MESSAGGERO |
Dopo gli
attacchi di Assindustria il sindaco rimprovera all’azienda
di non essersi preoccupata di conoscere le linee previste
dai nuovi assetti urbani
«L’Api doveva chiederci
cosa prevede il Prg»
Carletti: «I nostri progetti
per Falconara vanno in direzione di uno sviluppo nel
terziario e nel turismo»
FALCONARA - Rinnovo Api nuovo
atto. Dopo l’intervento di Assindustria, seguito a quelli di
sindacati e direzione della raffineria ecco la risposta del
sindaco Carletti, chiamato in causa da più parti a seguito
delle sue affermazioni sul rinnovo della concessione. «I
toni sprezzanti con i quali si cerca di proporre una lettura
degli atti con i quali l’Amministrazione Comunale di
Falconara Marittima ha inteso esprimere una valutazione
sull’attività di raffineria dell’Api spa di Ancona
richiedono una serena ricognizione su argomenti che è
necessario conoscere, altrimenti l’alternativa è
l’apocalisse del buon senso - dice Carletti - Il Prg traccia
definendole le linee di sviluppo del territorio sulla base
di scelte di fondo, di indirizzi generali. Esso non fissa
scadenze, indica gli obiettivi. Se un Prg, nel divenire del
territorio, prevede che un’area modifichi la sua
destinazione, questo deve avvenire nell’ambito del sistema
di scelte. Non può troncare un uso, una attività, quindi una
destinazione sconvolgendo le logiche di sistema. «Questi
principi generali hanno guidato l’Amministrazione Comunale
nella formulazione del Prg adottato. Alla luce di essi ha
caratterizzato l’area a Nord di Falconara secondo un modello
di sviluppo basato essenzialmente sul terziario e sul
turistico balneare e sullo sfruttamento delle potenzialità
che gli derivano da essere un fondamentale centro
internodale. E’ un modello in divenire. Da verificare. In
questo modello l’area attualmente occupata dalla Raffineria
Api non viene più ad avere l’attuale destinazione in quanto
da ricomprendere nelle nuove scelte di indirizzo. Questa
nuova destinazione non può essere improvvisata. Vi sono
tempi da rispettare. La Raffineria Api ha una scadenza.
L’anno 2008 scade la concessione per l’esercizio della sua
attività. Alcuni anni prima di quella scadenza chiede il
rinnovo della concessione. Il Prg conoscendo la scadenza
dell’anno 2008 ha previsto che quella fosse la data di
riferimento per la conclusione delle destinazione d’uso di
quell’area. La Raffineria per continuare l’esercizio della
sua attività dopo quella data doveva chiedere il rinnovo
della concessione. Così ha fatto. Era d’obbligo o, comunque,
prudente, chiedere a questo Comune cosa prevedesse in
proposito il Prg di cui si era dotato. Non è stato fatto. Il
Comune ha autonomamente fornito questa indicazione. Ha
dichiarato che la destinazione di quell’area dopo quella
data era diversa da quella attuale. E’ andato oltre. Ha
espresso una valutazione. Ha evidenziato inconvenienti
ambientali, vincoli urbanistici, incompatibilità viarie,
oneri finanziari, tali tutti da indurre l’Amministrazione a
definire assolutamente negativa la valutazione sulla
continuità di quella attività. «Ora un’attività che provoca
questi inconvenienti va autorizzata se ed in quanto essi
vengano rimossi e questa rimozione non costi alla comunità.
Concedere l’uso di una parte del territorio non comporta
rinuncia alla tutela di esso. Averne l’uso non autorizza a
farne uno scempio. Chiedere oggi l’autorizzazione a
continuarne l’uso obbliga a verificare in quale modo è stato
usato fino ad oggi. Su questo il nostro giudizio non è
positivo. Non è neppure punitivo. Se ci sono strumenti che
possano garantirne l’integrità ora ed in futuro. Se il
sistema viario da modificare non comporti un uso rovinoso
per altra parte del territorio. Se la comunità non deve più
sostenere costi in conseguenza di quell’attività. Queste
sono le regole che devono essere rispettate. Nell’interesse
di tutti. Della città, dell’Azienda , dei lavoratori. Ciò
naturalmente nell’ambito temporale in cui la destinazione
d’uso attuale non contrasta con le scelte di sistema operate
e che rappresentano il divenire dell’area a Nord di
Falconara Marittima e dell’intera città».
