RASSEGNA STAMPA 10.01.2003

 

MESSAGGERO
Vivibilità, primo obiettivo

CARLETTI SCRIVE AI DIPENDENTI API

FALCONARA - «Autorizzare la prosecuzione dell’attività di una Raffineria non può essere un semplice automatismo che ignori le condizioni di un’area dove opera una struttura così complessa. L’autorizzazione deve essere preceduta da una complessa analisi per valutare se la struttura ha compromesso l’integrità dell’area in cui ha operato e se esistono le condizioni di sicurezza interna». E’ questo il parere del sindaco di Falconara, Giancarlo Carletti, ribadito in una lettera aperta ai lavoratori dello stabilimento petrolifero. Una lettera che arriva dopo le recenti prese di posizione sul rinnovo della concessione Api, ultima delle quali quella di Carlo Sarzana (Camera del Lavoro) che in cambio del rinnovo proponeva un intervento economico dell’Api a vantaggio della città. «L’amministrazione che presiedo – scrive Carletti - ha espresso una valutazione fortemente negativa sulla conformità alle previsioni urbanistiche del nuovo Prg per l’attività della raffineria. E’ un atto dovuto, prodotto di fronte alla richiesta di rinnovo della concessione in scadenza nel 2008, depositata alla Regione Marche nel maggio del 2002 e portata a conoscenza del nostro Comune il 23 dicembre 2002, quasi a ridosso della scadenza dei termini». Secondo il primo cittadino «esistono regole da osservare, rispetto per la comunità in cui si vive, salvaguardia dell’ambiente, trasparenza di una sana politica. Elementi che insieme costituiscono una questione morale». Per Carletti, dunque, l’Api non è solo un’industria, ma è un discorso di dignità. «L’autorizzazione deve essere preceduta da una complessa analisi per valutare se la struttura condiziona la sicurezza dell’uso delle vie di comunicazione che la lambiscono o l’attraversano. Se l’eventuale modifica dei percorsi di tali vie costituisce un ulteriore sacrificio del territorio, se pone dei problemi di attenzione sulle condizioni ambientali e, quindi, impone all’Ente locale monitoraggi per il risanamento di quanto potrebbe venire compromesso da un esercizio non corretto dell’attività. Se ed in quale misura, quindi, condiziona la vita della comunità, nella progettazione del suo sviluppo, nelle sue scelte culturali, sociali, politiche, economiche». Insomma è un’analisi complessa per il sindaco che «non può essere omessa o ritenuta non condizionante per l’attività di raffineria. Ma coloro che fanno politica, che si interessano dei problemi dei lavoratori, che investono capitali di rischio, che gestiscono la vita di una comunità, devono premetterla a qualsiasi scelta di localizzazione industriale. Per prescrivere le condizioni, per finanziare i necessari interventi, per formalizzare regole da rispettare». Infine un suggerimento «il lavoro è il motore della vita e va difeso con tenacia. Le Raffinerie oggi hanno un ruolo strategico. Ma se questo è vero non può essere decoroso utilizzare tali argomenti per rendere disinvolta una scelta così importante come quella del rinnovo di una concessione. Non è decoroso nei confronti dei lavoratori, per l’azienda, per i sindacati, e nemmeno per la politica che ora sta dimostrando la mediocrità dei suoi orizzonti. Non sono in gioco i posti di lavoro, ma qualcosa di diverso: la questione morale di convivenza civile».

CIVITAVECCHIA

«I sistemi per ridurre gli inquinanti ci sono, ma costano e la Spa li ignora»

L’ingegner Lodovico Ricci, originario di Tarquinia e da 25 anni negli Usa, dove si occupa di nuove tecnologie in campo termoelettrico, ci ha inviato da New York questo contributo “contro" il progetto carbone dell’Enel.

