MESSAGGERO |
Api, manovre alla stretta
finale
Accenti polemici
dall’assemblea dei comitati: «Il by pass fs? Meglio puntare
tutto sull’arretramento della ferrovia»
Il 16 maggio primo concreto
tavolo di confronto sulla concessione
di ROBERTA MACCAGNANI
FALCONARA - E’ il 16 Maggio
il giorno della nuova convocazione del tavolo istituzionale
tra Regione, Provincia e Comune per decidere del futuro
della raffineria Api. L’assessore Giancarlo Scortichini si
era detto preoccupato per l’incalzare del tempo: la Regione,
infatti, dovrà pronunciarsi sul destino dello stabilimento
entro il 15 Giugno. In realtà dall’ente guidato da Vito
D’Ambrosio è già emersa una linea di comportamento: non ci
sarebbero le condizioni per non rinnovare la concessione
all’Api. Falconara ha intanto messo le mani avanti,
presentando le prescrizioni che l’Api dovrebbe rispettare
per rimanere. Tra le tante segnalate, ricordiamo
l’interramento di cinque serbatoi e il controllo diretto del
Comune all’interno della raffineria. Resta appunto da vedere
quale posizione assumeranno Regione e Provincia. La Regione
su alcune prescrizioni è sembrata allineata al Comune di
Falconara che sta cercando un fronte comune. E la Provincia?
Ha già manifestato impazienza per la lentezza con cui era
stato avviato il tavolo istituzionale. Dopo la firma del 5
novembre 2002 che appunto sanciva l’avvio dell’accordo, la
prima riunione si era svolta solo all’inizio del 2003: tempo
prezioso, quindi, andato perso quello intercorso tra la
decisione di avviare il tavolo e il suo effettivo avvio.
«Ripartiremo da dove abbiamo interrotto l’ultima volta»
spiega Marco Amagliani, assessore regionale all’ambiente ed
ai trasporti. «E avvieremo un confronto attorno alle
prescrizioni per capire su che basi proseguire il
ragionamento». Sempre dell’Api hanno parlato l’altra sera al
circolo Leopardi di Falconara i comitati cittadini di
Villanova, Fiumesino e 25 Agosto dove erano presenti oltre
una cinquantina di cittadini, oltre a Massimo Binci,
assessore provinciale all’ambiente, Andrea Dignani,
presidente WWF, e Pasquini, dirigente reguionale trasporti.
Tema dell’assemblea pubblica, il by pass ferroviario Api.
Secondo Loris Calcina, del comitato di Villanova «la
soluzione risolve il problema del passaggio di treni nella
raffineria, ma strozza il quartiere di Villanova e
Fiumesino. A Fiumesino, infatti, si toglie l’unico sbocco:
quello verso la campagna. Per quanto riguarda Villanova il
discorso è lo stesso: la bretella non porta vantaggi perché
in realtà lo scalo merci, come invece ci è stato detto, non
verrà eliminato. Il documento stilato dal Ctu del Tar a
febbraio di quest’anno spiega che una parte dei binari verrà
lasciata per la composizione dei treni merci e a servizio
della Golden gas di Monsano che vi trasporterà 11500
tonnellate di petrolio liquefatto all’anno». Non tutti i
cittadini di Villanova concordano, però, con il comitato di
quartiere. Circa 35 famiglie che si sono incontrate sembra
all’insaputa delle altre del quartiere, con i tecnici del
Comune appoggiano il by pass. Per i comitati, comunque, il
by pass non va realizzato: meglio, molto meglio
l’arretramento totale della linea Fs, così come esposto da
Giancarli, presidente della Provincia. Per questo stanno
raccogliendo le firme dei cittadini (già 70) per chiedere
alla Provincia di insistere. «Se si tratta di fare un
intervento sul by-pass Api - chiede Calcina - perché invece
di fare un intervento tampone non realizziamo l’arretramento
della linea fs?». Intanto ieri fumata bianca da una delle
torrette Api. Sfiorati i livelli massimi di zolfo.
