MESSAGGERO |
Fiume inquinato, vertici Api
a giudizio
Falconara. Il direttore
Bellucci, l’ex Saronne, il legale responsabile Napolitano e
l’ingegnere Rossi saranno processati il 30 aprile
Il procuratore Luzi: «Le
acque di scolo della raffineria finivano nell’Esino».
Regione parte civile
FALCONARA — Tre top-manager
dell’Api ed un tecnico che ha lavorato per conto della
raffineria sotto processo per l’inquinamento dell’Esino.
Secondo la Procura di Ancona, le acque di dilavamento del
piazzale dello stabilimento petrolchimico e gli scoli di una
vasca de-oliatrice in cemento armato sarebbero finiti nel
fiume, provocando una contaminazione chimica delle acque. La
notizia trapela a corredo di un comunicato con cui la
Regione Marche ha annunciato ieri l’intenzione di
costituirsi parte civile nel processo che inizierà il 30
aprile prossimo davanti al giudice monocratico Alberto
Pallucchini. «Il dibattimento - si legge nella nota -
riguarda l’inquinamento causato dallo scarico non
autorizzato delle acque di dilavamento del piazzale dello
stabilimento e quelle di "troppo pieno" di una vasca.
Attraverso il fosso Scolatore, nel fiume sarebbero confluiti
idrocarburi, azoto e altre sostanze pericolose; in
particolare, solidi sospesi, con elevato contenuto di ferro,
provenienti dall’impianto di chiarificazione delle acque
della raffineria». In Tribunale, con decreto di citazione a
giudizio firmato dal procuratore Vincenzo Luzi per fatti che
vanno dal 1997 al 20 aprile 2001, compariranno l’ex
direttore dell’Api Giovanni Saronne, il suo successore
Franco Bellucci, il legale rappresentante della Raffineria
Clemente Napolitano, l’ingegnere Francesco Rossi. I primi
tre, difesi dall’avvocato Giacomo Vettori, devono rispondere
di diverse violazioni di normative ambientali. Rossi, difeso
dall’avvocato Michele Andreano, è accusato di falso in
quanto, come progettista architettonico dell’Api nelle opere
di ristrutturazione del fosso Scolatore, in un certificato
di collaudo «avrebbe dichiarato falsamente che i lavori sono
stati realizzati in conformità al progetto presentato dalla
raffineria presso il Comune di Falconara il 4 ottobre 1996 -
si legge nel capo di imputazione - mentre, al contrario,
sarebbero state realizzate opere edilizie non previste nel
progetto quali due vasche (deoliatori) in cemento armato con
tombino di chiusura in metallo site nelle vicinanze di un
traliccio Fs tra il penultimo e l’ultimo pozzetto di
ispezione». Al di là dei pur importanti dettagli giudiziari,
resta il problema dei presunti scoli inquinanti che
avrebbero sversato nell’Esino (e di qui nel mare) particelle
di ferro ed altre sostanze chimiche fino al marzo 2001. E se
la Regione ha già reso noto la volontà di costituirsi parte
civile per la eventuale richiesta di danni, tale possibilità
è stata estesa dalla Procura alla Provincia e al Comune di
Falconara, individuate nel decreto di citazione a giudizio
come parti offese.
