RASSEGNA STAMPA 23.01.2003

 

MESSAGGERO
«L’Api non si tocca: la concessione va rinnovata»

Un coro di no da sindacati, Cna e Assindustria all’ipotesi del Comune di sospendere le attività dell’azienda dal 2008

FALCONARA - Nessuna manifestazione pubblica, almeno per ora, ma la minaccia c’è. L’assemblea di ieri dei lavoratori dell’Api, delle ditte appaltatrici, della Rsu e dei sindacati non ha deciso, per il momento, di avviare mobilitazioni. Piuttosto ha dato indicazioni sul percorso da seguire, come la presenza dei sindacati al consiglio comunale del 28 gennaio quando Bohigas presenterà il suo progetto sull’area a nord, dove si trova l’Api, e al tavolo degli enti e delle parti coinvolte. Tre le priorità individuate nell’assemblea-fiume. La prima, per i sindacati, è partecipare al consiglio comunale di Falconara del 28 gennaio, martedì prossimo, per sentire i progetti di Bohigas. Seconda organizzare un’assemblea aperta ai cittadini. Infine, partecipare al tavolo congiunto tra enti e parti coinvolte «per giungere ad un accordo per il rilascio della concessione». I lavoratori dell'Api ribadiscono anche di volere il rinnovo e minacciano «ogni forma di protesta» a Falconara e in provincia se lo stabilimento dovesse vedersi negata la possibilità di continuare a operare. Che sia impensabile parlare di chiusura della raffineria lo sostiene, pure Confartigianato Trasporti. «Questa incertezza sul suo futuro – scrive in una nota – sta già creando notevoli difficoltà tra gli imprenditori collegati all’Api». L’associazione rivela anche che i trasportatori attivi all’Api, oltre 300 con 350 addetti, hanno investito nell’ultimo triennio qualcosa come 600 milioni di euro, pari a 120 miliardi di vecchie lire. «Sono stati acquistati – scrive Gilberto Gasparoni, segretario regionale Confartigianato Trasporti – 330 automezzi che hanno un costo medio di 200.000 euro ciascuno. Investimenti questi che hanno permesso di mettere su strada automezzi dotati dei migliori sistemi di sicurezza, che consentono di ridurre incidenti dentro e fuori la raffineria». Confartigianato, inoltre, si unisce alla richiesta dei sindacati dell’istituzione di un tavolo di confronto tra enti, industrie e forze sociali anche per garantire occupazione in un’area «che ha già visto chiudere la Liquigas e la caserma Saracini con influenze negative sul tessuto falconarese». Di apertura del tavolo istituzione parla anche Assindustria che ribadisce «il ruolo fondamentale della Regione. Capire perché si vuole un piano alternativo alla raffineria e non un piano di sviluppo al cui interno l’azienda possa dare un contributo e perché si vuole dare corso con tanta rapidità al prg, che sembra fatto solo per giustificare posizioni politiche precostituite, sono le domande a cui Assindustria chiede risposte.

 
IL RESTO DEL CARLINO
«La raffineria è una risorsa»

