MESSAGGERO |
Il prg dei
misteri. «Negli ultimi incontri erano stati condivisi la
volontà di sviluppare il territorio e considerare il
petrolchimico come risorsa»
«Carletti hai cambiato
rotta, perché?»
L’Assindustria coglie in
contraddizione Carletti sulla compatibilità Falconara-Api Fa
discutere la posizione del Comune di Falconara in merito al
rinnovo della concessione Api. I sindacati hanno già detto
la loro, e con chiarezza ha parlato anche il direttore della
raffineria, Franco Bellucci, che in un’intervista al nostro
giornale ha detto senza mezzi termini che «il futuro
dell’Api non è pensabile altrove» e che senza rinnovo
«sarebbe la chiusura». In questo contesto si inserisce
Assindustria di Ancona che si chiede «cosa ha fatto cambiare
idea al sindaco Carletti». Un Carletti che di recente non
aveva mancato occasione di sottolineare l’incompatibilità
del nuovo prg con la raffineria acquisendo una certa forza
contrattuale in vista della decisione sul rinnovo della
concessione prevista per giugno. Assindustria ora ricorda
«al mondo politico locale quanto diverse fossero le
posizioni e gli indirizzi emersi nel corso di recenti
incontri avuti tra la stessa Assindustria e
l’Amministrazione di Falconara. In tali incontri, infatti,
era stata condivisa la volontà di operare per lo sviluppo
del territorio, favorendo la creazione di attività, risorse
e valori. All’interno di questo sviluppo, Assindustria aveva
chiaramente ribadito, non trovando dissensi tra le parti, il
ruolo della raffineria come risorsa, non solo per la città
di Falconara, ma per l’intera regione ed, anzi, per tutta
l’Italia Centrale. E proprio in questo senso Assindustria si
era impegnata con le parti presenti affinché dagli enti
regionali e nazionali venisse riconosciuto il ruolo
fondamentale di Falconara per l’erogazione di servizi
strategici». Assindustria sottolinea anche il parere
dell’architetto Bohigas, che «in occasione dell’esposizione
delle linee guida del nuovo Piano Regolatore, ha chiaramente
affermato che in una città dai tratti essenzialmente anonimi
la raffineria poteva risultare uno dei pochi elementi
urbanistici distintivi e che, rispettata la salvaguardia
della salute e dell’ambiente, essa risultava perfettamente
compatibile con l’attuazione del Piano Regolatore. Dunque,
la presenza della raffineria non risultava in contrasto con
gli obiettivi perseguiti dal Prg per la valorizzazione della
città». Alla luce delle ultime affermazioni di Carletti,
invece, «Assindustria deve constatare come le valutazioni
della sua giunta vadano in una direzione totalmente diversa.
Recentemente, infatti, il Comune di sua iniziativa ha
espresso parere negativo al rinnovo della concessione alla
raffineria ed ha proposto un Prg che vede l’area su cui si
sviluppa l’azienda destinata ad altre attività. In questo
modo si prevede l’eliminazione di una realtà importante;
eliminazione che, facendo venir meno le risorse economiche
necessarie all’attuazione del Prg, potrebbe, di fatto,
impedirne la realizzazione». Assindustria parla di «progetti
apparentemente affascinanti ma certamente vaghi, che le
esperienze passate dimostrano senza possibilità di
realizzazione concreta, ad una realtà certa, moltiplicatrice
di valore, già pronta a sviluppare energie alternative, con
piani coerentemente in linea con quelli della Regione e
capace di incidere positivamente sul tessuto imprenditoriale
locale. Infatti, se è indubitabile che l’economia regionale
si basi prevalentemente sulla piccola e media impresa, è
altrettanto vero che questa stessa economia ha bisogno di
aziende di dimensioni tali da fare ricerca e stimolare
l’innovazione proprio a beneficio dell’imprenditoria locale.
Attività che la raffineria ha realizzato e realizza nei
confronti del considerevole indotto che le ruota intorno.