DS DOPO IL SI ALLA
CONCESSIONE
di Roberta Maccagnani
«Serve un protocollo
d'intesa» FALCONARA - Avanti così con il rinnovo della
concessione Api, senza prescindere da credibili prescrizioni
da osservare per l’azienda. E’ il senso dell’intervento di
Massimo Vannucci, segretario regionale Ds, all’indomani
dell’incontro tra Regione, Comune, Provincia e sindacati sul
rinnovo della concessione. «Valutiamo positivamente i
risultati scaturiti – si legge in una nota del segretario –
Le problematiche vanno affrontate collegialmente e il parere
definitivo favorevole alla richiesta di rinnovo della
concessione Api non potrà prescindere da credibili garanzie,
soprattutto in merito alla tutela della salute e della
sicurezza». Il procedimento sul rinnovo per Vannucci «non si
trasformerà in un fatto burocratico e le conclusioni non
prescinderanno da un confronto con le aspettative dei
falconaresi che il sindaco prospetta al tavolo
istituzionale. In questo contesto un protocollo d' intesa
può essere sicuramente utile per disciplinare i rapporti fra
la città e l'Api». Api che, per ora, non dice la sua, ma
fonti vicine riferiscono che «l’azienda si considera un
osservatore esterno, fiducioso che la Regione prenda la
decisione migliore». Mentre la dichiarazione di D'Ambrosio
«sull'inesistenza di motivi per negare il rinnovo della
concessione» lascia «sconcertati» l'on. Lion e il
consigliere regionale dei Verdi Moruzzi. «Ciò significa,
alla luce di quanto successo in questi anni, negare
l'evidenza, minimizzare e depistare al di là di ogni
legittimo diritto alla libera valutazione dei fatti». |
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RESTO DEL CARLINO |
Inquinamento dell'Esino,
quattro a giudizio
di Lorenzo Moroni
FALCONARA — Comincerà il
prossimo 30 aprile il processo per l'inquinamento del fiume
Esino contro il direttore dell'Api Franco Bellucci, l'ex
direttore Giovanni Saronne, il legale responsabile della
raffineria Clemente Napolitano e il responsabile della
sezione operazioni e manutenzioni Francesco Rossi. L'ipotesi
accusatoria, rivolta ai tre dirigenti, è quella di aver
determinato un pericolo di inquinamento ambientale,
utilizzando uno scarico non autorizzato nel corso d'acqua
fosso scolatore in cui finivano acque di dilavamento di
piazzale ed eventuale troppopieno di una vasca deoliatrice
in cemento armato. A Rossi, invece, viene addebitato il
falso ideologico per aver attestato, in un certificato di
collaudo, fatti non veri. Cioè, nella veste di progettista
architettonico per conto dell'Api della ristrutturazione del
fosso scolatore, avrebbe dichiarato falsamente che le opere
erano state realizzate in conformità con il progetto
presentato dalla raffineria al Comune di Falconara nel '96,
quando invece sarebbero state realizzate opere non previste
quali due vasche — deoliatori — in cemento armato. Tutto
ciò, tra il '97 e il 2001, avrebbe danneggiato e alterato le
acque dell'Esino con uno sversamento continuo di varie
sostanze nocive tra cui idrocarburi, azoto ammoniacale e
metilterbutiletere. Al processo, che verrà celebrato davanti
al giudice monocratico Alberto Pallucchini, si costituirà
parte civile la Regione. L'inchiesta era stata avviata dal
sostituto procuratore Marco Mansi, ora in servizio alla
procura di Tivoli, nel novembre di due anni fa con un blitz
dei carabinieri del Nta e dei tecnici dell'Arpam alla
raffineria. Rossi è difeso dall'avvocato Michele Andreano.
Bellucci, Saronne e Napolitano sono assistiti dall'avvocato
Giacomo Vettori.
Annullata l'ordinanza
antiguerra
di Maria Gloria Frattagli
FALCONARA — Il Consiglio dei
ministri ha proclamato l'annullamento straordinario
dell'ordinanza numero 32 adottata dal sindaco di Falconara,
Giancarlo Carletti lo scorso 20 marzo, con cui si disponeva
il divieto di atterraggio nell'aeroporto "Raffaello Sanzio"
per gli aerei militari delle parti belligeranti nel
conflitto iracheno. E' stata dunque annullata l'ordinanza
del primo cittadino notificata sia alla direttrice
dell'aeroporto, Giuliana Guazzati, che al prefetto, Giulio
Maninchedda. Fu proprio quest'ultimo a segnalare il
provvedimento al ministero dell'Interno, come pure all'Aerdorica,
società di gestione dello scalo e ai comandi militari
competenti attraverso l'Enac. La prefettura per verificare
la legittimità dell'ordinanza si era avvalsa anche del
parere dell'Avvocatura dello Stato. Oggi a distanza di 18
giorni il Consiglio dei ministri ha emesso quel
provvedimento straordinario di annullamento, un atto che
solo il Governo poteva promulgare. Due i motivi che spinsero
il sindaco ad emettere l'ordinanza: innanzitutto la
vocazione da sempre pacifista di Falconara e la presenza,
nei pressi dell'aeroporto, della raffineria Api. Queste le
motivazioni dell'ordinanza "'antiguerra" per evitare
l'atterraggio di velivoli impegnati in azioni militari.
