RASSEGNA STAMPA 07.05.2003

 

MESSAGGERO
Api, manovre alla stretta finale

Accenti polemici dall’assemblea dei comitati: «Il by pass fs? Meglio puntare tutto sull’arretramento della ferrovia»

Il 16 maggio primo concreto tavolo di confronto sulla concessione

di ROBERTA MACCAGNANI

FALCONARA - E’ il 16 Maggio il giorno della nuova convocazione del tavolo istituzionale tra Regione, Provincia e Comune per decidere del futuro della raffineria Api. L’assessore Giancarlo Scortichini si era detto preoccupato per l’incalzare del tempo: la Regione, infatti, dovrà pronunciarsi sul destino dello stabilimento entro il 15 Giugno. In realtà dall’ente guidato da Vito D’Ambrosio è già emersa una linea di comportamento: non ci sarebbero le condizioni per non rinnovare la concessione all’Api. Falconara ha intanto messo le mani avanti, presentando le prescrizioni che l’Api dovrebbe rispettare per rimanere. Tra le tante segnalate, ricordiamo l’interramento di cinque serbatoi e il controllo diretto del Comune all’interno della raffineria. Resta appunto da vedere quale posizione assumeranno Regione e Provincia. La Regione su alcune prescrizioni è sembrata allineata al Comune di Falconara che sta cercando un fronte comune. E la Provincia? Ha già manifestato impazienza per la lentezza con cui era stato avviato il tavolo istituzionale. Dopo la firma del 5 novembre 2002 che appunto sanciva l’avvio dell’accordo, la prima riunione si era svolta solo all’inizio del 2003: tempo prezioso, quindi, andato perso quello intercorso tra la decisione di avviare il tavolo e il suo effettivo avvio. «Ripartiremo da dove abbiamo interrotto l’ultima volta» spiega Marco Amagliani, assessore regionale all’ambiente ed ai trasporti. «E avvieremo un confronto attorno alle prescrizioni per capire su che basi proseguire il ragionamento». Sempre dell’Api hanno parlato l’altra sera al circolo Leopardi di Falconara i comitati cittadini di Villanova, Fiumesino e 25 Agosto dove erano presenti oltre una cinquantina di cittadini, oltre a Massimo Binci, assessore provinciale all’ambiente, Andrea Dignani, presidente WWF, e Pasquini, dirigente reguionale trasporti. Tema dell’assemblea pubblica, il by pass ferroviario Api. Secondo Loris Calcina, del comitato di Villanova «la soluzione risolve il problema del passaggio di treni nella raffineria, ma strozza il quartiere di Villanova e Fiumesino. A Fiumesino, infatti, si toglie l’unico sbocco: quello verso la campagna. Per quanto riguarda Villanova il discorso è lo stesso: la bretella non porta vantaggi perché in realtà lo scalo merci, come invece ci è stato detto, non verrà eliminato. Il documento stilato dal Ctu del Tar a febbraio di quest’anno spiega che una parte dei binari verrà lasciata per la composizione dei treni merci e a servizio della Golden gas di Monsano che vi trasporterà 11500 tonnellate di petrolio liquefatto all’anno». Non tutti i cittadini di Villanova concordano, però, con il comitato di quartiere. Circa 35 famiglie che si sono incontrate sembra all’insaputa delle altre del quartiere, con i tecnici del Comune appoggiano il by pass. Per i comitati, comunque, il by pass non va realizzato: meglio, molto meglio l’arretramento totale della linea Fs, così come esposto da Giancarli, presidente della Provincia. Per questo stanno raccogliendo le firme dei cittadini (già 70) per chiedere alla Provincia di insistere. «Se si tratta di fare un intervento sul by-pass Api - chiede Calcina - perché invece di fare un intervento tampone non realizziamo l’arretramento della linea fs?». Intanto ieri fumata bianca da una delle torrette Api. Sfiorati i livelli massimi di zolfo. L’inconveniente, che non ha comportato problemi, è stato immediatamente segnalato.

 
RESTO DEL CARLINO (Ferrara)
«Il turbogas farà smog tre volte più del traffico»

