RASSEGNA STAMPA 06.02.2003

 

MESSAGGERO
Paolo Polonara, Cgil: «Risposte entro giugno»

Entro giugno una risposta. Sindacati ed operai non vogliono ancora altri rinvii: entro giugno vogliono sapere che fine faranno e con lo l’azienda dove lavorano. Naturalmente, premono per una risposta affermativa. «Bisogna farlo – spiega Paolo Polonara, della Rsu per la Cgil – perché le banche premono sulla raffineria. Hanno concesso i finanziamenti sapendo che la concessine era ventennale, ora invece c’è incertezza. Occorreranno diciassette anni all’azienda per ammortizzare i costi, ecco perché la concessione va data ed entro giugno». E se si decidesse di non concedere il rinnovo anticipato, ma di rimandare alla naturale scadenza al 2008? «No, sarebbe troppo tardi, le banche, i gruppi di investitori hanno bisogno di garanzie, così verrebbero meno». Ma l’Api ha intenzione di rispettare le norme imposte, come ad esempio quelle del Ctr, ancora non del tutto attuate? «Ci vuole del tempo, ci sono delle tappe stabilite da seguire ed è quello che lo stabilimento sta facendo».

 
IL RESTO DEL CARLINO
Il futuro dell'Api legato alla sicurezza dell'impianto

FALCONARA — La concessione alla raffineria Api potrà essere rinnovata solo se l'azienda seguirà scrupolosamente i dettami sanciti nelle prescrizioni del Ctr e concerterà assieme a Regione, Provincia e Comune un percorso per rendere più sicuro l'impianto. Questo quello che si è percepito dalle parole degli intervenuti alla riunione indetta unitariamente dai sindacati della raffineria Api. Nessuno scontro stavolta, anzi proprio i rappresentanti dei lavoratori avevano predisposto un servizio d'ordine con uomini disposti all'interno e all'uscita del cinema Sport. Sicuramente è stato un incontro chiarificatore, uno di quelli come lo ha definito il sindaco Carletti dove «si gioca a carte scoperte». Altrettanto con decisione è stato tracciato, per grandi linee, il futuro dell'impianto petrolifero anche se il 'verdetto' è nelle mani della Regione, che emetterà il parere non prima di giugno. Il discorso introduttivo che ha aperto i lavori è stato proprio quello dei sindacati attraverso la voce di Renzo Perticaroli, segretario provinciale della Uil: «Il buon senso ci fa dire che è impossibile uscire con la vittoria di un parte o dell'altra. Noi — ha sottolineato — crediamo che ci siano tutte le condizioni di compatibilità. Vogliamo che si faccia di più per la sicurezza partendo dalle prescrizioni del Ctr. Tutto questo, però, perde la sua valenza dal momento in cui si persegue una politica di contrasto alla permanenza dell'Api». In sostanza i rappresentanti dei lavoratori unitariamente chiedono di accelerare il tavolo concertativo e rivedere il piano regolatore del Comune. Più di trecento persone quelle presenti al cinema Sport tutte, per la maggior parte, in attesa del discorso del primo cittadino. Carletti ha descritto minuziosamente gli step che hanno portato a ragionare in un certo modo: innanzitutto la necessità di un rilancio della città e quindi una crescita programmata pensando ora per il futuro allo sviluppo di tutto il territorio. Da qui il piano regolatore e l'incompatibilità della raffineria. «Il nostro Prg — ha spiegato Carletti — non contiene delle prescrizioni precise e vincolanti ma idee, ipotesi». Poi il sindaco ha svelato quello chè è stato il motivo di rottura tra amministrazione e Api: «Avevamo entrambi dei progetti comuni su cui era stato espresso parere positivo — ha tenuto a precisare il sindaco — ma alla richiesta dell'automatico consenso al rinnovo della concessione, per il Comune la rottura è stata inevitabile». E' a questo punto che il parere negativo del Comune «è voluto essere una provocazione» per evitare che il silenzio assenso non li ricomprendesse come parte in causa. «L'intesa stipulata tra Regione, Provincia e Comune — ha detto il presidente della Provincia Enzo Giancarli — è stata creata con la volontà di trovare una strada comune che tenga conto del mantenimento dei livelli occupazioni e delle difficoltà sul territorio». L'ultima parola è stata poi quella dell'assessore regionale all'Ambiente Marco Amagliani: «Il problema della raffineria è stato trascurato per troppo tempo, la Regione entro pochi mesi deciderà il futuro dell'impianto».