Proprio l'attività, dell'industria petrolifera veniva
considerata «notevolmente rischiosa» — così veniva espresso
nell'atto — tanto da costituire un obiettivo sensibile.
Quindi la Pace e la vicinanza dell'Api sono stati i motivi
che fecero scaturire il provvedimento. Ad esprimersi
sull'invalidità dell'ordinanza fu per prima la direttrice
Guazzati a seguito della notifica dell'atto. Si disse
sorpresa perché appunto il provvedimento era stato
consegnato ad un soggetto che aveva autorità in materia di
aviazione civile e non militare. A porre dubbi sul
provvedimento del sindaco anche la Regione e l'Aerdorica:
entrambi rimarcarono il concetto precedentemente espresso
dalla direttrice del Sanzio ovvero la natura della
competenza civile e non militare. |
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CORRIERE ADRIATICO |
(x problemi
tecnici ... abbiamo solo i titoli)
Concessione, Verdi
sconcertati
Moruzzi e Lion contro
D'Ambrosio. "Nega l'evidenza"
La dichiarazione del
presidente della giunta Vito D'Ambrosio sull'inesistenza di
motivi per negare il rinnovo della concessione all'Api
lascia "sconcertati" l'onorevole Marco Lion e il consigliere
....
il comunicato integrale
Scarichi nell'Esino, a
giudizio i vertici Api
Processo per il fiume
inquinato da idrocarburi. La Regione si costituirà parte
civile
Il via libera preannunciato
dalla Regione Marche al rinnovo della concessione per l'Api
non significa abbassare la guardia in tema di tutela
ambientale. Quasi a volerlo dimostrare, proprio ....
Vannucci "Ambiente
garantito"
Il segretario Ds
Massimo Vannucci, segretario
regionale dei Ds, valuta positivamente l'incontro tra i
rappresentanti di Regione, Provincia e Comune di Falconara
con i sindacati sul tema della concessione all'Api. Il .... |
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LA SICILIA |
Sequestrati a Priolo i
serbatoi Erg
Pino Guastella
Priolo. I militari del
comando provinciale della Guardia di Finanza hanno eseguito
ieri mattina un ordine di sequestro giudiziario dei serbatoi
di prodotti petroliferi di proprietà della «Erg-Med» di
Priolo, che li aveva acquistati lo scorso ottobre dall'ex
Agip. Il clamoroso provvedimento cautelare è stato firmato
dal pubblico ministero Maurizio Musco, lo stesso che nei
mesi scorsi ha chiesto e ottenuto l'arresto dei massimi
dirigenti dello stabilimento Enichem per lo scandalo dei
rifiuti tossici. Sono ben 227 i serbatoi colpiti dal
provvedimento di sequestro, praticamente tutti quelli
installati nell'area di Priolo. Il sequestro è stato
adottato come conseguenza dell'assenza di risultati nelle
indagini che da quasi un anno andavano avanti per
individuare il serbatoio dal quale si ritiene che sia
fuoriuscita la quantità di idrocarburi che poi si è
infiltrata nelle falde acquifere, provocando le legittime
proteste degli agricoltori e di una parte dei cittadini di
Priolo che si erano venuti a trovare con le cisterne e con i
serbatoi pieni di acqua potabile miscelata a prodotti
petroliferi. L'allarme era stato lanciato quasi un anno
addietro da un agricoltore di Priolo che, irrigando i propri
campi, aveva avvertito l'inconfondibile odore della benzina.
