MESSAGGERO |
Api: due a giudizio,
cittadini parte civile
Prime decisioni del Gup
nell’udienza fiume sul rogo. Respinta la richiesta di rito
abbreviato dei vertici, rientra nella causa la famiglia
Gandolfi
di G.Sg.
Potrebbero sembrare notizie
tecniche, aggiustamenti giudiziari nell’inchiesta fiume sul
rogo del 25 agosto 1999. Ma non è così. Nell’udienza
preliminare sulle presunte responsabilità di vertici e
operai dell’Api nello scoppio dell’area Sif della raffineria
e la morte di Mario Gandolfi e Ettore Giulian, ieri il gup
di Ancona Sante Bascucci ha preso decisioni importanti nella
marcia di avvicinamento alla verità. Innanzitutto ha ammesso
al giudizio abbreviato i dipendenti Silvio Re e Ivan
Giacchetti, che sostanzialmente sono stati così rinviati al
giudizio dello stesso gup, in quanto dovrà decidere sulla
loro responsabilità. Per ora sono stati invece esclusi dal
rito alternativo (che prevede un’automatica riduzione della
pena in caso di condanna) tutti gli altri indagati: l’ex
direttore del petrolchimico Giovanni Saronne, l’attuale
direttore ed allora vice Franco Bellucci, i funzionari
Claudio Conti e Sergio Brunelli, gli operai Gaetano
Bonfissuto e Pierfrancesco Carletti. Avevano chiesto il rito
abbreviato subordinato all’audizione di alcuni testimoni,
secondo il giudice la procedura sarebbe in contrasto con
l’esigenza di velocizzare il mega processo. Nulla vieta alle
difese (avvocati Giacomo Vettori, Francesco Scaloni, Monica
Clementi, Sergio Boldrini) di ripresentare la richiesta il
prossimo primo luglio, ma senza altri atti istruttori. In
pratica si dovrebbe decidere solo sulle carte del Pm
Cristina Tedeschini, che ha ricostruito la dinamica dello
scoppio. Accetteranno le difese? Oppure ci sarà un processo
pubblico, fuori dal segreto di una camera di consiglio? Per
ora nessuno si sbilancia, si vedrà. Ma forse le notizie più
consistenti in assoluto, poiché sono in ballo milioni di
euro, vengono dal fronte delle parti civili. Il Gup ha
ammesso le richieste di risarcimento del Comune di Falconara
(tutelato dall’avvocato Rino Pirani), ma questa era una
decisione scontata. Per nulla scontate le ammissioni di
parti civili di undici cittadini che fanno riferimento ai
comitati di Villanova e Fiumesino. Gli stessi comitati,
rappresentati dall’avvocato Stefano Crispiani, avevano
cercato di diventare parte del processo ma il giudice ha
detto di no, in quanto non hanno neppure un presidente. La
questione, uscita dalla porta, è rientrata dalla finestra
poiché la costituzione è stata riconosciuta ai singoli
residenti che lamentano danni biologici e morali per la nube
tossica di quel giorno, la presenza di un’industria a
rischio e la svalutazione dei terreni. «Questa iniziativa
apre la strada a rivendicazioni civilistiche di altri 250
residenti» hanno detto Loris Calcina e l’ammiraglio Massimo
De Paolis, portavoce dei movimenti. Tra le altre parti
civili: Gianni Cardinali, Eraldo Caimmi, Savino Piergili,
Enzo Rocco, Gabriella Torriani, Cristina Ferrotti. Infine
torna in ballo, come parte civile, anche la famiglia di
Mario Gandolfi, assistita dall’avvocato Francesco Nucera. La
vedova del capo-cantiere ucciso dalle ustioni riportate nel
rogo, Elsa Mattioni, era già stata risarcita con 800 milioni
di ex lire dall’assicurazione dell’Api. Ma l’avvocato Nucera
è riuscito a ottenere la costituzione del figlio, Antonio
Gandolfi di 12 anni, contro gli imputati in persona. «E’ una
questione morale - ha commentato il legale -. Con
l’eventuale risarcimento vogliamo realizzare un punto di
pronto soccorso all’interno della raffineria».
L’INCHIESTA
LA FIAMMATA - La mattina del
25 agosto '99 esplose una linea di trasferimento della
benzina all'interno dell'Api. Due operai, Mario Gandolfi ed
Ettore Giulian, accorgendosi della perdita di carburante, si
precipitarono nell'area Sif e vennero avvolti dalla nuvola
di fuoco. Morirono di lì a qualche giorno per le ustioni sul
90 per cento del corpo.
I PRIMI ACCERTAMENTI -
Le indagini del Pm Cristina Tedeschini non furono facili. Ci
vollero dei giorni per capire il punto preciso in cui si
sviluppò l'incendio: la conduttura della benzina verde.
All'oscuro delle cause dello scoppio la stessa Api, che ha
sempre smentito con forza l'ipotesi di scarsa collaborazione
sostenuta dalla Procura.
IL SASSO NELLA POMPA - Dopo
una perizia che individuava nel cedimento strutturale di una
pompa di benzina la causa finale dell'incendio (cedimento
provocato da un frammento di calcestruzzo), il Pm ha chiesto
otto rinvii a giudizio. In testa alla lista degli indagati
l'ex direttore dello stabilimento Giovanni Saronne.