FALCONARA — Preoccupazione e fermezza dominano tra i lavoratori della raffineria Api, riunitisi ieri pomeriggio presso la sala sindacale dell'azienda. L'assemblea, allargata ai dipendenti di Apisoi e a tutte le ditte appaltatrici, ha visto la partecipazione di oltre 200 persone. «Un successo – ha sottolineato Andrea Fiordelmondo, segretario regionale della FULC, Federazione Unitaria Lavoratori Chimici –. D'altronde non poteva essere che così». Le recenti dichiarazioni del sindaco Carletti sembrano chiare: l'Api non può coesistere con il territorio. Lavoratori e rappresentanti rivelano i timori per il futuro, ma non hanno perso la speranza in un confronto ragionato, concreto e chiaro con gli enti locali, che metta in luce come, oltre che compatibile, l'azienda sia una necessità socio-economica per l'intera regione. «Siamo in grado di ribattere, dati alla mano, a tutte le obiezioni che Carletti oppone alla permanenza della raffineria – spiega deciso Paolo Polonara, dipendente e rappresentante sindacale Cgil –. Salvaguardia dell'ambiente? E' la nostra prima preoccupazione, perché va di pari passo con la sicurezza sul lavoro. Il Comune sembra però impegnato a montare una campagna denigratoria nei confronti di noi lavoratori. Ci si accusa di tenere nascosti incidenti ambientali ed infortuni pur di mantenere il posto di lavoro». «Una recente normativa europea – riferisce Massimo Duranti, rappresentante dei lavoratori per sicurezza e ambiente – ha esteso la 626, istituendo la figura che io ricopro: il mio compito è proprio quello di raccogliere segnalazioni dagli altri dipendenti e far sì che le condizioni lavorative e ambientali siano in continuo miglioramento. Passiamo qui buona parte della giornata, teniamo alla nostra salute e intendiamo goderci la pensione. Sicurezza sul lavoro e tutela ambientale vengono quindi al primo posto, soprattutto per noi». «Non c'è divergenza di interessi tra chi lavora in raffineria e chi vi abita vicino – riassume Daniele Paolinelli segretario della Cisl –. L'azienda è compatibile con il territorio e intendiamo ribadirlo. Il nostro obiettivo più prossimo è quello di istituire un tavolo di confronto tra enti locali, azienda e rappresentanti dei lavora-tori». Il primo passo stabilito dalla RSU è la partecipazione di alcuni rappresentanti al prossimo consiglio comunale del 28 gennaio, quando dovrebbe essere presente anche l'architetto Bohigas. I sindacati intendono comunque indire un'assemblea aperta a cittadini ed istituzioni e aspettano l'esito del confronto di venerdì tra Regione, Provincia e Comune per stabilire i dettagli della linea d'azione oggi definita. «Se non verremo ascoltati, passeremo alle manifestazioni di piazza», conclude Roberto Giuliante, uno dei dipendenti presenti.

Assindustria: «Serve un piano di sviluppo»

FALCONARA — Assindustria Ancona ritiene fondamentale il ruolo svolto dal mondo istituzionale regionale, sul quale ricade la responsabilità di decidere lo sviluppo economico e sociale di breve, medio e lungo periodo del territorio che governa. Una responsabilità che «deve tenere in considerazione l'interesse della comunità, il tessuto imprenditoriale e lavorativo esistente, le previsioni del mercato, la possibilità e facilità di realizzare progetti che individuano percorsi completamente diversi e alternativi rispetto agli attuali». E se da un lato Assindustria sostiene i progressi conseguiti dall'Api dall'altro parla di «previsioni urbanistiche il cui fondamento è tutto da verificare». «Abbiamo progetti vaghi — scrivono — in cui non sono quantificati tempi, risorse necessarie, apporti economici, cosa fondamentale in ogni piano industriale con cui, come imprenditori, siamo abituati a confrontarci per la riuscita di un'impresa. Vorremmo, quindi, capire perché si vuole un piano alternativo alla raffineria e non un piano di sviluppo, al cui interno, la raffineria può dare un contributo fondamentale per la sua realizzazione, dato che lo stesso architetto Bohigas, abituato a confrontarsi con realtà internazionali, ha riconosciuto la compatibilità, anche urbanistica, della raffineria con la città. Vorremmo inoltre capire perché si vuole dar corso con tanta rapidità ad un atto amministrativo come il Prg, che sembra fatto solo per giustificare posizioni politiche precostituite. Riteniamo che le risposte a queste domande siano doverose, innanzitutto, nei confronti dell'intera comunità del territorio, che oggi può contare con certezza sul flusso di risorse tecnologiche, economiche e sociali che derivano dall'attività della raffineria».

Cgia: «E' impensabile parlare di chiusura dell'impianto»