Gli accertamenti immediatamente predisposti dalla Procura,
avevano rilevato tracce di prodotti petroliferi nella vasca
da cui l'agricoltore prelevava l'acqua per irrigare i propri
campi e le indagini erano state estese alle raffinerie della
zona di Priolo allo scopo di individuare quella da cui si
fosse verificata la fuoriuscita. Le successive indagini
consentivano agli inquirenti di circoscrivere i sospetti
sulla raffineria dell'ex Agip Petroli a causa delle
condizioni fatiscenti in cui si trovano tutti i serbatoi ma,
nonostante le ricerche meticolose avviate per individuare
quello «incriminato», gli investigatori non sono riusciti
nell'ardua impresa. Inevitabile è così risultata la drastica
decisione del magistrato della Procura che, per poter dare
una soluzione al «giallo» della benzina infiltratasi nelle
falde acquifere della zona di Priolo, si è visto costretto a
ordinare alle fiamme gialle di sequestrare tutti i serbatoi
di Erg-Med. Il magistrato, comunque, di concerto con il capo
dell'ufficio, Roberto Campisi, ha dato disposizioni affinché
dai serbatoi possano continuare ad essere prelevate le
sostanze petrolifere in essi contenute. Ciò al fine di non
bloccare l'attività produttiva e per non creare danni
economici alla società petrolifera che ha ereditato dall'Agip
Petroli i serbatoi in pessime condizioni per mancanza di
manutenzione. In ogni caso, l'ordine dato dal magistrato
della Procura ai consulenti tecnici già tutti nominati
contestualmente alla firma del decreto di sequestro, è
quello di procedere allo svuotamento di tutti i serbatoi o
quantomeno di bloccare la loro azione fino a quando non
avranno individuato la vasca dalla quale è fuoriuscita la
benzina.
Energia verde dal vento
con 800 milioni di euro
Michele Guccione
Palermo. Il piano
d'investimento in «project financing privato» con capitali
propri e del mercato creditizio ha un obiettivo ad alto
rendimento: produrre in Sicilia circa 500 Mw di elettricità
da centrali eoliche, contribuendo in maniera determinante a
raggiungere la quota del 2% di energia da fonti rinnovabili
imposta alla Regione dal «decreto Bersani». Inoltre,
l'elettricità «verde» sarà consegnata al futuro «gestore
unico della rete» (che ha già autorizzato gli allacciamenti)
e sarà venduta al libero mercato delle imprese
manifatturiere italiane. L'iniziativa porta la firma di Api
Holding di Roma, società della compagnia petrolifera Api di
Falconara, che si occupa di ambiente e di energia «verde». I
progetti esecutivi per la Sicilia, finanziati per 800
milioni di euro (parte sono risorse proprie dell'Api, parte
sono di banche e di investitori istituzionali e privati)
prevedono la realizzazione di otto «comprensori» a
trasmissione eolica, coinvolgendo i territori di 21 Comuni e
di 4 province. Queste le località interessate dagli
impianti. Progetto «Monti Sicani» (Prizzi, Castronovo,
Palazzo Adriano, in provincia di Palermo); progetto
«Aeroporto Palermo» (località Serralunga, tra Cinisi e
Carini); progetto «San Mauro Castelverde» (provincia di
Palermo); progetto «Custonaci» (provincia di Trapani);
progetto «Caltabellotta» (provincia di Agrigento, qui
funziona già una centrale dell'Enel-Erga e Greenpower);
progetto «Sambuca di Sicilia» (provincia di Agrigento);
progetto «Monti Nebrodi» fuori dal Parco (Montalbano Elicona,
S. Piero Patti, Raccuia, Floresta, Ucria, Tortorici, in
provincia di Messina); progetto «Alcantara-Peloritani» (Francavilla
di Sicilia, Fondachelli Santina, Antillo, in provincia di
Messina). Quest'ultimo progetto, il più vasto, prevede
un'espansione da Ovest a Est verso la dorsale jonica, e un
ampliamento da Sud a Nord verso Barcellona Pozzo di Gotto e
Roccalumera. Gli elaborati tecnici sono già dotati di quasi
tutte le autorizzazioni a livello di enti locali (manca solo
la parte urbanistica), ma giacciono da quasi un anno presso
l'Assessorato regionale al Territorio e Ambiente per seguire
la procedura di valutazione dell'impatto ambientale degli
impianti. L'assessorato ha di recente richiesto ulteriori
