RASSEGNA STAMPA 19.01.2003

 

MESSAGGERO
Dopo gli attacchi di Assindustria il sindaco rimprovera all’azienda di non essersi preoccupata di conoscere le linee previste dai nuovi assetti urbani

«L’Api doveva chiederci cosa prevede il Prg»

Carletti: «I nostri progetti per Falconara vanno in direzione di uno sviluppo nel terziario e nel turismo»

FALCONARA - Rinnovo Api nuovo atto. Dopo l’intervento di Assindustria, seguito a quelli di sindacati e direzione della raffineria ecco la risposta del sindaco Carletti, chiamato in causa da più parti a seguito delle sue affermazioni sul rinnovo della concessione. «I toni sprezzanti con i quali si cerca di proporre una lettura degli atti con i quali l’Amministrazione Comunale di Falconara Marittima ha inteso esprimere una valutazione sull’attività di raffineria dell’Api spa di Ancona richiedono una serena ricognizione su argomenti che è necessario conoscere, altrimenti l’alternativa è l’apocalisse del buon senso - dice Carletti - Il Prg traccia definendole le linee di sviluppo del territorio sulla base di scelte di fondo, di indirizzi generali. Esso non fissa scadenze, indica gli obiettivi. Se un Prg, nel divenire del territorio, prevede che un’area modifichi la sua destinazione, questo deve avvenire nell’ambito del sistema di scelte. Non può troncare un uso, una attività, quindi una destinazione sconvolgendo le logiche di sistema. «Questi principi generali hanno guidato l’Amministrazione Comunale nella formulazione del Prg adottato. Alla luce di essi ha caratterizzato l’area a Nord di Falconara secondo un modello di sviluppo basato essenzialmente sul terziario e sul turistico balneare e sullo sfruttamento delle potenzialità che gli derivano da essere un fondamentale centro internodale. E’ un modello in divenire. Da verificare. In questo modello l’area attualmente occupata dalla Raffineria Api non viene più ad avere l’attuale destinazione in quanto da ricomprendere nelle nuove scelte di indirizzo. Questa nuova destinazione non può essere improvvisata. Vi sono tempi da rispettare. La Raffineria Api ha una scadenza. L’anno 2008 scade la concessione per l’esercizio della sua attività. Alcuni anni prima di quella scadenza chiede il rinnovo della concessione. Il Prg conoscendo la scadenza dell’anno 2008 ha previsto che quella fosse la data di riferimento per la conclusione delle destinazione d’uso di quell’area. La Raffineria per continuare l’esercizio della sua attività dopo quella data doveva chiedere il rinnovo della concessione. Così ha fatto. Era d’obbligo o, comunque, prudente, chiedere a questo Comune cosa prevedesse in proposito il Prg di cui si era dotato. Non è stato fatto. Il Comune ha autonomamente fornito questa indicazione. Ha dichiarato che la destinazione di quell’area dopo quella data era diversa da quella attuale. E’ andato oltre. Ha espresso una valutazione. Ha evidenziato inconvenienti ambientali, vincoli urbanistici, incompatibilità viarie, oneri finanziari, tali tutti da indurre l’Amministrazione a definire assolutamente negativa la valutazione sulla continuità di quella attività. «Ora un’attività che provoca questi inconvenienti va autorizzata se ed in quanto essi vengano rimossi e questa rimozione non costi alla comunità. Concedere l’uso di una parte del territorio non comporta rinuncia alla tutela di esso. Averne l’uso non autorizza a farne uno scempio. Chiedere oggi l’autorizzazione a continuarne l’uso obbliga a verificare in quale modo è stato usato fino ad oggi. Su questo il nostro giudizio non è positivo. Non è neppure punitivo. Se ci sono strumenti che possano garantirne l’integrità ora ed in futuro. Se il sistema viario da modificare non comporti un uso rovinoso per altra parte del territorio. Se la comunità non deve più sostenere costi in conseguenza di quell’attività. Queste sono le regole che devono essere rispettate. Nell’interesse di tutti. Della città, dell’Azienda , dei lavoratori. Ciò naturalmente nell’ambito temporale in cui la destinazione d’uso attuale non contrasta con le scelte di sistema operate e che rappresentano il divenire dell’area a Nord di Falconara Marittima e dell’intera città».

