Ex Enichem,
nel mirino i Comuni: non lanciarono l’sos
L’inchiesta sulla “spiaggia dei
veleni” coinvolge gli enti locali che avrebbero potuto
intervenire con un’ordinanza di messa in sicurezza
FALCONARA - La “spiaggia dei
veleni"? Tutti sapevano, ma nessuno segnalò l'sos
ambientale. Né vennero emesse ordinanze sindacali di messa
in sicurezza. Dovevano essere una formalità, gli
interrogatori di “garanzia" ottenuti da 2 dei 4 indagati per
vari “ecoreati" nella maxi-inchiesta (chiusa ex art. 415
bis) sul litorale zeppo di mercurio, cromo, rame ed altri
metalli pesanti. E invece interpretando le dichiarazioni
rese di recente agli uomini del Corpo forestale dai manager
emiliani Giuseppe Torroni e Dino Simonetti emerge il
sospetto che la “vera storia" dell'ultimo lembo di costa
nord del comune di Falconara, ai confini con quello di
Montemarciano, potrebbe essere stato per anni uno scomodo
“segreto di Pulcinella". Questo fino agli inizi del 2001,
quando a scoperchiare e sequestrare quello “scatolone di
sabbia" da 20 ettari ci pensò il pm Mansi. Ma chi sapeva e
non si sarebbe mosso? Torroni, responsabile della “Rocca
Mare spa" di Savignano sul Rubicone, la ditta che nel marzo
'99 acquistò per appena un miliardo di lire l'intera area di
produzione di concimi chimici dismessa, e Simonetti,
imprenditore della “Agricola '92 srl" di Longiano, l'azienda
che subentrò nella proprietà ad indagini avviate per
edificare, hanno detto che prima che Enichem Agricoltura
(l'ultima società diretta dai coindagati Vito De Lucia e
Cosimo Capobianco che gestì a cavallo tra l'88 e l'89 la
cessazione dell'attività ex Montedison) vendesse segnalarono
doverosamente l'inquinamento e parteciparono a delle
conferenze di servizi per fare il punto sul già compromesso
stato di salute ambientale della zona in cui sorge il
capannone industriale. E che a quelle riunioni parteciparono
tra gli altri l'allora sindaco di Falconara Oreficini e
quello di Montemarciano Raffaelli, funzionari della Regione
ed esperti del Laboratorio multizonale della Usl (oggi Arpam).
Oreficini lasciò il posto a Carletti nel '97. Dunque i
misteriosi summit si svolsero prima. Ma di cosa si parlò?
Del futuro dello stabilimento contaminato, di una sua
eventuale destinazione a edilizia di servizio, magari anche
turistica, e del suo passaggio di mano. E infatti alle
riunioni parteciparono i rappresentanti della “Rocca mare",
candidata all'acquisto perché già proprietaria della zona
limitrofa (alle spalle dello stabilimento) e quelli degli
enti locali. Quanto alla unanime consapevolezza del cronico
inquinamento, dagli interrogatori è emerso che di sicuro si
era al corrente della contaminazione di tutta l'area del
capannone (polveri d'amianto cancerogeno, scarti di
lavorazioni chimiche a contatto col suolo e altre
infiltrazioni tossiche, pericoli di compromissione della
falda), visto che venne esaminato il piano di bonifica
(progetto Aquater) già all'epoca predisposto da Enichem
Agricoltura. Del resto, discariche di “ceneraccio" (sabbie
rosse con pirite e altri veleni vicine al mare,
contaminazione del sottosuolo della spiaggia) si poteva ben
sospettare. Perché, allora, nemmeno i Comuni si mossero,
emettendo un'ordinanza di messa in sicurezza? Forse perché
il decreto Ronchi, che prevedeva quella possibilità, entrò
in vigore solo nel '97, senza che venissero fissati i limiti
dell'inquinamento, ed in attuazione con decreto (comprensivo
dei limiti) solo nel '99. Tuttavia poteva forse essere
presentata una denuncia alla Magistratura. E proprio per
verificare la possibilità di configurare un'ipotesi di
omissione di atti d'ufficio, dunque, la Forestale ha chiesto
nuove indagini.
Giallo sulla Nicole «Stive
da ispezionare prima di sorprese»
Allarme dell’ente Parco del
Conero
«Le stive della Nicole devono
essere ispezionate, la nave recuperata, le coste
dell’Adriatico blindate». L’ente Parco del Conero venerdì
sera nel corso del consiglio direttivo ha lanciato
l’allarme. La vicenda della nave affondata a tre chilometri
dalla costa , ancora poco chiara, è un campanello per
svegliare tutti: le istituzioni, gli operatori turistici e
la gente. A questo scopo il Consorzio ha approvato
all’unanimità una mozione. Nel documento proposto dal
presidente Mariano Guzzini si chiede alle autorità statali
di ispezionare le stive della Nicole per controllare se
custodiscano sostanze nocive; recuperare il relitto;
impedire nell’Adriatico il transito a tutte le navi
monoscafo adibite al trasporto di petrolio e sostanze
chimiche tossiche, costruite prima del 1996 e di qualunque
stazza. La mozione chiede inoltre alle autorità regionali di
sostenere le iniziative dei parlamentari marchigiani per una
sicurezza del trasporto marittimo; di attivare al più presto
una struttura interregionale agendo da Regione capofila
anche attraverso il programma Damia (difesa ambientale
dell’alto Ionio ed Adriatico); di rilanciare e finanziare il
progetto di area vasta Cip (coste italiane protette). Infine
si impegna la giunta ad iniziative di sensibilizzazione
anche a livello nazionale. «Il Mediterraneo – spiega Guzzini
– vede il 25% del traffico petrolifero mondiale con oltre
3000 milioni di tonnellate di greggio ogni anno. Nei porti
italiani annualmente transitano 125 milioni di tonnellate di
greggio in gran parte movimentate dai porti dell’Adriatico.
