RASSEGNA STAMPA 20.01.2003

 

LA SICILIA
Avvelenando Priolo risparmiati 5 mld di euro

L'inchiesta. Prime ammissione nell'inchiesta sull'Enichem di Priolo, che si rivela sempre di più una «bomba». Secondo i calcoli fatti dai tecnici della Procura di Siracusa, l'azienda avrebbe risparmiato, tra aprile del 2001 e giugno del 2002, circa 5 miliardi di euro smaltendo in maniera irregolare, e con grave danno per la salute pubblica, i rifiuti tossici prodotti nello stabilimento. Il «balletto» dei fusti. Un altro punto emerso, e di cui verrà chiesto conto a due dirigenti che saranno interrogati oggi dai magistrati, è quello del «balletto» dei fusti con rifiuti al mercurio. Sarebbero stati nascosti durante i controlli nello stabilimento. Ma l'occultamento sarebbe stato maldestro e i fusti furono trovati ai piedi di un albero. Alcuni dirigenti già interrogati hanno spiegato che «si trattò solo di una dimenticanza degli addetti».

Sbloccate le risorse per la riqualificazione

Al di là dell'epilogo della vicenda giudiziaria che ha coinvolto i vertici di Enichem, l'azione della Procura di Siracusa è servita ad accelerare tutti gli interventi previsti dalla legge 426/98 sulla riqualificazione e bonifica del «sito Priolo». Il direttore generale del ministero dell'Ambiente, Mascazzini, infatti, metterà a disposizione della Regione, e quindi, del prefetto di Catania, Di Pace, in qualità di sub-commissario per le bonifiche della zona industriale, tutte le risorse disponibili. Su richiesta del sindaco di Priolo il ministero dovrebbe anche avviare un progetto per disegnare una mappatura, prima del territorio industriale e, poi, dell'intera provincia di Siracusa.

 
LA STAMPA
INTERROGATI 6 DIRIGENTI DELLO STABILIMENTO ENICHEM

Inquinamento da mercurio

I difensori parlano di «chiarimenti» da parte degli indagati, per la procura si tratta di «ammissioni» che comproverebbero l´impianto accusatorio. Dopo gli interrogatori di sei degli indagati nell´inchiesta sullo stabilimento Enichem di Priolo, che ha portato all´arresto di 18 persone (10 agli arresti domiciliari), iniziano a delinearsi squarci di verità su un impianto che per venti anni avrebbe inquinato la costa siracusana scaricando in mare fiumi di mercurio. Gli interrogatori, svoltisi nel carcere siracusano di Cavadonna, sono stati condotti dal gip Monica Marchionni, che ha firmato gli ordini di custodia cautelare, con il sostituto procuratore Maurizio Musco, titolare dell´inchiesta che presuppone il reato di associazione per delinquere finalizzata al traffico illecito di rifiuti pericolosi. Il primo ad essere ascoltato è stato Luciano Adamo, 31 anni, responsabile del servizio Ecologia dello stabilimento. Il suo legale, Orazio Cosnoli, ha detto che l' indagato «ha fornito tutti i chiarimenti necessari ai magistrati». Nessuno conferma che uno o più indagati avrebbero ammesso i reati contestati ma dalle parole del sostituto Musco si intuisce che alcuni fatti sarebbero stati confermati. Per Musco «la procura dopo gli interrogatori di sei dei 18 indagati può ritenersi soddisfatta». Il magistrato ha detto che «di fronte a evidenze è difficile negare. E molte cose in questa inchiesta sono evidenti». Sarebbero proprio queste «evidenze», i fatti ammessi dagli indagati. Nell´inchiesta sono coinvolte complessivamente 30 persone, compresi due consulenti della difesa, Francesco Messineo ed Enrico Cappellani, accusati di favoreggiamento personale: avrebbero attestato la presenza di mercurio nei limiti consentiti dalla legge nei campioni prelevati dai rifiuti dello stabilimento.

