Bohigas non
piace ai cittadini di Fiumesino
All’indomani della
presentazione dei progetti per l’area nord della città le
reazioni negative degli abitanti delle zone interessate. Per
Fi e An si è di fronte a una situazione complicata
FALCONARA - Centoquarantamila
mila euro finanziati dalle casse comunali. E’ quanto costa a
Falconara la prestigiosa consulenza Bohigas. Il lavoro del
noto architetto spagnolo, comunque, non è finito. La
presentazione della bozza preliminare per il progetto sulla
riqualificazione dell’area a nord della città, avvenuto
martedì in consiglio comunale, è una delle prime tappe.
Adesso, ad aprile, quando il professionista tornerà a
Falconara, dovrà dare corpo allo studio in modo definitivo.
«Per quel periodo – spiega Furio Durpetti, dirigente ufficio
urbanistica – il progetto andrà particolareggiato. Terminata
questa fase, si potrà passare a quella dell’esecutività che
prevede l’accesso ai bandi per le società di trasformazione
urbana e l’ingresso dei privati interessati al progetto. Qui
sarà possibile recuperare forti capitali». Ma il progetto
Bohigas non va giù ai cittadini più coinvolti, quelli di
Villanova, dove è previsto il porto, e di Fiumesino, dove
dovrebbe essere realizzato il by pass ferroviario. In
particolare, il comitato di Fiumesino contesta di non essere
potuto intervenire al consiglio comunale. «Non ci hanno
fatto parlare – dice il portavoce Franco Budini – perché non
eravamo stati invitati. Il nostro, però, sarebbe stato un
intervento calibrato sul consiglio e non su altro. Quando
abbiamo chiesto di poter dire la nostra siamo stati
allontanati. Rimaniamo dei punti rossi sulla cartina,
(riferendosi alla cartina illustrata da Bohigas), un
optional». Di situazione complicata parlano invece i gruppi
consiliari di Falconara di Forza Italia e Alleanza
nazionale: «Fino ad ora non si erano mai creati progetti
tali da poter sviluppare un’alternativa occupazionale ed un
rilancio economico basato sul terziario e il turismo
eco-compatibile. Finalmente qualcosa di questo tipo è stato
messo in cantiere e permetterà di affrontare senza demagogie
il problema Api».
Nuove risorse per
Falconara: le chiede l’on. Abbondanzieri
L’on. Marisa Abbondanzieri ha
presentato un emendamento per «consentire al Comune di
Falconara di avere a disposizione risorse per affrontare e
rafforzare i propri interventi per l’utilizzazione
industriale del territorio».
Ogni mese nelle Marche
dieci carrette
Il dossier: la “Nicole” aveva
già subito un sequestro e quattro fermi per irregolarità
Il naufragio davanti al
Conero. I Verdi accusano: «Troppe navi a rischio
nell’Adriatico, vanno fermate prima che accada
l’irreparabile»
ANCONA - La metà del carico
di gasolio trasportato sul "Nicole", il mercantile affondato
domenica al largo di Numana, potrebbe essere fuoriuscita
dalla stiva. Di più: il feldspato caricato sul mercantile
potrebbe non essere così innocuo come creduto finora.
L'allarme arriva dal capogruppo dei Verdi in consiglio
regionale, Marco Moruzzi, autore di un dossier sulle
"carrette del mare". Al di là delle inquietanti informazioni
contenute nel documento circa il numero e le caratteristiche
delle navi a rischio che navigano in Adriatico, emergono
alcune novità sul naufragio della "Nicole". Il gasolio
contenuto nella stiva, per iniziare. «La dichiarazione della
Capitaneria di porto di Ancona - spiega Moruzzi - sul
carburante fuoriuscito dal mercantile è scandalosa. Appena
avvenuto l'incidente, è stato detto che il gasolio evapora e
che quindi non c'è alcun rischio per la salute del mare.