«La concessione non si discute»

Per i sindacati non ci sono finora valide alternative ai posti di lavoro della raffineria

FALCONARA - Di mancato rinnovo della concessione non vogliono neanche sentir parlare. I sindacati, compatti, frenano su quest’eventualità e ribadiscono la loro lotta a favore del proseguimento dell’attività della raffineria anche dopo il 2008. E stranamente sembrano sulla stessa lunghezza d’onda di Assindustria che accusa la giunta di Falconara di aver cambiato le carte in tavola sulla questione Api, negando alla raffineria il suo appoggio per il rinnovo. «Per noi – spiega Andrea Fiordelmondo, segretario regionale Uil Cem – va garantito l’attuale livello occupazionale». Sulle dichiarazioni di Bellucci si dice preoccupato. «Se ha detto questo, la cosa mi lascia perplesso. Quindi, ci auguriamo che non si verifichi mai l’eventualità del mancato rinnovo. Ma sappiamo anche che la concessione va data a patto di garanzie di compatibilità. Comunque, la posizione di Bellucci non mi stupisce, anche perché quelle stesse persone che dicono no al proseguimento dell’attività di raffinazione non hanno mai presentato valide alternative. Perché dovrebbe farlo l’azienda, che vuole rimanere sul territorio? E poi non penso ci sarebbero i tempi tecnici per programmare una riconversione mantenendo i livelli occupazionali». Ma crede davvero che se l’Api chiudesse non potrebbe continuare a lavorare con altri compiti, come ad esempio la produzione di energia elettrica? «Si potrebbe, ma con costi e impianti ben differenti per la mancanza della struttura di raffinazione e con meno forza lavoro. Sicuramente gli addetti agli impianti della raffineria perderebbero il posto». Quindi cosa farete adesso? «Ci batteremo per far sì che il rinnovo venga concesso anche perché fino ad ora non ho visto prospettive diverse». Concorde Daniele Paolinelli, Femca Cisl: «Cercheremo di avviare un tavolo di concertazione tra Regione, Provincia, Comune, Api e lavoratori per fissare un percorso comune che consenta alla raffineria di rimanere». Cosa pensa delle condizioni poste dal sindaco per la permanenza della raffineria alla luce dell’incontro che avete avuto recentemente? Sempre di tavoli comuni parla Arrigo Berionnni, Filcea Cgil. Ma perché ne parlate con insistenza solo adesso, non è tardi? «Adesso ci sono le condizioni per attivarlo. Sappiamo che esistono pareri favorevoli al rinnovo della concessione se si verificano alcune condizioni. Dalle indicazioni dateci dal sindaco anche lui potrebbe essere disponibile a discuterne. Allora dobbiamo lavorare per fare in modo che si creino queste condizioni. Il tempo c’è».

CATTIVI PENSIERI  (corsivo)

