MESSAGGERO |
Anche Carletti al tavolo
istituzionale Stretta finale sulla concessione Api
di ROBERTA MACCAGNANI
FALCONARA - Nuova riunione
oggi tra i tecnici per approfondire i contenuti delle
prescrizioni e del protocollo d’intesa che sancirà i
rapporti tra enti e Api. E’ quanto emerso ieri nella
riunione di oltre tre ore, del tavolo istituzionale tra
Regione, Provincia e Comune a cui per la prima volta ha
partecipato anche il sindaco di Falconara, Giancarlo
Carletti, probabilmente conscio di essere al rush finale
sulla decisione del rinnovo della concessione. Tra cinque
giorni la Regione si dovrà esprimere. «C’è stato – ha detto
Marco Amagliani, assessore regionale all’ambiente – un
chiarimento di fondo sia sul protocollo che sulle
prescrizioni che però approfondiremo. Per questo avremo un
nuovo contatto domani (ndr oggi)». Quale la sua posizione di
fronte alle richieste dei Verdi e della Cecchini di
aspettare la conclusione degli studi Svim per esprimere il
parere? «In realtà, noi abbiamo già in mano i preliminari
che contengono le informazioni che ci servono». Per il
presidente della Provincia, Giancarli, l’incontro di ieri è
servito ad inserire ulteriori approfondimenti legati a
precisi vincoli come «lo sviluppo sostenibile, le priorità
della sicurezza e della salvaguardia ambientale e la
garanzia sull’utilizzo delle migliori tecnologie». «Questi
sono i fattori, per me, irrinunciabili nel processo di
rinnovo. Credo anche che sottoporrò all’approvazione della
giunta o del consiglio provinciale sia il protocollo che le
prescrizioni». Potrebbe essere oggi, quindi, il giorno della
firma congiunta dei tre enti per il via libera alle
prescrizioni e al protocollo che aprirebbero la strada al
rinnovo della concessione Api. Ma secondo fonti vicine al
Comune, l’ente locale non sarebbe così convinto della
situazione.
Scavi agli idrocarburi:
tutti assolti
ANCONA - Con le formule
perché il fatto non sussiste e perché il fatto non
costituisce reato, cinque persone, tra cui il direttore
compartimentale delle Ferrovie dello Stato, sono state
assolte ieri dal tribunale di Ancona dall' accusa di aver
disperso terreno inquinato da idrocarburi nelle acque
sottostanti durante i lavori per la costruzione del
sottopasso ferroviario a Villanova di Falconara. Il giudice
monocratico Mario Vincenzo D' Aprile ha ritenuto di
scagionare tutti gli imputati con la formula più ampia dopo
che il pm Antonella Passalacqua aveva invece chiesto cinque
assoluzioni con la formula dubitativa. Gli imputati erano
Domenico e Roberto Di Marzio (72 e 35 anni, rispettivamente
legale responsabile e direttore dei lavori della ditta di
Chieti appaltatrice dei lavori), Tomasino Salvatori, 56
anni, direttore compartimentale infrastruttura delle Fs,
Stefano Morellina, 47 anni, progettista del tunnel, e Mario
Esposito, 47 anni, direttore dei lavori. I lavori di
escavazione e asportazione di terreno per ricavare il
sottopasso cominciarono nell' agosto 2000. In quella
circostanza, secondo l' ipotesi accusatoria originaria,
imprenditori e tecnici avrebbero contribuito a vario titolo
all' immissione di terreno già contaminato da idrocarburi
aromatici (xileni, etilbenzeni, toluene, isopropilbenzene,
propilbenzene e trimetilbenzeni) procurando un pericolo
concreto e attuale in inquinamento. Dopo che il Comitato
residenti di Villanova segnalò il caso alle forze di
polizia, il Comune effettuò dei prelievi e poi intervennero
i carabinieri del Noe. L' inchiesta dell' ex pm di Ancona
Marco Mansi si chiuse con una citazione diretta in giudizio.
Ovviamente agli imputati - difesi dagli avvocati Giuliano
Milia (Di Marzio), Lamberto Giusti (Esposito), Marco Maria
Brunetti (Morellina) e studio Mario Scaloni (Salvatori) -
non veniva comunque contestata la presenza del carburante e
dei residui chimici, forse dovuta ad un' area di stoccaggio
ricavata nella zona durante la seconda guerra mondiale.
