RASSEGNA STAMPA 19.04.2003

 

MESSAGGERO
Fiume inquinato, vertici Api a giudizio

Falconara. Il direttore Bellucci, l’ex Saronne, il legale responsabile Napolitano e l’ingegnere Rossi saranno processati il 30 aprile

Il procuratore Luzi: «Le acque di scolo della raffineria finivano nell’Esino». Regione parte civile

FALCONARA — Tre top-manager dell’Api ed un tecnico che ha lavorato per conto della raffineria sotto processo per l’inquinamento dell’Esino. Secondo la Procura di Ancona, le acque di dilavamento del piazzale dello stabilimento petrolchimico e gli scoli di una vasca de-oliatrice in cemento armato sarebbero finiti nel fiume, provocando una contaminazione chimica delle acque. La notizia trapela a corredo di un comunicato con cui la Regione Marche ha annunciato ieri l’intenzione di costituirsi parte civile nel processo che inizierà il 30 aprile prossimo davanti al giudice monocratico Alberto Pallucchini. «Il dibattimento - si legge nella nota - riguarda l’inquinamento causato dallo scarico non autorizzato delle acque di dilavamento del piazzale dello stabilimento e quelle di "troppo pieno" di una vasca. Attraverso il fosso Scolatore, nel fiume sarebbero confluiti idrocarburi, azoto e altre sostanze pericolose; in particolare, solidi sospesi, con elevato contenuto di ferro, provenienti dall’impianto di chiarificazione delle acque della raffineria». In Tribunale, con decreto di citazione a giudizio firmato dal procuratore Vincenzo Luzi per fatti che vanno dal 1997 al 20 aprile 2001, compariranno l’ex direttore dell’Api Giovanni Saronne, il suo successore Franco Bellucci, il legale rappresentante della Raffineria Clemente Napolitano, l’ingegnere Francesco Rossi. I primi tre, difesi dall’avvocato Giacomo Vettori, devono rispondere di diverse violazioni di normative ambientali. Rossi, difeso dall’avvocato Michele Andreano, è accusato di falso in quanto, come progettista architettonico dell’Api nelle opere di ristrutturazione del fosso Scolatore, in un certificato di collaudo «avrebbe dichiarato falsamente che i lavori sono stati realizzati in conformità al progetto presentato dalla raffineria presso il Comune di Falconara il 4 ottobre 1996 - si legge nel capo di imputazione - mentre, al contrario, sarebbero state realizzate opere edilizie non previste nel progetto quali due vasche (deoliatori) in cemento armato con tombino di chiusura in metallo site nelle vicinanze di un traliccio Fs tra il penultimo e l’ultimo pozzetto di ispezione». Al di là dei pur importanti dettagli giudiziari, resta il problema dei presunti scoli inquinanti che avrebbero sversato nell’Esino (e di qui nel mare) particelle di ferro ed altre sostanze chimiche fino al marzo 2001. E se la Regione ha già reso noto la volontà di costituirsi parte civile per la eventuale richiesta di danni, tale possibilità è stata estesa dalla Procura alla Provincia e al Comune di Falconara, individuate nel decreto di citazione a giudizio come parti offese.

DS DOPO IL SI ALLA CONCESSIONE

di Roberta Maccagnani

«Serve un protocollo d'intesa» FALCONARA - Avanti così con il rinnovo della concessione Api, senza prescindere da credibili prescrizioni da osservare per l’azienda. E’ il senso dell’intervento di Massimo Vannucci, segretario regionale Ds, all’indomani dell’incontro tra Regione, Comune, Provincia e sindacati sul rinnovo della concessione. «Valutiamo positivamente i risultati scaturiti – si legge in una nota del segretario – Le problematiche vanno affrontate collegialmente e il parere definitivo favorevole alla richiesta di rinnovo della concessione Api non potrà prescindere da credibili garanzie, soprattutto in merito alla tutela della salute e della sicurezza». Il procedimento sul rinnovo per Vannucci «non si trasformerà in un fatto burocratico e le conclusioni non prescinderanno da un confronto con le aspettative dei falconaresi che il sindaco prospetta al tavolo istituzionale. In questo contesto un protocollo d' intesa può essere sicuramente utile per disciplinare i rapporti fra la città e l'Api». Api che, per ora, non dice la sua, ma fonti vicine riferiscono che «l’azienda si considera un osservatore esterno, fiducioso che la Regione prenda la decisione migliore». Mentre la dichiarazione di D'Ambrosio «sull'inesistenza di motivi per negare il rinnovo della concessione» lascia «sconcertati» l'on. Lion e il consigliere regionale dei Verdi Moruzzi. «Ciò significa, alla luce di quanto successo in questi anni, negare l'evidenza, minimizzare e depistare al di là di ogni legittimo diritto alla libera valutazione dei fatti».

