RASSEGNA STAMPA 10.06.2003

 

MESSAGGERO
Anche Carletti al tavolo istituzionale Stretta finale sulla concessione Api

di ROBERTA MACCAGNANI

FALCONARA - Nuova riunione oggi tra i tecnici per approfondire i contenuti delle prescrizioni e del protocollo d’intesa che sancirà i rapporti tra enti e Api. E’ quanto emerso ieri nella riunione di oltre tre ore, del tavolo istituzionale tra Regione, Provincia e Comune a cui per la prima volta ha partecipato anche il sindaco di Falconara, Giancarlo Carletti, probabilmente conscio di essere al rush finale sulla decisione del rinnovo della concessione. Tra cinque giorni la Regione si dovrà esprimere. «C’è stato – ha detto Marco Amagliani, assessore regionale all’ambiente – un chiarimento di fondo sia sul protocollo che sulle prescrizioni che però approfondiremo. Per questo avremo un nuovo contatto domani (ndr oggi)». Quale la sua posizione di fronte alle richieste dei Verdi e della Cecchini di aspettare la conclusione degli studi Svim per esprimere il parere? «In realtà, noi abbiamo già in mano i preliminari che contengono le informazioni che ci servono». Per il presidente della Provincia, Giancarli, l’incontro di ieri è servito ad inserire ulteriori approfondimenti legati a precisi vincoli come «lo sviluppo sostenibile, le priorità della sicurezza e della salvaguardia ambientale e la garanzia sull’utilizzo delle migliori tecnologie». «Questi sono i fattori, per me, irrinunciabili nel processo di rinnovo. Credo anche che sottoporrò all’approvazione della giunta o del consiglio provinciale sia il protocollo che le prescrizioni». Potrebbe essere oggi, quindi, il giorno della firma congiunta dei tre enti per il via libera alle prescrizioni e al protocollo che aprirebbero la strada al rinnovo della concessione Api. Ma secondo fonti vicine al Comune, l’ente locale non sarebbe così convinto della situazione.

Scavi agli idrocarburi: tutti assolti

ANCONA - Con le formule perché il fatto non sussiste e perché il fatto non costituisce reato, cinque persone, tra cui il direttore compartimentale delle Ferrovie dello Stato, sono state assolte ieri dal tribunale di Ancona dall' accusa di aver disperso terreno inquinato da idrocarburi nelle acque sottostanti durante i lavori per la costruzione del sottopasso ferroviario a Villanova di Falconara. Il giudice monocratico Mario Vincenzo D' Aprile ha ritenuto di scagionare tutti gli imputati con la formula più ampia dopo che il pm Antonella Passalacqua aveva invece chiesto cinque assoluzioni con la formula dubitativa. Gli imputati erano Domenico e Roberto Di Marzio (72 e 35 anni, rispettivamente legale responsabile e direttore dei lavori della ditta di Chieti appaltatrice dei lavori), Tomasino Salvatori, 56 anni, direttore compartimentale infrastruttura delle Fs, Stefano Morellina, 47 anni, progettista del tunnel, e Mario Esposito, 47 anni, direttore dei lavori. I lavori di escavazione e asportazione di terreno per ricavare il sottopasso cominciarono nell' agosto 2000. In quella circostanza, secondo l' ipotesi accusatoria originaria, imprenditori e tecnici avrebbero contribuito a vario titolo all' immissione di terreno già contaminato da idrocarburi aromatici (xileni, etilbenzeni, toluene, isopropilbenzene, propilbenzene e trimetilbenzeni) procurando un pericolo concreto e attuale in inquinamento. Dopo che il Comitato residenti di Villanova segnalò il caso alle forze di polizia, il Comune effettuò dei prelievi e poi intervennero i carabinieri del Noe. L' inchiesta dell' ex pm di Ancona Marco Mansi si chiuse con una citazione diretta in giudizio. Ovviamente agli imputati - difesi dagli avvocati Giuliano Milia (Di Marzio), Lamberto Giusti (Esposito), Marco Maria Brunetti (Morellina) e studio Mario Scaloni (Salvatori) - non veniva comunque contestata la presenza del carburante e dei residui chimici, forse dovuta ad un' area di stoccaggio ricavata nella zona durante la seconda guerra mondiale.

Spiaggia dei veleni, in quattro a giudizio

Ma si cercano altre responsabilità: stralcio di inchiesta sulle omissioni istituzionali

Ex-Montedison. Il pm Leonello ha concluso l’inchiesta avviata da Mansi. Una verità dagli interrogatori: troppi sapevano e non si sono mossi