Spiaggia dei veleni, in
quattro a giudizio
Ma si cercano altre
responsabilità: stralcio di inchiesta sulle omissioni
istituzionali
Ex-Montedison. Il pm Leonello
ha concluso l’inchiesta avviata da Mansi. Una verità dagli
interrogatori: troppi sapevano e non si sono mossi
di GIAMPAOLO MILZI
No, non si tratta di
addossare 70 anni di scempio ambientale sulle spalle dei
quattro imprenditori che, loro malgrado, si son ritrovati ad
assumere il ruolo degli “anelli finali della catena delle
responsabilità" nell'inchiesta giudiziaria sulla “spiaggia
dei veleni". Gli emiliani Giuseppe Torroni e Dino Simonetti,
ultimi acquirenti dei 20 ettari di terreno contaminati da
scorie chimiche nel litorale tra Falconara e Marina di
Montemarciano, e i siciliani Vito De Lucia e Cosimo
Capobianco, manager di Enichem Agricoltura, la società che
gestì la fase di dismissione dello stabilimento ex
Montedison in riva al mare dopo il fallimento degli anni
'88-'89, saranno processati per varie ipotesi di reato a
seconda dei casi: da quelle che configurano un mezzo “ecodisastro",
a quelle di avvelenamento ambientale e di reiterato
smaltimento abusivo. Ma non possono essere considerati
“capri espiatori" ora che il sostituto procuratore Lioniello
ha firmato il decreto di citazione a giudizio nei loro
confronti. Il magistrato, infatti, ha contestualmente
avviato un'inchiesta stralcio a carico degli ignoti che
potrebbero essersi pilatescamente lavati le mani, dopo
essersele sporcate con eventuali omissioni (di controlli o
altri atti amministrativi) volte ad evitare o limitare la
trasformazione dell'area di produzione concimi in una
discarica a cielo aperto di sabbie zeppe di cromo, mercurio,
rame e metalli pesanti ipertossici. Il pm inquirente sembra
raccogliere le indicazioni arrivate dal “pollice verde" del
collega Mansi, il sostituto da cui ha ereditato i risultati
delle prime, lunghe indagini. E soprattutto prende sul serio
- decidendo di scavare ancora a fondo nelle montagne di
"ceneraccio" (le sabbie rossicce pregne di zolfo e pirite
industriali) finite lungo la costa e di cercare
responsabilità più in alto, a livello di enti e autorità
locali - le indicazioni emerse dagli interrogatori cui sono
stati sottoposti due dei quattro indagati. Quegli
interrogatori potevano risultare un formalità “di garanzia",
ma interpretando le dichiarazioni rese agli uomini del Corpo
forestale da Torroni e Simonetti è emerso, netto, il
sospetto che la vera storia della spiaggia dei veleni possa
essere stato per anni uno scomodo “segreto di Pulcinella"
condiviso da molti, troppi. Ma chi sapeva e non si sarebbe
mosso? Torroni, responsabile della “Rocca Mare spa" di
Savignano sul Rubicone, la ditta che nel marzo '99 acquistò
per appena un miliardo di lire l'intera area industriale, e
Simonetti, numero uno della “Agricola '92 srl" di Longiano,
l'azienda che subentrò nella proprietà ad indagini avviate
per edificare, hanno giurato che prima che Enichem
Agricoltura vendesse segnalarono doverosamente
l'inquinamento e si svolsero delle conferenze di servizi per
studiare come intervenire. Vi parteciparono tra gli altri
l'allora sindaco di Falconara Oreficini e quello di
Montemarciano Raffaelli, funzionari della Regione ed esperti
del Laboratorio multizonale della Usl (oggi Arpam).
Oreficini lasciò il posto a Carletti nel '97. Dunque i
misteriosi summit si svolsero prima. Ma di cosa si parlò?
Del futuro dello “scatolone di sabbia" contaminato, di una
sua eventuale destinazione a edilizia di servizio, magari
anche turistica, e del suo passaggio di mano. E infatti al
tavolo delle conferenze fu invitata anche la “Rocca mare",
candidata all'acquisto perché già proprietaria della zona
limitrofa (alle spalle dello stabilimento). Quanto alla
unanime consapevolezza del cronico inquinamento, dagli
interrogatori è emerso che di sicuro si era al corrente di
molto (polveri d'amianto cancerogeno, scarti di lavorazioni
chimiche a contatto col suolo e altre infiltrazioni
tossiche, pericoli di compromissione della falda), visto che
venne esaminato il piano di bonifica (progetto Aquater) già
all'epoca predisposto da Enichem Agricoltura. Del resto,
delle discariche di ceneraccio e della contaminazione di
suolo, sottosuolo e mare si poteva ben sospettare. Perché,
allora, nemmeno i Comuni si mossero, emettendo un'ordinanza
amministrativa di messa in sicurezza?
“Scatolone di sabbia", un
business che può nascondere gravi insidie
Le lottizzazioni in arrivo
«Lì non si può assolutamente
costruire. Nemmeno dopo una bonifica lunghissima e
costosissima, perché se si scava troppo per le fondamenta si
potrebbero destabilizzare i precari equilibri del
sottosuolo, innescare nuove contaminazioni. Col via libero a
gru e cantieri il Comune di Falconara potrebbe cacciarsi in
un vicolo cieco rischiosissimo, pieno di sventure
giudiziarie». Parola di Nedo Biancani, grande esperto di
siti inquinati da petrolchimici, estensore della perizia
dell'inchiesta sulla “spiaggia dei veleni". I cui esiti
mettono un paletto a modi e fini del risanamento - né
bonifica in profondità, né quindi alberghi o villette in
riva al mare, solo pulizia superficiale e tanto verde - il
pm Lioniello li conosce bene. E sa anche, come Biancani, che
il decreto Ronchi, su mega-bonifiche come quella pro
riconversione turistica che ha in mente l'Ufficio Ambiente
del Comune, non scherza: i requisiti tabellari coi limiti
massimi di contaminazione residua consentita nel terreno,
per fini edificatori o artigianali, sono rigidissimi. E poi
c'è il vincolo della Soprintendenza: ora il vecchio
mega-capannone Montedison è un “bene di archeologia
industriale". Corpo Forestale, Noe e Procura, quindi,
controllerano, indagheranno anche in futuro per evitare
eventuali “pateracchi legati ad intenti speculativi", sempre
per citare parole di Biancani. Eh sì, perché sotto “lo
scatolone di sabbia" da ripulire brulicano vari interessi.