 
RESTO DEL CARLINO
Inquinamento dell'Esino, quattro a giudizio

di Lorenzo Moroni

FALCONARA — Comincerà il prossimo 30 aprile il processo per l'inquinamento del fiume Esino contro il direttore dell'Api Franco Bellucci, l'ex direttore Giovanni Saronne, il legale responsabile della raffineria Clemente Napolitano e il responsabile della sezione operazioni e manutenzioni Francesco Rossi. L'ipotesi accusatoria, rivolta ai tre dirigenti, è quella di aver determinato un pericolo di inquinamento ambientale, utilizzando uno scarico non autorizzato nel corso d'acqua fosso scolatore in cui finivano acque di dilavamento di piazzale ed eventuale troppopieno di una vasca deoliatrice in cemento armato. A Rossi, invece, viene addebitato il falso ideologico per aver attestato, in un certificato di collaudo, fatti non veri. Cioè, nella veste di progettista architettonico per conto dell'Api della ristrutturazione del fosso scolatore, avrebbe dichiarato falsamente che le opere erano state realizzate in conformità con il progetto presentato dalla raffineria al Comune di Falconara nel '96, quando invece sarebbero state realizzate opere non previste quali due vasche — deoliatori — in cemento armato. Tutto ciò, tra il '97 e il 2001, avrebbe danneggiato e alterato le acque dell'Esino con uno sversamento continuo di varie sostanze nocive tra cui idrocarburi, azoto ammoniacale e metilterbutiletere. Al processo, che verrà celebrato davanti al giudice monocratico Alberto Pallucchini, si costituirà parte civile la Regione. L'inchiesta era stata avviata dal sostituto procuratore Marco Mansi, ora in servizio alla procura di Tivoli, nel novembre di due anni fa con un blitz dei carabinieri del Nta e dei tecnici dell'Arpam alla raffineria. Rossi è difeso dall'avvocato Michele Andreano. Bellucci, Saronne e Napolitano sono assistiti dall'avvocato Giacomo Vettori.

Annullata l'ordinanza antiguerra

di Maria Gloria Frattagli

FALCONARA — Il Consiglio dei ministri ha proclamato l'annullamento straordinario dell'ordinanza numero 32 adottata dal sindaco di Falconara, Giancarlo Carletti lo scorso 20 marzo, con cui si disponeva il divieto di atterraggio nell'aeroporto "Raffaello Sanzio" per gli aerei militari delle parti belligeranti nel conflitto iracheno. E' stata dunque annullata l'ordinanza del primo cittadino notificata sia alla direttrice dell'aeroporto, Giuliana Guazzati, che al prefetto, Giulio Maninchedda. Fu proprio quest'ultimo a segnalare il provvedimento al ministero dell'Interno, come pure all'Aerdorica, società di gestione dello scalo e ai comandi militari competenti attraverso l'Enac. La prefettura per verificare la legittimità dell'ordinanza si era avvalsa anche del parere dell'Avvocatura dello Stato. Oggi a distanza di 18 giorni il Consiglio dei ministri ha emesso quel provvedimento straordinario di annullamento, un atto che solo il Governo poteva promulgare. Due i motivi che spinsero il sindaco ad emettere l'ordinanza: innanzitutto la vocazione da sempre pacifista di Falconara e la presenza, nei pressi dell'aeroporto, della raffineria Api. Queste le motivazioni dell'ordinanza "'antiguerra" per evitare l'atterraggio di velivoli impegnati in azioni militari. Proprio l'attività, dell'industria petrolifera veniva considerata «notevolmente rischiosa» — così veniva espresso nell'atto — tanto da costituire un obiettivo sensibile. Quindi la Pace e la vicinanza dell'Api sono stati i motivi che fecero scaturire il provvedimento. Ad esprimersi sull'invalidità dell'ordinanza fu per prima la direttrice Guazzati a seguito della notifica dell'atto. Si disse sorpresa perché appunto il provvedimento era stato consegnato ad un soggetto che aveva autorità in materia di aviazione civile e non militare. A porre dubbi sul provvedimento del sindaco anche la Regione e l'Aerdorica: entrambi rimarcarono il concetto precedentemente espresso dalla direttrice del Sanzio ovvero la natura della competenza civile e non militare.

