Ad Augusta il dramma continua
Bimbi malformati. L'ultimo
caso a Pasquetta: una donna di 25 anni costretta ad
abortire, al feto mancava l'apparato digerente
di Anna Burzilleri
Augusta. L'ultimo caso di
malformazione di nascituro è stato registrato all'ospedale
di Augusta appena alcuni giorni fa: lunedì scorso, per
Pasquetta. Ad abortire è stata un donna di 25 anni, per
onfalocele, ovvero al feto mancava l'apparato digerente.
Cinque casi di aborto spontaneo a settimana Secondo alcune
notizie mai rese ufficiali ogni settimana ad Augusta ci sono
almeno 5 casi di aborto spontanei. «Non vogliamo creare
allarmismo, - affermano i medici - anche se i dati diramati
del 10% di puerpere con un bambino malformato o un aborto
potrebbe essere vero». «I dati ufficiali sono quelli del
registro sicilano delle malformazioni, ovvero l'Asmac»,
ribadisce Giacinto Franco, già primario del reparto di
Pediatria, che per primo sollevò la questione sulle
malformazioni e sui tumori, Era il 1980, e l'allora pretore
Condorelli aprì un'inchiesta. «Il riscontro che una
malformazione come la sindrome di Goldenhar si potesse
mettere in relazione al mercurio prodotto dall'attività
industriale suscitò scalpore, - ricorda Franco - il
ministero della Sanità decise di monitorare tutta la zona
del siracusano». Ad Augusta si registra un aumento
progressivo del numero di nascite con difetti: dal 1,5%
dell'80 si passa al 3% del '90 ed al 3,5 per gli anni '96,
'97, '98 con un picco del 5,6 del 2000. I dati regionali
confermano che la provincia di Siracusa dal 1990 al '98 ha
il più alto numero di malformazioni con il 3,12% rispetto al
2,12% della Sicilia occidentale e al 2,16% di tutta quella
Orientale. In particolare ad essere malformati sono cuore
con il 221,43 per mille (rispetto al 143,65 per mille
nazionale); apparato digerente le malformazioni locali
arrivano al 164,29 per mille e le nazionali sono del 93,20,
apparato genitale sono del 214,29 contro i 100,48 del resto
d'Italia. I dati sulla mortalità per tumore Sulla questione,
l'Asl non ha mai assunto una linea netta, anzi spesso ha
cercato di oscurare quanti si prendessero la briga di
fornire dati. Nella relazione di Franco, agghiaccianti sono
anche i dati sulla mortalità di tumore. Nell'80 lo stesso
Condorelli gli affidò un'indagine epidemiologica sulla cause
di morte. Si scoprì che a Priolo nell'87 morivano il 33,80%
degli abitanti per tumore. «Si parla di allarme tumore
quando si arriva a valori intorno al 25%, - sottolinea il
medico, - e lo stesso Ministero della Sanità ha dichiarato
che esiste un profilo di mortalità differente nei due sessi
nelle zone di Augusta e Priolo». A morire sarebbero di più
gli uomini. Lo stesso Ministero comunica che tra Augusta,
Priolo, Melilli, Siracusa, Floridia, Solarino, nella
popolazione maschile vi è un eccesso di mortalità generale
del 3% in più rispetto ai livelli nazionali, che la
mortalità per tumori alla trachea, bronchi e polmoni è del
16% in più, ed alla pleura del 202% in più. «Se si
estrapolano i dati solo per Augusta, Priolo e Melilli, si
vedono che sono quelli peggiori: i casi di tumori alla
pleura arrivano sino al 291% in più, - continua Franco, -
quelli ai polmoni al 30% in più». Ai dati si devono
aggiungere quanti di questi ammalati non sono morti.
«Secondo il Ministero i valori si riferiscono
all'esposizione di tipo professionale degli uomini rispetto
alle donne».
C'è stato inquinamento? Lo
diranno tre consulenti
A giorni gli incarichi
saranno assegnati dalla Procura
di Pino Guastella
Ai primi di maggio verrà
conferito l'incarico a tre qualificati consulenti di fama
nazionale per accertare quale nesso ci sia tra la nascita
degli oltre 1100 bambini malformati in territorio di Augusta
e il pesce contenente mercurio mangiato dalle madri o dai
rispettivi coniugi. L'individuazione dei tre consulenti è
già stata fatta dal capo della Procura della Repubblica,
Roberto Campisi, che, sulle malformazioni neonatali, aveva
già disposto altre tre perizie e fatto «intervistare» dai
militari del comando provinciale della Guardia di Finanza e
dagli investigatori del Nictas, ben seicento coppie che
hanno generato creature portatrici di gravissimi handicap
fisici. Dalle tre precedenti perizie, il capo della Procura
aretusea e titolare della delicatissima inchiesta ha
ricevuto indicazioni allarmanti. I tecnici gli hanno
confermato l'esistenza del dato statistico anomalo
registratosi in provincia di Siracusa riguardo alla nascita
di 1100 bambini malformati dal 1991 ai giorni nostri, così
come gli hanno confermato l'incidenza scientifica tra la
presenza delle malformazioni neonatali e la zona di
residenza dei genitori. Ma è stata la terza perizia, quella
commissionata al professore Gilli dell'Università di Torino
e alla dottoressa Maria Grazia Miceli, a dare i risultati
più sconvolgenti: nel pesce pescato nelle acque della rada
portuale di Augusta e nel mare circostante è stata accertata
la presenza di mercurio. I due qualificati consulenti non
escludono che il pesce finito sulle tavole degli augustani
possa aver provocato le alterazioni genetiche, specialmente
nelle donne gravide che poi hanno partorito figlioletti con
malformazioni. Ma né il professore universitario di Torino
né la sua collega di Rosolini hanno dato per scontato gli
effetti dell'ingestione di pesce con mercurio, lasciando che
al terribile quesito possano rispondere altri tecnici. Non
hanno dubbi di alcun genere trecento delle 600 coppie
«intervistate» dai militari della Guardia di Finanza e dal
personale del Nictas le quali hanno dichiarato di avere
mangiato pesce proveniente dalla rada portuale e dal mare di
Augusta, nel periodo della gestazione delle creature poi
venute al mondo con orribili malformazioni. Le dichiarazioni
rese dalle trecento donne, che risiedono tra Augusta,
Villasmundo, Brucoli, ma altre ancora abitano a Priolo e
Siracusa, hanno impressionato gli inquirenti che, per prima
cosa, hanno chiesto alle autorità competenti di emettere
divieto di pesca nella rada portuale e nelle acque
antistanti gli insediamenti di raffinerie e di industrie.
