MESSAGGERO |
Secondo esercizio negativo
per l’Api, pesano gli investimenti per la sicurezza
Chiude con una perdita di
circa 600.000 euro il bilancio 2002 di Api Raffineria di
Ancona spa, esaminato dal consiglio di amministrazione che
lo sottoporrà all’approvazione dell’assemblea convocata per
il prossimo 18 giugno. Lo riferisce una nota della stessa
azienda che analizza la situazione economica: «Il conto
economico - si precisa tra l’altro - evidenzia un fatturato
di 162,6 milioni, in leggera crescita rispetto ai 157
milioni di euro del 2001, a cui corrispondono costi di
produzione per circa 163 milioni di euro contro i 154
milioni di euro dell’esercizio precedente. La differenza tra
valore della produzione e costi mel 2002 è negativa per
circa 150 mila euro. Dopo molti anni di bilancio chiuso in
attivo - ppuntualizza ancora la nota dell’azienda - il 2002
è il secondo esercizio consecutivo con il bilancio in
perdita per Api Raffineria, dopo la perdita di 919.000 euro
registrata nel 2001, a causa sia della congiuntura negativa
che ha interessato il settore dellal raffinazione dopo
l’evento dell’11 settembre 2001 sia delle ingenti spese di
esercizio resesi necessarie per le pressanti richieste di
miglioramento ambientale da parte delle autorità locali.
Nonostante ciò l’azienda - si sottolinea nella nota - ha
proseguito il rilevante programma poliennale di
investimenti, con una quota di investimenti realizzati nel
2002 di circa 30 milioni di euro. Di questi, le sole risorse
destinate agli investimenti in sicurezza e ambiente hanno
contribuito ad incrementare di un terzo l’indebitamento
medio della società». «La chiusura del secondo esercizio
consecutivo in perdita - osserva il presidente di Api
Raffineria, Aldo Brachetti Peretti - è un fatto che non
possiamo sottovalutare, anche se l’entità del risultato
negativo non è per il momento preoccupante. Nel corso del
2002 abbiamo realizzato una serie di interventi straordinari
per migliorare l’affidabilità dell’impianto, col risultato
di aver ulteriormente ridotto l’impatto ambientale e
aumentato gli indici di sicurezza oltre i limiti imposti
dalla legge. Gli investimenti volontari previsti dal
business plan non si fermeranno, ma non si può non
sottolineare - ha aggiunto Brachetti Peretti - che gli
investimenti sono stati avviati in un contesto di certezza
normativa sulla durata ventennale della concessione, la cui
messa in discussione nell’ultimo anno ha viceversa
rappresentato un rischio notevole per l’attuazione del piano
stesso. L’azienda dovrà pertanto rinviare la valutazione di
nuovi investimenti; non potrà inoltre accettare oneri
aggiuntivi per prescrizioni non previste da accordi
volontari e dalla legge. Il rischio, altrimenti - conclude
Brachetti Peretti - è di sottrarre risorse preziose per la
competitività dell’azienda, con conseguente ulteriore
perdita di redditività e quote di mercato e con riflessi
negativi sul tessuto produttivo del territorio». Un’analisi
fredda, chiara, che lascia ben poco spazio all’immaginazione
e che riprende i temi già svolti in occasione del primo
bilancio in negativo, quello del 2001. L’Api non si tira
indietro, l’operazione-sicurezza proseguirà anche in termini
di investimenti onerosi, ma la conditio sine qua non resta
la possibilità di programmare a luna scadenza lo sviluppo
altrimenti i conti fatalmente non tornerebbero con l’azienda
che, persa competitività sul mercato, potrebbe prendere in
considerazione tentazioni di smantellamento. Di recente,
davanti all’auditorio del suo partito, l’assessore regionale
all’Ambiente, Marco Amagliani, aveva parlato di rinnovo
della concessione al 2020 salve rigide prescrizioni.
Bisognerà vedere quanto rigide e forse, ricalcolare anche il
termine della scadenza perché le prospettive di sviluppo
siano compatibili col recupero di un trend positivo.
Elettricità, Italia a
rischio di black out
Il Gestore della rete di
trasmissione rinnova l’allarme: bisogna costruire nuove
centrali e linee elettriche. Investimenti per 1,1 miliardi
Crescono i consumi (+ 1,8%),
siamo costretti ad importare di più ma la rete è satura
di BARBARA CORRAO
ROMA — Italia a rischio di
black out. Rinnova il suo allarme il Gestore della rete di
trasmissione nazionale (Grtn) e per il secondo anno
consecutivo mette in guardia sui rischi che corre il nostro
Paese, assetato di energia e costretto ad importarla perché
non ne produce abbastanza per soddisfare la richiesta che è
in crescita costante. La situazione, rileva il Gestore della
rete è caratterizzata inoltre dalle tariffe elettriche più
alte d’Europa e la liberalizzazione, che pure nel nostro
Paese è più avanzata che altrove, non è riuscita ad
attenuare questa differenza. Insomma è un quadro più di
ombre che di luci quello che emerge dal rapporto presentato
ieri da Salvatore Machì e Pier Luigi Parcu, rispettivamente
presidente e amministratore delegato del Gestore della rete.
