Vivibilità,
primo obiettivo
CARLETTI SCRIVE AI DIPENDENTI API
FALCONARA - «Autorizzare la
prosecuzione dell’attività di una Raffineria non può essere
un semplice automatismo che ignori le condizioni di un’area
dove opera una struttura così complessa. L’autorizzazione
deve essere preceduta da una complessa analisi per valutare
se la struttura ha compromesso l’integrità dell’area in cui
ha operato e se esistono le condizioni di sicurezza
interna». E’ questo il parere del sindaco di Falconara,
Giancarlo Carletti, ribadito in una lettera aperta ai
lavoratori dello stabilimento petrolifero. Una lettera che
arriva dopo le recenti prese di posizione sul rinnovo della
concessione Api, ultima delle quali quella di Carlo Sarzana
(Camera del Lavoro) che in cambio del rinnovo proponeva un
intervento economico dell’Api a vantaggio della città.
«L’amministrazione che presiedo – scrive Carletti - ha
espresso una valutazione fortemente negativa sulla
conformità alle previsioni urbanistiche del nuovo Prg per
l’attività della raffineria. E’ un atto dovuto, prodotto di
fronte alla richiesta di rinnovo della concessione in
scadenza nel 2008, depositata alla Regione Marche nel maggio
del 2002 e portata a conoscenza del nostro Comune il 23
dicembre 2002, quasi a ridosso della scadenza dei termini».
Secondo il primo cittadino «esistono regole da osservare,
rispetto per la comunità in cui si vive, salvaguardia
dell’ambiente, trasparenza di una sana politica. Elementi
che insieme costituiscono una questione morale». Per
Carletti, dunque, l’Api non è solo un’industria, ma è un
discorso di dignità. «L’autorizzazione deve essere preceduta
da una complessa analisi per valutare se la struttura
condiziona la sicurezza dell’uso delle vie di comunicazione
che la lambiscono o l’attraversano. Se l’eventuale modifica
dei percorsi di tali vie costituisce un ulteriore sacrificio
del territorio, se pone dei problemi di attenzione sulle
condizioni ambientali e, quindi, impone all’Ente locale
monitoraggi per il risanamento di quanto potrebbe venire
compromesso da un esercizio non corretto dell’attività. Se
ed in quale misura, quindi, condiziona la vita della
comunità, nella progettazione del suo sviluppo, nelle sue
scelte culturali, sociali, politiche, economiche». Insomma è
un’analisi complessa per il sindaco che «non può essere
omessa o ritenuta non condizionante per l’attività di
raffineria. Ma coloro che fanno politica, che si interessano
dei problemi dei lavoratori, che investono capitali di
rischio, che gestiscono la vita di una comunità, devono
premetterla a qualsiasi scelta di localizzazione
industriale. Per prescrivere le condizioni, per finanziare i
necessari interventi, per formalizzare regole da
rispettare». Infine un suggerimento «il lavoro è il motore
della vita e va difeso con tenacia. Le Raffinerie oggi hanno
un ruolo strategico. Ma se questo è vero non può essere
decoroso utilizzare tali argomenti per rendere disinvolta
una scelta così importante come quella del rinnovo di una
concessione. Non è decoroso nei confronti dei lavoratori,
per l’azienda, per i sindacati, e nemmeno per la politica
che ora sta dimostrando la mediocrità dei suoi orizzonti.
Non sono in gioco i posti di lavoro, ma qualcosa di diverso:
la questione morale di convivenza civile».
CIVITAVECCHIA
«I sistemi per ridurre gli
inquinanti ci sono, ma costano e la Spa li ignora»
L’ingegner Lodovico Ricci,
originario di Tarquinia e da 25 anni negli Usa, dove si
occupa di nuove tecnologie in campo termoelettrico, ci ha
inviato da New York questo contributo “contro" il progetto
carbone dell’Enel.