Adesso, con il conferimento dell'incarico ai tre consulenti,
il procuratore Campisi intende avere lumi certi sul nesso
tra il pesce mangiato dai genitori e la nascita dei bimbi
malformati. I provvedimenti giudiziari saranno intrapresi
dopo il deposito della perizia, presumibilmente dopo
l'estate, perché le analisi dei consulenti richiederanno del
tempo.
Veleni: l'inchiesta si
allarga a Catania
Sequestrato capannone
industriale. Avrebbe contenuto ingenti quantità di «vanadium
concentrato»
di Saretto Leotta
Priolo. La nuova operazione
di salvaguardia e tutela dell'ambiente, portata a termine,
dai finanzieri del comando provinciale di Siracusa,è stata
denominata «filter cake» ed ha riguardato una serie di
sequestri eseguiti sull'asse Siracusa-Catania. I
provvedimenti (disposti dalla Procura della Repubblica di
Siracusa che indaga a tutto campo sull'inquinamento
ambientale e sulle malformazioni neonatali), hanno coinvolto
la zona industriale di Siracusa per concludersi nella zona
industriale di Catania. Si tratta della risultante di una
complessa e articolata attività investigativa, che le Fiamme
gialle siracusane avevano avviato nel dicembre del 2001
avendo accertato che in contrada Biggemi di Priolo, si
procedeva all'insaccatura di un materiale pericoloso, in
quanto fortemente tossico e nocivo, denominato «vanadium
concentrato», senza le autorizzazioni previste dal decreto
Ronchi. Ventimila chili di rifiuti industriali A seguito
della scoperta e conseguente comunicazione di notizia di
reato alla Procura, il sostituto di turno, Maurizio Musco,
dispose il sequestro probatorio di luoghi, locali e
attrezzature: furono infatti sequestrati oltre 20 mila
chilogrammi di rifiuti industriali speciali e pericolosi ed
un capannone di oltre 1500 metri quadrati. Dalle indagini
emergeva che il «filter cake» era prodotto dall'impianto
Igcc della società Isab-Energy ed emergeva anche che il
«materiale di rifiuto» era trattato senza attenersi alla
prescrizioni del decreto Ronchi dalla Econova di Melilli,
contrada Tardara e dal Consozio Politalia, con sede a
Catania, con le quali aziende L'Isab Energy aveva stipulato
appositi contratti. Inoltre, per quanto concerne la
destinazione finale del prodotto, lo stabilimento di Priolo
aveva stipulato un accordo con società straniere, americane
e tedesche. A questa prima fase di indagine istruttoria ne è
seguita un'altra, coordinata dal sostituto procuratore
Giorgio Orano, il quale ha delegato la Guardia di finanza, a
svolgere indagini per individuare i soggetti potenzialmente
destinatari dei provvedimenti giudiziari. Assenza di
autorizzazioni Sono seguite indagini di laboratorio, per
l'analisi dei prodotti proveniente dal «filter cake».
Analisi compiute dal Lip di Siracusa. Dalle indagini,
complesse e molto articolate, è stato accertato che lo
stabilimento di Priolo non era in possesso di autorizzazioni
previste ad hoc dalla legge Ronchi e che il consorzio
Politalia, con sede nella zona industriale di Catania, per
lo stoccaggio del prodotto del «filter cake», si avvaleva di
altre società consorziate, che trasferivano, custodivano e
depositavano il prodotto presso un capannone sito sul
territorio di Catania, in contrada Torrazzo, zona
industriale dell'area etnea. Il nuovo decreto di sequestro
preventivo, eseguito dagli uomini della Guardia di finanza
di Siracusa, pertanto, questa volta, riguarda proprio il
capannone della «Imedica», una azienda consorziata con la
«madre» Politalia. La vicenda investigativa sul «vanadium
concentrato» non è comunque finita e potrebbe avere ancora
degli sviluppi interessanti nei prossimi giorni. |