I RISARCIMENTI - Nel
frattempo le famiglie dei due operai deceduti sono state
risarcite con 800 milioni di ex lire a testa, tuttavia
quella di Mario Gandolfi è rientrata in gioco con la
costituzione di parte civile del figlio. L’avvocato Nucera,
che rappresenta il minore, siederà accanto al collega del
Comune di Falconara e a quello che rappresenta undici
privati che si ritengono danneggiati dall’Api. |
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RESTO DEL CARLINO |
Rogo all'Api, due operai
vogliono essere processati
ANCONA — «Processateci
subito». Detto fatto, il gup Sante Bascucci l'ha
accontentati. Sono due dipendenti della raffineria 'api'di
Falconara, indagati (insieme ad altri sei tra funzionari e
operai) per il tragico rogo del 25 agosto del '99. Un
incendio che costò la vita a due operai della raffineria,
Mario Gandolfi ed Ettore Giuliani. Ieri, all'udienza
preliminare, Silvio Re, funzionario fiscale, e Ivan
Giacchetti, operaio, hanno chiesto ed ottenuto di essere
processati con rito abbreviato dallo stesso gup. Una
richiesta che di fatto ha portato i due ad auto-rinviarsi a
giudizio davanti al giudice preliminare. Il processo, per
questioni tecniche e pratiche, non si è comunque effettuato
subito ma è stato rinviato al primo e poi al 7 luglio. Un
analogo processo da farsi subito, in sede di udienza
preliminare, lo avevano chiesto anche gli altri sei
indagati. Nel loro caso però l'istanza non prevedeva
l'accettazione del processo allo stato degli atti ma era
condizionata al compimento di alcuni atti istruttori
(interrogatori di periti, ecc.). Una condizione che il gup
Sante Bascucci non ha ritenuto di accettare. Così la loro
richiesta di rito abbreviato è stata respinta e per loro
l'udienza preliminare è stata rinviata sempre al primo
luglio. Avranno due possibilità: rinunciare alle
'condizioni' ieri poste e accettare quindi il processo
ordinario con rito abbreviato da farsi subito, senza atti
istruttori; oppure passare attraverso l'udienza preliminare
normale e, nel caso del rinvio a giudizio, venire poi
processati dal tribunale. I sei per i quali dunque un
processo di fatto non è stato ancora stabilito sono:
Giovanni Saronne, ex direttore di stabilimento; Franco
Bellucci, l'allora capo servizio operativo e ora direttore;
Sergio Brunelli, capo servizio manutenzione; Claudio Conti,
responsabile della manutenzione off-site; e gli operai
Gaetano Bonfissuto e Pierfrancesco Carletti. L'accusa è
quella di omicidio colposo plurimo. La svolta di ieri nella
vicenda non è solo rappresentata dalla fissazione del primo
processo (quello ormai sicuro per Re e Giacchetti) ma anche
dall'accettazione da parte del gup delle parti civili. Sono
stati ammessi il Comune di Falconara (avvocato Rino Pirani)
e 11 residenti della zona che intendono lamentare i danni
subiti per via dell'incendio, sotto forma di inconvenienti
di salute, di danni morali, ecc. I cittadini ammessi come
parti civili sono Loris Calcina, Massimo De Paolis, Gianni
Cardinali, Eralda Caimmi, Alfredo Campanelli, Savino
Piergili, Euro Amato, Gabriella Torriani, Cristina Ferrotti,
Milena Valeri e Marco Chiodi. Altri 250 falconaresi
residenti nella zona della raffineria sono invece pronti ad
intentare per gli stessi motivi una causa in sede civile.
Esclusi dal processo invece i due Comitati di cittadini,
unicamente per una mancata identificazione, secondo il gup,
dei presidenti che avrebbero avuto qualità per la
costituzione. Infine, tra le parti civili, ammesso anche
Antonio Gandolfi, figlio 12enne di uno degli operai
deceduti. E' assistito dall'avvocato Francesco Nucera che ha
già anticipato che qualsiasi tipo di risarcimento andrà per
finalità sociali. Le vedove dei due deceduti, come si
ricorderà, vennero risarcite con transazioni prima della
chiusura dell'inchiesta.
Turbogas, rinvio e
«bagarre» (Ferrara)
di s. l.
Turbogas, nuovo rinvio. Ma
anche nuova bagarre. La discussione in Consiglio comunale
del piano particolareggiato per la centrale di Enipower,
slitta; l'annuncio è stato dato ieri, in avvio di seduta,
dall'assessore all'Ambiente Sandro Bratti che ha ribadito la
tesi espressa al Resto del Carlino in risposta agli studi
dei ricercatori, ed ossia che «è necessario e opportuno
sviluppare nuovi approfondimenti in merito alla possibile
emissione di 'micropolveri' dall'impianto». Ma a ciò si
lega, evidentemente, «anche una questione di opportunità
politica: è parso giusto — ha sottolineato Bratti a margine
della seduta — non esasperare gli animi e tenere la
questione negli ambiti tecnici, quelli appunto da cui
contiamo di avere le risposte ai chiarimenti richiesti». E'
proprio sul versante politico che si è giocata, ieri, una
vera e propria partita a scacchi: Alleanza Nazionale, che
sin dall'avvio dell'iter per la realizzazione della centrale
ha manifestato il proprio sostegno al progetto, ieri ha
chiesto di 'stoppare' la discussione. Proprio perché gli
elementi di novità introdotti dagli studi riportati dal
Carlino, imponevano la massima chiarezza dal punto di vista
tecnico. Sul versante squisitamente amministrativo, la
giunta aveva infatti ottenuto sufficienti garanzie: «Il
consulente cui abbiamo affidato il compito di verificare la
'compatibilità' legale di tutti i passaggi, anche per quanto
riguarda la bonifica dei terreni — riprende Bratti —, ci
aveva rassicurato sulla piena legittimità degli atti». Così
come l'eventuale approvazione del piano particolareggiato
non avrebbe, secondo l'amministrazione, impedito
un'eventuale dietrofront in occasione dell'atto davvero
essenziale, ossia il rilascio della concessione edilizia a
Enipower. Ma al di là delle questioni giuridiche, gli
esponenti di An hanno rimarcato la difficoltà di esprimere
un voto favorevole in questa nuova fase d'incertezza; di qui
la decisione della giunta di sospendere la delibera.