Leciti, fino a prova contraria. Perché a tutti piacerebbe
che si avverasse il sogno del “rospo velenoso" che baciato
dalla fata si trasforma in Principe Azzurro. Un Principe,
come spera il sindaco Carletti, capace in un futuro prossimo
di sventolare la bandiera blu “residenzial-balneare" proprio
sull'ex discarica industriale a cielo aperto. Basta che
sotto le sembianze della fata non si nasconda in realtà una
strega. Sono in molti (cittadini, ambientalisti, esperti) a
temere come Biancani che “interessi speculativi" prevalgano
su quelli della salute ambientale e pubblica. La società
“Agricola '92", che lo “scatolone di sabbia" l'ha acquistato
dalla “Rocca mare spa", che a sua volta l'ha strappato a
“Enimont Agricoltura" per appena un miliardo di lire,
farebbe il tifo per gru e cantieri sul lato mare. Lo fa il
Comune di Falconara, che ha festeggiato quando la Provincia
ha promosso il suo Prg, anche nei passaggi dedicati al sito
ex Montedison, un sito che le nuove norme urbanistiche
municipali destinano «ad area di espansione
turistico-commerciale». La Provincia si è “limitata a
limitare" nuove costruzioni nella zona a monte della
fabbrica. Ma ha dato il via libera a edificazioni (nella
misura delle imponenti volumetrie industriali già esistenti)
sul lato mare, condizionandole a una bonifica preventiva. Un
iter amministrativo - è la teoria espressa dal gruppo di
Forza Italia in Consiglio provinciale - che potrebbe essere
legato a «business di molte centinaia di miliardi di lire
cui la sinistra si è piegata», col sindaco Carletti accusato
di voler «nascondere oscure manovre politiche ed
economiche». Comune e Provincia, secondo una nota diffusa a
marzo da Cesaroni (Fi), mettono «cinicamente a rischio» la
salute dei cittadini, nell'avallare edificazioni nel suolo
inquinato dall'ex Montedison. Duramente contestate le due
licenze che il Comune di Falconara intende rilasciare a
breve.
L’ex assessore Cecchini:
«Vado all’opposizione»
Nel mirino riforma sanitaria
e Api
di CLAUDIA PASQUINI
ANCONA - Cristina Cecchini,
consigliere regionale ed ex assessore, minaccia di saltare
dal gruppo misto all’opposizione. Potrebbe cambiare idea
solo se la giunta D’Ambrosio rivedesse le sue posizioni
sulla raffineria Api e sulla sanità. Cosa cambierebbe in
consiglio regionale se Cecchini dovesse dare seguito alla
sua provocazione? Gli equilibri non si sposterebbero, visto
che attualmente sono 24 i consiglieri di maggioranza e 13
quelli di minoranza, ma il suo salto confermerebbe ancora
una volta, se ce ne fosse bisogno, i problemi interni alla
maggioranza. Il consigliere regionale ha affidato le sue
intenzioni ad una lettera che ha inviato a Pino Panaioli,
segretario provinciale di Rifondazione comunista, il partito
nelle cui liste era stata eletta e dal quale si era
autosospesa nel luglio 2002 a fronte delle indagini
provocate dalle dichiarazioni dell’ex segretario regionale
Andrea Ricci. «Caro segretario – si legge nella missiva - è
trascorso ormai un anno da quando a luglio 2002 ho
annunciato al Comitato politico provinciale che a fronte
delle indagini giudiziarie, era necessaria l’autosospensione.
A tutt’oggi non è stata ancora fissata l’udienza
preliminare, unica sede che può decidere se rinviarmi a
giudizio o archiviare i fatti contestati. Nel frattempo mi è
stato comunicato che la commissione regionale di garanzia
avrebbe proceduto al mio allontanamento dal partito. Non
intendo contestare la legittimità giuridica di tale azione
(non avendo la tessera 2003 è impossibile allontanarmi), ma
prendo atto che dopo tale comunicazione l’organismo
dirigente della federazione di Pesaro nulla ha eccepito.
Prendo altresì atto – prosegue la lettera della Cecchini -
che le scelte di fondo che sta portando avanti questo
partito, e più in generale la maggioranza regionale
contraddicono il programma elettorale che abbiamo proposto
ai cittadini». Il consigliere Cecchini si appella agli
impegni presi. «Avevamo detto “programma di dismissione
della raffineria Api" e stanno lavorando per rinnovare la
concessione per 20 anni, addirittura 5 anni prima della
scadenza – spiega - Avevamo detto “salvaguardia degli
ospedali minori" e hanno eliminato la chirurgia generale
dagli ospedali di polo. Ora c’è solo la chirurgia
programmata a 7 giorni a Novafeltria e Pergola, e a 5 giorni
a Cagli, e il day surgery a Fossombrone, e le urgenze sono
tutte indirizzate negli ospedali di rete. Avevamo detto “4
aziende sanitarie di ambito provinciale" e stanno sostenendo
“l’azienda regionale"». In assenza di un ripensamento nel
merito di queste scelte Cristina Cecchini annuncia di
vedersi costretta a fare una valutazione seria sul suo ruolo
nell’ambito della maggioranza regionale e sui modi
istituzionali e sulle forme politiche più adeguate a dare
continuità al suo impegno politico. «In questo senso –
conclude Cecchini - spero di poter condividere con te e con
i compagni della federazione di Pesaro obiettivi comuni».
|
|
RESTO DEL CARLINO |
«L'Api in città fino al 2020»
di Maria Gloria Frattagli
FALCONARA — «Credo che il rinnovo della concessione
alla raffineria Api sarà dato fino al 2020». L'assessore
regionale all'Ambiente, Marco Amagliani, è stato sintetico
ma efficace sulle intenzioni espresse dall'ente regionale
verso l'industria petrolifera. Ma il Comune di Falconara
risponde di petto: non firmerà il protocollo d'intesa alle
prescrizioni, almeno questo è quanto trapela dal gruppo di
tecnici dell'amministrazione comunale. Ieri si è dunque
tenuto l'ennesimo incontro del tavolo istituzionale tra
Regione, Provincia e Comune in via Gentile da Fabriano, un
altro summit per definire gli «ultimi dettagli» prima del
rinnovo. La decisione finale sarà però condita da robuste
prescrizioni che limiteranno fortemente l'attività dell'Api.
