MESSAGGERO |
«L’Api non
si tocca: la concessione va rinnovata»
Un coro di no da sindacati, Cna
e Assindustria all’ipotesi del Comune di sospendere le
attività dell’azienda dal 2008
FALCONARA - Nessuna
manifestazione pubblica, almeno per ora, ma la minaccia c’è.
L’assemblea di ieri dei lavoratori dell’Api, delle ditte
appaltatrici, della Rsu e dei sindacati non ha deciso, per
il momento, di avviare mobilitazioni. Piuttosto ha dato
indicazioni sul percorso da seguire, come la presenza dei
sindacati al consiglio comunale del 28 gennaio quando
Bohigas presenterà il suo progetto sull’area a nord, dove si
trova l’Api, e al tavolo degli enti e delle parti coinvolte.
Tre le priorità individuate nell’assemblea-fiume. La prima,
per i sindacati, è partecipare al consiglio comunale di
Falconara del 28 gennaio, martedì prossimo, per sentire i
progetti di Bohigas. Seconda organizzare un’assemblea aperta
ai cittadini. Infine, partecipare al tavolo congiunto tra
enti e parti coinvolte «per giungere ad un accordo per il
rilascio della concessione». I lavoratori dell'Api
ribadiscono anche di volere il rinnovo e minacciano «ogni
forma di protesta» a Falconara e in provincia se lo
stabilimento dovesse vedersi negata la possibilità di
continuare a operare. Che sia impensabile parlare di
chiusura della raffineria lo sostiene, pure Confartigianato
Trasporti. «Questa incertezza sul suo futuro – scrive in una
nota – sta già creando notevoli difficoltà tra gli
imprenditori collegati all’Api». L’associazione rivela anche
che i trasportatori attivi all’Api, oltre 300 con 350
addetti, hanno investito nell’ultimo triennio qualcosa come
600 milioni di euro, pari a 120 miliardi di vecchie lire.
«Sono stati acquistati – scrive Gilberto Gasparoni,
segretario regionale Confartigianato Trasporti – 330
automezzi che hanno un costo medio di 200.000 euro ciascuno.
Investimenti questi che hanno permesso di mettere su strada
automezzi dotati dei migliori sistemi di sicurezza, che
consentono di ridurre incidenti dentro e fuori la
raffineria». Confartigianato, inoltre, si unisce alla
richiesta dei sindacati dell’istituzione di un tavolo di
confronto tra enti, industrie e forze sociali anche per
garantire occupazione in un’area «che ha già visto chiudere
la Liquigas e la caserma Saracini con influenze negative sul
tessuto falconarese». Di apertura del tavolo istituzione
parla anche Assindustria che ribadisce «il ruolo
fondamentale della Regione. Capire perché si vuole un piano
alternativo alla raffineria e non un piano di sviluppo al
cui interno l’azienda possa dare un contributo e perché si
vuole dare corso con tanta rapidità al prg, che sembra fatto
solo per giustificare posizioni politiche precostituite,
sono le domande a cui Assindustria chiede risposte. |
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IL RESTO DEL
CARLINO |
«La
raffineria è una risorsa»
FALCONARA — Preoccupazione e
fermezza dominano tra i lavoratori della raffineria Api,
riunitisi ieri pomeriggio presso la sala sindacale
dell'azienda. L'assemblea, allargata ai dipendenti di Apisoi
e a tutte le ditte appaltatrici, ha visto la partecipazione
di oltre 200 persone. «Un successo – ha sottolineato Andrea
Fiordelmondo, segretario regionale della FULC, Federazione
Unitaria Lavoratori Chimici –. D'altronde non poteva essere
che così». Le recenti dichiarazioni del sindaco Carletti
sembrano chiare: l'Api non può coesistere con il territorio.
