RASSEGNA STAMPA 29.04.2003

 

MESSAGGERO
I carabinieri: «Un cerino e sarebbe bruciato tutto»

FALCONARA — Sarebbe stato gravissimo l’inquinamento da idrocarburi del sottosuolo di Falconara, in corrispondenza ai lavori di scavo per la costruzione del cavalcavia Fs di Villanova. Secondo la testimonianza di un carabiniere del Noe, nel corso del processo iniziato ieri ad Ancona, quando le ruspe avrebbero iniziato gli sterri: «Sarebbe bastato un fiammifero, una cicca caduta di bocca agli operai, per mandare tutto a fuoco». Il responsabile del servizio ambiente del Comune, Paolo Angeloni, ha aggiunto che la realizzazione dell’opera ha posto fine alla situazione di pericolo immediato, ma nel sottosuolo continuerebbe ad esserci una forma di inquinamento a macchie di leopardo. Gli scavi per il cavalcavia avrebbero solo fatto emergere gli strati contaminati, ad accorgersi furono i residenti per via delle esalazioni maleodoranti nei bagni delle loro abitazioni. Imputati i costruttori Roberto e Domenico Di Marzio, il direttore delle Fs Tomasino Salvatori, i tecnici Mario Esposito (direttore dei lavori) e Stefano Morellina. Il processo proseguirà il prossimo 30 maggio.

«Ho a cuore il futuro di tutti»

CARLETTI RISPONDE A ZAFFIRI

FALCONARA - «Le dichiarazioni del sig. Zaffiri per le quali il sindaco del Comune di Falconara sarebbe dimentico dei lavoratori, appaiono del tutto arbitrarie e prive di ogni fondamento». Così risponde Giancarlo Carletti alle affermazioni di Zaffiri scaturite in relazione alla ben nota questione del rinnovo della concessione Api. «Anzitutto il sindaco deve preoccuparsi di tutti i cittadini del Comune i quali, lavoratori compresi, hanno principalmente il diritto e il bisogno di vivere in un ambiente e territorio ecologicamente sani. Il nuovo Prg si pone pertanto il progetto di riconvertire le zone delle industrie inquinanti in aree per attività ecocompatibili che consentano di sfruttare al meglio le potenzialità del territorio dal turismo al terziario avanzato, al direzionale in un ambito di area vasta. Le affermazioni dello stesso eludono poi ogni riferimento concreto e normativo, invocando interventi governativi fuori di ogni previsione in materie le cui competenze spettano alla Regione. Si consiglia a Zaffiri, prima di proporre affermazioni non fondate e fuori luogo, di valutare progetti, studi e quant'altro che l'amministrazione comunale sta compiendo per restituire a Falconara Marittima la sua autonomia ed il rispetto della sua dignità nelle scelte di sviluppo economico, culturale e sociale».

Sea, analisi sulle acque reflue: cisterna bloccata

I Carabinieri del Noe hanno fermato il mezzo per fare chiarezza. Il legale dell’azienda: «Nulla di preoccupante»