Le opinioni «E' stato un incontro proficuo — ha detto
Amagliani — e siamo vicini ad un punto di sintesi. La
proposta riguardante la serie di prescrizioni è abbastanza
condivisa da tutti e tre gli enti e io mi sento
moderatamente soddisfatto». A questo punto le carte sono
scoperte: si arriverà al rinnovo senza il «benestare» del
Comune? Oppure Regione e Provincia limeranno le prescrizioni
per accontetare anche l'amministrazione falconarese? Molti
gli interrogativi, ma intanto c'è chi è fiducioso: «Stiamo
procedendo — ha aggiunto il presidente della Provincia, Enzo
Giancarli — anche se nulla è definito e definitivo. Stiamo
percorrendo un doppio binario: quello delle prescrizioni e
del protocollo d'intesa. Per quanto riguarda quest'ultimo,
si tratta di un documento aggiuntivo che contiene degli
indirizzi volontari per garantire le priorità come la difesa
del suolo, dell'aria, dell'acqua tanto da prevedere anche
delle migliorie per la foce del fiume Esino». Il polo
energetico Per quanto riguarda ancora la parte prettamente
tecnica, ieri si è parlato della creazione di un polo
energetico ambientale che intende limitare l'attività di
raffinazione sviluppando al contrario una politica volta a
creare livelli energetici sempre più compatibili con
l'ambiente circostante. Questa mattina un gruppo di tecnici
si ritroverà di nuovo nel palazzo regionale per mettere a
punto le ultime strategie, dopodiché potrebbe seguire un
altro incontro istituzionale, quello definitivo che porterà
all'approvazione del grande progetto verso l'Api. Entro i
primi quindici giorni di questo mese, gli enti porteranno a
termine il capitolo più difficile della storia di Falconara
e l'Api rimarrà fino al 2020.
Non inquinarono il terreno durante i lavori per il
sottovia: tutti assolti
FALCONARA — Non solo non avevano contaminato loro quel
terreno. Ma con una serie di interventi erano anche riusciti
ad abbassare i livelli di inquinamento da idrocarburi. Sono
stati tutti assolti perché il fatto non sussiste i cinque
imputati del processo scaturito in seguito ai lavori
nell'estate del 2000 per costruire un sottovia ferroviario a
Villanova, in via Monte e Tognetti. La sentenza di
assoluzione è stata emessa ieri mattina dal giudice Mario
Vincenzo D'Aprile nei confronti di Domenico Di Marzio, 61
anni, di Chieti, responsabile della omonima ditta che seguì
i lavori per il sottovia; Roberto Di Marzio, 37 anni,
anch'egli di Chieti, direttore dei lavori; Tomasino
Salvatori, 56 anni, di Merano ma residente in Ancona,
direttore compartimentale infrastruttura delle Ferrovie;
Mario Esposito, 47 anni, di Ortona, anch'egli direttore dei
lavori; Stefano Morellina, 47 anni, ingegnere foggiano
residente ad Ancona, tecnico del progetto del sottovia. Il
pm Antonella Passalacqua aveva chiesto l'assoluzione
sostenendo che l'inquinamento era precedente ai quei lavori.
La difesa degli imputati, rappresentata dagli avvocati
Cinzia Molinaro, Marco Maria Brunetti, Lamberto Giusti e
Giuliano Milia, ha dimostrato che durante i lavori la terra
impegnata da idrocarburi è stata tolta e non immessa di
nuovo così come l'acqua inquinata che saliva dalla falda.
