MESSAGGERO |
I comitati
dei cittadini accusano la raffineria di inquinare un’area
demaniale «Quel terreno non vi appartiene»
FALCONARA - Un piccolo
inconveniente ieri pomeriggio all’interno della raffineria
Api, dove si è verificata una perdita di combustibile.
L’intervento immediato dei Vigili del Fuoco ha riportato
però tutto alla normalità in breve tempo. Di ben altro
parlano però i comitati cittadini che ieri hanno presentato
le loro istanze nel corso di una conferenza stampa. «L’Api
ha inquinato il suolo pubblico, che si prendano i
provvedimenti necessari». Questa la posizione dei comitati
di Villanova, Fiumesino e 25 Agosto nei confronti della
proprietà della sponda destra del fiume Esino. Per quello
che risulta ai comitati, questa zolla di terreno non
risulterebbe dell’Api, bensì demaniale. Conseguenza:
l’inquinamento presente avrebbe leso un’area pubblica.
«Nonostante le nostre sollecitazioni sulla questione della
proprietà della sponda destra del fiume (zona foce) - dicono
i Comitati - il Comune di Falconara, la Provincia di Ancona
e la Regione Marche tacciono incredibilmente. I Comitati,
dopo più di un anno di indagini e note inviate anche al
Ministero dell'Ambiente, alla Capitaneria di Porto di
Ancona, all'Autorità Portuale e agli Uffici del Catasto,
hanno ottenuto dall'Agenzia del Demanio di Ancona il
documento che chiarisce la situazione. Nello scritto
dell'Agenzia, datato 10 Ottobre 2002, si dice che: “il
confine tra il demanio e la proprietà Api sulla sponda
destra del fiume Esino coincide con la recinzione posta sul
cordolo esterno della strada di proprietà Api parallela al
fiume Esino"». I comitati spiegano che «ciò significa che la
sponda destra del fiume Esino è interamente di proprietà
demaniale, cioè pubblica». Per loro diverse le conseguenze.
Innanzitutto «risulterebbe non vero ciò che, numerose volte,
i dirigenti dell'Api hanno dichiarato in documenti ufficiali
inviati agli Enti Pubblici e cioè che quella porzione di
sponda dell'Esino sia terreno di proprietà Api. Inoltre, il
pesante inquinamento da idrocarburi risultato dalle analisi
eseguite dall'Arpa Marche su quel tratto di sponda dell'Esino
ha leso un bene pubblico, contaminando un’importante
porzione di territorio fuori della proprietà Api». Per
questo i comitati vogliono sapere da Regione, Provincia e
Comune se «il tratto di barriera di acciaio ormai conficcato
dall'Api per 140 m. sulla sponda dell'Esino abbia le
prescritte autorizzazioni delle opere eseguite su un bene
pubblico; se hanno intenzione di disinteressarsi ancora del
reale pericolo di una eventuale cessione della sponda ad
opera della Patrimonio Spa, infine se ritengono di non
chiarire le dichiarazioni dei dirigenti della raffineria Api
circa la proprietà della sponda del fiume Esino e di non
adottare a riguardo i dovuti provvedimenti».
Api via nel 2008: lo dice
il Consiglio di Stato
Il rinnovo della concessione
non ci sarà. Una sentenza dichiara inammissibili i ricorsi
presentati dall’azienda e allontana la possibilità di una
sua permanenza fino al 2020
Una vittoria per Carletti che
stasera con l’architetto Bohigas presenta i progetti per il
futuro di Falconara
FALCONARA - La concessione
non ci sarà. Nessun rinnovo nel 2008. Il Consiglio di Stato
ha infatti dichiarato «inammissibili i ricorsi presentati
dall’Api Raffineria Spa e dell’Api Energia Spa avverso la
sentenza del Consiglio di Stato». La stessa sentenza aveva
respinto l’appello promosso dall’Api contro la sentenza del
Tar Marche, che aveva accolto il ricorso del Comune di
Falconara Marittima annullando la concessione all’Api
Raffineria Spa rilasciata fino al 2020. Viene, pertanto,
definitivamente confermata la data del 2008 quale scadenza
della vigente concessione». Un bel colpo per il Comune di
Falconara e per il suo sindaco, Giancarlo Carletti, che da
tempo ormai va ripetendo che lui, un sogno, ce l’ha, ed è
quello di una Falconara senza la raffineria. E l’aveva detto
più volte, argomentando le sue scelte e invitando tutti
coloro che la questione la vedevano - e la vedono - in modo
diverso, a riportare la discussione su toni «sereni e
ragionati». Così oggi, all’incontro con Oriol Bohigas che
presenterà alla città il suo progetto per l’area a nord
della città, Carletti andrà forte di una ragione in più,
quella del Consiglio di Stato. L’illustrazione pubblica dei
progetti di Bohigas è in programma stasera in consiglio
comunale al centro Più di via Roma alle 21.00. L’intervento
si innesterà sul prg di Falconara, che ridisegna per quella
zona un futuro ben diverso da quello che era programmato in
precedenza. Cosa è cambiato nel nuovo strumento urbanistico
rispetto a quello del 1974, chiediamo a Furio Durpetti,
dirigente urbanistica del Comune di Falconara? «Lo strumento
urbanistico, adottato nel 1999, dopo ben venticinque anni,
rivaluta il tessuto urbano della città. Infatti, rispetto al
prg del 1974 sono cambiate le ipotesi di fondo del modello
di sviluppo del territorio. Nel 1974 le linee di indirizzo
erano incentrate sulla grande industria per cui era previsto
tutto un corridoio vallivo, quello della bassa Vallesina che
percorreva il fiume fino al mare. La destinazione era
appunto la grande industria». L’attuale amministrazione di
Falconara che direttive ha dato allora al prg 99? «Una forte
connotazione di salvaguardia e difesa ambientale, fissando
zone di tutela del fiume e di alcune aree non urbanizzate,
come quelle collinari ed agricole di Palombina e del
Barcaglione». Non si può più costruire, quindi. «In realtà
costruiremo in zona del Tesoro, dove sono previsti dai 200
ai 300 alloggi per l’edilizia popolare». Perché questo
strumento urbanistico non prevede una destinazione precisa
dell’area ora occupata dalla raffineria? «Lì lo
stabilimento, alla fine della concessione, non ci sarà più.
Poi, tra circa un mese quando il prg tornerà in Comune,
decideremo quando partire con un progetto-programma per la
riconversione dell’area della raffineria. Intanto Bohigas
col suo progetto ci dice cosa vi realizzerà attorno».
Innanzitutto, secondo lui, occorre una nuova centralità
urbana a Villanova attraverso la realizzazione di un porto,
il by pass ferroviario con il contestuale spostamento degli
scali merci e della stazione ferroviaria e il declassamento
dell’attuale statale 16 a strada per il traffico locale.
Sarà anche recuperata la caserma Saracini per servizi
annessi al porto, mentre sarà creata una fascia boschiva di
sicurezza verso Villanova, del tutto riqualificata. Bohigas
non ha mai preso in considerazione lo studio dell’area Api e
di cosa farvi al suo posto. E questo semplicemente perché
non gli è stato chiesto. Non è stato ritenuto opportuno
«certe scelte - dicono in Comune - appartengono agli enti
che governano sovrani sul territorio. Solo successivamente
si può pensare di passare alla fase progettuale». Da oggi è
il caso di pensarci.
Carretta del mare affonda
nella notte Macchia di gasolio minaccia il Conero
NUMANA - Carretta del mare
affonda a largo del porto di Numana nel cuore della notte,
tratti in salvo i quattordici membri dell'equipaggio. Ma è
allarme inquinamento per la fuoriuscita di parte del
gasolio. Ancora ieri sera tra Numana e Porto Recanati la
scia di gasolio interessava circa 3 miglia di mare.
Istituita in Capitaneria di porto una unità di crisi cui
partecipano l'assessore regionale all'ambiente Marco
Amagliani e il dirigente della protezione civile Roberto
Oreficini. Informato il ministero competente che ha già
emesso le direttive d'intervento. Sono forti preoccupazioni
tra gli addetti ai lavori e tra gli operatori del turismo,
sebbene l'idrocarburo disperso in mare non sia olio
combustibile, quindi pesante, ma metano leggero che per ora
ha soltanto provocato una chiazza superficiale. Equipaggio
salvo, ma tutti i componenti, di nazionalità ucraina sarebbe
stati denunciati e la nave sequestrata. Sotto accusa l'età
della "Nicole", un mercantile in circolazione per i mari di
mezzo mondo da ben 37 anni, quindi nel mirino ci sarebbero
le sue condizioni e il peso del carico trasportato. Ora la
nave si trova adagiata sul fondale davanti a Numana ad una
profondità di 12 metri. I naufraghi hanno trascorso la notte
al centro di prima accoglienza del "Benincasa", nei pressi
della stazione di Ancona, ma per stanotte è previsto un
alloggio più confortevole, in albergo probabilmente, in
attesa del disbrigo delle pratiche burocratiche così da
permettere loro il rimpatrio. La "Nicole" ha imbarcato acqua
per poi colare a picco e le ipotesi sulle cause che
potrebbero aver scatenato il procedimento sono tre: la
vetustà della nave, un danno alla struttura dello scafo, il
peso eccessivo del carico che potrebbe essersi spostato, il
tutto condito dalle condizioni non certo favorevoli del
mare. Già dal mattino di ieri sono al lavoro i tecnici della
ditta Castalia specializzata in interventi antinquinamento
in mare, a bordo della nave "Città di Ravenna". Un
intervento in questa prima fase di contenimento della
macchia di gasolio fuoriuscita dai serbatoi della nave. Gli
esperti hanno piazzato 200 metri di panne in mare per
limitare i confini della macchia. oggi è prevista la seconda
fase dell'intervento. Un gruppo di sommozzatori collegherà
un bocchettone per il pompaggio della nafta al serbatoio
collegato con il "Città di Ravenna" che accoglierà
l'idrocarburo. Purtroppo parte delle 64 tonnellate di
combustibile si è già disperso in mare e anche la parte di
metano trattenuta dalla panne sarà difficile da recuperare.
Ancora tutto da valutare l'impatto che il combustibile
disperso potrebbe provocare alle splendide coste del Conero,
ma soprattutto alla flora e alla fauna marina. Il mercantile
"Nicole", battente bandiera del Belize, il piccolo stato
dell'America centrale, aveva già dato segnali di difficoltà
nel pomeriggio di domenica, tanto che una vedetta della
capitaneria di porto le si era avvicinata per un eventuale
aiuto o soccorso: «Tutto bene - aveva risposto il comandante
della nave - nessun problema, tra poco ripartiremo». Alle
23,48 invece alla centrale operativa della capitaneria di
porto di Ancona è arrivata la richiesta di soccorso: «La
nave sta affondando, correte. Noi intanto cerchiamo di
mettere in mare la lancia e raggiungere la riva».