Signori miei, così è se vi pare

Sindaci al fronte, sindaci alle prese con problemi di credibilità. Quello di Falconara, Carletti, si fa prendere in castagna dall’Assindustria che gli rimprovera il voltafaccia sulla vicenda Api. Sul rinnovo della concessione in gioco interessi enormi. Scomoda la posizione di Carletti che ha due città da accontentare, quella che dell’Api non ne può più e quella che con l’Api ci mangia: se la raffineria chiude vanno a spasso in duemila. Fatto sta che con le accuse di incoerenza si insinua il tarlo della credibilità. Che è un valore sensibile, molto a rischio. Prendete il sindaco di Osimo, Dino Latini. Si batte per la sua città, ha dimostrato di essere politicamente inaffondabile, uno che brilla e volta ha sempre ragione lui e che, insomma, ci crede. Ha anche un mucchio di idee. In piazza aveva fatto mettere una telecamera anti-crimine. Certo, Osimo è una città che ha molte analogie col paradiso terrestre e l’iniziativa sapeva un po’ di propaganda. Ma in fatto di sicurezza è sempre meglio non essere parsimoniosi. Guarda caso una vecchina si fa borseggiare proprio davanti all’obiettivo indiscreto. Tutti pensano: ecco fatto, il malfattore sarà smascherato dal Grande Fratello. Col cavolo. Si scopre che nessuno si era preso la briga di far funzionare l’apparecchietto. Latini però non se la prende con chi gli ha fatto fare la figuraccia. La fa lunga, preferisce acconciare giustificazioni. Si rivolge a fogli i quali, per fargli un piacere, gli farebbero dire che gli asini volano. Il quadro è completo: così una misera gaffe insinua insicurezza nell’opinione pubblica pure nei riguardi di uno inappuntabile come lui. Passerà alla storia dei senza testa come il sindaco dell’impianto di risalita. Ma sarà difficile non ricordarlo anche come il sindaco della spy cam appennicata. Serve uno per fare filotto. Uno a caso: Sturani. Il sindaco di Ancona si attira critiche e perplessità sul caso Sbarbati, il bibliotecario di Chiaravalle che vorrebbe sistemare alle Muse come direttore amministrativo. Molti i distinguo anche in seno al Cda. Che cosa penso? Che Sturani potrebbe aver visto giusto nel riconoscere in Sbarbati una capacità professionale sottoutilizzata. Capita tante volte, la scelta felice dipende dall’intuito del talent scout. Ma il problema della credibilità si pone lo stesso. Si diffida, giustamente, delle nomine politiche, della rinuncia a una gara tra professionisti che possa permettere di scegliere il migliore, non uno a scatola chiusa. Peccato che Ciccioli abbia adottato il modo più sbagliato per sollevare la questione: un annuncio con tanto di bando di gara fasullo pubblicato su La Repubblica. La credibilità dell’operazione Sbarbati vacilla, ma d’ora in avanti anche Ciccioli avrà i suoi problemi: ogni volta dovrà spiegare se fa sul serio o per finta.

 
IL RESTO DEL CARLINO
Prg, le motivazioni di Carletti al «no» definitivo all'Api

FALCONARA — «La raffineria Api ha una scadenza: nel 2008 termina la concessione per l'esercizio della sua attività». Il sindaco Carletti chiarisce ancora una volta la posizione dell'amministrazione comunale, motivando ogni singola decisione che ha portato a stilare il piano regolatore generale e quindi ad escludere, nella programmazione futura del territorio falconarese, la raffineria Api. Il primo cittadino ritorna sull'iter seguito dalla giunta non chiama in causa direttamente Assindustria ma si intuisce con facilità l'esigenza che queste dichiarazioni vengano all'indomani degli interrogativi formulati dall'associazione degli industriali. «Il Prg — scrive il sindaco — traccia le linee di sviluppo del territorio sulla base di scelte di fondo, di indirizzi generali. Non fissa scadenze ma indica gli obiettivi. Rappresenta un sistema di scelte che devono essere attivate con l'intelligenza del funzionamento del sistema. L'attuale destinazione dell'area occupata dall'Api — sottolinea — non può essere troncata d'incanto. Vi sono tempi da rispettare. Il Prg, conoscendo la scadenza dell'anno 2008, ha previsto che quella fosse la data di riferimento per la conclusione delle destinazione d'uso di quell'area . Non poteva che essere così. La raffineria Api ha richiesto il rinnovo della concessione Era d'obbligo o comunque, prudente, chiedere a questo Comune cosa prevedesse in proposito il piano regolatore di cui si era dotato. Non è stato fatto». E' stato allora che il Comune ha espresso una valutazione. Ha evidenziato «inconvenienti ambientali, vincoli urbanistici, incompatibilità viarie, oneri finanziari , tali tutti da indurre l'amministrazione a definire assolutamente negativa la valutazione sulla continuità di quella attività».