«Maggioranza addio»
ANCONA — Il consigliere regionale, ed ex assessore,
Cristina Cecchini è pronta ad uscire dalla maggioranza,
salvo ripensamenti della Giunta D'Ambrosio sulle scelte in
merito alla raffineria Api e alla sanità. È la stessa
Cecchini ad annunciarlo in una lettera a Pino Panaioli,
segretario provinciale di Rifondazione Comunista di Pesaro,
il partito nelle cui liste era stata eletta e da cui si era
autosospesa nel luglio 2002 a fronte delle indagini
giudiziarie provocate dalla dichiarazioni dell'ex segretario
regionale Andrea Ricci. «Prendo atto — scrive la Cecchini —
che le scelte di fondo che sta portando avanti questo
partito, e più in generale la maggioranza regionale,
contraddicono il programma elettorale che abbiamo proposto
ai cittadini. Avevamo detto "programma di dismissione della
raffineria Api", invece stanno lavorando per rinnovare la
concessione per 20 anni, addirittura 5 anni prima della
scadenza! Avevamo detto "salvaguardia degli ospedali
minori", invece hanno eliminato la chirurgia generale dagli
ospedali di polo, e ora c' è solo la chirurgia programmata a
7 giorni a Novafeltria e Pergola, e a 5 giorni a Cagli, e il
day surgery a Fossombrone, e le urgenze sono tutte
indirizzate negli ospedali di rete! Avevamo detto "quattro
aziende sanitarie di ambito provinciale", invece stanno
sostenendo "l' azienda regionale" che centralizza le scelte
ad Ancona!». L'ex assessore ricorda poi la scelta di
autosospendersi, sottolineando che «a tutt'oggi non è stata
ancora fissata l'udienza preliminare, unica sede che può
decidere se rinviarmi a giudizio o archiviare i fatti
contestati». Nel frattempo, il consigliere regionale ha
appreso che la commissione di garanzia avrebbe proceduto al
suo allontanamento. «Non intendo contestare la legittimità
giuridica di tale azione — osserva — (non avendo la tessera
2003 è impossibile allontanarmi!), ma prendo atto che dopo
tale comunicazione l'organismo dirigente della federazione
di Pesaro nulla ha eccepito». Non più tardi di un paio di
settimane fa, all'epoca della richiesta di rinvio a giudizio
da parte della procura di Ancona, la Cecchini (foto in alto)
si era resa protagonista di un duro attacco al presidente
della Regione, Vito D'Ambrosio (foto a lato), ex magistrato,
mettendo di fatto in relazione il proprio isolamento
politico con la vicenda in questione. Da allora il clima non
sembra essersi per nulla svelenito e la Cecchini è partita
all'attacco. Politicamente. Proprio mentre a sinistra il
tormentone-sanità comincia ad approfondire le spaccature
interne. |
|
CORRIERE ADRIATICO |
Concessione all'Api fino al 2020
Nella centrale di
cogenerazione sarà possibile utilizzare solo i residui
interni L'amministrazione comunale non commenta
L'accordo prevede diverse prescrizioni e un protocollo
d'intesa
di MARINA MINELLI
Sarà quasi certamente un rinnovo fino al 2020 quello che
la Regione concederà alla raffineria Api entro pochissimi
giorni a condizione che l'azienda "accetti le prescrizioni"
ed "un protocollo d'intesa" sul quale però, a quanto sembra,
il comune di Falconara non è del tutto d'accordo. Tanto è
vero che ieri mattina, le tre ore di riunione del tavolo
istituzionale fra Comune, Provincia di Ancona e Regione
Marche, rappresentata dal presidente Vito D'Ambrosio e
dall'assessore all'ambiente Marco Amagliani, sono finite
senza una decisione definitiva e, sembra, proprio con un no
deciso della delegazione falconarese, guidata per la prima
volta dal sindaco Giancarlo Carletti. Nessuna dichiarazione
ufficiale è arrivata dall'amministrazione comunale del
territorio su cui insiste la raffineria Api. Deciso è stato
anche il "no comment" del vice sindaco Antonio Graziosi,
degli assessori all'ambiente e al bilancio, Giancarlo
Scortichini e Roberto Pesaresi e del dirigente
dell'urbanistica Furio Durpetti. Il nodo da sciogliere è
proprio il protocollo d'intesa, ovvero un documento
sottoscritto da tutte le parti in causa nel quale dovrebbero
essere definite tutte le questioni e le indicazioni non
specificatamente contenute nelle prescrizioni di carattere
tecnico ed ambientale. Di tutt'altro tono le dichiarazioni
di Amagliani e Giancarli sull'esito dell'ennesima riunione
convocata per definire non più la permanenza o la
dismissione dell'impianto, ma i termini per il rinnovo della
concessione. "Sono moderatamente soddisfatto - ha fatto
sapere Amagliani secondo cui il clima della riunione è stato
buono - la proposta delle prescrizioni è abbastanza
condivisa ed il confronto è stato proficuo, quindi siamo
vicini ad un punto di sintesi che dovrebbe essere
concretizzato in breve". Fondamentale, per l'assessore
all'ambiente che la discussione sia stata centrata sul
problema della creazione di "un polo energetico ambientale,
sempre meno riferito ai procedimenti di raffinazione con uno
sviluppo, quindi, di una maggiore compatibilità ambientale".
Fra le prescrizioni, infatti, c'è quella "decisiva" secondo
Amagliani, che impone l'utilizzo all'interno della centrale
di cogenerazione dei soli residui interni ed evita così che
su Falconara possano venir convogliati gli scarti di
lavorazione di altre raffinerie. "C'era il rischio di
diventare una pattumiera, una discarica - ha osservato
l'assessore all'ambiente - per non parlare poi del pericolo
legato al trasporto via mare di questi prodotti". Fra le
condizioni a cui la Regione ha intenzione di vincolare il
rinnovo della concessione anche una "compressione
urbanistica", in pratica lo spostamento dai confini di
almeno cinque serbatoi, nel rispetto delle indicazioni del
Ctr e del Ctu del Tar, la richiesta di "liberare quanto più
possibile la foce dell'Esino, fermo restando che
propedeutica alla riconversione è poi la bonifica ed il
ritiro di tutti i contenziosi legali in corso con gli enti
locali". Valutazioni positive dell'incontro sono arrivate da
parte del presidente della Provincia di Ancona, Enzo
Giancarli, il quale ha constatato una "volontà di procedere
insieme sulla linea dello sviluppo compatibile, della
sicurezza e della tutela ambientale. Entro la metà del mese
ci sarà una dichiarazione d'intenti - ha assicurato
Giancarli - ma ho comunque intenzione di portare la
questione in consiglio provinciale per una verifica".