«Chiederemo ai maggiori esperti nazionali e internazionali —
ha detto il sindaco Sateriale —, se ci sono rischi connessi
al funzionamento dell'impianto, che vadano oltre quanto
stabilito dalla legislazione con la quale i nostri atti sono
comunque coerenti». Ma in aula, come detto, il confronto è
stato tutt'altro che accademico. Anzi, lamentando
l'impossibilità di intervenire più diffusamente nel merito
delle dichiarazioni di Bratti e poi di Sateriale, il gruppo
di Forza Italia ad un certo punto ha lasciato l'aula. Prima,
comunque, Mario Testi aveva rimbeccato a Sateriale che «le
cautele e gli approfondimenti di cui ora parla
l'amministrazione, noi le chiedevamo un anno e mezzo fa». E
Massimo Pierpaoli ha sottolineato «la coerenza di un partito
che non ha avuto remore nel tenere, sin dall'inizio di
questa vicenda, una posizione che tenesse conto di legittime
preoccupazioni dei cittadini, anche rischiando un
sostanziale distinguo con i propri vertici nazionali. Questo
coraggio, almeno, ci va riconosciuto...». Tra interruzioni,
attimi di nervosismi, frecciate ironiche («E' la prima volta
che una forza politica chiede il rinvio di una delibera e
poi lamenta di non poterne discutere», ha detto il diessino
Mauro Cavallini), i Verdi hanno comunque ribadito la
richiesta «che il piano urbanistico sia posticipato — ha
chiesto la capogruppo Cigala — rispetto al piano di bonifica
del petrolchimico». Giuste le cautele, vecchie e nuove, per
Giovanna Marchianò (Pdci) e Mauro Malaguti di An,
vicepresidente della commissione turbogas: «Occorre dare una
risposta immediata a tutti coloro che abbiano dubbi ed
esprimono perplessità. L'amministrazione dovrebbe dotarsi
anche di un sito Internet in cui mettere tutti gli atti, le
relazioni, le informazioni utili».
Il confronto Ma la
centrale prevista a Minerbio non si farà più
(Ferrara)
di Valentino Tavolazzi
E' saltata definitivamente la
centrale da 800Mwe, gemella di quella di Ferrara, che Hera
ed Enipower volevano costruire a Minerbio. Fin dall'inizio
del mese scorso la multiutility bolognese aveva dichiarato
forfait, dopo che i sindaci di Baricella, Minerbio,
Molinella, Bentivoglio e Malalbergo avevano assunto una
posizione nettamente contraria, convinti dai dati forniti
dai comitati cittadini sugli effetti inquinanti causati da
questo tipo di impianti. Fausta Pancaldi, rappresentante del
comitato anticentrale di Minerbio e Baricella esultava: «Ci
davano tutti per battuti in partenza, ma i nostri dati erano
incontestabili. Abbiamo dimostrato che la centrale avrebbe
portato all'emissione di centinaia di tonnellate di polveri
fini. Questa è una vittoria dei comitati. Alla fine anche i
sindaci e la Regione hanno riflettuto e sono venuti dalla
nostra parte». Sette mesi di assemblee, 14mila firme per
dire no al mega impianto "Sapevamo che Hera non avrebbe mai
fatto ciò che i cittadini non volevano", ha dichiarato il
sindaco di Minerbio Giacomino Simoni. I nostri
amministratori, che volano da Johannesburg a Bruxelles,
passando da Allegre, non sapevano nulla di quanto stava
accadendo a due passi da Ferrara? O forse tacevano? Ora che
il Carlino ha pubblicato i risultati della ricerca che ha
bloccato l'operazione di Minerbio, il comune promette che
«non trascurerà alcun elemento di conoscenza» e svolgerà
"tutti gli ulteriori approfondimenti che si rendessero
necessari". La cosa ha dell'incredibile e, se non fosse
vera, potrebbe essere una piece teatrale comica. Ma come, in
oltre due anni di istruttoria tecnica condotta da Comune,
Provincia, Arpa, Asl per controllare gli effetti
sull'ambiente di un impianto colossale come quello proposto
da Enipower e Merloni, nessuno si è mai preoccupato delle
possibili emissioni di polveri fini di una centrale a ciclo
combinato di quelle dimensioni? Nessuno aveva sentito
parlare di Minerbio? Non sta a noi giudicare se siamo di
fronte ad omissione o a negligenza, certo è che il fatto in
sé è politicamente gravissimo, soprattutto se si ripensa a
quanto dichiarato da Sateriale il 3 maggio: «Col turbogas
saranno drasticamente abbattute le emissioni di micro
polveri». Vi è inoltre un secondo risvolto della vicenda che
ha dell'incredibile. Molti sostenitori dell'impianto,
soprattutto ora che emergono i problemi ambientali relativi
alle emissioni ed alla bonifica del terreno, si affannano ad
esaltarne il presunto impatto positivo che avrebbe sulla
riqualificazione industriale del petrolchimico e
sull'insediamento di nuove aziende, attratte dalla
disponibilità di energia a basso costo. Si tratta di un
"falso" industriale. L'energia per alimentare eventuali
nuovi impianti all'interno dell'area è già disponibile e
viene attualmente ceduta all'Enel. La produzione di energia
all'interno del Polo è attualmente garantita dagli impianti
CTE 1 da 19,25 Mwe, in condizioni di riserva ed in marcia
solo in caso di manutenzione dell'altro, CTE 2 da 60,6 Mwe,
utilizzato per la produzione di energia elettrica e di
vapore per il complesso industriale. Poi vi è una terza
centrale di proprietà CEF, Centro Energia Ferrara, a
cogenerazione da 148,5 Mwe, funzionante esclusivamente a gas
naturale per la cessione di energia elettrica integrale alla
Rete di Trasmissione Nazionale. Dunque, dal punto di vista
del fabbisogno energetico per nuove attività industriali,
non è necessaria alcuna nuova centrale, visto che già esiste
un esubero di potenza, che viene ceduta al mercato e che è
superiore a quella attualmente utilizzata! Pur non essendo
necessaria nuova energia e potendo la nuova centrale creare
danni ambientali enormi, c'è tuttavia chi non vuole
arrendersi all'idea di rinunciare ad un investimento da 500
milioni di euro e a tutto ciò che ne consegue. Questi
irriducibili sostengono che esso renderà possibile la
bonifica del terreno, anche se ancora non si ha un quadro
completo di caratterizzazione ed un piano operativo di
risanamento dell'area fino agli strati più profondi, e non
si conoscono i tempi entro i quali i lavori dovranno essere
eseguiti, né chi li pagherà.
