LA NAZIONE |
Truffa «petrolifera»
«Per l'ex area IP,
risarciteci con 125 milioni di euro»
TRIBUNALE / Industriali
lucchesi raggirati alla Spezia
Ha preso il via martedì alla
Spezia il processo per truffa sull'area Ip per il quale sono
imputate cinque persone tra tecnici e dirigenti della
società petrolifera più un consulente. Parte civile è la «Grifil»
di cui è presidente Pier Luigi Viani, una cordata di
imprenditori lucchesi. I legali della Grifil hanno chiesto
che il giudice chiami in causa l'Eni, essendo questa la
società che, subentrando a Ip e Agip, è quella maggiormente
responsabile e che dovrà risarcire civilmente i danni nel
caso sia accertata la responsabilità penale dei cinque
imputati. L'avvocato Enrico Marzaduri del foro di Lucca e
gli avvocati Antonio Benedetto e Alessandro Civitillo del
foro della Spezia) hanno chiesto un risarcimento record per
i danni patiti dalla «Grifil spa» di Lucca quantificabile in
125 milioni di euro (circa 250 miliardi di vecchie lire). La
dottoressa Brusacà (pubblico ministero Maurizio Caporuscio)
ha accolto la istanza presentata dalla parte civile e ha
rinviato il processo al 9 ottobre prossimo. La Grifil aveva
comprato nel 1998 i terreni dell'area Ip per una somma di
circa 30 miliardi. Ma ben presto la società toscana scoprì,
attraverso indagini geognostiche, che l'area non era stata
bonificata dalle gravi contaminazioni e dagli inquinamenti
dagli oli minerali. E nell'atto notarile la Ip aveva
garantito che l'area era bonificata. I cinque imputati sono
accusati tra l'altro di avere indotto il presidente di
Grifil, Pier Luigi Viani, all'acquisto e alla sottoscrizione
del contratto di vendita dell'area della dismessa raffineria
Ip nel '96. |
|
LA SICILIA |
«Il governo fermi Mincato»
L'Enichem pronta a
smobilitare. La Commissione bicamerale ha concluso le
audizioni
di Paolo Mangiafico
Priolo. Si è conclusa ieri,
con un sopralluogo negli impianti del petrolchimico di
Priolo, la «due giorni» siracusana della Commissione
bicamerale d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti, presieduta dal
parlamentare di Fi Paolo Russo. E mentre la stessa
commissione ha potuto avere, attraverso le varie audizioni,
delle precise indicazioni sulla situazione ambientale del «Priolo
after», come è stata chiamata questa missione della
Commissione a Siracusa, ancora una volta nubi minacciose si
addensano sul futuro della chimica, ed in particolare
sull'impianto di Cloro-Soda. Ad evidenziarlo è stato il
senatore dei Ds Antonio Rotondo, che proprio di recente è
entrato a fare parte della Commissione bicamerale
d'inchiesta sui rifiuti. «Oggi - ha affermato il
parlamentare diessino - si è avuta l'ulteriore prova da
parte dell'Eni di chiudere degli impianti fondamentali, tra
cui quello del Cloro-Soda. I dirigenti dell'ex Enichem hanno
reiterato questa scelta che, tra l'altro non poteva essere
altrimenti, considerato che l'amministratore delegato
dell'Eni Vittorio Mincato si è pronunciato in questo senso.
Proprio per tale motivo chiedo un immediato intervento del
governo, che deve fare la sua parte per impedire che la
chimica a Priolo non abbia futuro. In particolare, dovrà
intervenire il ministero delle Finanze, che è socio Eni, per
fare «rimangiare» a Mincato queste decisioni». Rotondo
chiede anche l'intervento di tutta la politica per evitare
la chiusura della chimica in Sicilia. «Sarebbe, infatti,
assurdo che un paese industriale come l'Italia possa
rinunciare alla chimica che è fondamentale per i processi di
sviluppo di una nazione moderna». Le audizioni della
Commissione bicamerale d'inchiesta sui rifiuti sono iniziate
martedì mattina, presso la prefettura di Siracusa. L'esordio
delle audizioni è toccato al procuratore della Repubblica
del Tribunale di Siracusa Roberto Campisi e al sostituto
procuratore Maurizio Musco, che stanno svolgendo le indagini
giudiziarie su tutta la particolare situazione ambientale
del petrolchimico di Priolo: dalle malformazioni neonatali,
all'avvelenamento da benzene delle acque pubbliche, al «mare
al mercurio», allo smaltimento del «filter-cake», allo
smaltimento dei fanghi provenienti dai reflui industriali
depurati dall'impianto biologico dell'Ias, alla
contaminazione della falda acquifera profonda. Quindi sono
stati ascoltati il direttore dell'Arpa (Agenzia regionale
protezione ambiente) di Siracusa, Angelo Stoli, i sindaci di
Siracusa, Priolo e Melilli, il presidente della Provincia, i
responsabili delle aziende del petrolchimico. «Siamo qui -
ha detto il presidente della Commissione Paolo Russo - non
per trovare un colpevole, ma per comprendere al meglio
questa fenomenologia e ricercare gli elementi di disagio e
di disfunzione. Quindi, individuare, tutti insieme, degli
strumenti e delle normative che alimentano la competività
delle industrie e nello stesso tempo creino condizioni di
tutela per l'ambiente. A Priolo non abbiamo riscontrato una
specificità diversa rispetto agli altri siti industriali di
cui ci siamo occupati, ma senza dubbio la specificità, qui,
esiste».