Un'operazione resa ancor più complicata dal mare che nel
frattempo si era ingrossato, ma per fortuna la scialuppa con
le quattordici persone è riuscita a raggiungere il tratto di
spiaggia proprio davanti alla piazzetta di Marcelli. Era da
poco passata l'una di ieri notte. Gli ucraini erano
infreddoliti, bagnati, ma stavano bene e a riva hanno
trovato ad accoglierli il personale del 118 e della
protezione civile che li ha rifocillati e riscaldati. Poco
più tardi il gruppo è stato condotto al centro "Benincasa"
di Ancona per la notte e ieri mattina di buon'ora i marinai
sono stati condotti nella sede della capitaneria di porto di
Ancona dove, dopo la colazione, sono iniziati gli
interrogatori, intervallati dal pranzo. Audizioni rese
piuttosto complicate dalle difficoltà di comunicazione visto
che nessuno dei quattordici membri dell'equipaggio parlava
inglese e tanto meno la nostra lingua. Il mercantile, lungo
118 metri era salapato dal porto turco di Golluk ed era
diretto a Porto Levante, poco distante da Chioggia. La "Nicole"
trasportava feldspato, un minerale naturale composto da
parti di sodio, potassio e calcio utilizzato nella
realizzazione di prodotti per il vetro, con ogni probabilità
destinato ai centri specializzati della zona veneziana. Un
carico piuttosto cospicuo, 3.150 tonnellate, quasi a pieno
carico quindi visto che la stazza lorda della nave è di 2400
tonnellate.
Il Belize, centroamerica
Ecco il regno del fai da te
ANCONA - Belize, ancor prima
Honduras, come nel caso dell'Alma I, la nave fantasma
attraccata nel porto di Ancona da oltre tre anni. Bandiere
di Paesi esotici, quasi sconosciuti ai più, ma di certo non
alla maggior parte degli armatori. E lì che si ottengono
permessi per navigare come da noi si richiedere una carte
d'identità. Paesi dove i registri navali sono nelle mani
delle stesse famiglie di armatori e non certo, come capita
per il Rina (registro navale italiano) dal ministero della
marina mercantile. Equipaggi gestiti senza regole, timbri
facili. Sono questi alcuni dei motivi che spingono gli
armatori ad iscrivere i proprio carghi su rotte lontane anni
luce. E' accaduto anche che una nave avesse diverse bandiere
da utilizzare a seconda del porto in cui si era ospitati.
Bandiere diverse, navi diverse, equipaggi diversi. Belize e
Honduras, ma anche Antigua, Grenadine, Liberia, Malta,
Panama, Cipro, Isole Cayman. Paesi lontani che ora, in
riviera, evocano tutt’altro che sogni esotici.
Occorre fermare le
carrette con leggi severe (corsivo di Marco Moruzzi)
Tre settimane fa avevo
partecipato ad una manifestazione in alto mare durante lo
scarico di idrocarburi all'isola artificiale della
raffineria Api di Falconara ad opera della petroliera
monoscafo Moskovski, per richiamare l'attenzione sul
problema della sicurezza del trasporto navale. Il naufragio
della nave “Nicole" e la fuoriuscita di una minima parte del
carburante contenuto nei serbatoi (per fortuna il carico
vero e proprio era costituito da minerali inerti) ha
dimostrato che anche nel nostro mare i rischi sono elevati e
che si deve chiudere l'Adriatico alle carrette. In
condizioni di mare molto agitato, come quelle che
favoriscono i naufragi, è difficile impedire la dispersione
dei veleni come la formazione di una chiazza di 14 km
proveniente dal relitto ha posto sotto gli occhi di tutti.
Se non è facile impedire le dispersione di piccole quantità,
è ancor più difficile neutralizzare le grandi quantità di
una petroliera. L'Adriatico è un mare chiuso, caratterizzato
da un traffico navale molto intenso e questo è uno dei
fattori di rischio. Nel Mediterraneo (0,7% della superficie
marina) passa il 20% del greggio di tutto il mondo. A
Trieste, che è la più importante destinazione petrolifera
del Mediterraneo, ogni anno giungono 36 milioni di
tonnellate di greggio e 850.000 tonnellate di prodotti
raffinati. La normativa internazionale consente alle
compagnie assicurative, all'armatore e a chi noleggia le
navi di non rispondere finanziariamente del danno ambientale
provocato dai disastri ecologici. L'affondamento di un
carretta normalmente si può addirittura trasformare in un
affare per l'armatore che viene indennizzato del valore del
carico e della nave, mentre il danno ambientale rimane a
carico della collettività, in queste condizioni le carrette
proliferano. Le bandiere di comodo - in questo caso il
Belize - sono un altro strumento di copertura per i mandanti
dei disastri annunciati. Il 40% delle navi Italiane, il 65%
di quelle tedesche, l'80% di quelle inglesi, l'85% di quelle
svedesi non usa la propria bandiera per evitare controlli,
risparmiare sul personale e non avere responsabilità in caso
d'incidenti. Per comperare una bandiera ombra bastano poche
centinaia di dollari. In alcuni casi è sufficiente compiere
un'iscrizione via internet. In certi casi le navi sono
accettate indipendentemente dal tonnellaggio, età,
nazionalità precedente, storia della nave, requisiti
dell'equipaggio, degli ufficiali e della proprietà. Paradisi
fiscali e paesi compiacenti concorrono al regime di immunità
di cui usufruiscono il noleggiatore, l'armatore ed altri
soggetti. L'Unione Europea dopo il disastro della Prestige
ha pubblicato la lista nera delle 66 navi (petroliere e non)
che a seguito dei controlli sono risultate a rischio, la
Nicole , (fabbricata nel 1966 ed iscritta al registro navale
del Belize)non era tra queste. Nuove regole e nuove
procedure di controllo sono a questo punto indispensabili se
teniamo al nostro mare.
Binocoli spianati da
Numana a Civitanova. Cuore in gola e tanta rabbia
RIVIERA DEL CONERO - Uniti
dall’ansia di un nuovo caso Prestige. Sindaci e operatori
turistici tra Ancona e Porto Recanati hanno seguito con il
fiato sospeso l’evolversi della situazione dopo
l’affondamento della “Nicole". «Spero non si parli di chissà
quale tipo di inquinamento, perché non corrisponde a realtà
- esclama il sindaco di Numana Gianfranco Balducci - Il
turismo ne risentirebbe, quando questo rischio non c'è». «Mi
sento di rassicurare tutti, stiamo lavorando per tornare
alla normalità» aggiunge l’assessore al turismo di Numana
Mirko Bilò. «Non c' è alcun problema ecologico - sostiene
convinto Corrado Baldazzi, segretario dell' associazione
degli operatori turistici di Numana - lo sversamento è
ristretto e non creerà nessun danno all' ambiente. Da parte
nostra comunque faremo ogni cosa per tutelare la costa».
Dello stesso avviso è Anna Rita Nicoletti, presidente dell'
Associazione Riviera del Conero: «La fuoriuscita di gasolio
può dirsi ormai sotto controllo. La chiazza di gasolio, ha
confermato Luca Amico, responsabile della protezione del
Comune di Numana, «è molto limitata e si può controllare
agevolmente». A suo avviso «si dovrebbe disperdere in mare
aperto, trasportata dal vento». «Quell'imbarcazione - dice
Claudio Marchetti, ristoratore - che sembrava una
petroliera, era lì da ieri e non andava nè avanti nè
indietro. Se qui succedesse quello che è accaduto in Galizia
andremo tutti a gambe all'aria. Ed è evidente che i
controlli dovrebbero essere più puntuali e rigorosi».
Preoccupazione anche a Porto Recanati per la macchia di
carburante del cargo Nicole. Il Comune si è mobilitata dalle
prime ore del mattino grazie al maresciallo Troiano che
presidia l'ufficio della Guardia Costiera locale. Il
geometra Toschi, responsabile del Demanio, è stato inviato
sul posto, in zona Scossici, a valutare la situazione.
Inoltre per tutto l'arco del pomeriggio, gli assessori hanno
presieduto Palazzo Volpini. «La macchia è stata circoscritta
con delle panne galleggianti e stiamo monitorando l'area» ha
rassicurato il maresciallo Troiano. Ma le autorità locali
non sono certo tranquille. L'assessore al turismo Piscitelli
è speranzoso nonostante le dimensioni di 7 miglia di
lunghezza e di 40 metri di larghezza dell'area con il
gasolio e afferma che «dobbiamo solo aspettare per sapere se
c'è danno ambientale». Il sindaco Fabbracci però rassicura:
«La situazione è sotto controllo. La macchia che staziona
davanti la costa portorecanatese si sta allontanando ed è
sempre monitorata dagli organi competenti».
«D’Ambrosio, blocca chi
non è in regola» I No Global: «Fai come in Veneto». Forza
Italia: «Riferire in Consiglio»
ANCONA - Reazioni a catena di
fronte al naufragio della “Nicole". Quella più netta arriva
dai no global, chiedono alla Regione Marche una legge che
vieti il passaggio delle carrette del mare di fronte alle
nostre coste. Per i Disobbedienti delle Marche quel che è
accaduto è l' «ennesima dimostrazione di quanto superficiali
e inattendibili siano le parole spese dalla giunta regionale
nei confronti della cura dell'ambiente nelle Marche. È
inaccettabile - scrivono - la leggerezza con cui la Regione
si pone nei confronti della tutela del mare Adriatico
prospiciente le nostre coste». Di qui la richiesta di una
legge regionale che «impedisca a qualsiasi mercantile a
scafo singolo di attraversare il nostro mare, proprio come
fatto dalla giunta del Veneto». Il Wwf rilancia l'allarme
contro il rischio di una catastrofe ambientale nel Mare
Adriatico, a meno di un mese dall'ultima azione dimostrativa
in occasione del transito della petroliera Moscovskij.
«L'incidente alla “Nicole" - afferma una nota - dimostra,
ancora una volta, come le coste e il turismo marchigiano
corrano rischi reali di catastrofe ecologica».
L'associazione ambientalista torna a chiedere «con forza al
governo regionale e al governo nazionale di attivarsi,
insieme ai paesi che insistono sull'Adriatico, per impedire
il transito di navi non sicure». Per l’assessore provinciale
all’ambiente Massimo Binci «questo naufragio rappresenta un
modello impressionante della dinamica di un naufragio con
dispersione in mare di petrolio, e di come in poche ore
possano essere interessati tratti particolarmente estesi del
nostro territorio». Cosa sarebbe successo, si chiede Binci,
«se fosse affondata una di quelle petroliere monoscafo che
riforniscono la raffineria Api o trasportano altri carichi
pericolosi lungo l'Adriatico? Un evento del genere
manderebbe sul lastrico l'intera economia del turismo del
mare e della pesca della provincia di Ancona e di gran parte
delle Marche». E questo, ha aggiunto, «è un rischio che non
si può sopportare». Il gruppo consiliare regionale di Forza
Italia ha rivolto un'interrogazione alla giunta per sapere
quali provvedimenti «urgenti e straordinari» ha assunto per
fronteggiare l'emergenza dell'affondamento della nave Nicole
davanti a Numana, sollecitando anche che di questa
situazione si discuta nella prossima seduta del consiglio
regionale, con una specifica comunicazione. Per il
presidente del Parco del Conero Mariano Guzzini servono
precauzioni drastiche, come quelle che negli Stati Uniti,
«dopo un disastro ecologico che tutti ricordiamo, hanno
blindato le coste Usa». Leggi e mezzi repressivi del
Mediterraneo invece «non sono di eguale robustezza».
