Spiaggia dei
veleni, stop alla speculazione
Uno scavo in profondità
potrebbe provocare la dispersione di ceneri tossiche. Meglio
una zona verde con prati e alberelli in riva al mare
Il perito ha sconsigliato il
risanamento “pesante”: lottizzazione da spostare oltre la
statale
Sabbia rossa, roba che
sembrava fosse piovuta lì da Marte. I ragazzini, negli anni
'70 e '80, ci ruzzolavano gioiosi giocando a pallone, per
poi rinfrescarsi e ripulirsi sguazzando nell'acqua. E le
domeniche d'estate c'era chi ci arrivava fin da Jesi, per
tuffarsi con maschera e pinne a caccia di “moscioli"
stramente voluminosi. Poi, un magistrato dal “pollice
verde", andò a ficcare il naso in quella sabbia rossa, e
scoprì che era piena di mercurio, cromo, arsenico, piombo e
rame. In concentrazioni decine, centinaia di volte superiori
a quelle di sicurezza fissate dalla legge. E che forse,
quelle ricercatissime cozze erano così grandi perché si
erano abbuffate di piccole scorie. Una avvilente scoperta.
Che si trasformò in un'inchiesta e nel sequestro di quella
spiaggia, ultimo lembo verso nord del litorale di Falconara
ai confini con Marina di Montemarciano. Eppure, il segreto
di quella spiaggia, era un segreto di Pulcinella. Tra la
sabbia e l'asfalto della statale 16, infatti, c'era e c'è,
da sempre, uno dei più grandi stabilimenti italiani di
concimi chimici. Nato come Sir negli anni 20 e morto come
Enimont nell'88. In mezzo, 60 anni di smaltimento selvaggio
di scorie tossiche a cielo aperto: il “ceneraccio", rosso
come la pirite e lo zolfo, usati per la produzione; rosso
come la sabbia. Sopito l'ecoscandalo, recintati e messi in
sicurezza 20 ettari di spiaggia e gli enormi e fatiscenti
capannoni industriali, il Comune di Falconara ha puntato
sulle disposizioni del Prg che per quella zona prevedono una
destinazione turistica. Ombrelloni, villette balneari,
scivoli a mare per i pescatori. E il sindaco Carletti ancora
sogna che un giorno, sulla ex spiaggia dei veleni, possa
sventolare la bandiera blu del rilancio d'immagine di
Falconara. Poi, complice l'insoluto problema della
ingombrante raffineria Api, le polemiche sull'eventuale
rinnovo della sua concessione e i relativi piani di
risanamento del suo “letto", sulla spiaggia e la sua
rinnovata vocazione turistica sembra essere calato l'oblio.
Per carità, non che Arpam, Ufficio comunale Ambiente e
tecnici della “Akron", la ditta specializzata in recuperi
ambientali se ne siano stati con le mani in mano. 200
tonnellate di materiale “infestato" da metalli pesanti
asportate e smaltite in discarica, assieme a sabbie tossiche
prelevate fino a 1 metro di profondità; il tutto sostituito
con ghiaia pulita; completata la “deratizzazione" del
capannone industriale, rimosse le coperture all'amianto che
disperdevano polveri cancerogene di eternit; incoraggianti i
risultati degli studi sulla salute delle acque. Poi tutto a
rilento, proprio dall'indomani degli esiti della perizia del
consulente Nedo Biancani, uno dei massimi esperti,
incaricato dal pm Mansi di disegnare il quadro presente e
gli scenari di rivitalizzazione dell'area. Il perito si è
incontrato informalmente con l'Amministrazione comunale alla
vigila del Natale scorso. E ha posto un paletto prospettivo,
elemento centrale della sua perizia: procedere speditamente
col risanamento, agendo in superficie, evitando di scavare
in profondo e rimuovere fasce di terreno che negli anni si
sono stabilizzate coi loro veleni. Questo per fermare lo
status quo creato da madre natura e scongiurare disequilibri
sotterranei forieri di nuove, incontrollabili dispersioni
tossiche di ceneri. Biancani pensa a una zona verde, con
prati e alberelli in riva al mare. E a costi più
sostenibili. Quanto alla lottizzazione immobiliare,
auspicata dal Comune e da “Agricola '92" e "Rocca mare spa"
- le ditte che quello scatolone di sabbia l'aveva acquistato
soprattutto per costruire - Biancani suggerisce di
orientarla parecchio all'interno, ben oltre la statale,
lontano dal capannone. Una soluzione che si concilierebbe
con i nuovi scenari legati al progettato spostamento dello
scalo ferroviario, che prevedono una linea ferrata di
raccordo che dall'interno punti verso mare, tagli la zona
del capannone e poi proceda in direzione nord-est. Ma del
piano di caratterizzazione “Akron", funzionale alla bonifica
definitiva, non si è saputo più nulla. Bonifica, che
impiegherebbe oltre 1 anno di tempo, che nessuno sa ancora
come e a quali fini andrà attuata. E poi molte domande: il
nuovo progetto dell'architetto Bohigas per Falconara prevede
un nuovo porto turistico e un lungomare a Villanova; e l'ex
“spiaggia dei veleni"? E che fine ha fatto la proposta per
localizzarvi centri commerciali o addirittura una sede
fieristica? Infine, il problema dei costi. Il Comune, la
Provincia e le nuove aziende proprietarie vorrebbero
costruire a mare (bocciando Biancani). Ma chi e quando
pagherà i milioni di euro necessari per gli studi e un
risanamento così profondo, tale da garantire sicurezza e
salubrità a casette di villeggiatura, strutture balneari e
bagnanti?
