Falconara “L'Api è il faro
dello sviluppo”
Parla il direttore Franco
Bellucci
L'Api'? E'
garanzia di sviluppo. Parola del direttore Franco Bellucci.
Che non vuoi sentir parlare di contrapposizione col Comune,
ma che in tema di prg non ha tentennamenti. "Abbiamo fatto
opposizione al Tar, il piano vincola i potenziali
investimenti di sviluppo soprattutto sulla produzione
dell’idrogeno "
Quella
dell'idrogeno è la strada da seguire per il futuro?
"Sul fronte
dell'impatto ambientale sicuramente. E il futuro è fare
attenzione alla capacità continua di trasformazione andando
a cercare nuove tecnologie”.
Vuol dire
che con l'Api la città non ha che da guadagnare?
"E' un
valore aggiunto per il territorio. in termini di
investimenti, know-how e tecnologie. Significa non stare al
rimorchio di nessuno. E vuoi dire anche sviluppo di
competenze”
Anche per
ridurre i pericoli connessi?
"Gestire un
impianto ad alto rischio significa poter contare su
professionalità elevate. E poi c'è da considerare l'effetto
occupazionale".
E cioè?
“Ai 450
dipendenti diretti vanno aggiunti i 2.000 di indiretti. C'è
un rapporto da uno a quattro tra dipendenti fissi e
indotto".
Anche il
panorama occupazionale è in evoluzione?
"E' avviata
una collaborazione con il dipartimento di energia della
facoltà di ingegneria dell’Università di Ancona. Negli
ultimi due anni abbiamo ospitato una trentina di "tesisti" e
altrettanti stagisti".
Nello
scenario di una raffineria che cresce si sviluppa anche il
sistema di controllo e della prevenzione ?
"Dagli anni
'60 ad oggi siamo passati dagli strumenti manuali ai
computer. Abbiamo intrapreso con convinzione la strada della
sicurezza, la compatibilità sta crescendo con gli anni".
Quali
risultati concreti ad oggi?
"La
certificazione Ohsas 18001, la Iso 9002. E poi la Iso 14001
che non si ottiene così... Una società norvegese, prima in
Europa e terza nel mondo in tema di certificazione, ha
verificato il nostro sistema di gestione dando certezze di
misure non occasionali ma che si ripetono e migliorano nel
tempo".
Ma allora
gli indirizzi dei prg sono così difficili da rispettare?
"Dico solo
che abbiamo fatto ricorso al Tar avverso al piano regolatore
di Falconara. E poi c'è sempre la possibilità di apportare
delle varianti"
Ricevuto.
Intanto cresce l'ansia tra i lavoratori?
"La
preoccupazione aleggia, siamo in un momento delicato, lo
testimoniano i fatti dell'altra sera in consiglio comunale
dove si è un pò esagerato”.
Quale
futuro per l'Api?
“La nostra
strada prevede di restare qui, sarà una raffineria diversa
quella del futuro, come oggi la raffineria è diversa
rispetto a quella di 20 anni fa. Oggi non produciamo più un
chilo di olio combustibile”
Cosa crede
che pensi la città di Falconara sull'Api?
“Nel
dicembre del 2000 in piena bagarre per il ricorso presentato
dalla Regione successivamente alla nostra richiesta di
rinnovo della concessione al Ministero abbiamo commissionato
alla società di sondaggi di Mannheimer una verifica sulla
percezione della raffineria. La popolazione era divisa a
metà tra chi la considerava un problema e chi
un’opportunità. E solo il 18% degli intervistati ha parlato
della necessità della localizzazione o della chiusura. A
fine 2003 rifaremo il sondaggio. Oggi sarebbe diverso, sta
entrando nell'immaginario collettivo dei faIconaresi la
sensazione che l'Api garantisce alta tecnologia e quindi
sviluppo, insomma un valore aggiunto”.
Perché i
falconaresi oggi dovrebbero sentirsi più vicini alla
raffineria?
“Per
esempio perché da anni non ci sono puzze. E perché abbiamo
investito tanto. Basti pensare che 100 miliardi di vecchie
lire li abbiamo spesi per la sicurezza negli ultimi 4-5
anni”.
Resta il
problema delle emissioni nel sottosuolo
“Sappiamo
di avere idrocarburi sul natante, è la conseguenza dei modi
di lavorare del passato quando si faceva ricorso
all'interramento delle linee. Prosegue il graduale
prosciugamento, e stiamo mettendo in gioco tanti milioni di
euro per la prevenzione, oggi l’80% del suolo è cementato”.
Che
significa?
"Se dovesse
uscire il prodotto da una pompa rimarrebbe confinato e
trasportabile".
Quello
della tutela dell'ambiente è un lavoro sempre in progress ?
"Nella
richiesta per la certificazione Emas ci prenderemo impegni
importanti per il futuro, fa parte della nostra filosofia di
fondo. Negli anni '90 l'Api si è trovata di fronte al
dilemma: Cosa fare da grande? Cosa succederà con l'olio
combustibile?”
Quale
risposta concrete avete dato?
"Con la
centrale lgcc possiamo distruggere l’olio combustibile, e
ridurre notevolmente le emissioni inquinanti"
Ma avete
mai seriamente preso in considerazione l'ipotesi della
delocalizzazione?
"Queste
cose non si delocalizzano, si chiudono. Non è un capannone.
Del resto che rappresentiamo una presenza strategica lo
dimostra il fatto che altre raffinerie più vicine si trovano
a Venezia e a Taranto. Noi serviamo fino all'interno della
Toscana e dell'Umbria. Il nostro bacino di utenza è di circa
due milioni di persone".