FALCONARA — Per Confartigianato è impensabile parlare di chiusura della raffineria e quindi si unisce alla richiesta avanzata dal sindacato dei lavoratori dipendenti della istituzione di un tavolo di confronto tra amministrazioni pubbliche, industria e forze sociali affinché si permetta all'Api di migliorare ulteriormente la sicurezza interna e esterna e ai lavoratori di avere prospettive occupazionali certe. «E' pertanto necessario — scrive la Confartigianato — che tutte le amministrazioni mettano in campo azioni serie per creare concrete condizioni per rinnovare la concessione e garantire l'occupazione in un'area che ha già visto chiudere, proprio per migliorare la vivibilità della zona, gli impianti di imbottigliamento di Gpl prima della Pibigas poi della Liquigas, della chiusura della caserma Saracini». Secondo la Confartigianato la raffineria da diversi anni ha attuato una rigida strategia che impone regole e comportamenti ferrei che investono tutti i lavoratori ma in particolare le imprese di autotrasporto, i loro dipendenti e i loro automezzi. Gli autotrasportatori marchigiani che operano quotidianamente con la raffineria — ricorda Confartigianato — sono quasi 300 con oltre 350 addetti. Sono tenuti a frequentare corsi di aggiornamento anche perché il settore si é qualificato e le imprese sono certificate. «Ma gli investimenti — sottolinea Gilberto Gasparoni segretario regionale di Confartigianato Trasporti — non riguardano solo l'aggiornamento delle risorse umane ma coinvolgono anche il rinnovo del parco automezzi. Nell'ultimo triennio sono stati acquistati 300 automezzi che hanno un costo medio di 200 mila euro ciascuno, investimenti questi che hanno permesso di mettere su strada automezzi dotati dei migliori sistemi di sicurezza, che consentono di ridurre sia l'impatto ambientale, che rischi di perdita dei prodotti petroliferi trasportati ma anche di incidenti dentro e fuori la raffineria». Tecnologie che hanno richiesto investimenti, per i soli automezzi, per 600 milioni di euro (120 miliardi di vecchie lire). Uno sforzo economico ingente che é ancora superiore se si considera anche che sono stati fatti investimenti in immobili come la realizzazione di impianti di lavaggio, di stoccaggio delle materie inquinanti per evitare la dispersione sul territorio ed in parcheggi attrezzati che consentono alle imprese di custodire i propri mezzi in aree riservate.

 
CORRIERE ADRIATICO

"Investire sulla tutela del territorio"

Vertenza Api, lavoratori critici col Comune ma rinviano la protesta

Affollata (almeno 300 i presenti) e movimentata l'assemblea dei lavoratori della raffineria Api svoltasi ieri pomeriggio in azienda e alla fine la decisione di temporeggiare ancora per un paio di settimane in attesa degli incontri con la proprietà e con le istituzioni. "L'atmosfera è tesa - hanno ammesso i rappresentanti delle tre sigle sindacali - i lavoratori sono preoccupati e in molti avrebbero preferito far crescere subito il tono della protesta con iniziative più forti, ma abbiamo concordato di aspettare l'assemblea aperta con Comune, Provincia e Regione prima di decidere come muoverci ed eventualmente alzare il livello di mobilitazione". Tutti d'accordo senza esitazioni anche sulla necessità di promuovere una campagna di informazione e di sensibilizzazione della cittadinanza su come viene vissuto dall'interno il problema del rinnovo della concessione. Pur in questa situazione difficile e complessa - hanno spiegato i sindacati - è emerso in modo evidente da parte dei lavoratori il desiderio di non arrivare ad una contrapposizione diretta con gli abitanti di Falconara e proprio per questo intensificare le iniziative legate alla sicurezza all'esterno ed all’interno dell'impianto". L'azienda, hanno sostenuto i dipendenti nel corso dell'assemblea di ieri che è stata caratterizzata da una lunga serie di interventi, "deve assolutamente continuare ad investire sulla sicurezza e sulla tutela del territorio, la richiesta viene anche da noi che lavoriamo qui e sarà uno dei punti forti del colloquio chiesto alla proprietà". Forti e precise le critiche delle organizzazioni sindacali e della maggior parte dei lavorati nei confronti dell'amministrazione comunale di Falconara e delle istituzioni in generale. "Il tasso di ambiguità è sempre molto elevato - ha dichiarato il segretario provinciale della Cisl, Stefano Mastrovincenzo - a questo punto i sindacati invitano ufficialmente gli interessati ad uscire in tempi brevi da queste posizioni del tutto tattiche per affrontare la questione con senso di responsabilità al di là del consenso immediato che certe dichiarazioni possono dare". L'assemblea di ieri pomeriggio è servita, inoltre, per riconfermare in modo quasi plebiscitario il documento sottoscritto dalle rsu e dai sindacati all'interno del quale erano stati elencati chiaramente gli interventi da affrontare per giungere ad un accordo di massima nell'ambito del tavolo di concertazione. Il risanamento e la bonifica dell'area sono al primo posto, seguiti dall'attuazione delle prescrizioni del Ctr, il Comitato tecnico regionale, dall'elevazione delle norme di sicurezza e dalla "realizzazione delle infrastrutture viarie ed ambientali tali da rendere sempre più compatibile l'attività lavorativa della raffineria con il resto della città". Una posizione che si basa sulla constatazione che la raffineria e l'Igcc sono "impianti strategici nell'ambito della politica e dell'approvvigionamento della regione e non solo". Molti lavoratori, in attesa dell'attesissimo incontro con gli amministratori locali, hanno anche annunciato la loro presenza al consiglio comunale del 28 gennaio durante il quale sarà presentato alla cittadinanza il progetto di Oriol Bohigas che coinvolge direttamente anche l'area circostante la raffineria. Insomma, tutti hanno concordato sulla necessità di aprire un dialogo serio da parte della proprietà e le istituzioni riconfermando dell'altro emerso nell'incontro dell'altro giorno e, tutti hanno ribadito che la raffineria, perfezionando i sistemi di sicurezza e tutelando al meglio il territorio può e deve restare.