"Campione troppo piccolo per essere rappresentativo"
Sansò critica il sondaggio della Cecchini
Troppo piccolo per essere significativo il campione del
sondaggio commissionato a Datamedia dal consigliere
regionale Cristina Cecchini., sui rapporti tra la città di
Falconara e la raffineria dell'Api. Lo afferma in una nota
Giancarlo Sansò dell'Udeur. "Il campione di 400 persone -
secondo Sansò - si traduce in una percentuale pari
all'1,379% della popolazione. Su questi dati si possono
veramente prendere delle decisioni ultime per l'avvenire di
un comprensorio? Si può formulare una obiettiva soluzione
per rimodellare un'economia locale, una economia regionale e
la richiesta energetica del Centro Italia?". Sansò inoltre
critica l'ipotesi della riconversione della raffineria e
dell'economia locale. "Analizzato il tutto - afferma - forse
basteranno 30-35 anni per riconvertire l'area, fermo
restando che nel frattempo si saranno persi 2 mila posti di
lavoro, compreso l'indotto, miliardi di euro per mancato
gettito fiscali, miliardi di euro in energia". Se si vuole
ancora "insistere sul tema della delocalizzazione - conclude
Sansò - significa che si è certi di avere nel cassetto la
soluzione ottimale capace di rispondere alle necessità
complessive che tale allontanamento comporterebbe,
altrimenti per il bene comune è meglio che si taccia".
Sottopasso, tutti assolti
Terreno inquinato da idrocarburi durante i lavori a
Villanova
Tra gli imputati anche un direttore delle ferrovie
Nessun colpevole per il sottopasso inquinante di
Villanova. I cinque imputati, tra i quali figurava anche il
direttore compartimentale delle Ferrovie, sono state assolti
in tribunale dall'accusa di aver disperso terreno inquinato
da idrocarburi nelle acque sottostanti durante i lavori per
la costruzione di un sottopassaggio ferroviario. Il giudice
Mario Vincenzo D'Aprile ha emesso un verdetto con formula
piena, mentre il pm Antonella Passalacqua aveva invece
cinque assoluzioni con la formula prevista dal codice quando
è incerta la prova di colpevolezza. A giudizio c'erano
Domenico e Roberto Di Marzio (72 e 35 anni, legale
responsabile e direttore dei lavori della ditta di Chieti
appaltatrice dei lavori), Tomasino Salvatori, 56 anni,
direttore compartimentale infrastruttura delle Fs, Stefano
Morellina, 47 anni, progettista del tunnel, e Mario
Esposito, 47 anni, direttore dei lavori. I lavori di
escavazione e asportazione di terreno per ricavare il
sottopasso cominciarono nell'agosto 2000. In quella
circostanza, secondo il capo d'imputazione, imprenditori e
tecnici avrebbero contribuito a vario titolo all'immissione
di terreno già contaminato da idrocarburi aromatici
procurando un pericolo concreto di inquinamento. Dopo che il
Comitato residenti di Villanova segnalò il caso alle forze
di polizia, il Comune effettuò dei prelievi e poi
intervennero i carabinieri del Noe sequestrando il cantiere
del sottopasso. L'inchiesta dell'ex pm di Ancona Marco Mansi
si chiuse con una citazione diretta in giudizio. Ovviamente
agli imputati - difesi dagli avvocati Giuliano Milia (per Di
Marzio), Lamberto Giusti (Esposito), Marco Maria Brunetti (Morellina)
e studio Mario Scaloni (Salvatori) - non veniva comunque
contestata la presenza del carburante e dei residui chimici,
forse dovuta ad un'area di stoccaggio ricavata nella zona
durante la seconda guerra mondiale. "In ogni caso - ha fatto
notare l'avvocato Cinzia Molinaro dello studio Scaloni -
quando sono arrivati i carabinieri si stavano già osservando
le prescrizioni disposte da un'ordinanza del sindaco". Le
parti civili, il comitato di Villanova e alcuni residenti in
proprio, avevano chiesto un risarcimento di diecimila euro.
"Lascio la maggioranza" Cecchini minaccia lo strappo
ANCONA - Il consigliere regionale, ed ex assessore,
Cristina Cecchini è pronta ad uscire dalla maggioranza,
salvo ripensamenti della giunta D'Ambrosio sulle scelte in
merito alla raffineria Api e alla sanità. E' la stessa
Cecchini ad annunciarlo in una lettera a Pino Panaioli,
segretario provinciale di Rc di Pesaro, il partito nelle cui
liste era stata eletta e da cui si era autosospesa nel
luglio 2002. "Prendo atto - scrive Cecchini - che le scelte
di fondo che sta portando avanti questo partito, e più in
generale la maggioranza regionale, contraddicono il
programma elettorale che abbiamo proposto ai cittadini.
Avevamo detto programma di dismissione della raffineria Api
- aggiunge - stanno lavorando per rinnovare la concessione
per 20 anni, addirittura 5 anni prima della scadenza!
Avevamo detto "salvaguardia degli ospedali minori", hanno
eliminato la chirurgia generale dagli ospedali di polo, e
ora c' è solo la chirurgia programmata a 7 giorni a
Novafeltria e Pergola, e a 5 giorni a Cagli, e il day
surgery a Fossombrone, e le urgenze sono tutte indirizzate
negli ospedali di rete! Avevamo detto "4 aziende sanitarie
di ambito provinciale", stanno sostenendo "l'azienda
regionale" che centralizza le scelte ad Ancona!". Cecchini
ricorda poi la scelta autosospendersi, sottolineando che "a
tutt' oggi non è stata ancora fissata l'udienza preliminare,
unica sede che può decidere se rinviarmi a giudizio o
archiviare i fatti contestati". Nel frattempo, il
consigliere ha appreso la commissione di garanzia avrebbe
proceduto al suo allontanamento. "Non intendo contestare la
legittimità giuridica di tale azione - osserva - ma prendo
atto che dopo tale comunicazione l'organismo dirigente della
federazione di Pesaro nulla ha eccepito".
|
|
IL GAZZETTINO |
Ambiente, patrimonio collettivo
I commenti alle motivazioni della sentenza per la fuga di
ammoniaca del 1999
di N.B.