Assurdo: il gasolio non evapora, ma passa in soluzione e si
disperde sott'acqua, con i danni ecologici che questo
comporta. Fortunatamente sembra che la quantità di gasolio
uscito dalla "Nicole" non sia sostanziosa». Ancora
difficile, comunque, stabilire quanto gasolio si sia
disperso, ma il presidente della Commissione Ambiente della
Regione, Pietro D'Angelo, riferisce che l'assessore
regionale Marco Amagliani avrebbe parlato addirittura della
metà del carico di carburante trasportato, finito in mare.
Dubbi vengono sollevati dai Verdi anche sui dati forniti
dalle autorità: il carico di gasolio potrebbe essere
superiore alle 64 tonnellate denunciate dall'equipaggio. «In
ogni caso - dice Moruzzi - siamo stati fortunati. Se la nave
si fosse adagiata su un fianco, tutto il carburante sarebbe
fuoriuscito. Una sola tonnellata di gasolio è in grado di
inquinare 1.000 ettari di mare e un chilometro di costa: la
"Nicole" avrebbe potuto contaminare 64.000 ettari di acqua e
64 chilometri di spiaggia». Ma oltre al gasolio c'è
l'incognita feldspato, il minerale trasportato dal
mercantile. Fino ad oggi le autorità hanno sostenuto che si
tratta di una materiale innocuo. «Alcuni tipi di feldspato,
però - spiega Moruzzi - contengono arsenico. Sono in corso
analisi per stabilire se il minerale contenuto nella "Nicole"
sia dannoso: in tal caso le stesse immersioni dei sub in
quell'area andrebbero vietate». Insomma, il naufragio della
"Nicole" non è stato così indolore: al rischio carburante e
feldspato, vanno aggiunti gli olii, le vernici e, come
denunciato dal sindaco di Numana Giancarlo Balducci,
l'amianto presente nel locale macchina, le spore contenute
nel doppiofondo, le suppellettili a lenta decomposizione.
Tutti motivi, questi, perché Verdi e Comune di Numana
sollecitino la rapida rimozione del relitto. «La bonifica,
poi - aggiunge Moruzzi - è stata condotta con mezzi che si
sarebbero rivelati insufficienti in caso di maggiore
sversamento di carburante: sull'area si è intervenuti con
200 metri di panne, ma ne sarebbero serviti chilometri». Un
disastro sfiorato, un incidente annunciato. Nel dossier dei
Verdi, è ripercorsa la storia recente della "Nicole",
mercantile battente bandiera del Belize e che, nonostante
fosse in condizioni pessime, non è stato inserito tra le 66
"carrette del mare" della lista nera dell'Unione europea.
«In questa lista - dice Moruzzi - vengono elencate solamente
le navi che negli ultimi tre anni hanno subito più di due
sequestri da parte delle Capitanerie di porto per
irregolarità. Tra le bandiere delle navi maggiormente a
rischio, ci sono la Turchia, da cui l'Api di Falconara
riceve la maggior parte del prodotto, Saint Vincent, la
Cambogia, l'Algeria, Panama». Oltre 60 navi, ma non la "Nicole".
Eppure il mercantile affondato di fronte a Numana non era
certo in condizioni ottimali. Lo rivela la serie di
irregolarità emerse nel corso di 15 mesi, dal marzo 2001 al
giugno 2002: 15 mesi, otto controlli. «Tra questi, quattro
hanno concesso il via libera alla "Nicole" - spiega Moruzzi
- quattro invece hanno rivelato inefficienze
nell'imbarcazione. In un caso è stato predisposto il
sequestro della nave che, tra l'altro, non aveva i
finestrini a tenuta stagna e la radio funzionante. Va però
tenuto conto che i quattro controlli senza esito si sono
svolti in porti della Grecia, da cui proviene l'armatore».
Alla luce del recente disastro sfiorato, i Verdi chiedono
quindi al governo di chiudere l'Adriatico a tutte le navi
con merci pericolose e senza doppio scafo (una decina al
mese transiterebbero davanti alle Marche), di creare un
corridoio di controllo per le imbarcazioni in transito nel
canale di Otranto, di mettere a punto una normativa che
consenta i controlli sulle navi anche prima dello scarico
delle merci, di introdurre provvedimenti restrittivi per le
bandiere di comodo e di migliorare le professionalità del
personale delle Capitanerie di porto.