"Qualunque sia la decisione la raffineria Api rimarrà un'azienda ad elevatissimo rischio"

 L'assessore regionale, Marco Amagliani, di fronte alla folla di lavoratori non ha omesso di riconoscere anche i traguardi migliorativi raggiunti dall'industria petrolifera. Ha confidato che occuparsi della raffineria è stata la sua prima preoccupazione al momento del suo insediamento nella Giunta regionale. Al tempo stesso però ha ricordato che le decisioni verranno prese in virtù di quell'unione nata tra la stessa Regione, la Provincia e quindi il Comune. «Sono particolarmente sensibile a questo problema — ha detto Amagliani — sia perché sono un falconarese, sia perché per motivi ideologici e quindi politici il mantenimento dei livelli occupazionali sarà garantito».

I lavoratori chiedono di rivedere il Piano regolatore cittadino

FALCONARA — Si sono dette soddisfatte, del riscontro con le Istituzioni, le organizzazioni sindacali di Cgil, Cisl e Uil. «Si è aperto un confronto — ha detto Gilberto Zoppi, segretario provinciale della Cgil» mentre Stefano Mastrovincenzo della Cisl ha dichiarato che «gli scenari e le posizioni delle istituzioni adesso sono più chiare». Ad essere però ancora confusi e a rivolgere a volte anche parole pesanti al sindaco Carletti, 'reo' di aver dichiarato l'incompatibilità dell'impianto con il territorio, sono i lavoratori. Giampaolo Bonini, tecnico della raffineria, ha spiegato i motivi che li portano a considerare una sola ed un'unica via di uscita: rivedere il Prg. «Abbiamo sentito discorsi contraddittori al limite dell'incomprensibile. Non capisco perché quest'azienda debba essere chiusa, soprattutto perché si tratta di una realtà economicamente florida e sicura. E' moderna e pronta per il futuro. Per questo — ha spiegato perplesso Giampaolo Bonini — quello di cui stiamo discutendo non può essere solo un problema di compatibilità, di sicurezza e di ambiente. Le certificazioni per noi sono motivo di orgoglio e dal quel tragico 26 agosto 1999 è stata fatta un'opera indecente di demolizione della raffineria». Secondo Bonini e i tanti lavoratori che l'hanno applaudito, è stata «distrutta l'immagine e la serenità dei cittadini di Falconara». Interrogativi sono stati poi sollevati sulla necessità di impiegare forze comunali, come l'ufficio Ambiente, per il controllo dell'attività della raffineria, o meglio sulla quantità di materiale inquinante, quando comunque ci sono Enti preposti «a non più di 10 chilometri di distanza».

Fiumesino, la riqualificazione soddisfa tutti

FALCONARA — Il programma di riqualificazione dei quartieri confinanti con la raffineria Api piace a molti residenti di Fiumesino. Non solo perché i lavori mirano a creare vie di fuga in caso di emergenza, ma anche perché alcuni interventi miglioreranno di fatto la vivibilità del quartiere. Il potenziamento dell'illuminazione pubblica, il miglioramento di manto stradale e marciapiedi, la creazione di un nuovo tratto di fognatura: sono opere, queste, in grado di mettere d'accordo tutti. Anche la predisposizione delle “vie di fuga” viene vista da alcuni come una necessità irrinunciabile, data la presenza dell'industria petrolchimica. Non mancano, comunque, divergenze di opinione. «Ben venga la creazione di un percorso d'emergenza – approva Franco Budini, delegato del “Comitato del quartiere Fiumesino” –. Finché dura la convivenza con l'Api, un tragitto sicuro per mettersi in salvo è indispensabile. L'importante è che le opere strutturali vengano completate da una serie di esercitazioni: so per esperienza come sia difficile controllare la paura, soprattutto per gli anziani». Della stessa opinione l'Ammiraglio De Paolis, altro membro del Comitato: «Non posso che commentare positivamente i lavori di riqualificazione annunciati, l'importante è che non sparisca il quartiere. Il progetto del by-pass ferroviario rischia infatti di soffocare Fiumesino, chiudendo l'unico lato del rione ancora aperto verso la campagna. Mi auguro che l'azione amministrativa mantenga una certa coerenza: è inutile spendere soldi per migliorare la vivibilità se poi si intende “scacciare” i residenti dal territorio, che sembra votato all'espansione industriale». Mostrano scetticismo, invece, gli anziani della zona, che giudicano inutili le stesse vie di fuga e pronosticano scene da “si salvi chi può”: «Quando si ha paura, il primo pensiero è scappare – dice una signora –. Me ne sono accorta nell'84: ognuno cercava di mettersi in salvo, con qualsiasi mezzo ed in qualsiasi direzione». Molto critico anche un altro residente, R.B., che afferma: «Gli amministratori non possono dirci “Non abbiate paura e mettetevi in fila”. Progettano nuove vie di fuga, ma intanto hanno sbarrato l'accesso alla strada del fiume: hanno messo un cancello in fondo a via Fiumesino, escludendo la possibilità di fuggire verso nord». Più ottimista un residente di via Conventino, che ribadisce comunque l'importanza delle esercitazioni: «la gente va abituata a mantenersi calma con simulazioni frequenti e realistiche».