 
CORRIERE ADRIATICO

(x problemi tecnici ... abbiamo solo i titoli)

Concessione, Verdi sconcertati

Moruzzi e Lion contro D'Ambrosio. "Nega l'evidenza"

La dichiarazione del presidente della giunta Vito D'Ambrosio sull'inesistenza di motivi per negare il rinnovo della concessione all'Api lascia "sconcertati" l'onorevole Marco Lion e il consigliere ....

il comunicato integrale

Scarichi nell'Esino, a giudizio i vertici Api

Processo per il fiume inquinato da idrocarburi. La Regione si costituirà parte civile

Il via libera preannunciato dalla Regione Marche al rinnovo della concessione per l'Api non significa abbassare la guardia in tema di tutela ambientale. Quasi a volerlo dimostrare, proprio ....

Vannucci "Ambiente garantito"

Il segretario Ds

Massimo Vannucci, segretario regionale dei Ds, valuta positivamente l'incontro tra i rappresentanti di Regione, Provincia e Comune di Falconara con i sindacati sul tema della concessione all'Api. Il ....

 
LA SICILIA
Sequestrati a Priolo i serbatoi Erg

Pino Guastella

Priolo. I militari del comando provinciale della Guardia di Finanza hanno eseguito ieri mattina un ordine di sequestro giudiziario dei serbatoi di prodotti petroliferi di proprietà della «Erg-Med» di Priolo, che li aveva acquistati lo scorso ottobre dall'ex Agip. Il clamoroso provvedimento cautelare è stato firmato dal pubblico ministero Maurizio Musco, lo stesso che nei mesi scorsi ha chiesto e ottenuto l'arresto dei massimi dirigenti dello stabilimento Enichem per lo scandalo dei rifiuti tossici. Sono ben 227 i serbatoi colpiti dal provvedimento di sequestro, praticamente tutti quelli installati nell'area di Priolo. Il sequestro è stato adottato come conseguenza dell'assenza di risultati nelle indagini che da quasi un anno andavano avanti per individuare il serbatoio dal quale si ritiene che sia fuoriuscita la quantità di idrocarburi che poi si è infiltrata nelle falde acquifere, provocando le legittime proteste degli agricoltori e di una parte dei cittadini di Priolo che si erano venuti a trovare con le cisterne e con i serbatoi pieni di acqua potabile miscelata a prodotti petroliferi. L'allarme era stato lanciato quasi un anno addietro da un agricoltore di Priolo che, irrigando i propri campi, aveva avvertito l'inconfondibile odore della benzina. Gli accertamenti immediatamente predisposti dalla Procura, avevano rilevato tracce di prodotti petroliferi nella vasca da cui l'agricoltore prelevava l'acqua per irrigare i propri campi e le indagini erano state estese alle raffinerie della zona di Priolo allo scopo di individuare quella da cui si fosse verificata la fuoriuscita. Le successive indagini consentivano agli inquirenti di circoscrivere i sospetti sulla raffineria dell'ex Agip Petroli a causa delle condizioni fatiscenti in cui si trovano tutti i serbatoi ma, nonostante le ricerche meticolose avviate per individuare quello «incriminato», gli investigatori non sono riusciti nell'ardua impresa. Inevitabile è così risultata la drastica decisione del magistrato della Procura che, per poter dare una soluzione al «giallo» della benzina infiltratasi nelle falde acquifere della zona di Priolo, si è visto costretto a ordinare alle fiamme gialle di sequestrare tutti i serbatoi di Erg-Med. Il magistrato, comunque, di concerto con il capo dell'ufficio, Roberto Campisi, ha dato disposizioni affinché dai serbatoi possano continuare ad essere prelevate le sostanze petrolifere in essi contenute. Ciò al fine di non bloccare l'attività produttiva e per non creare danni economici alla società petrolifera che ha ereditato dall'Agip Petroli i serbatoi in pessime condizioni per mancanza di manutenzione. In ogni caso, l'ordine dato dal magistrato della Procura ai consulenti tecnici già tutti nominati contestualmente alla firma del decreto di sequestro, è quello di procedere allo svuotamento di tutti i serbatoi o quantomeno di bloccare la loro azione fino a quando non avranno individuato la vasca dalla quale è fuoriuscita la benzina.