 
CORRIERE ADRIATICO

Carletti risponde agli industriali e torna a dettare le condizioni

“L’api rispetti il piano regolatore”

Nessuna decisione punitiva, ma un "no" inevitabile sbattuto in faccia ad una struttura ad oggi incompatibile con le strategie dettate dal piano regolatore. Il sindaco Carletti risponde alla sferzata di Assindustria in modo dichiaratamente pacato, prendendo in qualche modo le distanze da quelli che definisce "toni sprezzanti" e proponendo una "serena, ragionata e scolastica ricognizione" in merito all'attività svolta dalla raffineria e al parere negativo del Comune alla richiesta di rinnovo della concessione. Evitando così. “l’apocalisse del buon buon senso dell'intelligenza e della logica". Ma non risparmia una bacchettata alla raffineria. Alla quale "era obbligo, o prudente - è il rimprovero di Carletti all’api - chiedere al Comune cosa prevedesse in proposito il prg di cui si era dotato. Non è stato fatto".

Insiste sul piano regolatore della città, Carletti. Perché lì attorno si incardina lo sviluppo di Falconara. E lì affonda le radici quel progetto legato a doppio nodo al rilancio turistico e in generale del settore terziario, che mal si concilia - è la convinzione del sindaco - con la raffineria così come si presenta oggi, che in quell'area insiste. "Il Piano regolatore generale - ricorda il sindaco - è l’unico strumento di pianificazione locale onnicomprensivo e di lunga durata che definisce una volta per tutte, fino a sua modifica, tutte le destinazioni d'uso dei suoli ed il loro regime giuridico pubblico o privato oltre a fissare le regole della conservazione e della trasformazione, uno strumento che prefigura strategicamente lo sviluppo economico e sociale della città e delle sue caratteristiche funzionali e fisiche e stabilisce anche le regole per l'ordinaria gestione delle più minute e diffuse trasformazioni edilizie”. Il Prg disegna, attraverso le linee di sviluppo dei territorio, il contesto del divenire di una comunità. "Se un Prg prevede che un'area modifichi la sua destinazione, questo deve avvenire nell'ambito del sistema di scelte” e "non può troncare un uso, un'attività, una destinazione sconvolgendo le logiche di sistema". In base a questi principi il Comune pensa all’area a nord di Falconara secondo un modello di sviluppo basato sul terziario e sul turistico balneare e sullo sfruttamento delle potenzialità che gli derivano da essere un fondamentale centro internodale. "E' un modello in divenire. Da verificare. E' una modifica globale di un'intera area. In questo modello l'area attualmente occupata dalla Raffineria Api non viene più ad avere l'attuale destinazione in quanto da ricomprendere nelle nuove scelte di indirizzo". E questa nuova destinazione non può essere improvvisata. Ma, ammette “l’attuale destinazione non può essere troncata d'incanto, ci sono tempi da rispettare". Nel 2008 scade la concessione per l'esercizio del l'attività dell'Api. Alla richiesta preventiva del rinnovo da parte della raffineria, ripercorre i fatti il sindaco, "il Comune ha dichiarato che la destinazione di quell'area dopo quella data era diversa da quella attuale"'. Di più. "Ha evidenziato inconvenienti ambientali, vincoli urbanistici, incompatibilità viarie, oneri finanziari, da indurre l'amministrazione a definire assolutamente negativa la valutazione sulla continuità di quella attività". Carletti torna a dettare le condizioni: gli inconvenienti vanno rimossi e questa rimozione non deve costare alla comunità. “Concedere l'uso di una parte del territorio non comporta rinuncia alla tutela di esso. Averne l'uso non autorizza a farne uno scempio. Chiedere oggi l'autorizzazione a continuarne l'uso obbliga a verificare in quale modo e stato usato fino ad oggi. Su questo il nostro giudizio non è positivo". Ma precisa,-non è neppure punitivo. Se ci sono strumenti che possano garantirne l'integrità ora ed in futuro, se il sistema viario da modificare non comporti un uso rovinoso per altra parte del territorio, se la comunità non deve più sostenere costi in conseguenza di quell'attività. Queste sono le regole che devono essere rispettate". Ciò “nell'ambito temporale in cui la destinazione d'uso attuale non contrasta con le scelte di sistema e che rappresentano il divenire dell'area a nord e dell'intera città".