LA VICENDA GIUDIZIARIA
L’INCHIESTA - Ce l'ha messa
tutta il pm Marco Mansi per districarsi nel pluridecennale
ginepraio di sigle aziendali, atti amministrativi, normative
accavallatesi nel tempo, "a monte" del mezzo disastro
annunciato della "spiaggia dei veleni". Ma dopo oltre un
anno d'inchiesta su uno capitoli più sintomatici del degrado
ambientale del litorale adriatico, nel fascicolo di chiusura
delle indagini ex art. 415 bis figurano "solo" 4 nominativi.
GLI INDAGATI - Gli indagati:
Giuseppe Torroni, di Savignano sul Rubicone, località in
provincia di Forlì sede legale della "Rocca Mare spa" (la
ditta che 3 anni fa acquistò l'area produttiva dismessa);
Dino Simonetti, imprenditore della "Agricola '92 srl" di
Longiano di Forlì; Vito De Lucia e Cosimo Capobianco,
manager di Enichem Agricoltura, cui fece capo l'ultima fase
gestionale dello stabilimento.
LE ACCUSE - Alcuni dei reati
di cui sono accusati: danneggiamento ambientale, smaltimento
abusivo di rifiuti, l'avvelenamento delle acque, mancata
adozione delle cautele di sicurezza volte ad evitare la
contaminazione dell'ecosistema e a contenerne gli effetti.
Nessun "fumus" di sospetto sugli "occhi chiusi" di enti
locali e istituzioni, quelli che se non altro dal dopoguerra
avrebbero dovuto o potuto "ecovigilare".
L’INQUINAMENTO - Tante le
sigle societarie (Montedison, Enichem, Enimont, fino al
fallimento di Enimont Agricoltura nell'89) che avrebbero
avallato lo stoccaggio di sottoprodotti inquinanti di
lavorazione lungo la costa. Tutto ciò, in sintesi un'intera
spiaggia trasformata in discarica, era già allora, ben prima
del decreto Ronchi del '96, chiaramente illecito. E ben
visibile dalla statale 16 almeno fino all'88 |
«Vogliamo
impegni immediati»
FALCONARA — E' diventata la
voce dei lavoratori in occasione della riunione indetta dai
sindacati al cinema Sport. Giampaolo Bonini, capoturno del
reparto bassa pressione, lavora dal 1986 in raffineria. Ha
seguito gli iter che hanno condotto all'alta
meccanicizzazione e quindi al raggiungimento di livelli
tecnologici sempre maggiori. Lui, proprio in occasione di
quella riunione, ha preso il microfono in mano, la voce
emozionata sfiorata dall'esasperazione raggiunta negli
ultimi giorni. In circa mezz'ora di intervento ha spiegato
le motivazioni che hanno indotto i lavoratori ad accogliere
il sindaco Carletti (nella riunione al circolo di via Roma)
in modo burrascoso. Adesso a pochi giorni dall'incontro con
le Istituzioni, Bonini riflette su quelli che sono i
risultati, sicuramente, di un colloquio più sereno e di
apertura. Bonini quali sono le vostre priorità? «Sicuramente
il mantenimento dei livelli occupazionali, ma sullo stesso
piano mettiamo l'ambiente e la sicurezza, elementi
fondamentali per tutti, non solo per i lavoratori della
raffineria. In più vogliamo chiarezza e impegni precisi».
Cosa pensa del piano regolatore generale? «Il Prg non ci è
piaciuto e non parlo dell'aspetto tecnico, ma delle scelte
fatte e quindi della incompatibilità della raffineria con il
territorio». E della 'provocazione' del sindaco Carletti?
«Ci ha fatto rimanere perplessi la dichiarazione del
sindaco. L'amministrazione, certamente, deve progettare in
base a numeri ed esigenze. Essere provocatori in riferimento
alle esigenze è alquanto contraddittorio». In che cosa l'Api
è cambiata? «Molte dal 1986 ad oggi sono le modifiche
apportate all'impianto e non parlo solo di dimensioni.
L'informatizzazione e l'evoluzione tecnologica hanno
permesso all'azienda di acquistare strumentazioni e
macchinari più compatibili con l'ambiente e molto più
sicuri». Pensa che la vostra immagine sia stata demonizzata?
«E' stata data sicuramente una realtà distorta sui
lavoratori della raffineria. Pensando magari a persone che
lavorano senza documentarsi». Mi faccia un esempio. «Quando
ho terminato di studiare e sono stato assunto dall'Api
credevo di aver chiuso definitivamente con i libri. E invece
il mio esordio in raffineria è cominciato approfondendo
nuove tecniche e nuovi processi produttivi. E se devo essere
sincero continuo tutt'ora». |