 
AVVENIRE
I primi bambini malformati nel 1980, i tumori negli uomini sono il 35% delle cause di morte

Augusta, vietato nascere sani

Venti chilometri continui di industrie dove si maneggiano ammoniaca, acido solforico, benzene e altri veleni. Per quasi cinquant’anni nessuno ha voluto indagare per accertare il rapporto tra malattie e fumi tossici. «E adeguare gli impianti sarebbe costato troppo»

Le ciminiere che sputano fumi e fiamme, soprattutto di notte, quando un acre odore di cipolle marcie copre il profumo degli aranci, significano malformazioni e tumori. Sono i "mali oscuri" del triangolo petrolchimico Priolo-Augusta-Melilli: 20 chilometri continui di industrie, dove si maneggiano benzene, ammoniaca, acido solforico e cento altri veleni che vanno in cielo per poi ricadere sulla testa della gente. Il male, minaccioso e terribile, resta oscuro perchè per almeno 50 anni nessuno ha mai voluto indagare su di esso e cercare il rapporto causa-effetto tra i fumi di questi campanili e i bambini malati (per la devastante sindrome di Goldemahr, ad esempio) o gli uomini morti per tumori ai polmoni. Con mille difficoltà, chi ha cominciato a muoversi, come il prete di Brucali, padre Palmiro Prisutto, o l'ex primario di pediatria dell'ospedale Muscatello, Giacinto Franco, mette insieme i dati di questa oscura minaccia, tanto da dimostrare che le curve dello sviluppo industriale e quell o dei morti, dagli anni '50 in poi, cominciano a camminare come binari. La minaccia non ha volto e si muove senza far rumore. Emana soltanto un intenso fetore che, di notte, quando le ciminiere smaltiscono a pieno regime i rifiuti, fa venir meno il respiro. Questo triangolo è uno dei più grandi poli petrolchimici d'Europa. Come sia sorto è già un mistero, perché si sviluppò in una zona archeologica, dichiarata S9 (cioè altamente sismica) e, per giunta, a ridosso delle case. Cominciò la Esso, poi venne la Montedison, adesso Enichem incriminata; aggiungeteci l'Isab Priolo e l'Isab Energy del gruppo Erg, poi la Sassol (ex Liquid Chimica), e, se non bastasse, si può mettere nel mazzo l'inceneritore di Punta Cugno: si ha così un'idea abbastanza esatta dell'aria che si respira qui. Diecimila persone addette a tutto questo (negli anni d'oro e d'ammoniaca), con un numero di morti direttamente proporzionale. Il male è oscuro perché non fa rumore, e si è voluto non fare scandali in tutti questi anni. Troppi interessi economici e politici per concedersi il lusso di alzare la voce. Francesco Ruggero, consigliere comunale di Augusta, che da anni si occupa del problema, se lo spiega così: «Adeguare queste industrie agli standard europei, probabilmente avrebbe comportato ristrutturazioni troppo onerose. Poi si è aggiunto l'interesse politico nella distribuzione dei posti di lavoro. Fino al 2001, per dieci nuovi posti, quattro andavano ai politici, quattro ai sindacati e altri due all'azienda stessa che assumeva. Lo Stato adesso deve bonificare il territorio e riconvertire l'economia». Giacinto Franco, primario fino a tre anni fa («rompevo troppo le scatole per non essere messo in pensione anticipata»), è testimone di questa battaglia di piccoli uomini coraggiosi che affrontano a mani nude il drago che sputa benzene. Nel 1980 nascono i primi bambini malformi, ma è un caso di sindrome di Goldemahr a far scattare l'allarme. Quasi sconosciuta, solo alcuni scienziati americani avevano dimostrato che è dovuta a intossicazione da mercurio nelle gestanti. Poi le malformazioni dell'apparato urogenitale, quelle muscolo-scheletriche e le cardiopatie cominciano a moltiplicarsi. «Informai l'allora pretore Nino Condorelli - ricorda il medico - e lo convinsi a monitorare il fenomeno. Scoprimmo che dal 1950 al 1980 i tumori negli uomini rappresentavano il 35% delle cause di morte, superando le malattie cardiovascolari. Nel 1981 i primi rinvii a giudizio contro vari assessorati alla Sanità». Coincidenza volle che il pretore Condorelli venisse promosso e assegnato a Verona. Coincidenza volle che su questo "male oscuro" cadesse un sipario. E ci sono voluti altri anni di battaglia per far nascere un "registro siciliano dei tumori". Dal 1990 è diretto dal professore Salvatore Meli. Per quanto riguarda le malformazioni, si passa dall'1,5% del 1980 al 2,5 del 1990 e al 5,6 del 2000. In fondo, non si è mai visto un "male oscuro" più chiaro di così.