documenti integrativi, che la struttura tecnica di Roma,
guidata dal Responsabile sviluppo progetti, ing. Marco
Vitali, sta predisponendo. Dalla concessione dell'ultimo
«sì», gli impianti saranno pronti in 12-18 mesi. L'Api
Holding ha anche creato una «società progetto» siciliana con
il compito di seguire l'iter amministrativo, legale e
tecnico del programma. Si chiama «Ser», Siciliana energie
rinnovabili, con sede a Palermo in via Parisi, al 100%
dell'Api. «Questi progetti – precisa Marco Vitali – non
riceveranno un euro di contributi pubblici. Per la
realizzazione e installazione degli impianti faremo ricorso
esclusivamente ad aziende siciliane». «La nostra iniziativa
nell'Isola – aggiunge Vitali – nasce da un protocollo
d'intesa sottoscritto con la Regione e da un attento studio
del territorio durato quattro anni, per selezionare i siti
più adatti e per verificare l'impatto e la potenzialità
produttiva». Secondo il responsabile tecnico dell'Api,
«questo programma pone al primo posto la tutela ambientale,
facendo in modo che gli impianti non incidano sul
territorio. Al contrario, portaiamo al territorio il valore
aggiunto dell'occupazione e della riduzione del fabbisogno
di energia da centrali tradizionali inquinanti. Tale è la
potenzialità del settore – rileva Vitali – che abbiamo in
programma altri due progetti». |
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GAZZETTA DEL SUD |
Falda acquifera inquinata,
sequestrati 207 serbatoi di petrolio
La Guardia di finanza, su
ordine della Procura, ha messo i sigilli nello stabilimento
ex Agip di Priolo
La Erg Med: indagine
ereditata che non ci preclude di proseguire l'attività
Santino Calisti
SIRACUSA – Gli oltre duecento
serbatoi dell'ex raffineria Agip, la cui gestione è
recentemente passata alla Erg-Med, società nata dalla
fusione con Erg, sono stati posti sotto sequestro dalla
magistratura, che indaga sull'inquinamento di un pozzo
d'acqua nelle campagne di Priolo. Il sostituto procuratore
della Repubblica Maurizio Musco vuole verificare se a causa
di perdite nelle cisterne, una parte del greggio sia finita
sul terreno, infiltrandosi in profondità e causando, così,
un vero e proprio disastro ambientale. Il sequestro,
eseguito dalla Guardia di Finanza, non blocca, ad ogni modo,
l'attività della raffineria. «Ci siamo preoccupati – ha
dichiarato il magistrato inquirente – di non interferire,
nei limiti del possibile, sull'attività dello stabilimento».
I serbatoi, che sono 207 e contengono sino a venticinquemila
tonnellate di petrolio o carburanti semilavorati, saranno
svuotati un po' alla volta e a mano a mano che ne sarà
verificata la tenuta, se tutto risultasse a posto, sarebbero
rimessi in funzione. L'episodio da cui ha preso spunto
l'inchiesta risale a circa un anno fa, quando, a pochi
chilometri da Priolo, Sebastiano Cannamela, proprietario di
un terreno, si accorse che dal pozzo che utilizzava per
irrigare la campagna, veniva fuori non più acqua ma un
liquido scuro il cui odore non lasciava alcun dubbio su cosa
fosse. Una mattina si presentò al Comune con una bottiglia
che aveva riempito del liquido scuro prelevato dal pozzo e
chiese che si verificasse cosa era accaduto nella sua
campagna. Della vicenda fu informata la magistratura. Il
pozzo fu ispezionato e si scoprì che a una certa profondità
c'era una infiltrazione di residui di greggio. Era evidente
che il liquido inquinante provenisse dai vicini stabilimenti
industriali, e in particolare, facendo un calcolo delle
distanze e del probabile percorso sotterraneo che il greggio
poteva avere seguito, dai serbatoi della raffineria Agip.
L'inchiesta della magistratura puntò dritto su tale
stabilimento. Adesso, a distanza di un anno, ci sono stati i
clamorosi sequestri. Avvelenamento di acque è il reato che
la Procura della Repubblica ipotizzerebbe. L'intervento
della magistratura punta naturalmente a stabilire, con
certezza, che il greggio che ha inquinato il pozzo della
campagna di Sebastiano Cannamela provenga dai serbatoi dell'Agip.