"Un vantaggio per l'economia"

L'Assindustria: subito un tavolo

"Per la raffineria Api di Falconara serve un piano di sviluppo e non un piano alternativo: l'impianto è compatibile con la città anche dal punto di vista urbanistico e cambiamenti di rotta immotivati potrebbero generare un clima di sfiducia nel mondo imprenditoriale e finanziario". E' questo ciò che maggiormente preoccupa l’Associazione degli industriali di Ancona, che guarda "con interesse alla convocazione del tavolo istituzionale tra Regione, Provincia, Comune di Falconara, sindacati e azienda Api per discutere in maniera razionale - così afferma una nota - le basi della permanenza dell'Api sul territorio". Di fronte alle diverse richieste di non rinnovare la convenzione con l'azienda petrolifera, Assindustria Ancona ribadisce quanto sia fondamentale il ruolo svolto dalle istituzioni regionali, "sulle quali - osserva l'associazione - ricade la responsabilità di decidere lo sviluppo economico e sociale di breve, medio e lungo periodo del territorio che governano". Una responsabilità che secondo gli industriali "deve tenere in considerazione l'interesse della comunità, il tessuto imprenditoriale e lavorativo esistente, le previsioni del mercato, la possibilità di realizzare progetti che individuano percorsi completamente diversi e alternativi rispetto a quelli attuali". L'associazione ricorda che per Falconara sono stati realizzati "piani industriali seri e concreti, approvati dalle istituzioni nazionali e locali compresa l'amministrazione comunale, che con l'Api ha firmato una convenzione". Atti grazie ai quali il territorio "ha potuto beneficiare di un investimento di oltre 800 milioni di euro, di un incremento della forza occupazionale di diverse centinaia di unità, di un significativo miglioramento del quadro ambientale, della realizzazione di opere infrastrutturali". Ciononostante, sottolinea la nota, spuntano ora previsioni urbanistiche il cui fondamento è tutto da verificare, progetti vaghi, in cui non sono quantificati tempi, risorse necessarie, apporti economici, tutte cose essenziali ad ogni piano industriale con le quali, come imprenditori, siamo abituati a confrontarci".

"La concessione è da rinnovare”

La Cgia si schiera con la raffineria

La Confartigianato chiede il rinnovo della convenzione dell'Api e si unisce alla richiesta avanzata dai sindacati dei lavoratori del petrolchimico per l'istituzione di un tavolo di confronto tra amministrazioni pubbliche, azienda e forze sociali. "L'obiettivo, afferma la Cgia in una nota, è consentire all'Api di migliorare ulteriormente la sicurezza interna ed esterna allo stabilimento di Falconara e ai lavoratori di avere prospettive occupazionali certe. Secondo la Cgia la sicurezza è al centro di tutto il sistema imprenditoriale che parte dall'Api. La raffineria da diversi anni ha adottato una strategia che impone regole e comportamenti ferrei a tutti i lavoratori ma in particolare le imprese di autotrasporto, ai loro dipendenti e automezzi". Le imprese di autotrasporto marchigiane che operano quotidianamente con la raffineria sono quasi 300, con oltre 350 addetti. L camionisti sono tenuti a frequentare corsi di aggiornamento, ricorda la Cgia. anche perché il settore si è qualificato e le imprese sono certificate. “Gli investimenti, sottolinea Gilberto Gasparoni segretario regionale di Confartigianato Trasporti, non riguardano solo l'aggiornamento delle risorse umane ma coinvolgono anche il rinnovo del parco mezzi. Nell'ultimo triennio sono stati acquistati 300 camion (per un costo medio di 200.000 euro ciascuno), investimenti questi che, sottolinea Cgia, hanno consentito di mettere su strada automezzi dotati dei migliori sistemi di sicurezza, che consentono di ridurre sia l'impatto ambientale, che rischi di perdita dei prodotti petroliferi trasportati ma anche di incidenti dentro e fuori la raffineria”. Tecnologie che hanno richiesto investimenti per i soli automezzi per 600 milioni di curo (120 miliardi di vecchie lire). E' quindi impensabile chiudere la raffineria depauperando economicamente un