Energia verde dal vento con 800 milioni di euro

Michele Guccione

Palermo. Il piano d'investimento in «project financing privato» con capitali propri e del mercato creditizio ha un obiettivo ad alto rendimento: produrre in Sicilia circa 500 Mw di elettricità da centrali eoliche, contribuendo in maniera determinante a raggiungere la quota del 2% di energia da fonti rinnovabili imposta alla Regione dal «decreto Bersani». Inoltre, l'elettricità «verde» sarà consegnata al futuro «gestore unico della rete» (che ha già autorizzato gli allacciamenti) e sarà venduta al libero mercato delle imprese manifatturiere italiane. L'iniziativa porta la firma di Api Holding di Roma, società della compagnia petrolifera Api di Falconara, che si occupa di ambiente e di energia «verde». I progetti esecutivi per la Sicilia, finanziati per 800 milioni di euro (parte sono risorse proprie dell'Api, parte sono di banche e di investitori istituzionali e privati) prevedono la realizzazione di otto «comprensori» a trasmissione eolica, coinvolgendo i territori di 21 Comuni e di 4 province. Queste le località interessate dagli impianti. Progetto «Monti Sicani» (Prizzi, Castronovo, Palazzo Adriano, in provincia di Palermo); progetto «Aeroporto Palermo» (località Serralunga, tra Cinisi e Carini); progetto «San Mauro Castelverde» (provincia di Palermo); progetto «Custonaci» (provincia di Trapani); progetto «Caltabellotta» (provincia di Agrigento, qui funziona già una centrale dell'Enel-Erga e Greenpower); progetto «Sambuca di Sicilia» (provincia di Agrigento); progetto «Monti Nebrodi» fuori dal Parco (Montalbano Elicona, S. Piero Patti, Raccuia, Floresta, Ucria, Tortorici, in provincia di Messina); progetto «Alcantara-Peloritani» (Francavilla di Sicilia, Fondachelli Santina, Antillo, in provincia di Messina). Quest'ultimo progetto, il più vasto, prevede un'espansione da Ovest a Est verso la dorsale jonica, e un ampliamento da Sud a Nord verso Barcellona Pozzo di Gotto e Roccalumera. Gli elaborati tecnici sono già dotati di quasi tutte le autorizzazioni a livello di enti locali (manca solo la parte urbanistica), ma giacciono da quasi un anno presso l'Assessorato regionale al Territorio e Ambiente per seguire la procedura di valutazione dell'impatto ambientale degli impianti. L'assessorato ha di recente richiesto ulteriori documenti integrativi, che la struttura tecnica di Roma, guidata dal Responsabile sviluppo progetti, ing. Marco Vitali, sta predisponendo. Dalla concessione dell'ultimo «sì», gli impianti saranno pronti in 12-18 mesi. L'Api Holding ha anche creato una «società progetto» siciliana con il compito di seguire l'iter amministrativo, legale e tecnico del programma. Si chiama «Ser», Siciliana energie rinnovabili, con sede a Palermo in via Parisi, al 100% dell'Api. «Questi progetti – precisa Marco Vitali – non riceveranno un euro di contributi pubblici. Per la realizzazione e installazione degli impianti faremo ricorso esclusivamente ad aziende siciliane». «La nostra iniziativa nell'Isola – aggiunge Vitali – nasce da un protocollo d'intesa sottoscritto con la Regione e da un attento studio del territorio durato quattro anni, per selezionare i siti più adatti e per verificare l'impatto e la potenzialità produttiva». Secondo il responsabile tecnico dell'Api, «questo programma pone al primo posto la tutela ambientale, facendo in modo che gli impianti non incidano sul territorio. Al contrario, portaiamo al territorio il valore aggiunto dell'occupazione e della riduzione del fabbisogno di energia da centrali tradizionali inquinanti. Tale è la potenzialità del settore – rileva Vitali – che abbiamo in programma altri due progetti».