 
LA SICILIA
Bonifica radicale del territorio per salvaguardare la nostra salute

Alla fine degli anni '70, quando, giovane professore, da poco entrato nella Commissione Regionale del Farmaco, cominciai, in collaborazione con l'«Osservatorio epidemiologico regionale sulle patologie», a rilevare in maniera quasi artigianale, come avveniva all'epoca, la comparsa di possibili effetti collaterali di farmaci, mi accorsi subito che qualcosa non andava in alcune zone. Segnalai alcune concentrazioni anomale di patologie, e tra queste nella zona Augusta-Priolo una insolita presenza di malformazioni e concentrazione di alcuni tumori solidi e di alcune emopatie. Vari furono nel tempo i tentativi di esperti e magistrati sensibili di potere statisticamente dimostrare l'equazione che la presenza di estesissimi impianti di chimica, di trasformazione dei derivati degli idrocarburi, di raffinerie, creavano una seria situazione di rischio per la salute. In realtà le cifre patologiche, basse in assoluto, non hanno mai consentito la possibilità di una dimostrazione statistica senza la quale era impossibile un intervento radicale. Ma l'impressione, il timore, restavano, e la sanità regionale e la magistratura locale sono sempre state all'erta. Certo qualcosa non funzionava e non funziona storicamente nel proiettarsi patologico oggi di un passato (anni '50-'60) tragicamente disattento e superficiale, effetto di una dissennata politica di investimenti massicci in tecnologie pesanti in aree che per bellezza, storia ed arte erano destinate a godere di ben altre scelte di sviluppo. Oggi cominciamo purtroppo con certezza a raccogliere l'eredità assassina di quella politica. Lo scandalo degli scarichi al mercurio di questi giorni non è che l'espressione più recente e conseguenziale di tutte le follie precedenti. Da esperto professore di Farmacologia, da parlamentare europeo e da sindaco della seconda città di Sicilia non posso non lanciare un messaggio allarmato ed una proposta forte. La Sicilia non può più tollerare di essere stata o peggio, in alcuni casi di essere ancora, concentrato di produzioni ad alto rischio come quelle collegate alle raffinerie e ai suoi scarichi, deposito di vagoni piombati dove si dimenticano tonnellate di amianto, cammino di percorsi elettrici ad alta tensione che passano ancora vicinissimi a nuclei abitativi, sede di discariche fantasma, fonte di guadagni enormi per l'ecomafia. Se vogliamo, come vogliamo, che la nostra Isola, che ne ha tutte le potenzialità, diventi polo di attrazione di un grande «Turismo Polifunzionale», la Florida del Mediterraneo, con in più i valori aggiunti della tradizione e delle arti, dobbiamo spogliarci da questa cappa che come un incubo pesa su di noi. La proposta è che nella rimodulazione dei fondi strutturali, così come si prevede di investire centinaia di miliardi per mettere in sicurezza le nostre case e le nostre strutture pubbliche dai rischi sismici e vulcanici, così venga destinata una quota equivalente alla bonifica radicale del territorio. Due villaggi turistici ed un campo di golf rendono alla distanza in termini occupazionali molto più di una raffineria. Mi renderò parte attiva perché il nostro sviluppo futuro sia accompagnato da seri, rigorosissimi piani di risanamento ambientale. Non possiamo più chiudere gli occhi, la natura si ribella, le «Zoccole» giganti del golfo di Augusta, le mutazioni dei ricci di mare, l'incremento a macchia di leopardo dei linfomi maligni, le malformazioni del cavo orale, tutto ci indica le due strade parallele da perseguire: 1) messa in sicurezza non solo strutturale ma anche ecologica e sanitaria, 2) sviluppo di un turismo che alla base abbia la garanzia di una terra depurata dalle contaminazioni di un passato criminalmente incosciente. La riconversione si può e si deve fare in tempi brevi. Si guadagnerà in sicurezza economica accanto alla certezza di non continuare a sottoporre a rischio il bene primario della nostra salute!

