MESSAGGERO |
La discussione
sulla raffineria. I Ds regionali si schierano con il sindaco
e chiedono l’intervento del Governo per uno sviluppo
ecocompatibile
«Concessione? L’Api ci dia più garanzie»
Oggi un’assemblea di
sindacati e lavoratori deciderà iniziative di mobilitazione
FALCONARA - «Che il governo
dia piena attuazione alla norma prevista dalla Finanziaria
del 2001 che prevedeva (fatti salvi tutti gli obblighi di
protezione della salute e dell’ambiente e di rispetto della
sicurezza a carico delle singole aziende) a favore degli
enti locali, sede di raffinerie, una compartecipazione ai
tributi erariali da utilizzare per programmi di salvaguardia
e di sviluppo ecocompatibile del territorio». Questa la
strada da seguire, per i Democratici di Sinistra delle
Marche, sul fronte Api. Lo hanno reso noto ieri in un
comunicato in cui ribadiscono l’esigenza di un piano
energetico regionale eco-sostenibile. «Sollecitiamo un
confronto – scrivono i Ds - affinché la Regione possa, in
tempi brevi, dotarsi di un nuovo Piano Energetico Regionale
fortemente caratterizzato da un punto di vista ambientale in
coerenza con le nuove politiche di sviluppo sostenibile già
avviate dalla Regione. Una politica energetica regionale
aperta al necessario contributo e confronto con gli enti
locali, con le parti sociali, economiche e produttive della
Regione. In questo contesto, anche in relazione alla
necessità di un coordinamento tra i vari livelli
istituzionali coinvolti, abbiamo valutato positivamente
l’intesa sottoscritta recentemente tra Regione, Provincia,
Comune, in cui, tra l’altro, si prevede la costituzione di
un tavolo istituzionale permanente, con funzioni di
coordinamento, dove costruire, in modo partecipato, le
decisioni». Non manca, poi, il coinvolgimento del primo
cittadino falconarese a cui i Ds sembrano dare fiducia,
chiarendo le posizioni. «Sosteniamo l’attività
dell’amministrazione comunale di Falconara impegnata
affinché, da un lato, si perseguano con efficacia e
determinazione gli obiettivi di medio-lungo periodo,
inseriti nello strumento urbanistico generale e che
attengono ad una riqualificazione e riconversione del
proprio territorio, e dall’altro si realizzino a breve
termine quegli interventi che sin d’ora possono consentire
il raggiungimento di standard di sicurezza e vivibilità». Il
partito, infine, vincola il rilascio del rinnovo all’Api ad
alcune condizioni che l’azienda deve rispettare. «La
valutazione della richiesta di rinnovo – si legge nella nota
- non può prescindere dai seguenti elementi: la tutela
diretta dell’integrità del territorio assicurando che gli
enti preposti partecipino al monitoraggio all’interno della
raffineria, al controllo, alla sorveglianza e messa a punto
di prescrizioni e di interventi che rimuovano le condizioni
di rischio a tutela della salute e sicurezza dei lavoratori
e dei cittadini, alla realizzazione delle bonifiche
sull’intera area. Ancora, la previsione di un nuovo
tracciato della linea ferroviaria, della strada statale e
dell’azzeramento dei costi per la comunità». Tutte queste
condizioni – per i Ds - sono necessarie per offrire
credibili garanzie alla comunità locale: il relativo costo
sociale non può essere sopportato dalla comunità e va quindi
finanziato dal soggetto che utilizza il territorio per fini
produttivi ed economici, a maggior ragione laddove quel
territorio subisce un continuo degrado. «Il concretizzarsi
di tali impegni – concludono - sono per i Ds condizione
imprescindibile per far sì che la conclusione del
procedimento amministrativo sulla richiesta di rinnovo della
concessione avanzata dall’Api possa conseguire una
valutazione favorevole. E’ quindi necessario che il tavolo
istituzionale di coordinamento, tra Regione, Provincia e
Comune, venga subito convocato per affrontare insieme le
problematiche». Sempre di tavolo di confronto, però
allargato a tutte le parti coinvolte, parlano anche i
sindacati, Cgil, Cisl e Uil, che annunciano per oggi
un’assemblea dei lavoratori dove decideranno iniziative di
mobilitazione, definite in una nota «necessarie e
immediate». L’equilibrismo della Regione e il no al rinnovo
del Comune li ha messi all’allerta, infatti si dicono
«fortemente preoccupati per le possibili conseguenze del
parere negativo già espresso dal Comune sul futuro
occupazionale e produttivo della raffineria». Un segnale,
probabilmente, che la posizione del Comune ha pesato anche
in Regione. Per questo chiedono, come stabilito
nell’incontro di lunedì con la Regione, «di avviare subito
il tavolo tra gli enti, l’azienda e le associazioni di
categoria per definire gli interventi di bonifica dell’area,
di rispetto ed attuazione delle prescrizioni del Ctr,
dell’elevazione degli standard di sicurezza e
dell’attuazione di infrastrutture viarie per rendere più
compatibile la raffineria al territorio». Di raffineria
compatibile, invece, non vuole sentir parlare l’Area di
iniziativa culturale per il risanamento della politica,
secondo cui la concessione non deve essere prorogata per via
dell’inquinamento provocato. «Le tesi sostenute dal sindaco
– scrivono – devono essere accettate e sostenute. Mentre è
inutile gonfiare fino a 2000 i lavoratori dell’Api quando
sono solo alcune centinaia, comprensive dell’indotto, e si è
invece in presenza di 30000 falconaresi che respirano
tonnellate di inquinanti, solo di ossido di azoto sono 200».
«Congelate la pratica
silos»
Magliola (Verdi): «Saremo
intransigenti»
«La pratica per il rilascio
della concessione alla Silos Granari Sicilia va congelata in
commissione edilizia». Paola Magliola, consigliere comunale
dei Verdi, ha avanzato questa richiesta non ritenendosi
soddisfatta della risposta che le aveva fornita il
vicesindaco Giaccaglia rispondendo a una sua interrogazione.
«La pratica va sospesa fino a quando il consiglio comunale
non avrà discusso la mia mozione» ha affermato la Magliola.