«La concessione non si
discute»
Per i sindacati non ci sono
finora valide alternative ai posti di lavoro della
raffineria
FALCONARA - Di mancato
rinnovo della concessione non vogliono neanche sentir
parlare. I sindacati, compatti, frenano su quest’eventualità
e ribadiscono la loro lotta a favore del proseguimento
dell’attività della raffineria anche dopo il 2008. E
stranamente sembrano sulla stessa lunghezza d’onda di
Assindustria che accusa la giunta di Falconara di aver
cambiato le carte in tavola sulla questione Api, negando
alla raffineria il suo appoggio per il rinnovo. «Per noi –
spiega Andrea Fiordelmondo, segretario regionale Uil Cem –
va garantito l’attuale livello occupazionale». Sulle
dichiarazioni di Bellucci si dice preoccupato. «Se ha detto
questo, la cosa mi lascia perplesso. Quindi, ci auguriamo
che non si verifichi mai l’eventualità del mancato rinnovo.
Ma sappiamo anche che la concessione va data a patto di
garanzie di compatibilità. Comunque, la posizione di
Bellucci non mi stupisce, anche perché quelle stesse persone
che dicono no al proseguimento dell’attività di raffinazione
non hanno mai presentato valide alternative. Perché dovrebbe
farlo l’azienda, che vuole rimanere sul territorio? E poi
non penso ci sarebbero i tempi tecnici per programmare una
riconversione mantenendo i livelli occupazionali». Ma crede
davvero che se l’Api chiudesse non potrebbe continuare a
lavorare con altri compiti, come ad esempio la produzione di
energia elettrica? «Si potrebbe, ma con costi e impianti ben
differenti per la mancanza della struttura di raffinazione e
con meno forza lavoro. Sicuramente gli addetti agli impianti
della raffineria perderebbero il posto». Quindi cosa farete
adesso? «Ci batteremo per far sì che il rinnovo venga
concesso anche perché fino ad ora non ho visto prospettive
diverse». Concorde Daniele Paolinelli, Femca Cisl:
«Cercheremo di avviare un tavolo di concertazione tra
Regione, Provincia, Comune, Api e lavoratori per fissare un
percorso comune che consenta alla raffineria di rimanere».
Cosa pensa delle condizioni poste dal sindaco per la
permanenza della raffineria alla luce dell’incontro che
avete avuto recentemente? Sempre di tavoli comuni parla
Arrigo Berionnni, Filcea Cgil. Ma perché ne parlate con
insistenza solo adesso, non è tardi? «Adesso ci sono le
condizioni per attivarlo. Sappiamo che esistono pareri
favorevoli al rinnovo della concessione se si verificano
alcune condizioni. Dalle indicazioni dateci dal sindaco
anche lui potrebbe essere disponibile a discuterne. Allora
dobbiamo lavorare per fare in modo che si creino queste
condizioni. Il tempo c’è».
CATTIVI PENSIERI
(corsivo)
Signori miei, così è se vi
pare
Sindaci al fronte, sindaci
alle prese con problemi di credibilità. Quello di Falconara,
Carletti, si fa prendere in castagna dall’Assindustria che
gli rimprovera il voltafaccia sulla vicenda Api. Sul rinnovo
della concessione in gioco interessi enormi. Scomoda la
posizione di Carletti che ha due città da accontentare,
quella che dell’Api non ne può più e quella che con l’Api ci
mangia: se la raffineria chiude vanno a spasso in duemila.
Fatto sta che con le accuse di incoerenza si insinua il
tarlo della credibilità. Che è un valore sensibile, molto a
rischio. Prendete il sindaco di Osimo, Dino Latini. Si batte
per la sua città, ha dimostrato di essere politicamente
inaffondabile, uno che brilla e volta ha sempre ragione lui
e che, insomma, ci crede. Ha anche un mucchio di idee. In
piazza aveva fatto mettere una telecamera anti-crimine.
Certo, Osimo è una città che ha molte analogie col paradiso
terrestre e l’iniziativa sapeva un po’ di propaganda. Ma in
fatto di sicurezza è sempre meglio non essere parsimoniosi.