di GIAMPAOLO MILZI

No, non si tratta di addossare 70 anni di scempio ambientale sulle spalle dei quattro imprenditori che, loro malgrado, si son ritrovati ad assumere il ruolo degli “anelli finali della catena delle responsabilità" nell'inchiesta giudiziaria sulla “spiaggia dei veleni". Gli emiliani Giuseppe Torroni e Dino Simonetti, ultimi acquirenti dei 20 ettari di terreno contaminati da scorie chimiche nel litorale tra Falconara e Marina di Montemarciano, e i siciliani Vito De Lucia e Cosimo Capobianco, manager di Enichem Agricoltura, la società che gestì la fase di dismissione dello stabilimento ex Montedison in riva al mare dopo il fallimento degli anni '88-'89, saranno processati per varie ipotesi di reato a seconda dei casi: da quelle che configurano un mezzo “ecodisastro", a quelle di avvelenamento ambientale e di reiterato smaltimento abusivo. Ma non possono essere considerati “capri espiatori" ora che il sostituto procuratore Lioniello ha firmato il decreto di citazione a giudizio nei loro confronti. Il magistrato, infatti, ha contestualmente avviato un'inchiesta stralcio a carico degli ignoti che potrebbero essersi pilatescamente lavati le mani, dopo essersele sporcate con eventuali omissioni (di controlli o altri atti amministrativi) volte ad evitare o limitare la trasformazione dell'area di produzione concimi in una discarica a cielo aperto di sabbie zeppe di cromo, mercurio, rame e metalli pesanti ipertossici. Il pm inquirente sembra raccogliere le indicazioni arrivate dal “pollice verde" del collega Mansi, il sostituto da cui ha ereditato i risultati delle prime, lunghe indagini. E soprattutto prende sul serio - decidendo di scavare ancora a fondo nelle montagne di "ceneraccio" (le sabbie rossicce pregne di zolfo e pirite industriali) finite lungo la costa e di cercare responsabilità più in alto, a livello di enti e autorità locali - le indicazioni emerse dagli interrogatori cui sono stati sottoposti due dei quattro indagati. Quegli interrogatori potevano risultare un formalità “di garanzia", ma interpretando le dichiarazioni rese agli uomini del Corpo forestale da Torroni e Simonetti è emerso, netto, il sospetto che la vera storia della spiaggia dei veleni possa essere stato per anni uno scomodo “segreto di Pulcinella" condiviso da molti, troppi. Ma chi sapeva e non si sarebbe mosso? Torroni, responsabile della “Rocca Mare spa" di Savignano sul Rubicone, la ditta che nel marzo '99 acquistò per appena un miliardo di lire l'intera area industriale, e Simonetti, numero uno della “Agricola '92 srl" di Longiano, l'azienda che subentrò nella proprietà ad indagini avviate per edificare, hanno giurato che prima che Enichem Agricoltura vendesse segnalarono doverosamente l'inquinamento e si svolsero delle conferenze di servizi per studiare come intervenire. Vi parteciparono tra gli altri l'allora sindaco di Falconara Oreficini e quello di Montemarciano Raffaelli, funzionari della Regione ed esperti del Laboratorio multizonale della Usl (oggi Arpam). Oreficini lasciò il posto a Carletti nel '97. Dunque i misteriosi summit si svolsero prima. Ma di cosa si parlò? Del futuro dello “scatolone di sabbia" contaminato, di una sua eventuale destinazione a edilizia di servizio, magari anche turistica, e del suo passaggio di mano. E infatti al tavolo delle conferenze fu invitata anche la “Rocca mare", candidata all'acquisto perché già proprietaria della zona limitrofa (alle spalle dello stabilimento). Quanto alla unanime consapevolezza del cronico inquinamento, dagli interrogatori è emerso che di sicuro si era al corrente di molto (polveri d'amianto cancerogeno, scarti di lavorazioni chimiche a contatto col suolo e altre infiltrazioni tossiche, pericoli di compromissione della falda), visto che venne esaminato il piano di bonifica (progetto Aquater) già all'epoca predisposto da Enichem Agricoltura. Del resto, delle discariche di ceneraccio e della contaminazione di suolo, sottosuolo e mare si poteva ben sospettare. Perché, allora, nemmeno i Comuni si mossero, emettendo un'ordinanza amministrativa di messa in sicurezza?

“Scatolone di sabbia", un business che può nascondere gravi insidie

Le lottizzazioni in arrivo

«Lì non si può assolutamente costruire. Nemmeno dopo una bonifica lunghissima e costosissima, perché se si scava troppo per le fondamenta si potrebbero destabilizzare i precari equilibri del sottosuolo, innescare nuove contaminazioni. Col via libero a gru e cantieri il Comune di Falconara potrebbe cacciarsi in un vicolo cieco rischiosissimo, pieno di sventure giudiziarie». Parola di Nedo Biancani, grande esperto di siti inquinati da petrolchimici, estensore della perizia dell'inchiesta sulla “spiaggia dei veleni". I cui esiti mettono un paletto a modi e fini del risanamento - né bonifica in profondità, né quindi alberghi o villette in riva al mare, solo pulizia superficiale e tanto verde - il pm Lioniello li conosce bene. E sa anche, come Biancani, che il decreto Ronchi, su mega-bonifiche come quella pro riconversione turistica che ha in mente l'Ufficio Ambiente del Comune, non scherza: i requisiti tabellari coi limiti massimi di contaminazione residua consentita nel terreno, per fini edificatori o artigianali, sono rigidissimi. E poi c'è il vincolo della Soprintendenza: ora il vecchio mega-capannone Montedison è un “bene di archeologia industriale". Corpo Forestale, Noe e Procura, quindi, controllerano, indagheranno anche in futuro per evitare eventuali “pateracchi legati ad intenti speculativi", sempre per citare parole di Biancani. Eh sì, perché sotto “lo scatolone di sabbia" da ripulire brulicano vari interessi. Leciti, fino a prova contraria. Perché a tutti piacerebbe che si avverasse il sogno del “rospo velenoso" che baciato dalla fata si trasforma in Principe Azzurro. Un Principe, come spera il sindaco Carletti, capace in un futuro prossimo di sventolare la bandiera blu “residenzial-balneare" proprio sull'ex discarica industriale a cielo aperto. Basta che sotto le sembianze della fata non si nasconda in realtà una strega. Sono in molti (cittadini, ambientalisti, esperti) a temere come Biancani che “interessi speculativi" prevalgano su quelli della salute ambientale e pubblica. La società “Agricola '92", che lo “scatolone di sabbia" l'ha acquistato dalla “Rocca mare spa", che a sua volta l'ha strappato a “Enimont Agricoltura" per appena un miliardo di lire, farebbe il tifo per gru e cantieri sul lato mare. Lo fa il Comune di Falconara, che ha festeggiato quando la Provincia ha promosso il suo Prg, anche nei passaggi dedicati al sito ex Montedison, un sito che le nuove norme urbanistiche municipali destinano «ad area di espansione turistico-commerciale». La Provincia si è “limitata a limitare" nuove costruzioni nella zona a monte della fabbrica. Ma ha dato il via libera a edificazioni (nella misura delle imponenti volumetrie industriali già esistenti) sul lato mare, condizionandole a una bonifica preventiva. Un iter amministrativo - è la teoria espressa dal gruppo di Forza Italia in Consiglio provinciale - che potrebbe essere legato a «business di molte centinaia di miliardi di lire cui la sinistra si è piegata», col sindaco Carletti accusato di voler «nascondere oscure manovre politiche ed economiche». Comune e Provincia, secondo una nota diffusa a marzo da Cesaroni (Fi), mettono «cinicamente a rischio» la salute dei cittadini, nell'avallare edificazioni nel suolo inquinato dall'ex Montedison. Duramente contestate le due licenze che il Comune di Falconara intende rilasciare a breve.