Rompere quei circuiti insani

La dura lezione di Priolo

Sino a venticinque anni fa Marina di Melilli era uno dei tanti paesini siciliani, adagiati sulla costa, che condivideva con gli agglomerati limitrofi la paradossale presenza di uno splendido scenario naturale e di uno scomposto nucleo di case, segnate da quell' «architettura dell'incompiuto» che caratterizza l'urbanistica di questi luoghi. Abitazioni costruite a metà, solo mattonate, ma già abitate nei piani bassi, in attesa che le risorse finanziarie permettessero il completamento dei lavori. Qui mai finiti, perché il progresso industriale - si sa - impone sacrifici, ed oggi quel paesino non esiste più, raso al suolo e i suoi duemila abitanti "deportati" in posti vicini con un decreto di evacuazione e tante promesse deluse, per far posto ad un'altra fabbrica dell'Enichem. Quella che oggi produce, senza un adeguato smaltimento, i suoi pestiferi veleni, fonte di malattie e di morte, soprattutto per gli abitanti del triangolo maledetto: Priol o, Augusta e Melilli, in provincia di Siracusa. Agghiaccianti, dopo gli arresti eccellenti, le percentuali dei danni prodotti ed emersi dalle indagini: vanno dal degrado ambientale che ha provocato modificazioni genetiche in organismi marini, all'attentato nei confronti della vita umana. Uno su tre è vittima del cancro ai polmoni e la percentuale dei bambini malformati in queste zone è tre volte più alta di quella standard fissata dall'Organizzazione mondiale della sanità. Siamo ancora "sull'orlo dell'abisso", come diceva qualche anno fa Hans Jonas, o si è già immersi entro la voragine dell'indifferenza e del disprezzo verso la vita, come ha notato amaramente il procuratore di Siracusa Roberto Campisi? Difficile dirlo, e pericolosa sarebbe la totale rinuncia a qualche forma di speranza, che avrebbe solo il triste merito di accelerare la catastrofe. Non c'è dubbio infatti che bisogna trovare punti di integrazione tra la responsabilità dell'uomo nei confronti delle relazioni sociali e politiche entro cui è immerso, e la responsabilità verso la natura. La logica del "dopo di noi il diluvio" è idea sempre ricorrente; la si trova già in Geremia. Così come molti possono dare ragione a Brecht, quando sosteneva che "prima viene lo stomaco, poi viene la morale". Slogan, questo, pienamente accettato dai dirigenti e dai funzionari arrestati, ma condiviso con inquietante lucidità anche da alcune vittime, se è vero che un pensionato di Priolo, corroso dal cancro, avrebbe detto ieri ad un giornalista: "Meglio morire di tumore ma sazio, piuttosto che crepare di fame". Come uscire da questo circuito perverso? Forse coltivando una certa speranza paradossale nel potenziale educativo delle catastrofi: forse tali disastri fanno ancora in tempo a produrre un effetto salutare, e il principio di responsabilità, spess o giustamente agganciato a valori alti, può fare affidamento anche sulla prospettiva della paura, non intesa come forza che dissuade all'azione, ma come stimolo a recuperare energie inattese e rompere così le dinamiche perverse di quel circuito. Dall'euforia del sogno faustiano di dominio sulle forze della natura a totale vantaggio dell'uomo, siamo come risvegliati dal freddo bagliore della paura che non può abbandonarci al fatalismo, né al panico apocalittico, ma al coraggio realistico di chi crede che il delirio dei sogni del profitto ad ogni costo possa curarsi per imporre un radicale cambiamento di rotta. Se stiamo ancora sull'"orlo" dell'abisso, dopo il saccheggio della natura e il totale disprezzo per i non ancora nati (H. Jonas) , possiamo pensare che la cura necessaria per il futuro del nostro pianeta, più che passare per la politica, baricentro della vita spirituale del secolo scorso, d ebba rifondarsi sull'etica, su di una morale planetaria che punti ad una ritrovata armonia tra uomo e natura.

