RASSEGNA STAMPA 02.02.2003

 

MESSAGGERO
Calcina: «Difendo i miei diritti e la salute senza una valida alternativa però la questione non potrà essere risolta»

FALCONARA - Una raffineria e la sua città. L’Api e Falconara. Gli operai e i residenti di Villanova, e Fiumesino, i cosiddetti dirimpettai. Amici-nemici. Due anime dello stesso corpo che convivono, ma che si respingono. Una sofferenza che richiama lo spettro dello scontro sociale. In mezzo uno stabilimento petrolifero che, da un lato, dà lavoro a oltre quattrocento operai, arrivando alle duemila unità con l’indotto, ma che dall’altro può complicare la vita di chi vi ha a che fare. E la conferma arriva dalla più banale quotidianità. Due ragazzi cresciuti insieme, diventati amici, ora si trovano su sponde opposte, a remare uno contro l’altro, senza, però, che nessuno dei due voglia colpire l’altro o la categoria che rappresenta. Il primo lotta solamente per la sua salute, per difendere la sua casa e i suoi sacrifici. L’altro combatte per conservare un posto di lavoro. Loris Calcina e Paolo Polonara. Due ragazzi cresciuti insieme a Villanova ma che ora si trovano a difendere posizioni diverse. Calcina è il portavoce del comitato di Villanova, strenuo controllore, col comitato di Fiumesino, della raffineria. Polonara è rappresentante della Rsu dell’Api per la Cgil, stesso sindacato dove milita anche Calcina. L’uno vorrebbe non vedere più cisterne, centrali o camini. L’altro vuole continuare a fare il quadrista di impianto. «Ci conosciamo bene – ha ammesso Calcina – da ragazzi abbiamo condiviso molto, ma ora non parliamo mai dell’Api. Io difendo solo i miei diritti di cittadino, la mia casa, il cui valore è dimezzato, e la mia salute». Non ha mai lavorato in raffineria? «Sono figlio di un ex lavoratore Api e ho lavorato in azienda per quattro mesi con una ditta appaltatrice, vedendo da vicino anche i potenziali rischi. E ho scelto di non continuare a lavoravi». Cosa consiglierebbe ai lavoratori, allora? «La scelta non può essere o i posti di lavoro o l’ambiente, bensì lo sviluppo. I lavoratori hanno ragione quando dicono che gli enti hanno prima dichiarato l’area ad alto rischio e poi per tre anni non hanno fatto nulla. Su questo è in ritardo anche il sindacato. Finché non c’è un’alternativa di sviluppo la questione Api andrà avanti. Noi, come comitati, abbiamo provato a dare un’alternativa col progetto del professor Cortellessa. Gli riconosciamo tutti i limiti del caso, ma non c’è stato un ente che abbia detto “questa parte potrebbe esserci utile"». Dal canto suo, Polonara ammette il legame con Calcina, anche se ora è più in contatto con la sorella di Loris. «Le nostre figlie sono amiche – ha raccontato – frequentano la scuola di danza insieme. Ma no, l’argomento Api non lo affrontiamo mai». Due verità dure, due realtà difficili con cui bisogna fare i conti. Ma Villanova, secondo lei può continuare a sopravvivere così? «Nel quartiere c’è bisogno di migliorare tante cose – ammette Polonara - Oltre alle strade e ai marciapiedi, va portato a termine il progetto dell’ex area Antonelli, va sistemato l’ex tiro a volo. La scuola elementare, inoltre, non andava chiusa. Mentre il quartiere non può diventare un ghetto, dove confluiscono le situazioni umane più difficili. Sono di sinistra, ma la penso così. Per quello che riguarda il progetto dell’architetto Bohigas, non condivido l’idea del porticciolo a Villanova. Quella è un’area dove abbiamo i capanni e le barche. D’estate ci ritroviamo tutti lì». Ma allora la pensa come il comitato di Villanova… «Su questi punti sì. Siamo d’accordo, è sul posto di lavoro che la pensiamo diversamente. Quando sento parlare di chiusura allora dico no. Ora abito al Barcaglione, ma nel quartiere ho sempre la casa di mia madre, quindi tra il lavoro e gli affetti passo il 90% della giornata a Villanova». Ma secondo lei l’Api non ha sbagliato nulla? La bonifica del suo sito su chi dovrebbe gravare? «Se l’Api ha provocato inquinamento è giusto che rimedi, la bonifica la deve fare l’azienda. E poi non dico che non abbia mai sbagliato. Non si è mai davvero integrata con la città: non ha mai partecipato ad attività importanti per il territorio». Cos’è invece che ha scatenato la rabbia degli operai, martedì scorso, in consiglio comunale verso il sindaco Carletti? «L’esasperazione. I politici che promettono e nulla di più. E’ difficile oggi trovare un posto di lavoro e poi sarebbe causa di povertà per il territorio chiudere un’azienda come l’Api». E arrabbiati gli abitanti di Fiumesino lo sono sempre. O comunque decisi a non arrendersi. In una lettera inviata a Ciampi e Berlusconi, il comitato civico di Fiumesino auspica la realizzazione di un nuovo quartiere. Rifacendosi a quanto proposto dal premier agli abitanti di San Giuliano in Molise, Franco Budini chiede «che si ricostruisca qui a Falconara un nuovo quartiere lasciando finalmente libero quel territorio per le mire industriali».

 
IL RESTO DEL CARLINO
«Fiumesino come San Giuliano»

FALCONARA – «Fiumesino come San Giuliano di Puglia». A proporre il paragone tra il rione falconarese e il paese devastato dal terremoto lo scorso ottobre è Franco Budini, delegato dell'associazione “Comitato del quartiere Fiumesino”. Il Comitato ha infatti rivolto un appello al Presidente della Repubblica Ciampi e al premier Berlusconi denunciando il disagio degli abitanti di Fiumesino, che vivono in una situazione «molto simile» a quella della popolazione del paese molisano. Situazione che rischia di aggravarsi se verrà realizzato il paventato by-pass ferroviario. «Non siamo stati ancora distrutti da imprevedibili forze della natura – scrive Budini – ma abbiamo a che fare con disegni umani “scellerati e subdoli” che tendono a distruggere il quartiere». La lettera, datata 1 febbraio, è stata inviata per conoscenza al Presidente della Regione, al Prefetto di Ancona, al Presidente della Provincia di Ancona ed al sindaco del Comune di Falconara. Alla missiva i cittadini hanno allegato un CD contenente documenti e foto, per mostrare la «iniqua condizione in cui “tentiamo” di sopravvivere». Franco Budini si riferisce alla «morsa infernale» che stringe il quartiere: «la raffineria, i parcheggi di autocisterne, il depuratore, l'aeroporto». Insomma, strutture industriali e paraindustriali che già provocano insostenibili problemi di rumore, inquinamento, pericolosità per la salute e progressivo deprezzamento delle abitazioni. Spostare il vicino tratto di ferrovia facendolo passare «proprio attaccato al nostro quartiere» sarebbe «l'ultima goccia che fa traboccare il vaso». Il Comitato, facendo appello ai diritti tutelati dalle Costituzioni italiana ed europea, chiede quindi ai due presidenti la costruzione di una nuova Fiumesino: «Che si ricostruisca qui, a Falconara, un nuovo quartiere per le 30 famiglie di Fiumesino – certamente non a discapito della qualità tecnico urbanistica delle loro abitazioni - lasciando finalmente libero questo territorio per le mire industriali»

 
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