E' un pretesto il
giudicare pericoloso quell'impianto turbogas
(Ferrara)
Dina Guerra (Consigliere
Comunale del Gruppo DS)
Caro Direttore, le chiedo
cortesemente di intervenire sull'articolo del 7 maggio
scorso circa la presunta attesa di inquinamento da polveri
che deriverebbero dalla centrale turbogas in progetto di
essere costruita all'interno del polo chimico in
sostituzione delle due obsolete. Più che altro vorrei fare
alcune considerazioni di principio senza improvvisarmi
tecnico di impatto ambientale quale non sono. La prima
riguarda il modo in cui è stato presentato quell'articolo,
uno studio fatto negli Stati Uniti (perché si tratta di uno
studio e non di rapporto consolidato) che viene passato come
perfettamente calabile in ogni realtà del pianeta senza che
venga supportato da alcun dato analitico di analoghi
impianti funzionanti sul territorio nazionale. Non mi sembra
del tutto appropriato il metodo utilizzato, ancor più quando
viene dichiarata con certezza una quantità di inquinante
"…pari a tre volte il traffico automobilistico cittadino…".
Queste certezze spaventano, come spaventa anche la
leggerezza con la quali certe informazioni tecniche vengono
stiracchiate per adattarle alla realtà che fa più comodo. La
seconda riguarda il fatto che qui si sta cercando da mesi di
ignorare che le leggi di Valutazione di Impatto Ambientale e
di Bonifica dei terreni in Italia ci sono, sono ben fatte e
recepiscono le direttive comunitarie in materia. Se il
progetto del turbogas finora ha passato positivamente tutte
le verifiche e le approvazioni che hanno portato
all'emanazione di due decreti ministeriali, ci sarà pure un
motivo; se gran parte dei lavoratori e dei loro
rappresentanti, cioè coloro che vivono, sottolineo vivono,
vicino alle vecchie centrali aspettano e vogliono la
costruzione della nuova centrale avrà un significato, o no?
Se vogliamo invece parlare della necessità di un polo
chimico a Ferrara facciamolo in diversa sede, a carte
scoperte; sapendo però che la centrale turbogas è nata prima
di tutto come progetto di miglioramento ambientale, per cui
migliorerà, come è stato provato ed approvato, il bilancio
ambientale della zona industriale della città, non verrà più
utilizzato olio combustibile ma metano, che è
indiscutibilmente il combustibile fossile più pulito, e
verrà alimentata, col vapore cogenerato, la linea di
teleriscaldamento geotermico cittadino. Noi e i nostri figli
ci abitiamo in questa città e sarebbe poco lungimirante da
parte nostra volere un insediamento così pretestuosamente
chiamato pericoloso di fianco alla città. I dibattiti e gli
spazi di confronto, chiamiamoli pure tavoli tecnici, ci sono
già e quelle sono le sedi idonee per fugare tutti i dubbi.
Paragonare la turbogas allo snodo autostradale bolognese mi
pare quanto meno azzardato e sa di malafede. Davvero.
Trasparenza sul turbogas
(Ferrara)
Signor Direttore,
la vicenda della centrale turbogas da 800 megawatt mi sembra
desti qualche preoccupazione. Da un lato vi sono esperti e
pubblicazioni che suggeriscono (si fa per dire) di evitare
di costruire simili fonti di inquinamento in zone climatiche
con debole ventilazione e soprattutto a ridosso dei centri
abitati. Per contro continuo a leggere di persone, alle
quali è demandata la guida di Ferrara, che invece di
affermare «Beh, se le cose stanno così, non se ne fa nulla»,
continuano a tenere in ballo l'investimento. «Bisogna
cercare di ridurre l'impatto ambientale — dicono — comunque
si bonificherà il suolo» (che c'entra il suolo con le
micropolveri nell'aria?). "Faremo un ulteriore dibattito",
«In ogni caso aumenterà l'occupazione» (quale occupazione?
Queste sono centrali che si mandano avanti con meno di 10
persone per turno, e comunque è pura follia barattare
l'occupazione coi tumori ai polmoni), e cose del genere. Non
vorrei che noi ferraresi ci trovassimo nella stessa
situazione dell'Ospedale di Cona: dopo un po' di silenzio,
un giorno ci si sveglia di fronte a un fatto compiuto. E
solo allora scopriremmo, a cose fatte e con il solito
referendum che non conta nulla, che nessun ferrarese sano di
mente avrebbe mai voluto veder sorgere una megacentrale
termica a due passi da casa.