"Le imprese vivono grazie all'Api"

FALCONARA – «Abbiamo dato vita alle nostre imprese in funzione dell'Api, siamo cresciuti e ci siamo specializzati grazie alla raffineria, ci siamo sviluppati stimolati dalle sue richieste in merito all'adeguamento delle strutture e delle competenze, ci siamo certificati per rispondere ai requisiti necessari al mantenimento delle commesse: come potremo evitare di dissolvere i nostri sforzi e le nostre energie di fronte ad un futuro nebuloso?». Così Apindustria dà voce alla preoccupazione dei piccoli e medi imprenditori dell'indotto falconarese: un gruppo di solide aziende edili, elettroniche e metalmeccaniche che, con il loro «piccolo esercito di circa 600 addetti», sono chiamate ogni giorno a supportare i dipendenti Api, contribuendo a garantire efficienza e sicurezza degli impianti. L'eventuale chiusura a breve della raffineria rischia di non lasciare alle piccole e medie imprese «il tempo e le risorse necessarie per una riqualificazione professionale e per la ricerca di nuovi committenti». L'attuale fase di tensione sociale, politica ed economica rende difficile «un'efficace programmazione di sviluppo» e pone alcuni imprenditori di fronte ad un bivio: «da un lato l'incognita della riconversione, dall'altro la ricerca di nuovi mercati». Il problema è più grave per le aziende altamente specializzate «che con difficoltà potrebbero riconvertirsi in loco se l'area, così come progettata dall'architetto Bohigas, non dovesse prevedere nuovi insediamenti produttivi».

 
CORRIERE ADRIATICO
Falconara “L'Api è il faro dello sviluppo”

Parla il direttore Franco Bellucci

L'Api'? E' garanzia di sviluppo. Parola del direttore Franco Bellucci. Che non vuoi sentir parlare di contrapposizione col Comune, ma che in tema di prg non ha tentennamenti. "Abbiamo fatto opposizione al Tar, il piano vincola i potenziali investimenti di sviluppo soprattutto sulla produzione dell’idrogeno "

Quella dell'idrogeno è la strada da seguire per il futuro?

"Sul fronte dell'impatto ambientale sicuramente. E il futuro è fare attenzione alla capacità continua di trasformazione andando a cercare nuove tecnologie”.

Vuol dire che con l'Api la città non ha che da guadagnare?

"E' un valore aggiunto per il territorio. in termini di investimenti, know-how e tecnologie. Significa non stare al rimorchio di nessuno. E vuoi dire anche sviluppo di competenze”

Anche per ridurre i pericoli connessi?

"Gestire un impianto ad alto rischio significa poter contare su professionalità elevate. E poi c'è da considerare l'effetto occupazionale".

E cioè?

“Ai 450 dipendenti diretti vanno aggiunti i 2.000 di indiretti. C'è un rapporto da uno a quattro tra dipendenti fissi e indotto".

Anche il panorama occupazionale è in evoluzione?

"E' avviata una collaborazione con il dipartimento di energia della facoltà di ingegneria dell’Università di Ancona. Negli ultimi due anni abbiamo ospitato una trentina di "tesisti" e altrettanti stagisti".

Nello scenario di una raffineria che cresce si sviluppa anche il sistema di controllo e della prevenzione ?

"Dagli anni '60 ad oggi siamo passati dagli strumenti manuali ai computer. Abbiamo intrapreso con convinzione la strada della sicurezza, la compatibilità sta crescendo con gli anni".