di ROBERTA MACCAGNANI

FALCONARA - Posta sotto sequestro una cisterna della Sea, in via Saline, azienda di Camerata Picena specializzata nella gestione dei rifiuti speciali, dalla raccolta allo smaltimento. L'operazione, condotta dai carabinieri del Noe, nucleo operativo ecologico, risale alla mattina del 16 aprile quando due marescialli del corpo si sono presentati in azienda, chiedendo di verificare il trasporto delle acque reflue. A ricostruire i fatti per il Messaggero è l’avvocato Massimo Gasparetti nominato dalla Sea come legale per seguire questa vicenda. «Non si tratta di nulla di grave e finora non sono state verificate irregolarità - spiega - Due marescialli del Noe si sono presentati in azienda e hanno disposto la fermata nel piazzale di una cisterna che trasportava acque reflue industriali nel rispetto delle autorizzazioni e delle norme vigenti». Perché sono andati a controllare proprio la Sea? «Non so, penso avranno disposto controlli a campione, considerando, poi, che la Sea è l’azienda più nota e grande del settore nella provincia di Ancona si comprende come i controlli siano inevitabili». Come sono andate le cose, quindi? «I militari del Noe hanno disposto la fermata di questa cisterna diretta al depuratore per lo smaltimento delle acque reflue sottoposte a trattamento all’interno della Sea - risponde Gasparetti - Poi, dalle acque sono stati prelevati dei campioni per accertare la corrispondenza tra quanto trasportato e quanto dichiarato nel relativo formulario. Dalle prime verifiche effettuate dall’Arpam i dati non segnalano alcun problema. L’azienda ha anche provveduto a compiere analisi per proprio conto in un laboratorio privato e anche queste evidenziano componenti rientranti nelle tabelle di legge. I risultati definitivi saranno pronti, comunque, dopo il Primo maggio». Coscienza tranquilla, quindi, per la Sea, secondo quanto riferisce il suo legale. L’azienda era stata coinvolta parecchi mesi fa, a settembre dello scorso anno, in un incendio. Un rogo improvviso che sarebbe potuto anche sfociare in un disastro ecologico. Le fiamme, infatti, sviluppatesi in azienda, hanno lambito 70 bidoni ricolmi di triossido di cromo in scaglie, un liquido altamente tossico e infiammabile che se fossero scoppiati avrebbero provocato gravi danni. Erano perciò scattati i sigilli alla Sea Ambiente con l’amministratore delegato della medesima deferito all'autorità giudiziaria. L'operazione era stata condotta dai carabinieri del Noe in collaborazione con l'Arpam, ma tutto partì dall'intervento dei vigili del fuoco chiamati per domare l'incendio propagatosi durante il trattamento dei fanghi industriali a causa della combustione di calce e segatura. Le indagini stabilirono che la ditta non era abilitata al trattamento e allo smaltimento di rifiuti tossici come il triossido, ma solo allo stoccaggio. Quei bidoni di triossido, quindi, non dovevano trovarsi lì, accatastati in una zona inadatta, ammaccati e anneriti.

 
RESTO DEL CARLINO
«In via Monte e Tognetti si rischiò l'incendio»

di L.Mo.

FALCONARA — Sarebbe bastato un semplice mozzicone di sigaretta gettato ancora ardente in terra a far alzare le fiamme in via Monte e Tognetti su un'area larga 200 metri quadri. E' questo, secondo un maresciallo dei carabinieri del Nucleo tutela ambiente (ex Noe), il pericolo che si corse nell'agosto del 2000 a Villanova, dove erano stati appena avviati i lavori per la costruzione di un sottovia ferroviario. Quando le ruspe cominciarono a scavare tutto il quartiere venne invaso da odori nauseabondi provenienti dalla massa di terra tirata su dalla falsa e impregnata per lo più di idrocarburi. Il potenziale pericolo è stato ricordato ieri in tribunale dal maresciallo Campaniolo nel corso della prima udienza del processo che vede imputate cinque persone. Secondo l'accusa avrebbero provocato un pericolo concreto di inquinamento ambientale prima smuovendo quei rifiuti finiti da tempo nel sottosuolo di quell'area tra l'altro non di proprietà delle Fs e poi facendoli in sostanza risprofondare nel terreno con un intervento di bonifica. Intervento che, sempre a parere dell'accusa, risolse il problema dei cattivi odori ma non quello dell'inquinamento. A giudizio sono finiti Domenico Di Marzio, 61 anni, di Chieti, responsabile della omonima ditta che seguì i lavori per il sottovia; Roberto Di Marzio, 37 anni, anch'egli di Chieti, direttore dei lavori; Tomasino Salvatori, 56 anni, di Merano ma residente in Ancona, direttore compartimentale infrastruttura delle Ferrovie; Mario Esposito, 47 anni, di Ortona, anch'egli direttore dei lavori; Stefano Morellina, 47 anni, ingegnere foggiano residente ad Ancona, tecnico del progetto del sottovia. Nell'udienza di ieri, che ha visto la costituzione come parti civili del comitato dei cittadini di Villanova e di quattro residenti attraverso gli avvocati Stefano Crispiani e Carlo Pesaresi, hanno deposto come testi d'accusa anche un tenente dei vigili urbani e Paolo Angeloni dirigente del Servizio ambiente del Comune di Falconara. Angeloni ha rimarcato che, dopo l'ordinanza inviata alle Fs di provvedere ad un'immediata bonifica della zona, il problema di cattivi odori per i residenti fu risolto con gli interventi apportati dalla ditta ma sotto terra l'inquinamento rimase diffuso a macchia di leopardo. Il processo proseguirà il 30 marzo. Gli imputati sono difesi dagli avvocati Cinzia Molinaro dello studio Scaloni, Marco Maria Brunetti, Lamberto Giusti e Giuliano Milia.