Amagliani e Casagrande
nell’unità operativa «Situazione grave»
ANCONA - «Non temiamo il
disastro ecologico ma quale che sia il livello di pericolo
non abbasseremo la guardia». L'assessore regionale
all'ambiente delle Marche Marco Amagliani, che ha attivato
insieme alla Capitaneria di porto un'unità di crisi
sull'affondamento della “Nicole", e l’assessore della
Provincia di Ancona Patrizia Casagrande, che ha seguito in
tempo reale l’evolversi della situazione, hanno ribadito che
secondo gli esperti il gasolio fuoriuscito dalla nave
dovrebbe essere in parte eliminato dalle correnti (mentre il
resto si cercherà di pomparlo via). La vicenda tuttavia,
sottolinea Amagliani «resta grave». «Ormai sono troppo
frequenti i casi di carrette che solcano i mari, con gravi
rischi per la navigazione e l'ambiente» aggiunge la
Casagrande. L’assessore regionale Amagliani invoca «una
decisa e drastica regolamentazione internazionale e
nazionale dei commerci marittimi, che metta in sicurezza i
mari, specialmente quelli piccoli e chiusi come
l'«Adriatico». «La Regione - ricorda Amagliani - già dopo la
vicenda della petroliera Moskovskij Festival, bandita dalla
Spagna perché troppo vecchia e senza doppio scafo, ma che
scaricò normalmente olio grezzo all'Api di Falconara e poi a
Monfalcone, si è mossa a livello nazionale e internazionale
perché venga attivato il Programma Agis 2003. Un protocollo
per il consolidamento a livello europeo di reti di
controllo, informazione e divulgazione dei dati e delle
esperienze fra i vari paesi». |
|
IL RESTO DEL
CARLINO |
"Concessione
fino al 2008". Inammissibili i ricorsi Api
FALCONARA — L'anno 2008 sarà
quello in cui scadrà la concessione della raffineria Api. A
comunicarlo con una nota ufficiale è lo stesso Comune di
Falconara che ha appreso la notizia nel tardo pomeriggio di
ieri. Il Consiglio di Stato ha dichiarato «inammissibili i
ricorsi presentati dall'Api raffineria Spa e dall'Api
Energia Spa». La stessa aveva respinto l'appello promosso
dall'Api contro la sentenza del Tar Marche, che a sua volta
aveva accolto il ricorso del Comune falconarese annullando
la concessione rilasciata fino al 2020. E' stata, pertanto,
definitivamente confermata la data del 2008 quale scadenza
della vigente concessione. Una diatriba quella tra Comune e
raffineria senza fine. Da un lato la incompatibilità con il
territorio falconarese dall'altro l'esigenza del
mantenimento dei livelli occupazionali. Gli ultimi confronti
risalgono alla settimana scorsa. Organizzazioni sindacali e
Rsu aziendali hanno svolto una serie di incontri per
ribadire e sostenere a gran voce la valenza di un impianto
come quello dell'Api non solo per la città di Falconara ma
per l'intero territorio marchigiano. Più di duecento, tra
operai e ingegneri, hanno puntualizzato il ruolo strategico
svolto dalla centrale Igcc e all'unisono hanno sottolineato
l'importanza di salvaguardare i posti di lavoro. Al tempo
stesso hanno rimarcato come il progetto di rilancio
dell'area (un polo turistico, con alberghi e strutture
ricettive) sia deficitario rispetto al mantenimento dei
posti di lavoro. Ma le battaglie al grande impianto, accolto
inizialmente perché rappresentava l'industria e quindi il
lavoro per molte persone, hanno coinvolto e poi visto
schierati tanti cittadini, categorie produttive e partiti
politici. Tutti mantenendo la propria linea. «Questa
sentenza — ha detto il sindaco Carletti — rappresenta una
conferma di quanto con passione civile si è contestato fino
ad oggi».
L'esperto di tossicologia:
«Paura del gasolio ma preoccupa anche l'effetto del
feldspato»
ANCONA — Più che il carico di
feldspato è la fuoriuscita di gasolio a destare al momento
le maggiori preoccupazioni degli esperti. Tutto dipenderà
dall'entità del danno e dall'impatto di questa sostanza
inquinante con l'ambiente marino, su cui saranno necessarie
delle tempestive verifiche. Lo sottolinea il professor
Francesco Regoli, docente di tossicologia e valutazione di
impatto ambientale alla facoltà di Scienze dell'università
di Ancona, secondo il quale la vicenda non è affatto da
sottovalutare. «In gioco — dice il professore — non c'è solo
l'effetto diretto che queste sostanze oleose hanno
sull'ecosistema, ma pure quello indiretto derivante dalla
trasmissione futura degli idrocarburi nei microrganismi». Ma
finché i tecnici non avranno prelevato l'intero carico di
Feldspato dalla nave "Nicole", anche questa sostanza è da
prendere con le molle. E non va scartata alcuna ipotesi.
Assieme al professor Regoli abbiamo provato ad analizzarle
tutte. Innanzitutto chiariamo cos'è il feldspato. «Si tratta
— spiega Regoli — di un minerale costituito da silicati e
ossidi di alluminio, che si utilizza per la composizione del
vetro o della ceramica. In genere non si lo si può
considerare come sostanza tossica, ma esistono anche alcune
specie di feldspato che sono associate all'arsenico e che
possono risultare molto pericolose. Ma al di là di questo —
precisa Regoli — degli effetti nocivi per il nostro mare
potrebbero ugualmente esserci, sempre ammesso che il carico
della "Nicole" finisca per rovesciarsi in acqua. In quel
caso avremmo due tipi di conseguenze. La prima è la semplice
sedimentazione del feldspato sul fondale marino, che
determinerebbe un soffocamento della vegetazione e dei pesci
che si trovano in quella zona. Il secondo è un effetto di
tipo tossicologico, che si può distinguere tra diretto o
indiretto. Diretta è quella contaminazione che viene
provocata da sostanze pericolose, come appunto l'arsenico,
attraverso la rete trofica, ovvero con la trasmissione delle
sostanze inquinanti mediante l'alimentazione degli organismi
marini. Indiretto, invece, — precisa ancona Regoli — è
l'effetto che il feldspato provoca nei confronti dell'acqua,
alterandone sia la torpidità, sia l'acidità». Dei rischi,
insomma, ci sono e per scongiurarli, dice Regoli, sarà bene
effettuare degli accurati controlli.
La Capitaneria di porto
aveva fiutato qualcosa di strano
NUMANA — La Capitaneria di
porto aveva fiutato qualcosa di strano. Quel cargo, battente
bandiera del Belize, viaggiava troppo sotto costa domenica
pomeriggio, al largo di Numana. Tanto che una motovedetta si
era avvicinata e aveva chiesto all'equipaggio se avesse
qualche problema. «Tutto ok» si sono sentiti rispondere. Ma
gli uomini della guardia costiera avevano ragione di
sospettare. Erano le 23.48 quando alla centrale operativa
della capitaneria di Ancona, il comandante della «Nicole» ha
lanciato il «may day». Il cargo imbarcava acqua a volontà.
Nel giro di pochi minuti la nave carica di 3150 tonnellate
di feldspato, un minerale impiegato nella lavorazione del
vetro, ha iniziato a colare a picco ad un miglio e mezzo a
nord ovest del porto di Numana. I quattordici membri
dell'equipaggio, tutti ucraini, 13 uomini e una donna, si
sono messi in salvo da soli. Hanno gettato in mare una
lancia e, assistiti dalla motovedetta Cp839 della
Capitaneria dorica, sono riusciti a raggiungere la spiaggia
di Marcelli di Numana. Sono tutti in buone condizioni. Dal
cargo che lentamente si inabissava, è però cominciato a
fuoriuscire gasolio in abbondanza. La notte ha complicato
tutto. Difficile anche alle luci delle motovedette, poter
individuare l'estensione del carburante che stava
fuoriuscendo dai serbatoi. Ieri sera la chiazza oleosa in
superficie, trasportata dal moto ondoso verso sud, era
arrivata a lambire lo specchio di mare davanti Civitanova.
L'estensione della macchia di nafta, verso le estremità
iridescente e volatile, è larga una quarantina di metri e
lunga circa sei km. E' stata circoscritta con delle panne
galleggianti adagiate in mare dal rimorchiatore Città di
Ravenna, giunto nelle prime ore del mattino e costantemente
monitorata da mare con una motovedetta della Capitaneria e
dall'alto tenuta sotto controllo da un velivolo della
guardia costiera di Pescara. La Nicole si è adagiata in
pochi minuti sul fondale, in quel punto molto basso (appena
dodici metri). Ieri mattina, dall'acqua affioravano la
ciminiera e il pennone di prua. Nell'aria un forte odore di
nafta. Il relitto può essere d'ostacolo alla navigazione. La
sua presenza è stata segnalata con un avviso ai naviganti.
Lunghe e complesse le operazioni di recupero
dell'imbarcazione lunga 108 metri, larga 13, con una stazza
di 2046 tonnellate. La Capitaneria ordinerà all'armatore, la
società greca Barrier Marine Management di rimuovere il
relitto. In caso di inadempienza dovrà intervenire lo Stato.
I marittimi si erano imbarcati nel porto turco di Gulluk. A
bordo del cargo carico di feldspato avrebbero dovuto
raggiungere Porto Levante, nei pressi di Rovigo. Non ci sono
mai arrivati. Chissà perché la loro imbarcazione si è
inabissata prima. Gli ucraini, una volta giunti in spiaggia,
sono stati accolti e rifocillati dai sanitari del 118 e da
personale militare dell'ufficio marittimo di Numana e della
delegazione di spiaggia di Porto Recanati. Poi, con un mezzo
della Marina, hanno raggiunto Ancona dove la Prefettura
aveva già predisposto la loro accoglienza nell'ex Benincasa.
Ieri mattina l'equipaggio, con in testa il comandante
Anatolii Nokhrin, 63 anni, russo, sono stati ospitati negli
uffici della guardia costiera. Assistiti da un legale, sono
stati interrogati da un ufficiale della Capitaneria che sul
naufragio ha aperto un'inchiesta. Le operazioni della
guardia costiera di Ancona sono state rapidi ed efficaci
domenica notte ed hanno probabilmente scongiurato un
disastro ambientale. Una motovedetta ed un rimorchiatore
hanno raggiunto il punto in cui si è inabissata la Nicole. E
da quel momento non l'hanno mai persa d'occhio. Oggi una
nave d'appoggio specializzata, la Micoperi, proveniente da
Ortona, tenterà con dei sommozzatori di succhiare tutto il
combustile rimasto nei serbatoi, circa 64 tonnellate. Sul
naufragio della Nicole restano mille interrogativi.
"Al momento non ci sono
indagati"
ANCONA — «Al momento non ci
sono indagati». Il comandante della Capitaneria di porto
dorica Agostino Izzo è limpido come il cielo che si scruta
dalla sua finestra, negli uffici della guardia costiera.
«Abbiamo aperto un'inchiesta amministrativa — ha spiegato —
per accertare le cause del naufragio del Nicole. Siamo nelle
fasi preliminari. Ora stiamo ascoltando i membri
dell'equipaggio. Stiamo cercando di capire cosa è successo».
I 14 ucraini rischiano una denuncia per violazione delle
norme di ancoraggio. La loro imbarcazione, già attorno alle
16.30 era appruata poco al largo di Numana. Tante le cose da
chiedersi. Perché navigava così sotto costa? E' vero che il
may day è stato lanciato troppo tardi? E' vero che se
avessero chiesto aiuto prima alla guardia costiera si
sarebbe potuto evitare lo sversamento di carburante in mare?
Hanno cercato di depistare fino all'ultimo le autorità
marittime italiane negando che l'imbarcazione si trovasse in
difficoltà? Di certo si sa che la Nicole non presenta falle.
«Allo stato attuale — spiega Izzo, coadiuvato dal comandante
in seconda Orrera — siamo in grado di dire che non ci sono
state collisioni». Ma allora se non è stata una falla a
favorire l'afflusso di acqua sulla nave, cosa è potuto
accadere? Probabilmente il boccaporto di prua era stato
chiuso male. A quel punto l'equipaggio potrebbe aver provato
a pompare l'acqua che stava entrando, ma non ci è riuscito.