Claudio Ferrozzi |
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CORRIERE ADRIATICO |
Rogo all'Api, tutti in fila
per chiedere i danni
Al Comune si affiancano il
figlio di una delle vittime e undici cittadini Il primo
luglio si celebra il rito alternativo per Re e Giacchetti e
si decide la sorte degli altri sei Il gip ammette le
costituzioni di parte civile e il giudizio abbreviato per
due degli otto imputati
Saranno il Comune, il figlio
di Mario Gandolfi - uno dei due morti nel rogo - e undici
cittadini di Falconara a chiedere conto all'Api per il
tragico incendio del 25 agosto '99. Il giudice per le
indagini preliminari Sante Bascucci ha ammesso la loro
richiesta di costituirsi parte civile contro la raffineria
nel procedimento giudiziario che vede nei panni di imputati
otto tra dirigenti e tecnici dello stabilimento. Il gip ha
anche accolto la richiesta di giudizio abbreviato per il
funzionario Silvio Re e l'operaio Ivan Giacchetti. Ha invece
respinto la stessa istanza degli altri sei imputati, fra i
quali l'attuale direttore Franco Bellucci e il suo
predecessore Giovanni Saronne. L'accusa è per tutti di
incendio e di omicidio colposo plurimo. Che le fiamme che
all'alba di quel tragico 25 agosto fecero piombare
nell'incubo Falconara avvolgessero non solo le cisterne
della raffineria ma anche uno scenario di errori e
leggerezze è convinto il sostituto procuratore Cristina
Tedeschini, che ha coordinato l'inchiesta. Il sospetto che
non tutto filò liscio e che ci possano essere responsabilità
dietro il rogo che tolse la vita ai due operai Mario
Gandolfi e Ettore Giulian arriva anche dalla perizia
disposta dal pm e firmata dagli esperti Volpicelli e Godano
dell'Università di Napoli, che ipotizza che a provocare
l'incendio fosse stata una serie di cause. Tanto per
cominciare il trasferimento della benzina verde al deposito
nazionale avvenne lungo una linea anomala. Le cose non
andarono per il verso giusto e non seguirono la prassi
corretta di gestione del servizio anche per la mancata
chiusura di alcune valvole di sicurezza. Per di più avrebbe
anche ceduto una pompa, all'interno della quale venne
trovato un pezzo di calcestruzzo. Una serie di circostanze
che hanno spinto il pm Tedeschini a chiedere il rinvio a
giudizio nei confronti dell'ex direttore Saronne e di altri
sette tra vertici e operai: l'attuale direttore degli
impianti Franco Bellucci, allora capo del servizio operativo
dello stabilimento, il capo del servizio manutenzione Sergio
Brunelli, il responsabile manutenzione off-site Claudio
Conti, il funzionario fiscale Silvio Re, gli operai Ivan
Giacchetti, Gaetano Bonvissuto e Pierfrancesco Carletti.
Tutti avevano chiesto il giudizio abbreviato, rito
alternativo che prevede forti sconti di pena perché permette
di accelerare i tempi del procedimento. Richiesta accettata
solo nei casi di Re e Giacchetti. Per gli altri sei il gip
Bascucci ha giudicato troppo onerose le condizioni di
acquisizione di altri elementi di prova, che avrebbero
ritardato i tempi della procedura. Di qui al primo luglio,
data della prossima udienza, avranno comunque modo di
ritirare o moderare le condizioni e vedersi quindi
accogliere l'istanza di giudizio abbreviato. E il 7 luglio,
altro appuntamento davanti al gip già fissato, potrebbe
andare in scena il processo per tutti. Altrimenti il primo
luglio il gip deciderà sul rinvio a giudizio per i sei e
proseguirà il processo per Re e Giacchetti. Ieri intanto si
sono costituiti parte civile il Comune di Falconara, tramite
l'avvocato Rino Pirani, il figlio di Mario Gandolfi,
Antonio, assistito dall'avvocato Francesco Nucera, e undici
cittadini falconaresi, residenti nei quartieri limitrofi
alla raffineria. Questi dovranno aprire la strada ad altri
200-300 concittadini che sarebbero già pronti a chiedere i
danni in sede civile. Nessuno degli undici ha la qualifica
di rappresentante legale dei comitati Fiumesino, Villanova,
25 agosto, per i quali pertanto il giudice ha negato la
costituzione. L'avvocato Stefano Crispiani ha chiesto una
provvisionale di 5 mila euro ciascuno. I cittadini puntano a
ottenere la dichiarazione di responsabilità degli imputati
per l'incendio, per poi quantificare il risarcimento davanti
al giudice civile.
Tutti d'accordo, il by
pass si può fare
Giancarli soddisfatto "Contro
l'inquinamento è necessario potenziare il trasporto su
ferro" E Binci rilancia la "ferrovia degli inglesi"
Amagliani: "Non è in funzione della raffineria ma di un
collegamento tra la Bologna-Ancona e la Ancona-Orte"
Incontro al vertice tra
Regione, Provincia e Comune sul progetto di Rete Ferroviaria
di MARINA MINELLI
Incontro al vertice ieri
mattina in Regione per tirare le fila della questione
by-pass ferroviario, il progetto di Rete Ferroviaria
Italiana contestato dai comitati dei residenti a Villanova e
a Fiumesino. La riunione, a cui hanno preso parte, oltre
all'assessore regionale Amagliani, al presidente della
Provincia Giancarli ed all'assessore Binci, anche
l'assessore Api, il dirigente Durpetti ed il consulente ai
trasporti l'ingegner Rogano, è servita a chiarire molti
dubbi. "In particolare - ha precisato l'assessore Amagliani
- è stato messo in evidenza dai tecnici delle ferrovie come
la bretella non sia stata pensata in funzione della
raffineria, ma per realizzare un collegamento diretto fra la
Bologna-Ancona e la Ancona-Orte. La soluzione, realizzabile
in tempi brevi ed a costi relativamente contenuti, non è in
antitesi con il progetto dello spostamento complessivo della
linea, idea che rimane valida ma per la quale ci vorranno
una ventina di anni ed ingentissime risorse economiche".