Lavoratori e rappresentanti rivelano i timori per il futuro,
ma non hanno perso la speranza in un confronto ragionato,
concreto e chiaro con gli enti locali, che metta in luce
come, oltre che compatibile, l'azienda sia una necessità
socio-economica per l'intera regione. «Siamo in grado di
ribattere, dati alla mano, a tutte le obiezioni che Carletti
oppone alla permanenza della raffineria – spiega deciso
Paolo Polonara, dipendente e rappresentante sindacale Cgil
–. Salvaguardia dell'ambiente? E' la nostra prima
preoccupazione, perché va di pari passo con la sicurezza sul
lavoro. Il Comune sembra però impegnato a montare una
campagna denigratoria nei confronti di noi lavoratori. Ci si
accusa di tenere nascosti incidenti ambientali ed infortuni
pur di mantenere il posto di lavoro». «Una recente normativa
europea – riferisce Massimo Duranti, rappresentante dei
lavoratori per sicurezza e ambiente – ha esteso la 626,
istituendo la figura che io ricopro: il mio compito è
proprio quello di raccogliere segnalazioni dagli altri
dipendenti e far sì che le condizioni lavorative e
ambientali siano in continuo miglioramento. Passiamo qui
buona parte della giornata, teniamo alla nostra salute e
intendiamo goderci la pensione. Sicurezza sul lavoro e
tutela ambientale vengono quindi al primo posto, soprattutto
per noi». «Non c'è divergenza di interessi tra chi lavora in
raffineria e chi vi abita vicino – riassume Daniele
Paolinelli segretario della Cisl –. L'azienda è compatibile
con il territorio e intendiamo ribadirlo. Il nostro
obiettivo più prossimo è quello di istituire un tavolo di
confronto tra enti locali, azienda e rappresentanti dei
lavora-tori». Il primo passo stabilito dalla RSU è la
partecipazione di alcuni rappresentanti al prossimo
consiglio comunale del 28 gennaio, quando dovrebbe essere
presente anche l'architetto Bohigas. I sindacati intendono
comunque indire un'assemblea aperta a cittadini ed
istituzioni e aspettano l'esito del confronto di venerdì tra
Regione, Provincia e Comune per stabilire i dettagli della
linea d'azione oggi definita. «Se non verremo ascoltati,
passeremo alle manifestazioni di piazza», conclude Roberto
Giuliante, uno dei dipendenti presenti.
Assindustria: «Serve un
piano di sviluppo»
FALCONARA — Assindustria
Ancona ritiene fondamentale il ruolo svolto dal mondo
istituzionale regionale, sul quale ricade la responsabilità
di decidere lo sviluppo economico e sociale di breve, medio
e lungo periodo del territorio che governa. Una
responsabilità che «deve tenere in considerazione
l'interesse della comunità, il tessuto imprenditoriale e
lavorativo esistente, le previsioni del mercato, la
possibilità e facilità di realizzare progetti che
individuano percorsi completamente diversi e alternativi
rispetto agli attuali». E se da un lato Assindustria
sostiene i progressi conseguiti dall'Api dall'altro parla di
«previsioni urbanistiche il cui fondamento è tutto da
verificare». «Abbiamo progetti vaghi — scrivono — in cui non
sono quantificati tempi, risorse necessarie, apporti
economici, cosa fondamentale in ogni piano industriale con
cui, come imprenditori, siamo abituati a confrontarci per la
riuscita di un'impresa. Vorremmo, quindi, capire perché si
vuole un piano alternativo alla raffineria e non un piano di
sviluppo, al cui interno, la raffineria può dare un
contributo fondamentale per la sua realizzazione, dato che
lo stesso architetto Bohigas, abituato a confrontarsi con
realtà internazionali, ha riconosciuto la compatibilità,
anche urbanistica, della raffineria con la città. Vorremmo
inoltre capire perché si vuole dar corso con tanta rapidità
ad un atto amministrativo come il Prg, che sembra fatto solo
per giustificare posizioni politiche precostituite.
Riteniamo che le risposte a queste domande siano doverose,
innanzitutto, nei confronti dell'intera comunità del
territorio, che oggi può contare con certezza sul flusso di
risorse tecnologiche, economiche e sociali che derivano
dall'attività della raffineria».