Guarda caso una vecchina si fa borseggiare proprio davanti
all’obiettivo indiscreto. Tutti pensano: ecco fatto, il
malfattore sarà smascherato dal Grande Fratello. Col cavolo.
Si scopre che nessuno si era preso la briga di far
funzionare l’apparecchietto. Latini però non se la prende
con chi gli ha fatto fare la figuraccia. La fa lunga,
preferisce acconciare giustificazioni. Si rivolge a fogli i
quali, per fargli un piacere, gli farebbero dire che gli
asini volano. Il quadro è completo: così una misera gaffe
insinua insicurezza nell’opinione pubblica pure nei riguardi
di uno inappuntabile come lui. Passerà alla storia dei senza
testa come il sindaco dell’impianto di risalita. Ma sarà
difficile non ricordarlo anche come il sindaco della spy cam
appennicata. Serve uno per fare filotto. Uno a caso: Sturani.
Il sindaco di Ancona si attira critiche e perplessità sul
caso Sbarbati, il bibliotecario di Chiaravalle che vorrebbe
sistemare alle Muse come direttore amministrativo. Molti i
distinguo anche in seno al Cda. Che cosa penso? Che Sturani
potrebbe aver visto giusto nel riconoscere in Sbarbati una
capacità professionale sottoutilizzata. Capita tante volte,
la scelta felice dipende dall’intuito del talent scout. Ma
il problema della credibilità si pone lo stesso. Si diffida,
giustamente, delle nomine politiche, della rinuncia a una
gara tra professionisti che possa permettere di scegliere il
migliore, non uno a scatola chiusa. Peccato che Ciccioli
abbia adottato il modo più sbagliato per sollevare la
questione: un annuncio con tanto di bando di gara fasullo
pubblicato su La Repubblica. La credibilità dell’operazione
Sbarbati vacilla, ma d’ora in avanti anche Ciccioli avrà i
suoi problemi: ogni volta dovrà spiegare se fa sul serio o
per finta. |
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IL RESTO DEL
CARLINO |
Prg, le
motivazioni di Carletti al «no» definitivo all'Api
FALCONARA — «La raffineria
Api ha una scadenza: nel 2008 termina la concessione per
l'esercizio della sua attività». Il sindaco Carletti
chiarisce ancora una volta la posizione dell'amministrazione
comunale, motivando ogni singola decisione che ha portato a
stilare il piano regolatore generale e quindi ad escludere,
nella programmazione futura del territorio falconarese, la
raffineria Api. Il primo cittadino ritorna sull'iter seguito
dalla giunta non chiama in causa direttamente Assindustria
ma si intuisce con facilità l'esigenza che queste
dichiarazioni vengano all'indomani degli interrogativi
formulati dall'associazione degli industriali. «Il Prg —
scrive il sindaco — traccia le linee di sviluppo del
territorio sulla base di scelte di fondo, di indirizzi
generali. Non fissa scadenze ma indica gli obiettivi.
Rappresenta un sistema di scelte che devono essere attivate
con l'intelligenza del funzionamento del sistema. L'attuale
destinazione dell'area occupata dall'Api — sottolinea — non
può essere troncata d'incanto. Vi sono tempi da rispettare.
Il Prg, conoscendo la scadenza dell'anno 2008, ha previsto
che quella fosse la data di riferimento per la conclusione
delle destinazione d'uso di quell'area . Non poteva che
essere così. La raffineria Api ha richiesto il rinnovo della
concessione Era d'obbligo o comunque, prudente, chiedere a
questo Comune cosa prevedesse in proposito il piano
regolatore di cui si era dotato. Non è stato fatto». E'
stato allora che il Comune ha espresso una valutazione. Ha
evidenziato «inconvenienti ambientali, vincoli urbanistici,
incompatibilità viarie, oneri finanziari , tali tutti da
indurre l'amministrazione a definire assolutamente negativa
la valutazione sulla continuità di quella attività». |
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CORRIERE ADRIATICO |
Carletti
risponde agli industriali e torna a dettare le condizioni
“L’api rispetti il piano regolatore”
Nessuna
decisione punitiva, ma un "no" inevitabile sbattuto in
faccia ad una struttura ad oggi incompatibile con le
strategie dettate dal piano regolatore. Il sindaco Carletti
risponde alla sferzata di Assindustria in modo
dichiaratamente pacato, prendendo in qualche modo le
distanze da quelli che definisce "toni sprezzanti" e
proponendo una "serena, ragionata e scolastica ricognizione"
in merito all'attività svolta dalla raffineria e al parere
negativo del Comune alla richiesta di rinnovo della
concessione. Evitando così. “l’apocalisse del buon buon
senso dell'intelligenza e della logica". Ma non risparmia
una bacchettata alla raffineria. Alla quale "era obbligo, o
prudente - è il rimprovero di Carletti all’api - chiedere al
Comune cosa prevedesse in proposito il prg di cui si era
dotato. Non è stato fatto".
