RASSEGNA STAMPA 28.01.2003

 

MESSAGGERO
I comitati dei cittadini accusano la raffineria di inquinare un’area demaniale «Quel terreno non vi appartiene»

FALCONARA - Un piccolo inconveniente ieri pomeriggio all’interno della raffineria Api, dove si è verificata una perdita di combustibile. L’intervento immediato dei Vigili del Fuoco ha riportato però tutto alla normalità in breve tempo. Di ben altro parlano però i comitati cittadini che ieri hanno presentato le loro istanze nel corso di una conferenza stampa. «L’Api ha inquinato il suolo pubblico, che si prendano i provvedimenti necessari». Questa la posizione dei comitati di Villanova, Fiumesino e 25 Agosto nei confronti della proprietà della sponda destra del fiume Esino. Per quello che risulta ai comitati, questa zolla di terreno non risulterebbe dell’Api, bensì demaniale. Conseguenza: l’inquinamento presente avrebbe leso un’area pubblica. «Nonostante le nostre sollecitazioni sulla questione della proprietà della sponda destra del fiume (zona foce) - dicono i Comitati - il Comune di Falconara, la Provincia di Ancona e la Regione Marche tacciono incredibilmente. I Comitati, dopo più di un anno di indagini e note inviate anche al Ministero dell'Ambiente, alla Capitaneria di Porto di Ancona, all'Autorità Portuale e agli Uffici del Catasto, hanno ottenuto dall'Agenzia del Demanio di Ancona il documento che chiarisce la situazione. Nello scritto dell'Agenzia, datato 10 Ottobre 2002, si dice che: “il confine tra il demanio e la proprietà Api sulla sponda destra del fiume Esino coincide con la recinzione posta sul cordolo esterno della strada di proprietà Api parallela al fiume Esino"». I comitati spiegano che «ciò significa che la sponda destra del fiume Esino è interamente di proprietà demaniale, cioè pubblica». Per loro diverse le conseguenze. Innanzitutto «risulterebbe non vero ciò che, numerose volte, i dirigenti dell'Api hanno dichiarato in documenti ufficiali inviati agli Enti Pubblici e cioè che quella porzione di sponda dell'Esino sia terreno di proprietà Api. Inoltre, il pesante inquinamento da idrocarburi risultato dalle analisi eseguite dall'Arpa Marche su quel tratto di sponda dell'Esino ha leso un bene pubblico, contaminando un’importante porzione di territorio fuori della proprietà Api». Per questo i comitati vogliono sapere da Regione, Provincia e Comune se «il tratto di barriera di acciaio ormai conficcato dall'Api per 140 m. sulla sponda dell'Esino abbia le prescritte autorizzazioni delle opere eseguite su un bene pubblico; se hanno intenzione di disinteressarsi ancora del reale pericolo di una eventuale cessione della sponda ad opera della Patrimonio Spa, infine se ritengono di non chiarire le dichiarazioni dei dirigenti della raffineria Api circa la proprietà della sponda del fiume Esino e di non adottare a riguardo i dovuti provvedimenti».

Api via nel 2008: lo dice il Consiglio di Stato

Il rinnovo della concessione non ci sarà. Una sentenza dichiara inammissibili i ricorsi presentati dall’azienda e allontana la possibilità di una sua permanenza fino al 2020

Una vittoria per Carletti che stasera con l’architetto Bohigas presenta i progetti per il futuro di Falconara

FALCONARA - La concessione non ci sarà. Nessun rinnovo nel 2008. Il Consiglio di Stato ha infatti dichiarato «inammissibili i ricorsi presentati dall’Api Raffineria Spa e dell’Api Energia Spa avverso la sentenza del Consiglio di Stato». La stessa sentenza aveva respinto l’appello promosso dall’Api contro la sentenza del Tar Marche, che aveva accolto il ricorso del Comune di Falconara Marittima annullando la concessione all’Api Raffineria Spa rilasciata fino al 2020. Viene, pertanto, definitivamente confermata la data del 2008 quale scadenza della vigente concessione». Un bel colpo per il Comune di Falconara e per il suo sindaco, Giancarlo Carletti, che da tempo ormai va ripetendo che lui, un sogno, ce l’ha, ed è quello di una Falconara senza la raffineria. E l’aveva detto più volte, argomentando le sue scelte e invitando tutti coloro che la questione la vedevano - e la vedono - in modo diverso, a riportare la discussione su toni «sereni e ragionati». Così oggi, all’incontro con Oriol Bohigas che presenterà alla città il suo progetto per l’area a nord della città, Carletti andrà forte di una ragione in più, quella del Consiglio di Stato. L’illustrazione pubblica dei progetti di Bohigas è in programma stasera in consiglio comunale al centro Più di via Roma alle 21.00. L’intervento si innesterà sul prg di Falconara, che ridisegna per quella zona un futuro ben diverso da quello che era programmato in precedenza. Cosa è cambiato nel nuovo strumento urbanistico rispetto a quello del 1974, chiediamo a Furio Durpetti, dirigente urbanistica del Comune di Falconara? «Lo strumento urbanistico, adottato nel 1999, dopo ben venticinque anni, rivaluta il tessuto urbano della città. Infatti, rispetto al prg del 1974 sono cambiate le ipotesi di fondo del modello di sviluppo del territorio. Nel 1974 le linee di indirizzo erano incentrate sulla grande industria per cui era previsto tutto un corridoio vallivo, quello della bassa Vallesina che percorreva il fiume fino al mare. La destinazione era appunto la grande industria». L’attuale amministrazione di Falconara che direttive ha dato allora al prg 99? «Una forte connotazione di salvaguardia e difesa ambientale, fissando zone di tutela del fiume e di alcune aree non urbanizzate, come quelle collinari ed agricole di Palombina e del Barcaglione». Non si può più costruire, quindi. «In realtà costruiremo in zona del Tesoro, dove sono previsti dai 200 ai 300 alloggi per l’edilizia popolare». Perché questo strumento urbanistico non prevede una destinazione precisa dell’area ora occupata dalla raffineria? «Lì lo stabilimento, alla fine della concessione, non ci sarà più. Poi, tra circa un mese quando il prg tornerà in Comune, decideremo quando partire con un progetto-programma per la riconversione dell’area della raffineria. Intanto Bohigas col suo progetto ci dice cosa vi realizzerà attorno». Innanzitutto, secondo lui, occorre una nuova centralità urbana a Villanova attraverso la realizzazione di un porto, il by pass ferroviario con il contestuale spostamento degli scali merci e della stazione ferroviaria e il declassamento dell’attuale statale 16 a strada per il traffico locale. Sarà anche recuperata la caserma Saracini per servizi annessi al porto, mentre sarà creata una fascia boschiva di sicurezza verso Villanova, del tutto riqualificata. Bohigas non ha mai preso in considerazione lo studio dell’area Api e di cosa farvi al suo posto. E questo semplicemente perché non gli è stato chiesto. Non è stato ritenuto opportuno «certe scelte - dicono in Comune - appartengono agli enti che governano sovrani sul territorio. Solo successivamente si può pensare di passare alla fase progettuale». Da oggi è il caso di pensarci.

Carretta del mare affonda nella notte Macchia di gasolio minaccia il Conero

NUMANA - Carretta del mare affonda a largo del porto di Numana nel cuore della notte, tratti in salvo i quattordici membri dell'equipaggio. Ma è allarme inquinamento per la fuoriuscita di parte del gasolio. Ancora ieri sera tra Numana e Porto Recanati la scia di gasolio interessava circa 3 miglia di mare. Istituita in Capitaneria di porto una unità di crisi cui partecipano l'assessore regionale all'ambiente Marco Amagliani e il dirigente della protezione civile Roberto Oreficini. Informato il ministero competente che ha già emesso le direttive d'intervento. Sono forti preoccupazioni tra gli addetti ai lavori e tra gli operatori del turismo, sebbene l'idrocarburo disperso in mare non sia olio combustibile, quindi pesante, ma metano leggero che per ora ha soltanto provocato una chiazza superficiale. Equipaggio salvo, ma tutti i componenti, di nazionalità ucraina sarebbe stati denunciati e la nave sequestrata. Sotto accusa l'età della "Nicole", un mercantile in circolazione per i mari di mezzo mondo da ben 37 anni, quindi nel mirino ci sarebbero le sue condizioni e il peso del carico trasportato. Ora la nave si trova adagiata sul fondale davanti a Numana ad una profondità di 12 metri. I naufraghi hanno trascorso la notte al centro di prima accoglienza del "Benincasa", nei pressi della stazione di Ancona, ma per stanotte è previsto un alloggio più confortevole, in albergo probabilmente, in attesa del disbrigo delle pratiche burocratiche così da permettere loro il rimpatrio. La "Nicole" ha imbarcato acqua per poi colare a picco e le ipotesi sulle cause che potrebbero aver scatenato il procedimento sono tre: la vetustà della nave, un danno alla struttura dello scafo, il peso eccessivo del carico che potrebbe essersi spostato, il tutto condito dalle condizioni non certo favorevoli del mare. Già dal mattino di ieri sono al lavoro i tecnici della ditta Castalia specializzata in interventi antinquinamento in mare, a bordo della nave "Città di Ravenna". Un intervento in questa prima fase di contenimento della macchia di gasolio fuoriuscita dai serbatoi della nave. Gli esperti hanno piazzato 200 metri di panne in mare per limitare i confini della macchia. oggi è prevista la seconda fase dell'intervento. Un gruppo di sommozzatori collegherà un bocchettone per il pompaggio della nafta al serbatoio collegato con il "Città di Ravenna" che accoglierà l'idrocarburo. Purtroppo parte delle 64 tonnellate di combustibile si è già disperso in mare e anche la parte di metano trattenuta dalla panne sarà difficile da recuperare. Ancora tutto da valutare l'impatto che il combustibile disperso potrebbe provocare alle splendide coste del Conero, ma soprattutto alla flora e alla fauna marina. Il mercantile "Nicole", battente bandiera del Belize, il piccolo stato dell'America centrale, aveva già dato segnali di difficoltà nel pomeriggio di domenica, tanto che una vedetta della capitaneria di porto le si era avvicinata per un eventuale aiuto o soccorso: «Tutto bene - aveva risposto il comandante della nave - nessun problema, tra poco ripartiremo». Alle 23,48 invece alla centrale operativa della capitaneria di porto di Ancona è arrivata la richiesta di soccorso: «La nave sta affondando, correte. Noi intanto cerchiamo di mettere in mare la lancia e raggiungere la riva». Un'operazione resa ancor più complicata dal mare che nel frattempo si era ingrossato, ma per fortuna la scialuppa con le quattordici persone è riuscita a raggiungere il tratto di spiaggia proprio davanti alla piazzetta di Marcelli. Era da poco passata l'una di ieri notte. Gli ucraini erano infreddoliti, bagnati, ma stavano bene e a riva hanno trovato ad accoglierli il personale del 118 e della protezione civile che li ha rifocillati e riscaldati. Poco più tardi il gruppo è stato condotto al centro "Benincasa" di Ancona per la notte e ieri mattina di buon'ora i marinai sono stati condotti nella sede della capitaneria di porto di Ancona dove, dopo la colazione, sono iniziati gli interrogatori, intervallati dal pranzo. Audizioni rese piuttosto complicate dalle difficoltà di comunicazione visto che nessuno dei quattordici membri dell'equipaggio parlava inglese e tanto meno la nostra lingua. Il mercantile, lungo 118 metri era salapato dal porto turco di Golluk ed era diretto a Porto Levante, poco distante da Chioggia. La "Nicole" trasportava feldspato, un minerale naturale composto da parti di sodio, potassio e calcio utilizzato nella realizzazione di prodotti per il vetro, con ogni probabilità destinato ai centri specializzati della zona veneziana. Un carico piuttosto cospicuo, 3.150 tonnellate, quasi a pieno carico quindi visto che la stazza lorda della nave è di 2400 tonnellate.

