RASSEGNA STAMPA 09.02.2003

 

MESSAGGERO
Spiaggia dei veleni, stop alla speculazione

Uno scavo in profondità potrebbe provocare la dispersione di ceneri tossiche. Meglio una zona verde con prati e alberelli in riva al mare

Il perito ha sconsigliato il risanamento “pesante”: lottizzazione da spostare oltre la statale

Sabbia rossa, roba che sembrava fosse piovuta lì da Marte. I ragazzini, negli anni '70 e '80, ci ruzzolavano gioiosi giocando a pallone, per poi rinfrescarsi e ripulirsi sguazzando nell'acqua. E le domeniche d'estate c'era chi ci arrivava fin da Jesi, per tuffarsi con maschera e pinne a caccia di “moscioli" stramente voluminosi. Poi, un magistrato dal “pollice verde", andò a ficcare il naso in quella sabbia rossa, e scoprì che era piena di mercurio, cromo, arsenico, piombo e rame. In concentrazioni decine, centinaia di volte superiori a quelle di sicurezza fissate dalla legge. E che forse, quelle ricercatissime cozze erano così grandi perché si erano abbuffate di piccole scorie. Una avvilente scoperta. Che si trasformò in un'inchiesta e nel sequestro di quella spiaggia, ultimo lembo verso nord del litorale di Falconara ai confini con Marina di Montemarciano. Eppure, il segreto di quella spiaggia, era un segreto di Pulcinella. Tra la sabbia e l'asfalto della statale 16, infatti, c'era e c'è, da sempre, uno dei più grandi stabilimenti italiani di concimi chimici. Nato come Sir negli anni 20 e morto come Enimont nell'88. In mezzo, 60 anni di smaltimento selvaggio di scorie tossiche a cielo aperto: il “ceneraccio", rosso come la pirite e lo zolfo, usati per la produzione; rosso come la sabbia. Sopito l'ecoscandalo, recintati e messi in sicurezza 20 ettari di spiaggia e gli enormi e fatiscenti capannoni industriali, il Comune di Falconara ha puntato sulle disposizioni del Prg che per quella zona prevedono una destinazione turistica. Ombrelloni, villette balneari, scivoli a mare per i pescatori. E il sindaco Carletti ancora sogna che un giorno, sulla ex spiaggia dei veleni, possa sventolare la bandiera blu del rilancio d'immagine di Falconara. Poi, complice l'insoluto problema della ingombrante raffineria Api, le polemiche sull'eventuale rinnovo della sua concessione e i relativi piani di risanamento del suo “letto", sulla spiaggia e la sua rinnovata vocazione turistica sembra essere calato l'oblio. Per carità, non che Arpam, Ufficio comunale Ambiente e tecnici della “Akron", la ditta specializzata in recuperi ambientali se ne siano stati con le mani in mano. 200 tonnellate di materiale “infestato" da metalli pesanti asportate e smaltite in discarica, assieme a sabbie tossiche prelevate fino a 1 metro di profondità; il tutto sostituito con ghiaia pulita; completata la “deratizzazione" del capannone industriale, rimosse le coperture all'amianto che disperdevano polveri cancerogene di eternit; incoraggianti i risultati degli studi sulla salute delle acque. Poi tutto a rilento, proprio dall'indomani degli esiti della perizia del consulente Nedo Biancani, uno dei massimi esperti, incaricato dal pm Mansi di disegnare il quadro presente e gli scenari di rivitalizzazione dell'area. Il perito si è incontrato informalmente con l'Amministrazione comunale alla vigila del Natale scorso. E ha posto un paletto prospettivo, elemento centrale della sua perizia: procedere speditamente col risanamento, agendo in superficie, evitando di scavare in profondo e rimuovere fasce di terreno che negli anni si sono stabilizzate coi loro veleni. Questo per fermare lo status quo creato da madre natura e scongiurare disequilibri sotterranei forieri di nuove, incontrollabili dispersioni tossiche di ceneri. Biancani pensa a una zona verde, con prati e alberelli in riva al mare. E a costi più sostenibili. Quanto alla lottizzazione immobiliare, auspicata dal Comune e da “Agricola '92" e "Rocca mare spa" - le ditte che quello scatolone di sabbia l'aveva acquistato soprattutto per costruire - Biancani suggerisce di orientarla parecchio all'interno, ben oltre la statale, lontano dal capannone. Una soluzione che si concilierebbe con i nuovi scenari legati al progettato spostamento dello scalo ferroviario, che prevedono una linea ferrata di raccordo che dall'interno punti verso mare, tagli la zona del capannone e poi proceda in direzione nord-est. Ma del piano di caratterizzazione “Akron", funzionale alla bonifica definitiva, non si è saputo più nulla. Bonifica, che impiegherebbe oltre 1 anno di tempo, che nessuno sa ancora come e a quali fini andrà attuata. E poi molte domande: il nuovo progetto dell'architetto Bohigas per Falconara prevede un nuovo porto turistico e un lungomare a Villanova; e l'ex “spiaggia dei veleni"? E che fine ha fatto la proposta per localizzarvi centri commerciali o addirittura una sede fieristica? Infine, il problema dei costi. Il Comune, la Provincia e le nuove aziende proprietarie vorrebbero costruire a mare (bocciando Biancani). Ma chi e quando pagherà i milioni di euro necessari per gli studi e un risanamento così profondo, tale da garantire sicurezza e salubrità a casette di villeggiatura, strutture balneari e bagnanti?