Tanto per cominciare, la situazione è peggiorata nel 2002
rispetto al 2001 che già aveva destato un certo allarme. I
dati sono chiari: lo scorso anno la richiesta di energia
elettrica ha superato i 310 miliardi di chilowattora, in
crescita dell’1,8 per cento rispetto all’anno precedente.
L’83,4% è stato soddisfatto con la produzione nazionale
(salita dell’1,6%) e per il 16,6% con energia importata. Le
importazioni sono arrivate a 51,5 miliardi di chilowattora
con una crescita del 5,3% rispetto al 2001. «Si tratta di un
nuovo massimo storico — ha rilevato Parcu — che conferma la
posizione dell’Italia come il principale paese importatore
europeo». Ma quel che più conta, in inverno «si è registrato
un nuovo massimo storico in dicembre con una punta di 52.590
megawatt (+1,2%, in aggiunta al +6% del 2001). E in estate,
a giugno, la potenza richiesta sulla rete nazionale ha
toccato il valore di 50.974 megawatt (+4,8%). «Ciò conferma
la tendenza — ha sottolineato Machì — a un progressivo
allineamento della domanda estiva a quella invernale».
«All’incremento di fabbisogno — segnala allarmato il Gestore
— malauguratamente non ha fatto riscontro l’aumento della
capacità di nuova realizzazione». E ci vorranno ancora
alcuni anni prima che l’ammodernamento del parco centrali
italiano dia i suoi frutti. «Tutto ciò — è la conclusione
del Grtn — può aumentare i rischi per la sicurezza del
sistema elettrico, in ragione della scarsa capacità di
generazione disponibile». Ecco la prova: nel corso del 2002
il Gestore «si è trovato per più di 200 ore nella situazione
di non avere una riserva operativa adeguata e ha dovuto fare
frequente ricorso alle utenze interrompibili,
all’utilizzazione di turbogas e al soccorso dall’estero. Si
tratta di segnali preoccupanti — ha afferma to Machì — sullo
stato attuale del nostro sistema elettrico». L’Italia è
dunque al collasso? Il Grtn chiarisce che il rischio di un
black out nazionale non è imminente ma diventa sempre più
difficile assicurare il fabbisogno nei momenti di punta
della domanda. Machì e Parcu sollecitano l’approvazione del
ddl Marzano in Parlamento e chiedono un provvedimento
“sblocca linee" «per assicurare al Paese un adeguato
sviluppo della rete di trasmissione». In ballo ci sono
investimenti per 1,1 miliardi. L’amministratore delegato
dell’Enel ascolta e sceglie la prudenza. «Non credo che
esista una vero rischio di black out — ha affermato — ma la
situazione va tenuta sotto controllo: i margini di manovra
non sono tanto alti». D’accordo con Machì si è detto invece
Giuseppe Prezioso, vice presidente di Confindustria, che ha
confermato la necessità di nuove infrastrutture di rete e ha
rilanciato l’allarme sulla devolution dell’energia,
sollecitando anche la partenza della Borsa elettrica. Anche
il presidente dell’Authority per l’Energia, Pippo Ranci, ha
insistito sul fatto che ci sono ancora «elementi di forte
preoccupazione e il timore per la carenza delle riserve».
Infine il ministro Marzano ha sottolineato che l’energia è
un terreno «bipartisan e l’opposizione dovrebbe agevolare
l’iter delle iniziative legislative di interesse nazionale».