Mozione in cui si chiede di non costruire più silos in area
portuale sino a una distanza di cento metri dal mare. E
annuncia: «Su questa vicenda saremo intransigenti perché non
si può guardare all’insediamento specifico dei nuovi silos
senza tener conto del quadro generale e dell’imminente
arrivo del nuovo piano particolareggiato del porto». Sempre
in tema portuale, legato stavolta all’arrivo delle
petroliere, Paola Magliola è la prima firmataria di una
mozione, sottoscritta sia da esponenti della maggioranza che
dell'opposizione, in cui si chiede al sindaco «di
promuovere, nell’ambito del Forum delle città dell’Adriatico
e dello Jonio, l’istituzione di una commissione tecnica che
verifichi all’ingresso dello stretto di Otranto la realtà
fisica delle navi, l’eventuale riduzione dello spessore
delle lamiere». E di richiedere un protocollo d’intesa tra i
Comuni di Ancona e Falconara, Ap, Api e altre autorità
marittime «per la verifica sul carico/scarico degli olii
combustibili liquidi effettuati presso la raffineria Api».
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IL RESTO DEL
CARLINO |
Acque di
scarico, quattro a giudizio
FALCONARA — Alterazione e
danneggiamento delle acque del fiume Esino con lo
sversamento di sostanze pericolose attraverso uno scarico
non autorizzato nel fosso 'scolatore'. E' questa l'accusa
rivolta all'Api dalla procura della Repubblica che ha citato
direttamente a giudizio — la prima udienza è stata fissata
per il 30 aprile prossimo — l'ex direttore dell'Api Giovanni
Saronne, quello attuale Franco Bellucci, il legale
responsabile Clemente Napolitano e Francesco Rossi,
progettista per conto dell'Api della ristrutturazione del
fosso scolatore nonché responsabile della sezione operazioni
e manutenzione dell'azienda. Nei confronti di quest'ultimo
pende tra l'altro anche l'accusa di falso proprio
nell'ambito di questo progetto finito nel mirino della
procura. L'inchiesta scattò nel novembre di due anni fa
quanto i carabinieri dell'ex Noe e tecnici dell'Arpam
eseguirono un blitz alla raffineria ordinato dal sostituto
procuratore Marco Mansi, ora non più ad Ancona. Carabinieri
e tecnici controllarono la zona del piazzale della
raffineria utilizzato per il parcheggio delle autobotti e lo
scarico di un collettore che sbocca nel fiume Esino e
chiamato fosso 'scolatore'. Vennero riscontrate alcune
anomalie proprio a ridosso del fosso 'scolatore' e prelevati
alcuni campioni d'acqua poi sottoposti ad analisi. L'ipotesi
della procura, su cui ora si farà il processo, è quella
dell'inquinamento ambientale per lo scarico di cui non
sarebbe risultata certa la regolarità. Scarico che, secondo
l'ipotesi investigativa, potrebbe aver danneggiato e
deturpato un fosso della zona nonché dello stesso fiume
Esino. L'inchiesta condotta dal sostituto procuratore Mansi
riguarda fatti compresi tra il 1998 e i primi mesi del 2001.
«Vogliamo subito un
tavolo di confronto»
FALCONARA — Primi risultati
dal giro di consultazioni delle organizzazioni sindacali (Cgil,
Cisl e Uil) unitariamente alle Rsu dopo gli incontri di ieri
e dell'altro ieri. Il risultato quasi scontato soprattutto
in assenza di «valide e credibili condizioni di
riconversione industriale dell'area e del sito produttivo».
Timore per il futuro -
All'unisono esprimono forte preoccupazione in ordine alle
possibili conseguenze che il parere negativo già espresso
dall'amministrazione comunale attraverso il 'no' definitivo
della giunta, può determinare per il futuro occupazionale e
produttivo della raffineria stessa. Insomma gli incontri
sono stati concepiti per capire chiaramente le posizioni di
tutti coloro che interagiscono o direttamente o
indirettamente con la raffineria Api. Ognuno con le sue
parti, ognuno con il suo modo di pensare e di vedere il
futuro della città mantenendo gli stessi livelli
occupazionali. L'idea del primo cittadino di Falconara di
riconvertire l'attuale sito occupato dall'impianto e
trasformarlo in un polo turistico, modificando totalmente la
destinazione sembra non essere piaciuto. Al contrario
soprattutto i sindacati non hanno ravvisato alcuna
prospettiva, in quel modello, per i loro lavoratori, nessuna
continuità o meglio nessun futuro. «Non ci sono valide e
credibili condizioni di riconversione industriale —
affermano le segreterie territoriali di Cgil, Cisl e Uil —
dell'area e del sito produttivo, occorre impegnarsi per
affermare i presupposti per il prosieguo dell'attività
lavorativa partendo dal rinnovo della concessione».
Le richieste - Le
organizzazioni sindacali e le Rsu chiedono che venga
attivata tempestivamente, così come stabilito nell'incontro
di ieri con l'assessore regionale all'Ambiente, Marco
Amagliani, il tavolo di confronto con il Comune, la
Provincia, la direzione aziendale e il sindacato nell'ambito
del quale vanno definiti gli interventi. Un vero e proprio
vademecum per la convivenza che prevede innanzitutto il
risanamento e la bonifica dell'area del sito produttivo e
poi il rispetto e l'attuazione delle prescrizioni del
Comitato tecnico regionale. Le segreterie territoriali non
si fermano a questo ma chiedono anche che ci sia una
costante e continua elevazione degli standard di sicurezza e
l'attuazione delle infrastrutture viarie, ambientali e di
sicurezza che consentano di rendere sempre più compatibile
l'attività lavorativa della raffineria con il resto del
territorio di Falconara. Formulano queste dichiarazioni
sulla base del ruolo ricoperto dall'impianto fin dal momento
del suo insediamento e a maggior ragione da quando la
raffineria e la centrale Igcc (centrale per la produzione di
energia elettrica), rappresenta una delle strutture
strategiche nell'ambito della politica e
dell'approvvigionamento energetico della regione Marche e
più generale per le regioni del centro Italia.
Giorni intensi.- Settimana
ricca di appuntamenti e di incontri che termineranno oggi
con l'assemblea di tutti i lavoratori dell'Api. Poi,
mercoledì 22 gennaio sarà il giorno in cui si riceveranno
tutte le maestranze per definire e decidere tutte le
iniziative di mobilitazione necessarie e immediate. Insomma
il confronto non sembra essersi concluso. Si rivelano quindi
due scenari, quello della resistenza dell'amministrazione e
quindi di tutta la Giunta ad un'eventuale permanenza
dell'impianto petrolifero sul territorio falconarese e
dall'altro quello dei rappresentanti dei lavoratori pronti a
scendere in piazza per protestare e far valere le loro
ragioni. Cosa succederà e quali saranno gli scenari che si
apriranno rimane ancora un mistero. La cittadinanza è
letteralmente spaccata in due: da una parte chi non intende
convivere per nessun motivo con l'industria e chi invece pur
di assicurare i posti di lavoro è pronto a tollerarne la
presenza. Questi ultimi mettono per inciso che un'eventuale
permanenza renderebbe esplicito l'accrescimento delle misure
di sicurezza e di impatto ambientale verso il territorio
circostante. Un qualcosa di più delle ultime certificazioni
rilasciate al petrolifero di Falconara, qualcosa che dia
quel senso di vivibilità e di non pericolosità per quanto
questo sia possibile. Negli ultimi giorni a scendere in
campo per l'azienda c'è stato anche l'operaio rimasto ferito
nell'ultimo incidente all'Api.