 
GAZZETTA DEL SUD
Falda acquifera inquinata, sequestrati 207 serbatoi di petrolio

La Guardia di finanza, su ordine della Procura, ha messo i sigilli nello stabilimento ex Agip di Priolo

La Erg Med: indagine ereditata che non ci preclude di proseguire l'attività

Santino Calisti

SIRACUSA – Gli oltre duecento serbatoi dell'ex raffineria Agip, la cui gestione è recentemente passata alla Erg-Med, società nata dalla fusione con Erg, sono stati posti sotto sequestro dalla magistratura, che indaga sull'inquinamento di un pozzo d'acqua nelle campagne di Priolo. Il sostituto procuratore della Repubblica Maurizio Musco vuole verificare se a causa di perdite nelle cisterne, una parte del greggio sia finita sul terreno, infiltrandosi in profondità e causando, così, un vero e proprio disastro ambientale. Il sequestro, eseguito dalla Guardia di Finanza, non blocca, ad ogni modo, l'attività della raffineria. «Ci siamo preoccupati – ha dichiarato il magistrato inquirente – di non interferire, nei limiti del possibile, sull'attività dello stabilimento». I serbatoi, che sono 207 e contengono sino a venticinquemila tonnellate di petrolio o carburanti semilavorati, saranno svuotati un po' alla volta e a mano a mano che ne sarà verificata la tenuta, se tutto risultasse a posto, sarebbero rimessi in funzione. L'episodio da cui ha preso spunto l'inchiesta risale a circa un anno fa, quando, a pochi chilometri da Priolo, Sebastiano Cannamela, proprietario di un terreno, si accorse che dal pozzo che utilizzava per irrigare la campagna, veniva fuori non più acqua ma un liquido scuro il cui odore non lasciava alcun dubbio su cosa fosse. Una mattina si presentò al Comune con una bottiglia che aveva riempito del liquido scuro prelevato dal pozzo e chiese che si verificasse cosa era accaduto nella sua campagna. Della vicenda fu informata la magistratura. Il pozzo fu ispezionato e si scoprì che a una certa profondità c'era una infiltrazione di residui di greggio. Era evidente che il liquido inquinante provenisse dai vicini stabilimenti industriali, e in particolare, facendo un calcolo delle distanze e del probabile percorso sotterraneo che il greggio poteva avere seguito, dai serbatoi della raffineria Agip. L'inchiesta della magistratura puntò dritto su tale stabilimento. Adesso, a distanza di un anno, ci sono stati i clamorosi sequestri. Avvelenamento di acque è il reato che la Procura della Repubblica ipotizzerebbe. L'intervento della magistratura punta naturalmente a stabilire, con certezza, che il greggio che ha inquinato il pozzo della campagna di Sebastiano Cannamela provenga dai serbatoi dell'Agip. Nello stesso tempo vuole accertare l'entità del danno ambientale che le perdite di greggio hanno causato. Non si esclude, infatti, che il petrolio si sia infiltrato nel sottosuolo anche in altre direzioni col rischio di raggiungere altre falde acquifere. A tal proposito vanno dette, però, due cose. La prima è che i controlli eseguiti un anno fa nelle aree adiacenti esclusero che altri pozzi, in particolare quelli che alimentano l'acquedotto che fornisce l'acqua agli abitanti di Priolo, fossero a rischio di contaminazione. La seconda è che l'Agip, che allora gestiva la raffineria, ed ora la Erg Med, hanno stanziato fondi per affrontare l'emergenza: è stata costituita una squadra di pronto intervento per impedire all'inquinamento di progredire ed è stato deciso anche di redigere un progetto di bonifica dell'area. «Il Consiglio di Amministrazione della Erg Med – ha dichiarato ieri sera il direttore generale della società Aldo Garozzo – ha approvato il mese scorso una prima tranche di investimenti per lo sviluppo dell'impresa e per il risanamento ambientale pari a oltre 450 milioni di euro». Garozzo ha anche puntualizzato che «il sequestro disposto dall'Autorità Giudiziaria è il frutto di indagini iniziate già nel 2002 e che le sue modalità sono tali da permettere le normali operazioni della raffineria». Quello di ieri mattina, non è stato il primo sequestro di serbatoi della raffineria Erg Med eseguito nell'ambito dell'inchiesta sull'inquinamento del pozzo Cannamela. La Guardia di Finanza era già stata una prima volta allo stabilimento un paio di settimane fa e in quella occasione erano stati apposti i sigilli ai primi quattro serbatoi, quelli su cui sono puntati i maggiori sospetti. Uno, in particolare, quello dove si ritiene possa essere avvenuta la perdita, sarebbe già stato escluso dal ciclo produttivo: dovrebbe già essere stato svuotato per cui le operazioni di verifica della tenuta dovrebbero essere eseguite in tempi brevi. Agli esami parteciperanno tecnici incaricati dalla Procura della Repubblica, che hanno già avuto affidato l'incarico di consulenza dal magistrato inquirente. L'inchiesta sulla raffineria Erg Med non è la prima che la magistratura siracusana ha avviato sui gravi danni all'ambiente causati dalle industrie. Lo scorso gennaio una ancora più clamorosa coinvolse lo stabilimento Enichem di Priolo, i cui vertici finirono agli arresti con l'accusa di avere smaltito in violazione delle leggi rifiuti tossici, in particolare mercurio. Quattro dirigenti dello stabilimento sono ancora agli arresti domiciliari.