Consideriamo il territorio
fra Ladispoli e Orbetello con una profondità di 50 Km verso
l’interno poiché tale è il raggio di più densa azione dei
camini alti 300 metri. Un territorio ben dotato per le
caratteristiche naturali e climatiche, in cui lo sviluppo
agricolo e turistico ha innalzato il livello di vita degli
abitanti. Ebbene su tutto questo territorio si presenta la
minaccia mortale della trasformazione a carbone di TVN, un
impianto (fuori porta!) da 2400 Mw, quando per il fabbisogno
energetico di tutti i suoi abitanti basterebbe un gruppo da
150~200 Mw. Inoltre esiste anche la proposta di
trasformazione della centrale di Montalto, da olio ad
orimulsio (un composto bituminoso che viene dai giacimenti
dell’Orinoco), come si sta già disponendo a Porto Tolle
(altri 2400 Mw). Di fronte a questa estesa minaccia reale e
concreta le varie amministrazioni della zona risultano
sparpagliate ed incerte, alcune anche velatamente disposte
ad accettare, cercando ipocrita giustificazione nei numeri
che esprimono i valori limite degli inquinanti “indicati
dalla legge". E’ doveroso qui ricordare che a La Spezia, la
popolazione ha combattuto per 40 anni per eliminare la
centrale a carbone, di solo 640 Mw, costruita alla fine
degli anni 50 che produceva danni mostruosi a tutto
l'ambiente circostante. Vediamo ora la situazione attuale
per quanto riguarda l’Alto Lazio. Da una parte c'è l'Enel
che paragonata alla EdF (Francia) sembra un cadavere fatto a
pezzi. Gli sono rimasti sul gobbo questi grossi impianti
come TVN, Montalto e Porto Tolle. L'olio ed il gas naturale
hanno un prezzo di mercato superiore al carbone e non è
possibile produrre il Kwh a costi competitivi. Allora l’Enel
ricorre al carbone che più zolfo contiene e meno costa e
all'Orimulsio che viene dal Venezuela. Il tipo di impianto
più economico per bruciare il carbone o l'orimulsio è quello
delle caldaie convenzionali con l'aggiunta dei desolforatori.
L'Enel sceglie e propone questo tipo con il benestare del
Ministero dell'Industria che ovviamente non si interessa
affatto del benessere ambientale dell'Alto Lazio. Si sa che
ci sono tecnologie avanzate per utilizzare il carbone
evitando almeno i micidiali inquinanti in uscita dal camino,
anche se mai si può ridurre l’anidride carbonica, ma non
vengono considerate. Due di queste tecnologie sono: 1) la
combustione del carbone in caldaie a Letto Fluido con
iniezione di calcare ed impiego dell'ossigeno, invece
dell'aria, in modo da evitare perfino la formazione degli
ossidi di azoto. 2) la gasificazione del carbone (basata sul
principio dei Gazometri) in un sistema termochimico per
ottenere il syngas con il quale poi alimentare un impianto a
Ciclo Combinato Integrato come quello da 250 Mw costruito
dalla Destec a Wabbash River, vicino ad Indianapolis che
utilizza il carbone locale; come quello di Puertollano in
Spagna per il carbone locale (partec. Enel al 4%); come
quello di Buggenum in Olanda che utilizza carbone importato.
I suddetti impianti ad alto rendimento, costano però troppo
per una azienda non competitiva che fin dal 1990 aveva
rinunciato oltre al nucleare anche a partecipare agli
innovamenti tecnologici di qualità e di prestigio nel mondo.