Soddisfatto dell'incontro si è detto il presidente Giancarli
che ha potuto constatare il sussistere di "un clima aperto e
positivo fra tutti i soggetti". "Ringrazio Amagliani per
avere convocato questo vertice - ha detto Giancarli - che è
servito poi per ribadire un concetto fondamentale: per
ridurre l'inquinamento e per migliorare la qualità della
vita è necessario lavorare al potenziamento del trasporto su
ferro". "Mi è sembrato importante - ha aggiunto - aver
chiarito che il by-pass non è a "servizio" dell'Api, ma
funzionale ad altre esigenze legate alla viabilità
territoriale ed alla necessità di liberare lo scalo merci di
Falconara". In discussione anche la proposta dell'assessore
Binci che ha chiesto di "verificare la fattibilità
urbanistica del recupero di quella che era la cosiddetta
"ferrovia degli inglesi" realizzata dagli Alleati durante la
Seconda Guerra Mondiale ed il cui tracciato potrebbe essere
ancora utilizzabile per evitare l'ingabbiamento dei due
quartieri, risparmiare molto denaro e riqualificare davvero
Falconara". "Approfondiremo problemi e idee alternative - ha
ribadito Giancarli - senza tralasciare nessun suggerimento".
Gli enti si incontreranno di nuovo venerdì 16 maggio per una
riunione del tavoli istituzionale in vista del rinnovo della
concessione alla raffineria Api ed in questa occasione con
ogni probabilità verrà anche presa una decisione definitiva
in merito al by-pass. "Mi auguro che tutta la partita si
possa concludere con un accordo complessivo - ha dichiarato
Amagliani - considerando anche un altro fatto:
l'eliminazione della ferrovia consentirà all'Api di
recuperare degli spazi e di liberarne così di conseguenza
altri, quelli situati a ridosso dei quartieri come richiesto
nelle nostre prescrizioni". |
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IL NUOVO (quotidiano indipendente online) |
Corea del Sud, collisione tra
due petroliere
Venti tonnellate di greggio
sono finite in mare al largo del porto sudorientale di Pusan.
Non ci sono notizie sulle due imbarcazione coinvolte.
SEUL - Collisione in mare in
Corea del Sud. Due petroliere si sono scontrate oggi al
largo del porto sudorientale di Pusan, riversando in mare 20
tonnellate di greggio, ha detto la polizia. Le ondate stanno
favorendo l'allargamento delle falle. Il greggio avrebbe già
in parte raggiunto la costa, nonostante gli sforzi della
polizia marittima per contenere la fuoriuscita e
l'espandersi del petrolio. Non si sa di più sulle due
imbarcazioni coinvolte, ma sembra non vi siano feriti. Pusan
subì nel 1997 una fuoriuscita di combustibile quando una
petroliera affondò in quell'area di mare, danneggiando
allevamenti di pesci e provocando un enorme danno per i
pescatori. |
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LA STAMPA |
Allarme inquinamento, si
cerca una petroliera Catrame e petrolio sulle spiagge di
Monaco, Mentone e Rocquebrune
La Francia ha mobilitato
squadre speciali di chimici, elicotteri e rimorchiatori
della marina militare. Confermati i divieti dibalneazione.
di Giulio Gavino
MONACO - Mentre il divieto di
balneazione continua a interessare molte spiagge di Monaco,
Rocquebrune e Mentone, raggiunte domenica da chiazze di
catrame e petrolio, ricognitori della Polizia delle Dogane
sono stati impegnati per tutta la giornata in azioni di
perlustrazione mirate a individuare la petroliera o il
mercantile che, secondo le prime indagini, sarebbero
responsabili del clamoroso caso di inquinamento. A portare
all’emergenza sarebbe stato infatti un indiscriminato
lavaggio delle cisterne. Ieri pomeriggio i francesi, con la
mobilitazione di squadre speciali arrivate da Tolone, hanno
iniziato gli interventi di pulizia degli arenili aggrediti
dagli idrocarburi, chiazze lunghe fino a duecento metri e
spesse due o tre centimetri, che hanno raggiunto la costa
spinte dalla corrente. Altre «macchie nere», sempre ieri,
sono state individuate sia dagli aerei sia dalle motovedette
mobilitate nel tratto di mare compreso tra il confine, Cap
Martin e l’area di mare antistante Nizza (a due/tre miglia
nautiche dalla costa). Due rimorchiatori della Marina
Militare si sono occupati di «circondarle» con barriere
galleggianti che, per il momento, hanno impedito lo
spiaggiamento. A Mentone gli arenili maggiormente
interessati sono stati «Le Mérou» e «La Carangue». Il
rischio è che il divieto di balneazione possa perdurare
mentre si è ormai nell’imminenza del via alla stagione
turistica. Sul fronte investigativo la gendarmeria ha
scoperto che soltanto negli ultimi due giorni sono state 350
i cargo e le petroliere entrate nel Mediterraneo a Suez e
dirette verso Francia e Spagna. Gli inquirenti stanno
valutando la possibile acquisizione di tracciati radar in
grado di dare indicazioni per arrivare a un identikit della
nave responsabile dell’inquinamento. |
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LA NUOVA FERRARA |
La turbogas è «congelata»
Vanno studiati meglio i dati
dell'inquinamento Colpo di scena ieri in Consiglio comunale
Forza Italia polemica
Il progetto della centrale
turbogas è sospeso. «Abbiamo bisogno di un paio di settimane
per capire se i dati sull'inquinamento delle centrali Usa
valgono anche per la nostra» ha detto Sandro Bratti. Il
primo effetto concreto è il rinvio della delibera sul Piano
particolareggiato della centrale, che fino alle 13 di ieri
era deciso si dovesse discutere e approvare. Poi una
riunione ristretta tra il sindaco Gaetano Sateriale e gli
assessori direttamente interessati, ha fatto pendere la
bilancia verso la sospensione, sembra su indicazione dello
stesso sindaco. Forse ha pesato la posizione dura dei Verdi,
che dopo la pubblicazione dello studio sulle centrali Usa
(centinaia di tonnellate di polveri fini, decine di
tonnellate di inquinanti cancerogeni, questo uscirebbe dai
camini), hanno minacciato di votare contro la delibera:
«Chiediamo che sia messa in votazione dopo l'approvazione
del Piano di bonifica del petrolchimico» ha rincarato la
dose Francesca Cigala Fulgosi, dopo l'annuncio di Bratti. E'
stato lo stesso sindaco a motivare più ampiamente la
decisione: «L'Unione europea ci obbliga a prendere in
considerazione alcuni parametri per le centrali a turbogas,
e l'inquinamento da polveri sottili non è proprio
considerato. Ora c'è questo studio sulle centrali Usa, lo
verificheremo. Potevamo anche andare avanti con il Piano,
abbiamo preferito sospendere per coerenza, ma non rinvieremo
la discussione all'infinito». Punto imprescindibile è che
«la nuova centrale inquini meno di quelle che andrà a
sostituire» ha ribadito l'assessore, pronto a "sfidare" i
ricercatori bolognesi autori dello studio ad un confronto
pubblico, fissato per la metà di giugno. Forza Italia ha
accolto la notizia come una vittoria, «avevamo chiesto un
anno e mezzo fa uno studio approfondito e di terzi sul
livello d'inquinamento, ora ci siete arrivati anche voi...»