 
GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO
Caso Enichem

MANFREDONIA - A margine del processo Enichem si inserisce la protesta di un gruppo di ex dipendenti del petrolchimico che denunciano l'assenza dei sindacati nell'ambito dello stesso processo. In pratica affermano che le OO.SS. non si sono costituite parte civili, nel contempo denunciano la carenza di tutela dei diritti derivanti dalla faccenda amianto. Nel documento redatto dagli stessi ex lavoratori, si racconta come nelle altre sedi del petrolchimico come quella di Brindisi e Porto Marghera i sindacati locali hanno fatto sentire la loro voce. Addirittura si è tenuto un tavolo a Roma presso il Ministero del lavoro, di concerto con Inail ed Inps, durante il quale i sindacalisti sono riusciti ad ottenere un'altra scala di benefici per gli ex dipendenti. A sentire l'altra campana, c'è una spiegazione a tale comportamento da parte dei sindacati. In ogni caso le OO.SS. locali assicurano che la partita è ancora aperta, si stanno occupando delle procedure per i riconoscimenti per l'esposizione all'amianto.

 
CORRIERE DELLA SERA
ECOVACANZE PER IL PRESTIGE

Sono arrivati duemila dei diecimila volontari attesi in Spagna per ripulire le spiagge della costa nordoccidentale dai residui di olio combustibile scaricato dalla petroliera Prestige il 19 novembre scorso quando affondò al largo della Galizia. I volontari, perlopiù ragazzi dai 18 ai 25 anni, spenderanno le loro vacanze pasquali per contenere i danni causati dall’incidente. Allora furono invase dall’olio 270 chilometri di coste spagnole. Adesso 187 arenili sono ancora inquinati. La marea nera raggiunse anche la Francia (Reuters/Vidal)

 
inizio pagina   rassegna stampa