Insiste sul
piano regolatore della città, Carletti. Perché lì attorno si
incardina lo sviluppo di Falconara. E lì affonda le radici
quel progetto legato a doppio nodo al rilancio turistico e
in generale del settore terziario, che mal si concilia - è
la convinzione del sindaco - con la raffineria così come si
presenta oggi, che in quell'area insiste. "Il Piano
regolatore generale - ricorda il sindaco - è l’unico
strumento di pianificazione locale onnicomprensivo e di
lunga durata che definisce una volta per tutte, fino a sua
modifica, tutte le destinazioni d'uso dei suoli ed il loro
regime giuridico pubblico o privato oltre a fissare le
regole della conservazione e della trasformazione, uno
strumento che prefigura strategicamente lo sviluppo
economico e sociale della città e delle sue caratteristiche
funzionali e fisiche e stabilisce anche le regole per
l'ordinaria gestione delle più minute e diffuse
trasformazioni edilizie”. Il Prg disegna, attraverso le
linee di sviluppo dei territorio, il contesto del divenire
di una comunità. "Se un Prg prevede che un'area modifichi la
sua destinazione, questo deve avvenire nell'ambito del
sistema di scelte” e "non può troncare un uso, un'attività,
una destinazione sconvolgendo le logiche di sistema". In
base a questi principi il Comune pensa all’area a nord di
Falconara secondo un modello di sviluppo basato sul
terziario e sul turistico balneare e sullo sfruttamento
delle potenzialità che gli derivano da essere un
fondamentale centro internodale. "E' un modello in divenire.
Da verificare. E' una modifica globale di un'intera area. In
questo modello l'area attualmente occupata dalla Raffineria
Api non viene più ad avere l'attuale destinazione in quanto
da ricomprendere nelle nuove scelte di indirizzo". E questa
nuova destinazione non può essere improvvisata. Ma, ammette
“l’attuale destinazione non può essere troncata d'incanto,
ci sono tempi da rispettare". Nel 2008 scade la concessione
per l'esercizio del l'attività dell'Api. Alla richiesta
preventiva del rinnovo da parte della raffineria, ripercorre
i fatti il sindaco, "il Comune ha dichiarato che la
destinazione di quell'area dopo quella data era diversa da
quella attuale"'. Di più. "Ha evidenziato inconvenienti
ambientali, vincoli urbanistici, incompatibilità viarie,
oneri finanziari, da indurre l'amministrazione a definire
assolutamente negativa la valutazione sulla continuità di
quella attività". Carletti torna a dettare le condizioni:
gli inconvenienti vanno rimossi e questa rimozione non deve
costare alla comunità. “Concedere l'uso di una parte del
territorio non comporta rinuncia alla tutela di esso. Averne
l'uso non autorizza a farne uno scempio. Chiedere oggi
l'autorizzazione a continuarne l'uso obbliga a verificare in
quale modo e stato usato fino ad oggi. Su questo il nostro
giudizio non è positivo". Ma precisa,-non è neppure
punitivo. Se ci sono strumenti che possano garantirne
l'integrità ora ed in futuro, se il sistema viario da
modificare non comporti un uso rovinoso per altra parte del
territorio, se la comunità non deve più sostenere costi in
conseguenza di quell'attività. Queste sono le regole che
devono essere rispettate". Ciò “nell'ambito temporale in cui
la destinazione d'uso attuale non contrasta con le scelte di
sistema e che rappresentano il divenire dell'area a nord e
dell'intera città". |
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LA SICILIA |
Bonifica
radicale del territorio per salvaguardare la nostra salute
Alla fine degli anni '70,
quando, giovane professore, da poco entrato nella
Commissione Regionale del Farmaco, cominciai, in
collaborazione con l'«Osservatorio epidemiologico regionale