"Un ambiente non più da consumare, ma piuttosto da
rispettare proprio perché patrimonio collettivo. Un esempio
di diritto vivente, che tiene conto della mutata sensibilità
dell'opinione pubblica rispetto al valore di aria, acqua,
terra, cioè della natura che ci circonda". Così il
presidente della Camera Penale di Venezia, avvocato Eugenio
Vassallo, commenta la filosofia che sta alla base delle
motivazioni della sentenza di condanna degli imputati
Enichem, a firma del giudice per le indagini preliminari del
tribunale di Venezia Roberta Marchiori. Dopo la pronuncia
avvenuta il 19 luglio scorso, al termine di un rito
abbreviato, le motivazioni scritte della sentenza sono state
depositate e testimoniano l'apertura di un nuovo fronte
della giurisprudenza ambientale a livello nazionale. Una
vittoria per la pubblica accusa sostenuta in aula dal pm
Felice Casson e per gli avvocati di parte civile. "La vera
novità - prosegue l'avvocato Vassallo, che nel processo ha
rappresentato Comune di Venezia e Regione costituitisi parte
civile - è che questa volta il risarcimento del danno
ambientale, di cui normalmente è riconosciuto titolare solo
lo Stato, è stato liquidato anche agli enti locali. Si
tratta di una novità della giurisprudenza italiana e ciò
funge da ulteriore deterrente per tutti coloro che pensano
di poter utilizzare l'ambiente a proprio uso e consumo". La
sentenza pone al centro un incidente occorso al
Petrolchimico di Porto Marghera il 4 maggio del 1999: allora
dal reparto Ac1 uscirono circa tre tonnellate di ammoniaca e
segnalazioni dell'emissione arrivarono ai vigili del fuoco
anche dagli abitanti di Malcontenta. La sentenza del gip
Marchiori arriva dopo una precedente sentenza di condanna, a
firma dell'allora giudice monocratico Francesco Spaccasassi,
per un'altra fuga di ammoniaca. "La differenza con la
sentenza del giudice Spaccasassi - spiega l'avvocato Marco
Giacomini, che con il collega Ettore Santin, ha coadiuvato
l'avvocato Adelchi Chinaglia, parte civile per la Provincia
di Venezia - è che proprio che in questo caso agli enti
locali, cioè le istituzioni più vicine ai cittadini, è
riconosciuta una titolarità parallela a quella classica
dello Stato. Un principio che rispecchia anche le recenti
modifiche alla Costituzione che conferiscono agli enti
locali un ruolo sempre più fondamentale". "Inoltre -
sottolinea l'avvocato Santin - è stata riconosciuta la
lesione all'immagine e al prestigio degli enti locali
proprio a seguito dell'incidente, visto che la pubblica
amministrazione è responsabile della gestione del bene
ambiente". La condanna al risarcimento dei danni è stata
dichiarata immediatamente esecutiva e compete in 100mila
euro a ciascuno dei tre enti locali, 52mila euro
all'associazione Medicina Democratica e 290mila euro allo
Stato. "Una delle prime sentenze in Italia - conferma anche
l'avvocato dello Stato Giampaolo Schiesaro - che liquida
questa quantità di denaro e con questi criteri. Un segnale
giudiziario forte che sancisce che là dove vi è una ipotesi
di disastro ambientale, la giustizia fa il suo corso".
|
|
LA SICILIA |
La costa sciclitana è a
rischio catrame
di Giorgio Liuzzo
Scicli. E' una falcidie.
Lenta, ma inarrestabile. Un distillato di atti gravi che
rischiano di mettere definitivamente a repentaglio il nostro
habitat marino. E non si può neppure affermare di averci
fatto il callo. A scempi del genere non ci si potrà mai
abituare. Il cattivo vezzo di sversare prodotti
combustibili, preferibilmente petrolio, nelle acque
antistanti la costa iblea continua a manifestarsi in tutta
la sua gravità. E' vero, rispetto al passato saranno pur
minori gli episodi che hanno reso inconsapevoli protagonisti
le nostre spiagge, «vittime» di un sistema barbaro di
smaltimento dei rifiuti liquidi all'interno delle navi che
transitano nel canale di Sicilia, a parecchie miglia,
dunque, dal litorale della provincia di Ragusa. Ma ciò non
toglie che le difficoltà persistano ed assieme ad esse anche
il disagio ambientale legato alla presenza di sostanze
altamente inquinanti che mettono a repentaglio i cicli
biologici della flora e della fauna marina. L'ultimo grave
episodio riguarda le spiagge di Cava d'Aliga e Bruca,
frazioni rivierasche di Scicli. La presenza di prodotto
spiaggiato non lascia adito a dubbi di sorta. Una petroliera
di passaggio avrà vomitato all'esterno i suoi resti,
noncurante dell'ambiente circostante. Il liquido vischioso,
nerastro, assolutamente riconoscibile perché più denso
dell'acqua, ha proceduto, trascinato dalla corrente, per
alcune miglia, sino a giungere sulla terraferma. Qui,
subito, è scattato l'allarme dei residenti che hanno
inoltrato le segnalazioni alle autorità competenti, la
Capitaneria di porto di Pozzallo su tutte. Altro incidente
simile si era registrato l'anno scorso, a più riprese,
sempre in prossimità delle coste dello Sciclitano. Ma in
quel caso, ad essere prese maggiormente di mira, erano state
le spiagge antistanti la frazione balneare di Playa Grande.