di Michele Fabbri

«Una centrale da 780 megawatt produce in un anno una quantità di PM10 (micropolveri, di diametro uguale o inferiore a 10 micron, ndr) dell'ordine di quella prodotta dal traffico della città di Bologna nella quale risiedono 375 mila persone, verso la quale migliaia di persone si muovono in auto per andare al lavoro, caratterizzata dallo snodo autostradale chiave per i collegamenti nord-sud ed est-ovest del sesto Paese più industrializzato del mondo». È questa la conclusione a cui giunge uno studio sulle centrali a ciclo combinato alimentate a gas naturale di nuova generazione (Ngcc, Natural gas combined cycle, le cosiddette «turbogas»), pubblicato nell'ultimo numero della rivista «La Chimica e l'Industria», organo ufficiale della Società Chimica Italiana. I risultati presentati delineano per questo tipo di impianti, in fase di progettazione in molte parti del nostro Paese e a Ferrara, un quadro delle emissioni inquinanti radicalmente diverso — e assai più pesante — di quello normalmente conosciuto. «In Italia ed in Europa — affermano Nicola Armaroli del Cnr di Bologna e Claudio Po dell' Ausl di Bologna Nord, autori dell'articolo 'Emissioni da centrali termoelettriche a gas naturale' — è abbastanza diffusa la convinzione che centrali Ngcc emettano, come unici inquinanti di rilievo, ossidi di azoto». In particolare, «le emissioni di PM 10 vengono regolarmente ignorate nei progetti e negli studi di impatto ambientale italiani. Riteniamo — sottolineano i ricercatori — che vi sia molta ambiguità di linguaggio. Quando si parla di combustione di gas naturale si ha essenzialmente a che fare con polveri fini, quindi è doveroso utilizzare i termini PM10 e PM2,5. Parlare di generiche "polveri" o "ceneri" è ambiguo e fuorviante: negli Stati Uniti questo non è concesso». Armaroli e Po partono dal caso concreto di una centrale turbogas proposta in provincia di Bologna. Un impianto che ha una potenza elettrica nominale di 780 megawatt e che, lavorando circa 6mila ore all'anno, produrrebbe 4.670 gigawattora di energia elettrica: del tutto simile, semmai leggermente inferiore, alla turbogas prevista a Ferrara. Non soddisfatti dai dati forniti dai costruttori e dalla letteratura italiana ed europea in merito, gli autori prendono in esame gli studi condotti negli Stati Uniti. La scelta è forte e coerente perché, mentre da noi centrali di questo tipo sono ancora relativamente poco diffuse, oltre Atlantico sono già operative da alcuni anni. Mentre per la centrale bolognese non viene fornito dai proponenti alcun dato, perché ritenuto talmente piccolo da essere trascurabile, le informazioni relative ad alcune centrali californiane «dimostrano che una centrale Ngcc da 780 megawatt con il massimo di controllo sugli inquinanti primari produce comunque una quantità di PM10 dell'ordine delle 150-250 tonnellate all'anno». Un ulteriore studio approfondito, condotto dal National Renewable Energy Laboratory del Dipartimento dell'energia del Governo americano, indica in 290 le tonnellate all'anno di PM10 emesse da una centrale di questo tipo. Non solo. Gli estensori dell'articolo ipotizzano che, «in assenza di severi controlli su ossidi di azoto, composti organici volatili, ossido di carbonio, ossidi di zolfo (tutti precursori di polveri fini secondarie) la produzione di PM10 possa agevolmente superare le 300 tonnellate all'anno negli impianti italiani. Si noti ad esempio che le quantità permesse di ossido di azoto negli Stati Uniti sono ben 5-10 volte minori di quelle di un impianto italiano». Ma c'è un altro elemento che può determinare un ulteriore forte aumento delle micropolveri, ed è la localizzazione dell'impianto. «Il complesso meccanismo di formazione del PM10 — ha dichiarato Armaroli — può essere influenzato dalla presenza nell'aria di altre sostanze chimiche. In un Polo chimico, le emissioni della centrale — combinandosi con quelle di altri impianti — potrebbero fornire un contributo aggiuntivo valutabile fino al 30 per cento. Una caso analogo è quello di Elk Hills riportato nell'articolo. Se poi si considerano le sfavorevoli condizioni climatiche della pianura Padana, caratterizzate per lunghi mesi estivi da stagnazione dell'aria e forte irraggiamento solare, bisognerebbe prestare particolare attenzione alla complessità dei fattori che entra in gioco e condurre specifiche ricerche. Sarebbe un buon principio di precauzione, anche se la nostra normativa non prevede studi di questo tipo». Per avere un termine di confronto in sede locale relativamente alle emissioni da traffico urbano, una centrale da 780 MW emetterebbe a Ferrara (tenuto conto della minor popolazione e dell'assenza della tangenziale rispetto al caso bolognese citato all'inizio) una quantità di PM10 fra le tre e le quattro volte volte superiore a quella prodotta dal traffico complessivo della nostra città.