Cgia: «E' impensabile
parlare di chiusura dell'impianto»
FALCONARA — Per
Confartigianato è impensabile parlare di chiusura della
raffineria e quindi si unisce alla richiesta avanzata dal
sindacato dei lavoratori dipendenti della istituzione di un
tavolo di confronto tra amministrazioni pubbliche, industria
e forze sociali affinché si permetta all'Api di migliorare
ulteriormente la sicurezza interna e esterna e ai lavoratori
di avere prospettive occupazionali certe. «E' pertanto
necessario — scrive la Confartigianato — che tutte le
amministrazioni mettano in campo azioni serie per creare
concrete condizioni per rinnovare la concessione e garantire
l'occupazione in un'area che ha già visto chiudere, proprio
per migliorare la vivibilità della zona, gli impianti di
imbottigliamento di Gpl prima della Pibigas poi della
Liquigas, della chiusura della caserma Saracini». Secondo la
Confartigianato la raffineria da diversi anni ha attuato una
rigida strategia che impone regole e comportamenti ferrei
che investono tutti i lavoratori ma in particolare le
imprese di autotrasporto, i loro dipendenti e i loro
automezzi. Gli autotrasportatori marchigiani che operano
quotidianamente con la raffineria — ricorda Confartigianato
— sono quasi 300 con oltre 350 addetti. Sono tenuti a
frequentare corsi di aggiornamento anche perché il settore
si é qualificato e le imprese sono certificate. «Ma gli
investimenti — sottolinea Gilberto Gasparoni segretario
regionale di Confartigianato Trasporti — non riguardano solo
l'aggiornamento delle risorse umane ma coinvolgono anche il
rinnovo del parco automezzi. Nell'ultimo triennio sono stati
acquistati 300 automezzi che hanno un costo medio di 200
mila euro ciascuno, investimenti questi che hanno permesso
di mettere su strada automezzi dotati dei migliori sistemi
di sicurezza, che consentono di ridurre sia l'impatto
ambientale, che rischi di perdita dei prodotti petroliferi
trasportati ma anche di incidenti dentro e fuori la
raffineria». Tecnologie che hanno richiesto investimenti,
per i soli automezzi, per 600 milioni di euro (120 miliardi
di vecchie lire). Uno sforzo economico ingente che é ancora
superiore se si considera anche che sono stati fatti
investimenti in immobili come la realizzazione di impianti
di lavaggio, di stoccaggio delle materie inquinanti per
evitare la dispersione sul territorio ed in parcheggi
attrezzati che consentono alle imprese di custodire i propri
mezzi in aree riservate. |
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CORRIERE ADRIATICO |
"Investire
sulla tutela del territorio"
Vertenza
Api, lavoratori critici col Comune ma rinviano la protesta
Affollata
(almeno 300 i presenti) e movimentata l'assemblea dei
lavoratori della raffineria Api svoltasi ieri pomeriggio in
azienda e alla fine la decisione di temporeggiare ancora per
un paio di settimane in attesa degli incontri con la
proprietà e con le istituzioni. "L'atmosfera è tesa - hanno
ammesso i rappresentanti delle tre sigle sindacali - i
lavoratori sono preoccupati e in molti avrebbero preferito
far crescere subito il tono della protesta con iniziative
più forti, ma abbiamo concordato di aspettare l'assemblea
aperta con Comune, Provincia e Regione prima di decidere
come muoverci ed eventualmente alzare il livello di
mobilitazione". Tutti d'accordo senza esitazioni anche sulla
necessità di promuovere una campagna di informazione e di
sensibilizzazione della cittadinanza su come viene vissuto
dall'interno il problema del rinnovo della concessione. Pur
in questa situazione difficile e complessa - hanno spiegato
i sindacati - è emerso in modo evidente da parte dei
lavoratori il desiderio di non arrivare ad una
contrapposizione diretta con gli abitanti di Falconara e
proprio per questo intensificare le iniziative legate alla
sicurezza all'esterno ed all’interno dell'impianto".