L’ex assessore Cecchini: «Vado all’opposizione»

Nel mirino riforma sanitaria e Api

di CLAUDIA PASQUINI

ANCONA - Cristina Cecchini, consigliere regionale ed ex assessore, minaccia di saltare dal gruppo misto all’opposizione. Potrebbe cambiare idea solo se la giunta D’Ambrosio rivedesse le sue posizioni sulla raffineria Api e sulla sanità. Cosa cambierebbe in consiglio regionale se Cecchini dovesse dare seguito alla sua provocazione? Gli equilibri non si sposterebbero, visto che attualmente sono 24 i consiglieri di maggioranza e 13 quelli di minoranza, ma il suo salto confermerebbe ancora una volta, se ce ne fosse bisogno, i problemi interni alla maggioranza. Il consigliere regionale ha affidato le sue intenzioni ad una lettera che ha inviato a Pino Panaioli, segretario provinciale di Rifondazione comunista, il partito nelle cui liste era stata eletta e dal quale si era autosospesa nel luglio 2002 a fronte delle indagini provocate dalle dichiarazioni dell’ex segretario regionale Andrea Ricci. «Caro segretario – si legge nella missiva - è trascorso ormai un anno da quando a luglio 2002 ho annunciato al Comitato politico provinciale che a fronte delle indagini giudiziarie, era necessaria l’autosospensione. A tutt’oggi non è stata ancora fissata l’udienza preliminare, unica sede che può decidere se rinviarmi a giudizio o archiviare i fatti contestati. Nel frattempo mi è stato comunicato che la commissione regionale di garanzia avrebbe proceduto al mio allontanamento dal partito. Non intendo contestare la legittimità giuridica di tale azione (non avendo la tessera 2003 è impossibile allontanarmi), ma prendo atto che dopo tale comunicazione l’organismo dirigente della federazione di Pesaro nulla ha eccepito. Prendo altresì atto – prosegue la lettera della Cecchini - che le scelte di fondo che sta portando avanti questo partito, e più in generale la maggioranza regionale contraddicono il programma elettorale che abbiamo proposto ai cittadini». Il consigliere Cecchini si appella agli impegni presi. «Avevamo detto “programma di dismissione della raffineria Api" e stanno lavorando per rinnovare la concessione per 20 anni, addirittura 5 anni prima della scadenza – spiega - Avevamo detto “salvaguardia degli ospedali minori" e hanno eliminato la chirurgia generale dagli ospedali di polo. Ora c’è solo la chirurgia programmata a 7 giorni a Novafeltria e Pergola, e a 5 giorni a Cagli, e il day surgery a Fossombrone, e le urgenze sono tutte indirizzate negli ospedali di rete. Avevamo detto “4 aziende sanitarie di ambito provinciale" e stanno sostenendo “l’azienda regionale"». In assenza di un ripensamento nel merito di queste scelte Cristina Cecchini annuncia di vedersi costretta a fare una valutazione seria sul suo ruolo nell’ambito della maggioranza regionale e sui modi istituzionali e sulle forme politiche più adeguate a dare continuità al suo impegno politico. «In questo senso – conclude Cecchini - spero di poter condividere con te e con i compagni della federazione di Pesaro obiettivi comuni».