«Commissione e occhi su
Falconara»
ANCONA - Si moltiplicano le
interrogazioni e le mozioni delle forze politiche
marchigiane e non sul naufragio della "Nicole". Ultime in
ordine di tempo quelle di esponenti del centrosinistra che,
a livello nazionale e comunale, hanno portato all'attenzione
delle istituzioni il problema delle "carrette del mare". In
particolare i parlamentari Lion, Bulgarelli, Pecoraro Scanio,
Galeazzi, Abbondanzieri, Intini ed altri, ripercorrendo le
tappe del naufragio e delle successive operazioni di
bonifica, chiedono al presidente del Consiglio, ai ministri
degli Esteri, dei Trasporti, dell'Ambiente e dell'Interno,
quali urgenti iniziative intendano assumere per scongiurare
ulteriori incidenti in un mare «particolarmente delicato
come l'Adriatico». Dubbi, in particolare, vengono sollevati
in merito alle operazioni di bonifica. «Soltanto nella
giornata del 28 - si legge nell'interrogazione - è arrivata
sul luogo del disastro la motonave Castalia, proveniente da
Ortone, attrezzata per risucchiare il gasolio rimasto nella
stiva della Nicole». Tra l'altro i firmatari
dell'interrogazione, chiedono per quale motivo la
Capitaneria di porto non abbia provveduto ad un'ispezione a
bordo della nave prima del naufragio, limitandosi ad
accertare le poco credibili assicurazioni dell'equipaggio. E
ancora, si sollecita il governo italiano affinché ottenga
dal governo greco le necessarie spiegazioni in merito alle
discrepanze sui rapporti di ispezioni della nave Nicole.
Infine ci si domanda come mai in un porto grande come quello
di Ancona, peraltro vicino ad una raffineria, non siano
presenti mezzi navali idonei per intervenire in analoghe
situazioni di emergenza. A preoccupare i parlamentari, però,
non è solamente la salute del mare: l'Adriatico, infatti, è
anche un'importante area turistica già messa a dura prova da
mucillagini, inquinamento, ordigni inesplosi. «Motivi che
hanno portato gli organi di stampa stranieri - si legge in
una mozione firmata dagli stessi parlamentari - a condurre
campagne denigratorie e scandalistiche con conseguenze
negative per il comparto turistico». La consigliera comunale
dei Verdi di Ancona, Paola Magliola, sottoporrà
all'attenzione del consiglio una mozione in cui si sollecita
il sindaco a promuovere l'istituzione di una commissione
tecnica nell'ambito del Forum delle città dell'Adriatico e
dello Jonio che verifichi, nello stretto di Otranto, lo
stato delle navi in transito e di promuovere un protocollo
d'intesa con il Comune di Falconara, Autorithy e Api per la
verifica sul carico e scarico di oli presso la raffineria.
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«Unica
soluzione la convivenza»
FALCONARA — La Cgil si 'apre'
ai Comitati cittadini contro l'Api, la Cisl chiede
l'accelerazione dei tempi per il confronto istituzionale e
la Uil mette come unica condizione alla risoluzione di tutti
i problemi, la modifica del Prg da parte del Comune. Questo
in sostanza il quadro che riunisce le posizioni delle
organizzazioni sindacali a tre giorni dal Consiglio
straordinario di via Roma. Passata la burrasca, più
serenamente, le parti in causa riescono in poche parole a
tracciare quelle sono le linee guida per venire ad un
confronto e quindi ad una convivenza. «L'assemblea di
mercoledì prossimo — ha detto Daniele Paolinelli (Cisl) — è
fondamentale. E' necessario accelerare i tempi per
l'attivazione del tavolo istituzionale che vede come
capofila la Regione. I lavoratori della raffineria — ha
specificato — non sono in lotta con la cittadinanza. Gli
operai, come spesso non è stato rimarcato, intendono
prestare la propria opera in un posto di lavoro sicuro e con
bassi livelli di inquinamento. L'azienda sicuramente dovrà
fare la sua parte, anche per quanto riguarda la bonifica
perché quello che occupa è un sito inquinato e bisogna
recuperarlo». Lancia innanzitutto un appello ai Comitati dei
quartieri di Fiumesino e Villanova il segretario provinciale
della Cgil, Gilberto Zoppi. «Cittadini e lavoratori hanno le
stesse priorità e condividono le stesse preoccupazioni.
