Calcina:
«Difendo i miei diritti e la salute senza una valida
alternativa però la questione non potrà essere risolta»
FALCONARA - Una raffineria e
la sua città. L’Api e Falconara. Gli operai e i residenti di
Villanova, e Fiumesino, i cosiddetti dirimpettai.
Amici-nemici. Due anime dello stesso corpo che convivono, ma
che si respingono. Una sofferenza che richiama lo spettro
dello scontro sociale. In mezzo uno stabilimento petrolifero
che, da un lato, dà lavoro a oltre quattrocento operai,
arrivando alle duemila unità con l’indotto, ma che
dall’altro può complicare la vita di chi vi ha a che fare. E
la conferma arriva dalla più banale quotidianità. Due
ragazzi cresciuti insieme, diventati amici, ora si trovano
su sponde opposte, a remare uno contro l’altro, senza, però,
che nessuno dei due voglia colpire l’altro o la categoria
che rappresenta. Il primo lotta solamente per la sua salute,
per difendere la sua casa e i suoi sacrifici. L’altro
combatte per conservare un posto di lavoro. Loris Calcina e
Paolo Polonara. Due ragazzi cresciuti insieme a Villanova ma
che ora si trovano a difendere posizioni diverse. Calcina è
il portavoce del comitato di Villanova, strenuo controllore,
col comitato di Fiumesino, della raffineria. Polonara è
rappresentante della Rsu dell’Api per la Cgil, stesso
sindacato dove milita anche Calcina. L’uno vorrebbe non
vedere più cisterne, centrali o camini. L’altro vuole
continuare a fare il quadrista di impianto. «Ci conosciamo
bene – ha ammesso Calcina – da ragazzi abbiamo condiviso
molto, ma ora non parliamo mai dell’Api. Io difendo solo i
miei diritti di cittadino, la mia casa, il cui valore è
dimezzato, e la mia salute». Non ha mai lavorato in
raffineria? «Sono figlio di un ex lavoratore Api e ho
lavorato in azienda per quattro mesi con una ditta
appaltatrice, vedendo da vicino anche i potenziali rischi. E
ho scelto di non continuare a lavoravi». Cosa consiglierebbe
ai lavoratori, allora? «La scelta non può essere o i posti
di lavoro o l’ambiente, bensì lo sviluppo. I lavoratori
hanno ragione quando dicono che gli enti hanno prima
dichiarato l’area ad alto rischio e poi per tre anni non
hanno fatto nulla. Su questo è in ritardo anche il
sindacato. Finché non c’è un’alternativa di sviluppo la
questione Api andrà avanti. Noi, come comitati, abbiamo
provato a dare un’alternativa col progetto del professor
Cortellessa. Gli riconosciamo tutti i limiti del caso, ma
non c’è stato un ente che abbia detto “questa parte potrebbe
esserci utile"». Dal canto suo, Polonara ammette il legame
con Calcina, anche se ora è più in contatto con la sorella
di Loris. «Le nostre figlie sono amiche – ha raccontato –
frequentano la scuola di danza insieme. Ma no, l’argomento
Api non lo affrontiamo mai». Due verità dure, due realtà
difficili con cui bisogna fare i conti. Ma Villanova,
secondo lei può continuare a sopravvivere così? «Nel
quartiere c’è bisogno di migliorare tante cose – ammette
Polonara - Oltre alle strade e ai marciapiedi, va portato a
termine il progetto dell’ex area Antonelli, va sistemato
l’ex tiro a volo. La scuola elementare, inoltre, non andava
chiusa. Mentre il quartiere non può diventare un ghetto,
dove confluiscono le situazioni umane più difficili. Sono di
sinistra, ma la penso così. Per quello che riguarda il
progetto dell’architetto Bohigas, non condivido l’idea del
porticciolo a Villanova. Quella è un’area dove abbiamo i
capanni e le barche. D’estate ci ritroviamo tutti lì». Ma
allora la pensa come il comitato di Villanova… «Su questi
punti sì. Siamo d’accordo, è sul posto di lavoro che la
pensiamo diversamente. Quando sento parlare di chiusura
allora dico no. Ora abito al Barcaglione, ma nel quartiere
ho sempre la casa di mia madre, quindi tra il lavoro e gli
affetti passo il 90% della giornata a Villanova». Ma secondo
lei l’Api non ha sbagliato nulla? La bonifica del suo sito
su chi dovrebbe gravare? «Se l’Api ha provocato inquinamento
è giusto che rimedi, la bonifica la deve fare l’azienda. E
poi non dico che non abbia mai sbagliato. Non si è mai
davvero integrata con la città: non ha mai partecipato ad
attività importanti per il territorio». Cos’è invece che ha
scatenato la rabbia degli operai, martedì scorso, in
consiglio comunale verso il sindaco Carletti?
«L’esasperazione. I politici che promettono e nulla di più.
E’ difficile oggi trovare un posto di lavoro e poi sarebbe
causa di povertà per il territorio chiudere un’azienda come
l’Api». E arrabbiati gli abitanti di Fiumesino lo sono
sempre. O comunque decisi a non arrendersi. In una lettera
inviata a Ciampi e Berlusconi, il comitato civico di
Fiumesino auspica la realizzazione di un nuovo quartiere.
Rifacendosi a quanto proposto dal premier agli abitanti di
San Giuliano in Molise, Franco Budini chiede «che si
ricostruisca qui a Falconara un nuovo quartiere lasciando
finalmente libero quel territorio per le mire industriali».
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«Fiumesino
come San Giuliano»
FALCONARA – «Fiumesino come
San Giuliano di Puglia». A proporre il paragone tra il rione
falconarese e il paese devastato dal terremoto lo scorso
ottobre è Franco Budini, delegato dell'associazione
“Comitato del quartiere Fiumesino”. Il Comitato ha infatti
rivolto un appello al Presidente della Repubblica Ciampi e
al premier Berlusconi denunciando il disagio degli abitanti
di Fiumesino, che vivono in una situazione «molto simile» a
quella della popolazione del paese molisano. Situazione che
rischia di aggravarsi se verrà realizzato il paventato
by-pass ferroviario. «Non siamo stati ancora distrutti da
imprevedibili forze della natura – scrive Budini – ma
abbiamo a che fare con disegni umani “scellerati e subdoli”
che tendono a distruggere il quartiere». La lettera, datata
1 febbraio, è stata inviata per conoscenza al Presidente
della Regione, al Prefetto di Ancona, al Presidente della
Provincia di Ancona ed al sindaco del Comune di Falconara.
Alla missiva i cittadini hanno allegato un CD contenente
documenti e foto, per mostrare la «iniqua condizione in cui
“tentiamo” di sopravvivere». Franco Budini si riferisce alla
«morsa infernale» che stringe il quartiere: «la raffineria,
i parcheggi di autocisterne, il depuratore, l'aeroporto».
Insomma, strutture industriali e paraindustriali che già
provocano insostenibili problemi di rumore, inquinamento,
pericolosità per la salute e progressivo deprezzamento delle
abitazioni. Spostare il vicino tratto di ferrovia facendolo
passare «proprio attaccato al nostro quartiere» sarebbe
«l'ultima goccia che fa traboccare il vaso». Il Comitato,
facendo appello ai diritti tutelati dalle Costituzioni
italiana ed europea, chiede quindi ai due presidenti la
costruzione di una nuova Fiumesino: «Che si ricostruisca
qui, a Falconara, un nuovo quartiere per le 30 famiglie di
Fiumesino – certamente non a discapito della qualità tecnico
urbanistica delle loro abitazioni - lasciando finalmente
libero questo territorio per le mire industriali» |