L'aumentare del moto ondoso ha poi peggiorato la situazione.
La Nicole ha un pescaggio di 5,50 metri. Sul livello del
mare è alta 10-12 metri. Si è adagiata su un fondale molto
basso. Oggi la zona del naufragio verrà raggiunta anche
dalla motonave Micoperi della società Castalia che giungerà
da Ortona. I sommozzatori attaccheranno delle manichette ai
tubi di sfogo dei serbatoi per succhiare il gasolio rimasto:
si conta di aspirare più del 70 per cento del combustibile
con un solo viaggio. Il problema è se il cargo è in grado di
reggere. Il mare, il suo compito l'ha già svolto. La chiazza
di nafta si sta estendendo verso sud. E dai serbatoi
continua ad uscire «veleno».
Gli interrogativi si
addensano
NUMANA — Gli interrogativi si
addensano minacciosi su quel che ne resta della «Nicole», la
nave cargo affondata domenica notte al largo di Numana.
Perché questa vecchia imbarcazione, costruita 37 anni fa a
Rostov, in Russia, è colata a picco in così poco tempo? Ma
soprattutto perché viaggiava così sotto costa, tanto da
destare domenica pomeriggio l'attenzione da terra di due
carabinieri? I militari si erano accorti che c'era qualcosa
di strano. Così hanno segnalato il fatto alla Capitaneria di
Porto di Ancona che in pochi minuti ha inviato al largo del
Conero, a circa due miglia dalla costa, una motovedetta per
sincerarsi che tutto stesse andando per il verso giusto. Ma
l'equipaggio ucraino ha rassicurato i marinai italiani.
«Tutto ok». Ed invece probabilmente i problemi erano già
iniziati ad emergere. Probabilmente la Nicole aveva già
iniziato ad imbarcare acqua. Evidentemente l'equipaggio,
composto da marittimi esperti in lunghe traversate, pensava
di poter far fronte all'emergenza con i suoi mezzi, pompando
pian piano l'acqua. Ma non è riuscito nell'impresa. Le
condizioni del mare non erano particolarmente disagiate (il
mare era forza due-tre). La notte ha rinforzato «ma le
condizioni meteo-marine — ha spiegato il comandante della
Capitaneria di Porto di Ancona Agostino Izzo — non possono
giustificare un sinistro di questo genere». Ma allora cosa è
accaduto? Perché la Nicole si è inabissata al largo della
riviera del Conero? I marittimi ucraini domenica notte hanno
avuto il tempo materiale per mettersi in salvo. Sono stati
loro ad accorgersi che il cargo carico di 3150 tonnellate di
feldspato stava imbarcando acqua ed hanno lanciato il may
day alla sala operativa della guardia costiera. Così hanno
gettato in mare una lancia. Agli ufficiali della Capitaneria
che ieri pomeriggio li hanno interrogati, alla presenza del
loro legale, l'avvocato Maurizio Mauro di Ravenna, il
comandante russo Anatolii Nokhrin ha raccontato che le
operazioni di salvataggio si sono svolte in condizioni di
tranquillità. Un rimorchiatore e la motovedetta Cp 839 della
Capitaneria di porto dorica, hanno scortato i naufraghi fino
alla spiaggia di Marcelli di Numana. Una volta sbarcato,
l'intero equipaggio, tredici uomini e una donna, impiegata a
bordo come cuoca, è stato subito accolto nei locali
dell'ufficio marittimo di Numana. Si è subito messa in moto
la macchina della protezione civile. La Prefettura è stata
immediatamente informata dell'accaduto e ha predisposto un
centro di prima accoglienza, l'ex Benincasa di Ancona. Nel
frattempo anche grazie ai sanitari e ai volontari del 118,
gli ucraini sono stati rifocillati e riscaldati. Si è subito
capito che a quel punto il problema non era più il carico
umano, ma quello che la nave avrebbe potuto «vomitare» in
mare. Fortunatamente le tonnellate di feldspato sono rimaste
stivate. E' invece fuoriuscito gasolio, quello che al cargo
battente bandiera del Belize serviva per la trazione. la
parte più dura delle operazioni di recupero arriva adesso,
anche se dalla Capitaneria di Porto fanno sapere che la
situazione è sotto controllo. Gli ucraini restano ad Ancona,
a disposizione dell'autorità marittima che ha già iniziato
ad ascoltare la loro versione dei fatti. La storia convince
poco.
La Moskovskij
A fine dicembre un altro
illustre precedente. Quello della petroliera «Moskovskij
Festival». Sull'onda di indignazione e polemica scatenata
dal disastro della «Prestige», in Galizia, suona l'allarme
sulle coste doriche. Le autorità iberiche e francesi
rifiutano la nave, a monoscafo, e allertano anche la Marina
Militare italiana. La nave, diretta alla raffineria Api di
Falconara, sbarca nella costa dorica all'inizio di questo
mese, il 2 gennaio, preceduta da polemiche lanciate da
politici e albergatori. Il giorno dello sbarco è anche
quello della grande protesta degli ambientalisti, che
innalzano striscioni e raggiungono l'imbarcazione alla prima
isola artificiale di Falconara. La nave passa lo stesso.
Tanto rumore per ottenere nulla. Ieri, l'altro grande
allarme. E proprio in seguito al naufragio del cargo 'Nicole',
di ieri notte, il deputato dei Verdi alla Camera, Marco Lion,
ha diffuso una mozione sui possibili danni dovuti al
transito di grosse imbarcazioni con oltre 15 anni di
anzianità. «L'Adriatico — spiega Lion — per la sua
particolare conformazione di mare chiuso, è particolarmente
vulnerabile, e ci vorrebbero almeno 100 anni per rinnovare
le sue acque».
Da mezzo secolo un mare di
allarmi
ANCONA — La vicenda di questa
notte è solo l'ultima di una lunga serie, che parte dai
lontani anni '60 ed arriva fino ai giorni nostri.
Nel gennaio di due anni fa,
infatti, la nave mercantile croata «Nautika 64» si rovesciò
a 38 miglia dal porto di Ancona, provocando la morte di
quattro membri dell'equipaggio.
Affonda la Photos - Ma per
trovare un episodio davvero molto grave, con decine di morti
bisogna ritornare indietro di ben 41 anni, al freddissimo
marzo del 1962, quando la nave mercantile «Photos», battente
bandiera albanese, si imbatté in una terribile tormenta di
neve a poche miglia dalla costa e si rovesciò all'altezza
dello scoglio delle «Due sorelle». Ne dà lucida
testimonianza il novantaduenne Arturo Mengassini, che
all'epoca gestiva uno stabilimento balneare al Passetto.
«Ricordo che c'era un vento da nord molto teso — racconta —
e un mare grosso come non l'avevo mai visto. A terra ben 40
centimetri di neve. Quella nave aveva fatto un carico di
legname nei pressi del Mar Nero e si dirigeva ad Ancona per
il suo ultimo viaggio. Tuttavia — continua Mengassini — il
battello era talmente sovraccarico che il comandante si
rifiutò di assumere quell'incarico, che venne preso da un
suo collega di soli trentasei anni». La nave, secondo la
ricostruzione del testimone, sarebbe andata in difficoltà
proprio quando era nelle vicinanze del porto, a causa sia
del rinforzo del vento, che del rallentamento dei motori
necessario all'attracco. «Verso le 2.30 o al massimo le 3 di
notte — prosegue Mengassini — quando un gran boato svegliò
Barbadoro, il guardiano della cava di Davanzali. Uscito per
vedere cos'era accaduto, notò due sagome scure arrancare
verso la riva. Erano tre marinai che stavano cercando di
mettersi in salvo a terra. Lui li prese e mentre li
rifocillava mandò il nipote ad avvertire i carabinieri
perché provvedessero alle operazioni di salvataggio: ancora
non si sapeva se in mare c'erano altri uomini in
difficoltà». In realtà molti di loro stavano morendo,
proprio in quelle ore, schiacciati dai pesanti legnami
sparsi nell'acqua e sui quali alcuni cercavano con
difficoltà di camminare per raggiungere la costa. Su 22
membri dell'equipaggio, ne morirono ben 12. Salvo per
miracolo
Due anni dopo fu la volta del
peschereccio di Vittorio Micucci che si rovesciò durante un
temporale l'8 giugno 1964. In questo caso fu proprio il
relitto di una nave da carico, il «Sun Rise», affondata due
o tre anni prima, davanti al porto dorico, a salvare la vita
al naufrago. «Mi trovavo in acqua ormai da sei ore —
racconta Micucci — mentre la corrente mi trascinava alla
deriva, vidi di fronte a me il relitto di quella vecchia
nave. Mi feci il segno della croce pensando che ci sarei
andato a sbattere. E invece fu la mia salvezza, perché
riuscii ad aggrapparmi ad un paranco e vi rimasi attaccato
finché non arrivarono i soccorsi dei vigili del fuoco».
|
|
CORRIERE ADRIATICO |
L'attacco
dei comitati “La sponda destra dell'Esino è di proprietà
demaniale"
Spuntano
documenti che contraddicono le affermazioni della raffineria
"La sponda
destra dei fiume Esino, zona foce è interamente proprietà
demaniale, cioè pubblica". Cartina alla mano i
rappresentanti dei comitati di Fiumesino, Villanova e "25
agosto" mostrano i risultati di una lunga ricerca effettuata
presso l'Agenzia del Demanio e citano il documento datato 10
ottobre 2002 al protocollo n.2002/5806/626 FAN nel quale è
scritto che "il confine tra il demanio e la proprietà Api
sulla sponda destra del fiume Esino coincide con la
recinzione posta sul cordolo esterno della strada di
proprietà parallela al fiume". "Nonostante le numerose
sollecitazioni sulla questione della proprietà e le note
inviate al ministero dell'ambiente, alla capitaneria di
porto e Authority, Comune, Provincia e Regione hanno fatto
finta di nulla". Così i portavoce Loris Calcina e Massimo De
Paolis. "Quindi - proseguono - ci siamo mossi da soli
nonostante il totale isolamento istituzionale e le
conclusioni sono davvero gravissime, infatti c'è da
riconsiderare tutta la vicenda patrimoniale". In pratica,
secondo i comitati, alla luce dei nuovi documenti
risulterebbe non vero ciò che i dirigenti dell'Api hanno più
volte dichiarato e scritto, cioè che quella porzione di
sponda dell'Esino nei pressi della foce è terreno di
proprietà della raffineria. "L'area è demaniale - sostengono
tra l'altro i portavoce dei comitati cittadini - quindi il
pesantissimo inquinamento da idrocarburi risultato dalle
analisi chimiche eseguite su campioni di terra acqua
prelevati dall'Arpa Marche ha leso un bene pubblico, ha
contaminato una importante porzione di terreno fuori della
proprietà Api. Insomma le parole dei dirigenti della
raffineria, i quali hanno sempre sostenuto che
l'inquinamento da idrocarburi è circoscritto alla zona su
cui sorgono gli impianti vengono clamorosamente smentite dai
fatti e da un organo pubblico dello Stato". Nel marzo del
2001 l'Arpa ha rilevato nei campioni di terreno esterni alla
recinzione della raffineria qualcosa come 15.438 mg/kg di
idrocarburi contro un limite massimo per i siti ad uso
industriale (secondo il D.M. 471/99) di 250 mg/kg ed in
un'altra zona sempre prossime al confine con l'impianto di
raffinazione 505 mg/kg e 490 mg/kg. Altissimi anche i valori
degli idrocarburi totali rilevati nell'acqua. “Adesso -
affermano Calcina e De Paolis - i tre enti ci debbono alcuni
chiarimenti, prima di tutto riguardo le dichiarazioni dei
dirigenti Api, e poi se il tratto di palancolata ormai
conficcato per centoquaranta metri nel fiume ha le
prescritte autorizzazioni necessarie per le opere eseguite
su un bene demaniale pubblico". Accusati su un manifesto,
affisso nei giorni scorsi, di disinteresse nei confronti
della sorte di un bene pubblico, il sindaco Giancarlo
Carletti, ed il presidenti di Provincia e Regione, Enzo
Giancarli e Vito D'Ambrosio, sono ancora una volta tirati in
causa. E questa volta con la forza dei comitati dei
cittadini di Falconara i quali chiedono un intervento
definitivo e chiarificatore che "elimini il pericolo di una
eventuale e del tutto inopportuna cessione della sponda ad
opera della Patrimonio spa".