«Alternativa all'Api»
FALCONARA — «No al rinnovo
della concessione e subito un progetto di alternativa
all'Api». Così «L'area d'iniziativa culturale per il
rinnovamento della politica» prende una netta e decisa
posizione sul rinnovo della concessione all'Api e alla
centrale Igcc. «Le tesi sostenute dal sindaco Carletti —
scrivono nel documento Mario Bolzonetti, Uliano Giannini,
Sergio Invernati e Mario Paglionico — devono essere
accettate e sostenute da tutti i cittadini e dalla comunità
provinciale e regionale. La raffineria Api ha provocato e
continuerà a provocare inquinamento che interessa cielo,
terra mare e pericolo per i lavoratori. E' giusto e
sacrosanto difendere i posti di lavoro ma è inutile e
controproducente 'gonfiare' fino a 2000 il numero dei
lavoratori quando i posti realmente occupati sono alcune
centinaia compreso l'indotto». Secondo "L'area d'Iniziativa
culturale per il rinnovamento della politica" la concessione
non deve in alcun modo essere prorogata perché «solo così si
potrà aprire per la città di Falconara, anche attraverso il
contributo pubblico-privato, una stagione di progresso
economico, di sviluppo di tutti settori». 'L'Area' fa
appello ai cittadini, ai comitati presenti in città, ai
sindacati, ai partiti e in primo luogo ai Ds, affinché
sostengano il primo cittadino nella sua battaglia per dire
un 'no' deciso al rinnovo della concessione all'Api
chiedendo alla Regione i finanziamenti necessari per
organizzare uno studio di fattibilità per la dismissione.
Ds, solidarietà a Carletti
FALCONARA — Confronti e
tavoli istituzionali sono al centro della programmazione di
Regione, Provincia e Comune. La 'questione' Api ha spinto
anche la segreteria regionale dei Democratici di sinistra ad
avviare un confronto con i propri iscritti che ai vari
livelli istituzionali, sindacali e di partito, sono
interessati al problema. Una serie di raffronti quasi
itineranti dove il pensiero finale è contenuto in un
documento, approvato dalla stessa segreteria regionale una
settimana fa. Due pagine dove si legge che è stato espresso
sostegno all'attività dell'amministrazione comunale affinché
si perseguano con efficacia e determinazione gli obiettivi
strategici di medio-lungo periodo inseriti nello strumento
urbanistico generale e che dall'altro si progettino e si
realizzino a breve quegli interventi che sin d'ora possono
consentire il raggiungimento di standard di sicurezza e
vivibilità. I Ds pongono delle condizioni ad un possibile
rinnovo della concessione: innanzitutto quella di garantire
la tutela e l'integrità del territorio assicurando che gli
enti partecipino al monitoraggio all'interno della
raffineria, al controllo, alla sorveglianza nonché alla
progettazione e alla realizzazione delle bonifiche
sull'intera area. Contemporaneamente la rimozione di alcuni
vincoli modulando l'assetto territoriale ottimizzando
l'utilizzo degli spazi e prevedendo un nuovo tracciato della
linea ferroviaria e della strada statale. E l'azzeramento
dei costi per la città. |
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CORRIERE ADRIATICO |
I sindacati chiedono
sicurezza
"Subito un tavolo di
concertazione sull'Api"
Sulla questione Api sindacati
ed rsu sollecitano l'avvio del tavolo di concertazione, così
come stabilito dalla Regione. Insieme si dicono soddisfatti
per la decisione dell'esecutivo regionale di attivare quanto
prima il confronto tra Comune, Provincia, azienda e
sindacato. E' questo il senso del documento scaturito ieri
dall'incontro tra le stesse rsu e Cgil, Cisl e Uil e con la
direzione della raffineria. L'auspicio, come spiega il
segretario provinciale Cgil Gilberto Zoppi, è che "il
confronto produca una valutazione positiva sul rinnovo della
concessione". Oggi, poi, toccherà ai lavoratori esprimere il
proprio giudizio in merito: lo faranno in assemblea
convocata per le 14,30, occasione propizia, annunciano Cgil,
Cisl e Uil, anche per "decidere tutte le iniziative di
mobilitazione necessarie ed immediate". Altro tassello del
puzzle: venerdì prossimo si terrà la riunione di Regione,
Provincia e Comune per fare il punto della situazione e
stabilire la data dell'avvio del tavolo che dovrebbe partire
già dalla prossima settimana. Insomma, si accelerano i tempi
così da arrivare al 15 giugno, data fissata dalla Regione
per sciogliere l'impasse del rinnovo della concessione. Nel
documento sottoscritto assieme alle rsu, i sindacati mettono
nero su bianco anche gli interventi da affrontare per
giungere ad un accordo di massima nell'ambito del tavolo di
concertazione. Si parte con il risanamento e la bonifica
dell'area del sito produttivo, si prosegue con il rispetto e
l’attuazione delle prescrizioni del Ctr, il Comitato
economico regionale. Quindi Cgil, Cisl e Uil rimarcano la
necessità di una "continua elevazione degli standard di
sicurezza" e infine, sollecitano "la realizzazione delle
infrastrutture viarie, ambientali e di sicurezza tali da
rendere sempre più compatibile l'attività lavorativa della
raffineria con il resto della città". Una posizione che si
basa su una premessa fondamentale: la raffineria e l'Igcc
sono "impianti strategici nell'ambito della politica e
dell'approvvigionamento della regione e non solo". Opinione
condivisa dai più, a partire dallo stesso sindaco Giancarlo
Carletti nei confronti del quale, però, Cgil, Cisl e Uil
ribadiscono le "proprie preoccupazioni rispetto alle
possibili conseguenze che il parere negativo
dell'amministrazione possa determinare per il futuro
occupazionale e produttivo della raffineria". Tutto già
detto come la considerazione che "non ci sono valide e
credibili condizioni di riconversione industriale dell'area
e del sito produttivo". Di qui. dunque, la "necessità per
affermare i presupposti così da proseguire l'attività
lavorativa partendo dal rinnovo della concessione". Da parte
sua, l'azienda, per bocca del direttore Franco Bellucci, fa
sapere che "in questo momento ognuno vede la questione a
seconda delle proprie conoscenze sulla raffineria.