Come Assindustria, poi, non possiamo dimenticare che sulla
base di precise autorizzazioni sono state impegnate risorse
economiche e finanziarie che hanno permesso di realizzare un
sito all’avanguardia, rispettoso di tutte le normative che
regolamentano sicurezza e ambiente. Ci domandiamo, qualora
all’azienda venga impedito di procedere nella sua attività,
come e da chi queste risorse verranno indennizzate, senza
dimenticare il peso drammatico che andrebbe a gravare sulla
collettività. Riteniamo, dunque, auspicabile che si torni ad
un approccio razionale e concreto nella discussione sulla
presenza della raffineria sul territorio, riprendendo gli
indirizzi che in più tavoli sono stati condivisi,
perseguendoli con determinazione e tenendo in reale
considerazione l’utilità e il bene della collettività».
«Nel ’79 vidi neonati
senza orecchie»
SIRACUSA - Di punto in bianco
i pesci salirono a galla a milioni, gonfi e morti.
Banchettarono i gabbiani, e morirono. Era il 1979,
nauseabondo il tanfo nella rada di Augusta, davanti alla
raffineria della Esso. Nino Condorelli, catanese, 31 anni,
pretore, avuti i risultati delle analisi su acqua e pesci
sigillò gli scarichi a mare della Raffineria Esso. Gli
americani se l’ebbero a male, dissero che per errore era
stata aperta una certa valvola, assicurarono che sarebbero
stati più attenti e licenziarono 2000 persone. Per il
sindacato era difficile raccapezzarsi: come contemperare la
difesa del lavoro e quella della salute? E chi non amava la
supplenza pretorile, sparava a zero contro “i pretori
d’assalto". Ma l’emergenza costrinse il Parlamento ad
approvare a tempo di record la legge Merli bis. Condorelli
sta per immettersi nella Procura di generale di Brescia. Era
Pm a Verona, per 4 anni è stato componente del Csm. E’ vero
che quella decisione gliela fecero pagare con il
trasferimento? «E’ falso, allora il magistrato aveva forse
più garanzie di oggi. Andare via fu una mia scelta
personale». Cosa accertò la sua indagine? «Scaricavano
mercurio a mare dalla linea cloro-soda». Cosa le
suggeriscono gli arresti di ieri? L’accusa è identica.
«Sentimenti diversi, l’orgoglio di appartenere ad una
magistratura che tutela anche la salute. Ho fatto da
apripista. Ma anche la rabbia nel constatare che si debba
riparlare di mercurio nel Siracusano». Si rese conto che
c’erano problemi di salute anche per l’uomo? «Sì, ho
un’immagine indelebile: un neonato di Augusta, la mamma
china sulla sua culla, in ospedale. Era privo di orecchie.
La sensazione era che ci fosse una relazione tra
malformazioni e veleni. Ma emerse un altro dato: 20 anni
dopo l’avvento della petrolchimica la curva delle neoplasie
schizzava in alto. La statistica poneva Siracusa allo stesso
livello delle insorgenze tumorali nelle aree
industrializzate del Nord». Cosa accadde, dopo la sua
decisione di bloccare la produzione? «Fu approvata la Merli
bis. L’obiettivo non era togliere lavoro, ma imporre un modo
di produrre ecocompatibile. La legge fu approvata in fretta,
su un versante tappava le falle della Merli 1, che
consentivano con vari stratagemmi di continuare ad
inquinare, sull’altro consentiva alle aziende una sorta di
condono, dovevano presentare un piano di riconversione e si
impegnavano a comportamenti virtuosi. Evidentemente c’è
ancora chi non si è rassegnato». |
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IL RESTO DEL
CARLINO |
«Sindaco
perché sull'Api hai cambiato idea?