Il consiglio di Stato dà
ragione al Comune
Concessione all’Api, va
avanti la polemica Assindustria-Ds "Tutta questa pressione
per il nuovo Prg serve per avere vantaggi nei tavoli di
concertazione. Rivediamo gli indirizzi strategici, sono
dannosi"
Le cisterne continuano ad
infuocare il dibattito. Si levano ancora alte le fiamme di
botta e risposta sullo sfondo della dichiarazione di
inammissibilità da parte del Consiglio di Stato dei ricorsi
presentati da Api raffineria e Api Energia Spa in tema di
rinnovo della concessione. Per la quale viene in sostanza
confermata la data di scadenza: 2008. A riaccendere la
miccia di questa specie di tutti contro tutti che si è
scatenato all'ombra del petrolchimico è Assindustria. Che
riprende la parola per replicare a un recente intervento del
segretario cittadino dei Ds il quale aveva accusato gli
industriali di fare confusione nei ruoli e nelle competenze.
"Un maldestro tentativo - a parere di Assindustria - di
etichettare un'organizzazione con un approccio vetero
politico". Di più. Gli industriali scorgono la volontà “di
distrarre l'attenzione per evitare di rispondere agli
interrogativi che gli imprenditori di Falconara pongono da
troppo tempo all’amministrazione". E che si concentrano
sulla necessità per il bene della città di salvaguardare la
realtà produttiva dell'Api. A dare credito a questa tesi
viene chiamato in causa l'architetto Bohigas, atteso oggi
per presentare il suo progetto. "Non e un caso che abbia
riconosciuto la compatibilità urbanistica della raffineria
con la città", e l'abbia considerata "un elemento in grado
di contribuire al mantenimento dello sviluppo cittadino e
uno strumento per rendere fattibile proprio l'obiettivo
strategico del prg". A proposito di piano regolatore,
Assindustria chiede, “a nome di tutti gli imprenditori di
Falconara, e non solo", perché "considerato che il prg
attualmente in vigore è quello del 1974, si preme così tanto
e proprio ora per una rapida approvazione di quello nuovo,
che è stato presentato nel '99". E bolla “tutta questa
pressione", abbozzando una risposta, come frutto di
"motivazioni politiche che scavalcano il reale benessere
della cittadinanza" e come il "tentativo di precostituirsi
dei vantaggi sui programmati tavoli di concertazione".
L'associazione degli industriali guarda avanti, assume un
atteggiamento di apertura nei confronti dell'amministrazione
comunale, e chiede di tornare a discutere gli indirizzi "che
si vorrebbero imporre al piano regolatore", che a suo
giudizio “costituirebbero un danno irreparabile per la città
di Falconara e per chi vi opera e chi vi lavora". E propone
di "delineare insieme con tutte le parti coinvolte gli
strumenti per la valorizzazione fattibile della città". In
fondo viene espressa l'esigenza di rimettere al centro i
contenuti. Perché "le scelte del futuro devono essere
fondate su elementi concreti e noti, non su cavilli intorno
alle date". E se, come più volte ribadito dal sindaco
Carletti, l'insediamento di un'attività produttiva non può
cozzare con la strategia di sviluppo della città, è pure
vero, concludono gli industriali, che "il prg non può
ignorare le esigenze degli operatori economici sul
territorio, pena la decadenza del tessuto locale". |
|
LA SICILIA |
Enichem, la
nostra Caporetto
Riflessioni su un disastro annunciato
C'è una piazza a Milano,
restaurata da Gae Aulenti qualche decennio fa, che contiene
in sé gli elementi di quella che si potrebbe chiamare
l'ironia involontaria della metafora. E' Piazza Cadorna,
dove il nome riporta a un disastro storico, essendo stato il
Cadorna il generale di Caporetto. Viene da pensare a quanto
è accaduto in queste ultime settimane nella disastrata vita
sociale e politica della provincia di Siracusa. Perché è
Caporetto il disastro ambientale venuto alla luce attraverso
la vicenda Enichem. Caporetto perché come nella Caporetto
della storia era nota a tutti la inadeguatezza del nostro
esercito, e il tacerlo fu colpevole omissione, se non
peggio, così era nota a tutti la situazione ambientale della
zona industriale, con le morìe dei pesci e le malformazioni
dei bambini e i tumori in numero fuori dalla norma e le
leucemie allarmanti. Tutto questo era noto a tutti, e che
sia finalmente esploso è appunto la nostra Caporetto.
Veniamo ora all'intrico, al nodo che lega tra di loro i
poteri che avrebbero dovuto vigilare e non hanno vigilato,
impedire e non hanno impedito, fermare e non hanno fermato,
governare e non hanno governato. Non parliamo solo dei
Comuni o dei sindacati o della Provincia o dei vari Enti dai
nomi strani che si ramificano per tutto. Parliamo anche
dell'Asl che avrebbe dovuto avere l'occhio attento alla
salute dei cittadini e non l'ha avuto, o se lo ha avuto ha
fatto presto a chiuderlo. Non intendiamo fare discorsi
complicati, e cerchiamo di mantenerci dentro la cartesiana
certezza del buon senso che che possiedono tutte le persone
semplici e per bene. Ma qualcuno dovrebbe pure spiegare come
è possibile che: a) una Asl avvii negli anni scorsi una
indagine epidemiologica, che ha poi ottenuto ampi
riconoscimenti scientifici, che mette in luce gli elementi
di allarme su cui ora tutti si stracciano le vesti; b) si
trovi ad avere come suo massimo dirigente sanitario, e poco
prima che esploda lo scandalo, il responsabile primo di
questa indagine epidemiologica, e quindi lasci intendere che
vuole porre questo problema come filosofia del suo
intervento a tutela della salute pubblica; c) fa quindi
fuori questo dirigente proprio quando ce ne sarebbe stato
più bisogno, inventandosi ogni sorta di pretesti che
appaiono tali anche ai gonzi. E qualcuno dovrebbe anche
spiegare com'è possibile che l'Asl, in presenza del
disastro, decida di lasciarsi guidare dalla filosofia del
"registro" opera di quel tale dirigente, poi però non solo
non lo reintegra nel suo incarico ma neanche lo inserisce
nella "Commissione" formata per utilizzare il "registro".
L'inchiesta sui rifiuti
tossici.
Oggi il primo Riesame i
restanti 17 il 4 febbraio
Da questa mattina, i giudici
del Riesame inizieranno ad occuparsi delle istanze
presentate dai difensori dei diciotto indagati colpiti dai
provvedimenti coercitivi, e in carcere e agli arresti
domiciliari, emessi dal Giudice per le indagini preliminari
Monica Marchionni su richiesta dei pubblici ministeri
Roberto Campisi e Maurizio Musco. L'esame delle diciotto
istanze da parte collegio unico del Tdl, inizierà con quella
presentata dall'avvocato Ettore Randazzo in favore del
funzionario della Provincia regionale di Siracusa, Alfio
Caceci. Tutte le rimanenti diciassette istanze, presentate
dal professore Enzo Musco e dagli avvocati Ezechia Paolo
Reale, Francesco Favi, Orazio Consolo e Francesco Fazzino,
verranno invece prese in esame il prossimo 4 febbraio. Per
questa data è stata, infatti, disposta la citazione dei
direttori Enichem e Polimeri Europa Giuseppe Rivoli, Gaetano
Claves e Giuseppe D'Arrigo Genitori, del responsabile
ambiente e sicurezza Enichem Giuseppe Farina, degli addetti
alla tenuta dei registri Franzo Miano e Luigi Russo, tutti
ancora rinchiusi nella casa circondariale di Cavadonna,
nonchè dell'ingegnere Luciano Adamo, che, dopo le sue
ammissioni, è stato ammesso al beneficio degli arresti
domiciliari. E dovranno pure presentarsi, qualora lo
desiderano, anche i dieci indagati colpiti sin dal primo
istanza dalla misura alternativa degli arresti domiciliari.
E cioè, Sebastiano Basile, Pietro Calì, Corrado Rogas,
Marcello Muzzicato, Salvatore Terrana, Marcello Altavilla,
Piergiorgio Sedda, Francesco Ognibene e Sebastiano Nicolosi.
A entrambe le sedute camerali prenderà parte anche il
sostituto procuratore Maurizio Musco che, a tutte le istanze
sin qui presentate dai difensori tese ad ottenere la revoca
delle misure coercitive, ha dato parere negativo. Il
titolare dell'inchiesta sul traffico dei rifiuti tossici, ha
anticipato che si batterà per il rigetto delle istanze
difensive. |
|
CORRIERE DELLA
SERA |
Parco del
Conero, affonda carretta del mare
Aveva un carico di 3.100
tonnellate di sostanze chimiche. Il mercantile era stato
dichiarato sicuro dai greci pochi giorni fa
La «Nicole» s’inabissa in
Adriatico: chiazza di gasolio lunga 13 chilometri. «A picco
per i buchi nello scafo»
ANCONA - Non è il Prestige e
non siamo in Galizia. Ma per una notte le coste
dell’Adriatico hanno vissuto lo stesso incubo. Domenica 26
gennaio, ore 23.48: arriva alla centrale operativa della
Guardia costiera di Ancona l’Sos della motonave Nicole, sta
per affondare a tre chilometri e mezzo al largo di Numana,
su uno dei tratti più belli della Riviera del Conero e del
suo parco regionale. I soccorsi sono immediati e
l’equipaggio, tredici uomini e una donna, tutti di
nazionalità ucraina, vengono raggiunti già a bordo della
lancia e portati a terra. L’imbarcazione trasporta 3.150
tonnellate di feldspato, un minerale a base di potassio,
sodio e calcio usato per la lavorazione del vetro e ritenuto
di nessun impatto ambientale. Il pericolo, però, lo
rappresenta il gasolio: la Nicole ne può contenere 64
tonnellate e ha fatto il pieno nel Pireo (era partita da
Gulluk, in Turchia). Una parte del combustibile trasborda
fino a formare una chiazza come una fiamma, larga quaranta
metri, che ieri in serata si allungava già per 13 chilometri
verso Macerata. Le associazioni ambientaliste sono
immediatamente intervenute protestando per il mancato
adeguamento delle leggi italiane alle più recenti direttive
europee che vietano la navigazione alle imbarcazioni con
cisterna monoscafo e più di 15 anni di età. Ma Legambiente,
Wwf, Verdi, Disobbedienti e Udeur hanno chiesto la chiusura
dell’Adriatico alle «carrette dei mari». Mentre Greenpeace
ha ricordato il problema delle bandiere di comodo, che
rendono difficile risalire al responsabile di eventuali
disastri ambientali. Nicole invece si è presentata nelle
nostre acque con le carte in regola: documenti di bordo
aggiornati al 3 gennaio 2003, quando in Grecia sono stati
firmati i suoi certificati di sicurezza. Bandiera del
Belize, armatore liberiano, gestore greco, equipaggio
ucraino, 108 metri di lunghezza, lo scafo è stato costruito
in Russia, 37 anni fa. Tuttavia, secondo i funzionari della
Guardia costiera che hanno avviato l’indagine
amministrativa, la non più «giovane» età di Nicole non è una
ragione sufficiente per giustificare il suo affondamento. E
la dinamica del naufragio lascia alcuni punti poco chiari.