Enichem di Priolo travolto dal ciclone giudiziario «rifiuti tossici»

Ieri i primi interrogatori dei vertici dello stabilimento

Gli indagati respingono le accuse

Siracusa. Alle 21,45 il Giudice per le indagini preliminari Monica Marchionni ha interrotto gli interrogatori degli otto indagati, colpiti dalla misura della custodia in carcere. Lo stop è intervenuto a conclusione di una intensa giornata e dopo che erano stati interrogati sei indagati, gli ultimi dei quali l'addetto alla tenuta dei registri sui rifiuti Luigi Russo, 47 anni, il responsabile «Ambiente e sicurezza» Giuseppe Farina, 59 anni, ed il direttore dello stabilimento «Polimeri Europa» Giuseppe D'Arrigo Genitori, 57 anni, tutti assistiti dal professore Enzo Musco e dagli avvocati Ezechia Paolo Reale e Francesco Favi. «Hanno respinto tutte le accuse serenamente, in un clima di confronto dialettico», ha poi dichiarato il professore Enzo Musco. «I nostri assistiti -ha aggiunto- hanno spiegato che certe scelte non sono state fatte per risparmiare, perchè la società non ha mai lesinato i soldi per lo smaltimento dei rifiuti e, quindi, hanno messo in evidenza anche la complessità della disciplina e la interpretazione della normativa. I nostri assistiti - ha aggiunto il penalista- hanno inoltre dettagliatamente spiegato il significato delle conversazioni intercettate dalle fiamme gialle, significato che è diametralmente opposto a quello dato dal pubblico ministero». In precedenza, a partire dalle ore 10,30, il Gip aveva interrogato l'addetto alla tenuta dei registri sui rifiuti, Luciano Adamo, 30 anni, residente a Tremestieri Etneo, assistito dall'avvocato Orazio Consolo, del Foro di Catania. All'interrogatorio era presente il pm Maurizio Musco, «padre» della clamorosa inchiesta giudiziaria partita il 10 settembre dell'anno scorso, subito dopo la segnalazione di alcuni cittadini allarmati dall'anomala e vistosa colorazione rossastra dello specchio di mare antistante la portineria sud dello stabilimento Enichem di Priolo. Adamo ha respinto seccamente l'accusa di associazione per delinquere e, riguardo alle oltre 150 ipotesi delittuose che gli vengono contestate, ha chiarito qual era il suo ruolo e l'attività lavorativa svolta. L'interrogatorio si è concluso poco dopo le 13,15 e, cinque minuti dopo, nella sala dei colloqui «Gip-detenuti», è stato introdotto Franzo Miano, 50 anni, residente a Canicattini Bagni, anch'egli addetto alla tenuta dei registri sui rifiuti, assistito dagli avvocati Ezechia Paolo Reale e Giuseppina Amato. Rispetto al suo collega, Miano ha respinto tutte le accuse e ha contestato anche di avere partecipato ad un summit (con conversazioni tutte intercettate dai militari della Guardia di Finanza) in cui fu discusso il problema di come smaltire i rifiuti tossici senza incorrere nei rigidi controlli degli inquirenti che, dopo quel «banale» incidente alla tubazione che aveva fatto riversare in mare una quantità di acido solforico e di mercurio, andavano sistematicamente a fare delle ispezioni dentro lo stabilimento di Priolo. «Non avevo alcuna veste per partecipare a quel vertice perchè opero in un reparto per lo smaltimento di sostanze gassose», ha detto Miano. Il suo interrogatorio s'è concluso alle 15,10, dopodichè il Gip ha deciso un breve stop, per la pausa pranzo. Alle 16,15, a Cavadonna, è arrivato il presidente nazionale delle Camere Penali, Ettore Randazzo, che assiste il funzionario della Provincia, Alfio Caceci, 50 anni, domiciliato a Siracusa. Il penalista, poco dopo, uscendo dal carcere, ha dichiarato che il suo difeso si è avvalso della facoltà di non rispondere. Gli interrogatori dei direttori di Enichem Priolo, Giuseppe Rivoli, 56 anni, e di Enichem Gela, Gaetano Claves, 55 anni, verranno effettuati domani mattina.