FALCONARA — In principio tra
Assindustria e Comune fu accordo sulla questione Api, poi
con le recenti dichiarazioni del sindaco Carletti (foto
piccola) e del 'no' inderogabile della Giunta alla
raffineria Api, Assindustria si pone molti interrogativi su
quello che considerano un dietro front del primo cittadino
ma sono pronti al confronto. «Vogliamo ricordare al mondo
politico locale — scrive Assindustria — quanto diverse
fossero le posizioni e gli indirizzi emersi nel corso di
recenti incontri avuti tra noi e l'amministrazione
falconarese. In questi incontri, infatti, era stata
condivisa la volontà di operare per lo sviluppo del
territorio, favorendo la creazione di attività, risorse e
valori. All'interno di questo sviluppo, avevamo chiaramente
ribadito, non trovando dissensi tra le parti, il ruolo della
raffineria come risorsa, non solo per la città di Falconara,
ma per l'intera regione ed, anzi, per tutta l'Italia
centrale». Da qui l'impegno di Assindustria con le parti
presenti affinché «dagli enti regionali e nazionali venisse
riconosciuto il ruolo fondamentale di Falconara per
l'erogazione di servizi strategici». Nel documento ricordano
poi una delle visite dell'architetto spagnolo Bohigas in
occasione dell'esposizione delle linee guida del nuovo piano
regolatore. «L'architetto spagnolo — aggiunge l'associazione
degli industriali — ha chiaramente affermato che in una
città dai tratti essenzialmente anonimi la raffineria poteva
risultare uno dei pochi elementi urbanistici distintivi e
che, rispettata la salvaguardia della salute e
dell'ambiente, risultava perfettamente compatibile con
l'attuazione del piano regolatore». Quello che stupisce
Assindustria è il cambiamento di indirizzo
dell'amministrazione Carletti che ha espresso parere
negativo alla concessione. «Il Comune — sottolinea — ha
proposto un Prg che vede l'area su cui si sviluppa l'azienda
destinata ad altre attività. In questo modo si prevede
l'eliminazione di una realtà importante; eliminazione che,
facendo venir meno le risorse economiche necessarie
all'attuazione del Prg, potrebbe, di fatto, impedirne la
realizzazione. Come Assindustria, poi, non possiamo
dimenticare che sulla base di precise autorizzazioni sono
state impegnate risorse economiche e finanziarie,
eccezionali per questa regione, che hanno permesso di
realizzare un sito all'avanguardia, rispettoso di tutte le
normative che regolamentano sicurezza e ambiente. Ci
domandiamo, qualora all'azienda venga impedito di procedere
nella sua attività, come e da chi queste risorse verranno
indennizzate, senza dimenticare il peso drammatico che
andrebbe a gravare sulla collettività. Riteniamo, dunque,
auspicabile — concludono gli esponenti di Assindustria — che
si torni ad un approccio razionale e concreto nella
discussione sulla presenza della raffineria sul territorio,
riprendendo gli indirizzi che in più tavoli sono stati
condivisi, perseguendoli con determinazione e tenendo in
reale considerazione l'utilità e il bene della
collettività». Insomma Assindustria chiede il perché di un
cambiamento così repentino del sindaco e della sua Giunta
sollecitando appunto un incontro. |
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CORRIERE ADRIATICO |
No alla
concessione, Assindustria sbotta "Perché sull’Api Carletti
ha cambiato idea?".
“Carletti, perché il
voltafaccia sull'Api?”