Consideriamo il territorio fra Ladispoli e Orbetello con una profondità di 50 Km verso l’interno poiché tale è il raggio di più densa azione dei camini alti 300 metri. Un territorio ben dotato per le caratteristiche naturali e climatiche, in cui lo sviluppo agricolo e turistico ha innalzato il livello di vita degli abitanti. Ebbene su tutto questo territorio si presenta la minaccia mortale della trasformazione a carbone di TVN, un impianto (fuori porta!) da 2400 Mw, quando per il fabbisogno energetico di tutti i suoi abitanti basterebbe un gruppo da 150~200 Mw. Inoltre esiste anche la proposta di trasformazione della centrale di Montalto, da olio ad orimulsio (un composto bituminoso che viene dai giacimenti dell’Orinoco), come si sta già disponendo a Porto Tolle (altri 2400 Mw). Di fronte a questa estesa minaccia reale e concreta le varie amministrazioni della zona risultano sparpagliate ed incerte, alcune anche velatamente disposte ad accettare, cercando ipocrita giustificazione nei numeri che esprimono i valori limite degli inquinanti “indicati dalla legge". E’ doveroso qui ricordare che a La Spezia, la popolazione ha combattuto per 40 anni per eliminare la centrale a carbone, di solo 640 Mw, costruita alla fine degli anni 50 che produceva danni mostruosi a tutto l'ambiente circostante. Vediamo ora la situazione attuale per quanto riguarda l’Alto Lazio. Da una parte c'è l'Enel che paragonata alla EdF (Francia) sembra un cadavere fatto a pezzi. Gli sono rimasti sul gobbo questi grossi impianti come TVN, Montalto e Porto Tolle. L'olio ed il gas naturale hanno un prezzo di mercato superiore al carbone e non è possibile produrre il Kwh a costi competitivi. Allora l’Enel ricorre al carbone che più zolfo contiene e meno costa e all'Orimulsio che viene dal Venezuela. Il tipo di impianto più economico per bruciare il carbone o l'orimulsio è quello delle caldaie convenzionali con l'aggiunta dei desolforatori. L'Enel sceglie e propone questo tipo con il benestare del Ministero dell'Industria che ovviamente non si interessa affatto del benessere ambientale dell'Alto Lazio. Si sa che ci sono tecnologie avanzate per utilizzare il carbone evitando almeno i micidiali inquinanti in uscita dal camino, anche se mai si può ridurre l’anidride carbonica, ma non vengono considerate. Due di queste tecnologie sono: 1) la combustione del carbone in caldaie a Letto Fluido con iniezione di calcare ed impiego dell'ossigeno, invece dell'aria, in modo da evitare perfino la formazione degli ossidi di azoto. 2) la gasificazione del carbone (basata sul principio dei Gazometri) in un sistema termochimico per ottenere il syngas con il quale poi alimentare un impianto a Ciclo Combinato Integrato come quello da 250 Mw costruito dalla Destec a Wabbash River, vicino ad Indianapolis che utilizza il carbone locale; come quello di Puertollano in Spagna per il carbone locale (partec. Enel al 4%); come quello di Buggenum in Olanda che utilizza carbone importato. I suddetti impianti ad alto rendimento, costano però troppo per una azienda non competitiva che fin dal 1990 aveva rinunciato oltre al nucleare anche a partecipare agli innovamenti tecnologici di qualità e di prestigio nel mondo. C’è però da notare che presso tre raffinerie come l’Api a Falconara, l’Isab a Priolo e la Saras in Sardegna sono già in esercizio impianti di gasificazione dei residui pesanti del petrolio (Petcoke, altrimenti non utilizzabile) che producono vapore ed energia elettrica venduta all’Enel a caro prezzo perché assimilata (per legge!) ad energia rinnovabile. Dall'altra parte ci sono le amministrazioni locali (non le chiamo controparti perché alcune non lo sono), composte da persone che pur essendo dei bravi politicanti non hanno le conoscenze necessarie per affrontare e sostenere discussioni su progetti di questa portata. La posizione che devono prendere le amministrazioni è dunque quella di rifiutare la trasformazione a carbone di Tvn, dando credito al parere espresso da tecnici neutrali, specialisti nel campo ed in particolare da chi ha lavorato per 30 anni nel settore termoelettrico ed ha avuto la ventura di seguire l’evoluzione ed il progresso delle tecnologie piu’ ecologiche per la produzione di energia elettrica, essendo questo diventato un problema critico di interesse globale. Si consideri inoltre la inutilità sostanziale di affrontare le ingenti spese richieste da questa trasformazione, il cui periodo di ammortamento è valutato normalmente sull’ordine dei trent’anni, quando nell’arco di dieci anni saranno disponibili a prezzi competitivi le più promettenti energie rinnovabili che sono già in linea di produzione.