sulle patologie», a rilevare in maniera quasi artigianale,
come avveniva all'epoca, la comparsa di possibili effetti
collaterali di farmaci, mi accorsi subito che qualcosa non
andava in alcune zone. Segnalai alcune concentrazioni
anomale di patologie, e tra queste nella zona Augusta-Priolo
una insolita presenza di malformazioni e concentrazione di
alcuni tumori solidi e di alcune emopatie. Vari furono nel
tempo i tentativi di esperti e magistrati sensibili di
potere statisticamente dimostrare l'equazione che la
presenza di estesissimi impianti di chimica, di
trasformazione dei derivati degli idrocarburi, di
raffinerie, creavano una seria situazione di rischio per la
salute. In realtà le cifre patologiche, basse in assoluto,
non hanno mai consentito la possibilità di una dimostrazione
statistica senza la quale era impossibile un intervento
radicale. Ma l'impressione, il timore, restavano, e la
sanità regionale e la magistratura locale sono sempre state
all'erta. Certo qualcosa non funzionava e non funziona
storicamente nel proiettarsi patologico oggi di un passato
(anni '50-'60) tragicamente disattento e superficiale,
effetto di una dissennata politica di investimenti massicci
in tecnologie pesanti in aree che per bellezza, storia ed
arte erano destinate a godere di ben altre scelte di
sviluppo. Oggi cominciamo purtroppo con certezza a
raccogliere l'eredità assassina di quella politica. Lo
scandalo degli scarichi al mercurio di questi giorni non è
che l'espressione più recente e conseguenziale di tutte le
follie precedenti. Da esperto professore di Farmacologia, da
parlamentare europeo e da sindaco della seconda città di
Sicilia non posso non lanciare un messaggio allarmato ed una
proposta forte. La Sicilia non può più tollerare di essere
stata o peggio, in alcuni casi di essere ancora, concentrato
di produzioni ad alto rischio come quelle collegate alle
raffinerie e ai suoi scarichi, deposito di vagoni piombati
dove si dimenticano tonnellate di amianto, cammino di
percorsi elettrici ad alta tensione che passano ancora
vicinissimi a nuclei abitativi, sede di discariche fantasma,
fonte di guadagni enormi per l'ecomafia. Se vogliamo, come
vogliamo, che la nostra Isola, che ne ha tutte le
potenzialità, diventi polo di attrazione di un grande
«Turismo Polifunzionale», la Florida del Mediterraneo, con
in più i valori aggiunti della tradizione e delle arti,
dobbiamo spogliarci da questa cappa che come un incubo pesa
su di noi. La proposta è che nella rimodulazione dei fondi
strutturali, così come si prevede di investire centinaia di
miliardi per mettere in sicurezza le nostre case e le nostre
strutture pubbliche dai rischi sismici e vulcanici, così
venga destinata una quota equivalente alla bonifica radicale
del territorio. Due villaggi turistici ed un campo di golf
rendono alla distanza in termini occupazionali molto più di
una raffineria. Mi renderò parte attiva perché il nostro
sviluppo futuro sia accompagnato da seri, rigorosissimi
piani di risanamento ambientale. Non possiamo più chiudere
gli occhi, la natura si ribella, le «Zoccole» giganti del
golfo di Augusta, le mutazioni dei ricci di mare,
l'incremento a macchia di leopardo dei linfomi maligni, le
malformazioni del cavo orale, tutto ci indica le due strade
parallele da perseguire: 1) messa in sicurezza non solo
strutturale ma anche ecologica e sanitaria, 2) sviluppo di
un turismo che alla base abbia la garanzia di una terra
depurata dalle contaminazioni di un passato criminalmente
incosciente. La riconversione si può e si deve fare in tempi
brevi. Si guadagnerà in sicurezza economica accanto alla
certezza di non continuare a sottoporre a rischio il bene
primario della nostra salute!