L'impianto cloro-soda non
sarà rimodernato
I posti a rischio sono 1400
di Paolo Mangiafico
Priolo. L'impianto Cloro-Soda
di Priolo conta una forza lavoro, tra diretti ed indotto, di
400 unità. La sua chiusura non mette a rischio soltanto
questi 400 posti di lavoro, ma altri 1000 che operano in
altri tre impianti, legati al ciclo della produzione del
cloro. Al monento l'impianto Cloro-Soda è fermo,
ufficialmente per manutenzione, ma l'arresto dell'impianto
venne determinato dal caso giudiziario del «mare al
mercurio» che coinvolse anche i massimi dirigenti di Enichem
Priolo. A giorni l'impianto verrà messo in marcia, ma il suo
destino di chiusura è stato già segnato fra un anno in
quanto non verrà ammodernato. Il progetto di ammodernamento
faceva parte del Piano di risanamento ambientale, e, già nel
1995, l'Enichem aveva destinato 350 miliardi delle vecchie
lire. Il Piano di intervento era stato indicato con la
scheda il cui codice era D2-3/C: «Sostituzione celle a
mercurio con celle a membrana negli impianti di Cloro-Soda.
Tempo di realizzazione due anni». Soltanto che Enichem si
era riservata di dare corso a questa scheda se non avesse
portato a risultati sperati l'altra scheda I1-6/C, sempre
del risanamento ambientale, relativa alla innocuizzazione
dei fanghi mercuriosi. Il mancato avvio del Piano di
risanamento ha lasciato tutto nel «limbo» ed ha procurato
guai giudiziari all'Enichem per lo smaltimento proprio dei
fanghi mercuriosi. |
|
LA GAZZETTA DEL SUD |
Spiagge e acqua, Rifondazione
pretende garanzie dal sindaco
Dopo gli allarmanti risultati
delle inchieste giudiziarie
di Salvo Maccarrone
PRIOLO – «È veramente
balneabile la spiaggia di Marina di Priolo? La sabbia del
litorale è contaminata da sostanze inquinanti? L'acqua che
beviamo è potabile?». Sono tre allarmati, ma legittimi,
interrogativi che provengono da molti strati della
popolazione residente a Priolo e fatti suoi dal circolo
locale di Rifondazione Comunista scaturiti a seguito delle
recenti notizie, non scevre da palesi contraddizioni, che
stanno confondendo in questi ultimi giorni le menti
dell'opinione pubblica priolese. «Da un lato - dice Gianni
Leone, responsabile del circolo di rifondazione comunista -
il sindaco assicura la cittadinanza che l'acqua non è
contaminata, dall'altro leggiamo che la procura della
repubblica sostiene cose diametralmente opposte. A questo
punto - prosegue Leone - chiediamo al sindaco un grande atto
di responsabilità facendo analizzare da tecnici specialisti,
a cadenza settimanale, le acque di balneazione, la sabbia e
l'acqua potabile che giunge nei nostri rubinetti. Inoltre
chiediamo al sindaco - aggiunge Leone - un atto di grande
trasparenza, facendo affiggere i risultati di tutti i
campionamenti settimanali, soprattutto sull'acqua potabile,
in una bacheca pubblica comunale, opponendo in calce, ben
visibile, la sua firma». Fatta questa proposta Gianni Leone
rende noto un episodio che potrebbe avere attinenza con la
spiaggia di Marina di Priolo. «Sabato sera - spiega Leone -
un bambino che era ritornato dalla spiaggia, è stato
ricoverato d'urgenza all'ospedale con febbre a 40 ed
infezione virale. Non sappiamo se tale episodio può essere
collegato ad inquinamenti esistenti nella sabbia o
nell'acqua di mare o nell'acqua potabile e, pertanto,
invitiamo il sindaco a tutelare la salute pubblica con
l'avvio di opportune analisi». Sull'inquinamento dell'acqua
potabile, argomento che sta gettando nella costernazione
parecchi priolesi, nei giorni scorsi ,come si ricorderà, gli
ambientalisti di Amica Terra avevano diffuso un comunicato
stampa, con diversi allegati compresa la tabella riassuntiva
del monitoraggio del pozzo comunale 22, in cui si
evidenziava la non peregrina probabilità che i priolesi
avessero bevuto, dal 6 al 14 marzo 2002, acqua inquinata da
benzene, proveniente proprio dal pozzo comunale n. 22 che
era stato distaccato dalla rete idrica municipale,
nonostante il forte inquinamento da idrocarburi totali
ricercati, otto giorni dopo la scoperta della
contaminazione. Alla luce di tale gravissimo episodio anche
Amica Terra chiedeva al sindaco l'avvio di controlli
sanitari specifici sulla popolazione di Priolo. Intanto,
nell'attesa di ricevere chiare risposte da parte del primo
cittadino Rifondazione comunista è impegnata nella campagna
referendaria per l'abrogazione dell'articolo 18 dello
Statuto dei lavoratori e su cui gli italiani saranno
chiamati alle urne nei giorni 15 e 16 giugno prossimi. «Nel
Comitato referendario - rende noto Leone - oltre a noi di
Rifondazione si sono aggiunti qualcuno dei Ds e i Verdi.