 
IL GAZZETTINO
I vertici dell'Enichem respingono le accuse

Un ex pretore che già dal 1979 aveva denunciato i guasti ambientali della chimica "dei veleni" rivela: «Ho visto neonati malformati»

Siracusa «Ho un'immagine indelebile: un neonato di Augusta, la mamma china sulla sua culla, in ospedale. Era privo di orecchie. La sensazione era che ci fosse una relazione tra malformazioni e veleni». Lo ha raccontato l'ex pretore "d'assalto" Nino Condorelli che, nel 1979, dopo aver avuto i risultati delle analisi su acqua e pesci , sigillò gli scarichi a mare della Raffineria Esso di Augusta, in provincia di Siracusa. «Emerse un altro dato -ha aggiunto Condorelli- 20 anni dopo l'avvento della petrolchimica la curva delle neoplasie schizzava in alto. La statistica poneva Siracusa allo stesso livello delle insorgenze tumorali nelle aree industrializzate del Nord». «Scaricavano mercurio a mare dalla linea cloro-soda», ha ricordato Condorelli parlando dei risultati dell'indagine dell'epoca. Gli arresti dei vertici dell'azienda suscitano nell'ex pretore «l'orgoglio di appartenere ad una magistratura che tutela anche la salute. Ho fatto da apripista -ha ricordato- Ma anche la rabbia nel constatare che si debba riparlare di mercurio nel Siracusano».In seguito alla decisione di Condorelli di bloccare la produzione dello stabilimento, «fu approvata la Merli bis -ha ricordato il magistrato- L'obiettivo non era togliere lavoro, ma imporre un modo di produrre ecocompatibile». «La legge fu approvata in fretta -ha spiegato Condorelli- su un versante tappava le falle della Merli 1, che consentivano con vari stratagemmi di continuare ad inquinare, sull'altro consentiva alle aziende una sorta di condono, dovevano presentare un piano di riconversione e si impegnavano a comportamenti virtuosi. Evidentemente c'è ancora chi non si è rassegnato». Intanto, si sono svolti per l'intera giornata di ieri nel carcere di Cavadonna gli interrogatori degli otto indagati accusati di "associazione per delinquere finalizzata al traffico illecito di rifiuti pericolosi", detenuti nell'inchiesta sulle presunte irregolarità nello smaltimento di alcuni rifiuti industriali pericolosi all'Enichem di Priolo. Il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Siracusa, Monica Marchionni, che ha firmato 18 provvedimenti giudiziari, potrebbe anche continuare stamani i colloqui con sette funzionari dell'Enichem ed un dipendente della Provincia di Siracusa addetto ai controlli ambientali.Tra la mattinata ed il primo pomeriggio sono stati sentiti due addetti alla tenuta dei registri sui rifiuti dello stabilimento di Priolo, Luciano Adamo, 30 anni, e Franzo Miano, 50 anni.Secondo quanto riferito dal suo difensore, l'avvocato Orazio Consolo, Adamo ha risposto alle domande del magistrato e ha chiarito la sua posizione in merito alle accuse, soprattutto in riferimento a quella di associazione a delinquere, respinta fermamente. Nella seconda parte del pomeriggio, sono iniziati gli interrogatori di altri sei indagati, 4 dei quali sono dirigenti dell'Enichem.

 
L'ARENA di Verona
Rifiuti tossici nel mare, il ricordo di Condorelli

«All’ospedale vidi un neonato di Augusta senza orecchie»