Enichem di Priolo travolto
dal ciclone giudiziario «rifiuti tossici»
Ieri i primi interrogatori
dei vertici dello stabilimento
Gli indagati respingono le
accuse
Siracusa. Alle 21,45 il
Giudice per le indagini preliminari Monica Marchionni ha
interrotto gli interrogatori degli otto indagati, colpiti
dalla misura della custodia in carcere. Lo stop è
intervenuto a conclusione di una intensa giornata e dopo che
erano stati interrogati sei indagati, gli ultimi dei quali
l'addetto alla tenuta dei registri sui rifiuti Luigi Russo,
47 anni, il responsabile «Ambiente e sicurezza» Giuseppe
Farina, 59 anni, ed il direttore dello stabilimento
«Polimeri Europa» Giuseppe D'Arrigo Genitori, 57 anni, tutti
assistiti dal professore Enzo Musco e dagli avvocati Ezechia
Paolo Reale e Francesco Favi. «Hanno respinto tutte le
accuse serenamente, in un clima di confronto dialettico», ha
poi dichiarato il professore Enzo Musco. «I nostri assistiti
-ha aggiunto- hanno spiegato che certe scelte non sono state
fatte per risparmiare, perchè la società non ha mai lesinato
i soldi per lo smaltimento dei rifiuti e, quindi, hanno
messo in evidenza anche la complessità della disciplina e la
interpretazione della normativa. I nostri assistiti - ha
aggiunto il penalista- hanno inoltre dettagliatamente
spiegato il significato delle conversazioni intercettate
dalle fiamme gialle, significato che è diametralmente
opposto a quello dato dal pubblico ministero». In
precedenza, a partire dalle ore 10,30, il Gip aveva
interrogato l'addetto alla tenuta dei registri sui rifiuti,
Luciano Adamo, 30 anni, residente a Tremestieri Etneo,
assistito dall'avvocato Orazio Consolo, del Foro di Catania.
All'interrogatorio era presente il pm Maurizio Musco,
«padre» della clamorosa inchiesta giudiziaria partita il 10
settembre dell'anno scorso, subito dopo la segnalazione di
alcuni cittadini allarmati dall'anomala e vistosa
colorazione rossastra dello specchio di mare antistante la
portineria sud dello stabilimento Enichem di Priolo. Adamo
ha respinto seccamente l'accusa di associazione per
delinquere e, riguardo alle oltre 150 ipotesi delittuose che
gli vengono contestate, ha chiarito qual era il suo ruolo e
l'attività lavorativa svolta. L'interrogatorio si è concluso
poco dopo le 13,15 e, cinque minuti dopo, nella sala dei
colloqui «Gip-detenuti», è stato introdotto Franzo Miano, 50
anni, residente a Canicattini Bagni, anch'egli addetto alla
tenuta dei registri sui rifiuti, assistito dagli avvocati
Ezechia Paolo Reale e Giuseppina Amato. Rispetto al suo
collega, Miano ha respinto tutte le accuse e ha contestato
anche di avere partecipato ad un summit (con conversazioni
tutte intercettate dai militari della Guardia di Finanza) in
cui fu discusso il problema di come smaltire i rifiuti
tossici senza incorrere nei rigidi controlli degli
inquirenti che, dopo quel «banale» incidente alla tubazione
che aveva fatto riversare in mare una quantità di acido
solforico e di mercurio, andavano sistematicamente a fare
delle ispezioni dentro lo stabilimento di Priolo. «Non avevo
alcuna veste per partecipare a quel vertice perchè opero in
un reparto per lo smaltimento di sostanze gassose», ha detto
Miano. Il suo interrogatorio s'è concluso alle 15,10,
dopodichè il Gip ha deciso un breve stop, per la pausa
pranzo. Alle 16,15, a Cavadonna, è arrivato il presidente
nazionale delle Camere Penali, Ettore Randazzo, che assiste
il funzionario della Provincia, Alfio Caceci, 50 anni,
domiciliato a Siracusa. Il penalista, poco dopo, uscendo dal
carcere, ha dichiarato che il suo difeso si è avvalso della
facoltà di non rispondere. Gli interrogatori dei direttori
di Enichem Priolo, Giuseppe Rivoli, 56 anni, e di Enichem
Gela, Gaetano Claves, 55 anni, verranno effettuati domani
mattina. |
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IL GAZZETTINO |
I vertici
dell'Enichem respingono le accuse
Un ex pretore che già dal
1979 aveva denunciato i guasti ambientali della chimica "dei
veleni" rivela: «Ho visto neonati malformati»
Siracusa «Ho un'immagine
indelebile: un neonato di Augusta, la mamma china sulla sua
culla, in ospedale. Era privo di orecchie. La sensazione era
che ci fosse una relazione tra malformazioni e veleni». Lo
ha raccontato l'ex pretore "d'assalto" Nino Condorelli che,
nel 1979, dopo aver avuto i risultati delle analisi su acqua
e pesci , sigillò gli scarichi a mare della Raffineria Esso
di Augusta, in provincia di Siracusa. «Emerse un altro dato
-ha aggiunto Condorelli- 20 anni dopo l'avvento della
petrolchimica la curva delle neoplasie schizzava in alto. La
statistica poneva Siracusa allo stesso livello delle
insorgenze tumorali nelle aree industrializzate del Nord».