Oggi alle 19 avremo a Priolo la presenza del segretario
provinciale della Cgil, Pippo Zappulla». |
|
CORRIERE DELLA SERA |
«Report»: un esempio nel
deserto
Sembra diventato un obbligo
sociale parlar bene di Milena Gabanelli; per questo fa fino
storcere il naso, condire le riflessioni con i se, i ma, i
però, i forse... Di suo, la Gabanelli ci mette quell’aria un
po’ arcigna, tardo femminista, da «operatrice dell’impegno
sociale»; di loro, i Gabanelli’s boys ci mettono la faccia
da petulanti, anche un po’ scassaballe, sempre lì a
menarsela con l’atrazina, l’angiosarcoma, il limite di
velocità non rispettato, le onde elettromagnetiche di Radio
Maria, le sigarette light. Eppure la Gabanelli fa
semplicemente quello che i giornalisti Rai non hanno mai
fatto (o fatto poco), per antica vocazione e formazione, per
quieto vivere, per assenza di spazi. Realizza inchieste,
tiene vivo lo spirito critico, si comporta da «cane da
guardia» delle istituzioni. Di più: una volta fatta
l’inchiesta si preoccupa anche, magari a due anni di
distanza, di verificare come stanno le cose, di riferire gli
esiti di certe denunce. La Gabanelli è una freelance, una
collaboratrice «esterna». Se rompe troppo è facile non
rinnovarle il contratto: mica ha il posto sicuro, mica può
permettersi di stare al mare a fare la martire con lo
stipendio che corre lo stesso. Fossi in lei mi preoccuperei
più del consenso di cui ora gode (in cuor loro, molti
«colleghi» la strozzerebbero volentieri) che della reazione
del Potere. Sta di fatto che «Report» (Raitre, lunedì, ore
21) ha mostrato vicende esemplari su cui è sceso il
silenzio: dal petrolchimico di Porto Marghera al fallimento
della società Il Bagaglino, con l’arresto del titolare Mario
Bertelli (quante balle nella prima inchiesta!), dal latte in
polvere agli scarichi di Priolo. E poi uno si chiede perché
certi tg si occupano solo di frivolezze! |
|
ECONEWS (Verdi) |
Delega ambientale. 20
deputati opposizione scrivono a Ciampi
"La salvaguardia dell'
ambiente e la tutela della sua integrità rappresentano un
valore fondamentale e primario per tutta la comunità
nazionale". Inizia così la lettera che venti deputati
appartenenti a tutte le forze politiche dell' opposizione,
primi firmatari Fulvia Bandoli (Ds), Ermete Realacci
(Margherita), Nerio Nesi (Pdci), Marco Lion (Verdi), Nichi
Vendola (Rc) e Domenico Pappaterra (Sdi), hanno inviato al
presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, per
attirare la sua attenzione su ciò che sta accadendo in
materie di politiche ambientali. "Ciò che preoccupa
fortemente i deputati - spiegano - che in questo modo si
sono fatti interpreti anche del vasto malessere dell'
insieme del mondo ambientalista, delle imprese del settore e
degli enti locali, è in primo luogo l' ampiezza della delega
che il Governo e il ministro dell' Ambiente, Altero Matteoli,
si apprestano a chiedere al Parlamento e che li
autorizzerebbe a riscrivere tutta la legislazione ambientale
affidandone il compito a ventiquattro esperti scelti e alla
dipendenze del ministro". I deputati ritengono che in questo
modo si produca una ferita molto seria alle prerogative del
Parlamento e sottolineano inoltre al capo dello Stato "come
la circolare del capo di gabinetto del ministero che blocca
il lavoro di tutti gli uffici non abbia precedenti, in
quanto è ovvio che fino a quando non esistono nuove leggi
valgono e si applicano quelle esistenti, e dunque il lavoro
degli uffici non si ferma in nessun caso". La lettera
evidenzia inoltre che "l' incertezza legislativa che si
verrebbe a determinare in tutti i settori ambientali è
ancora più grave in vista del semestre europeo affidato alla
presidenza italiana. Per queste ragioni si affida all'
attenzione del capo dello Stato il valutare questa delicata
situazione consapevoli che il bene ambientale è elemento
vitale per tutta la nostra democrazia". |
|
|