Un altro «caso» che ha creato non poche apprensioni, poi, è
quello che si era verificato nella primavera del 2002 in
prossimità di Scoglitti. Anche in tale occasione, segni
inequivocabili della presenza antropica stavano per causare
l'irreparabile. Per fortuna, la sostanza oleosa era
relativamente estesa per cui, grazie all'ausilio di appositi
panni assorbenti, è stato possibile risucchiarla quasi
completamente, limitando al minimo indispensabile i danni.
Il problema, però, è che episodi del genere si verificano
con drammatica puntualità. Ma come ci si può difendere? Le
autorità marittime spiegano che alcuni strumenti ci sono:
tra questi il pattugliamento delle motovedette così come
quello effettuato dai mezzi aerei del corpo; esistono, poi,
dei controlli che si effettuano direttamente a bordo delle
navi che sostano nelle aree portuali, attraverso una
verifica della sostanza combustibile consumata rispetto al
tragitto compiuto. Il vero problema, però, è costituito dai
limiti effettivi dei controlli che la Capitaneria può
esercitare. Le autorità possono agir ovviamente al limite
delle nostre acque territoriali, vale a dire nell'ambito di
dodici miglia dalla costa. Le petroliere, però, possono
transitare sino a 30 miglia; quindi, se effettuano il
lavaggio delle stive a quella distanza, diventa un terno al
lotto individuarle.
Oggi e domani la visita
ufficiale della commissione parlamentare
di Pino Guastella
Siracusa. Il procuratore capo
Roberto Campisi ed il sostituto procuratore Maurizio Musco
si recheranno questa mattina presso il Palazzo del Governo
per incontrare i componenti della Commissione parlamentare
che tra oggi e domani faranno tappa a Siracusa e Priolo per
raccogliere tutte le informazioni possibili sul ciclo dei
rifiuti nella zona industriale. I due magistrati, titolari
dell'inchiesta sui rifiuti tossici prodotti dallo
stabilimento di Priolo dell'ex Enichem e Polimeri Europa,
nel corso dell'audizione, faranno il punto sulle indagini e,
pur se vincolati al rispetto del segreto istruttorio,
accenneranno anche ai nuovi passi intrapresi nei confronti
dei dirigenti che, dopo l'assunzione delle prime prove a
carico, erano stati già colpiti dalla misura coercitiva
della custodia in carcere. Rispetto alla fase iniziale delle
indagini, infatti, gli inquirenti hanno acquisito degli
elementi probatori a carico dei tre ex massimi dirigenti
dello stabilimento di Priolo e di alcuni coindagati che
rivestivano incarichi di responsabilità presso l'impianto
cloro-soda, dove appunto avveniva la miscelazione illegale
dei fanghi prodotti. Gran parte del merito dell'acquisizione
degli elementi probatori a carico degli indagati sarebbe da
attribuire ai consulenti ed ai legali di Enichem e Polimeri
Europa, i cui massimi amministratori avrebbero preso le
distanze dagli ex direttori e dai funzionari coinvolti
nell'inchiesta. La produzione di molti documenti
compromettenti, ritrovati dai «segugi» sguinzagliati dagli
amministratori di Enichem e Polimeri Europa presso i bagni
annessi agli uffici dei tre ex dirigenti dello stabilimento
di Priolo, ha indotto i due titolari dell'inchiesta sul
traffico dei rifiuti tossici a contestare nuove e più gravi
fattispecie delittuose sia ai direttori che ad alcuni
funzionari dell'impianto cloro-soda. Il quesito cui dovranno
dare una risposta nelle prossime settimane i due magistrati
riguarda però la posizione degli amministratori della sede
di San Donato Milanese. Pur prendendo atto della loro
fattiva collaborazione all'indagine, i magistrati della
Procura vogliono capire se erano completamente all'oscuro
dell'illecito traffico dei rifiuti tossici o se, viceversa,
abbiano omesso di esercitare l'attività di controllo nei
confronti dei dirigenti dello stabilimento di Priolo.
L'occasione dell'incontro con la Commissione parlamentare
verrà sfruttata dai due magistrati per rappresentare
l'allarmante situazione dell'inquinamento marino e delle
falde acquifere di Priolo, sia per lo scarico a mare di
ingenti quantitativi di mercurio sia per la fuoriuscita di
benzina dai fatiscenti serbatoi dell'ex raffineria Agip
Petroli. Il procuratore capo Campisi illustrerà ai
commissari i risultati sin qui conseguiti dall'inchiesta
tesa ad accertare le cause delle malformazioni neonatali in
provincia di Siracusa, mentre il suo sostituto, Musco,
riferirà gli allarmanti dati sulla presenza di benzene nella
parte più profonda del sottosuolo priolese delle falde
acquifere. Ai commissari il magistrato, che ha già iscritto
due nominativi nel registro degli indagati per la
fuoriuscita di benzina dai serbatoi dell'ex raffineria Agip
Petroli, manifesterà le proprie perplessità sulla potabilità
dell'acqua che sgorga dai rubinetti delle abitazioni di
Priolo. «Il sindaco Toppi, sulla base dei risultati in suo
possesso, diffonde notizie rassicuranti attraverso le quali
invoglia i priolesi a consumare l'acqua fornita dalla
condotta comunale. Io, però, mi permetto fare un esempio
banale, ed è quello del bicchiere che per tre quarti è pieno
d'acqua potabile e in superficie di benzene. Con questo
voglio dimostrare che in fondo al pozzo che fornisce
l'acquedotto comunale l'acqua è pulita, ma in superficie è
inquinata». |
|
|