 
RESTO DEL CARLINO
«L'Api in città fino al 2020»

di Maria Gloria Frattagli

 FALCONARA — «Credo che il rinnovo della concessione alla raffineria Api sarà dato fino al 2020». L'assessore regionale all'Ambiente, Marco Amagliani, è stato sintetico ma efficace sulle intenzioni espresse dall'ente regionale verso l'industria petrolifera. Ma il Comune di Falconara risponde di petto: non firmerà il protocollo d'intesa alle prescrizioni, almeno questo è quanto trapela dal gruppo di tecnici dell'amministrazione comunale. Ieri si è dunque tenuto l'ennesimo incontro del tavolo istituzionale tra Regione, Provincia e Comune in via Gentile da Fabriano, un altro summit per definire gli «ultimi dettagli» prima del rinnovo. La decisione finale sarà però condita da robuste prescrizioni che limiteranno fortemente l'attività dell'Api. Le opinioni «E' stato un incontro proficuo — ha detto Amagliani — e siamo vicini ad un punto di sintesi. La proposta riguardante la serie di prescrizioni è abbastanza condivisa da tutti e tre gli enti e io mi sento moderatamente soddisfatto». A questo punto le carte sono scoperte: si arriverà al rinnovo senza il «benestare» del Comune? Oppure Regione e Provincia limeranno le prescrizioni per accontetare anche l'amministrazione falconarese? Molti gli interrogativi, ma intanto c'è chi è fiducioso: «Stiamo procedendo — ha aggiunto il presidente della Provincia, Enzo Giancarli — anche se nulla è definito e definitivo. Stiamo percorrendo un doppio binario: quello delle prescrizioni e del protocollo d'intesa. Per quanto riguarda quest'ultimo, si tratta di un documento aggiuntivo che contiene degli indirizzi volontari per garantire le priorità come la difesa del suolo, dell'aria, dell'acqua tanto da prevedere anche delle migliorie per la foce del fiume Esino». Il polo energetico Per quanto riguarda ancora la parte prettamente tecnica, ieri si è parlato della creazione di un polo energetico ambientale che intende limitare l'attività di raffinazione sviluppando al contrario una politica volta a creare livelli energetici sempre più compatibili con l'ambiente circostante. Questa mattina un gruppo di tecnici si ritroverà di nuovo nel palazzo regionale per mettere a punto le ultime strategie, dopodiché potrebbe seguire un altro incontro istituzionale, quello definitivo che porterà all'approvazione del grande progetto verso l'Api. Entro i primi quindici giorni di questo mese, gli enti porteranno a termine il capitolo più difficile della storia di Falconara e l'Api rimarrà fino al 2020.

Non inquinarono il terreno durante i lavori per il sottovia: tutti assolti

FALCONARA — Non solo non avevano contaminato loro quel terreno. Ma con una serie di interventi erano anche riusciti ad abbassare i livelli di inquinamento da idrocarburi. Sono stati tutti assolti perché il fatto non sussiste i cinque imputati del processo scaturito in seguito ai lavori nell'estate del 2000 per costruire un sottovia ferroviario a Villanova, in via Monte e Tognetti. La sentenza di assoluzione è stata emessa ieri mattina dal giudice Mario Vincenzo D'Aprile nei confronti di Domenico Di Marzio, 61 anni, di Chieti, responsabile della omonima ditta che seguì i lavori per il sottovia; Roberto Di Marzio, 37 anni, anch'egli di Chieti, direttore dei lavori; Tomasino Salvatori, 56 anni, di Merano ma residente in Ancona, direttore compartimentale infrastruttura delle Ferrovie; Mario Esposito, 47 anni, di Ortona, anch'egli direttore dei lavori; Stefano Morellina, 47 anni, ingegnere foggiano residente ad Ancona, tecnico del progetto del sottovia. Il pm Antonella Passalacqua aveva chiesto l'assoluzione sostenendo che l'inquinamento era precedente ai quei lavori. La difesa degli imputati, rappresentata dagli avvocati Cinzia Molinaro, Marco Maria Brunetti, Lamberto Giusti e Giuliano Milia, ha dimostrato che durante i lavori la terra impegnata da idrocarburi è stata tolta e non immessa di nuovo così come l'acqua inquinata che saliva dalla falda.

«Maggioranza addio»

ANCONA — Il consigliere regionale, ed ex assessore, Cristina Cecchini è pronta ad uscire dalla maggioranza, salvo ripensamenti della Giunta D'Ambrosio sulle scelte in merito alla raffineria Api e alla sanità. È la stessa Cecchini ad annunciarlo in una lettera a Pino Panaioli, segretario provinciale di Rifondazione Comunista di Pesaro, il partito nelle cui liste era stata eletta e da cui si era autosospesa nel luglio 2002 a fronte delle indagini giudiziarie provocate dalla dichiarazioni dell'ex segretario regionale Andrea Ricci. «Prendo atto — scrive la Cecchini — che le scelte di fondo che sta portando avanti questo partito, e più in generale la maggioranza regionale, contraddicono il programma elettorale che abbiamo proposto ai cittadini. Avevamo detto "programma di dismissione della raffineria Api", invece stanno lavorando per rinnovare la concessione per 20 anni, addirittura 5 anni prima della scadenza! Avevamo detto "salvaguardia degli ospedali minori", invece hanno eliminato la chirurgia generale dagli ospedali di polo, e ora c' è solo la chirurgia programmata a 7 giorni a Novafeltria e Pergola, e a 5 giorni a Cagli, e il day surgery a Fossombrone, e le urgenze sono tutte indirizzate negli ospedali di rete! Avevamo detto "quattro aziende sanitarie di ambito provinciale", invece stanno sostenendo "l' azienda regionale" che centralizza le scelte ad Ancona!». L'ex assessore ricorda poi la scelta di autosospendersi, sottolineando che «a tutt'oggi non è stata ancora fissata l'udienza preliminare, unica sede che può decidere se rinviarmi a giudizio o archiviare i fatti contestati». Nel frattempo, il consigliere regionale ha appreso che la commissione di garanzia avrebbe proceduto al suo allontanamento. «Non intendo contestare la legittimità giuridica di tale azione — osserva — (non avendo la tessera 2003 è impossibile allontanarmi!), ma prendo atto che dopo tale comunicazione l'organismo dirigente della federazione di Pesaro nulla ha eccepito». Non più tardi di un paio di settimane fa, all'epoca della richiesta di rinvio a giudizio da parte della procura di Ancona, la Cecchini (foto in alto) si era resa protagonista di un duro attacco al presidente della Regione, Vito D'Ambrosio (foto a lato), ex magistrato, mettendo di fatto in relazione il proprio isolamento politico con la vicenda in questione. Da allora il clima non sembra essersi per nulla svelenito e la Cecchini è partita all'attacco. Politicamente. Proprio mentre a sinistra il tormentone-sanità comincia ad approfondire le spaccature interne.