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RESTO DEL CARLINO |
Api in rosso, stop a nuovi
interventi ambientali
ANCONA — Chiude per il
secondo anno consecutivo con una perdita di circa 600.000
euro il bilancio 2002 di Api Raffineria di Ancona spa, che
verrà sottoposto all'assemblea convocata per il prossimo 18
giugno. Il conto economico evidenzia un fatturato di 162,6
milioni, in leggera crescita rispetto ai 157 milioni di euro
del 2001, a cui corrispondono costi di produzione per circa
163 milioni di euro contro i 154 milioni di euro dell'
esercizio precedente. Dopo molti anni di bilancio chiuso in
attivo, il 2002 è il secondo esercizio consecutivo con il
bilancio in perdita, dopo la perdita di 919.000 euro
registrata nel 2001, a causa sia della congiuntura negativa
che ha interessato il settore della raffinazione dopo l'11
settembre 2001 sia delle «ingenti spese di esercizio resesi
necessarie — si legge in una nota — per le pressanti
richieste di miglioramento ambientale da parte delle
autorità locali». Nonostante ciò, l'azienda ha proseguito il
rilevante programma poliennale di investimenti, con una
quota di circa 30 milioni di euro nel 2002. Di questi, le
sole risorse destinate agli investimenti in sicurezza e
ambiente hanno contribuito ad incrementare di un terzo
l'indebitamento medio della società. Gli investimenti
volontari del businness plan dell'Api per il miglioramento
degli impianti, per la riduzione dell'impatto ambientale e
per la sicurezza «non si fermeranno», ma la messa in
discussione del rinnovo della concessione ventennale fa sì
che «la valutazione di nuovi investimenti dovrà essere
rinviata». Lo annuncia — nella stessa nota — il presidente
Aldo Brachetti Peretti. Nel commentare i risultati del
bilancio 2002 , Brachetti-Peretti rileva fra l'altro che
«gli investimenti volontari sono stati avviati in un
contesto di certezza normativa sulla durata ventennale della
concessione, la cui messa in discussione nell'ultimo anno ha
viceversa rappresentato un rischio notevole per l'attuazione
del piano». «L'azienda — prosegue — non potrà accettare
oneri aggiuntivi per prescrizioni non previste da accordi
volontari e dalla legge. Il rischio, altrimenti, è di
sottrarre risorse preziose per la competitività, con
conseguente ulteriore perdita di redditività e quote di
mercato». «La chiusura del secondo esercizio consecutivo in
perdita — commenta ancora il presidente della raffineria — è
un fatto che non possiamo sottovalutare, anche se l' entità
del risultato negativo non è per il momento eccessivamente
preoccupante. Nel corso del 2002 abbiamo realizzato una
serie di interventi straordinari che hanno ridotto l'impatto
ambientale e aumentato gli indici di sicurezza oltre i
limiti imposti dalla legge». Il messaggio al comune di
Falconara è chiaro e forte. |
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CORRIERE ADRIATICO |
Api, l'indecisione riduce gli
investimenti
"Gli oneri aggiuntivi per le
prescrizioni sono inaccettabili" E il bilancio 2002 chiude
con un passivo di 600.000 euro
Brachetti Peretti: "Senza
certezze sulla concessione è un rischio"
Gli investimenti volontari
del businness plan dell'Api per il miglioramento degli
impianti, per la riduzione dell'impatto ambientale e per la
sicurezza "non si fermeranno", ma la messa in discussione
del rinnovo della concessione ventennale fa sì che "la
valutazione di nuovi investimenti dovrà essere rinviata". Lo
annuncia - in una nota il presidente della raffineria Aldo
Brachetti Peretti. Brachetti Peretti commenta i risultati
del bilancio 2002 (chiusosi con una perdita di 600.000 euro)
e rileva fra l'altro che "gli investimenti volontari sono
stati avviati in un contesto di certezza normativa sulla
durata ventennale della concessione, la cui messa in
discussione nell' ultimo anno ha viceversa rappresentato un
rischio notevole per l'attuazione del piano stesso". "L'
azienda - prosegue - non potrà inoltre accettare oneri
aggiuntivi". Il presidente fa riferimento a quelli necessari
"per prescrizioni non previste da accordi volontari e dalla
legge. Il rischio, altrimenti, è di sottrarre risorse
preziose per la competitività, con conseguente ulteriore
perdita di redditività e quote di mercato". "La chiusura del
secondo esercizio consecutivo in perdita - commenta ancora
il presidente della raffineria Api Aldo Brachetti Peretti
nella nota diffusa ieri a commento del bilancio - è un fatto
che non possiamo sottovalutare, anche se l'entità del
risultato negativo non è per il momento eccessivamente
preoccupante. Nel corso del 2002 abbiamo realizzato una
serie di interventi straordinari per migliorare
l'affidabilità dell'impianto, con il risultato di aver
ulteriormente ridotto l'impatto ambientale e aumentato gli
indici di sicurezza oltre i limiti imposti dalla legge". La
decisione della Regione Marche sul rinnovo della concessione
alla raffineria di Falconara dovrebbe arrivare nel prossimo
mese di giugno. Contro il rinnovo per altri venti anni della
concessione sono schierati i Verdi in contrapposizione
all'orientamento della maggioranza in Regione di cui fanno
parte, il Comune di Falconara e i comitati cittadini. Ma
veniamo al bilancio dell'Api reso noto ieri dall'azienda.