L’inconveniente, che non ha comportato problemi, è stato
immediatamente segnalato. |
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RESTO DEL CARLINO (Ferrara) |
«Il turbogas farà smog tre
volte più del traffico»
di Michele Fabbri
«Una centrale da 780 megawatt
produce in un anno una quantità di PM10 (micropolveri, di
diametro uguale o inferiore a 10 micron, ndr) dell'ordine di
quella prodotta dal traffico della città di Bologna nella
quale risiedono 375 mila persone, verso la quale migliaia di
persone si muovono in auto per andare al lavoro,
caratterizzata dallo snodo autostradale chiave per i
collegamenti nord-sud ed est-ovest del sesto Paese più
industrializzato del mondo». È questa la conclusione a cui
giunge uno studio sulle centrali a ciclo combinato
alimentate a gas naturale di nuova generazione (Ngcc,
Natural gas combined cycle, le cosiddette «turbogas»),
pubblicato nell'ultimo numero della rivista «La Chimica e
l'Industria», organo ufficiale della Società Chimica
Italiana. I risultati presentati delineano per questo tipo
di impianti, in fase di progettazione in molte parti del
nostro Paese e a Ferrara, un quadro delle emissioni
inquinanti radicalmente diverso — e assai più pesante — di
quello normalmente conosciuto. «In Italia ed in Europa —
affermano Nicola Armaroli del Cnr di Bologna e Claudio Po
dell' Ausl di Bologna Nord, autori dell'articolo 'Emissioni
da centrali termoelettriche a gas naturale' — è abbastanza
diffusa la convinzione che centrali Ngcc emettano, come
unici inquinanti di rilievo, ossidi di azoto». In
particolare, «le emissioni di PM 10 vengono regolarmente
ignorate nei progetti e negli studi di impatto ambientale
italiani. Riteniamo — sottolineano i ricercatori — che vi
sia molta ambiguità di linguaggio. Quando si parla di
combustione di gas naturale si ha essenzialmente a che fare
con polveri fini, quindi è doveroso utilizzare i termini
PM10 e PM2,5. Parlare di generiche "polveri" o "ceneri" è
ambiguo e fuorviante: negli Stati Uniti questo non è
concesso». Armaroli e Po partono dal caso concreto di una
centrale turbogas proposta in provincia di Bologna. Un
impianto che ha una potenza elettrica nominale di 780
megawatt e che, lavorando circa 6mila ore all'anno,
produrrebbe 4.670 gigawattora di energia elettrica: del
tutto simile, semmai leggermente inferiore, alla turbogas
prevista a Ferrara. Non soddisfatti dai dati forniti dai
costruttori e dalla letteratura italiana ed europea in
merito, gli autori prendono in esame gli studi condotti
negli Stati Uniti. La scelta è forte e coerente perché,
mentre da noi centrali di questo tipo sono ancora
relativamente poco diffuse, oltre Atlantico sono già
operative da alcuni anni. Mentre per la centrale bolognese
non viene fornito dai proponenti alcun dato, perché ritenuto
talmente piccolo da essere trascurabile, le informazioni
relative ad alcune centrali californiane «dimostrano che una
centrale Ngcc da 780 megawatt con il massimo di controllo
sugli inquinanti primari produce comunque una quantità di
PM10 dell'ordine delle 150-250 tonnellate all'anno». Un
ulteriore studio approfondito, condotto dal National
Renewable Energy Laboratory del Dipartimento dell'energia
del Governo americano, indica in 290 le tonnellate all'anno
di PM10 emesse da una centrale di questo tipo. Non solo. Gli
estensori dell'articolo ipotizzano che, «in assenza di
severi controlli su ossidi di azoto, composti organici
volatili, ossido di carbonio, ossidi di zolfo (tutti
precursori di polveri fini secondarie) la produzione di PM10
possa agevolmente superare le 300 tonnellate all'anno negli
impianti italiani. Si noti ad esempio che le quantità
permesse di ossido di azoto negli Stati Uniti sono ben 5-10
volte minori di quelle di un impianto italiano». Ma c'è un
altro elemento che può determinare un ulteriore forte
aumento delle micropolveri, ed è la localizzazione
dell'impianto. «Il complesso meccanismo di formazione del
PM10 — ha dichiarato Armaroli — può essere influenzato dalla
presenza nell'aria di altre sostanze chimiche. In un Polo
chimico, le emissioni della centrale — combinandosi con
quelle di altri impianti — potrebbero fornire un contributo
aggiuntivo valutabile fino al 30 per cento. Una caso analogo
è quello di Elk Hills riportato nell'articolo. Se poi si
considerano le sfavorevoli condizioni climatiche della
pianura Padana, caratterizzate per lunghi mesi estivi da
stagnazione dell'aria e forte irraggiamento solare,
bisognerebbe prestare particolare attenzione alla
complessità dei fattori che entra in gioco e condurre
specifiche ricerche. Sarebbe un buon principio di
precauzione, anche se la nostra normativa non prevede studi
di questo tipo». Per avere un termine di confronto in sede
locale relativamente alle emissioni da traffico urbano, una
centrale da 780 MW emetterebbe a Ferrara (tenuto conto della
minor popolazione e dell'assenza della tangenziale rispetto
al caso bolognese citato all'inizio) una quantità di PM10
fra le tre e le quattro volte volte superiore a quella
prodotta dal traffico complessivo della nostra città.