 
CORRIERE ADRIATICO
Concessione all'Api fino al 2020

Nella centrale di cogenerazione sarà possibile utilizzare solo i residui interni L'amministrazione comunale non commenta

L'accordo prevede diverse prescrizioni e un protocollo d'intesa

di MARINA MINELLI

Sarà quasi certamente un rinnovo fino al 2020 quello che la Regione concederà alla raffineria Api entro pochissimi giorni a condizione che l'azienda "accetti le prescrizioni" ed "un protocollo d'intesa" sul quale però, a quanto sembra, il comune di Falconara non è del tutto d'accordo. Tanto è vero che ieri mattina, le tre ore di riunione del tavolo istituzionale fra Comune, Provincia di Ancona e Regione Marche, rappresentata dal presidente Vito D'Ambrosio e dall'assessore all'ambiente Marco Amagliani, sono finite senza una decisione definitiva e, sembra, proprio con un no deciso della delegazione falconarese, guidata per la prima volta dal sindaco Giancarlo Carletti. Nessuna dichiarazione ufficiale è arrivata dall'amministrazione comunale del territorio su cui insiste la raffineria Api. Deciso è stato anche il "no comment" del vice sindaco Antonio Graziosi, degli assessori all'ambiente e al bilancio, Giancarlo Scortichini e Roberto Pesaresi e del dirigente dell'urbanistica Furio Durpetti. Il nodo da sciogliere è proprio il protocollo d'intesa, ovvero un documento sottoscritto da tutte le parti in causa nel quale dovrebbero essere definite tutte le questioni e le indicazioni non specificatamente contenute nelle prescrizioni di carattere tecnico ed ambientale. Di tutt'altro tono le dichiarazioni di Amagliani e Giancarli sull'esito dell'ennesima riunione convocata per definire non più la permanenza o la dismissione dell'impianto, ma i termini per il rinnovo della concessione. "Sono moderatamente soddisfatto - ha fatto sapere Amagliani secondo cui il clima della riunione è stato buono - la proposta delle prescrizioni è abbastanza condivisa ed il confronto è stato proficuo, quindi siamo vicini ad un punto di sintesi che dovrebbe essere concretizzato in breve". Fondamentale, per l'assessore all'ambiente che la discussione sia stata centrata sul problema della creazione di "un polo energetico ambientale, sempre meno riferito ai procedimenti di raffinazione con uno sviluppo, quindi, di una maggiore compatibilità ambientale". Fra le prescrizioni, infatti, c'è quella "decisiva" secondo Amagliani, che impone l'utilizzo all'interno della centrale di cogenerazione dei soli residui interni ed evita così che su Falconara possano venir convogliati gli scarti di lavorazione di altre raffinerie. "C'era il rischio di diventare una pattumiera, una discarica - ha osservato l'assessore all'ambiente - per non parlare poi del pericolo legato al trasporto via mare di questi prodotti". Fra le condizioni a cui la Regione ha intenzione di vincolare il rinnovo della concessione anche una "compressione urbanistica", in pratica lo spostamento dai confini di almeno cinque serbatoi, nel rispetto delle indicazioni del Ctr e del Ctu del Tar, la richiesta di "liberare quanto più possibile la foce dell'Esino, fermo restando che propedeutica alla riconversione è poi la bonifica ed il ritiro di tutti i contenziosi legali in corso con gli enti locali". Valutazioni positive dell'incontro sono arrivate da parte del presidente della Provincia di Ancona, Enzo Giancarli, il quale ha constatato una "volontà di procedere insieme sulla linea dello sviluppo compatibile, della sicurezza e della tutela ambientale. Entro la metà del mese ci sarà una dichiarazione d'intenti - ha assicurato Giancarli - ma ho comunque intenzione di portare la questione in consiglio provinciale per una verifica".