Quali risultati concreti ad oggi?

"La certificazione Ohsas 18001, la Iso 9002. E poi la Iso 14001 che non si ottiene così... Una società norvegese, prima in Europa e terza nel mondo in tema di certificazione, ha verificato il nostro sistema di gestione dando certezze di misure non occasionali ma che si ripetono e migliorano nel tempo".

Ma allora gli indirizzi dei prg sono così difficili da rispettare?

"Dico solo che abbiamo fatto ricorso al Tar avverso al piano regolatore di Falconara. E poi c'è sempre la possibilità di apportare delle varianti"

Ricevuto. Intanto cresce l'ansia tra i lavoratori?

"La preoccupazione aleggia, siamo in un momento delicato, lo testimoniano i fatti dell'altra sera in consiglio comunale dove si è un pò esagerato”.

Quale futuro per l'Api?

“La nostra strada prevede di restare qui, sarà una raffineria diversa quella del futuro, come oggi la raffineria è diversa rispetto a quella di 20 anni fa. Oggi non produciamo più un chilo di olio combustibile”

Cosa crede che pensi la città di Falconara sull'Api?

“Nel dicembre del 2000 in piena bagarre per il ricorso presentato dalla Regione successivamente alla nostra richiesta di rinnovo della concessione al Ministero abbiamo commissionato alla società di sondaggi di Mannheimer una verifica sulla percezione della raffineria. La popolazione era divisa a metà tra chi la considerava un problema e chi un’opportunità. E solo il 18% degli intervistati ha parlato della necessità della localizzazione o della chiusura. A fine 2003 rifaremo il sondaggio. Oggi sarebbe diverso, sta entrando nell'immaginario collettivo dei faIconaresi la sensazione che l'Api garantisce alta tecnologia e quindi sviluppo,  insomma un valore aggiunto”.

Perché i falconaresi oggi dovrebbero sentirsi più vicini alla raffineria?

“Per esempio perché da anni non ci sono puzze. E perché abbiamo investito tanto. Basti pensare che 100 miliardi di vecchie lire li abbiamo spesi per la sicurezza negli ultimi 4-5 anni”.

Resta il problema delle emissioni nel sottosuolo

“Sappiamo di avere idrocarburi sul natante, è la conseguenza dei modi di lavorare del passato quando si faceva ricorso all'interramento delle linee. Prosegue il graduale prosciugamento, e stiamo mettendo in gioco tanti milioni di euro per la prevenzione, oggi l’80% del suolo è cementato”.

Che significa?

"Se dovesse uscire il prodotto da una pompa rimarrebbe confinato e trasportabile".

Quello della tutela dell'ambiente è un lavoro sempre in progress ?

"Nella richiesta per la certificazione Emas ci prenderemo impegni importanti per il futuro, fa parte della nostra filosofia di fondo. Negli anni '90 l'Api si è trovata di fronte al dilemma: Cosa fare da grande? Cosa succederà con l'olio combustibile?”

Quale risposta concrete avete dato?

"Con la centrale lgcc possiamo distruggere l’olio combustibile, e ridurre notevolmente le emissioni inquinanti"

Ma avete mai seriamente preso in considerazione l'ipotesi della delocalizzazione?

"Queste cose non si delocalizzano, si chiudono. Non è un capannone. Del resto che rappresentiamo una presenza strategica lo dimostra il fatto che altre raffinerie più vicine si trovano a Venezia e a Taranto. Noi serviamo fino all'interno della Toscana e dell'Umbria. Il nostro bacino di utenza è di circa due milioni di persone".

Carletti: “Il Prg fa solo ipotesi”

Il Sindaco apre al confronto. I sindacati insistono: “Non c’è incompatibilità col territorio”

All’affollatissimo incontro con le istituzioni locali Cgil Cisl Uil chiedono di avviare la concertazione rivedere il piano regolatore e tutelare i lavoratori.