L'auspicio, tuttavia, è che tutti possano conoscere a fondo
al nostra realtà". Rispetto poi alle varie prese di
posizione, Bellucci ribadisce di "essere d'accordo con
l'idea del tavolo di concertazione purché la discussione sia
su un piano razionale". Quanto al documento dei sindacati,
con la premessa della diversità dei ruoli, Bellucci si dice
"in linea con le loro affermazioni". Infine il direttore
riconferma "la volontà dell'azienda di lavorare per il
territorio nel pieno rispetto della città e dell'ambiente".
DS e Margherita
sostegno al Comune
da tutelare l'integrità del territorio
La
richiesta di rinnovo della concessione deve essere esaminata
contestualmente all'attivazione, da parte dell'Api, delle
prescrizioni previste dai periti del tribunale sulla
sicurezza. Il tutto prendendo atto che "ad oggi il permanere
della raffineria contrasta con le previsioni urbanistiche
del Comune". E' il pensiero dei Ds espresso in un documento
approvato dalla segreteria nei giorni scorsi. Un giudizio
articolato in base al quale il rinnovo deve contemplare una
serie di elementi. E cioè: la tutela dell'integrità del
territorio, il controllo di interventi per rimuovere ogni
condizione di rischio per la salute dei cittadini e la
bonifica dell'intera area. Ma non solo. I Ds insistono anche
sulla necessità di "rimuovere alcuni vincoli modulando
l'assetto territoriale per ottimizzare l'utilizzo degli
spazi" prevedendo, tra l'altro, un nuovo tracciato della
linea ferroviaria e della strada statale. Il tutto
sottolineando "l'azzeramento dei costi per la comunità
intervenendo sui condizionamenti sociali e culturali". In
questo contesto, i Ds valutano positivamente l'intesa
sottoscritta da Regione, Provincia e Comune. Pur
riconoscendo che "la raffineria svolge un ruolo strategico
nell'attuale politica energetica". i Ds ammettono anche che
"limita lo sviluppo del territorio". Per questo sollecitano
"il Governo a dare piena attuazione alla norma della
Finanziaria 2001 che prevedeva a favore degli enti locali
sede di raffinerie la compartecipazione ai tributi erariali
da utilizzare per programmi di salvaguardia e di sviluppo
ecocompatibile". Si ribadisce dunque "il sostegno al Comune
affinché da un lato si perseguano obiettivi di medio lungo
periodo, dall'altro si realizzino a breve termine gli
interventi per gli standard di sicurezza e vivibilità".
Anche la Margherita va prendendo posizione nel dibattito.
Ieri si è svolta la riunione dei gruppo regionale per
stendere la prima bozza di un documento che sarà definito e
discusso nei prossimi giorni. Intanto però, la coordinatrice
regionale Stefania Benatti fa sapere di "essere concorde con
la linea della Regione" che ha promosso il tavolo di
concertazione istituzionale, "la sede più idonea per
assumere le decisioni". Con una premessa significativa e
cioè "ad oggi non esistono le condizioni per il rinnovo
della concessione". Per la Margherita, come per i Ds,
bisogna rendere compatibile l'impianto e il primo
riferimento è la perizia del consulente tecnico del Tar.
"Area” dice no alla concessione
La posizione gruppo per il rinnovamento
politico a Falconara
La concessione non deve essere prorogata in
alcun modo. E’ quanto afferma l'Area di iniziativa culturale
per il Rinnovamento della politica di Falconara che lancia
un appello a cittadini, sindacati e partiti, in primo luogo
ai Ds locali, affinché "sostengano Carletti nella sua
battaglia per il no al rinnovo della concessione". Il tutto
con la richiesta di un "progetto dì alternativa alla
raffineria" sollecitando alla Regione i finanziamenti
"necessari per organizzare uno studio di fattibilità per la
dismissione e per organizzare un concorso europeo per un
progetto di riqualificazione di tutta l’area interessata".
Una posizione netta, quella di Area, in merito al dibattito
che si è aperto sulla questione. Secondo Area, dunque, le
tesi del sindaco Carletti devono "essere accettate e
sostenute da tutti i cittadini nonché dalla comunità
provinciale e regionale". Questo perché "la raffineria
provoca e continuerà a provocare inquinamento, se dovesse
continuare la produzione”. Per questo ''difendere l'Api in
questa situazione significa portare avanti una politica
miope di conservazione del territorio. L'opinione espressa
da Area, in buona sostanza, é che è giusto “difendere il
posto di lavoro ma e altrettanto doveroso difendere la
salute dei lavoratori e dei cittadini". |
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LA SICILIA |
Enichem: un
dirigente ha «cantato»
Siracusa. «Non crederò mai
che l'ingegnere Adamo possa aver dichiarato che all'Enichem
di Priolo sono stati falsificati i formulari e, con
l'inganno, trasferiti presso discariche non attrezzate
rifiuti tossici, contenenti mercurio». E' la risposta che,
all'unisono, avevano opposto i dirigenti Enichem Giuseppe
D'Arrigo Genitori, Giuseppe Rivoli, Gaetano Claves, Giuseppe
Farina, Luigi Russo e Franzo Miano, nel corso dei rispettivi
interrogatori svoltisi all'interno del carcere di Cavadonna,
al pubblico ministero Maurizio Musco, che li aveva messi di
fronte al fatto compiuto della scelta di campo fatta dal
loro collega di rendere ampia e circostanziata ammissione in
relazione ad alcune delle 154 ipotesi di reato contestate
nell'ordinanza di custodia cautelare a firma del Gip Monica
Marchionni. Quella del pm non era nè una «bufala» nè una
«trappola». In realtà, l'ingegnere Luciano Adamo, 30 anni,
residente a Tremestieri, in provincia di Catania, difeso
dall'avvocato Orazio Consolo, era crollato dinanzi al Gip e
aveva candidamente confessato tutti i traffici che si sono
per anni consumati nello stabilimento di Priolo. Per Adamo,
addetto alla tenuta dei registri sui rifiuti, puntualmente,
è arrivato il «premio»: i titolari dell'inchiesta, il
procuratore capo Roberto Campisi ed il sostituto Musco,
autonomamente, hanno chiesto al Gip di tramutare la misura
della custodia in carcere in quella degli arresti
domiciliari. La richiesta è stata accolta e l'indagato, nel
pomeriggio di ieri, ha lasciato la casa circondariale di
Cavadonna ed è stato accompagnato nella sua abitazione. La
scelta di Adamo non è stata seguita dagli altri indagati
raggiunti dalla misura della custodia in carcere, nè dai tre
suoi colleghi finiti ai domiciliari, che sono stati
interrogati ieri mattina dal Gip Marchionni. Infatti,
Sebastiano Nicolosi, Francesco Ognibene e Piergiorgio Sedda,
tutti assistiti dal professore Enzo Musco e dagli avvocati
Ezechia Paolo Reale e Francesco Favi, hanno respinto le
accuse e negato irregolarità e situazioni anomale
all'interno dei reparti di ossido propilene e di etileni
aromatici. Questa mattina verranno interrogati Sebastiano
Basile, Pietro Calì, Corrado Rogas e Marcello Muzzicato,
mentre domani toccherà a Giuseppe Naselli, Salvatore Terrana
e Marcello Altavilla. Le indagini della Procura della
Repubblica aretusea e degli uomini della Guardia di Finanza
vanno intanto avanti senza sosta. Ieri, mattina, infatti,
mentre a palazzo di giustizia avvenivano gli interrogatori
dei tre indagati ai domiciliari, nella sede di Enichem
Priolo era in corso una perquisizione da parte dei militari
della Guardia di Finanza, a conclusione della quale sono
stati acquisiti numerosi documenti, alcuni dei quali vengono
considerati «molto interessanti» perché potrebbero contenere
delle indicazioni idonee per fare estendere le indagini
anche al vertice della società di San Donato Milanese. Il
procuratore capo Campisi, nel corso di un incontro con i
giornalisti, ha poi comunicato di avere commissionato una
quarta consulenza sui possibili danni alla salute dei
bagnanti e alla fauna marina per la presenza di acido
solforico e mercurio nel tratto di mare di Fondaco Nuovo.