 
LA SICILIA
Enichem, l'impianto resta fermo

Legambiente accoglie l'invito del ministro Stefania Prestigiacomo, che ieri, tramite il nostro giornale, ha esortato l'associazione ambientalista ad anticipare la sua campagna di analisi per verificare lo stato di salute delle acque della costa siracusana. Intanto l'Enichem nomina nuovi responsabili in sostituzione di quelli arrestati. Ma soltanto per gestire questa fase di stand by, non per rimettere in marcia gli impianti. E la fabbrica di Priolo rimane ferma. Il direttore generale delle attività produttive di Enichem, Antonio Raimondi, il quale ha assunto anche la direzione degli stabilimenti di Priolo e Gela, ha comunicato ai quadri di fabbrica ed ai rappresentanti sindacali che gli impianti non saranno rimessi in marcia se non si avranno certezze sui criteri di gestione dei rifiuti. Ha quindi nominato una équipe di tecnici e di legali con il compito di ricercare e fornire queste certezze. Non si parla ancora di sospensione del personale, che rimane in fabbrica nonostante il blocco delle attività produttive. Ma se il blocco dovesse protrarsi a lungo la cassa integrazione sarebbe nell'aria. «Saremo ben contenti di collaborare per monitorare lo stato di salute dell'ecosistema marino – ha dichiarato Sebastiano Venneri, responsabile mare di Legambiente.– Quello che non siamo disposti a fare è prestarci ad operazioni di cosmesi ambientale che tenderebbero a nascondere la polvere sotto il tappeto. La Sicilia è una terra meravigliosa e la costa siracusana conserva straordinari scorci ancora intatti e immuni da ogni forma di inquinamento. Ma sarebbe sciocco ignorare che molti chilometri di costa sono vietati alla balneazione per la presenza del polo industriale e per la mancanza di sistemi di depurazione che obbligano ancora oggi centri come Augusta, Lentini e Carlentini a scaricare i propri reflui a mare senza depurazione». «Ringrazio Legambiente per la sollecitudine con cui ha raccolto il mio appello – risponde a sua volta il ministro Stefania Prestigiacomo.– Nessuno chiede avalli per operazioni di cosmesi ambientale. Chiediamo solo verità. Se inquinamento c'è nella costa della zona industriale ben vengano le rilevazioni di Goletta verde. Analogamente se nel litorale da Siracusa verso sud il mare è pulito sia detto pubblicamente da una associazione “terza” rispetto alle istituzioni. Sul valore paesaggistico ed ambientale della zona sud del siracusano si basa una economia orientata sul turismo, che oggi subisce danni gravissimi dall'essere accomunata alla situazione del litorale della zona industriale. Ci pare giusto evitare ogni sconto là dove l'inquinamento c'è, ma parimenti evitare ogni generalizzazione che danneggi zone in cui di inquinamento non c'è traccia». Intanto con una mozione i deputati regionali Lillo Speziale (Ds), Egidio Ortisi (Margherita) e Roberto De Benedictis (Ds) impegnano il governo della Regione siciliana a promuovere un accordo di programma quadro per il settore chimico, sul modello di quello applicato a Porto Marghera, nelle aree di Siracusa, Gela e Milazzo. «L' obiettivo – hanno spiegato i parlamentari siciliani in conferenza stampa – è rilanciare lo sviluppo della chimica che rimane un settore importante, salvaguardare l'ambiente e tutelare le migliaia di posti di lavoro». Sollecitando l'apertura di un dibattito all'Assemblea regionale sulla vicenda degli arresti ordinati dalla Procura di Siracusa nei confronti dei vertici dell'Enichem, i parlamentari chiedono al governo Cuffaro di utilizzare immediatamente i 72 milioni di euro assegnati dallo Stato nel '95 e trasferiti alle casse regionali per il risanamento ambientale a Siracusa e Gela. «Il prefetto di Siracusa, nominato commissario straordinario dalla Regione – ha detto De Benedictis – ha più volte fatto richiesta dei 51 milioni di euro riservati a Siracusa, ma solo poche settimane fa ha ricevuto i primi 5,2 milioni». Sulla vicenda dell'accordo di programma interviene anche l'assessore regionale dell'Industria, Marina Noè. «Constato con soddisfazione – dice – che finalmente è avvertita a tutti i livelli l'esigenza di realizzare un accordo di programma sulla chimica». Per il Piano di risanamento ambientale Marina Noè ha spiegato che «il governo Cuffaro, per primo, ha attivato la parte pubblica dei piani di risanamento, varati nel '95». Infine i deputati nazionali Curtone, Gianni e Paolone hano presentato interrogazioni al ministro dell'Ambiente.