Il Belize, centroamerica Ecco il regno del fai da te

ANCONA - Belize, ancor prima Honduras, come nel caso dell'Alma I, la nave fantasma attraccata nel porto di Ancona da oltre tre anni. Bandiere di Paesi esotici, quasi sconosciuti ai più, ma di certo non alla maggior parte degli armatori. E lì che si ottengono permessi per navigare come da noi si richiedere una carte d'identità. Paesi dove i registri navali sono nelle mani delle stesse famiglie di armatori e non certo, come capita per il Rina (registro navale italiano) dal ministero della marina mercantile. Equipaggi gestiti senza regole, timbri facili. Sono questi alcuni dei motivi che spingono gli armatori ad iscrivere i proprio carghi su rotte lontane anni luce. E' accaduto anche che una nave avesse diverse bandiere da utilizzare a seconda del porto in cui si era ospitati. Bandiere diverse, navi diverse, equipaggi diversi. Belize e Honduras, ma anche Antigua, Grenadine, Liberia, Malta, Panama, Cipro, Isole Cayman. Paesi lontani che ora, in riviera, evocano tutt’altro che sogni esotici.

Occorre fermare le carrette con leggi severe (corsivo di Marco Moruzzi)

Tre settimane fa avevo partecipato ad una manifestazione in alto mare durante lo scarico di idrocarburi all'isola artificiale della raffineria Api di Falconara ad opera della petroliera monoscafo Moskovski, per richiamare l'attenzione sul problema della sicurezza del trasporto navale. Il naufragio della nave “Nicole" e la fuoriuscita di una minima parte del carburante contenuto nei serbatoi (per fortuna il carico vero e proprio era costituito da minerali inerti) ha dimostrato che anche nel nostro mare i rischi sono elevati e che si deve chiudere l'Adriatico alle carrette. In condizioni di mare molto agitato, come quelle che favoriscono i naufragi, è difficile impedire la dispersione dei veleni come la formazione di una chiazza di 14 km proveniente dal relitto ha posto sotto gli occhi di tutti. Se non è facile impedire le dispersione di piccole quantità, è ancor più difficile neutralizzare le grandi quantità di una petroliera. L'Adriatico è un mare chiuso, caratterizzato da un traffico navale molto intenso e questo è uno dei fattori di rischio. Nel Mediterraneo (0,7% della superficie marina) passa il 20% del greggio di tutto il mondo. A Trieste, che è la più importante destinazione petrolifera del Mediterraneo, ogni anno giungono 36 milioni di tonnellate di greggio e 850.000 tonnellate di prodotti raffinati. La normativa internazionale consente alle compagnie assicurative, all'armatore e a chi noleggia le navi di non rispondere finanziariamente del danno ambientale provocato dai disastri ecologici. L'affondamento di un carretta normalmente si può addirittura trasformare in un affare per l'armatore che viene indennizzato del valore del carico e della nave, mentre il danno ambientale rimane a carico della collettività, in queste condizioni le carrette proliferano. Le bandiere di comodo - in questo caso il Belize - sono un altro strumento di copertura per i mandanti dei disastri annunciati. Il 40% delle navi Italiane, il 65% di quelle tedesche, l'80% di quelle inglesi, l'85% di quelle svedesi non usa la propria bandiera per evitare controlli, risparmiare sul personale e non avere responsabilità in caso d'incidenti. Per comperare una bandiera ombra bastano poche centinaia di dollari. In alcuni casi è sufficiente compiere un'iscrizione via internet. In certi casi le navi sono accettate indipendentemente dal tonnellaggio, età, nazionalità precedente, storia della nave, requisiti dell'equipaggio, degli ufficiali e della proprietà. Paradisi fiscali e paesi compiacenti concorrono al regime di immunità di cui usufruiscono il noleggiatore, l'armatore ed altri soggetti. L'Unione Europea dopo il disastro della Prestige ha pubblicato la lista nera delle 66 navi (petroliere e non) che a seguito dei controlli sono risultate a rischio, la Nicole , (fabbricata nel 1966 ed iscritta al registro navale del Belize)non era tra queste. Nuove regole e nuove procedure di controllo sono a questo punto indispensabili se teniamo al nostro mare.

Binocoli spianati da Numana a Civitanova. Cuore in gola e tanta rabbia

RIVIERA DEL CONERO - Uniti dall’ansia di un nuovo caso Prestige. Sindaci e operatori turistici tra Ancona e Porto Recanati hanno seguito con il fiato sospeso l’evolversi della situazione dopo l’affondamento della “Nicole". «Spero non si parli di chissà quale tipo di inquinamento, perché non corrisponde a realtà - esclama il sindaco di Numana Gianfranco Balducci - Il turismo ne risentirebbe, quando questo rischio non c'è». «Mi sento di rassicurare tutti, stiamo lavorando per tornare alla normalità» aggiunge l’assessore al turismo di Numana Mirko Bilò. «Non c' è alcun problema ecologico - sostiene convinto Corrado Baldazzi, segretario dell' associazione degli operatori turistici di Numana - lo sversamento è ristretto e non creerà nessun danno all' ambiente. Da parte nostra comunque faremo ogni cosa per tutelare la costa». Dello stesso avviso è Anna Rita Nicoletti, presidente dell' Associazione Riviera del Conero: «La fuoriuscita di gasolio può dirsi ormai sotto controllo. La chiazza di gasolio, ha confermato Luca Amico, responsabile della protezione del Comune di Numana, «è molto limitata e si può controllare agevolmente». A suo avviso «si dovrebbe disperdere in mare aperto, trasportata dal vento». «Quell'imbarcazione - dice Claudio Marchetti, ristoratore - che sembrava una petroliera, era lì da ieri e non andava nè avanti nè indietro. Se qui succedesse quello che è accaduto in Galizia andremo tutti a gambe all'aria. Ed è evidente che i controlli dovrebbero essere più puntuali e rigorosi». Preoccupazione anche a Porto Recanati per la macchia di carburante del cargo Nicole. Il Comune si è mobilitata dalle prime ore del mattino grazie al maresciallo Troiano che presidia l'ufficio della Guardia Costiera locale. Il geometra Toschi, responsabile del Demanio, è stato inviato sul posto, in zona Scossici, a valutare la situazione. Inoltre per tutto l'arco del pomeriggio, gli assessori hanno presieduto Palazzo Volpini. «La macchia è stata circoscritta con delle panne galleggianti e stiamo monitorando l'area» ha rassicurato il maresciallo Troiano. Ma le autorità locali non sono certo tranquille. L'assessore al turismo Piscitelli è speranzoso nonostante le dimensioni di 7 miglia di lunghezza e di 40 metri di larghezza dell'area con il gasolio e afferma che «dobbiamo solo aspettare per sapere se c'è danno ambientale». Il sindaco Fabbracci però rassicura: «La situazione è sotto controllo. La macchia che staziona davanti la costa portorecanatese si sta allontanando ed è sempre monitorata dagli organi competenti».

«D’Ambrosio, blocca chi non è in regola» I No Global: «Fai come in Veneto». Forza Italia: «Riferire in Consiglio»

ANCONA - Reazioni a catena di fronte al naufragio della “Nicole". Quella più netta arriva dai no global, chiedono alla Regione Marche una legge che vieti il passaggio delle carrette del mare di fronte alle nostre coste. Per i Disobbedienti delle Marche quel che è accaduto è l' «ennesima dimostrazione di quanto superficiali e inattendibili siano le parole spese dalla giunta regionale nei confronti della cura dell'ambiente nelle Marche. È inaccettabile - scrivono - la leggerezza con cui la Regione si pone nei confronti della tutela del mare Adriatico prospiciente le nostre coste». Di qui la richiesta di una legge regionale che «impedisca a qualsiasi mercantile a scafo singolo di attraversare il nostro mare, proprio come fatto dalla giunta del Veneto». Il Wwf rilancia l'allarme contro il rischio di una catastrofe ambientale nel Mare Adriatico, a meno di un mese dall'ultima azione dimostrativa in occasione del transito della petroliera Moscovskij. «L'incidente alla “Nicole" - afferma una nota - dimostra, ancora una volta, come le coste e il turismo marchigiano corrano rischi reali di catastrofe ecologica». L'associazione ambientalista torna a chiedere «con forza al governo regionale e al governo nazionale di attivarsi, insieme ai paesi che insistono sull'Adriatico, per impedire il transito di navi non sicure». Per l’assessore provinciale all’ambiente Massimo Binci «questo naufragio rappresenta un modello impressionante della dinamica di un naufragio con dispersione in mare di petrolio, e di come in poche ore possano essere interessati tratti particolarmente estesi del nostro territorio». Cosa sarebbe successo, si chiede Binci, «se fosse affondata una di quelle petroliere monoscafo che riforniscono la raffineria Api o trasportano altri carichi pericolosi lungo l'Adriatico? Un evento del genere manderebbe sul lastrico l'intera economia del turismo del mare e della pesca della provincia di Ancona e di gran parte delle Marche». E questo, ha aggiunto, «è un rischio che non si può sopportare». Il gruppo consiliare regionale di Forza Italia ha rivolto un'interrogazione alla giunta per sapere quali provvedimenti «urgenti e straordinari» ha assunto per fronteggiare l'emergenza dell'affondamento della nave Nicole davanti a Numana, sollecitando anche che di questa situazione si discuta nella prossima seduta del consiglio regionale, con una specifica comunicazione. Per il presidente del Parco del Conero Mariano Guzzini servono precauzioni drastiche, come quelle che negli Stati Uniti, «dopo un disastro ecologico che tutti ricordiamo, hanno blindato le coste Usa». Leggi e mezzi repressivi del Mediterraneo invece «non sono di eguale robustezza».