Il 78% delle navi affondate tra il 1992 e il 1999 aveva
un’età di servizio superiore ai 20 anni, come la Nicole. In
questo contesto la legislazione europea è inadeguata».
Apprezzato il contributo del sindaco di Numana, Giancarlo
Balducci, anche in qualità di ex ufficiale a bordo di
petroliere: «La storia della Nicole – ha detto – non è
chiara. Ho chiesto sia alla Capitaneria che al Ministero
dell’ambiente che il relitto sia recuperato. Non sappiamo
cosa c’è dentro le stive, le tubazioni sono coperte da
cuscinetti d’amianto e i carter dei motori sono impregnati
di lubrificante. Cosa faremo se a giugno verrà a galla una
macchia d’olio? Non capisco inoltre perché la nave non si
sia spiaggiata e abbia scelto di affondare. Forse perché
l’iter burocratico per ispezionarla è molto più lungo in
mare che sulla terra ferma? E poi, perché pochi giorni dopo
un’altra nave si è avvicinata al relitto dichiarando di
essere fuori rotta è si è allontanata solo quando è stata
costretta a farlo dalla Capitaneria? Cosa nasconde la Nicole?».
Presenti all’incontro anche Gisberto Paoloni e Cassandra
Mengarelli dell’Arpam e Leo Polonara per la Regione. «I
nostri monitoraggi sono continui – assicurano i tecnici -
Per quanto riguarda gli idrocarburi non ci sono stati
spiaggiamenti. Non è stato per ora valutato alcun danno
ambientale. A marzo infatti ci saranno nuovi prelievi per
dare tempo ad una ipotetica “maturazione" di sostanze
tossiche, per ora assenti». |
Traffico passeggeri e
diportismo
FALCONARA — Con la delibera
21 del 24 gennaio 2003 la giunta comunale ha approvato un
atto di indirizzo che prevede la formazione di «una società
finalizzata alla redazione di un progetto preliminare…della
darsena turistica del nuovo porto di Falconara, la cui
forma, consistenza e funzioni saranno definite in
appropriata scala di progetto urbanistico nello studio
commissionato a Mbm di Oriol Bohigas, e di utilizzare poi il
progetto preliminare per la richiesta di concessione
demaniale». La delibera, resa immediatamente esecutiva
all'unanimità dei voti, prevede inoltre «che il Comune, al
momento opportuno, entri a far parte di detta società per la
redazione del succitato progetto preliminare». L'atto
rappresenta l'accoglimento di un'istanza presentata il 22
agosto 2002 da un raggruppamento di soggetti, costituito
dall'avvocato Michele Boncristiano, dal Circolo Marinaro
dell'Adriatico e dal Raggruppamento Progettuale 'Marina di
Falconara Marittima'; i soggetti in questione avevano
infatti manifestato la volontà «di costituire una apposita
società di progettazione per la redazione di un progetto
preliminare dell'ipotizzato porto, finalizzato anche alla
richiesta della concessione demaniale». Tra le future
attività portuali ipotizzate figurano «lo svolgimento
dell'attività nautica da diporto, magari integrata da
traffico di passeggeri, nonché la nascita di molteplici
attività commerciali, turistiche e di servizio».
L'affare fa gola anche
agli imprenditori locali
FALCONARA — Sta prendendo
sempre più forma il progetto per la realizzazione del porto.
Adesso, interessate all'affare, sono anche le banche
internazionali, imprenditori di fama nazionale e personaggi
di rilievo dell'economia marchigiana. Tutti interessati alla
creazione del porto, ma soprattutto all'indotto e quindi
alle attività collaterali che dalla creazione della
struttura portuale sorgerebbero. Un giro di affari di
dimensioni notevoli che andrebbe ad influire in modo
consistente sull'economia territoriale falconarese. Aprire,
quindi, nuove aspettative per Falconara e portarla in una
posizione di rilievo dopo anni di definizioni poco piacevoli
come quella di "città dormitorio"'. Il commercio portuale
potrebbe così diventare il fulcro dell'attività economica
cittadina. Un progetto che quando venne ipotizzato fu
snobbato in più occasioni. Quasi come fosse un'utopia, un
sogno irraggiungibile. Ora prende corpo, prima sotto forma
societaria, poi sarà la fase progettuale a mettere i
pilastri per la sua ideazione e quindi la sua creazione.
Saranno mesi intensi quelli che verranno, densi di incontri
in cui saranno definiti tempi e modi. Giorni di trattative,
di contratti che impegneranno in prima linea
l'amministrazione comunale che parteciperà al progetto,
molto probabilmente, nella misura del 20%. Il resto sarà
suddiviso, come dicevamo prima, tra persone disposte ad
investire e che credono fortemente nel decollo di ciò che
fino a ieri sembrava solo un mucchio di chiacchiere. La
fase, per la formazione e la scelta del tipo di società,
sarà lunga. L'ostacolo da evitare è proprio quello di
cercare una forma in linea con la riforma prevista che
entrerà in vigore nel gennaio del 2004. La società dovrà
ufficialmente costituirsi entro il 10 marzo periodo massimo
che si sono date le parti per stilare l'atto costitutivo e
lo statuto e per assegnare le quote di partecipazione.
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