«Mai lavorato con i rifiuti»

Negano le accuse i quattro indagati interrogati ieri dal Gip Marchionni

La notizia del sequestro di una corposa documentazione presso la sede dell'Ias, ove appunto vengono smaltiti i reflui e parte dei rifiuti generati da Enichem Priolo, aveva fatto sorgere il sospetto che si fosse allargata anche alle discariche l'inchiesta della Procura della Repubblica. Invece, il decreto firmato dal sostituto procuratore Francesco Aliffi riguarda un'altra inchiesta, quella relativa ad accertare presunte irregolarità di natura penale, tra cui una fattispecie criminosa di concussione, nella stipula del contratto tra l'Ias e la «Rodio» per la cinturazione e la tombatura dei rifiuti. E' viceversa connessa allo scandalo sui rifiuti tossici generati dall'Enichem la visita fatta ieri mattina nello stabilimento di Priolo da parte dei militari del comando provinciale della Guardia di Finanza, per acquisire ulteriori documenti e formulari che riportano i risultati delle analisi ed i dati falsificati sui fanghi altamente nocivi per la salute pubblica, per l'ambiente e per il mare, fanghi che venivano inviati nelle discariche con la denominazione di «detriti misti di costruzione e demolizione». Le fiamme gialle, così come avevano fatto 24 ore prima, hanno fotocopiato, quando non era possibile prelevare l'originale, e sequestrato numerosi documenti, che ora saranno attentamente esaminati dai tecnici dei pubblici ministeri Roberto Campisi e Maurizio Musco. I due titolari dell'inchiesta hanno partecipato all'interrogatorio di Sebastiano Basile, 55 anni, direttore del laboratorio interno di Enichem Priolo. L'indagato, colpito dalla misura degli arresti domiciliari, nel corso del suo interrogatorio cui è stato sottoposto dal Gip Monica Marchionni, ha respinto gli addebiti che gli vengono contestati, riguardo allo smaltimento di rifiuti di etilene aromatici, ed ha spiegato quali sono i suoi compiti all'interno del laboratorio. A conclusione dell'interrogatorio, il procuratore capo Roberto Campisi si è dichiarato «soddisfatto», il suo sostituto Musco si è detto «molto soddisfatto» e, per non essere da meno, «soddisfattissimi» si sono dichiarati gli avvocati Ezechia Paolo Reale e Francesco Favi che, assieme al professore Enzo Musco, assistono Sebastiano Basile. Ai rimanenti interrogatori di Corrado Rogas, 47 anni, dell'ingegnere Pietro Calì e di Marcello Muzzicato, ha preso parte soltanto il pubblico ministero Maurizio Musco. Corrado Rogas, assistito dagli avvocati Reale e Favi, si è protestato innocente ed ha sostenuto di trovarsi in ferie nei periodi dei reati che gli vengono contestati. Rogas, addetto alle aree comuni, si è detto all'oscuro di immissione di rifiuti tossici nei tombini, provocando la «scherzosa» reazione del pm che gli ha replicato. «è possibile che mi sono fatto tutto un film». Appena un quarto d'ora è durato l'interrogatorio dell'ingegnere Calì, 46 anni, responsabile di logistica all'Enichem, sempre assistito dalla coppia Reale-Favi. L'indagato ha ribattuto punto per punto tutte le contestazioni ed ha escluso di essersi mai occupato di rifiuti. L'ultimo interrogatorio fatto dal Gip Marchionni è quello dell'indagato Marcello Muzzicato, 59 anni, responsabile delle «aree comuni». L'anziano indagato, assistito dall'avvocato Francesco Fazzino, ha protestato la propria innocenza e, entrando nello specifico, ha detto che nei tombini finiva soltanto acqua piovana e non gli risulta che possano essere stati riversati reflui liquidi contenenti sostanze nocive. Questa mattina verranno effettuati gli ultimi tre interrogatori. Dinanzi al Gip Marchionni saranno portati dagli agenti penitenziari gli indagati Salvatore Terrana, Marcello Altavilla e Giuseppe Naselli, tutti agli arresti domiciliari.