Amagliani e Casagrande nell’unità operativa «Situazione grave»

ANCONA - «Non temiamo il disastro ecologico ma quale che sia il livello di pericolo non abbasseremo la guardia». L'assessore regionale all'ambiente delle Marche Marco Amagliani, che ha attivato insieme alla Capitaneria di porto un'unità di crisi sull'affondamento della “Nicole", e l’assessore della Provincia di Ancona Patrizia Casagrande, che ha seguito in tempo reale l’evolversi della situazione, hanno ribadito che secondo gli esperti il gasolio fuoriuscito dalla nave dovrebbe essere in parte eliminato dalle correnti (mentre il resto si cercherà di pomparlo via). La vicenda tuttavia, sottolinea Amagliani «resta grave». «Ormai sono troppo frequenti i casi di carrette che solcano i mari, con gravi rischi per la navigazione e l'ambiente» aggiunge la Casagrande. L’assessore regionale Amagliani invoca «una decisa e drastica regolamentazione internazionale e nazionale dei commerci marittimi, che metta in sicurezza i mari, specialmente quelli piccoli e chiusi come l'«Adriatico». «La Regione - ricorda Amagliani - già dopo la vicenda della petroliera Moskovskij Festival, bandita dalla Spagna perché troppo vecchia e senza doppio scafo, ma che scaricò normalmente olio grezzo all'Api di Falconara e poi a Monfalcone, si è mossa a livello nazionale e internazionale perché venga attivato il Programma Agis 2003. Un protocollo per il consolidamento a livello europeo di reti di controllo, informazione e divulgazione dei dati e delle esperienze fra i vari paesi».

 
IL RESTO DEL CARLINO
"Concessione fino al 2008". Inammissibili i ricorsi Api

FALCONARA — L'anno 2008 sarà quello in cui scadrà la concessione della raffineria Api. A comunicarlo con una nota ufficiale è lo stesso Comune di Falconara che ha appreso la notizia nel tardo pomeriggio di ieri. Il Consiglio di Stato ha dichiarato «inammissibili i ricorsi presentati dall'Api raffineria Spa e dall'Api Energia Spa». La stessa aveva respinto l'appello promosso dall'Api contro la sentenza del Tar Marche, che a sua volta aveva accolto il ricorso del Comune falconarese annullando la concessione rilasciata fino al 2020. E' stata, pertanto, definitivamente confermata la data del 2008 quale scadenza della vigente concessione. Una diatriba quella tra Comune e raffineria senza fine. Da un lato la incompatibilità con il territorio falconarese dall'altro l'esigenza del mantenimento dei livelli occupazionali. Gli ultimi confronti risalgono alla settimana scorsa. Organizzazioni sindacali e Rsu aziendali hanno svolto una serie di incontri per ribadire e sostenere a gran voce la valenza di un impianto come quello dell'Api non solo per la città di Falconara ma per l'intero territorio marchigiano. Più di duecento, tra operai e ingegneri, hanno puntualizzato il ruolo strategico svolto dalla centrale Igcc e all'unisono hanno sottolineato l'importanza di salvaguardare i posti di lavoro. Al tempo stesso hanno rimarcato come il progetto di rilancio dell'area (un polo turistico, con alberghi e strutture ricettive) sia deficitario rispetto al mantenimento dei posti di lavoro. Ma le battaglie al grande impianto, accolto inizialmente perché rappresentava l'industria e quindi il lavoro per molte persone, hanno coinvolto e poi visto schierati tanti cittadini, categorie produttive e partiti politici. Tutti mantenendo la propria linea. «Questa sentenza — ha detto il sindaco Carletti — rappresenta una conferma di quanto con passione civile si è contestato fino ad oggi».

L'esperto di tossicologia: «Paura del gasolio ma preoccupa anche l'effetto del feldspato»

ANCONA — Più che il carico di feldspato è la fuoriuscita di gasolio a destare al momento le maggiori preoccupazioni degli esperti. Tutto dipenderà dall'entità del danno e dall'impatto di questa sostanza inquinante con l'ambiente marino, su cui saranno necessarie delle tempestive verifiche. Lo sottolinea il professor Francesco Regoli, docente di tossicologia e valutazione di impatto ambientale alla facoltà di Scienze dell'università di Ancona, secondo il quale la vicenda non è affatto da sottovalutare. «In gioco — dice il professore — non c'è solo l'effetto diretto che queste sostanze oleose hanno sull'ecosistema, ma pure quello indiretto derivante dalla trasmissione futura degli idrocarburi nei microrganismi». Ma finché i tecnici non avranno prelevato l'intero carico di Feldspato dalla nave "Nicole", anche questa sostanza è da prendere con le molle. E non va scartata alcuna ipotesi. Assieme al professor Regoli abbiamo provato ad analizzarle tutte. Innanzitutto chiariamo cos'è il feldspato. «Si tratta — spiega Regoli — di un minerale costituito da silicati e ossidi di alluminio, che si utilizza per la composizione del vetro o della ceramica. In genere non si lo si può considerare come sostanza tossica, ma esistono anche alcune specie di feldspato che sono associate all'arsenico e che possono risultare molto pericolose. Ma al di là di questo — precisa Regoli — degli effetti nocivi per il nostro mare potrebbero ugualmente esserci, sempre ammesso che il carico della "Nicole" finisca per rovesciarsi in acqua. In quel caso avremmo due tipi di conseguenze. La prima è la semplice sedimentazione del feldspato sul fondale marino, che determinerebbe un soffocamento della vegetazione e dei pesci che si trovano in quella zona. Il secondo è un effetto di tipo tossicologico, che si può distinguere tra diretto o indiretto. Diretta è quella contaminazione che viene provocata da sostanze pericolose, come appunto l'arsenico, attraverso la rete trofica, ovvero con la trasmissione delle sostanze inquinanti mediante l'alimentazione degli organismi marini. Indiretto, invece, — precisa ancona Regoli — è l'effetto che il feldspato provoca nei confronti dell'acqua, alterandone sia la torpidità, sia l'acidità». Dei rischi, insomma, ci sono e per scongiurarli, dice Regoli, sarà bene effettuare degli accurati controlli.

La Capitaneria di porto aveva fiutato qualcosa di strano

NUMANA — La Capitaneria di porto aveva fiutato qualcosa di strano. Quel cargo, battente bandiera del Belize, viaggiava troppo sotto costa domenica pomeriggio, al largo di Numana. Tanto che una motovedetta si era avvicinata e aveva chiesto all'equipaggio se avesse qualche problema. «Tutto ok» si sono sentiti rispondere. Ma gli uomini della guardia costiera avevano ragione di sospettare. Erano le 23.48 quando alla centrale operativa della capitaneria di Ancona, il comandante della «Nicole» ha lanciato il «may day». Il cargo imbarcava acqua a volontà. Nel giro di pochi minuti la nave carica di 3150 tonnellate di feldspato, un minerale impiegato nella lavorazione del vetro, ha iniziato a colare a picco ad un miglio e mezzo a nord ovest del porto di Numana. I quattordici membri dell'equipaggio, tutti ucraini, 13 uomini e una donna, si sono messi in salvo da soli. Hanno gettato in mare una lancia e, assistiti dalla motovedetta Cp839 della Capitaneria dorica, sono riusciti a raggiungere la spiaggia di Marcelli di Numana. Sono tutti in buone condizioni. Dal cargo che lentamente si inabissava, è però cominciato a fuoriuscire gasolio in abbondanza. La notte ha complicato tutto. Difficile anche alle luci delle motovedette, poter individuare l'estensione del carburante che stava fuoriuscendo dai serbatoi. Ieri sera la chiazza oleosa in superficie, trasportata dal moto ondoso verso sud, era arrivata a lambire lo specchio di mare davanti Civitanova. L'estensione della macchia di nafta, verso le estremità iridescente e volatile, è larga una quarantina di metri e lunga circa sei km. E' stata circoscritta con delle panne galleggianti adagiate in mare dal rimorchiatore Città di Ravenna, giunto nelle prime ore del mattino e costantemente monitorata da mare con una motovedetta della Capitaneria e dall'alto tenuta sotto controllo da un velivolo della guardia costiera di Pescara. La Nicole si è adagiata in pochi minuti sul fondale, in quel punto molto basso (appena dodici metri). Ieri mattina, dall'acqua affioravano la ciminiera e il pennone di prua. Nell'aria un forte odore di nafta. Il relitto può essere d'ostacolo alla navigazione. La sua presenza è stata segnalata con un avviso ai naviganti. Lunghe e complesse le operazioni di recupero dell'imbarcazione lunga 108 metri, larga 13, con una stazza di 2046 tonnellate. La Capitaneria ordinerà all'armatore, la società greca Barrier Marine Management di rimuovere il relitto. In caso di inadempienza dovrà intervenire lo Stato. I marittimi si erano imbarcati nel porto turco di Gulluk. A bordo del cargo carico di feldspato avrebbero dovuto raggiungere Porto Levante, nei pressi di Rovigo. Non ci sono mai arrivati. Chissà perché la loro imbarcazione si è inabissata prima. Gli ucraini, una volta giunti in spiaggia, sono stati accolti e rifocillati dai sanitari del 118 e da personale militare dell'ufficio marittimo di Numana e della delegazione di spiaggia di Porto Recanati. Poi, con un mezzo della Marina, hanno raggiunto Ancona dove la Prefettura aveva già predisposto la loro accoglienza nell'ex Benincasa. Ieri mattina l'equipaggio, con in testa il comandante Anatolii Nokhrin, 63 anni, russo, sono stati ospitati negli uffici della guardia costiera. Assistiti da un legale, sono stati interrogati da un ufficiale della Capitaneria che sul naufragio ha aperto un'inchiesta. Le operazioni della guardia costiera di Ancona sono state rapidi ed efficaci domenica notte ed hanno probabilmente scongiurato un disastro ambientale. Una motovedetta ed un rimorchiatore hanno raggiunto il punto in cui si è inabissata la Nicole. E da quel momento non l'hanno mai persa d'occhio. Oggi una nave d'appoggio specializzata, la Micoperi, proveniente da Ortona, tenterà con dei sommozzatori di succhiare tutto il combustile rimasto nei serbatoi, circa 64 tonnellate. Sul naufragio della Nicole restano mille interrogativi.

"Al momento non ci sono indagati"

ANCONA — «Al momento non ci sono indagati». Il comandante della Capitaneria di porto dorica Agostino Izzo è limpido come il cielo che si scruta dalla sua finestra, negli uffici della guardia costiera. «Abbiamo aperto un'inchiesta amministrativa — ha spiegato — per accertare le cause del naufragio del Nicole. Siamo nelle fasi preliminari. Ora stiamo ascoltando i membri dell'equipaggio. Stiamo cercando di capire cosa è successo». I 14 ucraini rischiano una denuncia per violazione delle norme di ancoraggio. La loro imbarcazione, già attorno alle 16.30 era appruata poco al largo di Numana. Tante le cose da chiedersi. Perché navigava così sotto costa? E' vero che il may day è stato lanciato troppo tardi? E' vero che se avessero chiesto aiuto prima alla guardia costiera si sarebbe potuto evitare lo sversamento di carburante in mare? Hanno cercato di depistare fino all'ultimo le autorità marittime italiane negando che l'imbarcazione si trovasse in difficoltà? Di certo si sa che la Nicole non presenta falle. «Allo stato attuale — spiega Izzo, coadiuvato dal comandante in seconda Orrera — siamo in grado di dire che non ci sono state collisioni». Ma allora se non è stata una falla a favorire l'afflusso di acqua sulla nave, cosa è potuto accadere? Probabilmente il boccaporto di prua era stato chiuso male. A quel punto l'equipaggio potrebbe aver provato a pompare l'acqua che stava entrando, ma non ci è riuscito. L'aumentare del moto ondoso ha poi peggiorato la situazione. La Nicole ha un pescaggio di 5,50 metri. Sul livello del mare è alta 10-12 metri. Si è adagiata su un fondale molto basso. Oggi la zona del naufragio verrà raggiunta anche dalla motonave Micoperi della società Castalia che giungerà da Ortona. I sommozzatori attaccheranno delle manichette ai tubi di sfogo dei serbatoi per succhiare il gasolio rimasto: si conta di aspirare più del 70 per cento del combustibile con un solo viaggio. Il problema è se il cargo è in grado di reggere. Il mare, il suo compito l'ha già svolto. La chiazza di nafta si sta estendendo verso sud. E dai serbatoi continua ad uscire «veleno».