Invece, l'avvocato Ettore Randazzo, nell'interesse del
funzionario della Provincia di Siracusa, Alfio Caceci, si è
rivolto al Tribunale del Riesame per ottenere la revoca
della misura coercitiva emessa a carico del suo cliente dal
Gip. Infine, alcuni sedicenti «amici degli operai» dell'Enichem
di Priolo hanno inviato alla redazione di Siracusa del
nostro quotidiano una lettera anonima in cui rivolgono
ingiurie e minacce sia il pubblico ministero Musco che ai
militari della Guardia di Finanza, perché «hanno fatto
saltare in aria chi ci dava il lavoro».
Priolo «sposa» Termini:
verso uno sciopero dell'industria
I sindacati. Affollatissima
assemblea all'Enichem sulle crisi parallele del settore
chimico e di quello metalmeccanico
Priolo. Raffica di iniziative
sindacali per la crisi della chimica. E si va verso uno
sciopero per l'industria in Sicilia. Punti caldi Priolo e
Termini Imerese: la chimica e la metalmeccanica
dell'automobile. Nella mensa Enichem si è tenuta
un'assemblea così affollata e partecipata come non se ne
vedeva dagli anni della prima grande crisi della chimica. Lo
spettro aleggiante era la perdita di oltre un migliaio di
posti di lavoro. Subito dopo l'assemblea un incontro fra i
segretari provinciali della Fulc siracusana (Paolo Zappulla,
Sebastiano Spagna ed Emanuele Sorrentino), i segretari
provinciali di Cgil, Cisl e Uil (Pippo Zappulla, Enzo Scatà
e Stefano Munafò rispettivamente) e i responsabili regionali
del settore industria di Cgil, Cisl e Uil (Giovanna Marano,
Giorgio Tessitore e Salvatore La Terra). All'assemblea hanno
partecipato i lavoratori di Enichem, Polimeri Europa e Dow
Italy. Ha aperto Sebastiano Spagna, è intervenuto Paolo
Zappulla, ha concluso Emanuele Sorrentino. Sono intervenuti
anche il senatore Antonio Rotondo e il deputato regionale
Roberto De Benedictis. E si è levata di nuovo l'accusa alla
Regione: dove sono i 140 miliardi della prima tranche di
finanziamento per il Piano di risanamento ambientale? Dov'è
il piano di risanamento ambientale? Sono emerse iniziative
in varie direzioni. La Fulc, le Rappresentanze sindacali
unitarie di fabbrica, l'assemblea generale dei lavoratori
lanciano innanzitutto una rivendicazione: si rimettano
subito in marcia gli impianti della linea cloro-soda,
naturalmente con tutte le garanzie necessarie alla sicurezza
degli addetti e delle popolazioni e alla tutela
dell'ambiente. Le professionalità per la conduzione degli
impianti, si afferma, in fabbrica ci sono. Entro la
settimana prossima sindacato e lavoratori vogliono garanzie
su tempi e modalità della ripresa dell'esercizio produttivo.
Per venerdì prossimo è convocato in seduta straordinaria il
Consiglio provinciale. È stata invece rinviata a data da
stabilire la riunione che era stata convocata per domani
alla presidenza del Consiglio dei ministri per discutere la
questione chimica nel suo complesso. Due le linee di
tendenza per la interpretazione di questo rinvio: da una
parte si teme un tentativo del governo di sfuggire al
problema, almeno in questo momento così critico; dall'altra
si vuol pensare piuttosto alla volontà di affrontare il
problema con maggiori e più esaurienti argomenti, con un
disegno strategico definito per superare la crisi e pensare
invece al rilancio. Intanto i responsabili regionali del
settore industria di Cgil, Cisl e Uil, dopo l'incontro di
ieri a Siracusa, si riuniranno subito a Palermo con i
rispettivi segretari generali Carmelo Diliberto, Paolo
Mezzio e Claudio Barone. Insieme elaboreranno la strategia
del sindacato siracusano in difesa del lavoro
nell'industria. «Un tavolo di trattativa col governo
nazionale – recita testualmente il comunicato diffuso ieri –
per definire subito le misure necessarie al risanamento
ambientale dell'area chimica siracusana e per uno sviluppo
sostenibile: è questa la richiesta di Cgil, Cisl e Uil e
della Fulc regionali e provinciali, che hanno tenuto una
verifica a Siracusa. «La situazione dell'area chimica –
prosegue il comunicato sindacale – ha spinto anche Cgil,
Cisl e Uil di Siracusa a chiedere alle rispettive
confederazioni regionali di fare della vicenda in questione
un punto centrale dello sciopero unitario dell'apparato
produttivo in programma». In chiusura di giornata, ieri
sera, un collegamento televisivo dal palazzo del Senato con
la partecipazione di Luca Sofri e del ministro
dell'Ambiente, Altero Matteoli. Una contestazione è stata
ribadita al presidente dell'Eni, Vittorio Mincato: non si
può porre la gente al bivio tra produrre inquinando o
chiudere; si deve produrre senza inquinare. E infine la
riconferma della strategicità della chimica per il Paese,
che per questo settore è già pesantemente tributario
dell'estero.