Un voltafaccia. Ecco come
Assindustria considera il "no" della giunta comunale al
rinnovo della concessione alla raffineria. Gli industriali
alzano la voce e sbattono il pugno su quel tavolo attorno al
quale, dicono, si era individuata una strada maestra verso
lo sviluppo. "Era stata condivisa la volontà di operare
favorendo la creazione di risorse e valori". E il ruolo
della raffineria "era stato ribadito come una risorsa per la
città, la regione, e tutta l'Italia centrale". Assindustria
ricorda dì essersi impegnata “affinché venisse riconosciuto
il ruolo fondamentale di Falconara per I'erogazione di
servizi strategici”. Inoltre - prosegue la nota -
l'architetto Bohigas in occasione dell'esposizione delle
linee guida del nuovo Piano regolatore, ha affermato che in
una città dai tratti anonimi la raffineria poteva risultare
uno dei pochi elementi urbanistici distintivi e che,
rispettata la salvaguardia della salute e dell’ambiente,
risultava compatibile con l'attuazione dei Piano
regolatore". Dunque, “la presenza della raffineria non
risultava in contrasto con gli obiettivi del Prg per la
valorizzazione della città". Considerazioni che incocciano
contro il no del Comune e la proposta di un Prg che vede
l'area su cui si sviluppa l’azienda destinata ad altre
attività. In questo modo - osserva Assindustria - si prevede
l’eliminazione di una realtà importante, che, facendo venir
meno le risorse economiche necessarie all'attuazione del Prg
potrebbe, di fatto, impedirne la realizzazione". Gli
industriali puntano il dito contro "progetti apparentemente
affascinanti ma vaghi, e senza possibilità di realizzazione"
sovrapposti "ad una realtà certa, con piani in linea con
quelli della Regione e capace di incidere positivamente sul
tessuto imprenditoriale locale". Gli industriali fanno
notare che “sulla base di precise autorizzazioni sono state
impegnate risorse economiche e finanziarie che hanno
permesso di realizzare un sito all'avanguardia, rispettoso
di tutte le normative che regolamentano sicurezza e
ambiente". E allora: "Qualora all'azienda venga impedito di
procedere nella sua attività, come e da chi queste risorse
verranno indennizzate, senza dimenticare il peso drammatico
che andrebbe a gravare sulla collettività?". Infine
l'auspicio che “si tomi a un approccio razionale e concreto
nella discussione sulla presenza della raffineria sul
territorio, riprendendo gli indirizzi che in più tavoli sono
stati condivisi, perseguendoli con determinazione e tenendo
in reale considerazione l'utilità e il bene della
collettività”.
Un "NO" che ha il sapore
di un taglio col passato
Il sindaco: "Attenzione a non
ripetere gli errori" Creare le condizioni per il
rispetto dell’ “ambiente, della salute, insomma di
Falconara”. E' chiara la posizione del sindaco Carletti. Che
l'ha ribadita qualche giorno fa proprio su queste colonne.
"La raffineria - aveva affermato - si inserisce in un
contesto che ha le sue esigenze e le sue caratteristiche, e
deve essere compatibile con questo contesto”. In breve,
l'Api non può "pregiudicare l'esistente". Il sindaco vuole
inoltre fare tesoro degli insegnamenti della storia. "Non
bisogna ricadere negli errori de passato aveva ammonito - e
occorre fare attenzione ad evitare il degrado del territorio
e l'inquinamento atmosferico”. Carletti ne ha fatto una
questione di civiltà, di rispetto per la città, e per i
lavoratori stessi dell'Api. Nessuna concessione a cuore
leggero, fa capire il sindaco, perché per la convivenza tra
il petrolchimico e Falconara si gioca il futuro dello
sviluppo e della tutela dell'ambiente e della salute.
Proprio da questa consapevolezza nasce l'attenzione di
Carletti ai valori della chiarezza e della trasparenza.