Chiude per il secondo anno consecutivo con una perdita di
circa 600.000 euro il 2002 di Api Raffineria di Ancona spa,
che verrà sottoposto all' assemblea convocata per il
prossimo 18 giugno. Il conto economico evidenzia un
fatturato di 162,6 milioni, in leggera crescita rispetto ai
157 milioni di euro del 2001, a cui corrispondono costi di
produzione per circa 163 milioni di euro contro i 154
milioni di euro dell'esercizio precedente. La differenza tra
valore della produzione e costi nel 2002 è negativa -
riferisce il comunicato dell'azienda - per circa 150 mila
euro. Sommando le altre voci di bilancio, si arriva a una
perdita complessiva di 598.611 euro. Dopo molti anni di
bilancio chiuso in attivo, il 2002 è il secondo esercizio
consecutivo con il bilancio in perdita per Api Raffineria,
dopo la perdita di 919.000 euro registrata nel 2001, a causa
sia della congiuntura negativa che ha interessato il settore
della raffinazione dopo l'11 settembre 2001 sia delle
"ingenti spese di esercizio "resesi necessarie - si legge -
per le pressanti richieste di miglioramento ambientale da
parte delle autorità locali". Nonostante ciò, l'azienda ha
proseguito il rilevante programma poliennale di
investimenti, con una quota di circa 30 milioni di euro nel
2002. Di questi, sostiene la nota dell'azienda, le sole
risorse destinate agli investimenti in sicurezza e ambiente
hanno contribuito ad incrementare di un terzo
l'indebitamento medio della società. |
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LA SICILIA |
Nuovo ciclo di controlli
In azione il mezzo mobile di
monitoraggio dell'Arpa
di Paolo Mangiafico
PRIOLO. Ieri l'altro, 27
maggio, è iniziato il monitoraggio periodico degli
inquinanti organici ed inorganici. Questo monitoraggio
ambientale fa parte della scheda I2-6/C, inserita nel Piano
di risanamento ambientale, e verrà gestita dal responsabile
di settore dell'Arpa (Agenzia regionale protezione ambiente)
di Siracusa Carmelo Burgio, collaborato, per la parte
strumentistica dai chimici Liali e Valastro, sempre
dell'Arpa. L'indagine sugli inquinanti organici ed
inorganici è iniziata con dei rilevamenti su Siracusa.
Quindi il cronoprogramma comprende rilevamenti che
riguarderanno i Comuni di Melilli, Augusta, Priolo,
Floridia, Solarino, Noto, Lentini ed il sito rurale, per
concludersi l'1 ottobre 2003. Ogni rilevamento comunale
durerà 14 giorni, mentre quello rurale sarà di 7 giorni, per
un totale di 119 giorni, durante i quali verranno eseguiti
campionamenti utilizzando prelevatori ad alto volume ed
analisi di Idrocarburi policiclici aromatici (Ipa), con
particolare riferimento al benzo(a)pirene. Per eseguire il
monitoraggio verrà impiegato un mezzo mobile, mentre le
analisi su campioni verranno effettuati con la nuova e
sofisticata apparecchiatura che è stata donata all'Arpa dal
Comune di Melilli. Contestualmente alle misure eseguite in
continuo, verranno effettuati anche campionamenti e
conseguente determinazione gravimetrica, del particolato
inalabile delle polveri PM-10, con caratterizzazione anche
dei seguenti metalli pesanti: arsenico, cadmio, cobalto,
cromo, manganese, mercurio, nichel, piombo, rame, selenio,
tellurio, vanadio e zinco. Tutti i primi accertamenti
potranno essere effettuati sul laboratorio mobile dell'Arpa,
dotato di uno spettrometro di massa senza separazione
cromatografica dei composti, che tramite ionizzazione
molecolare consentirà l'analisi in tempo reale di miscele
anche complesse. La scheda I2-6/C fa parte delle azioni a
supporto del Piano di risanamento ambientale, il cui
obiettivo è il controllo dello stato di qualità delle
componenti ambientali. Questo progetto trae origine dal
fatto che negli anni passati sono stati compiuti, per
esigenze diverse, rilevazioni non sistemantiche, da
organismi quali l'Istituto superiore della Sanità, il
Lip-chimico della Asl di Siracusa, i cui risultati hanno
concordato nello stabilire superamenti standard di qualità
per alcuni microinquinanti sia organici che inorganici. Il
progetto, quindi, si colloca nel quadro delle iniziative
tendenti a rispondere alla pressante e riconosciuta esigenza
di conoscenza e prevenzione del rischio di esposizione a
sostanze ritenute dall'Oms ad alto rischio. |
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