 
CORRIERE ADRIATICO
"Quel sottopasso poteva incendiarsi"

Idrocarburi in falda, cinque imputati per gli scavi inquinanti a Villanova

di L.S.

"In quel sottopasso c'erano esalazioni così forti che sarebbe bastato gettare un mozzicone di sigaretta per far divampare un incendio". Siamo al processo per gli scavi inquinanti del sottopasso ferroviario di Villanova e il maresciallo Campaniolo del Noe, l'investigatore che si occupò del caso, dà l'idea di quanto l'aria fosse ammorbata dai miasmi degli idrocarburi presenti nel terreno e poi finiti nella falda sotterranea. "I residenti della zona ci avevano chiamato segnalando cattivi odori che salivano dai servizi igienici e constatai che erano odori molto forti, facevano star male". Secondo un'indagine condotta dal pm Marco Mansi gli imputati avrebbero violato a ripetizione le norme sulla tutela delle acque, sorvolando i divieti di scarico e abbandonando i rifiuti in modo incontrollato. Il risultato, sempre stando all'ipotesi d'accusa, fu che il terreno di scavo, contaminato da idrocarburi aromatici, finì delle acque della falda provocando un inquinamento. Sono a giudizio Domenico e Roberto Di Marzio, 72 e 38 anni, titolare e direttore dei lavori dell'impresa di Chieti che tra l'agosto e l'ottobre del 2000 stava eseguendo i lavori, quando un sopralluogo dell'Arpam accertò che c'era stata infiltrazione di idrocarburi in falda. Con loro sono imputati anche Tomasino Salvatori, 56 anni, all'epoca direttore compartimentale infrastrutture delle "Ferrovie Spa" di Ancona, il progettista Stefano Morellina, 58 anni, e il direttore dei lavori Mario Esposito, 58 anni. La procura contesta a tutti quattro ipotesi di reato legate alla normativa sulla tutela delle acque, nonché il "getto di cose pericolose", i rifiuti emersi a seguito delle opere di escavazione, "tali da offendere o molestare le persone". L'inchiesta era partita da un esposto del comitato di cittadini di Villanova, che ora si sono costituiti parte civile tramite gli avvocati Stefano Crispiani e Carlo Maria Pesaresi. Ieri è stato sentito anche il dottor Paolo Angeloni, responsabile dell'Ufficio Ambiente del Comune di Falconara. Ha spiegato che il problema dei cattivi odori s'era risolto, ma nel sottosuolo c'è un fenomeno di inquinamento a macchia di leopardo che risale addirittura al periodo bellico. Le difese hanno sottolineato che nei campioni di terriccio prelevati la presenza di idrocarburi era nei limiti di legge. L'unico sforamento s'era avuto in presenza di una soletta in cemento prevista proprio per decantare le acque prima dell'immissione in falda. Il processo riprenderà il 30 maggio.

 
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