 
RESTO DEL CARLINO
Carletti: «L'ambiente viene prima di tutto»

FALCONARA — «Le Raffinerie hanno un ruolo strategico, ma se questo è vero non può essere decoroso utilizzare questo argomento per rendere disinvolta una scelta così importante come quella del rinnovo di una concessione. Non è decoroso nei confronti dei lavoratori, non è decoroso per l'azienda, non è decoroso per i sindacati, non è decoroso per la politica che in questo appuntamento sta dimostrando la mediocrità dei suoi orizzonti». Il sindaco Carletti scrive in tono severo ai dipendenti della raffineria e intrinsecamente porta in causa anche le forze politiche della città ricordando il ruolo fondamentale dell'industria petrolifera e mettendo in risalto il contrasto di opinioni che si sono susseguite nell'arco degli ultimi mesi. «Non sono in gioco i posti di lavoro — scrive il primo cittadino — ma la questione morale di convivenza civile». Il percorso «L'amministrazione ha inteso esprimere una valutazione fortemente negativa circa la conformità alle previsioni urbanistiche previste nel nuovo Prg adottato per l'esercizio di attività quale quella attualmente svolta dalla raffineria Api. Questo — sottolinea — costituisce un atto dovuto che doveva essere prodotto di fronte alla richiesta di rinnovo della concessione in scadenza nel 2008, depositata alla Regione nel maggio del 2002 e portata a conoscenza del nostro Comune il 23 dicembre 2002, quasi a ridosso della scadenza dei termini per il rilascio della concessione stessa». Secondo il sindaco esistono regole da osservare, norme fondamentali di vita civile, rispetto per la comunità in cui si vive, conservazione del territorio, la salvaguardia dell'ambiente, la trasparenza di una sana politica, che insieme costituiscono una questione morale per realizzare una convivenza civile. L'obiettivo «Autorizzare la prosecuzione dell'attività di una raffineria — spiega — non può essere un semplice automatismo, un adempimento burocratico basato su pareri tecnici di organismi che ignorano le condizioni che un'area così complessa si trova ad operare. L'autorizzazione deve essere preceduta da una complessa analisi per valutare se la struttura ha compromesso l'integrità dell'area in cui ha operato». Carletti insiste poi sull'attuazione delle verifiche per attestare l'esistenza delle «condizioni di sicurezza interna ed esterna, se esistono delle limitazioni nell'uso dei territori confinanti con l'area occupata dallo stabilimento, se condiziona la sicurezza dell'uso delle vie di comunicazione che la lambiscono o l'attraversano, se l'eventuale modifica dei percorsi di tali vie costituisce un ulteriore sacrificio del territorio, se pone dei problemi di attenzione sulle condizioni ambientali e, quindi, impone all'Ente locale una organizzazione per monitoraggi, interventi, attività per il risanamento e se ed in quale misura, quindi, condiziona la vita della comunità, nella sua normalità, nella progettazione del suo sviluppo, nelle sue scelte culturali, sociali, politiche, economiche». Per il primo cittadino questa è un'analisi che deve essere compiuta dalle forze politiche. «Questo — conclude — è il compito primario, che deve essere svolto dalle parti che sono interessate alla permanenza di una attività industriale così invasiva come quella di raffineria».

Nessuna relazione tra Api e ozono

FALCONARA — «Non è possibile stabilire alcuna correlazione diretta fra l'attività della raffineria Api e il fenomeno dei picchi di ozono registrati nel 2000 nell' atmosfera di Falconara». Lo dice la perizia del consulente tecnico nominato dal Tar delle Marche dopo il ricorso dell' Api contro le ordinanze del sindaco Carletti che avevano disposto una riduzione dell' attività dell'industria petrolifera proprio per scongiurare l'allarme ozono. Una sintesi della perizia, affidata al dottor Ziemacki, primo ricercatore dell' istituto superiore di Sanità-Laboratorio di igiene ambientale, è stata resa nota dall' Api stessa. Secondo la consulenza tecnica «la modalità di formazione e diffusione dell' ozono fa sì che le concentrazioni più elevate della sostanza si verifichino a grande distanza dalle fonti emissive degli agenti che ne sono causa». L'ozono sarebbe stato liberato dunque da agenti situati piuttosto lontano dalla cittadina. La perizia disposta dal Tar definisce inoltre «inefficace e immotivato l'approccio adottato dall' amministrazione comunale», poiché gli effetti benefici della riduzione dell' attività della raffineria imposta dal provvedimento impugnato «potevano essere evidenti solo a chilometri di distanza sottovento alla raffineria». Il sindaco insomma avrebbe dato prova di una «mancanza di conoscenza e informazione».

 
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