 
IL MANIFESTO
Ecco le armi chimiche

Forse quando hanno finito con Saddam gli ispettori dell'Onu possono venire qui. Se sono bravi a cercare armi chimiche di distruzione di massa e da avvelenamento colletivo, qui non avrebbero che l'imbarazzo della scelta: Priolo, Marghera, un bell'incrocio trafficato di Milano o di Roma. Chissà se i mefitici generali di Saddam dimostrano, nel nascondere le «pistole fumanti», la stessa fantasiosa creatività dei dirigenti dell'Enichem. Quelli che «allungavano» con soda e calce i rifiuti tossici per farli sembrare meno tossici, quelli che versavano il mercurio nei tombini (cioè in mare). E che del magistrato inquirente, che si aggirava in zona, dicevano «u futtemo», lo freghiamo, chissà come si dice in iracheno. Come al solito, paga la popolazione civile: ci vuole un bel coraggio per mettere al mondo un bambino a Baghdad, oggi, ma anche farlo a Priolo non è del tutto sicuro. Corollario italiano: un medico (un primario di pediatria) va ripetendo che nell'impennata delle malformazioni nel triangolo maledetto Augusta-Priolo-Melilli c'è di mezzo il mercurio, e lo dice da vent'anni, e non succede niente. Risparmio stimato dell'azienda, dieci miliardi (lire) all'anno, mettetevi una mano sulla coscienza, una sulla calcolatrice e fare due conti. Comunque si finisce sempre lì, alla fine: al mercato e al «quanto costa». Meglio una fabbrica che dà qualche centinaio di stipendi al mese o qualche migliaio di infelici in vent'anni? Equazione poco umanitaria e troppo brutale. Ma è un fatto che la disponibilità a farsi avvelenare e ingannare sembra essere un tratto distintivo degli avvelenati. Anche senza scomodare le terribili patologie di Sirolo e dintorni, il meccanismo psicologico che scatta - l'accettazione del rischio come di un evento naturale - è la stessa nelle inquinatissime città italiane. A Milano, la più inquinata d'Europa, per veder bloccare il traffico ci vogliono sette-otto giorni di avvelenamento collettivo, poi due giorni di preavviso in cui ci si avvelena ancora un po', poi non si va in macchina la domenica successiva, che è comunque il giorno meno inquinante. Insomma, si chiede gentilmente agli avvelenati di collaborare, di farsi un po' passare per scemi. Un patto di ferro: voi fingete di essere dei coglioni totali e io vi permetto di andare a fare compere sabato in macchina. Un tacito «contratto con gli italiani» che assicura la cosa fondamentale: che non chiuda la fabbrica, cioè la città e il suo sistema commerciale autocentrico. Altre volte, astutamente, si bloccano le auto «non catalizzate», operazione che non influisce sulle micropolveri, ha il pregio di appiedare i poveri, ed equivale tale quale alle operazione di «allungamento» dei veleni in voga all'Enichem di Priolo. Non pensare ai polmoni, ma ai barbatrucchi contabili, alle magie della statistica e della tecnica. Il romano inquinato, il milanese inquinato, chissenefrega, «u futtemo». Datasi la situazione di guerra chimica permanente, come si vede, gli ispettori Onu potrebbero scegliere. Da Priolo verso nord, c'è Taranto, poi Falconara, e Marghera. E uno sguardo alla zona di Camp Derby, primo deposito di armi e munizioni d'Europa, ci vorrebbe. E alle basi aeree armate fino ai denti. Bizzarro cortocircuito: una società matura e ricca sobbalza terrorizzata ogni volta che si parla di minaccia chimica. Teme il terrorismo, il feroce integralista, l'islamico fuori di testa che avvelena l'acquedotto. E intanto respira allegramente nel centro di Milano, o mangia pesce pescato a Priolo, pronta a pagare carissimo, con la pelle, l'unico modello di sviluppo a disposizione, che non è neppure granché, a pensarci bene. Per i nostri Saddam, però, per questi maneggiatori di armi chimiche e di avvelenamento di massa, l'iter è ancora lungo, non ci sono nemmeno le sanzioni. Con un po' di fede e l'incrollabile ottimismo che l'era impone, arriverà un condono, un perdono, una soave dimenticanza, una noia procedurale, una sospensione. Magari una legge Cirami che sposti il processo, perché no. Del resto le condizioni «ambientali», a Priolo, sono quello che sono.