Gli interrogativi si addensano

NUMANA — Gli interrogativi si addensano minacciosi su quel che ne resta della «Nicole», la nave cargo affondata domenica notte al largo di Numana. Perché questa vecchia imbarcazione, costruita 37 anni fa a Rostov, in Russia, è colata a picco in così poco tempo? Ma soprattutto perché viaggiava così sotto costa, tanto da destare domenica pomeriggio l'attenzione da terra di due carabinieri? I militari si erano accorti che c'era qualcosa di strano. Così hanno segnalato il fatto alla Capitaneria di Porto di Ancona che in pochi minuti ha inviato al largo del Conero, a circa due miglia dalla costa, una motovedetta per sincerarsi che tutto stesse andando per il verso giusto. Ma l'equipaggio ucraino ha rassicurato i marinai italiani. «Tutto ok». Ed invece probabilmente i problemi erano già iniziati ad emergere. Probabilmente la Nicole aveva già iniziato ad imbarcare acqua. Evidentemente l'equipaggio, composto da marittimi esperti in lunghe traversate, pensava di poter far fronte all'emergenza con i suoi mezzi, pompando pian piano l'acqua. Ma non è riuscito nell'impresa. Le condizioni del mare non erano particolarmente disagiate (il mare era forza due-tre). La notte ha rinforzato «ma le condizioni meteo-marine — ha spiegato il comandante della Capitaneria di Porto di Ancona Agostino Izzo — non possono giustificare un sinistro di questo genere». Ma allora cosa è accaduto? Perché la Nicole si è inabissata al largo della riviera del Conero? I marittimi ucraini domenica notte hanno avuto il tempo materiale per mettersi in salvo. Sono stati loro ad accorgersi che il cargo carico di 3150 tonnellate di feldspato stava imbarcando acqua ed hanno lanciato il may day alla sala operativa della guardia costiera. Così hanno gettato in mare una lancia. Agli ufficiali della Capitaneria che ieri pomeriggio li hanno interrogati, alla presenza del loro legale, l'avvocato Maurizio Mauro di Ravenna, il comandante russo Anatolii Nokhrin ha raccontato che le operazioni di salvataggio si sono svolte in condizioni di tranquillità. Un rimorchiatore e la motovedetta Cp 839 della Capitaneria di porto dorica, hanno scortato i naufraghi fino alla spiaggia di Marcelli di Numana. Una volta sbarcato, l'intero equipaggio, tredici uomini e una donna, impiegata a bordo come cuoca, è stato subito accolto nei locali dell'ufficio marittimo di Numana. Si è subito messa in moto la macchina della protezione civile. La Prefettura è stata immediatamente informata dell'accaduto e ha predisposto un centro di prima accoglienza, l'ex Benincasa di Ancona. Nel frattempo anche grazie ai sanitari e ai volontari del 118, gli ucraini sono stati rifocillati e riscaldati. Si è subito capito che a quel punto il problema non era più il carico umano, ma quello che la nave avrebbe potuto «vomitare» in mare. Fortunatamente le tonnellate di feldspato sono rimaste stivate. E' invece fuoriuscito gasolio, quello che al cargo battente bandiera del Belize serviva per la trazione. la parte più dura delle operazioni di recupero arriva adesso, anche se dalla Capitaneria di Porto fanno sapere che la situazione è sotto controllo. Gli ucraini restano ad Ancona, a disposizione dell'autorità marittima che ha già iniziato ad ascoltare la loro versione dei fatti. La storia convince poco.

La Moskovskij

A fine dicembre un altro illustre precedente. Quello della petroliera «Moskovskij Festival». Sull'onda di indignazione e polemica scatenata dal disastro della «Prestige», in Galizia, suona l'allarme sulle coste doriche. Le autorità iberiche e francesi rifiutano la nave, a monoscafo, e allertano anche la Marina Militare italiana. La nave, diretta alla raffineria Api di Falconara, sbarca nella costa dorica all'inizio di questo mese, il 2 gennaio, preceduta da polemiche lanciate da politici e albergatori. Il giorno dello sbarco è anche quello della grande protesta degli ambientalisti, che innalzano striscioni e raggiungono l'imbarcazione alla prima isola artificiale di Falconara. La nave passa lo stesso. Tanto rumore per ottenere nulla. Ieri, l'altro grande allarme. E proprio in seguito al naufragio del cargo 'Nicole', di ieri notte, il deputato dei Verdi alla Camera, Marco Lion, ha diffuso una mozione sui possibili danni dovuti al transito di grosse imbarcazioni con oltre 15 anni di anzianità. «L'Adriatico — spiega Lion — per la sua particolare conformazione di mare chiuso, è particolarmente vulnerabile, e ci vorrebbero almeno 100 anni per rinnovare le sue acque».

Da mezzo secolo un mare di allarmi

ANCONA — La vicenda di questa notte è solo l'ultima di una lunga serie, che parte dai lontani anni '60 ed arriva fino ai giorni nostri.

Nel gennaio di due anni fa, infatti, la nave mercantile croata «Nautika 64» si rovesciò a 38 miglia dal porto di Ancona, provocando la morte di quattro membri dell'equipaggio.

Affonda la Photos - Ma per trovare un episodio davvero molto grave, con decine di morti bisogna ritornare indietro di ben 41 anni, al freddissimo marzo del 1962, quando la nave mercantile «Photos», battente bandiera albanese, si imbatté in una terribile tormenta di neve a poche miglia dalla costa e si rovesciò all'altezza dello scoglio delle «Due sorelle». Ne dà lucida testimonianza il novantaduenne Arturo Mengassini, che all'epoca gestiva uno stabilimento balneare al Passetto. «Ricordo che c'era un vento da nord molto teso — racconta — e un mare grosso come non l'avevo mai visto. A terra ben 40 centimetri di neve. Quella nave aveva fatto un carico di legname nei pressi del Mar Nero e si dirigeva ad Ancona per il suo ultimo viaggio. Tuttavia — continua Mengassini — il battello era talmente sovraccarico che il comandante si rifiutò di assumere quell'incarico, che venne preso da un suo collega di soli trentasei anni». La nave, secondo la ricostruzione del testimone, sarebbe andata in difficoltà proprio quando era nelle vicinanze del porto, a causa sia del rinforzo del vento, che del rallentamento dei motori necessario all'attracco. «Verso le 2.30 o al massimo le 3 di notte — prosegue Mengassini — quando un gran boato svegliò Barbadoro, il guardiano della cava di Davanzali. Uscito per vedere cos'era accaduto, notò due sagome scure arrancare verso la riva. Erano tre marinai che stavano cercando di mettersi in salvo a terra. Lui li prese e mentre li rifocillava mandò il nipote ad avvertire i carabinieri perché provvedessero alle operazioni di salvataggio: ancora non si sapeva se in mare c'erano altri uomini in difficoltà». In realtà molti di loro stavano morendo, proprio in quelle ore, schiacciati dai pesanti legnami sparsi nell'acqua e sui quali alcuni cercavano con difficoltà di camminare per raggiungere la costa. Su 22 membri dell'equipaggio, ne morirono ben 12. Salvo per miracolo

Due anni dopo fu la volta del peschereccio di Vittorio Micucci che si rovesciò durante un temporale l'8 giugno 1964. In questo caso fu proprio il relitto di una nave da carico, il «Sun Rise», affondata due o tre anni prima, davanti al porto dorico, a salvare la vita al naufrago. «Mi trovavo in acqua ormai da sei ore — racconta Micucci — mentre la corrente mi trascinava alla deriva, vidi di fronte a me il relitto di quella vecchia nave. Mi feci il segno della croce pensando che ci sarei andato a sbattere. E invece fu la mia salvezza, perché riuscii ad aggrapparmi ad un paranco e vi rimasi attaccato finché non arrivarono i soccorsi dei vigili del fuoco».

 
CORRIERE ADRIATICO

L'attacco dei comitati “La sponda destra dell'Esino è di proprietà demaniale"

Spuntano documenti che contraddicono le affermazioni della raffineria

"La sponda destra dei fiume Esino, zona foce è interamente proprietà demaniale, cioè pubblica". Cartina alla mano i rappresentanti dei comitati di Fiumesino, Villanova e "25 agosto" mostrano i risultati di una lunga ricerca effettuata presso l'Agenzia del Demanio e citano il documento datato 10 ottobre 2002 al protocollo n.2002/5806/626 FAN nel quale è scritto che "il confine tra il demanio e la proprietà Api sulla sponda destra del fiume Esino coincide con la recinzione posta sul cordolo esterno della strada di proprietà parallela al fiume". "Nonostante le numerose sollecitazioni sulla questione della proprietà e le note inviate al ministero dell'ambiente, alla capitaneria di porto e Authority, Comune, Provincia e Regione hanno fatto finta di nulla". Così i portavoce Loris Calcina e Massimo De Paolis. "Quindi - proseguono - ci siamo mossi da soli nonostante il totale isolamento istituzionale e le conclusioni sono davvero gravissime, infatti c'è da riconsiderare tutta la vicenda patrimoniale". In pratica, secondo i comitati, alla luce dei nuovi documenti risulterebbe non vero ciò che i dirigenti dell'Api hanno più volte dichiarato e scritto, cioè che quella porzione di sponda dell'Esino nei pressi della foce è terreno di proprietà della raffineria. "L'area è demaniale - sostengono tra l'altro i portavoce dei comitati cittadini - quindi il pesantissimo inquinamento da idrocarburi risultato dalle analisi chimiche eseguite su campioni di terra acqua prelevati dall'Arpa Marche ha leso un bene pubblico, ha contaminato una importante porzione di terreno fuori della proprietà Api. Insomma le parole dei dirigenti della raffineria, i quali hanno sempre sostenuto che l'inquinamento da idrocarburi è circoscritto alla zona su cui sorgono gli impianti vengono clamorosamente smentite dai fatti e da un organo pubblico dello Stato". Nel marzo del 2001 l'Arpa ha rilevato nei campioni di terreno esterni alla recinzione della raffineria qualcosa come 15.438 mg/kg di idrocarburi contro un limite massimo per i siti ad uso industriale (secondo il D.M. 471/99) di 250 mg/kg ed in un'altra zona sempre prossime al confine con l'impianto di raffinazione 505 mg/kg e 490 mg/kg. Altissimi anche i valori degli idrocarburi totali rilevati nell'acqua. “Adesso - affermano Calcina e De Paolis - i tre enti ci debbono alcuni chiarimenti, prima di tutto riguardo le dichiarazioni dei dirigenti Api, e poi se il tratto di palancolata ormai conficcato per centoquaranta metri nel fiume ha le prescritte autorizzazioni necessarie per le opere eseguite su un bene demaniale pubblico". Accusati su un manifesto, affisso nei giorni scorsi, di disinteresse nei confronti della sorte di un bene pubblico, il sindaco Giancarlo Carletti, ed il presidenti di Provincia e Regione, Enzo Giancarli e Vito D'Ambrosio, sono ancora una volta tirati in causa. E questa volta con la forza dei comitati dei cittadini di Falconara i quali chiedono un intervento definitivo e chiarificatore che "elimini il pericolo di una eventuale e del tutto inopportuna cessione della sponda ad opera della Patrimonio spa".