L'azienda, hanno sostenuto i dipendenti nel corso
dell'assemblea di ieri che è stata caratterizzata da una
lunga serie di interventi, "deve assolutamente continuare ad
investire sulla sicurezza e sulla tutela del territorio, la
richiesta viene anche da noi che lavoriamo qui e sarà uno
dei punti forti del colloquio chiesto alla proprietà". Forti
e precise le critiche delle organizzazioni sindacali e della
maggior parte dei lavorati nei confronti
dell'amministrazione comunale di Falconara e delle
istituzioni in generale. "Il tasso di ambiguità è sempre
molto elevato - ha dichiarato il segretario provinciale
della Cisl, Stefano Mastrovincenzo - a questo punto i
sindacati invitano ufficialmente gli interessati ad uscire
in tempi brevi da queste posizioni del tutto tattiche per
affrontare la questione con senso di responsabilità al di là
del consenso immediato che certe dichiarazioni possono
dare". L'assemblea di ieri pomeriggio è servita, inoltre,
per riconfermare in modo quasi plebiscitario il documento
sottoscritto dalle rsu e dai sindacati all'interno del quale
erano stati elencati chiaramente gli interventi da
affrontare per giungere ad un accordo di massima nell'ambito
del tavolo di concertazione. Il risanamento e la bonifica
dell'area sono al primo posto, seguiti dall'attuazione delle
prescrizioni del Ctr, il Comitato tecnico regionale,
dall'elevazione delle norme di sicurezza e dalla
"realizzazione delle infrastrutture viarie ed ambientali
tali da rendere sempre più compatibile l'attività lavorativa
della raffineria con il resto della città". Una posizione
che si basa sulla constatazione che la raffineria e l'Igcc
sono "impianti strategici nell'ambito della politica e
dell'approvvigionamento della regione e non solo". Molti
lavoratori, in attesa dell'attesissimo incontro con gli
amministratori locali, hanno anche annunciato la loro
presenza al consiglio comunale del 28 gennaio durante il
quale sarà presentato alla cittadinanza il progetto di Oriol
Bohigas che coinvolge direttamente anche l'area circostante
la raffineria. Insomma, tutti hanno concordato sulla
necessità di aprire un dialogo serio da parte della
proprietà e le istituzioni riconfermando dell'altro emerso
nell'incontro dell'altro giorno e, tutti hanno ribadito che
la raffineria, perfezionando i sistemi di sicurezza e
tutelando al meglio il territorio può e deve restare.
"Un
vantaggio per l'economia"
L'Assindustria:
subito un tavolo
"Per la
raffineria Api di Falconara serve un piano di sviluppo e non
un piano alternativo: l'impianto è compatibile con la città
anche dal punto di vista urbanistico e cambiamenti di rotta
immotivati potrebbero generare un clima di sfiducia nel
mondo imprenditoriale e finanziario". E' questo ciò che
maggiormente preoccupa l’Associazione degli industriali di
Ancona, che guarda "con interesse alla convocazione del
tavolo istituzionale tra Regione, Provincia, Comune di
Falconara, sindacati e azienda Api per discutere in maniera
razionale - così afferma una nota - le basi della permanenza
dell'Api sul territorio". Di fronte alle diverse richieste
di non rinnovare la convenzione con l'azienda petrolifera,
Assindustria Ancona ribadisce quanto sia fondamentale il
ruolo svolto dalle istituzioni regionali, "sulle quali -
osserva l'associazione - ricade la responsabilità di
decidere lo sviluppo economico e sociale di breve, medio e
lungo periodo del territorio che governano". Una
responsabilità che secondo gli industriali "deve tenere in
considerazione l'interesse della comunità, il tessuto
imprenditoriale e lavorativo esistente, le previsioni del
mercato, la possibilità di realizzare progetti che
individuano percorsi completamente diversi e alternativi
rispetto a quelli attuali". L'associazione ricorda che per
Falconara sono stati realizzati "piani industriali seri e
concreti, approvati dalle istituzioni nazionali e locali
compresa l'amministrazione comunale, che con l'Api ha
firmato una convenzione". Atti grazie ai quali il territorio
"ha potuto beneficiare di un investimento di oltre 800
milioni di euro, di un incremento della forza occupazionale
di diverse centinaia di unità, di un significativo
miglioramento del quadro ambientale, della realizzazione di
opere infrastrutturali". Ciononostante, sottolinea la nota,
spuntano ora previsioni urbanistiche il cui fondamento è
tutto da verificare, progetti vaghi, in cui non sono
quantificati tempi, risorse necessarie, apporti economici,
tutte cose essenziali ad ogni piano industriale con le
quali, come imprenditori, siamo abituati a confrontarci".