"Quando sono coinvolti interessi di questa portata - aveva
anche tenuto a precisare - il principio della delega
decisoria affidata alle istituzioni potrebbe limitare i
diritti dei cittadini". E invece, aveva sottolineato, "è
bene discutere apertamente queste tematiche, farlo nel modo
più ampio possibile perché non si possono prendere decisioni
che poi rischiano di ripercuotersi sulla pelle della gente". |
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LA SICILIA |
E' «giallo»
sul piano di risanamento
Lo scandalo. Spariti fondi
per 140 miliardi di lire. Per la chiusura dell'impianto
1.300 posti a rischio
Priolo. I nuovi scenari della
petrolchimica nel polo siracusano si presentano confusi. Non
ci sono certezze. Solo intuizioni. E con esse le richieste
di garanzie per l'ambiente e la salute ma anche per il
lavoro: quello sviluppo eco-sostenibile di cui tanto si
parla ma per cui poco si fa. È ormai scontata la chiusura
della linea cloro-soda di Enichem prima del previsto
dicembre. A cascata, subito dopo il cloro-soda, è temuta,
anche se non accettata, la chiusura di polioli, dicloroetano
e altri derivati. Complessivamente sono oltre 600 posti di
lavoro diretti e quasi altrettanti nell'indotto. Seriamente
in forse anche la sopravvivenza della Dow Italy, che produce
ossido di propilene dai polioli, con 97 dipendenti, oltre al
personale dell'indotto. In pratica nel polo petrolchimico
siracusano resteranno soltanto, nella chimica, la Sasol
Italy, con circa 570 dipendenti, che produce intermedi per
la detergenza, e l'Air liquide, con circa 70 addetti, che
produce ossigeno, azoto e altri gas nobili per l'industria e
la sanità, nonchè la raffineria Esso italiana di Augusta,
con circa 700 dipendenti, e la nuova Erg Med, risultata
dall'accorpamento delle raffinerie Isab ed Agip Petroli, che
a regime avrà un migliaio di dipendenti. Fuori dall'ambito
petrolchimico restano le centrali elettriche dell'Enel, di
Isab Energy e, ora, anche di Erg Med per conferimento dall'Agip.
Restano inoltre la Cogema, che produce magnesite, la
cementeria e la navalmeccanica di Augusta, la meccanica di
Punta Cugno e Marina di Melilli: qualcosa come un altro
migliaio di posti di lavoro. E restano i problemi
dell'ambiente. Lunedì in prefettura ci sarà un vertice con
la partecipazione di rappresentanti del ministero
dell'Ambiente e dell'Istituto superiore della sanità. Su
tutto aleggia un fantasma: il Piano di risanamento
ambientale, con i suoi 140 miliardi di lire versati dal
ministero dell'Ambiente, nel 1994, nelle casse della Regione
e mai spesi. Solo dieci di questi miliardi, appena qualche
mese fa, sono stati dalla Regione assegnati al prefetto di
Siracusa per gestire il potenziamento dell'Arpa. Degli altri
non v'è traccia. E la loro spesa determinerebbe poi
l'assegnazione degli altri fondi previsti dal Piano, fino a
concorrenza di mille miliardi. Ci sono schede e progetti,
elaborati dall'apposita commissione a suo tempo presieduta
da Corrado Clini, direttore generale del ministero
dell'Ambiente. C'è un comitato di coordinamento. Ma non ci
sono più i soldi per fare le cose previste, schedate,
progettate. Sarebbe essenziale recuperarli e fare le cose
che ci sono da fare per il risanamento e la tutela
dell'ambiente. Comunque si dovrebbe sapere che fine hanno
fatto. |
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IL GAZZETTINO |
«Già nel '79
pesci morti e il bimbo malformato»
Nulla di nuovo sotto il sole
di Siracusa, era già successo 24 anni fa: i pesci salirono a
galla a milioni, gonfi e morti. Banchettarono i gabbiani, e
morirono. Era il 1979, dalla rada di Augusta, davanti alla
raffineria. Nino Condorelli, catanese, 31 anni allora, era
uno dei 'pretori d'assalto': ottenuti i risultati delle
analisi su acqua e pesci sigillò gli scarichi della
Raffineria Esso. «E anche allora - ricorda il magistrato -