Il consiglio di Stato dà ragione al Comune

Concessione all’Api, va avanti la polemica Assindustria-Ds "Tutta questa pressione per il nuovo Prg serve per avere vantaggi nei tavoli di concertazione. Rivediamo gli indirizzi strategici, sono dannosi"

Le cisterne continuano ad infuocare il dibattito. Si levano ancora alte le fiamme di botta e risposta sullo sfondo della dichiarazione di inammissibilità da parte del Consiglio di Stato dei ricorsi presentati da Api raffineria e Api Energia Spa in tema di rinnovo della concessione. Per la quale viene in sostanza confermata la data di scadenza: 2008. A riaccendere la miccia di questa specie di tutti contro tutti che si è scatenato all'ombra del petrolchimico è Assindustria. Che riprende la parola per replicare a un recente intervento del segretario cittadino dei Ds il quale aveva accusato gli industriali di fare confusione nei ruoli e nelle competenze. "Un maldestro tentativo - a parere di Assindustria - di etichettare un'organizzazione con un approccio vetero politico". Di più. Gli industriali scorgono la volontà “di distrarre l'attenzione per evitare di rispondere agli interrogativi che gli imprenditori di Falconara pongono da troppo tempo all’amministrazione". E che si concentrano sulla necessità per il bene della città di salvaguardare la realtà produttiva dell'Api. A dare credito a questa tesi viene chiamato in causa l'architetto Bohigas, atteso oggi per presentare il suo progetto. "Non e un caso che abbia riconosciuto la compatibilità urbanistica della raffineria con la città", e l'abbia considerata "un elemento in grado di contribuire al mantenimento dello sviluppo cittadino e uno strumento per rendere fattibile proprio l'obiettivo strategico del prg". A proposito di piano regolatore, Assindustria chiede, “a nome di tutti gli imprenditori di Falconara, e non solo", perché "considerato che il prg attualmente in vigore è quello del 1974, si preme così tanto e proprio ora per una rapida approvazione di quello nuovo, che è stato presentato nel '99". E bolla “tutta questa pressione", abbozzando una risposta, come frutto di "motivazioni politiche che scavalcano il reale benessere della cittadinanza" e come il "tentativo di precostituirsi dei vantaggi sui programmati tavoli di concertazione". L'associazione degli industriali guarda avanti, assume un atteggiamento di apertura nei confronti dell'amministrazione comunale, e chiede di tornare a discutere gli indirizzi "che si vorrebbero imporre al piano regolatore", che a suo giudizio “costituirebbero un danno irreparabile per la città di Falconara e per chi vi opera e chi vi lavora". E propone di "delineare insieme con tutte le parti coinvolte gli strumenti per la valorizzazione fattibile della città". In fondo viene espressa l'esigenza di rimettere al centro i contenuti. Perché "le scelte del futuro devono essere fondate su elementi concreti e noti, non su cavilli intorno alle date". E se, come più volte ribadito dal sindaco Carletti, l'insediamento di un'attività produttiva non può cozzare con la strategia di sviluppo della città, è pure vero, concludono gli industriali, che "il prg non può ignorare le esigenze degli operatori economici sul territorio, pena la decadenza del tessuto locale".

 
LA SICILIA
Enichem, la nostra Caporetto

Riflessioni su un disastro annunciato

C'è una piazza a Milano, restaurata da Gae Aulenti qualche decennio fa, che contiene in sé gli elementi di quella che si potrebbe chiamare l'ironia involontaria della metafora. E' Piazza Cadorna, dove il nome riporta a un disastro storico, essendo stato il Cadorna il generale di Caporetto. Viene da pensare a quanto è accaduto in queste ultime settimane nella disastrata vita sociale e politica della provincia di Siracusa. Perché è Caporetto il disastro ambientale venuto alla luce attraverso la vicenda Enichem. Caporetto perché come nella Caporetto della storia era nota a tutti la inadeguatezza del nostro esercito, e il tacerlo fu colpevole omissione, se non peggio, così era nota a tutti la situazione ambientale della zona industriale, con le morìe dei pesci e le malformazioni dei bambini e i tumori in numero fuori dalla norma e le leucemie allarmanti. Tutto questo era noto a tutti, e che sia finalmente esploso è appunto la nostra Caporetto. Veniamo ora all'intrico, al nodo che lega tra di loro i poteri che avrebbero dovuto vigilare e non hanno vigilato, impedire e non hanno impedito, fermare e non hanno fermato, governare e non hanno governato. Non parliamo solo dei Comuni o dei sindacati o della Provincia o dei vari Enti dai nomi strani che si ramificano per tutto. Parliamo anche dell'Asl che avrebbe dovuto avere l'occhio attento alla salute dei cittadini e non l'ha avuto, o se lo ha avuto ha fatto presto a chiuderlo. Non intendiamo fare discorsi complicati, e cerchiamo di mantenerci dentro la cartesiana certezza del buon senso che che possiedono tutte le persone semplici e per bene. Ma qualcuno dovrebbe pure spiegare come è possibile che: a) una Asl avvii negli anni scorsi una indagine epidemiologica, che ha poi ottenuto ampi riconoscimenti scientifici, che mette in luce gli elementi di allarme su cui ora tutti si stracciano le vesti; b) si trovi ad avere come suo massimo dirigente sanitario, e poco prima che esploda lo scandalo, il responsabile primo di questa indagine epidemiologica, e quindi lasci intendere che vuole porre questo problema come filosofia del suo intervento a tutela della salute pubblica; c) fa quindi fuori questo dirigente proprio quando ce ne sarebbe stato più bisogno, inventandosi ogni sorta di pretesti che appaiono tali anche ai gonzi. E qualcuno dovrebbe anche spiegare com'è possibile che l'Asl, in presenza del disastro, decida di lasciarsi guidare dalla filosofia del "registro" opera di quel tale dirigente, poi però non solo non lo reintegra nel suo incarico ma neanche lo inserisce nella "Commissione" formata per utilizzare il "registro".

L'inchiesta sui rifiuti tossici.

Oggi il primo Riesame i restanti 17 il 4 febbraio

Da questa mattina, i giudici del Riesame inizieranno ad occuparsi delle istanze presentate dai difensori dei diciotto indagati colpiti dai provvedimenti coercitivi, e in carcere e agli arresti domiciliari, emessi dal Giudice per le indagini preliminari Monica Marchionni su richiesta dei pubblici ministeri Roberto Campisi e Maurizio Musco. L'esame delle diciotto istanze da parte collegio unico del Tdl, inizierà con quella presentata dall'avvocato Ettore Randazzo in favore del funzionario della Provincia regionale di Siracusa, Alfio Caceci. Tutte le rimanenti diciassette istanze, presentate dal professore Enzo Musco e dagli avvocati Ezechia Paolo Reale, Francesco Favi, Orazio Consolo e Francesco Fazzino, verranno invece prese in esame il prossimo 4 febbraio. Per questa data è stata, infatti, disposta la citazione dei direttori Enichem e Polimeri Europa Giuseppe Rivoli, Gaetano Claves e Giuseppe D'Arrigo Genitori, del responsabile ambiente e sicurezza Enichem Giuseppe Farina, degli addetti alla tenuta dei registri Franzo Miano e Luigi Russo, tutti ancora rinchiusi nella casa circondariale di Cavadonna, nonchè dell'ingegnere Luciano Adamo, che, dopo le sue ammissioni, è stato ammesso al beneficio degli arresti domiciliari. E dovranno pure presentarsi, qualora lo desiderano, anche i dieci indagati colpiti sin dal primo istanza dalla misura alternativa degli arresti domiciliari. E cioè, Sebastiano Basile, Pietro Calì, Corrado Rogas, Marcello Muzzicato, Salvatore Terrana, Marcello Altavilla, Piergiorgio Sedda, Francesco Ognibene e Sebastiano Nicolosi. A entrambe le sedute camerali prenderà parte anche il sostituto procuratore Maurizio Musco che, a tutte le istanze sin qui presentate dai difensori tese ad ottenere la revoca delle misure coercitive, ha dato parere negativo. Il titolare dell'inchiesta sul traffico dei rifiuti tossici, ha anticipato che si batterà per il rigetto delle istanze difensive.

 
CORRIERE DELLA SERA
Parco del Conero, affonda carretta del mare

Aveva un carico di 3.100 tonnellate di sostanze chimiche. Il mercantile era stato dichiarato sicuro dai greci pochi giorni fa

La «Nicole» s’inabissa in Adriatico: chiazza di gasolio lunga 13 chilometri. «A picco per i buchi nello scafo»