"La
concessione è da rinnovare”
La Cgia si
schiera con la raffineria
La
Confartigianato chiede il rinnovo della convenzione dell'Api
e si unisce alla richiesta avanzata dai sindacati dei
lavoratori del petrolchimico per l'istituzione di un tavolo
di confronto tra amministrazioni pubbliche, azienda e forze
sociali. "L'obiettivo, afferma la Cgia in una nota, è
consentire all'Api di migliorare ulteriormente la sicurezza
interna ed esterna allo stabilimento di Falconara e ai
lavoratori di avere prospettive occupazionali certe. Secondo
la Cgia la sicurezza è al centro di tutto il sistema
imprenditoriale che parte dall'Api. La raffineria da diversi
anni ha adottato una strategia che impone regole e
comportamenti ferrei a tutti i lavoratori ma in particolare
le imprese di autotrasporto, ai loro dipendenti e
automezzi". Le imprese di autotrasporto marchigiane che
operano quotidianamente con la raffineria sono quasi 300,
con oltre 350 addetti. L camionisti sono tenuti a
frequentare corsi di aggiornamento, ricorda la Cgia. anche
perché il settore si è qualificato e le imprese sono
certificate. “Gli investimenti, sottolinea Gilberto
Gasparoni segretario regionale di Confartigianato Trasporti,
non riguardano solo l'aggiornamento delle risorse umane ma
coinvolgono anche il rinnovo del parco mezzi. Nell'ultimo
triennio sono stati acquistati 300 camion (per un costo
medio di 200.000 euro ciascuno), investimenti questi che,
sottolinea Cgia, hanno consentito di mettere su strada
automezzi dotati dei migliori sistemi di sicurezza, che
consentono di ridurre sia l'impatto ambientale, che rischi
di perdita dei prodotti petroliferi trasportati ma anche di
incidenti dentro e fuori la raffineria”. Tecnologie che
hanno richiesto investimenti per i soli automezzi per 600
milioni di curo (120 miliardi di vecchie lire). E' quindi
impensabile chiudere la raffineria depauperando
economicamente un |
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LA SICILIA |
Enichem,
l'impianto resta fermo
Legambiente accoglie l'invito
del ministro Stefania Prestigiacomo, che ieri, tramite il
nostro giornale, ha esortato l'associazione ambientalista ad
anticipare la sua campagna di analisi per verificare lo
stato di salute delle acque della costa siracusana. Intanto
l'Enichem nomina nuovi responsabili in sostituzione di
quelli arrestati. Ma soltanto per gestire questa fase di
stand by, non per rimettere in marcia gli impianti. E la
fabbrica di Priolo rimane ferma. Il direttore generale delle
attività produttive di Enichem, Antonio Raimondi, il quale
ha assunto anche la direzione degli stabilimenti di Priolo e
Gela, ha comunicato ai quadri di fabbrica ed ai
rappresentanti sindacali che gli impianti non saranno
rimessi in marcia se non si avranno certezze sui criteri di
gestione dei rifiuti. Ha quindi nominato una équipe di
tecnici e di legali con il compito di ricercare e fornire
queste certezze. Non si parla ancora di sospensione del
personale, che rimane in fabbrica nonostante il blocco delle
attività produttive. Ma se il blocco dovesse protrarsi a
lungo la cassa integrazione sarebbe nell'aria. «Saremo ben
contenti di collaborare per monitorare lo stato di salute