La prima segnalazione su eventuali difficoltà a bordo, per
esempio, arriva da un carabiniere di pattuglia sul lungomare
che domenica pomeriggio nota Nicole ferma, in evidente
affanno. L’avviso passa alla capitaneria di porto di Ancona
che, intorno alle 17, manda una motovedetta per chiedere se
ci sono dei problemi. Il comandante nega e rifiuta l’aiuto.
Poche ore dopo, però, lancia l’Sos. Di certo il fatto che le
lamiere non avessero tenuta ermetica, oltre alle pompe di
evacuazione inefficienti, ha favorito l’acqua a imbarcare
sia dalla coperta sia dallo scafo. «Ma non è possibile che
una nave affondi così», conclude secco il capitano Luigi
Pascale, capo sezione tecnica e sicurezza navigazione della
Guardia costiera. Ieri notte una motovedetta e un
rimorchiatore stavano vigilando Nicole: una «ciambella» di
panne galleggianti ha circondato gli alberi che spuntavano
dall’acqua. Oggi arriveranno da Termoli i sommozzatori per
aspirare il gasolio dal relitto, che poi sarà rimosso su
ordine della capitaneria di porto: costituisce un pericolo
per le rotte commerciali.
«Entro l’anno messe al
bando tutte le navi con unico scafo»
GENOVA - L’affondamento della
«Nicole» avviene nel momento in cui l’Unione Europea si sta
muovendo sul problema dei disastri in mare. Subito dopo il
disastro della Prestige, i governi hanno deciso di
intensificare i controlli sulle navi con più di 15 anni di
età e di mettere al bando da luglio le navi monoscafo per il
trasporto dei prodotti più inquinanti. Nelle imbarcazioni a
scafo unico, infatti, il carico finisce in mare alla prima
falla. I ministri dei Trasporti hanno anche deciso di
accelerare l’adozione delle direttive europee «Erika 1» ed
«Erika 2», varate dopo l’affondamento della petroliera
omonima per mettere al bando le navi a scafo unico.
L’obiettivo è ratificarle entro l’anno e iniziare subito a
rottamare le monoscafo, per eliminarle del tutto entro il
2008. Il 20 gennaio il presidente della Commissione europea,
Romano Prodi, ha inviato al presidente di turno dell’Unione
un piano d’azione per evitare altre Prestige. In caso di
disastro, la Ue chiede sanzioni penali contro l’armatore, ma
anche contro il proprietario del carico e la società di
classificazione della nave. Il sottosegretario ai Trasporti
Mario Tassone ha annunciato un provvedimento legislativo
sulle carrette. «L’Italia però è in testa alla classifica
sui controlli - fa notare il direttore de L’Avvisatore
Marittimo Vito De Ceglia - l’anno scorso ne sono state
ispezionate il 40%, e la normativa Ue prevede controlli per
il 25%». |
|
IL PICCOLO -
giornale di Trieste |
Cargo
affonda, Conero minacciato dal gasolio
L’allarme inquinamento marino
scatta anche in Italia. Una «carretta» con a bordo 14 uomini
ucraini tratti in salvo riversa in mare un carico di
carburante
La chiazza nera è lunga sette
miglia: mezzi specializzati all’opera per evitare che
raggiunga la costa
ANCONA - L’allarme
inquinamento, dopo la sciagura della Prestige che ha
coinvolto Spagna e Francia, questa volta scatta in Italia.
Una nave carica di 3.100 tonnellate di feldspato - un
minerale per la lavorazione del vetro - e con 14 uomini di
equipaggio a bordo (tutti ucraini), è affondata la notte
scorsa due miglia al largo di Numana, davanti alla costa del
Conero: i marittimi sono stati tutti tratti in salvo ma la «Nicole»,
battente bandiera del Belize, trasportava anche un carico di
gasolio che è filtrato in mare, creando una chiazza lunga
circa sette di miglia e larga 30 metri. Secondo la
Capitaneria di porto di Ancona, non ci sarebbe il pericolo
di una catastrofe ecologica per le spiagge della riviera del
Conero perché il feldspato è un minerale che si trova in
natura e dunque non è inquinante, mentre il gasolio (un
prodotto petrolifero già trattato) tende a evaporare.
Comunque, ha riferito il comandante in seconda Orrera, «si
sta cercando di raccoglierlo con mezzi specializzati della
società Castalia, convenzionata con il ministero dell'
Ambiente per operazioni di questa natura». Il gasolio
versato in mare dalla "Nicole" sarebbe la scorta di
combustibile necessaria alla trazione del cargo, e esce
lentamente dagli sfiati del natante e da altri pertugi. Il
relitto si è adagiato su un fondale di 10-12 metri, circa
due miglia al largo fra Numana e Marcelli. Ma le correnti
stanno spingendo il gasolio verso sud, al confine fra i
territori delle province di Ancona e Macerata, e questo
obbliga ad una continua rimessa a punto dei piani di
bonifica. Le ricognizioni aeree effettuate da un velivolo
della guardia costiera di Pescara hanno confermato che la
striscia di carburante è allo stato iridescente di
pellicola, e una sua parziale eliminazione dovrebbe essere
favorita dal moto ondoso intenso. Attualmente la chiazza è
lunga circa 7 miglia e larga una quarantina metri in
prossimità del punto di affondamento. La configurazione a
fiamma viene determinata dalle correnti che stanno facendo
sviluppare la striscia parallelamente alla costa, fino alle
acque davanti a Porto Recanati e Civitanova. Sul posto ci
sono tre motovedette della capitaneria di Porto di Ancona e
il rimorchiatore Città di Ravenna, dislocato nel porto
dorico con a bordo 200 metri di panne. La Guardia costiera
tenta di contenere la fuoriuscita del gasolio attraverso le
panne per poi successivamente procedere a svuotare la
cisterna, compatibilmente con le condizioni meteo, che non
sono ottimali. Alle operazioni collaboreranno anche
sommozzatori della Capitaneria pronti ad immergersi non
appena sarà possibile per un' ispezione dello scafo. Il
recupero del gasolio comincerà soltanto domani, quando con
il mare più calmo e la luce del giorno un sommozzatore potrà
scendere sotto la linea di galleggiamento e agganciare una
manichetta al serbatoio della Nicole; ad aspirare il
carburante sarà la nave appoggio Micoperi, della societa «Castalia»,
in arrivo da Ortona, e il materiale pompato verrà travasato
sul Città di Ravenna e portato a riva. Intanto, presso la
Capitaneria di porto di Ancona è stata istituita un'unità di
crisi cui partecipano anche l'assessore regionale
all'ambiente Marco Amagliani e il dirigente della protezione
civile regionale Roberto Oreficini. Anche la sala operativa
della protezione civile delle Marche è in allerta, così come
l'Agenzia regionale per l'ambiente. La preoccupazione fra
gli operatori turistici e gli ambientalisti è grande.
L'affondamento della «Nicole», una nave da 2.406 tonnellate
di stazza lunga 118 metri e costruita nel 1966, proprio
davanti ad uno dei gioielli ambientali d'Italia, ripropone
il problema delle «carrette del mare», navi troppo vecchie
che solcano un mare chiuso come l'Adriatico. La «Nicole» era
salpata da un porto turco diretta a Porto Levante.
Contestualmente alle operazioni di bonifica, è partita
un'inchiesta della Guardia costiera sulle cause
dell'affondamento, che sarebbe avvenuto perché il natante
imbarcava acqua e non per uno scontro con un'altra
imbarcazione o un urto con gli scogli. I marittimi, 13
uomini e una donna, sono stati portati in salvo dalle
motovedette della Capitaneria e sono in un buone condizioni
di salute anche se verranno denunciati dall'autorità
marittima per violazione delle norme di ancoraggio. Un
natante di quella stazza e con quel carico infatti non
poteva attraccare davanti al litorale o nel piccolo porto
numanese ma solo in un grande porto, come quello di Ancona. |
|
LA NUOVA SARDEGNA |
«Inquina?
Società e politici non ci pensano, l'importante è che si
risparmi e si guadagni»
SASSARI. «Colpisce il fatto
che, per una strana coincidenza, il consiglio comunale di
Sassari si sia pronunciato in favore del carbone, nello
stesso giorno in cui la magistratura arrestava i dirigenti
dello stabilimento Enichem di Priolo, con gravi accuse di
attentato alla salute dei cittadini di quel territorio, in
seguito all'accertamento di un numero abnorme di neonati
deformi e di casi di tumore»: Giovanni Pala, presidente di
Marevivo, interviene sulla questione "carbone a Fiume Santo"
e accusa di arroganza gli amministratori che non prendono
neppure in considerazione la contrarietà al carbone,
«espressa legalmente dalla stragrande maggioranza dei
cittadini che vivono e respirano sotto le torri della
centrale elettrica. Colpisce il fatto che i nostri
amministratori abbiano considerato la salute dei cittadini
meno importante degli interessi economici della società
spagnola proprietaria della centrale, svendendola in cambio
di un impegno, da parte dell'Endesa, a monitorare l'aria e,
si dice, anche a piantare non so quanti alberi!». Ma Pala
critica pesantemente anche gli amministratori di Sassari che
«non hanno ritenuto opportuno confrontarsi con la
cittadinanza o, meglio ancora, chiamarla a pronunciarsi
nelle forme previste dalla legge» e, anzi, «si sono limitati
a subire le strategie imposte, e non certo proposte, dagli
spagnoli». Ma il presidente di Marevivo critica anche
l'opposizione che non è riuscita a fare fronte unico
«nemmeno su un problema che continua a proclamare di vitale
importanza». Tra l'altro, sottolinea Pala, «colpisce che non
esistano dati consultabili dai cittadini, sui risultati
delle indagini epidemiologiche ripetutamente richieste dalla
popolazione di Porto Torres; così come il silenzio che
avvolge i risultati delle attività di presidio e di
monitoraggio della qualità dell'ambiente, svolte dalle
strutture pubbliche incaricate di vigilare sulla salute dei
cittadini. O dobbiamo anche qui attenderci l'intervento
della magistratura?» E ancora, accuse per la «totale assenza
della Regione, che ha il compito istituzionale di dettare le
regole in materia ambientale ma che, invece, non ha sentito
il dovere di intervenire, quasi che tutto quello che accade
nel golfo dell'Asinara - compreso il Parco nazionale - non
la riguardi, se non per questioni di bottega». Una serie di
considerazioni che sottintendono un altro interrogativo: «In
attesa del metano, perché non è stata nemmeno presa in
considerazione l'ipotesi dell'utilizzo di combustibili a
basso tenore di zolfo, che sicuramente inquinano di meno?».