«Scaricavano mercurio a mare dalla linea cloro-soda», ha
ricordato Condorelli parlando dei risultati dell'indagine
dell'epoca. Gli arresti dei vertici dell'azienda suscitano
nell'ex pretore «l'orgoglio di appartenere ad una
magistratura che tutela anche la salute. Ho fatto da
apripista -ha ricordato- Ma anche la rabbia nel constatare
che si debba riparlare di mercurio nel Siracusano».In
seguito alla decisione di Condorelli di bloccare la
produzione dello stabilimento, «fu approvata la Merli bis
-ha ricordato il magistrato- L'obiettivo non era togliere
lavoro, ma imporre un modo di produrre ecocompatibile». «La
legge fu approvata in fretta -ha spiegato Condorelli- su un
versante tappava le falle della Merli 1, che consentivano
con vari stratagemmi di continuare ad inquinare, sull'altro
consentiva alle aziende una sorta di condono, dovevano
presentare un piano di riconversione e si impegnavano a
comportamenti virtuosi. Evidentemente c'è ancora chi non si
è rassegnato». Intanto, si sono svolti per l'intera giornata
di ieri nel carcere di Cavadonna gli interrogatori degli
otto indagati accusati di "associazione per delinquere
finalizzata al traffico illecito di rifiuti pericolosi",
detenuti nell'inchiesta sulle presunte irregolarità nello
smaltimento di alcuni rifiuti industriali pericolosi all'Enichem
di Priolo. Il giudice per le indagini preliminari del
Tribunale di Siracusa, Monica Marchionni, che ha firmato 18
provvedimenti giudiziari, potrebbe anche continuare stamani
i colloqui con sette funzionari dell'Enichem ed un
dipendente della Provincia di Siracusa addetto ai controlli
ambientali.Tra la mattinata ed il primo pomeriggio sono
stati sentiti due addetti alla tenuta dei registri sui
rifiuti dello stabilimento di Priolo, Luciano Adamo, 30
anni, e Franzo Miano, 50 anni.Secondo quanto riferito dal
suo difensore, l'avvocato Orazio Consolo, Adamo ha risposto
alle domande del magistrato e ha chiarito la sua posizione
in merito alle accuse, soprattutto in riferimento a quella
di associazione a delinquere, respinta fermamente. Nella
seconda parte del pomeriggio, sono iniziati gli
interrogatori di altri sei indagati, 4 dei quali sono
dirigenti dell'Enichem. |
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L'ARENA di Verona |
Rifiuti
tossici nel mare, il ricordo di Condorelli
«All’ospedale vidi un neonato
di Augusta senza orecchie»
Nel ’79 il pretore d’assalto
sigillò gli scarichi della raffineria
La vicenda dei rifiuti
tossici dell’Enichem di Priolo di Siracusa, ha fatto tornare
indietro di vent’anni il sostituto procuratore Antonino
Condorelli. Era infatti lui il pretore «d’assalto» che
sigillò gli scarichi della raffineria Esso, nello stesso
impianto. Era il 1979. Gli americani se l’ebbero a male,
dissero che per errore era stata aperta una certa valvola,
assicurarono che sarebbero stati più attenti e licenziarono
2.000 persone. L’emergenza costrinse il Parlamento ad
approvare a tempo di record la legge Merli bis. Condorelli,
sostituto procuratore a Verona, sta per trasferirsi alla
Procura generale di Brescia; per quattro anni è stato
componente del Csm. L’inchiesta, spiega Condorelli,
evidenziò che le raffinerie «scaricavano mercurio a mare
dalla linea cloro-soda». E qualcuno ipotizzò che proprio a
seguito di quell’inchiesta Condorelli venne trasferito: «È
falso, allora il magistrato aveva forse più garanzie di
oggi. Andare via fu una mia scelta personale». Le immagini
di quei giorni tornano alla memoria ancora indelebili:
«Ricordo un neonato di Augusta, la mamma china sulla sua
culla, in ospedale. Era privo di orecchie. La sensazione era
che ci fosse una relazione tra malformazioni e veleni. Ma
emerse un altro dato: 20 anni dopo l’avvento della
petrolchimica la curva delle neoplasie schizzava in alto. La
statistica poneva Siracusa allo stesso livello delle
insorgenze tumorali nelle aree industrializzate del Nord».