dell'ecosistema marino – ha dichiarato Sebastiano Venneri,
responsabile mare di Legambiente.– Quello che non siamo
disposti a fare è prestarci ad operazioni di cosmesi
ambientale che tenderebbero a nascondere la polvere sotto il
tappeto. La Sicilia è una terra meravigliosa e la costa
siracusana conserva straordinari scorci ancora intatti e
immuni da ogni forma di inquinamento. Ma sarebbe sciocco
ignorare che molti chilometri di costa sono vietati alla
balneazione per la presenza del polo industriale e per la
mancanza di sistemi di depurazione che obbligano ancora oggi
centri come Augusta, Lentini e Carlentini a scaricare i
propri reflui a mare senza depurazione». «Ringrazio
Legambiente per la sollecitudine con cui ha raccolto il mio
appello – risponde a sua volta il ministro Stefania
Prestigiacomo.– Nessuno chiede avalli per operazioni di
cosmesi ambientale. Chiediamo solo verità. Se inquinamento
c'è nella costa della zona industriale ben vengano le
rilevazioni di Goletta verde. Analogamente se nel litorale
da Siracusa verso sud il mare è pulito sia detto
pubblicamente da una associazione “terza” rispetto alle
istituzioni. Sul valore paesaggistico ed ambientale della
zona sud del siracusano si basa una economia orientata sul
turismo, che oggi subisce danni gravissimi dall'essere
accomunata alla situazione del litorale della zona
industriale. Ci pare giusto evitare ogni sconto là dove
l'inquinamento c'è, ma parimenti evitare ogni
generalizzazione che danneggi zone in cui di inquinamento
non c'è traccia». Intanto con una mozione i deputati
regionali Lillo Speziale (Ds), Egidio Ortisi (Margherita) e
Roberto De Benedictis (Ds) impegnano il governo della
Regione siciliana a promuovere un accordo di programma
quadro per il settore chimico, sul modello di quello
applicato a Porto Marghera, nelle aree di Siracusa, Gela e
Milazzo. «L' obiettivo – hanno spiegato i parlamentari
siciliani in conferenza stampa – è rilanciare lo sviluppo
della chimica che rimane un settore importante,
salvaguardare l'ambiente e tutelare le migliaia di posti di
lavoro». Sollecitando l'apertura di un dibattito
all'Assemblea regionale sulla vicenda degli arresti ordinati
dalla Procura di Siracusa nei confronti dei vertici dell'Enichem,
i parlamentari chiedono al governo Cuffaro di utilizzare
immediatamente i 72 milioni di euro assegnati dallo Stato
nel '95 e trasferiti alle casse regionali per il risanamento
ambientale a Siracusa e Gela. «Il prefetto di Siracusa,
nominato commissario straordinario dalla Regione – ha detto
De Benedictis – ha più volte fatto richiesta dei 51 milioni
di euro riservati a Siracusa, ma solo poche settimane fa ha
ricevuto i primi 5,2 milioni». Sulla vicenda dell'accordo di
programma interviene anche l'assessore regionale
dell'Industria, Marina Noè. «Constato con soddisfazione –
dice – che finalmente è avvertita a tutti i livelli
l'esigenza di realizzare un accordo di programma sulla
chimica». Per il Piano di risanamento ambientale Marina Noè
ha spiegato che «il governo Cuffaro, per primo, ha attivato
la parte pubblica dei piani di risanamento, varati nel '95».
Infine i deputati nazionali Curtone, Gianni e Paolone hano
presentato interrogazioni al ministro dell'Ambiente.