Ed è lo stesso Pala a trovare le risposte: «Costano più del
carbone; il carbone, già contrattato dalla società spagnola,
assicura maggiori margini operativi di gestione, e quindi
più utili. Il resto è aria, più o meno inquinata a loro non
importa». |
|
LA VOCE DI RIMINI |
Carrette del
mare, il rischio a due passi
RIMINI - "Le 'carrette del
mare'? Potrebbero provocare un danno irrimediabile, una vera
apocalisse per il mare Adriatico": lancia l'allarme Luigi
Rambelli, presidente regionale e responsabile nazionale del
settore turismo di Legambiente. Ieri notte al largo di
Numana, nella riviera del Conero, in uno dei primi dieci
paradisi marini d'Italia, è affondata la "Nicole", una nave
costruita nel 1966 battente bandiera del Belize, con il suo
carico di 3.100 tonnellate di feldspato, un minerale per la
lavorazione del vetro, e di gasolio. Le quattordici persone
dell'equipaggio a bordo, tutte ucraine, sono state tratte in
salvo dalle motovedette della Capitaneria e si trovano in
buone condizioni di salute. Ma è la salute del mare a
destare preoccupazione: il gasolio ha creato una chiazza
larga un paio di miglia, e mezzi specializzati di una
società convenzionata con il Ministero dell'ambiente stanno
cercando di raccoglierlo. L'affondamento non sarebbe
avvenuto per scontri con altre imbarcazioni o urti contro
gli scogli, ma perché il natante imbarcava acqua. Partita da
un porto turco, la "Nicole" era diretta a Porto Levante,
Venezia. Il deputato dei Verdi Mauro Bulgarelli, che dopo il
disastro della "Prestige" ha presentato una proposta di
legge per interdire la navigazione alle "carrette del mare"
sprovviste del doppio scafo, ieri ha chiesto in una nota
"l'istituzione di una Commissione speciale per la
salvaguardia dell'Adriatico, per indirizzare il governo ad
un'azione efficace, pena la vita dell'Adriatico". Da parte
sua Rambelli insiste per "il riconoscimento internazionale
dell'Adriatico come "area sensibile speciale", per
scongiurare il rischio dell'azzeramento di settori come la
pesca e il turismo". Secondo i dati a disposizione di
Legambiente "quasi la metà della flotta europea è a
rischio": oltre il 45% delle navi della flotta petroliera
immatricolata nell'Ue ha un'età superiore ai venti anni.
L'affondamento della "Nicole" è stato del resto l'ennesimo
campanello d'allarme. Perché la nave, come detto, non è
affondata a causa di un incidente. E neppure del mare
grosso. Ma solo a causa di un cedimento della propria
struttura. Ancora poche ore di "resistenza", e la grande
imbarcazione sarebbe affondata davanti alle coste riminesi,
con le conseguenze che si possono immaginare: per l'immagine
turistica e non solo. E di navi così, tutti i giorni, ne
passano a decine al largo della Riviera dirette a Venezia e
Trieste, ma anche a Ravenna. Navi container, ma anche
gasiere e petroliere. Estate e inverno. L'allarme, questa
volta, è scattato davvero. Ed è un allarme maledettamente
serio: le carrette del mare sono un pericolo per l'economia
turistica, oltre che per la salute del mare.
"L'Adriatico rischia tutti
i giorni di morire"
RIMINI - Se una petroliera
affondasse al largo della riviera romagnola, che cosa
potrebbe succedere? "In Atlantico, come si è visto, le
conseguenze sono gravissime, ma da noi sarebbero
irrimediabili perché in Adriatico il ricambio totale avviene
in un ciclo di ottanta anni", dice Luigi Rambelli di
Legambiente. Il nostro mare è una specie di lago quasi
chiuso, attraversato di continuo da navi e petroliere
dirette a Trieste (uno dei porti petroliferi più grandi del
Mediterraneo), a Ravenna ("che già scarica olio
combustibile", dice Rambelli), a Venezia, a Falconara. Il
Mediterraneo è il mare con la maggiore densità di catrame al
mondo: 38 milligrammi per metro cubo in media, contro i 10
nel Mar dei Sargassi e solo uno nell'Atlantico
nord-occidentale. "Ci auguriamo - aggiunge Rambelli - che la
centrale Enel di Porto Tolle non sia mai rifornita di 'orimulsion',
una specie di catrame che non sta a galla e che se sversato
in mare lo asfalterebbe". |
|
IL TEMPO |
Non è
paragonabile alla catastrofe della petroliera Prestige, ma
l'affondamento di ...
... un'altra «carretta del
mare», la Nicole, un vecchio cargo da 2.406 tonnellate
battente bandiera del Belize, avvenuto l’altra notte due
miglia al largo di Numana, ha fatto sudare freddo non tanto
per le vite umane - tutti e 14 i membri dell'equipaggio,
russi e ucraini, sono incolumi - quanto per il rischio di un
disastro ambientale in uno degli ultimi paradisi d'Italia.
Quel litorale infatti è il tratto più bello della Riviera
del Conero e del suo Parco regionale (50 km di spiagge,
6.011 ettari di verde protetto, con 215 specie di uccelli
diverse), e solo il caso ha voluto che il materiale
trasportato dalla nave, 3.150 tonnellate di feldspato, fosse
di tipo inerte e non una sostanza capace di minacciare la
vita della costa. La preoccupazione resta però ancora viva
per la provvista di gasolio - 64 tonnellate - che la nave
aveva a bordo come combustibile per trazione e che da ieri
notte si è in parte lentamente sversata in acqua, filtrando
dai condotti e dai «buchi» di uno scafo vecchio ormai di 37
anni. Fino a questo momento il carburante ha formato una
pellicola iridescente, a forma di fiamma, lunga sette miglia
e larga, nel punto dell'affondamento, una quarantina di
metri. La striscia per ora si mantiene parallela alla costa,
lontana due miglia circa, ma sarà il gioco delle correnti a
determinare cosa accadrà nelle prossime ore: il mare grosso
ha infatti impedito per il momento il recupero della
sostanza oleosa. Uomini e mezzi (varie motovedette) della
Capitaneria di porto di Ancona, al lavoro da ieri notte
hanno potuto calare attorno allo scafo un ferro di cavallo
costituito da panne galleggianti antinquinamento - tenuto
ancorato da un lato da una motovedetta della Capitaneria,
dall'altro dal rimorchiatore Città di Ravenna. Le barriere
dovrebbero contenere ulteriori dispersioni del prodotto. Il
recupero del gasolio comincerà soltanto oggi, quando con il
mare più calmo e la luce del giorno un sommozzatore potrà
scendere sotto la linea di galleggiamento e agganciare una
manichetta al serbatoio della Nicole. Stando agli elementi
emersi dalla prima inchiesta sommaria della Capitaneria, che
ha interrogato tutto l'equipaggio, la nave sarebbe affondata
per l'acqua imbarcata sia dalla coperta che dallo scafo,
senza essersi scontrata con altre imbarcazioni. A notte
fonda la situazione si è fatta critica e l'equipaggio,
avvertendo le stazioni radio costiere, ha abbandonato la
nave approdando con la scialuppa di salvataggio sulla
spiaggia fra Numana e Marcelli. Un ritardo forse fatale per
evitare la fuoriuscita del combustibile. Oggi però verranno
interrogati gli altri membri e solo al termine sarà
possibile formulare ipotesi circa le cause del sinistro e le
eventuali responsabilità; che, secondo la procura della
Repubblica di Ancona, potrebbero eventualmente essere di
natura colposa.
L'Italia dichiara guerra
alla petroliere-carretta: «Stiamo per varare un decreto
interministeriale ...
... per evitare che le
petroliere con un unico scafo possano attraccare nei nostri
porti», ha annunciato ieri pomeriggio a Parigi il ministro
dell'Ambiente Altero Matteoli. Il decreto dovrebbe evitare
che la Penisola sia colpita da disastri analoghi a quello
provocato sulle coste spagnole e francesi dal devastante
naufragio della petroliera Prestige. Da Parigi, dove ha
incontrato la collega francese Roselyne Bachelot e firmato
un accordo-quadro con l'Unesco per iniziative comuni a
difesa del patrimonio naturale e culturale, Matteoli ha
seguito tra l'altro con apprensione le notizie
sull'affondamento del cargo Nicole al largo delle Marche, ma
nel pomeriggio, in conferenza stampa, è apparso rilassato:
«Il ministero è pronto, pronte sono le attrezzature per
circoscrivere la zona», ha sottolineato. Convinto che gli
interventi a difesa dell'ambiente non possano più limitarsi
agli ambiti nazionali, Matteoli si è accordato con Roselyne
Bachelot per la creazione di un comitato tecnico
italo-francese che approfondirà una serie di scottanti
problemi ecologici di mutuo interesse anche in vista di
proposte da avanzare durante il semestre italiano di
presidenza europea, nella seconda metà del 2003. Il ministro
ha espresso altrettanta soddisfazione per la firma di un
memorandum d'intesa con l'Unesco che è senza precedenti:
l'Italia e l'organizzazione dell'Onu per l'educazione, la
scienza e la cultura hanno infatti sottoscritto una «joint
venture» che prevede «un approccio integrato e azioni
coordinate di salvaguardia» per il patrimonio naturale e
culturale. «Il memorandum - ha dichiarato il ministro
Matteoli - consente all'Unesco di associarsi e di
intervenire nella pianificazione e redazione di studi di
fattibilità diretti a grandi interventi ambientali in campo
internazionale che l'Italia, attraverso il mio ministero, è
impegnata ad attuare verso Paesi terzi». |
|
IL MATTINO |
In salvo
l'equipaggio. Da oggi la bonifica, ma è polemica sulle
carrette a rischio
Ancona - cargo affonda e inonda il mare di gasolio Non è
paragonabile alla catastrofe della petroliera Prestige, ma
l’affondamento di un’altra «carretta del mare», la Nicole,
un vecchio cargo da 2.406 tonnellate battente bandiera del
Belize, avvenuto l’altra notte due miglia al largo di Numana,
ha fatto sudare freddo non tanto per le vite umane - tutti e
14 i membri dell’equipaggio, russi e ucraini, sono incolumi
- quanto per il rischio di un disastro ambientale in uno
degli ultimi paradisi d’Italia. Solo il caso ha voluto che
il materiale trasportato dalla nave, 3.150 tonnellate di
feldspato, fosse di tipo inerte e non una sostanza capace di
minacciare la vita della costa. La preoccupazione resta però
ancora viva per la provvista di gasolio - 64 tonnellate -
che la nave aveva a bordo come combustibile per trazione e
che dall’altra si è in parte lentamente sversata in acqua,
filtrando dai condotti e dai buchi di uno scafo vecchio
ormai di 37 anni. Fino a questo momento il carburante ha
formato una pellicola iridescente, a forma di fiamma, lunga
sette miglia e larga, nel punto dell’affondamento, una
quarantina di metri. La striscia per ora si mantiene
parallela alla costa, lontana due miglia circa, ma sarà il
gioco delle correnti a determinare cosa accadrà nelle
prossime ore: il mare grosso ha infatti impedito per il
momento il recupero della sostanza oleosa. Il recupero del
gasolio comincerà soltanto oggi, quando con il mare più
calmo e la luce del giorno un sommozzatore potrà scendere
sotto la linea di galleggiamento e agganciare una manichetta
al serbatoio della Nicole; ad aspirare il carburante sarà la
nave appoggio Micoperi, della societa «Castalia», in arrivo
da Ortona, e il materiale pompato verrà travasato sul Città
di Ravenna e portato a riva. Stando agli elementi emersi
dalla prima inchiesta sommaria della Capitaneria, che ha
interrogato tutto l’equipaggio, la nave sarebbe affondata
per l'acqua imbarcata sia dalla coperta che dallo scafo,
senza essersi scontrata con altre imbarcazioni: una tenuta
non ermetica delle lamiere e pompe per l'evacuazione
inadeguate avrebbero concorso al naufragio. Già ieri
pomeriggio una motovedetta della Guardia costiera, accortasi
che la rotta della Nicole era inusualmente vicina alla
costa, aveva affiancato il cargo chiedendo se vi fossero
difficoltà, ma la risposta era stata negativa. Poi però, a
notte fonda la situazione si è fatta critica e l’equipaggio,
avvertendo le stazioni radio costiere, ha abbandonato la
nave approdando con la scialuppa di salvataggio sulla
spiaggia fra Numana e Marcelli. Un ritardo forse fatale per
evitare la fuoriuscita del combustibile, anche se al momento
- ha reso noto la Capitaneria - non sono affiorati elementi
di responsabilità a carico dei componenti dell’equipaggio
sentiti ieri. Oggi però verranno interrogati gli altri
membri e solo al termine sarà possibile formulare ipotesi
circa le cause del sinistro e le eventuali responsabilità.