 
REPUBBLICA
Solo multe per chi inquina dal codice sparisce il carcere

Il ddl del ministro della Giustizia Castelli contiene alcune clamorose sorprese. I reati contro l'ambiente non saranno più penali

ROMA - Uccidere un orso marsicano o un'aquila reale sarà come passare con il semaforo rosso. Seppellire sotto una marea nera di petrolio le spiagge più belle d'Italia diventerà un increscioso inconveniente da sanare tirando fuori qualche migliaio di euro. Avvelenare l'aria di una città con scarichi inquinanti equivarrà a una scostumatezza che costerà al massimo 1.500 euro. In sostanza - sostengono Wwf, Verdi e Lav (Lega anti vivisezione) - i crimini ambientali verranno depenalizzati e trasformati in assenza di bon ton. E' questo il senso del disegno di legge preparato dal ministro di Giustizia Roberto Castelli che verrà discusso in una delle prossime riunioni del Consiglio dei ministri. La proposta prevede la depenalizzazione di 200 reati, alcuni di tipo ambientale. Ecco le aree critiche.

CACCIA - Già oggi, grazie alla mancanza di controlli, buona parte dei bracconieri la fa franca. Ma per quelli che vengono sorpresi in fragranza di reato c'è una pena che arriva a un anno di prigione. Per Castelli invece la fauna, patrimonio indisponibile dello Stato, sarebbe meglio difesa limitandosi a sanzioni amministrative: da mille euro per chi uccide un fringuello a 18 mila euro per chi abbatte un camoscio d'Abruzzo o un orso.

COMMERCIO DI SPECIE PROTETTE - Depenalizzazione e sanzioni amministrative fino a 90 mila euro (120 mila per i recidivi).

SOSTANZE PERICOLOSE - Dall'arresto fino a sei mesi per chi immette sul mercato preparati pericolosi si passa a una sanzione amministrativa che va da 300 a 5 mila euro (da 6 mila a 18 mila nei casi di maggiore gravità).

OZONO - La norma attuale prevede che chi produce o vende bombolette spray e frigoriferi che contengono cfc (i gas che bucano lo strato di ozono che protegge la vita sul pianeta) sia punito con una multa, l'arresto fino a due anni e la revoca della licenza nei casi più gravi. Con il disegno di legge governativo si passa a una sanzione amministrativa da 9 mila a 45 mila euro. La revoca della licenza viene trasformata in una sospensione provvisoria.

MARE - Nei casi di versamento in mare di idrocarburi o altre sostanze pericolose oggi si rischia l'arresto fino a sei mesi, domani i responsabili se la potranno cavare pagando un massimo di 9 mila euro.

ARIA - Le emissioni di fumi, polveri e gas che danneggiano la salute vengono trasformate da reato penale in amministrativo (sanzione fino a 1.500 euro).

"I disastri ambientali continuano a crescere e il governo, invece di prendere le contromisure necessarie, li vuole rendere più facili", accusa il verde Alfonso Pecoraro. "Dal punto di vista pratico rinunciare allo strumento penale vuol dire rinunciare ai controlli e alle indagini della polizia giudiziaria, cioè di fatto arrendersi", aggiunge Patrizia Fantilli, responsabile dell'ufficio legale del Wwf. "Dal punto di vista del diritto mettere sullo stesso piano giuridico gli automobilisti che parcheggiano male e i criminali che uccidono un orso suona aberrante. E in contrasto con la legge sui maltrattamenti agli animali appena approvata all'unanimità dalla Camera".

 
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