scaricavano mercurio». L'emergenza, imposta dalla decisione
di Condorelli, costrinse il Parlamento ad approvare subito
la legge Merli bis. Oggi Condorelli è sostituto Pg a
Brescia, dopo essere stato Pm a Verona, ma serba nella
memoria un'immagine indelebile: «Un neonato di Augusta, la
mamma china sulla sua culla, in ospedale. Era privo di
orecchie. La sensazione era che ci fosse una relazione tra
malformazioni e veleni». |
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CORRIERE DELLA
SERA |
Le
intercettazioni rivelano summit clandestini per nascondere
il mercurio e ingannare i magistrati
Enichem blocca l’impianto
dei veleni
Siracusa, allarme per
l’occupazione. Matteoli: inaccettabile la logica o inquino o
chiudo
PRIOLO (Siracusa) - Tenevano
summit per decidere come smaltire illegalmente i rifiuti
speciali e si prendevano persino gioco dei magistrati. «Quell’autobotte
deve star ferma fino a quando non va via l’amico», avverte
uno dei dirigenti, preoccupato che l’autista possa scaricare
i rifiuti speciali nel «pozzetto» mentre il pm Musco gira
per lo stabilimento. «Non possiamo rischiare che ci fermino
l’impianto per tutta la vita», gli fa eco un collega. E
quando, in un batter d’occhio, riescono comunque a scaricare
nel tombino, esultano con un colorito «u futtemu». C’è
questo e tanto altro nelle intercettazioni ambientali che
hanno permesso alla Guardia di Finanza di Siracusa di
arrestare i vertici dell’Enichem di Priolo. Uno spaccato di
disinvoltura e spregiudicatezza sul quale l’azienda sta
cercando di correre ai ripari: «Abbiamo sempre agito nel
rispetto della legge». Per ora è stato deciso il fermo
dell’impianto cloro soda, da cui uscivano gli scarti di
mercurio scaricati in mare attraverso i tombini. Ma lo
scandalo rischia di incendiare tutta l’area del
petrolchimico, con ricadute incalcolabili. In primo luogo
c’è l’allarme sociale nei Comuni che respirano l’aria di
Priolo. Nella popolazione l’angoscia si condensa in mille
storie. Come quella di Giuseppe Romania, 56 anni, che si è
ammalato di tumore dopo anni di lavoro al reparto aromatici
Enichem. «Scaricavamo il benzene nei tombini e ogni giorno
ne respiravamo le esalazioni. Risultato: io e almeno altri
sei colleghi ci siamo ammalati di tumore». Il filo rosso
delle patologie tumorali attraversa tutte le famiglie di
Priolo, Melilli, Augusta, dove si racconta: «Non c’è una
sola famiglia che non abbia avuto in casa un morto per
tumore». Una verità di popolo che però non avrebbe rilevanza
statistica, almeno per il responsabile del registro tumori
dell’Asl 8, Anselmo Madeddu. «Per i tumori - dice - la media
di mortalità nel comprensorio è in linea con quella
regionale, che è leggermente inferiore di quella nazionale.
C’è invece un’altissima incidenza di mesotelioma prelurico:
3,5 casi per 100 mila abitanti, contro una media nazionale
di 1,5 casi. Ma questa patologia è connessa alle polveri di
amianto». Dunque l’Enichem non c’entra. Potrebbe invece
essere responsabile per i bambini nati malformati: «In
quest’area c’è un’incidenza del 50% superiore alle media
nazionale - spiega Madeddu -: 33 casi l’anno per 1.000 nuovi
nati, quando in Italia sono 20. Non sappiamo se è colpa del
mercurio scaricato dall’Enichem, ma certo il mercurio
provoca malformazioni». Su questo è in corso un’altra
inchiesta della Procura di Siracusa, che ha acquisito i dati
del professor Madeddu. Resta da dimostrare il nesso con il
mercurio smaltito nei tombini. Priolo vive anche un allarme
occupazionale. I sindacati temono che l’Enichem «approfitti
dello scandalo per completare un processo di
smobilitazione». «La logica inquino o chiudo è inaccettabile
- replica il ministro dell’Ambiente Matteoli -. Sarebbe
inammissibile che un’azienda, per giunta pubblica,
considerasse questi episodi un pretesto per il disimpegno».