"Campione troppo piccolo per essere rappresentativo"

Sansò critica il sondaggio della Cecchini

Troppo piccolo per essere significativo il campione del sondaggio commissionato a Datamedia dal consigliere regionale Cristina Cecchini., sui rapporti tra la città di Falconara e la raffineria dell'Api. Lo afferma in una nota Giancarlo Sansò dell'Udeur. "Il campione di 400 persone - secondo Sansò - si traduce in una percentuale pari all'1,379% della popolazione. Su questi dati si possono veramente prendere delle decisioni ultime per l'avvenire di un comprensorio? Si può formulare una obiettiva soluzione per rimodellare un'economia locale, una economia regionale e la richiesta energetica del Centro Italia?". Sansò inoltre critica l'ipotesi della riconversione della raffineria e dell'economia locale. "Analizzato il tutto - afferma - forse basteranno 30-35 anni per riconvertire l'area, fermo restando che nel frattempo si saranno persi 2 mila posti di lavoro, compreso l'indotto, miliardi di euro per mancato gettito fiscali, miliardi di euro in energia". Se si vuole ancora "insistere sul tema della delocalizzazione - conclude Sansò - significa che si è certi di avere nel cassetto la soluzione ottimale capace di rispondere alle necessità complessive che tale allontanamento comporterebbe, altrimenti per il bene comune è meglio che si taccia".

Sottopasso, tutti assolti

Terreno inquinato da idrocarburi durante i lavori a Villanova

Tra gli imputati anche un direttore delle ferrovie

Nessun colpevole per il sottopasso inquinante di Villanova. I cinque imputati, tra i quali figurava anche il direttore compartimentale delle Ferrovie, sono state assolti in tribunale dall'accusa di aver disperso terreno inquinato da idrocarburi nelle acque sottostanti durante i lavori per la costruzione di un sottopassaggio ferroviario. Il giudice Mario Vincenzo D'Aprile ha emesso un verdetto con formula piena, mentre il pm Antonella Passalacqua aveva invece cinque assoluzioni con la formula prevista dal codice quando è incerta la prova di colpevolezza. A giudizio c'erano Domenico e Roberto Di Marzio (72 e 35 anni, legale responsabile e direttore dei lavori della ditta di Chieti appaltatrice dei lavori), Tomasino Salvatori, 56 anni, direttore compartimentale infrastruttura delle Fs, Stefano Morellina, 47 anni, progettista del tunnel, e Mario Esposito, 47 anni, direttore dei lavori. I lavori di escavazione e asportazione di terreno per ricavare il sottopasso cominciarono nell'agosto 2000. In quella circostanza, secondo il capo d'imputazione, imprenditori e tecnici avrebbero contribuito a vario titolo all'immissione di terreno già contaminato da idrocarburi aromatici procurando un pericolo concreto di inquinamento. Dopo che il Comitato residenti di Villanova segnalò il caso alle forze di polizia, il Comune effettuò dei prelievi e poi intervennero i carabinieri del Noe sequestrando il cantiere del sottopasso. L'inchiesta dell'ex pm di Ancona Marco Mansi si chiuse con una citazione diretta in giudizio. Ovviamente agli imputati - difesi dagli avvocati Giuliano Milia (per Di Marzio), Lamberto Giusti (Esposito), Marco Maria Brunetti (Morellina) e studio Mario Scaloni (Salvatori) - non veniva comunque contestata la presenza del carburante e dei residui chimici, forse dovuta ad un'area di stoccaggio ricavata nella zona durante la seconda guerra mondiale. "In ogni caso - ha fatto notare l'avvocato Cinzia Molinaro dello studio Scaloni - quando sono arrivati i carabinieri si stavano già osservando le prescrizioni disposte da un'ordinanza del sindaco". Le parti civili, il comitato di Villanova e alcuni residenti in proprio, avevano chiesto un risarcimento di diecimila euro.

"Lascio la maggioranza" Cecchini minaccia lo strappo

ANCONA - Il consigliere regionale, ed ex assessore, Cristina Cecchini è pronta ad uscire dalla maggioranza, salvo ripensamenti della giunta D'Ambrosio sulle scelte in merito alla raffineria Api e alla sanità. E' la stessa Cecchini ad annunciarlo in una lettera a Pino Panaioli, segretario provinciale di Rc di Pesaro, il partito nelle cui liste era stata eletta e da cui si era autosospesa nel luglio 2002. "Prendo atto - scrive Cecchini - che le scelte di fondo che sta portando avanti questo partito, e più in generale la maggioranza regionale, contraddicono il programma elettorale che abbiamo proposto ai cittadini. Avevamo detto programma di dismissione della raffineria Api - aggiunge - stanno lavorando per rinnovare la concessione per 20 anni, addirittura 5 anni prima della scadenza! Avevamo detto "salvaguardia degli ospedali minori", hanno eliminato la chirurgia generale dagli ospedali di polo, e ora c' è solo la chirurgia programmata a 7 giorni a Novafeltria e Pergola, e a 5 giorni a Cagli, e il day surgery a Fossombrone, e le urgenze sono tutte indirizzate negli ospedali di rete! Avevamo detto "4 aziende sanitarie di ambito provinciale", stanno sostenendo "l'azienda regionale" che centralizza le scelte ad Ancona!". Cecchini ricorda poi la scelta autosospendersi, sottolineando che "a tutt' oggi non è stata ancora fissata l'udienza preliminare, unica sede che può decidere se rinviarmi a giudizio o archiviare i fatti contestati". Nel frattempo, il consigliere ha appreso la commissione di garanzia avrebbe proceduto al suo allontanamento. "Non intendo contestare la legittimità giuridica di tale azione - osserva - ma prendo atto che dopo tale comunicazione l'organismo dirigente della federazione di Pesaro nulla ha eccepito".