Carletti:
“Il Prg fa solo ipotesi”
Il Sindaco
apre al confronto. I sindacati insistono: “Non c’è
incompatibilità col territorio”
All’affollatissimo incontro con le istituzioni locali Cgil
Cisl Uil chiedono di avviare la concertazione rivedere il
piano regolatore e tutelare i lavoratori.
Un'assemblea senza colpi di scena ma anche pochi applausi
per il sindaco Carletti e per il presidente della Provincia
Giancarli, mentre un certo consenso è stato espresso nei
confronti dell'assessore regionale Amagliani soprattutto nel
momento in cui ha dichiarato che i posti di lavoro “non
possono essere a rischio". In ogni caso, come ha fatto
notare il segretario provinciale della Cgil Gilberto Zoppi,
l'incontro con i lavoratori della raffineria Api è stato "un
mattone per la costruzione del rapporto con le istituzioni".
Una considerazione che ha trovato d'accordo anche il
sindaco, il quale “al di fuori delle formalità di un organo
istituzionale come era il consiglio comunale del 28 gennaio"
ha potuto, per sua stessa affermazione, "parlare chiaramente
e mettere le carte in tavola”. Affollatissima (almeno 300 i
presenti, tra cui gli assessori provinciali Binci e
Casagrande) e tutto sommato tranquilla, l'assemblea aveva,
nelle intenzioni dei sindacati, lo scopo di "arrivare ad una
visione più certa e definita del futuro”. "Tendendo presente
- ha detto Renzo Perticaroli della Uil - che il buon senso
ci fa capire come sia impossibile uscire dal conflitto con
la vittoria dell'una o dell'altra parte in causa. Noi
ribadiamo che ci sono tutte le condizioni per la
compatibilità tra azienda e territorio, ma vogliamo si
faccia di più. Un impegno del tutto inutile, però, se le
amministrazioni locali nei loro progetti non vedono l’Api
come parte dello sviluppo del territorio". Due i punti
fondamentali per i sindacati: l’accelerazione dei tempi per
un "confronto concertativi" e la revisione del Prg di
Falconara nel paragrafo in cui viene dichiarata
l'incompatibilità della raffineria e la prospettiva di altra
destinazione per l'area oggi occupata dagli impianti, il
tutto per chiedere ancora una volta un percorso che tuteli i
lavoratori". Sulla questione del Prg è tornato anche
Carletti per dire che il piano "è fatto di ipotesi e
proposte e non di determinazioni" e che ogni intento va
inquadrato sul lungo periodo. “D'altronde - ha osservato il
primo cittadino - quattro anni fa abbiamo ritenuto di dover
ripensare ad un territorio che non aveva mai programmato in
modo serio il suo sviluppo”. Quanto alla raffineria,
“abbiamo dato parere negativo - ha spiegato Carletti - per
evitare l’automatismo del silenzio-assenso". Un
atteggiamento approvato anche dal presidente della Provincia
Giancarli per il quale va tenuto conto che “un’area dalla
grande valenza strategica come questa chiede un sistema
coerente di azioni ed interventi efficaci attraverso lo
strumento della concertazione”. Drastico sulla questione del
mantenimento dell'occupazione, l'assessore Amagliani ha però
fatto una sorta di mea culpa rilevando che dopo l'ultima
concessione del 1988 c'è stato un "vuoto della politica. e
nessuno ha mai ragionato in modo diverso sul problema
rappresentato dalla raffineria, un'azienda che comunque
rimane, nonostante tutti i controlli e le certificazioni, un
impianto ad altissimo rischio”. Quanto agli interventi dei
lavoratori mentre Sandro Veroli e Massimo Duranti hanno
parlato della necessità di certezze, Giampaolo Bonini,si è
apertamente scagliato contro Carletti, accusato di
"spaventare la gente- e di avere un atteggiamento ostile e
livoroso nei confronti dell'azienda e dei lavoratori.
Le piccole imprese tremano
Apindustria
“Che farà l’indotto se l’azienda chiude?”
Chiudere l’Api nel 2008 significherebbe veder migrare
altrove molte piccole imprese dell'indotto, spesso altamente
specializzate. E Apindustria, l'associazione delle piccole e
medie imprese aderenti alla Confapi, dà voce alle
preoccupazioni. "Abbiamo dato vita alle nostre imprese in
funzione dell' Api, siamo cresciuti e ci siamo specializzati
grazie alla raffineria, ci siamo certificati per rispondere
ai requisiti necessari al mantenimento delle commesse: come
potremo evitare di veder dissolvere i nostri sforzi in un
futuro nebuloso?". Il problema investe un nucleo di aziende
dei comparti edile, elettronico e metalmeccanico (che danno
lavoro a circa 600 addetti), che insieme ai dipendenti
dell'Api sono chiamate a garantire l'efficienza e la
sicurezza degli impianti del petrolchimico. Se l'Api non
ottenesse il rinnovo della concessione, verrebbe meno un
flusso finanziario di circa 88 milioni di euro l'anno per
l'indotto locale. "Questa fase di incertezza -ricorda
Apindustria pone alcuni imprenditori di fronte ad un bivio:
l'incognita della riconversione o la ricerca di nuovi
mercati". Le loro piccole imprese altamente specializzate
con difficoltà potrebbero riconvertirsi in loco se l'area in
questione, così come progettata dall'architetto Bohigas, non
dovesse prevedere nuovi insediamenti produttivi. |