Sono 18 gli arresti compiuti nell’ambito di un’inchiesta
sullo smaltimento di rifiuti tossici all’Enichem di Priolo,
dove il mercurio sarebbe finito nei tombini e poi in mare
Nell’area industriale del Siracusano la media dei bambini
che nascono con malformazioni è di più del 50% superiore a
quella nazionale: 33 casi l’anno per 1.000 nuovi nati contro
i 20 in Italia Sulle malformazioni dei neonati sta indagando
la Procura di Siracusa: non si sa se dipendano dal mercurio
versato in mare dall’Enichem, ma è certo che il mercurio
provoca malformazioni Nella maggioranza delle famiglie di
Priolo, Melilli, Augusta c’è stato almeno un caso di tumore
. Ma per l’esperto dell’Asl non sarebbero direttamente
riconducibili all’Enichem
Il medico: denunciai tutto
15 anni fa, nessuno mi ascoltò
Il primario di Pediatria di
Augusta: dall’80 l’aumento di piccoli pazienti malformati
SIRACUSA - Il suo
osservatorio privilegiato è stato il reparto di Pediatria
dell’ospedale Muscatello di Augusta. Nel cuore del polo
petrolchimico siracusano. La battaglia del medico Giacinto
Franco, uno dei primi a denunciare il sospetto di un legame
tra i minori nati con alterazioni genetiche e l'inquinamento
ambientale, è fatta tutta di cifre. Quelle sulle nascite di
bambini malformati. Dati che da anni ha reso pubblici. E che
ora rafforzano il dramma dell’inquinamento nella zona
industriale. In provincia di Siracusa il tasso di
malformazioni è più del 50% superiore alla media nazionale.
«La nostra iniziativa è cominciata nel 1980 - ricorda Franco
- quando ci siamo resi conto che qualcosa non quadrava nei
nostri dati. La gente ci parlava anche di morie di pesci e
di aria inquinata. Abbiamo cominciato a lavorare da allora
su questa vicenda di cui soltanto ora le aziende stanno
cominciando a dover rispondere. Alla fine degli anni Ottanta
presentai il primo esposto alla Procura». Da medico, Franco
ha imparato presto cosa vuole dire vivere in una città
industriale e curarne la popolazione. Conoscendo pure i
processi produttivi e le sostanze inquinanti che hanno
segnato la vita della sua comunità. «Dal 1980 al 1990 la
percentuale dei nati malformati - spiega il medico - è
salita dall’1,5 per cento al 3,6. Nel 2000 ha raggiunto un
picco del 5,6. Nel 2001 i numeri sono scesi, 22 casi su 573
nati, pari al 3,5%. Le patologie riguardavano l’apparato
uro-genitale, il cuore, i muscoli, lo scheletro. Nel 2000
siamo tornati a denunciare tutto alla Procura. I risultati
di quell'inchiesta, però, non sono ancora venuti
completamente fuori». Giacinto Franco dall’anno scorso è in
pensione. Ora guarda agli sviluppi della battaglia
cominciata. «Non posso essere stupito dei provvedimenti
giudiziari che hanno investito l’Enichem - dice -. Ciò che è
difficile accettare è che il diritto alla salute sia ancora
messo in secondo piano rispetto al ricatto occupazionale. Se
sono rimasti in funzione impianti obsoleti e gravemente
inquinanti, allora vuol dire che le aziende non hanno mai
avuto realmente voglia di investire per restare sul mercato.
Il prezzo che la popolazione ha già pagato è stato
altissimo». Dati allarmanti, gridati per anni anche dalle
associazioni ambientaliste della zona. «E’ la conferma di
tutto quello che abbiamo denunciato da tanti anni a questa
parte - affermano Enzo Parisi e Pippo Giaquinta di
Legambiente -, dieci anni fa avevamo già sollevato l’allarme
per l’impianto cloro soda chiedendo che fosse ristrutturato,
queste sono le conseguenze drammatiche di anni di
immobilismo». |
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