ha punzecchiato Mario Testi, protagonista pure di un
battibecco con il sindaco. Anche più arrabbiato Massimo
Pierpaoli, però con il presidente del Consiglio, Romeo
Savini, che gli aveva intimato di non discutere della
delibera ma di parlare solo delle comunicazioni della
giunta. «Mi si toglie la parola, allora lasciamo l'aula» e
se n'è uscito con tutto il gruppo Fi, tra scambi di "accuse"
(«comunisti», «bulgari») tra i banchi. I forzisti vogliono
comunque la sospensione di ogni atto amministrativo. «Tra
l'altro i dati sulla bonifica di Enichem e Arpa non
coincidono» dice Fi.
Polveri sottili, da dove
arrivano?
Emissioni complessive della
centrale da ristudiare
Andrea Vaccari Ferrara
Non se Dina Guerra,
consigliere comunale Ds, intervenuta ieri sulla questione
della centrale turbogas, abbia letto l'articolo scientifico
in questione da cui sono nati tutti i dubbi sulla salubrità
di questa centrale. Personalmente l'ho fatto, perché
gentilmente l'autore, il dott. Armaroli, me lo ha inviato a
stretto giro di posta elettronica. Occorre andare alle
fonti, infatti, per capire di cosa si sta parlando e
rivendico il diritto, anche se non sono un tecnico di
impatto ambientale e anche se non ho incarichi
amministrativi, ma come cittadino, di documentarmi su questi
argomenti e di parlarne in pubblico. Vi saranno pure i
tavoli tecnici e le sedi idonee per fugare tutti i dubbi
come dice Dina Guerra, ma lamentarsi perché le informazioni
tecniche vengono stiracchiate sui giornali "sa" di tentativo
di imbavagliare i cittadini invitandoli ad accontentarsi dei
comunicati ufficiali. Crediamo invece che un cittadino abbia
capacità di comprendere questi fatti almeno pari a quelle di
un politico e di prendere posizione. Entrando nel dettaglio
c'è una cosa che salta agli occhi: finora è sempre stato
detto che le centrali a metano non emettono polveri PM10
tantomeno ossidi di zolfo. Invece i dati in letteratura
scientifica che lo studio in questione evidenzia, dicono,
fra l'altro, che una centrale da 780 MW produce circa 290
ton/anno di polveri e 9 ton/anno di ossidi di Zolfo.
Certamente si tratta di stime, ma ciò che una stima lascia
nell'incertezza è il valore misurato delle tonnellate/anno
di polveri che vengono emesse in atmosfera dagli scarichi,
non certo se emette polveri, che in realtà vengono emesse, e
non in quantità zero come dichiarato finora. Questo è molto
grave, e i cittadini ora si aspettano delle risposte chiare.
Come spiegano gli Amministratori locali questa omissione, se
si tratta di omissione? Occorre rendersi conto che questo è
il punto, non tanto, come dice Dina Guerra, se la quantità
di polveri emesse sia equivalenti o no a quelle emesse
dallintero traffico cittadino. E qui c'è un'altra
considerazione da fare. Se le centrali attuali emettono
inquinanti (fra cui le polveri) in maggiore quantità di
quello che si prevede emetta la nuova centrale turbogas,
allora significa che le polveri PM10 dell'attuale aria
cittadina dipendono anche, ed in misura notevole, da queste
fonti inquinanti. Perché allora, per limitare le PM10, ci si
continua ad accanire contro il traffico urbano, e
principalmente su quello si prendono provvedimenti plateali,
quando invece vi sono anche altre fonti da limitare?
Chiediamoci quindi per i prossimi anni in quali termini si
può giustificare un provvedimento di limitazione del
traffico, visto il fondatissimo dubbio che i problemi delle
PM10 nascano primariamente da altre parti. Questo dubbio,
quindi, sembra ipotizzare cose piuttosto credibili, visto
che, innanzitutto non vi sono stati cali particolarmente
vistosi di polveri dopo le targhe alterne e poi che anche il
valore di fondo delle PM10 della stazione di rilevamento di
Gherardi dà valori molto vicini a quelli del centro
cittadino, fatto certamente non giustificabile dal traffico
urbano di Gherardi! Un dato recente: domenica 11 maggio
Gherardi registrava 25 microgrammi al metro cubo, mentre
corso Isonzo 26 microgrammi (dati Arpa). I valori sono quasi
uguali, ma chi ha il coraggio di dire che il traffico di
Corso Isonzo è paragonabile a quello di Gherardi? Non è
certamente la fine del mondo andare a piedi due volte la
settimana, se servisse a qualcosa. "Davvero".
