RASSEGNA STAMPA 11.05.2003

 

RESTO DEL CARLINO
Il Falco Azzurro farà prelievi d'acqua marina durante l'estate

FALCONARA — Una serie di analisi comparative per monitorare la salubrità del mare falconarese: è questo il nuovo progetto dell'associazione “Il Falco Azzurro” che, in estate, eseguirà prelievi periodici delle acque. I campioni, prelevati ad intervalli di 10 giorni in cinque diversi punti, verranno fatti analizzare e confrontati con i valori indicati dalle leggi vigenti; i risultati saranno poi resi noti tramite rapporti mensili pubblicati sul sito www.ilfalcoazzurro.it. L'operazione sarà condotta in collaborazione con una organizzazione nazionale operante nel campo della ricerca. Il Falco Azzurro, che si propone di sensibilizzare i cittadini ai problemi legati alla vivibilità del mare, all'ambiente e alla solidarietà, ha proceduto a nominare il consiglio direttivo nell'incontro di venerdì sera: la carica di presidente è stata affidata a Massimo Fanelli, cui si affiancano Emanuele Bianconi, vice presidente, e Paola Michelangeli, segretario e tesoriere. L'associazione ha finora raccolto l'interesse di numerosi simpatizzanti: la linea d'azione concreta e propositiva, illustrata con umorismo pungente, le ha guadagnato il plauso di tante associazioni ambientaliste, tra cui la sezione Greenpeace di Urbino. Proprio Greenpeace è il primo punto di riferimento per il Falco Azzurro.

I Sibillini non saranno colonizzati dalle torri eoliche

di Paola Pagnanelli

Sibillini non saranno colonizzati dalle torri eoliche. La Conferenza dei servizi della Regione ha bocciato quattro dei cinque progetti presentati dalle aziende Anemon e Ivpc, inviando il quinto all'esame del Ministero. Ma la vittoria di questa battaglia, partita dalla provincia di Macerata, ha un sapore amaro: se da un lato si è evitato che il paesaggio venisse stravolto, dall'altro si è perso del tempo, che avrebbe potuto essere usato per realizzare un piano energetico regionale. E' il commento di Stefano Leoperdi (nella foto), assessore all'ambiente della Provincia di Macerata, in prima linea nella difesa delle montagne. «I progetti — spiega l'assessore — non hanno superato la Valutazione di impatto ambientale: gli impianti industriali non sono stati giudicati compatibili con il Piano territoriale di coordinamento». Anche la sola fase di realizzazione avrebbe lasciato pesanti tracce: in alta montagna le aziende avrebbero dovuto realizzare strade apposite per portare cemento, pali ed eliche. «Queste ultime poi non si possono smontare, vanno trasportate con mezzi speciali su strade con curvature di 30 metri: sui crinali sarebbero apparsi dei “segni di zorro” indelebili». Per non parlare dei siti scelti: dalla chiesa medievale di Macereto si sarebbe vista una foresta di pali, Plestia a Colfiorito sarebbe stata circondata dalle torri». Fin dall'inizio destò qualche sospetto il fatto che praticamente tutti i progetti si concentrassero nel territorio di Macerata. «Secondo le aziende sui monti delle altre province non ci sarebbe un filo di vento — riferisce Leoperdi —, e invece quelli maceratesi sarebbero adatti perché più arrotondati, con venti continui e senza turbolenze per motivi morfologici. Ma è possibile che solo una provincia delle Marche abbia queste caratteristiche? Il monte Cucco o il monte Catria hanno una identica morfologia, perché nessuno ha proposto un impianto anche lì? Il sospetto è che volessero approfittare della debolezza economica dell'Alto Maceratese: 50.000 o 75.000 euro all'anno sono utili per i sindaci di quei piccoli Comuni». Dopo la presentazione dei progetti la Provincia di Macerata, il Wwf e il Parco dei Sibillini, a ridosso del quale si sarebbero trovate molte delle “wind-farm”, avviarono una serie di iniziative per chiedere un'attenta programmazione, che evitasse danni poi difficili da eliminare. Ora la Conferenza dei servizi della Regione ha accolto il loro invito. «Quelle centrali — prosegue l'assessore provinciale — avrebbero sacrificato una parte importante del territorio senza risolvere i problemi: le Marche hanno un deficit di energia del 40 per cento, con l'eolico sui Sibillini avremmo coperto solo il 10 per cento». Resta però il problema della carenza di energia, e di energia pulita. «Si potrebbero realizzare impianti off-shore, in mare, che però costano di più e quindi piacciono meno alle imprese. Inoltre, la Regione deve accelerare la redazione del piano energetico: in assenza di questo strumento le aziende si sono potute muovere liberamente, facendo delle nostre montagne un Far West da conquistare. Se avessimo avuto nostri studi sulla ventosità (e non solo quelli delle imprese) e un'adeguata programmazione, oggi avremmo parchi eolici compatibili con l'ambiente». Infatti, alcune zone dei Sibillini si presterebbero ad ospitare le torri. «L'eolico è una risorsa importante, e il mini eolico all'interno dei parchi è un'ipotesi condivisa anche da Graziani, presidente dell'Ente Parco dei Sibillini: pali al massimo di 20 metri, che produrrebbero energia rinnovabile per le piccole frazioni: a servizio del territorio, non per le speculazioni. La prima battaglia è stata vinta, ma ora dobbiamo collaborare per la fase successiva».