Montano, intanto, le polemiche. Da parte di Verdi, Wwf,
Legambiente, Disobbedienti, ma anche dell’Udeur, è venuto il
monito a chiudere alle «carrette» il transito dei mari
chiusi come l’Adriatico. La «catastrofe c’è già», sostengono
gli ambientalisti, che ad Ancona il 2 gennaio scorso
«assaltarono» simbolicamente una petroliera respinta dalle
coste iberiche e diretta all’Api di Falconara. |
|
LIBERAZIONE |
Carrette del
mare, cargo affonda in Adriatico: gasolio in mare
Allarme ambientale al largo
di Ancona. Una nave carica di 3.100 tonnellate di feldspato
- un minerale per la lavorazione del vetro - e con 14 uomini
di equipaggio a bordo (tutti ucraini), è affondata la notte
scorsa due miglia al largo di Numana, davanti alla costa del
Conero. I marittimi sono stati tutti tratti in salvo ma la "Nicole",
battente bandiera del Belize, trasportava anche un carico di
gasolio che è filtrato in mare, creando una chiazza larga un
paio di miglia. Il relitto - dal porto di Numana si vedono
affiorare le due torrette di prua e di poppa - si è adagiato
su un fondale di 10-12 metri, circa due miglia al largo fra
Numana e Marcelli, pari a sei-sette chilometri di distanza
dalla riva. Ma le correnti stanno spingendo il gasolio verso
sud. Sul posto tre motovedette della capitaneria di Porto di
Ancona e il rimorchiatore Città di Ravenna. «Avevamo
ribadito, in occasione del recente attracco Moskovskij alla
raffineria Api - afferma Luigino Quarchioni, presidente di
Legambiente Marche -, che il passaggio in Adriatico di
"ferri vecchi" è un rischio che non possiamo più permetterci
di sostenere. Questo soprattutto in un mare come il nostro,
chiuso e con bassi fondali, dove non osiamo neanche
immaginare gli effetti devastanti di un incidente».
L'affondamento della Nicole si verifica in una delle zone
più belle della riviera adriatica: di fronte al promontorio
del Conero, con le sue stupende spiagge (Sassi Neri, Le Due
Sorelle, Portonovo, Mezzavalle, il Trave), protette dal
primo parco regionale istituito nelle Marche e riconosciute
da Legambiente come uno dei 10 paradisi marini più belli
d'Italia, col conferimento del premio "Cinque Vele". |
|
IL MANIFESTO |
Carretta
nell'Adriatico
Una nave di 36 anni affonda
davanti del Monte Conero. Pericolo per la perdita di
carburante Monte Conero Il naufragio al largo di una delle
coste più celebri delle Marche. L'equipaggio denunciato per
violazione delle norme di ancoraggio
ANCONA Poteva essere un altro
disastro ecologico, non come quello provocato dalla
petroliera Prestige al largo delle coste galiziane, ma
comunque lo stesso molto grave. Per il momento, invece, il
pericolo sembra scampato, ma l'allarme suscitato
dall'ennesima carretta di mari affondata resta comunque alto
e riaccende le polemiche sulla sicurezza dei nostri mari. A
finire a picco davanti alle coste del Monte Conero (Ancona)
è stata l'altra notte una nave di 36 anni battente bandiera
del Belize è affondata con a bordo 3100 tonnellate di
fedspato, un minerale per la lavorazione del vetro, e 64
tonnellate di gasolio che si sta riversando in mare. La
Nicole, questo il nome del cargo, è lunga 118 metri con una
stazza di 2406 tonnellate ed è stata costruita nel 1966.
Subito si è formata una grossa macchia di gasolio di circa
trenta metri di larghezza, lunga due miglia. Con il passare
del tempo si è ulteriormente allungata fino ad arrivare
all'altezza di Civitanova Marche. I 14 uomini
dell'equipaggio sono stati tratti in salvo. Nonostante le
rassicurazioni della Capitaneria del porto, si è diffusa
immediatamente una grande apprensione tra le associazioni
ambientaliste, gli operatori turistici e l'intera opinione
pubblica. La Nicole ha tutte le caratteristiche della
classica «carretta del mare». Negli ultimi anni era stata
ispezionata ben otto volte. Il 3 gennaio scorso in Grecia, a
Eleusis, dove però non era stato riscontrato nulla di
irregolare. Per la cronaca l'attuale proprietario è proprio
greco, si tratta della «barrierMarine Managment» del porto
ateniese di Falerio. Esito diverso aveva dato il controllo
fatto in Slovenia nel 2002. Erano state verificate ben 13
«disfunzioni», una anche alla radio di bordo. Sarebbe
interessante capire perché nonostante questo la Nicole abbia
potuto tranquillamente continuare a navigare, fino a
concludere la sua pluridecennale attività davanti a quel
promontorio del Conero, da tutti conosciuto per la sua
bellezza e la purezza delle sue acque. Tra l'altro
l'equipaggio, consapevole che una nave di quelle dimensioni
non poteva di certo attraccare nel piccolo porto di Numana,
ha fatto di tutto per depistare la Capitaneria di porto,
che, se informata tempestivamente, avrebbe potuto evitare la
fuoriuscita del gasolio. Ora è stato denunciato per
violazione delle norme di ancoraggio Proprio poche settimane
fa una barca a vela con a bordo esponenti dei Verdi e del
mondo ambientalista, aveva «assaltato» in stile Greenpeace,
la petroliera «Moskovski», denunciandone la pericolosità e,
prendendo spunto dalla catastrofe galiziana della Prestige,
sottolineando come il Mare Adriatico con i suoi bassi
fondali, sia esposto quotidianamente a un rischio enorme.
Proprio per evitare i rischi di catastrofi ambientali, Wwf e
Legambiente hanno chiesto la ratifica da parte dell'italia
della cosiddetta «Bunker oil», la Convenzione internazionale
che obbliga gli armatori a risarcire i danni ambientali
determinati dal carburante delle navi. |
|
Econews (Verdi) |
Incidente
Conero. Verdi chiedono commissione speciale per l'Adriatico
Istituzione di una
Commissione speciale presso il Ministero dell'agricoltura
per la salvaguardia dell'Adriatico che riunisca le diverse
categorie colpite, i comuni con porti significativi e le
associazioni ambientaliste, in grado di indirizzare il
Governo ad una azione efficace di prevenzione e risanamento.
La chiedono con una mozione Mauro Bulgarelli e Marco Lion,
parlamentari Verdi, che hanno già presentato due proposte di
legge per limitare la circolazione delle navi cisterna.
"Ormai è chiaro che il delicato equilibrio di questo mare
richiede attenzioni e norme eccezionalmente severe, perché,
a causa delle particolari correnti, l'Adriatico è una sorta
di mare chiuso che fatica a rigenerarsi da simili disastri
ecologici. A fronte di questa realtà, esiste un disinteresse
generale ed un sistematico ritardo nella difesa
dell'adriatico: le prime vittime - concludono - sono i
miticoltori, i pescatori e quindi il turismo".
Incidente Conero. Turroni:
come ai tempi dei pirati
"Una nuova carretta affonda e
all'orizzonte non si vedono ancora le misure inefficaci
annunciate dal Governo. Anche se fosse stato emanato il
ventilato decreto, volto ad impedire l'accesso ai porti,
alle vecchie petroliere monoscafo, questo non avrebbe
impedito l'affondamento della carretta in Adriatico e la
conseguente dispersione in mare di gasolio e dei feldspati
trasportati". Lo dichiara il senatore verde Sauro Turroni,
vicepresidente della commissione ambiente di Palazzo Madama,
che osserva: "l'affondamento di una nave di un armatore
greco, battente bandiera del Belize, con equipaggio ucraino
dimostra, ancora una volta, come non siano stati fatti
progressi dai tempi dei pirati. E' necessaria un'azione
coraggiosa a livello internazionale, perché vengano
garantiti i controlli a bordo delle navi- sottolinea il
senatore del sole che ride- perché vengano messe al bando
le navi insicure; perché sua posto in capo a chi noleggia
le navi la corresponsabilità con l'armatore di un eventuale
incidente; perché vengano modificate le regole di
navigazione che, al momento, confermano la loro totale
obsolescenza". Il ministro- osserva Turroni - "ha,
più
volte, vantato la presenza, nei nostri mari, di una flotta
in grado di contrastare eventuali catastrofi ecologiche. Ma,
anche in quest'occasione, di queste barche nemmeno l'ombra.
E, per fortuna, si tratta di una carretta che imbarca
solamente il gasolio necessario ai suoi motori".
Adriatico. Affonda una
carretta dei mari al largo del Parco del Conero
“Affonda una carretta dei
mari al largo del Parco del Conero. Neanche tre settimane fa
avevo organizzato ad un blitz in alto mare durante lo
scarico di oli combustibili pesanti all’isola artificiale
realizzata al largo della raffineria API di Falconara ad
opera della petroliera Moskovski Festival, imbarcazione
monoscafo allontanata dalle coste spagnole dalle navi della
marina militare poiché ritenuta pericolosa ha dichiarato il
Capogruppo dei Verdi in Consiglio Regionale delle Marche
Marco Moruzzi. Quest’oggi il carburante di un nave battente
bandiera ombra (Belize) proveniente dalla Turchia con un
carico di sabbie (feldspato) destinate all’industria del
vetro è affondata ad appena due miglia dalle coste del parco
Regionale del Conero e della più preziosa spiaggia rocciosa
esistente tra il Gargano e Trieste rilasciando in mare una
chiazza di gasolio lungo un paio di miglia e largo 30 metri.
Si deve immediatamente chiudere l’Adriatico alle carrette
dei mari ed i Verdi rinnovano la loro richiesta per nuove
regole perché quelle attuali espongono le nostre coste a
rischi inaccettabili. La data di fabbricazione della nave
1966. Come al solito la prima reazione delle autorità è
quella di tranquillizzare tutti, ma usare l’argomento che
non c’è alcun pericolo perché il gasolio tende ad evaporare
è a dir poco stupefacente. Il combustibile navale è una
sostanza tossica e cancerogena, molto nociva per
l’ecosistema marino e di certo evapora in misura marginale,
tanto e vero che le norme obbligano all’immediato recupero”. |
|
|