«Mai lavorato con i
rifiuti»
Negano le accuse i quattro
indagati interrogati ieri dal Gip Marchionni
La notizia del sequestro di
una corposa documentazione presso la sede dell'Ias, ove
appunto vengono smaltiti i reflui e parte dei rifiuti
generati da Enichem Priolo, aveva fatto sorgere il sospetto
che si fosse allargata anche alle discariche l'inchiesta
della Procura della Repubblica. Invece, il decreto firmato
dal sostituto procuratore Francesco Aliffi riguarda un'altra
inchiesta, quella relativa ad accertare presunte
irregolarità di natura penale, tra cui una fattispecie
criminosa di concussione, nella stipula del contratto tra l'Ias
e la «Rodio» per la cinturazione e la tombatura dei rifiuti.
E' viceversa connessa allo scandalo sui rifiuti tossici
generati dall'Enichem la visita fatta ieri mattina nello
stabilimento di Priolo da parte dei militari del comando
provinciale della Guardia di Finanza, per acquisire
ulteriori documenti e formulari che riportano i risultati
delle analisi ed i dati falsificati sui fanghi altamente
nocivi per la salute pubblica, per l'ambiente e per il mare,
fanghi che venivano inviati nelle discariche con la
denominazione di «detriti misti di costruzione e
demolizione». Le fiamme gialle, così come avevano fatto 24
ore prima, hanno fotocopiato, quando non era possibile
prelevare l'originale, e sequestrato numerosi documenti, che
ora saranno attentamente esaminati dai tecnici dei pubblici
ministeri Roberto Campisi e Maurizio Musco. I due titolari
dell'inchiesta hanno partecipato all'interrogatorio di
Sebastiano Basile, 55 anni, direttore del laboratorio
interno di Enichem Priolo. L'indagato, colpito dalla misura
degli arresti domiciliari, nel corso del suo interrogatorio
cui è stato sottoposto dal Gip Monica Marchionni, ha
respinto gli addebiti che gli vengono contestati, riguardo
allo smaltimento di rifiuti di etilene aromatici, ed ha
spiegato quali sono i suoi compiti all'interno del
laboratorio. A conclusione dell'interrogatorio, il
procuratore capo Roberto Campisi si è dichiarato
«soddisfatto», il suo sostituto Musco si è detto «molto
soddisfatto» e, per non essere da meno, «soddisfattissimi»
si sono dichiarati gli avvocati Ezechia Paolo Reale e
Francesco Favi che, assieme al professore Enzo Musco,
assistono Sebastiano Basile. Ai rimanenti interrogatori di
Corrado Rogas, 47 anni, dell'ingegnere Pietro Calì e di
Marcello Muzzicato, ha preso parte soltanto il pubblico
ministero Maurizio Musco. Corrado Rogas, assistito dagli
avvocati Reale e Favi, si è protestato innocente ed ha
sostenuto di trovarsi in ferie nei periodi dei reati che gli
vengono contestati. Rogas, addetto alle aree comuni, si è
detto all'oscuro di immissione di rifiuti tossici nei
tombini, provocando la «scherzosa» reazione del pm che gli
ha replicato. «è possibile che mi sono fatto tutto un film».