ANCONA - Non è il Prestige e non siamo in Galizia. Ma per una notte le coste dell’Adriatico hanno vissuto lo stesso incubo. Domenica 26 gennaio, ore 23.48: arriva alla centrale operativa della Guardia costiera di Ancona l’Sos della motonave Nicole, sta per affondare a tre chilometri e mezzo al largo di Numana, su uno dei tratti più belli della Riviera del Conero e del suo parco regionale. I soccorsi sono immediati e l’equipaggio, tredici uomini e una donna, tutti di nazionalità ucraina, vengono raggiunti già a bordo della lancia e portati a terra. L’imbarcazione trasporta 3.150 tonnellate di feldspato, un minerale a base di potassio, sodio e calcio usato per la lavorazione del vetro e ritenuto di nessun impatto ambientale. Il pericolo, però, lo rappresenta il gasolio: la Nicole ne può contenere 64 tonnellate e ha fatto il pieno nel Pireo (era partita da Gulluk, in Turchia). Una parte del combustibile trasborda fino a formare una chiazza come una fiamma, larga quaranta metri, che ieri in serata si allungava già per 13 chilometri verso Macerata. Le associazioni ambientaliste sono immediatamente intervenute protestando per il mancato adeguamento delle leggi italiane alle più recenti direttive europee che vietano la navigazione alle imbarcazioni con cisterna monoscafo e più di 15 anni di età. Ma Legambiente, Wwf, Verdi, Disobbedienti e Udeur hanno chiesto la chiusura dell’Adriatico alle «carrette dei mari». Mentre Greenpeace ha ricordato il problema delle bandiere di comodo, che rendono difficile risalire al responsabile di eventuali disastri ambientali. Nicole invece si è presentata nelle nostre acque con le carte in regola: documenti di bordo aggiornati al 3 gennaio 2003, quando in Grecia sono stati firmati i suoi certificati di sicurezza. Bandiera del Belize, armatore liberiano, gestore greco, equipaggio ucraino, 108 metri di lunghezza, lo scafo è stato costruito in Russia, 37 anni fa. Tuttavia, secondo i funzionari della Guardia costiera che hanno avviato l’indagine amministrativa, la non più «giovane» età di Nicole non è una ragione sufficiente per giustificare il suo affondamento. E la dinamica del naufragio lascia alcuni punti poco chiari. La prima segnalazione su eventuali difficoltà a bordo, per esempio, arriva da un carabiniere di pattuglia sul lungomare che domenica pomeriggio nota Nicole ferma, in evidente affanno. L’avviso passa alla capitaneria di porto di Ancona che, intorno alle 17, manda una motovedetta per chiedere se ci sono dei problemi. Il comandante nega e rifiuta l’aiuto. Poche ore dopo, però, lancia l’Sos. Di certo il fatto che le lamiere non avessero tenuta ermetica, oltre alle pompe di evacuazione inefficienti, ha favorito l’acqua a imbarcare sia dalla coperta sia dallo scafo. «Ma non è possibile che una nave affondi così», conclude secco il capitano Luigi Pascale, capo sezione tecnica e sicurezza navigazione della Guardia costiera. Ieri notte una motovedetta e un rimorchiatore stavano vigilando Nicole: una «ciambella» di panne galleggianti ha circondato gli alberi che spuntavano dall’acqua. Oggi arriveranno da Termoli i sommozzatori per aspirare il gasolio dal relitto, che poi sarà rimosso su ordine della capitaneria di porto: costituisce un pericolo per le rotte commerciali.

«Entro l’anno messe al bando tutte le navi con unico scafo»

GENOVA - L’affondamento della «Nicole» avviene nel momento in cui l’Unione Europea si sta muovendo sul problema dei disastri in mare. Subito dopo il disastro della Prestige, i governi hanno deciso di intensificare i controlli sulle navi con più di 15 anni di età e di mettere al bando da luglio le navi monoscafo per il trasporto dei prodotti più inquinanti. Nelle imbarcazioni a scafo unico, infatti, il carico finisce in mare alla prima falla. I ministri dei Trasporti hanno anche deciso di accelerare l’adozione delle direttive europee «Erika 1» ed «Erika 2», varate dopo l’affondamento della petroliera omonima per mettere al bando le navi a scafo unico. L’obiettivo è ratificarle entro l’anno e iniziare subito a rottamare le monoscafo, per eliminarle del tutto entro il 2008. Il 20 gennaio il presidente della Commissione europea, Romano Prodi, ha inviato al presidente di turno dell’Unione un piano d’azione per evitare altre Prestige. In caso di disastro, la Ue chiede sanzioni penali contro l’armatore, ma anche contro il proprietario del carico e la società di classificazione della nave. Il sottosegretario ai Trasporti Mario Tassone ha annunciato un provvedimento legislativo sulle carrette. «L’Italia però è in testa alla classifica sui controlli - fa notare il direttore de L’Avvisatore Marittimo Vito De Ceglia - l’anno scorso ne sono state ispezionate il 40%, e la normativa Ue prevede controlli per il 25%».

 
IL PICCOLO - giornale di Trieste
Cargo affonda, Conero minacciato dal gasolio

L’allarme inquinamento marino scatta anche in Italia. Una «carretta» con a bordo 14 uomini ucraini tratti in salvo riversa in mare un carico di carburante

La chiazza nera è lunga sette miglia: mezzi specializzati all’opera per evitare che raggiunga la costa

ANCONA - L’allarme inquinamento, dopo la sciagura della Prestige che ha coinvolto Spagna e Francia, questa volta scatta in Italia. Una nave carica di 3.100 tonnellate di feldspato - un minerale per la lavorazione del vetro - e con 14 uomini di equipaggio a bordo (tutti ucraini), è affondata la notte scorsa due miglia al largo di Numana, davanti alla costa del Conero: i marittimi sono stati tutti tratti in salvo ma la «Nicole», battente bandiera del Belize, trasportava anche un carico di gasolio che è filtrato in mare, creando una chiazza lunga circa sette di miglia e larga 30 metri. Secondo la Capitaneria di porto di Ancona, non ci sarebbe il pericolo di una catastrofe ecologica per le spiagge della riviera del Conero perché il feldspato è un minerale che si trova in natura e dunque non è inquinante, mentre il gasolio (un prodotto petrolifero già trattato) tende a evaporare. Comunque, ha riferito il comandante in seconda Orrera, «si sta cercando di raccoglierlo con mezzi specializzati della società Castalia, convenzionata con il ministero dell' Ambiente per operazioni di questa natura». Il gasolio versato in mare dalla "Nicole" sarebbe la scorta di combustibile necessaria alla trazione del cargo, e esce lentamente dagli sfiati del natante e da altri pertugi. Il relitto si è adagiato su un fondale di 10-12 metri, circa due miglia al largo fra Numana e Marcelli. Ma le correnti stanno spingendo il gasolio verso sud, al confine fra i territori delle province di Ancona e Macerata, e questo obbliga ad una continua rimessa a punto dei piani di bonifica. Le ricognizioni aeree effettuate da un velivolo della guardia costiera di Pescara hanno confermato che la striscia di carburante è allo stato iridescente di pellicola, e una sua parziale eliminazione dovrebbe essere favorita dal moto ondoso intenso. Attualmente la chiazza è lunga circa 7 miglia e larga una quarantina metri in prossimità del punto di affondamento. La configurazione a fiamma viene determinata dalle correnti che stanno facendo sviluppare la striscia parallelamente alla costa, fino alle acque davanti a Porto Recanati e Civitanova. Sul posto ci sono tre motovedette della capitaneria di Porto di Ancona e il rimorchiatore Città di Ravenna, dislocato nel porto dorico con a bordo 200 metri di panne. La Guardia costiera tenta di contenere la fuoriuscita del gasolio attraverso le panne per poi successivamente procedere a svuotare la cisterna, compatibilmente con le condizioni meteo, che non sono ottimali. Alle operazioni collaboreranno anche sommozzatori della Capitaneria pronti ad immergersi non appena sarà possibile per un' ispezione dello scafo. Il recupero del gasolio comincerà soltanto domani, quando con il mare più calmo e la luce del giorno un sommozzatore potrà scendere sotto la linea di galleggiamento e agganciare una manichetta al serbatoio della Nicole; ad aspirare il carburante sarà la nave appoggio Micoperi, della societa «Castalia», in arrivo da Ortona, e il materiale pompato verrà travasato sul Città di Ravenna e portato a riva. Intanto, presso la Capitaneria di porto di Ancona è stata istituita un'unità di crisi cui partecipano anche l'assessore regionale all'ambiente Marco Amagliani e il dirigente della protezione civile regionale Roberto Oreficini. Anche la sala operativa della protezione civile delle Marche è in allerta, così come l'Agenzia regionale per l'ambiente. La preoccupazione fra gli operatori turistici e gli ambientalisti è grande. L'affondamento della «Nicole», una nave da 2.406 tonnellate di stazza lunga 118 metri e costruita nel 1966, proprio davanti ad uno dei gioielli ambientali d'Italia, ripropone il problema delle «carrette del mare», navi troppo vecchie che solcano un mare chiuso come l'Adriatico. La «Nicole» era salpata da un porto turco diretta a Porto Levante. Contestualmente alle operazioni di bonifica, è partita un'inchiesta della Guardia costiera sulle cause dell'affondamento, che sarebbe avvenuto perché il natante imbarcava acqua e non per uno scontro con un'altra imbarcazione o un urto con gli scogli. I marittimi, 13 uomini e una donna, sono stati portati in salvo dalle motovedette della Capitaneria e sono in un buone condizioni di salute anche se verranno denunciati dall'autorità marittima per violazione delle norme di ancoraggio. Un natante di quella stazza e con quel carico infatti non poteva attraccare davanti al litorale o nel piccolo porto numanese ma solo in un grande porto, come quello di Ancona.

 
LA NUOVA SARDEGNA
«Inquina? Società e politici non ci pensano, l'importante è che si risparmi e si guadagni»

SASSARI. «Colpisce il fatto che, per una strana coincidenza, il consiglio comunale di Sassari si sia pronunciato in favore del carbone, nello stesso giorno in cui la magistratura arrestava i dirigenti dello stabilimento Enichem di Priolo, con gravi accuse di attentato alla salute dei cittadini di quel territorio, in seguito all'accertamento di un numero abnorme di neonati deformi e di casi di tumore»: Giovanni Pala, presidente di Marevivo, interviene sulla questione "carbone a Fiume Santo" e accusa di arroganza gli amministratori che non prendono neppure in considerazione la contrarietà al carbone, «espressa legalmente dalla stragrande maggioranza dei cittadini che vivono e respirano sotto le torri della centrale elettrica. Colpisce il fatto che i nostri amministratori abbiano considerato la salute dei cittadini meno importante degli interessi economici della società spagnola proprietaria della centrale, svendendola in cambio di un impegno, da parte dell'Endesa, a monitorare l'aria e, si dice, anche a piantare non so quanti alberi!». Ma Pala critica pesantemente anche gli amministratori di Sassari che «non hanno ritenuto opportuno confrontarsi con la cittadinanza o, meglio ancora, chiamarla a pronunciarsi nelle forme previste dalla legge» e, anzi, «si sono limitati a subire le strategie imposte, e non certo proposte, dagli spagnoli». Ma il presidente di Marevivo critica anche l'opposizione che non è riuscita a fare fronte unico «nemmeno su un problema che continua a proclamare di vitale importanza». Tra l'altro, sottolinea Pala, «colpisce che non esistano dati consultabili dai cittadini, sui risultati delle indagini epidemiologiche ripetutamente richieste dalla popolazione di Porto Torres; così come il silenzio che avvolge i risultati delle attività di presidio e di monitoraggio della qualità dell'ambiente, svolte dalle strutture pubbliche incaricate di vigilare sulla salute dei cittadini. O dobbiamo anche qui attenderci l'intervento della magistratura?» E ancora, accuse per la «totale assenza della Regione, che ha il compito istituzionale di dettare le regole in materia ambientale ma che, invece, non ha sentito il dovere di intervenire, quasi che tutto quello che accade nel golfo dell'Asinara - compreso il Parco nazionale - non la riguardi, se non per questioni di bottega». Una serie di considerazioni che sottintendono un altro interrogativo: «In attesa del metano, perché non è stata nemmeno presa in considerazione l'ipotesi dell'utilizzo di combustibili a basso tenore di zolfo, che sicuramente inquinano di meno?». Ed è lo stesso Pala a trovare le risposte: «Costano più del carbone; il carbone, già contrattato dalla società spagnola, assicura maggiori margini operativi di gestione, e quindi più utili. Il resto è aria, più o meno inquinata a loro non importa».