«Inquietante dossier sull'Enichem
avvieremo indagine parlamentare»
Roma. «Inquietante»: così
Paolo Russo, presidente della Bicamerale d'inchiesta sul
ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso
collegate ha definito il dossier-Enichem inviatogli dalla
Procura Generale della Repubblica di Catania. Ed è proprio
per avviare un'indagine conoscitiva sulle modalità di
smaltimento delle scorie della lavorazione industriale degli
stabilimenti del Paese che giovedì, nel corso dell'ufficio
di Presidenza della Commissione d'inchiesta sarà delineato
il programma dell'iniziativa parlamentare. «Non vogliamo
sostituirci ai giudici - precisa Paolo Russo - il nostro
obiettivo è piuttosto quello di prevenire distorsioni
all'interno della procedura che porta allo smaltimento dei
rifiuti speciali. Priolo dunque rappresenta il punto
partenza di un viaggio all'interno di una scottante
questione nazionale».
«La chimica non emigrerà»
«La chimica deve restare in
Italia. Siamo uno dei Paesi più industrializzati del mondo e
quindi non possiamo fare a eno della chimica». Ad affermarlo
è stato il ministro dell'Ambiente, Altero Matteoli, ieri
sera nel corso di un collegamento televisivo al caso Enichem,
andato in onda su «La7». Il sindaco Titti Bufardeci, ha
invece invitato tutti «a venire a Siracusa e fare il bagno
nelle limpide acque dello Jonio, infatti da questa vicenda
giudiziaria si potrebbe avere un'idea distorta
dell'inquinamento che riguarda solo una ben determinata zona
del litorale, quella del petrolchimico». Il sindaco di
Priolo, Massimo Toppi, ha ribadito che «questa non è una
situazione sorta all'improvviso,ma è il risultato di 50 anni
di industrializzazione selvaggia che ha colonizzato questa
zona del Siracusano. Per tanti anni è stato consentito,
anche per la carenza di leggi e controlli, di fare il buono
e il cattivo tempo. Quando qualcuno ha cercato di alzare la
voce, la risposta è stato il ricatto occupazionale e a volte
si sono avuto anche scontri con i sindacati». Pippo Zappulla,
della Cgil, infine, al ministro Matteoli ha chiesto garanzie
sul futuro della chimica considerando che l'Eni ha
manifestato l'idea di disimpegnarsi.
Il presidente Bandiera: «I
maggiori enti locali dovrebbero costituirsi parte civile»
Dal coro «siamo innocenti,
nulla di irregolare è avvenuto all'interno dello
stabilimento Enichem di Priolo», intonato da dieci dei
diciotto arrestati dalla Guardia di Finanza per ordine della
magistratura, si è levata la voce «bianca» dell'ingegnere
Luciano Adamo, 30 anni, residente a Tremestiere Etneo,
addetto alla tenuta dei registri sui rifiuti. Le sue
ammissioni, in ordine ai capi d'imputazione che gli vengono
contestati riguardo alla indicazione di dati falsi nei
certificati delle analisi, dei falsi dati nei formulari di
identificazione dei rifiuti, del trasporto di rifiuti
pericolosi con formulari falsi e di traffico illecito di
ingenti quantitativi di rifiuti contenenti mercurio, sono
state premiate dai magistrati della Procura della
Repubblica, Roberto Campisi e Maurizio Musco, con la
richiesta al Giudice per le indagini preliminari Monica
Marchionni di voler tramutare la misura della custodia in
carcere in quella meno afflittiva degli arresti domiciliari.
La richiesta dei titolari dell'inchiesta sul traffico di
rifiuti tossici da parte dell'Enichem di Priolo, è stata
immediatamente accolta dal Gip e, un'ora dopo, l'ingegnere
Luciano Adamo si è ritrovato fuori dalla struttura
carceraria di Cavadonna e, sotto scorta, ha fatto rientro
presso la sua abitazione di via Novaluce, 48. Adamo è il
solo tra i dieci indagati sinora interrogati dal Gip ad
avere confessato l'illecito traffico che si svolgeva da anni
all'interno dello stabilimento di Priolo. Le sue confessioni
hanno spinto il Pubblico Ministero Maurizio Musco, presente
a tutti gli interrogatori, a manifestare soddisfazione per
le conferme date dall'ingegnere Adamo alla tesi degli
inquirenti. Diametralmente opposto era stato il commento dei
difensori dei nove indagati che avevano invece, all'unisono,
respinto gli addebiti. I difensori, infatti, nel ritenersi
soddisfattissimi delle risposte date dai loro assistiti, si
erano detti sorpresi del commento trionfale fatto dal
pubblico ministero, puntualizzando con un pizzico d'ironia
«a meno che non si riferisca ad un altro interrogatorio
rispetto a quello a cui abbiamo partecipato noi». Il giovane
magistrato della Procura, che si era visto riconoscere la
bontà del lavoro fatto dalle ammissioni dell'ingegnere
Adamo, con un pò di sarcasmo ha replicato ai difensori degli
indagati, affermando «c'è qualcuno che ride per non
piangere». Nel corso degli interrogatori di ieri mattina,
svoltosi nell'aula del Gip, Sebastiano Nicolosi, 51 anni,
Francesco Ognibene, 43 anni, e Piergiorgio Sedda, 44 anni,
responsabili il primo del reparto di ossido di propilene e i
rimanenti due di quello di etilene aromatici, hanno
protestato la loro innocenza, negando che all'Enichem di
Priolo siano stati commessi degli illeciti come quelli
ipotizzati nell'ordinanza di custodia. I tre vengono
assistiti dagli avvocati Ezechia Paolo Reale e Francesco
Favi e dal professore Enzo Musco. Questa mattina verranno
interrogati Pietro Calì, 46 anni, Corrado Rogas, 47 anni,
Marcello Muzzicato, 59 anni e Sebastiano Basile, 55 anni,
anche loro assistiti dallo stesso gruppo di penalisti.
Intanto il procuratore capo Roberto Campisi ha annunciato
l'affidamento di una quarta consulenza tesa ad accertare i
danni arrecati alla flora e alla fauna marina per l'acido
solforico e il mercurio fuoriusciti dai serbatoi di Enichem
Priolo.