Dopo la sua decisione di bloccare la produzione, fu
approvata la legge Merli bis: «L’obiettivo non era togliere
lavoro, ma imporre un modo di produrre ecocompatibile. La
legge fu approvata in fretta, su un versante tappava le
falle della Merli 1, che consentivano con vari stratagemmi
di continuare ad inquinare, sull’altro consentiva alle
aziende una sorta di condono, dovevano presentare un piano
di riconversione e si impegnavano a comportamenti virtuosi.
Evidentemente c’è ancora chi non si è rassegnato». |
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DIE TAGESZEITUNG |
Ciao,
Chemie-Mafia
Italienischer Chemieriese
aufgeflogen. Jahrelang illegal Müll entsorgt. Auffällig
viele Kinder krank nahe Standort ROM taz Seit
Freitagnachmittag steht in Priolo auf Sizilien die
Chlor-Soda-Produktionsanlage des italienischen Chemieriesen
Enichem still. Sie könne die Sicherheit des Betriebs nicht
mehr gewährleisten, teilte die Firmenleitung mit, da alle
zuständigen Manager abwesend sind. Die Herren fehlen aus
einem schlichten Grund: Sie sitzen in Haft. Gleich 17
örtliche Enichem-Bosse und einen Beamten der
Provinzverwaltung buchtete die Staatsanwaltschaft von
Syrakus ein. Der Vorwurf: Bildung einer kriminellen
Vereinigung mit dem Ziel der Müllverschiebung. Begonnen
hatten die Ermittlungen im September 2001, als einige Bürger
wegen eines großen Flecks im Meer vor Priolo Anzeige
erstatteten. Offenkundig waren große Mengen Schwefelsäure
ins Meer gelangt. Aus dem Abflussrohr von Enichem. Was die
Staatsanwälte in den nächsten Monaten zutage förderten, war
ungeheuerlich. Systematisch entsorgte die Firma ihren
Giftmüll auf den kürzesten Wegen. So wurde Quecksilber
einfach in den Gulli gekippt, die Konzentrationen im
Meerwasser überschritten Grenzwerte um das 20.000-fache.
Abfälle wurden mit allerlei Zeug gemischt, als Bauschutt
deklariert und statt auf Sondermülldeponien auf normale
Müllkippen in ganz Italien gebracht. Etwa 5 Millionen Euro
jährlich soll Enichem so gespart haben. Dank der tätigen
Mithilfe des Provinzbeamten, der mit der Überwachung der
Giftmüllentsorgung betraut war. Die Manager machten noch
weiter, als sie schon den Staatsanwalt im Haus hatten. "Der
Tankwagen muss so lange stehen bleiben, wie unser Freund da
ist", sagt ein Direktor in einer Besprechung. Später dann,
als die giftige Brühe durchs Rohr ins Meer rauschte, freuten
sich die Herren: "Wir haben ihn gefickt." Leider hörten die
Wanzen der Ermittler mit. Nun könnte sich die Anklage weiter
verschärfen. Im Gebiet um Priolo stellen Kinderärzte seit 20
Jahren eine deutlich höhere Rate von Missbildungen bei
Neugeborenen fest. Mit allein 1.000 missgebildeten Kindern
zwischen 1990 und 2000 liegen die Werte 200 Prozent über dem
nationalen Durchschnitt. Das Ermittlungsverfahren allerdings
kam erst 2000 in Gang. Den Managern wird jetzt "Verachtung
der Umwelt und des menschlichen Lebens" vorgeworfen. Damit
stehen sie nicht allein: Die schon 1990 vom Umweltverband
Legambiente erhobene Forderung nach sofortiger
Modernisierung der Chlor-Soda-Produktionsanlagen verhallte
aber seinerzeit ungehört." |
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