 
LA VOCE DI RIMINI
Carrette del mare, il rischio a due passi

RIMINI - "Le 'carrette del mare'? Potrebbero provocare un danno irrimediabile, una vera apocalisse per il mare Adriatico": lancia l'allarme Luigi Rambelli, presidente regionale e responsabile nazionale del settore turismo di Legambiente. Ieri notte al largo di Numana, nella riviera del Conero, in uno dei primi dieci paradisi marini d'Italia, è affondata la "Nicole", una nave costruita nel 1966 battente bandiera del Belize, con il suo carico di 3.100 tonnellate di feldspato, un minerale per la lavorazione del vetro, e di gasolio. Le quattordici persone dell'equipaggio a bordo, tutte ucraine, sono state tratte in salvo dalle motovedette della Capitaneria e si trovano in buone condizioni di salute. Ma è la salute del mare a destare preoccupazione: il gasolio ha creato una chiazza larga un paio di miglia, e mezzi specializzati di una società convenzionata con il Ministero dell'ambiente stanno cercando di raccoglierlo. L'affondamento non sarebbe avvenuto per scontri con altre imbarcazioni o urti contro gli scogli, ma perché il natante imbarcava acqua. Partita da un porto turco, la "Nicole" era diretta a Porto Levante, Venezia. Il deputato dei Verdi Mauro Bulgarelli, che dopo il disastro della "Prestige" ha presentato una proposta di legge per interdire la navigazione alle "carrette del mare" sprovviste del doppio scafo, ieri ha chiesto in una nota "l'istituzione di una Commissione speciale per la salvaguardia dell'Adriatico, per indirizzare il governo ad un'azione efficace, pena la vita dell'Adriatico". Da parte sua Rambelli insiste per "il riconoscimento internazionale dell'Adriatico come "area sensibile speciale", per scongiurare il rischio dell'azzeramento di settori come la pesca e il turismo". Secondo i dati a disposizione di Legambiente "quasi la metà della flotta europea è a rischio": oltre il 45% delle navi della flotta petroliera immatricolata nell'Ue ha un'età superiore ai venti anni. L'affondamento della "Nicole" è stato del resto l'ennesimo campanello d'allarme. Perché la nave, come detto, non è affondata a causa di un incidente. E neppure del mare grosso. Ma solo a causa di un cedimento della propria struttura. Ancora poche ore di "resistenza", e la grande imbarcazione sarebbe affondata davanti alle coste riminesi, con le conseguenze che si possono immaginare: per l'immagine turistica e non solo. E di navi così, tutti i giorni, ne passano a decine al largo della Riviera dirette a Venezia e Trieste, ma anche a Ravenna. Navi container, ma anche gasiere e petroliere. Estate e inverno. L'allarme, questa volta, è scattato davvero. Ed è un allarme maledettamente serio: le carrette del mare sono un pericolo per l'economia turistica, oltre che per la salute del mare.

"L'Adriatico rischia tutti i giorni di morire"

RIMINI - Se una petroliera affondasse al largo della riviera romagnola, che cosa potrebbe succedere? "In Atlantico, come si è visto, le conseguenze sono gravissime, ma da noi sarebbero irrimediabili perché in Adriatico il ricambio totale avviene in un ciclo di ottanta anni", dice Luigi Rambelli di Legambiente. Il nostro mare è una specie di lago quasi chiuso, attraversato di continuo da navi e petroliere dirette a Trieste (uno dei porti petroliferi più grandi del Mediterraneo), a Ravenna ("che già scarica olio combustibile", dice Rambelli), a Venezia, a Falconara. Il Mediterraneo è il mare con la maggiore densità di catrame al mondo: 38 milligrammi per metro cubo in media, contro i 10 nel Mar dei Sargassi e solo uno nell'Atlantico nord-occidentale. "Ci auguriamo - aggiunge Rambelli - che la centrale Enel di Porto Tolle non sia mai rifornita di 'orimulsion', una specie di catrame che non sta a galla e che se sversato in mare lo asfalterebbe".

 
IL TEMPO
Non è paragonabile alla catastrofe della petroliera Prestige, ma l'affondamento di ...

... un'altra «carretta del mare», la Nicole, un vecchio cargo da 2.406 tonnellate battente bandiera del Belize, avvenuto l’altra notte due miglia al largo di Numana, ha fatto sudare freddo non tanto per le vite umane - tutti e 14 i membri dell'equipaggio, russi e ucraini, sono incolumi - quanto per il rischio di un disastro ambientale in uno degli ultimi paradisi d'Italia. Quel litorale infatti è il tratto più bello della Riviera del Conero e del suo Parco regionale (50 km di spiagge, 6.011 ettari di verde protetto, con 215 specie di uccelli diverse), e solo il caso ha voluto che il materiale trasportato dalla nave, 3.150 tonnellate di feldspato, fosse di tipo inerte e non una sostanza capace di minacciare la vita della costa. La preoccupazione resta però ancora viva per la provvista di gasolio - 64 tonnellate - che la nave aveva a bordo come combustibile per trazione e che da ieri notte si è in parte lentamente sversata in acqua, filtrando dai condotti e dai «buchi» di uno scafo vecchio ormai di 37 anni. Fino a questo momento il carburante ha formato una pellicola iridescente, a forma di fiamma, lunga sette miglia e larga, nel punto dell'affondamento, una quarantina di metri. La striscia per ora si mantiene parallela alla costa, lontana due miglia circa, ma sarà il gioco delle correnti a determinare cosa accadrà nelle prossime ore: il mare grosso ha infatti impedito per il momento il recupero della sostanza oleosa. Uomini e mezzi (varie motovedette) della Capitaneria di porto di Ancona, al lavoro da ieri notte hanno potuto calare attorno allo scafo un ferro di cavallo costituito da panne galleggianti antinquinamento - tenuto ancorato da un lato da una motovedetta della Capitaneria, dall'altro dal rimorchiatore Città di Ravenna. Le barriere dovrebbero contenere ulteriori dispersioni del prodotto. Il recupero del gasolio comincerà soltanto oggi, quando con il mare più calmo e la luce del giorno un sommozzatore potrà scendere sotto la linea di galleggiamento e agganciare una manichetta al serbatoio della Nicole. Stando agli elementi emersi dalla prima inchiesta sommaria della Capitaneria, che ha interrogato tutto l'equipaggio, la nave sarebbe affondata per l'acqua imbarcata sia dalla coperta che dallo scafo, senza essersi scontrata con altre imbarcazioni. A notte fonda la situazione si è fatta critica e l'equipaggio, avvertendo le stazioni radio costiere, ha abbandonato la nave approdando con la scialuppa di salvataggio sulla spiaggia fra Numana e Marcelli. Un ritardo forse fatale per evitare la fuoriuscita del combustibile. Oggi però verranno interrogati gli altri membri e solo al termine sarà possibile formulare ipotesi circa le cause del sinistro e le eventuali responsabilità; che, secondo la procura della Repubblica di Ancona, potrebbero eventualmente essere di natura colposa.

L'Italia dichiara guerra alla petroliere-carretta: «Stiamo per varare un decreto interministeriale ...

... per evitare che le petroliere con un unico scafo possano attraccare nei nostri porti», ha annunciato ieri pomeriggio a Parigi il ministro dell'Ambiente Altero Matteoli. Il decreto dovrebbe evitare che la Penisola sia colpita da disastri analoghi a quello provocato sulle coste spagnole e francesi dal devastante naufragio della petroliera Prestige. Da Parigi, dove ha incontrato la collega francese Roselyne Bachelot e firmato un accordo-quadro con l'Unesco per iniziative comuni a difesa del patrimonio naturale e culturale, Matteoli ha seguito tra l'altro con apprensione le notizie sull'affondamento del cargo Nicole al largo delle Marche, ma nel pomeriggio, in conferenza stampa, è apparso rilassato: «Il ministero è pronto, pronte sono le attrezzature per circoscrivere la zona», ha sottolineato. Convinto che gli interventi a difesa dell'ambiente non possano più limitarsi agli ambiti nazionali, Matteoli si è accordato con Roselyne Bachelot per la creazione di un comitato tecnico italo-francese che approfondirà una serie di scottanti problemi ecologici di mutuo interesse anche in vista di proposte da avanzare durante il semestre italiano di presidenza europea, nella seconda metà del 2003. Il ministro ha espresso altrettanta soddisfazione per la firma di un memorandum d'intesa con l'Unesco che è senza precedenti: l'Italia e l'organizzazione dell'Onu per l'educazione, la scienza e la cultura hanno infatti sottoscritto una «joint venture» che prevede «un approccio integrato e azioni coordinate di salvaguardia» per il patrimonio naturale e culturale. «Il memorandum - ha dichiarato il ministro Matteoli - consente all'Unesco di associarsi e di intervenire nella pianificazione e redazione di studi di fattibilità diretti a grandi interventi ambientali in campo internazionale che l'Italia, attraverso il mio ministero, è impegnata ad attuare verso Paesi terzi».

 
IL MATTINO
In salvo l'equipaggio. Da oggi la bonifica, ma è polemica sulle carrette a rischio

Ancona - cargo affonda e inonda il mare di gasolio Non è paragonabile alla catastrofe della petroliera Prestige, ma l’affondamento di un’altra «carretta del mare», la Nicole, un vecchio cargo da 2.406 tonnellate battente bandiera del Belize, avvenuto l’altra notte due miglia al largo di Numana, ha fatto sudare freddo non tanto per le vite umane - tutti e 14 i membri dell’equipaggio, russi e ucraini, sono incolumi - quanto per il rischio di un disastro ambientale in uno degli ultimi paradisi d’Italia. Solo il caso ha voluto che il materiale trasportato dalla nave, 3.150 tonnellate di feldspato, fosse di tipo inerte e non una sostanza capace di minacciare la vita della costa. La preoccupazione resta però ancora viva per la provvista di gasolio - 64 tonnellate - che la nave aveva a bordo come combustibile per trazione e che dall’altra si è in parte lentamente sversata in acqua, filtrando dai condotti e dai buchi di uno scafo vecchio ormai di 37 anni. Fino a questo momento il carburante ha formato una pellicola iridescente, a forma di fiamma, lunga sette miglia e larga, nel punto dell’affondamento, una quarantina di metri. La striscia per ora si mantiene parallela alla costa, lontana due miglia circa, ma sarà il gioco delle correnti a determinare cosa accadrà nelle prossime ore: il mare grosso ha infatti impedito per il momento il recupero della sostanza oleosa. Il recupero del gasolio comincerà soltanto oggi, quando con il mare più calmo e la luce del giorno un sommozzatore potrà scendere sotto la linea di galleggiamento e agganciare una manichetta al serbatoio della Nicole; ad aspirare il carburante sarà la nave appoggio Micoperi, della societa «Castalia», in arrivo da Ortona, e il materiale pompato verrà travasato sul Città di Ravenna e portato a riva. Stando agli elementi emersi dalla prima inchiesta sommaria della Capitaneria, che ha interrogato tutto l’equipaggio, la nave sarebbe affondata per l'acqua imbarcata sia dalla coperta che dallo scafo, senza essersi scontrata con altre imbarcazioni: una tenuta non ermetica delle lamiere e pompe per l'evacuazione inadeguate avrebbero concorso al naufragio. Già ieri pomeriggio una motovedetta della Guardia costiera, accortasi che la rotta della Nicole era inusualmente vicina alla costa, aveva affiancato il cargo chiedendo se vi fossero difficoltà, ma la risposta era stata negativa. Poi però, a notte fonda la situazione si è fatta critica e l’equipaggio, avvertendo le stazioni radio costiere, ha abbandonato la nave approdando con la scialuppa di salvataggio sulla spiaggia fra Numana e Marcelli. Un ritardo forse fatale per evitare la fuoriuscita del combustibile, anche se al momento - ha reso noto la Capitaneria - non sono affiorati elementi di responsabilità a carico dei componenti dell’equipaggio sentiti ieri. Oggi però verranno interrogati gli altri membri e solo al termine sarà possibile formulare ipotesi circa le cause del sinistro e le eventuali responsabilità. Montano, intanto, le polemiche. Da parte di Verdi, Wwf, Legambiente, Disobbedienti, ma anche dell’Udeur, è venuto il monito a chiudere alle «carrette» il transito dei mari chiusi come l’Adriatico. La «catastrofe c’è già», sostengono gli ambientalisti, che ad Ancona il 2 gennaio scorso «assaltarono» simbolicamente una petroliera respinta dalle coste iberiche e diretta all’Api di Falconara.