LA VICENDA GIUDIZIARIA

L’INCHIESTA - Ce l'ha messa tutta il pm Marco Mansi per districarsi nel pluridecennale ginepraio di sigle aziendali, atti amministrativi, normative accavallatesi nel tempo, "a monte" del mezzo disastro annunciato della "spiaggia dei veleni". Ma dopo oltre un anno d'inchiesta su uno capitoli più sintomatici del degrado ambientale del litorale adriatico, nel fascicolo di chiusura delle indagini ex art. 415 bis figurano "solo" 4 nominativi.

GLI INDAGATI - Gli indagati: Giuseppe Torroni, di Savignano sul Rubicone, località in provincia di Forlì sede legale della "Rocca Mare spa" (la ditta che 3 anni fa acquistò l'area produttiva dismessa); Dino Simonetti, imprenditore della "Agricola '92 srl" di Longiano di Forlì; Vito De Lucia e Cosimo Capobianco, manager di Enichem Agricoltura, cui fece capo l'ultima fase gestionale dello stabilimento.

LE ACCUSE - Alcuni dei reati di cui sono accusati: danneggiamento ambientale, smaltimento abusivo di rifiuti, l'avvelenamento delle acque, mancata adozione delle cautele di sicurezza volte ad evitare la contaminazione dell'ecosistema e a contenerne gli effetti. Nessun "fumus" di sospetto sugli "occhi chiusi" di enti locali e istituzioni, quelli che se non altro dal dopoguerra avrebbero dovuto o potuto "ecovigilare".

L’INQUINAMENTO - Tante le sigle societarie (Montedison, Enichem, Enimont, fino al fallimento di Enimont Agricoltura nell'89) che avrebbero avallato lo stoccaggio di sottoprodotti inquinanti di lavorazione lungo la costa. Tutto ciò, in sintesi un'intera spiaggia trasformata in discarica, era già allora, ben prima del decreto Ronchi del '96, chiaramente illecito. E ben visibile dalla statale 16 almeno fino all'88

 
IL RESTO DEL CARLINO
«Vogliamo impegni immediati»

FALCONARA — E' diventata la voce dei lavoratori in occasione della riunione indetta dai sindacati al cinema Sport. Giampaolo Bonini, capoturno del reparto bassa pressione, lavora dal 1986 in raffineria. Ha seguito gli iter che hanno condotto all'alta meccanicizzazione e quindi al raggiungimento di livelli tecnologici sempre maggiori. Lui, proprio in occasione di quella riunione, ha preso il microfono in mano, la voce emozionata sfiorata dall'esasperazione raggiunta negli ultimi giorni. In circa mezz'ora di intervento ha spiegato le motivazioni che hanno indotto i lavoratori ad accogliere il sindaco Carletti (nella riunione al circolo di via Roma) in modo burrascoso. Adesso a pochi giorni dall'incontro con le Istituzioni, Bonini riflette su quelli che sono i risultati, sicuramente, di un colloquio più sereno e di apertura. Bonini quali sono le vostre priorità? «Sicuramente il mantenimento dei livelli occupazionali, ma sullo stesso piano mettiamo l'ambiente e la sicurezza, elementi fondamentali per tutti, non solo per i lavoratori della raffineria. In più vogliamo chiarezza e impegni precisi». Cosa pensa del piano regolatore generale? «Il Prg non ci è piaciuto e non parlo dell'aspetto tecnico, ma delle scelte fatte e quindi della incompatibilità della raffineria con il territorio». E della 'provocazione' del sindaco Carletti? «Ci ha fatto rimanere perplessi la dichiarazione del sindaco. L'amministrazione, certamente, deve progettare in base a numeri ed esigenze. Essere provocatori in riferimento alle esigenze è alquanto contraddittorio». In che cosa l'Api è cambiata? «Molte dal 1986 ad oggi sono le modifiche apportate all'impianto e non parlo solo di dimensioni. L'informatizzazione e l'evoluzione tecnologica hanno permesso all'azienda di acquistare strumentazioni e macchinari più compatibili con l'ambiente e molto più sicuri». Pensa che la vostra immagine sia stata demonizzata? «E' stata data sicuramente una realtà distorta sui lavoratori della raffineria. Pensando magari a persone che lavorano senza documentarsi». Mi faccia un esempio. «Quando ho terminato di studiare e sono stato assunto dall'Api credevo di aver chiuso definitivamente con i libri. E invece il mio esordio in raffineria è cominciato approfondendo nuove tecniche e nuovi processi produttivi. E se devo essere sincero continuo tutt'ora».

 
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