Ci aspettavamo un grazie,
non degli insulti
Turbogas, la replica di uno
degli autori della ricerca a Dina Guerra
di Nicola Armaroli
Desidero rispondere alla
lettera del consigliere comunale Dina Guerra autrice
dell'intervento pubblicato ieri sulla «Pagina aperta» sotto
il titolo «Centrale turbogas, paragoni in odore di
malafede». La signora Guerra, che peraltro non ho mai avuto
occasione di incontrare né di sentire per telefono, ci ha
accusato di malafede. C'è da rimanere davvero molto
perplessi, ma rimaniamo ai fatti. 1) In questo lavoro non si
parla solo di uno studio sulla carta, ma anche di 6 centrali
autorizzate negli Stati Uniti. Ho quindi l'impressione che
la signora non abbia letto l'articolo. Oppure, se l'ha
letto, le è sfuggita una parte fondamentale. 2) Il nostro
lavoro non va contro o a favore di questa o quella centrale.
Semplicemente rende pubblici a livello nazionale dei dati e
delle realtà che erano totalmente ignorate qui da noi. Che
tali fossero lo dimostra il clamore che hanno suscitato. Se
la centrale turbogas di Ferrara migliorerà l'aria della
città rispetto alla situazione pregressa non ho idea.
Applicare il nostro lavoro al caso Ferrara è
un'estrapolazione della signora Guerra, non nostra. Certo
che se il bilancio è stato fatto assumendo polveri fini
nulle o quasi per il turbogas, è ragionevole avere dei
dubbi. 3) Come giustamente nota l'assessore Bratti, "tutte
le operazioni e le valutazioni, da parte dei tecnici del
ministero e dei vari enti pubblici, sono state condotte
seguendo le direttive europee e le leggi nazionali che, come
è noto per questi impianti, riguardo alle polveri sottili
non ne prevedono il rilevamento, considerandole poco
significative". Bene, noi abbiamo ritenuto doveroso rendere
noto che questo, negli Stati Uniti, è inammissibile. Nel
documento base Ue sui grandi impianti di combustione (Ippc),
la parola PM10 è citata una sola volta in 400 pagine. Questo
lascia molto perplessi. 4) Il succo del nostro lavoro è
riassumibile così. Negli Usa, dove queste centrali sono
autorizzate e in funzione già da alcuni anni, si afferma che
esse producono alcune centinaia di tonnellate l'anno di
PM10. Incidentalmente sono valori dello stesso ordine di
grandezza di quelli dichiarati dal Comune di Bologna sulle
polveri sottili da traffico. Ci pareva una notizia alquanto
interessante, specie per una Regione che va a targhe alterne
7 mesi l'anno per le polveri sottili. Oppure dovevamo
tacere? Le leggi della fisica e della chimica sono
universalmente valide. Non c'e quindi una ragione plausibile
perché in Europa le centrali a turbogas inquinino molto meno
di quelle americane. Tanto più che in America impongono
impianti di abbattimento sugli inquinanti primari che qui
non ci sognamo nemmeno. E questo, purtroppo, mi dicono che
sia vero anche per Ferrara. O sbagliano gli americani o
sbagliamo noi. Se si dimostrerà che in Europa siamo dalla
parte giusta, io sarò molto contento. Occorrerà però
segnalare a EIA, EPA, DOE e alle imprese energetiche
americane che da anni stanno prendendo cantonate. Qualunque
risulterà essere la verità scientifica, sarà comunque un
grande risultato essere arrivati a fondo di questa vicenda.
Spero che, almeno su questo punto, siamo d'accordo. In
conclusione, cara signora Guerra, i numeri parlano da soli
anche quando non ci piacciono e insultare a mezzo stampa non
è un metodo che si addice a chi occupa cariche di alta
responsabilità pubblica come lei. Specie quando l'attacco va
contro persone con le quali non si è mai scambiata neppure
una parola. Il nostro lavoro mira a dare un contributo, da
fonti molto autorevoli, per indagare a fondo questioni
importanti e delicate. Tutto lì. Non ci sono secondi fini o
malafede nella dura legge dei numeri. Non c'è alcun
interesse e desiderio di suscitare inutili polveroni. A ben
pensare, chi ha responsabilità decisionali e deve tutelare
la salute dei cittadini dovrebbe ringraziarci invece che
insultarci.
L'assessore Bratti mi
aveva convinto Dove fondava le sue assicurazioni?
di Alessia Cesàri Papparella
Mi perdoni l'assessore
comunale di Ferrara Alessandro Bratti se non riesco a
trattenere alcune domande. Ma lei, assessore, che è stato
negli Usa per mesi anche di recente, non ha mai pensato di
vedere se c'erano degli studi sulle centrali a turbogas?
Finora di cosa avete discusso nelle commissioni, in giunta,
nei dibattiti nei quartieri, alle feste dell'Unità, se non
vi siete accorti che all'appello mancavano degli inquinanti
che vi fanno diventare matti tutto l'anno, come le polveri
sottili? Non vi è sfuggito qualche grammo di roba, ma dieci,
diconsi dieci, tonnellate di polveri e altre 9 di altre
schifezze. Io, assessore, l'ho sentita parlare con una
tranquillità disarmante e mi aveva quasi convinto. Togliamo
le due centrali vecchie e ci mettiamo questa nuova che va a
metano. Abbiamo analizzato tutto. Alla fine l'inquinamento
sarà nettamente inferiore. Adesso, che eravamo sul traguardo
un ricercatore e un tecnico portano in campo dei dati che
suscitano inquietanti interrogativi, utilizzando studi
americani non di qualche dilettante della Costa d'Avorio.
Assessore, non si è sentito spiazzato? E' andato avanti mesi
a tranquillizzare tutti e adesso le è arrivato questo
schiaffo? Vuoi vedere che le polveri sottili, per la quasi
totalità, anche oggi ci arrivano dalle minicentrali in
funzione. Assessore o è tutto un abbaglio o qualcuno qui ci
ha dato dosi di tranquillanti quando non doveva. |
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