Nello stesso tempo vuole accertare l'entità del danno
ambientale che le perdite di greggio hanno causato. Non si
esclude, infatti, che il petrolio si sia infiltrato nel
sottosuolo anche in altre direzioni col rischio di
raggiungere altre falde acquifere. A tal proposito vanno
dette, però, due cose. La prima è che i controlli eseguiti
un anno fa nelle aree adiacenti esclusero che altri pozzi,
in particolare quelli che alimentano l'acquedotto che
fornisce l'acqua agli abitanti di Priolo, fossero a rischio
di contaminazione. La seconda è che l'Agip, che allora
gestiva la raffineria, ed ora la Erg Med, hanno stanziato
fondi per affrontare l'emergenza: è stata costituita una
squadra di pronto intervento per impedire all'inquinamento
di progredire ed è stato deciso anche di redigere un
progetto di bonifica dell'area. «Il Consiglio di
Amministrazione della Erg Med – ha dichiarato ieri sera il
direttore generale della società Aldo Garozzo – ha approvato
il mese scorso una prima tranche di investimenti per lo
sviluppo dell'impresa e per il risanamento ambientale pari a
oltre 450 milioni di euro». Garozzo ha anche puntualizzato
che «il sequestro disposto dall'Autorità Giudiziaria è il
frutto di indagini iniziate già nel 2002 e che le sue
modalità sono tali da permettere le normali operazioni della
raffineria». Quello di ieri mattina, non è stato il primo
sequestro di serbatoi della raffineria Erg Med eseguito
nell'ambito dell'inchiesta sull'inquinamento del pozzo
Cannamela. La Guardia di Finanza era già stata una prima
volta allo stabilimento un paio di settimane fa e in quella
occasione erano stati apposti i sigilli ai primi quattro
serbatoi, quelli su cui sono puntati i maggiori sospetti.
Uno, in particolare, quello dove si ritiene possa essere
avvenuta la perdita, sarebbe già stato escluso dal ciclo
produttivo: dovrebbe già essere stato svuotato per cui le
operazioni di verifica della tenuta dovrebbero essere
eseguite in tempi brevi. Agli esami parteciperanno tecnici
incaricati dalla Procura della Repubblica, che hanno già
avuto affidato l'incarico di consulenza dal magistrato
inquirente. L'inchiesta sulla raffineria Erg Med non è la
prima che la magistratura siracusana ha avviato sui gravi
danni all'ambiente causati dalle industrie. Lo scorso
gennaio una ancora più clamorosa coinvolse lo stabilimento
Enichem di Priolo, i cui vertici finirono agli arresti con
l'accusa di avere smaltito in violazione delle leggi rifiuti
tossici, in particolare mercurio. Quattro dirigenti dello
stabilimento sono ancora agli arresti domiciliari. |
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GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO |
Caso Enichem
MANFREDONIA - A margine del
processo Enichem si inserisce la protesta di un gruppo di ex
dipendenti del petrolchimico che denunciano l'assenza dei
sindacati nell'ambito dello stesso processo. In pratica
affermano che le OO.SS. non si sono costituite parte civili,
nel contempo denunciano la carenza di tutela dei diritti
derivanti dalla faccenda amianto. Nel documento redatto
dagli stessi ex lavoratori, si racconta come nelle altre
sedi del petrolchimico come quella di Brindisi e Porto
Marghera i sindacati locali hanno fatto sentire la loro
voce. Addirittura si è tenuto un tavolo a Roma presso il
Ministero del lavoro, di concerto con Inail ed Inps, durante
il quale i sindacalisti sono riusciti ad ottenere un'altra
scala di benefici per gli ex dipendenti. A sentire l'altra
campana, c'è una spiegazione a tale comportamento da parte
dei sindacati. In ogni caso le OO.SS. locali assicurano che
la partita è ancora aperta, si stanno occupando delle
procedure per i riconoscimenti per l'esposizione
all'amianto. |
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CORRIERE DELLA SERA |
ECOVACANZE PER IL PRESTIGE
Sono arrivati duemila dei
diecimila volontari attesi in Spagna per ripulire le spiagge
della costa nordoccidentale dai residui di olio combustibile
scaricato dalla petroliera Prestige il 19 novembre scorso
quando affondò al largo della Galizia. I volontari, perlopiù
ragazzi dai 18 ai 25 anni, spenderanno le loro vacanze
pasquali per contenere i danni causati dall’incidente.
Allora furono invase dall’olio 270 chilometri di coste
spagnole. Adesso 187 arenili sono ancora inquinati. La marea
nera raggiunse anche la Francia (Reuters/Vidal) |
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