Un'assemblea senza colpi di scena ma anche pochi applausi per il sindaco Carletti e per il presidente della Provincia Giancarli, mentre un certo consenso è stato espresso nei confronti dell'assessore regionale Amagliani soprattutto nel momento in cui ha dichiarato che i posti di lavoro “non possono essere a rischio". In ogni caso, come ha fatto notare il segretario provinciale della Cgil Gilberto Zoppi, l'incontro con i lavoratori della raffineria Api è stato "un mattone per la costruzione del rapporto con le istituzioni". Una considerazione che ha trovato d'accordo anche il sindaco, il quale “al di fuori delle formalità di un organo istituzionale come era il consiglio comunale del 28 gennaio" ha potuto, per sua stessa affermazione, "parlare chiaramente e mettere le carte in tavola”. Affollatissima (almeno 300 i presenti, tra cui gli assessori provinciali Binci e Casagrande) e tutto sommato tranquilla, l'assemblea aveva, nelle intenzioni dei sindacati, lo scopo di "arrivare ad una visione più certa e definita del futuro”. "Tendendo presente - ha detto Renzo Perticaroli della Uil - che il buon senso ci fa capire come sia impossibile uscire dal conflitto con la vittoria dell'una o dell'altra parte in causa. Noi ribadiamo che ci sono tutte le condizioni per la compatibilità tra azienda e territorio, ma vogliamo si faccia di più. Un impegno del tutto inutile, però, se le amministrazioni locali nei loro progetti non vedono l’Api come parte dello sviluppo del territorio". Due i punti fondamentali per i sindacati: l’accelerazione dei tempi per un "confronto concertativi" e la revisione del Prg di Falconara nel paragrafo in cui viene dichiarata l'incompatibilità della raffineria e la prospettiva di altra destinazione per l'area oggi occupata dagli impianti, il tutto per chiedere ancora una volta un percorso che tuteli i lavoratori". Sulla questione del Prg è tornato anche Carletti per dire che il piano "è fatto di ipotesi e proposte e non di determinazioni" e che ogni intento va inquadrato sul lungo periodo. “D'altronde - ha osservato il primo cittadino - quattro anni fa abbiamo ritenuto di dover ripensare ad un territorio che non aveva mai programmato in modo serio il suo sviluppo”. Quanto alla raffineria, “abbiamo dato parere negativo - ha spiegato Carletti - per evitare l’automatismo del silenzio-assenso". Un atteggiamento approvato anche dal presidente della Provincia Giancarli per il quale va tenuto conto che “un’area dalla grande valenza strategica come questa chiede un sistema coerente di azioni ed interventi efficaci attraverso lo strumento della concertazione”. Drastico sulla questione del mantenimento dell'occupazione, l'assessore Amagliani ha però fatto una sorta di mea culpa rilevando che dopo l'ultima concessione del 1988 c'è stato un "vuoto della politica. e nessuno ha mai ragionato in modo diverso sul problema rappresentato dalla raffineria, un'azienda che comunque rimane, nonostante tutti i controlli e le certificazioni, un impianto ad altissimo rischio”. Quanto agli interventi dei lavoratori mentre Sandro Veroli e Massimo Duranti hanno parlato della necessità di certezze, Giampaolo Bonini,si è apertamente scagliato contro Carletti, accusato di "spaventare la gente- e di avere un atteggiamento ostile e livoroso nei confronti dell'azienda e dei lavoratori.

Le piccole imprese tremano

Apindustria “Che farà l’indotto se l’azienda chiude?”

Chiudere l’Api nel 2008 significherebbe veder migrare altrove molte piccole imprese dell'indotto, spesso altamente specializzate. E Apindustria, l'associazione delle piccole e medie imprese aderenti alla Confapi, dà voce alle preoccupazioni. "Abbiamo dato vita alle nostre imprese in funzione dell' Api, siamo cresciuti e ci siamo specializzati grazie alla raffineria, ci siamo certificati per rispondere ai requisiti necessari al mantenimento delle commesse: come potremo evitare di veder dissolvere i nostri sforzi in un futuro nebuloso?". Il problema investe un nucleo di aziende dei comparti edile, elettronico e metalmeccanico (che danno lavoro a circa 600 addetti), che insieme ai dipendenti dell'Api sono chiamate a garantire l'efficienza e la sicurezza degli impianti del petrolchimico. Se l'Api non ottenesse il rinnovo della concessione, verrebbe  meno un flusso finanziario di circa 88 milioni di euro l'anno per l'indotto locale. "Questa fase di incertezza -ricorda Apindustria pone alcuni imprenditori di fronte ad un bivio: l'incognita della riconversione o la ricerca di nuovi mercati". Le loro piccole imprese altamente specializzate con difficoltà potrebbero riconvertirsi in loco se l'area in questione, così come progettata dall'architetto Bohigas, non dovesse prevedere nuovi insediamenti produttivi.

 
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