 
IL GAZZETTINO
Ambiente, patrimonio collettivo

I commenti alle motivazioni della sentenza per la fuga di ammoniaca del 1999

di N.B.

"Un ambiente non più da consumare, ma piuttosto da rispettare proprio perché patrimonio collettivo. Un esempio di diritto vivente, che tiene conto della mutata sensibilità dell'opinione pubblica rispetto al valore di aria, acqua, terra, cioè della natura che ci circonda". Così il presidente della Camera Penale di Venezia, avvocato Eugenio Vassallo, commenta la filosofia che sta alla base delle motivazioni della sentenza di condanna degli imputati Enichem, a firma del giudice per le indagini preliminari del tribunale di Venezia Roberta Marchiori. Dopo la pronuncia avvenuta il 19 luglio scorso, al termine di un rito abbreviato, le motivazioni scritte della sentenza sono state depositate e testimoniano l'apertura di un nuovo fronte della giurisprudenza ambientale a livello nazionale. Una vittoria per la pubblica accusa sostenuta in aula dal pm Felice Casson e per gli avvocati di parte civile. "La vera novità - prosegue l'avvocato Vassallo, che nel processo ha rappresentato Comune di Venezia e Regione costituitisi parte civile - è che questa volta il risarcimento del danno ambientale, di cui normalmente è riconosciuto titolare solo lo Stato, è stato liquidato anche agli enti locali. Si tratta di una novità della giurisprudenza italiana e ciò funge da ulteriore deterrente per tutti coloro che pensano di poter utilizzare l'ambiente a proprio uso e consumo". La sentenza pone al centro un incidente occorso al Petrolchimico di Porto Marghera il 4 maggio del 1999: allora dal reparto Ac1 uscirono circa tre tonnellate di ammoniaca e segnalazioni dell'emissione arrivarono ai vigili del fuoco anche dagli abitanti di Malcontenta. La sentenza del gip Marchiori arriva dopo una precedente sentenza di condanna, a firma dell'allora giudice monocratico Francesco Spaccasassi, per un'altra fuga di ammoniaca. "La differenza con la sentenza del giudice Spaccasassi - spiega l'avvocato Marco Giacomini, che con il collega Ettore Santin, ha coadiuvato l'avvocato Adelchi Chinaglia, parte civile per la Provincia di Venezia - è che proprio che in questo caso agli enti locali, cioè le istituzioni più vicine ai cittadini, è riconosciuta una titolarità parallela a quella classica dello Stato. Un principio che rispecchia anche le recenti modifiche alla Costituzione che conferiscono agli enti locali un ruolo sempre più fondamentale". "Inoltre - sottolinea l'avvocato Santin - è stata riconosciuta la lesione all'immagine e al prestigio degli enti locali proprio a seguito dell'incidente, visto che la pubblica amministrazione è responsabile della gestione del bene ambiente". La condanna al risarcimento dei danni è stata dichiarata immediatamente esecutiva e compete in 100mila euro a ciascuno dei tre enti locali, 52mila euro all'associazione Medicina Democratica e 290mila euro allo Stato. "Una delle prime sentenze in Italia - conferma anche l'avvocato dello Stato Giampaolo Schiesaro - che liquida questa quantità di denaro e con questi criteri. Un segnale giudiziario forte che sancisce che là dove vi è una ipotesi di disastro ambientale, la giustizia fa il suo corso".

 
LA SICILIA
La costa sciclitana è a rischio catrame

di Giorgio Liuzzo

Scicli. E' una falcidie. Lenta, ma inarrestabile. Un distillato di atti gravi che rischiano di mettere definitivamente a repentaglio il nostro habitat marino. E non si può neppure affermare di averci fatto il callo. A scempi del genere non ci si potrà mai abituare. Il cattivo vezzo di sversare prodotti combustibili, preferibilmente petrolio, nelle acque antistanti la costa iblea continua a manifestarsi in tutta la sua gravità. E' vero, rispetto al passato saranno pur minori gli episodi che hanno reso inconsapevoli protagonisti le nostre spiagge, «vittime» di un sistema barbaro di smaltimento dei rifiuti liquidi all'interno delle navi che transitano nel canale di Sicilia, a parecchie miglia, dunque, dal litorale della provincia di Ragusa. Ma ciò non toglie che le difficoltà persistano ed assieme ad esse anche il disagio ambientale legato alla presenza di sostanze altamente inquinanti che mettono a repentaglio i cicli biologici della flora e della fauna marina. L'ultimo grave episodio riguarda le spiagge di Cava d'Aliga e Bruca, frazioni rivierasche di Scicli. La presenza di prodotto spiaggiato non lascia adito a dubbi di sorta. Una petroliera di passaggio avrà vomitato all'esterno i suoi resti, noncurante dell'ambiente circostante. Il liquido vischioso, nerastro, assolutamente riconoscibile perché più denso dell'acqua, ha proceduto, trascinato dalla corrente, per alcune miglia, sino a giungere sulla terraferma. Qui, subito, è scattato l'allarme dei residenti che hanno inoltrato le segnalazioni alle autorità competenti, la Capitaneria di porto di Pozzallo su tutte. Altro incidente simile si era registrato l'anno scorso, a più riprese, sempre in prossimità delle coste dello Sciclitano. Ma in quel caso, ad essere prese maggiormente di mira, erano state le spiagge antistanti la frazione balneare di Playa Grande. Un altro «caso» che ha creato non poche apprensioni, poi, è quello che si era verificato nella primavera del 2002 in prossimità di Scoglitti. Anche in tale occasione, segni inequivocabili della presenza antropica stavano per causare l'irreparabile. Per fortuna, la sostanza oleosa era relativamente estesa per cui, grazie all'ausilio di appositi panni assorbenti, è stato possibile risucchiarla quasi completamente, limitando al minimo indispensabile i danni. Il problema, però, è che episodi del genere si verificano con drammatica puntualità. Ma come ci si può difendere? Le autorità marittime spiegano che alcuni strumenti ci sono: tra questi il pattugliamento delle motovedette così come quello effettuato dai mezzi aerei del corpo; esistono, poi, dei controlli che si effettuano direttamente a bordo delle navi che sostano nelle aree portuali, attraverso una verifica della sostanza combustibile consumata rispetto al tragitto compiuto. Il vero problema, però, è costituito dai limiti effettivi dei controlli che la Capitaneria può esercitare. Le autorità possono agir ovviamente al limite delle nostre acque territoriali, vale a dire nell'ambito di dodici miglia dalla costa. Le petroliere, però, possono transitare sino a 30 miglia; quindi, se effettuano il lavaggio delle stive a quella distanza, diventa un terno al lotto individuarle.