 
Econews (Verdi)
Verdi presentano pdl contro carrette del mare

Il deputato verde Mauro Bulgarelli ha depositato una proposta di legge per "il divieto di transito nei nostri mari delle cosiddette carrette del mare", le petroliere che come la 'Prestige', affondata al largo delle coste della Galizia, "non sono dotate di doppio scafo, o hanno un'anzianità superiore a 15 anni". Inoltre la proposta prevede altre misure di sicurezza, quali il divieto alle petroliere "con portata superiore alle 4500 tonnellate". In caso di inquinamento, la proposta prevede che il proprietario e l'armatore rispondano "di danno ambientale, economico e sociale", e siano "tenuti al pagamento delle spese di bonifica e disinquinamento, al risarcimento del danno economico causato all'economia locale, e al risarcimento per l'eventuale depauperamento del patrimonio floro-faunistico".

Tragedia di Priolo. I Verdi si costituiranno "parte civile"

"Ho presentato un'interrogazione al Parlamento regionale chiedendo di accertare le responsabilità private e pubbliche della tragedia di Priolo (SR)" - lo ha dichiarato il deputato regionale dei Verdi Calogero Miccichè che continua- i fatti sono di una gravità inaudita e va attivata immediatamente una commissione d'inchiesta a livello regionale e va anche accertato il perché non siano stati spesi i fondi stanziati nel 95 dallo stato al Governo regionale per la bonifica dei siti industriali. I Verdi si costituiranno parte civile al processo, e gli eventuali ricavati andranno devoluti alle famiglie siracusane colpite da questa tragedia".

Enichem di Priolo. la LIPU chiede alla Regione interventi urgenti

Avviare il risanamento ambientale e costruire discariche controllate è la richiesta della LIPU (lega italiana protezione uccelli) dopo la vicenda dei 18 arresti alla Enichem di Priolo "un fatto di gravità enorme, intollerabile. Il mercurio è una sostanza altamente tossica, che nelle quantità riscontrate a Priolo comporta gravissimi rischi per la catena alimentare, per la salute umana e per le modificazioni genetiche che può causare nelle specie vegetali e animali. A questo punto facciamo appello per un intervento forte e deciso da parte delle autorità preposte affinché a queste situazioni di grave rischio per la salute e l'ambiente venga posto un limite". Così Danilo Mainardi, presidente della LIPU (lega italiana protezione uccelli), commenta i risultati dell'inchiesta giudiziaria che ha portato all'arresto di 18 funzionari ritenuti responsabili dello smaltimento illegale di rifiuti tossici all'Enichem di Priolo. "Chiediamo la realizzazione di strutture - chiede Mainardi - che possano smaltire correttamente i rifiuti tossici prodotti nelle zone industriali. Dopo i gravi fatti di Priolo, che confermano l'emergenza ambientale di tutta l'area siciliana, è giunto il momento delle azioni efficaci. Chiediamo quindi che in tempi rapidi vengano avviate discariche controllate, localizzate tenendo conto delle esigenze delle popolazioni locali, e che si proceda alla bonifica dei siti inquinati, come più volte promesso ma mai realizzato, valutando la possibilità di adottare nuovi strumenti legislativi che superino i limiti mostrati dagli attuali piani di risanamento".

 
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