Alla Provincia seduta
straordinaria
La grave situazione venutasi
a creare nel polo petrolchimico, dopo lo scandalo che ha
coinvolto i vertici dell'Enichem di Priolo, «approda» in un
Consiglio provinciale straordinario. Il Consiglio, previsto
per il prossimo ventiquattro gennaio non si terrà alle 9,30,
come fissato di primo acchito, ma alle 16. Il presidente del
consesso, Gaetano Bandiera, in un comunicato, a cui «affida»
le ragioni della convocazione avvenuta di concerto con il
numero uno dell'ente Bruno Marziano, analizza la situazione
lanciando al contempo taluni suggerimenti. Il quadro
accusatorio che in materia di inquinamento emerge
dall'inchiesta Enichem, si legge nel documento, dovrebbe
essere motivo di una profonda riflessione per le forze
politiche e sindacali, per gli enti locali, nonché per i
Governi regionale e nazionale. Penso che i maggiori enti
locali debbano costituirsi parte civile nel procedimento
avviato contro i dirigenti Enichem ed Eni, valutando la
possibilità di avviare un'azione di risarcimento per i danni
causati all'ambiente ed a quelle famiglie che ne hanno
subito le drammatiche conseguenze».
Fondi destinati al
risanamento «L'azienda deve sostituire le celle»
Regione parte civile
Palermo. La Regione Siciliana
si costituirà parte civile nel procedimento che coinvolge i
vertici dell'Enichem di Priolo. La volontà è stata espressa
dal presidente della Regione, Totò Cuffaro, durante la
seduta della giunta. La giunta, che ha ascoltato le
relazioni degli assessori Marina Noè e Fabio Granata,
ritiene che l'Enichem debba fare ripartire lo stabilimento
riprendendo l'attività produttiva e sostituendo i dirigenti
indagati. Il governo regionale ritiene «assolutamente
prioritario e necessario l'investimento dei fondi destinati
al piano di risanamento ambientale e chiede all'azienda la
sostituzione delle celle al mercurio con quelle a membrana».
«E' necessario - ha detto Cuffaro - che le aziende
industriali prestino grande attenzione alla salvaguardia
dell' ambiente e della salute pubblica. Non saranno più
tollerate inosservanze delle norme ambientali». |
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LA STAMPA |
Questa
sabbia nera sostituirà il petrolio?
IDROCARBURI estratti non più
con le trivelle ma con le ruspe, da cave a cielo aperto. Poi
caricati (insieme con il terriccio cui sono mescolati) su
mostruosi autocarri da 400 tonnellate, e avviati a una
pre-lavorazione in enormi calderoni fumanti. E' già una
realtà nella remota provincia canadese dell'Alberta, dalle
cui sabbie imbevute di bitume si ottiene l'equivalente di
600 mila barili di petrolio al giorno, mentre si programma
di arrivare a due milioni di barili nel 2010. «Per fare un
paragone chiaro ai non esperti, è la stessa produzione
attuale di un paese produttore importante come la Libia»
dice Leonardo Maugeri, esperto di mercato energetico e
autore del recente volume «Petrolio». Siamo appena agli
inizi di una nuova avventura dall'enorme interesse economico
e strategico: tanto più oggi, con il prezzo del barile che
sale, le tensioni nel mondo arabo e l'incombere della guerra
di Bush all'Iraq di Saddam Hussein, con tutte le sue
incognite e gli inevitabili contraccolpi che avrà sul
mercato. Uno studio del governo americano stima in 300
miliardi di barili le riserve canadesi di «oil sand» (sabbie
bituminose, appunto) superiori ai 260 miliardi di barili
accertati di greggio convenzionale dell'Arabia Saudita. La
cifra sale oltre i 400 miliardi (ipotetici) se si
considerano anche i greggi «extrapesanti» del Venezuela e
del Messico, varietà finora non sfruttate perché lavorarle,
cioè ripulirle, costava troppo, come nel caso delle sabbie.
Ora invece le tecnologie economicamente convenienti ci sono.
«La spesa per produrre un barile - dice Romolo Montanari
della Snamprogetti, quindici anni di esperienza nel settore
- è crollata dai venti-venticinque dollari del 1980 agli
otto-nove attuali, rendendo competitiva la produzione. Un
nuovo brevetto dell'Eni, con il quale Snamprogetti sta
realizzando un impianto dimostrativo presso la raffineria
Agip Petroli di Taranto, abbatterà ancora il costo
migliorando la resa». E' facile immaginare come queste
innovazioni potranno cambiare il panorama energetico.
L'America di Bush cerca il petrolio in Alaska, in Russia e
anche in un Iraq post-Saddam Hussein; l'Occidente ha bisogno
di alternative al tradizionale fornitore saudita, la cui
affidabilità futura suscita qualche inquietudine. I greggi
extrapesanti potranno affiancare altre riserve energetiche
finora snobbate (come i gas idrati nel permafrost) per
diminuire la dipendenza dal greggio mediorientale. Per
rifarsi a un esempio italiano, l'amministratore delegato
dell'Enel Paolo Scaroni ha lanciato un piano di investimenti
da tre miliardi di euro da qui al 2007 per convertire
centrali termoelettriche tradizionali in impianti a carbone
pulito o a «orimulsion», un composto bituminoso estratto
nell'Orinoco, in Venezuela. Il settore è in fermento. Che
cosa si intende per greggi extrapesanti? In termini tecnici
sono quelli che misurano meno di 10 gradi sulla scala «Api»
e dunque affondano nell'acqua (mentre in genere gli
idrocarburi galleggiano). Noi la prendiamo da un altro
verso. Tutti gli idrocarburi sono composti di idrogeno e
carbonio ma in diverse combinazioni e con diverse strutture
molecolari. I carburanti come la benzina e il gasolio sono
più leggeri perché hanno un più alto rapporto
idrogeno/carbonio, e dunque un peso specifico minore,
rispetto alle componenti pesanti come gli oli combustibili
(quelli che si bruciano nelle centrali termoelettriche).
Ogni barile di petrolio (il cui Api può oscillare fra i 10 e
i 45 gradi) è una miscela di molecole di vario peso, da
separare per raffinazione. A parità di tecnologie, quanto
più un greggio è pesante, tanto meno è possibile ricavarne
componenti «leggere», le più richieste dal mercato, che sono
la nafta (da cui poi si ottengono le benzine), il cherosene
e i gasoli; dai greggi pesanti si ottengono invece
soprattutto oli combustibili ad alto contenuto di zolfo,
poco appetiti perché anche le centrali termoelettriche li
richiedono sempre meno (vengono sostituiti dal metano) .