Oggi e domani la visita ufficiale della commissione parlamentare

di Pino Guastella

Siracusa. Il procuratore capo Roberto Campisi ed il sostituto procuratore Maurizio Musco si recheranno questa mattina presso il Palazzo del Governo per incontrare i componenti della Commissione parlamentare che tra oggi e domani faranno tappa a Siracusa e Priolo per raccogliere tutte le informazioni possibili sul ciclo dei rifiuti nella zona industriale. I due magistrati, titolari dell'inchiesta sui rifiuti tossici prodotti dallo stabilimento di Priolo dell'ex Enichem e Polimeri Europa, nel corso dell'audizione, faranno il punto sulle indagini e, pur se vincolati al rispetto del segreto istruttorio, accenneranno anche ai nuovi passi intrapresi nei confronti dei dirigenti che, dopo l'assunzione delle prime prove a carico, erano stati già colpiti dalla misura coercitiva della custodia in carcere. Rispetto alla fase iniziale delle indagini, infatti, gli inquirenti hanno acquisito degli elementi probatori a carico dei tre ex massimi dirigenti dello stabilimento di Priolo e di alcuni coindagati che rivestivano incarichi di responsabilità presso l'impianto cloro-soda, dove appunto avveniva la miscelazione illegale dei fanghi prodotti. Gran parte del merito dell'acquisizione degli elementi probatori a carico degli indagati sarebbe da attribuire ai consulenti ed ai legali di Enichem e Polimeri Europa, i cui massimi amministratori avrebbero preso le distanze dagli ex direttori e dai funzionari coinvolti nell'inchiesta. La produzione di molti documenti compromettenti, ritrovati dai «segugi» sguinzagliati dagli amministratori di Enichem e Polimeri Europa presso i bagni annessi agli uffici dei tre ex dirigenti dello stabilimento di Priolo, ha indotto i due titolari dell'inchiesta sul traffico dei rifiuti tossici a contestare nuove e più gravi fattispecie delittuose sia ai direttori che ad alcuni funzionari dell'impianto cloro-soda. Il quesito cui dovranno dare una risposta nelle prossime settimane i due magistrati riguarda però la posizione degli amministratori della sede di San Donato Milanese. Pur prendendo atto della loro fattiva collaborazione all'indagine, i magistrati della Procura vogliono capire se erano completamente all'oscuro dell'illecito traffico dei rifiuti tossici o se, viceversa, abbiano omesso di esercitare l'attività di controllo nei confronti dei dirigenti dello stabilimento di Priolo. L'occasione dell'incontro con la Commissione parlamentare verrà sfruttata dai due magistrati per rappresentare l'allarmante situazione dell'inquinamento marino e delle falde acquifere di Priolo, sia per lo scarico a mare di ingenti quantitativi di mercurio sia per la fuoriuscita di benzina dai fatiscenti serbatoi dell'ex raffineria Agip Petroli. Il procuratore capo Campisi illustrerà ai commissari i risultati sin qui conseguiti dall'inchiesta tesa ad accertare le cause delle malformazioni neonatali in provincia di Siracusa, mentre il suo sostituto, Musco, riferirà gli allarmanti dati sulla presenza di benzene nella parte più profonda del sottosuolo priolese delle falde acquifere. Ai commissari il magistrato, che ha già iscritto due nominativi nel registro degli indagati per la fuoriuscita di benzina dai serbatoi dell'ex raffineria Agip Petroli, manifesterà le proprie perplessità sulla potabilità dell'acqua che sgorga dai rubinetti delle abitazioni di Priolo. «Il sindaco Toppi, sulla base dei risultati in suo possesso, diffonde notizie rassicuranti attraverso le quali invoglia i priolesi a consumare l'acqua fornita dalla condotta comunale. Io, però, mi permetto fare un esempio banale, ed è quello del bicchiere che per tre quarti è pieno d'acqua potabile e in superficie di benzene. Con questo voglio dimostrare che in fondo al pozzo che fornisce l'acquedotto comunale l'acqua è pulita, ma in superficie è inquinata».

 
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