Aumentare il livello di sicurezza — ha sottolineato Zoppi —
è una condizione che vogliono i dipendenti della raffineria
così come i residenti della città di Falconara. Abbassiamo i
toni e sediamoci attorno ad un tavolo per il raggiungimento
di obiettivi che sono comuni». Più duro il commento del
segretario generale della Uil, Graziano Fioretti: «Siamo
stanchi di questo complotto delle istituzioni. Approvare
questo Piano regolatore è un errore, il Consiglio lo deve
modificare. Parlare di eventuali variazioni non ci basta e
ci dà l'impressione di un'azione di ricatto». Riferendosi
poi a ciò che è accaduto durante la seduta straordinaria del
Consiglio, Fioretti ha detto: «Rischia di essere l'inizio di
una degenerazione totale». La segreteria provinciale dei Ds
invita gli interlocutori ad abbassare i toni del confronto e
ritiene controproducenti le manifestazioni di esasperato
dissenso che hanno avuto come bersaglio il sindaco Carletti.
«La riconversione è
possibile solo se garantiranno il lavoro»
FALCONARA — «Il porto, la
fiera e l'azienda Api dovranno necessariamente convivere nel
territorio falconarese finché il progetto rivelerà la
possibilità di un effettivo assorbimento di forza lavoro».
Forza Italia e Alleanza nazionale, dopo il Consiglio
straordinario di qualche giorno fa esprimono il loro parere
sia sul progetto degli architetti spagnoli che sull'angusta
questione della raffineria. Per i due gruppi di opposizione
si potrà parlare, quindi, di riconversione dell'area
attualmente occupata dall'Api solo ed esclusivamente quando
le unità attualmente impiegate in raffineria riceveranno
rassicurazioni sul loro futuro lavorativo. «Le notizie che
in questi giorni si rincorrono — dicono unitariamente i due
gruppi consiliari tendono sostanzialmente a creare una falsa
contrapposizione tra il sindaco Carletti e l'Api, con il
rischio di perdere di vista il vero problema di Falconara,
cioè la qualità della vita. Da sempre, infatti, una grossa
fetta della popolazione falconarese considera prioritario
per i residenti la salute e la sicurezza subordinando ad
esse le attività produttive e non viceversa». Per Forza
Italia e Alleanza nazionale la situazione che si è venuta a
creare è estremamente complicata: «Da una parte —
sottolineano — abbiamo un'azienda con un rilevante ruolo
strategico rafforzato negli anni, dall'altra una comunità di
persone in continua apprensione per la propria salute e per
i rischi che corre quotidianamente». «Fino ad ora —
ribadiscono — non si erano mai creati progetti di
un'ampiezza tale da poter creare un'alternativa
occupazionale ed un rilancio economico basato sul terziario
e il turismo eco-compatibile con la città. Finalmente
qualcosa di questo tipo è stato messo in cantiere e
consentirà di affrontare senza demagogie il problema Api». I
due gruppi non omettono però di constatare come la «Giunta
si stia muovendo in modo ambiguo rispetto alle
amministrazioni precedenti che hanno sempre sostenuto lo
sviluppo dell'azienda Api e che l'hanno fatta diventare un 'gigante'.
E suona strano che proprio quelle forze politiche che un
tempo sostennero l'attività petrolifera, ora la combattano».
Si chiedono infine, se questa non si una strategia per
alzare la posta in gioco e al tempo stesso nutrono una
certezza: «Il sindaco non metterà mai in pericolo tanti
posti di lavoro anche perché noi garantiremo che questo non
avvenga mai».
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