Appena un quarto d'ora è durato l'interrogatorio
dell'ingegnere Calì, 46 anni, responsabile di logistica all'Enichem,
sempre assistito dalla coppia Reale-Favi. L'indagato ha
ribattuto punto per punto tutte le contestazioni ed ha
escluso di essersi mai occupato di rifiuti. L'ultimo
interrogatorio fatto dal Gip Marchionni è quello
dell'indagato Marcello Muzzicato, 59 anni, responsabile
delle «aree comuni». L'anziano indagato, assistito
dall'avvocato Francesco Fazzino, ha protestato la propria
innocenza e, entrando nello specifico, ha detto che nei
tombini finiva soltanto acqua piovana e non gli risulta che
possano essere stati riversati reflui liquidi contenenti
sostanze nocive. Questa mattina verranno effettuati gli
ultimi tre interrogatori. Dinanzi al Gip Marchionni saranno
portati dagli agenti penitenziari gli indagati Salvatore
Terrana, Marcello Altavilla e Giuseppe Naselli, tutti agli
arresti domiciliari. |
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REPUBBLICA |
Solo multe
per chi inquina dal codice sparisce il carcere
Il ddl del ministro della
Giustizia Castelli contiene alcune clamorose sorprese. I
reati contro l'ambiente non saranno più penali
ROMA - Uccidere un orso
marsicano o un'aquila reale sarà come passare con il
semaforo rosso. Seppellire sotto una marea nera di petrolio
le spiagge più belle d'Italia diventerà un increscioso
inconveniente da sanare tirando fuori qualche migliaio di
euro. Avvelenare l'aria di una città con scarichi inquinanti
equivarrà a una scostumatezza che costerà al massimo 1.500
euro. In sostanza - sostengono Wwf, Verdi e Lav (Lega anti
vivisezione) - i crimini ambientali verranno depenalizzati e
trasformati in assenza di bon ton. E' questo il senso del
disegno di legge preparato dal ministro di Giustizia Roberto
Castelli che verrà discusso in una delle prossime riunioni
del Consiglio dei ministri. La proposta prevede la
depenalizzazione di 200 reati, alcuni di tipo ambientale.
Ecco le aree critiche.
CACCIA - Già oggi, grazie
alla mancanza di controlli, buona parte dei bracconieri la
fa franca. Ma per quelli che vengono sorpresi in fragranza
di reato c'è una pena che arriva a un anno di prigione. Per
Castelli invece la fauna, patrimonio indisponibile dello
Stato, sarebbe meglio difesa limitandosi a sanzioni
amministrative: da mille euro per chi uccide un fringuello a
18 mila euro per chi abbatte un camoscio d'Abruzzo o un
orso.
COMMERCIO DI SPECIE PROTETTE
- Depenalizzazione e sanzioni amministrative fino a 90 mila
euro (120 mila per i recidivi).
SOSTANZE PERICOLOSE -
Dall'arresto fino a sei mesi per chi immette sul mercato
preparati pericolosi si passa a una sanzione amministrativa
che va da 300 a 5 mila euro (da 6 mila a 18 mila nei casi di
maggiore gravità).
OZONO - La norma attuale
prevede che chi produce o vende bombolette spray e
frigoriferi che contengono cfc (i gas che bucano lo strato
di ozono che protegge la vita sul pianeta) sia punito con
una multa, l'arresto fino a due anni e la revoca della
licenza nei casi più gravi. Con il disegno di legge
governativo si passa a una sanzione amministrativa da 9 mila
a 45 mila euro. La revoca della licenza viene trasformata in
una sospensione provvisoria.
MARE - Nei casi di versamento
in mare di idrocarburi o altre sostanze pericolose oggi si
rischia l'arresto fino a sei mesi, domani i responsabili se
la potranno cavare pagando un massimo di 9 mila euro.
ARIA - Le emissioni di fumi,
polveri e gas che danneggiano la salute vengono trasformate
da reato penale in amministrativo (sanzione fino a 1.500
euro).
"I disastri ambientali
continuano a crescere e il governo, invece di prendere le
contromisure necessarie, li vuole rendere più facili",
accusa il verde Alfonso Pecoraro. "Dal punto di vista
pratico rinunciare allo strumento penale vuol dire
rinunciare ai controlli e alle indagini della polizia
giudiziaria, cioè di fatto arrendersi", aggiunge Patrizia
Fantilli, responsabile dell'ufficio legale del Wwf. "Dal
punto di vista del diritto mettere sullo stesso piano
giuridico gli automobilisti che parcheggiano male e i
criminali che uccidono un orso suona aberrante. E in
contrasto con la legge sui maltrattamenti agli animali
appena approvata all'unanimità dalla Camera". |
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