Nel ’79 il pretore d’assalto sigillò gli scarichi della raffineria

La vicenda dei rifiuti tossici dell’Enichem di Priolo di Siracusa, ha fatto tornare indietro di vent’anni il sostituto procuratore Antonino Condorelli. Era infatti lui il pretore «d’assalto» che sigillò gli scarichi della raffineria Esso, nello stesso impianto. Era il 1979. Gli americani se l’ebbero a male, dissero che per errore era stata aperta una certa valvola, assicurarono che sarebbero stati più attenti e licenziarono 2.000 persone. L’emergenza costrinse il Parlamento ad approvare a tempo di record la legge Merli bis. Condorelli, sostituto procuratore a Verona, sta per trasferirsi alla Procura generale di Brescia; per quattro anni è stato componente del Csm. L’inchiesta, spiega Condorelli, evidenziò che le raffinerie «scaricavano mercurio a mare dalla linea cloro-soda». E qualcuno ipotizzò che proprio a seguito di quell’inchiesta Condorelli venne trasferito: «È falso, allora il magistrato aveva forse più garanzie di oggi. Andare via fu una mia scelta personale». Le immagini di quei giorni tornano alla memoria ancora indelebili: «Ricordo un neonato di Augusta, la mamma china sulla sua culla, in ospedale. Era privo di orecchie. La sensazione era che ci fosse una relazione tra malformazioni e veleni. Ma emerse un altro dato: 20 anni dopo l’avvento della petrolchimica la curva delle neoplasie schizzava in alto. La statistica poneva Siracusa allo stesso livello delle insorgenze tumorali nelle aree industrializzate del Nord». Dopo la sua decisione di bloccare la produzione, fu approvata la legge Merli bis: «L’obiettivo non era togliere lavoro, ma imporre un modo di produrre ecocompatibile. La legge fu approvata in fretta, su un versante tappava le falle della Merli 1, che consentivano con vari stratagemmi di continuare ad inquinare, sull’altro consentiva alle aziende una sorta di condono, dovevano presentare un piano di riconversione e si impegnavano a comportamenti virtuosi. Evidentemente c’è ancora chi non si è rassegnato».

 
DIE TAGESZEITUNG
Ciao, Chemie-Mafia

Italienischer Chemieriese aufgeflogen. Jahrelang illegal Müll entsorgt. Auffällig viele Kinder krank nahe Standort ROM taz Seit Freitagnachmittag steht in Priolo auf Sizilien die Chlor-Soda-Produktionsanlage des italienischen Chemieriesen Enichem still. Sie könne die Sicherheit des Betriebs nicht mehr gewährleisten, teilte die Firmenleitung mit, da alle zuständigen Manager abwesend sind. Die Herren fehlen aus einem schlichten Grund: Sie sitzen in Haft. Gleich 17 örtliche Enichem-Bosse und einen Beamten der Provinzverwaltung buchtete die Staatsanwaltschaft von Syrakus ein. Der Vorwurf: Bildung einer kriminellen Vereinigung mit dem Ziel der Müllverschiebung. Begonnen hatten die Ermittlungen im September 2001, als einige Bürger wegen eines großen Flecks im Meer vor Priolo Anzeige erstatteten. Offenkundig waren große Mengen Schwefelsäure ins Meer gelangt. Aus dem Abflussrohr von Enichem. Was die Staatsanwälte in den nächsten Monaten zutage förderten, war ungeheuerlich. Systematisch entsorgte die Firma ihren Giftmüll auf den kürzesten Wegen. So wurde Quecksilber einfach in den Gulli gekippt, die Konzentrationen im Meerwasser überschritten Grenzwerte um das 20.000-fache. Abfälle wurden mit allerlei Zeug gemischt, als Bauschutt deklariert und statt auf Sondermülldeponien auf normale Müllkippen in ganz Italien gebracht. Etwa 5 Millionen Euro jährlich soll Enichem so gespart haben. Dank der tätigen Mithilfe des Provinzbeamten, der mit der Überwachung der Giftmüllentsorgung betraut war. Die Manager machten noch weiter, als sie schon den Staatsanwalt im Haus hatten. "Der Tankwagen muss so lange stehen bleiben, wie unser Freund da ist", sagt ein Direktor in einer Besprechung. Später dann, als die giftige Brühe durchs Rohr ins Meer rauschte, freuten sich die Herren: "Wir haben ihn gefickt." Leider hörten die Wanzen der Ermittler mit. Nun könnte sich die Anklage weiter verschärfen. Im Gebiet um Priolo stellen Kinderärzte seit 20 Jahren eine deutlich höhere Rate von Missbildungen bei Neugeborenen fest. Mit allein 1.000 missgebildeten Kindern zwischen 1990 und 2000 liegen die Werte 200 Prozent über dem nationalen Durchschnitt. Das Ermittlungsverfahren allerdings kam erst 2000 in Gang. Den Managern wird jetzt "Verachtung der Umwelt und des menschlichen Lebens" vorgeworfen. Damit stehen sie nicht allein: Die schon 1990 vom Umweltverband Legambiente erhobene Forderung nach sofortiger Modernisierung der Chlor-Soda-Produktionsanlagen verhallte aber seinerzeit ungehört."

 
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