I primi progetti per realizzare parchi

I primi progetti per realizzare parchi eolici sui Sibillini vennero presentati nell'estate del 2001, dalla Anemon, una Spa di Ferrara, e la Ivpc, di Avellino. Avevano chiesto di realizzare una serie di impianti, per un totale di 300 torri. I pali sarebbero stati alti dai 60 ai 70 metri, con eliche fino a trenta metri. Per mettere i plinti a sostegno delle Torri, sarebbero serviti 100.000 metri cubi di escavazione e di cemento. Ogni palo costa 650.000 euro circa; le ditte dicono di riuscire ad ammortare questa spesa in sette-otto anni; i pali hanno una vita di 25 anni. L'energia pulita è un obbligo per le aziende che, per legge, devono produrre il 2 per cento dell'energia elettrica con fonti rinnovabili, per ottenere i certificati verdi. In un primo momento i progetti non destarono sospetti, poi dal 2000, quando ci si rese conto dell'impatto che avrebbero avuto sul territorio, iniziarono le prime proteste da parte della Provincia di Macerata, del Wwf e del Parco dei Sibillini. Nell'ottobre scorso la Giunta regionale stabilì che al massimo sarebbero stati autorizzati 90 pali in tutte le Marche. Verosimilmente sarebbero stati tutti sui Sibillini del territorio di Macerata.

I PARCHI EOLICI non saranno realizzati

I PARCHI EOLICI non saranno realizzati sulle montagne incontaminate dell'Alto Maceratese, almeno fino a quando non ci sarà un'adeguata programmazione in materia di energia. La Conferenza dei servizi ha infatti accolto l'appello della Provincia di Macerata e ha bocciato i progetti, impedendo che centinaia di pali venissero collocati, in maniera incontrollata, sui monti a ridosso del Parco dei Sibillini. Ora però è urgente l'impegno per definire il Piano energetico regionale.

Questi impianti industriali, e la

“ Questi impianti industriali, e la loro realizzazione, avrebbero causato all'ambiente gravi danni, che poi sarebbero stati difficili da eliminare. Le torri peraltro non avrebbero risolto il deficit energetico delle Marche. Inoltre gli unici dati disponibili sulla ventosità sono quelli forniti dalle aziende

"Turbogas, faremo nuovi studi"  (Ferrara)

Riceviamo e pubblichiamo

In merito all'articolo pubblicato sul Resto del Carlino il 10.05. 2003 a firma del dottor Nicola Armaroli, ricercatore presso l'Istituto per la Sintesi Organica e la Fotoreattività del Cnr di Bologna, vorrei fare alcune prime considerazioni. Il lavoro pubblicato sulla rivista Chimica e Industria dal titolo «Emissioni da centrali termoelettriche a gas naturale» del Maggio 2003 merita sicuramente attenzione e, come già scritto, tutte le indicazioni e la bibliografia citata devono necessariamente essere vagliate e verificate nell'ambito dei singoli contesti. Personalmente ne condivido pienamente la filosofia di fondo che è quella che: «Qualsiasi intervento in un certo ambiente antropizzato non deve essere peggiorativo ma anzi estremamente migliorativo riguardo alle condizioni che creano inquinamento». Ne condivido talmente l'impostazione, che ricordo come il progetto in discussione, chiamato «turbogas», è nato ed è stato portato avanti unicamente in questa logica. Io stesso in occasione di interviste e di interventi pubblici ho sempre sostenuto che solo in questo caso l'operazione aveva senso e cioè nell'ottica del miglioramento rispetto all'esistente, riguardo agli inquinanti di interesse locale. Sicuramente tutte le operazioni e le valutazioni , da parte dei tecnici del ministero e dei vari enti pubblici, sono state condotte seguendo le direttive europee e le leggi nazionali che , come è noto per questi impianti, riguardo alle polveri sottili non ne prevedono il rilevamento, considerandole poco significative. Dall'articolo suddetto viene messo in discussione tale assunto indicando casi e tabelle che dimostrerebbero esattamente il contrario e cioè, sempre riguardo alle polveri fini, una notevole produzione da parte di questa tipologia di impianti. Se ciò fosse vero riguardo al caso locale, essendo questo un'assoluta novità, se ne dovrebbe responsabilmente prendere atto perché cadrebbero i presupposti dell'intero progetto. Come amministratori, quindi, abbiamo la necessità di capire fino in fondo tale questione. A questo proposito credo sia determinante un confronto pubblico, riferito esplicitamente al progetto in atto a Ferrara, che veda la presenza delle varie posizioni in campo: tecnici pubblici (Arpa, Ausl, Comune, Provincia, Regione e soprattutto ministeri), tecnici della ditta titolare dell'autorizzazione della Via e Armaroli o chi egli volesse indicare, responsabile del lavoro più volte citato. Questo atteggiamento è in linea con la politica di sostenibilità legata alla trasparenza che ha contrassegnato l'operato di questa giunta. L'unico dubbio che mi viene leggendo le considerazioni di Armaroli, ma spero di sbagliarmi, è dato da una sensazione di presa di distanza da parte del ricercatore; una sorta di posizione "asettica" del tipo, per semplificare: «Io ho dato il mio contributo alla scienza... adesso sono problemi vostri». Se così fosse sarei molto perplesso riguardo l'etica che sottende a tale intervento. Infatti, al di là dei ruoli e delle specializzazioni, è doveroso che se argomentazioni sono portate all'attenzione dell'opinione pubblica debbano essere confrontate con altre argomentazioni altrettanto valide scientificamente, sempre in sede pubblica. Siamo quindi fiduciosi che Armaroli non declinerà l'invito pubblico che noi facciamo dalle pagine del vostro giornale e che sarà poi a lui trasmesso in via formale. Ci premureremmo di organizzare tale «Confronto pubblico» entro la fine di giugno, primi di luglio del corrente anno.

Alessandro Bratti Assessore all'Ambiente del Comune di Ferrara - Presidente dell'Associazione Italiana Coordinamento Agenda 21 - Ricercatore confermato al Dipartimento di Biologia dell'Università di Ferrara

 
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