Turbogas Vantaggi e
perplessità sui «fumi» delle nuove centrali
Prima affermazione: le
centrali a ciclo combinato a gas naturale emettono meno
emissioni inquinanti di ogni altro tipo di impianto. Se poi
sono in grado di fornire anche cogenerazione (cioè di
recuperare una parte del calore residuo del ciclo di
produzione dell'energia per produrre vapore da
riscaldamento) non c'è quasi nulla di meglio per proteggere
l'ambiente. Seconda affermazione: le grosse centrali a ciclo
combinato a gas naturale hanno un impatto pesantemente
negativo sull'ambiente. Due dichiarazioni in apparente grave
contraddizione. Ma solo apparente. La spiegazione sta tutta
nella dimensione degli impianti. Il ragionamento da fare è
molto semplice: se si paragonano due centrali di 100
megawatt, una a ciclo combinato a gas naturale e una di
vecchio tipo, la prima è sicuramente vincente dal punto di
vista ambientale: le emissioni inquinanti sono inferiori. Ma
se la centrale a ciclo combinato a gas naturale è molto più
potente (per esempio dieci volte tanto), il vantaggio
scompare: come se, gettata la nostra vecchia e inquinante
utilitaria non catalizzata, viaggiassimo con un tir diesel
di ultima generazione. Come osservano Nicola Armaroli del
Cnr di Bologna e Claudio Po dell'Ausl di Bologna in un
recente studio ('Emissioni da centrali termoelettriche a gas
naturale' comparso sulla rivista La chimica e l'industria),
bisogna considerare che «le centrali termoelettriche a ciclo
combinato alimentate a gas naturale (Ngcc) sono una sorgente
tutt'altro che trascurabile di inquinamento atmosferico. È
certamente vero che la riconversione di vecchie centrali a
carbone o ad olio combustibile in impianti Ngcc può produrre
un'apprezzabile riduzione dell'inquinamento atmosferico e
dell'impatto serra. Ma nel caso di nuovi impianti di grandi
dimensioni l'autorizzazione andrebbe concessa con cautela ed
in presenza di adeguate misure compensative sulla qualità
dell'aria». |
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CORRIERE ADRIATICO |
Raccolta di firme contro il
by pass
E l'assessore provinciale
Binci torna a porre dubbi sull'opera: "Serve a giustificare
la permanenza dell'Api"
di MARINA MINELLI
"Da questo momento
l'amministrazione comunale sa cosa pensano sul serio i
cittadini". Grazie ai comitati di Villanova, Fiumesino e 25
agosto il progetto del by-pass ferroviario, pensato per
"scavalcare la raffineria Api", è diventato oggetto di una
discussione pubblica (e da ieri anche di una raccolta di
firme), presenti un tecnico della Regione e l'assessore
provinciale ai trasporti Massimo Binci, ma in totale assenza
del Comune che ha deciso di appoggiare totalmente il piano
di Rete ferroviaria italiana. Secondo quanto illustrato da
Franco Budini e Loris Calcina, i portavoce di Fiumesino e
Villanova, il by pass dovrebbe lasciare la costa prima
dell'ex Montedison, proseguire parallelamente alla statale,
passare accanto al castello di Rocca Priora, entrare a
Fiumesino a poche decine di metri dalla chiesa di San
Lorenzo e poi proseguire verso Falconara inglobando la parte
terminale dell'ex caserma Saracini. Qui, la linea si divide
in due rami: uno dovrebbe connettersi con l'Ancona-Orte,
l'altro rientrerebbe sul tratto già esistente della
Bologna-Ancona per arrivare alla stazione di Falconara. "Se
spostamento deve essere ad ogni costo - fa notare Loris
Calcina - cogliamo un'occasione unica e diamo una svolta in
positivo a tutto il territorio. Non ha senso che ad
avvantaggiarsene sia un'azienda e che le ricadute restino su
quartieri già fortemente provati". A Fiumesino - ribadiscono
i comitati - la ferrovia chiuderebbe definitivamente i
residenti in una "morsa infernale", toglierebbe quell'unico
sbocco positivo verso il fiume e la campagna e finirebbe con
il rendere vano anche il progetto del parco fluviale
sull'Esino. "Ma non solo - prosegue Franco Budini -. Lo
spostamento della linea ferroviaria pregiudicherebbe la
realizzazione del progetto Fiumesino 2000 per l'arretramento
delle abitazioni, per distanziarle dagli impianti della
raffineria e dalla centrale dell'Api. Per non parlare dei
danni probabili a due edifici storici, Rocca Priora e San
Lorenzo". Per Villanova la situazione sarebbe solo in
apparenza migliore, perché la deviazione libera la zona solo
da parte dello scalo merci che, tra l'altro, serve la
raffineria. Inoltre - si è detto - il quartiere Case
Unrra-Stadio si troverebbe al confine della nuova
biforcazione. Inutile, a parere dell'ingegner Pasquini,
parlare adesso dello spostamento totale dei binari, a causa
di costi enormi che nessuno potrebbe sostenere. Mentre
l'assessore Binci ripropone un dubbio: "Si deve proprio
utilizzare una soluzione così ristretta che alla fine serve
a giustificare la permanenza dell'Api? Parliamone e
cerchiamo di trovare alternative". |
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