 
LIBERAZIONE
Carrette del mare, cargo affonda in Adriatico: gasolio in mare

Allarme ambientale al largo di Ancona. Una nave carica di 3.100 tonnellate di feldspato - un minerale per la lavorazione del vetro - e con 14 uomini di equipaggio a bordo (tutti ucraini), è affondata la notte scorsa due miglia al largo di Numana, davanti alla costa del Conero. I marittimi sono stati tutti tratti in salvo ma la "Nicole", battente bandiera del Belize, trasportava anche un carico di gasolio che è filtrato in mare, creando una chiazza larga un paio di miglia. Il relitto - dal porto di Numana si vedono affiorare le due torrette di prua e di poppa - si è adagiato su un fondale di 10-12 metri, circa due miglia al largo fra Numana e Marcelli, pari a sei-sette chilometri di distanza dalla riva. Ma le correnti stanno spingendo il gasolio verso sud. Sul posto tre motovedette della capitaneria di Porto di Ancona e il rimorchiatore Città di Ravenna. «Avevamo ribadito, in occasione del recente attracco Moskovskij alla raffineria Api - afferma Luigino Quarchioni, presidente di Legambiente Marche -, che il passaggio in Adriatico di "ferri vecchi" è un rischio che non possiamo più permetterci di sostenere. Questo soprattutto in un mare come il nostro, chiuso e con bassi fondali, dove non osiamo neanche immaginare gli effetti devastanti di un incidente». L'affondamento della Nicole si verifica in una delle zone più belle della riviera adriatica: di fronte al promontorio del Conero, con le sue stupende spiagge (Sassi Neri, Le Due Sorelle, Portonovo, Mezzavalle, il Trave), protette dal primo parco regionale istituito nelle Marche e riconosciute da Legambiente come uno dei 10 paradisi marini più belli d'Italia, col conferimento del premio "Cinque Vele".

 
IL MANIFESTO
Carretta nell'Adriatico

Una nave di 36 anni affonda davanti del Monte Conero. Pericolo per la perdita di carburante Monte Conero Il naufragio al largo di una delle coste più celebri delle Marche. L'equipaggio denunciato per violazione delle norme di ancoraggio

ANCONA Poteva essere un altro disastro ecologico, non come quello provocato dalla petroliera Prestige al largo delle coste galiziane, ma comunque lo stesso molto grave. Per il momento, invece, il pericolo sembra scampato, ma l'allarme suscitato dall'ennesima carretta di mari affondata resta comunque alto e riaccende le polemiche sulla sicurezza dei nostri mari. A finire a picco davanti alle coste del Monte Conero (Ancona) è stata l'altra notte una nave di 36 anni battente bandiera del Belize è affondata con a bordo 3100 tonnellate di fedspato, un minerale per la lavorazione del vetro, e 64 tonnellate di gasolio che si sta riversando in mare. La Nicole, questo il nome del cargo, è lunga 118 metri con una stazza di 2406 tonnellate ed è stata costruita nel 1966. Subito si è formata una grossa macchia di gasolio di circa trenta metri di larghezza, lunga due miglia. Con il passare del tempo si è ulteriormente allungata fino ad arrivare all'altezza di Civitanova Marche. I 14 uomini dell'equipaggio sono stati tratti in salvo. Nonostante le rassicurazioni della Capitaneria del porto, si è diffusa immediatamente una grande apprensione tra le associazioni ambientaliste, gli operatori turistici e l'intera opinione pubblica. La Nicole ha tutte le caratteristiche della classica «carretta del mare». Negli ultimi anni era stata ispezionata ben otto volte. Il 3 gennaio scorso in Grecia, a Eleusis, dove però non era stato riscontrato nulla di irregolare. Per la cronaca l'attuale proprietario è proprio greco, si tratta della «barrierMarine Managment» del porto ateniese di Falerio. Esito diverso aveva dato il controllo fatto in Slovenia nel 2002. Erano state verificate ben 13 «disfunzioni», una anche alla radio di bordo. Sarebbe interessante capire perché nonostante questo la Nicole abbia potuto tranquillamente continuare a navigare, fino a concludere la sua pluridecennale attività davanti a quel promontorio del Conero, da tutti conosciuto per la sua bellezza e la purezza delle sue acque. Tra l'altro l'equipaggio, consapevole che una nave di quelle dimensioni non poteva di certo attraccare nel piccolo porto di Numana, ha fatto di tutto per depistare la Capitaneria di porto, che, se informata tempestivamente, avrebbe potuto evitare la fuoriuscita del gasolio. Ora è stato denunciato per violazione delle norme di ancoraggio Proprio poche settimane fa una barca a vela con a bordo esponenti dei Verdi e del mondo ambientalista, aveva «assaltato» in stile Greenpeace, la petroliera «Moskovski», denunciandone la pericolosità e, prendendo spunto dalla catastrofe galiziana della Prestige, sottolineando come il Mare Adriatico con i suoi bassi fondali, sia esposto quotidianamente a un rischio enorme. Proprio per evitare i rischi di catastrofi ambientali, Wwf e Legambiente hanno chiesto la ratifica da parte dell'italia della cosiddetta «Bunker oil», la Convenzione internazionale che obbliga gli armatori a risarcire i danni ambientali determinati dal carburante delle navi.

 
Econews (Verdi)
Incidente Conero. Verdi chiedono commissione speciale per l'Adriatico

Istituzione di una Commissione speciale presso il Ministero dell'agricoltura per la salvaguardia dell'Adriatico che riunisca le diverse categorie colpite, i comuni con porti significativi e le associazioni ambientaliste, in grado di indirizzare il Governo ad una azione efficace di prevenzione e risanamento. La chiedono con una mozione Mauro Bulgarelli e Marco Lion, parlamentari Verdi, che hanno già presentato due proposte di legge per limitare la circolazione delle navi cisterna. "Ormai è chiaro che il delicato equilibrio di questo mare richiede attenzioni e norme eccezionalmente severe, perché, a causa delle particolari correnti, l'Adriatico è una sorta di mare chiuso che fatica a rigenerarsi da simili disastri ecologici. A fronte di questa realtà, esiste un disinteresse generale ed un sistematico ritardo nella difesa dell'adriatico: le prime vittime - concludono - sono i miticoltori, i pescatori e quindi il turismo".

Incidente Conero. Turroni: come ai tempi dei pirati

"Una nuova carretta affonda e all'orizzonte non si vedono ancora le misure inefficaci annunciate dal Governo. Anche se fosse stato emanato il ventilato decreto, volto ad impedire l'accesso ai porti, alle vecchie petroliere monoscafo, questo non avrebbe impedito l'affondamento della carretta in Adriatico e la conseguente dispersione in mare di gasolio e dei feldspati trasportati". Lo dichiara il senatore verde Sauro Turroni, vicepresidente della commissione ambiente di Palazzo Madama, che osserva: "l'affondamento di una nave di un armatore greco, battente bandiera del Belize, con equipaggio ucraino dimostra, ancora una volta, come non siano stati fatti progressi dai tempi dei pirati. E' necessaria un'azione coraggiosa a livello internazionale, perché vengano garantiti i controlli a bordo delle navi- sottolinea il senatore del sole che ride- perché vengano messe al bando le navi insicure; perché sua posto in capo a chi noleggia le navi la corresponsabilità con l'armatore di un eventuale incidente; perché vengano modificate le regole di navigazione che, al momento, confermano la loro totale obsolescenza". Il ministro- osserva Turroni - "ha, più volte, vantato la presenza, nei nostri mari, di una flotta in grado di contrastare eventuali catastrofi ecologiche. Ma, anche in quest'occasione, di queste barche nemmeno l'ombra. E, per fortuna, si tratta di una carretta che imbarca solamente il gasolio necessario ai suoi motori".

Adriatico. Affonda una carretta dei mari al largo del Parco del Conero

“Affonda una carretta dei mari al largo del Parco del Conero. Neanche tre settimane fa avevo organizzato ad un blitz in alto mare durante lo scarico di oli combustibili pesanti all’isola artificiale realizzata al largo della raffineria API di Falconara ad opera della petroliera Moskovski Festival, imbarcazione monoscafo allontanata dalle coste spagnole dalle navi della marina militare poiché ritenuta pericolosa ha dichiarato il Capogruppo dei Verdi in Consiglio Regionale delle Marche Marco Moruzzi. Quest’oggi il carburante di un nave battente bandiera ombra (Belize) proveniente dalla Turchia con un carico di sabbie (feldspato) destinate all’industria del vetro è affondata ad appena due miglia dalle coste del parco Regionale del Conero e della più preziosa spiaggia rocciosa esistente tra il Gargano e Trieste rilasciando in mare una chiazza di gasolio lungo un paio di miglia e largo 30 metri. Si deve immediatamente chiudere l’Adriatico alle carrette dei mari ed i Verdi rinnovano la loro richiesta per nuove regole perché quelle attuali espongono le nostre coste a rischi inaccettabili. La data di fabbricazione della nave 1966. Come al solito la prima reazione delle autorità è quella di tranquillizzare tutti, ma usare l’argomento che non c’è alcun pericolo perché il gasolio tende ad evaporare è a dir poco stupefacente. Il combustibile navale è una sostanza tossica e cancerogena, molto nociva per l’ecosistema marino e di certo evapora in misura marginale, tanto e vero che le norme obbligano all’immediato recupero”.

 
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