Quanto ai greggi extrapesanti, parenti poveri della grande
famiglia, con le tecnologie tradizionali non si riesce a
raffinarli se non sottoponendoli a una pre-lavorazione che
aumenta i costi. L'ing. Montanari di Snamprogetti spiega:
«Questa operazione preliminare mira a trasformare le
frazioni pesanti in frazioni con un più alto rapporto
idrogeno/carbonio. Le tecnologie utilizzabili si dividono in
due categorie principali: 1) a rimozione di carbonio e 2) ad
aggiunta di idrogeno». La prima via consiste nel riscaldare
a bassa pressione il bitume o greggio extrapesante; una
parte del carbonio si deposita in forma di «coke» sulle
pareti del recipiente; l'idrogeno che si libera reagisce con
alcune delle residue molecole di idrocarburi, conferendo
loro un peso molecolare inferiore. Naturalmente non è facile
come dirlo. Inoltre il prodotto trasformato (fra il 65 e il
70 per cento; il resto è coke) è di qualità scadente. La
seconda tecnica, che si avvale di opportuni catalizzatori,
operando ad alta temperatura e ad alta pressione, punta a
indurre reazioni di rottura delle molecole di più alto peso;
dopodiché viene aggiunto idrogeno nella quantità necessaria
a ottenere nei prodotti il rapporto idrogeno/carbonio
richiesto. L'idrogenazione praticata finora dà una resa in
prodotti pregiati vicina al 50 per cento del materiale di
partenza (l'altro 50 per cento è olio combustibile); è
costosa e ancora insoddisfacente. «La nuova tecnologia Est
(Eni Slurry Technology) - spiega Montanari - appartiene alla
categoria ad aggiunta di idrogeno, seguita da una fase di
deasfaltazione con solvente». L'aspetto più innovativo è il
catalizzatore. Non per la sua formula chimica - bisolfuro di
molibdeno - ma per il modo d'uso. Finora il molibdeno era
fissato su un supporto a struttura porosa, in modo da venire
a contatto con la maggior quantità possibile di molecole di
idrocarburi. Per quanto larghi fossero i «buchi» di questa
spugna, il risultato era parziale, in quanto l'accesso al
catalizzatore era via via ostacolato da depositi di
materiale carbonioso e metalli (nichel, vanadio) ottenuti
come sottoprodotto delle reazioni. La tecnologia Est si
avvale invece di bisolfuro di molibdeno disperso in
particelle inferiori ai 5 micron, che arrivano a contatto
con tutto il prodotto da trattare. Dal momento che il
catalizzatore viene continuamente riciclato, non c'è bisogno
di fermare periodicamente gli impianti (come si doveva fare
finora) per eliminare il bisolfuro di molibdeno disattivato
né per aggiungerne di nuovo. Un nuovo tipo di solvente,
immesso in una fase successiva della lavorazione, elimina
poi quasi tutti gli «asfalteni», residui finora ritenuti non
convertibili. A parte uno spurgo dell'uno per cento (asfalteni
tenaci e impurità metalliche), il procedimento, dice
Montanari, «permette una conversione del 100 per cento anche
dei composti più difficili da trattare». Fra l'altro quel
che si ottiene è tutto nafta e gasolio (e altre componenti
che possono essere convertite in carburanti usando le
tecnologie tradizionali), senza nemmeno una goccia dello
sgradito olio combustibile. La tecnologia Est potrà dunque
essere utilizzata anche per trasformare l'olio combustibile
in componenti leggere più apprezzate dal mercato. |
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Econews (Verdi) |
Petroliere.
Turroni: norme italiane inconsistenti
"Un altro naufragio di una
carretta dei mari: la chiatta 'Spabunker IV' nella baia di
Algeciras, nei pressi di Gibilterra; l'ennesimo episodio che
mette in evidenza le inconsistenti misure per la difesa del
mare proposte da Lunardi e Matteoli". Il senatore dei Verdi,
Sauro Turroni, commenta il naufragio nei pressi di
Gibilterra domandando: "il sistema di controllo per le navi
in transito proposto da Lunardi il 18 dicembre e le misure
annunciate da Matteoli come avrebbero potuto impedire
l'impiego in mare aperto di una chiatta rimorchiata per
rifornire di combustibile le navi alla fonda?". I presidenti
di Francia e Spagna "hanno deciso di affrontare la questione
a livello internazionale, mentre - accusa Turroni - i nostri
ministri propongono 'un paio di aspirine per un malato
gravissimo'". Ormai il mare, insiste, "e' una sorta di far
west nel quale accade di tutto, privo di regole e di
controlli". Ecco perché, chiede il senatore dei Verdi,
"servono nuove regole internazionali valide in tutti i mari,
e in particolare queste regole devono essere severamente
applicate nel Mediterraneo". Turroni ricorda che da tempo i
Verdi hanno presentato una mozione: "oggi- dice- ne
chiediamo l'immediata discussione in Senato". Nella mozione
sono elencate le principali iniziative da assumere:
"l'applicazione concreta del principio 'chi inquina paga',
il riconoscimento del danno ambientale in sede comunitaria e
la responsabilità solidale della proprietà del naviglio e
degli utenti industriali, in caso di danni".
Naufraga petroliera a
Gibilterra
Un cargo, Spabunker IV, con a
bordo 1000 tonnellate di carburante, e' naufragato intorno
alle 4 di ieri mattina, tra Gibilterra e Algeciras, sulle
coste della Spagna. Due dei tre membri dell'equipaggio sono
stati tratti in salvo, mentre il capitano risulta disperso.
Greenpeace, che ha la nave "Esperanza" ancorata in porto,
perché ieri aveva abbordato una petroliera monoscafo
denunciando la pericolosità del passaggio di queste navi a
Gibilterra, sta intervenendo nei soccorsi. "I nostri gommoni
stanno collaborando nelle ricerche del capitano
disperso-spiega Domitilla Senni, direttore di Greenpeace
Italia almeno quelli che ci sono rimasti, perché la polizia
di Gibilterra ci ha sequestrato i nostri due gommoni più
grandi in seguito all'azione di protesta di ieri".
Greenpeace ieri voleva segnalare il pericolo che delle navi
che trasportano gasolio potessero incorrere in incidenti
nelle operazioni di carico e scarico del carburante,
esattamente quanto accaduto oggi: ci sono state perdite di
carburante dall'imbarcazione, anche se non si e' in grado di
quantificare il danno. 4 degli attivisti che hanno
partecipato all'azione di protesta ieri sono ancora sotto
arresto e compariranno oggi in tribunale a Gibilterra, 2
sono stati rilasciati. |
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