Turbogas Vantaggi e perplessità sui «fumi» delle nuove centrali

Prima affermazione: le centrali a ciclo combinato a gas naturale emettono meno emissioni inquinanti di ogni altro tipo di impianto. Se poi sono in grado di fornire anche cogenerazione (cioè di recuperare una parte del calore residuo del ciclo di produzione dell'energia per produrre vapore da riscaldamento) non c'è quasi nulla di meglio per proteggere l'ambiente. Seconda affermazione: le grosse centrali a ciclo combinato a gas naturale hanno un impatto pesantemente negativo sull'ambiente. Due dichiarazioni in apparente grave contraddizione. Ma solo apparente. La spiegazione sta tutta nella dimensione degli impianti. Il ragionamento da fare è molto semplice: se si paragonano due centrali di 100 megawatt, una a ciclo combinato a gas naturale e una di vecchio tipo, la prima è sicuramente vincente dal punto di vista ambientale: le emissioni inquinanti sono inferiori. Ma se la centrale a ciclo combinato a gas naturale è molto più potente (per esempio dieci volte tanto), il vantaggio scompare: come se, gettata la nostra vecchia e inquinante utilitaria non catalizzata, viaggiassimo con un tir diesel di ultima generazione. Come osservano Nicola Armaroli del Cnr di Bologna e Claudio Po dell'Ausl di Bologna in un recente studio ('Emissioni da centrali termoelettriche a gas naturale' comparso sulla rivista La chimica e l'industria), bisogna considerare che «le centrali termoelettriche a ciclo combinato alimentate a gas naturale (Ngcc) sono una sorgente tutt'altro che trascurabile di inquinamento atmosferico. È certamente vero che la riconversione di vecchie centrali a carbone o ad olio combustibile in impianti Ngcc può produrre un'apprezzabile riduzione dell'inquinamento atmosferico e dell'impatto serra. Ma nel caso di nuovi impianti di grandi dimensioni l'autorizzazione andrebbe concessa con cautela ed in presenza di adeguate misure compensative sulla qualità dell'aria».

 
CORRIERE ADRIATICO
Raccolta di firme contro il by pass

E l'assessore provinciale Binci torna a porre dubbi sull'opera: "Serve a giustificare la permanenza dell'Api"

di MARINA MINELLI

"Da questo momento l'amministrazione comunale sa cosa pensano sul serio i cittadini". Grazie ai comitati di Villanova, Fiumesino e 25 agosto il progetto del by-pass ferroviario, pensato per "scavalcare la raffineria Api", è diventato oggetto di una discussione pubblica (e da ieri anche di una raccolta di firme), presenti un tecnico della Regione e l'assessore provinciale ai trasporti Massimo Binci, ma in totale assenza del Comune che ha deciso di appoggiare totalmente il piano di Rete ferroviaria italiana. Secondo quanto illustrato da Franco Budini e Loris Calcina, i portavoce di Fiumesino e Villanova, il by pass dovrebbe lasciare la costa prima dell'ex Montedison, proseguire parallelamente alla statale, passare accanto al castello di Rocca Priora, entrare a Fiumesino a poche decine di metri dalla chiesa di San Lorenzo e poi proseguire verso Falconara inglobando la parte terminale dell'ex caserma Saracini. Qui, la linea si divide in due rami: uno dovrebbe connettersi con l'Ancona-Orte, l'altro rientrerebbe sul tratto già esistente della Bologna-Ancona per arrivare alla stazione di Falconara. "Se spostamento deve essere ad ogni costo - fa notare Loris Calcina - cogliamo un'occasione unica e diamo una svolta in positivo a tutto il territorio. Non ha senso che ad avvantaggiarsene sia un'azienda e che le ricadute restino su quartieri già fortemente provati". A Fiumesino - ribadiscono i comitati - la ferrovia chiuderebbe definitivamente i residenti in una "morsa infernale", toglierebbe quell'unico sbocco positivo verso il fiume e la campagna e finirebbe con il rendere vano anche il progetto del parco fluviale sull'Esino. "Ma non solo - prosegue Franco Budini -. Lo spostamento della linea ferroviaria pregiudicherebbe la realizzazione del progetto Fiumesino 2000 per l'arretramento delle abitazioni, per distanziarle dagli impianti della raffineria e dalla centrale dell'Api. Per non parlare dei danni probabili a due edifici storici, Rocca Priora e San Lorenzo". Per Villanova la situazione sarebbe solo in apparenza migliore, perché la deviazione libera la zona solo da parte dello scalo merci che, tra l'altro, serve la raffineria. Inoltre - si è detto - il quartiere Case Unrra-Stadio si troverebbe al confine della nuova biforcazione. Inutile, a parere dell'ingegner Pasquini, parlare adesso dello spostamento totale dei binari, a causa di costi enormi che nessuno potrebbe sostenere. Mentre l'assessore Binci ripropone un dubbio: "Si deve proprio utilizzare una soluzione così ristretta che alla fine serve a giustificare la permanenza dell'Api? Parliamone e cerchiamo di trovare alternative".

 
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