C’è però da notare che presso tre raffinerie come l’Api a
Falconara, l’Isab a Priolo e la Saras in Sardegna sono già
in esercizio impianti di gasificazione dei residui pesanti
del petrolio (Petcoke, altrimenti non utilizzabile) che
producono vapore ed energia elettrica venduta all’Enel a
caro prezzo perché assimilata (per legge!) ad energia
rinnovabile. Dall'altra parte ci sono le amministrazioni
locali (non le chiamo controparti perché alcune non lo
sono), composte da persone che pur essendo dei bravi
politicanti non hanno le conoscenze necessarie per
affrontare e sostenere discussioni su progetti di questa
portata. La posizione che devono prendere le amministrazioni
è dunque quella di rifiutare la trasformazione a carbone di
Tvn, dando credito al parere espresso da tecnici neutrali,
specialisti nel campo ed in particolare da chi ha lavorato
per 30 anni nel settore termoelettrico ed ha avuto la
ventura di seguire l’evoluzione ed il progresso delle
tecnologie piu’ ecologiche per la produzione di energia
elettrica, essendo questo diventato un problema critico di
interesse globale. Si consideri inoltre la inutilità
sostanziale di affrontare le ingenti spese richieste da
questa trasformazione, il cui periodo di ammortamento è
valutato normalmente sull’ordine dei trent’anni, quando
nell’arco di dieci anni saranno disponibili a prezzi
competitivi le più promettenti energie rinnovabili che sono
già in linea di produzione. |
Carletti:
«L'ambiente viene prima di tutto»
FALCONARA — «Le Raffinerie
hanno un ruolo strategico, ma se questo è vero non può
essere decoroso utilizzare questo argomento per rendere
disinvolta una scelta così importante come quella del
rinnovo di una concessione. Non è decoroso nei confronti dei
lavoratori, non è decoroso per l'azienda, non è decoroso per
i sindacati, non è decoroso per la politica che in questo
appuntamento sta dimostrando la mediocrità dei suoi
orizzonti». Il sindaco Carletti scrive in tono severo ai
dipendenti della raffineria e intrinsecamente porta in causa
anche le forze politiche della città ricordando il ruolo
fondamentale dell'industria petrolifera e mettendo in
risalto il contrasto di opinioni che si sono susseguite
nell'arco degli ultimi mesi. «Non sono in gioco i posti di
lavoro — scrive il primo cittadino — ma la questione morale
di convivenza civile». Il percorso «L'amministrazione ha
inteso esprimere una valutazione fortemente negativa circa
la conformità alle previsioni urbanistiche previste nel
nuovo Prg adottato per l'esercizio di attività quale quella
attualmente svolta dalla raffineria Api. Questo — sottolinea
— costituisce un atto dovuto che doveva essere prodotto di
fronte alla richiesta di rinnovo della concessione in
scadenza nel 2008, depositata alla Regione nel maggio del
2002 e portata a conoscenza del nostro Comune il 23 dicembre
2002, quasi a ridosso della scadenza dei termini per il
rilascio della concessione stessa». Secondo il sindaco
esistono regole da osservare, norme fondamentali di vita
civile, rispetto per la comunità in cui si vive,
conservazione del territorio, la salvaguardia dell'ambiente,
la trasparenza di una sana politica, che insieme
costituiscono una questione morale per realizzare una
convivenza civile. L'obiettivo «Autorizzare la prosecuzione
dell'attività di una raffineria — spiega — non può essere un
semplice automatismo, un adempimento burocratico basato su
pareri tecnici di organismi che ignorano le condizioni che
un'area così complessa si trova ad operare. L'autorizzazione
deve essere preceduta da una complessa analisi per valutare
se la struttura ha compromesso l'integrità dell'area in cui
ha operato». Carletti insiste poi sull'attuazione delle
verifiche per attestare l'esistenza delle «condizioni di
sicurezza interna ed esterna, se esistono delle limitazioni
nell'uso dei territori confinanti con l'area occupata dallo
stabilimento, se condiziona la sicurezza dell'uso delle vie
di comunicazione che la lambiscono o l'attraversano, se
l'eventuale modifica dei percorsi di tali vie costituisce un
ulteriore sacrificio del territorio, se pone dei problemi di
attenzione sulle condizioni ambientali e, quindi, impone
all'Ente locale una organizzazione per monitoraggi,
interventi, attività per il risanamento e se ed in quale
misura, quindi, condiziona la vita della comunità, nella sua
normalità, nella progettazione del suo sviluppo, nelle sue
scelte culturali, sociali, politiche, economiche». Per il
primo cittadino questa è un'analisi che deve essere compiuta
dalle forze politiche. «Questo — conclude — è il compito
primario, che deve essere svolto dalle parti che sono
interessate alla permanenza di una attività industriale così
invasiva come quella di raffineria».
Nessuna relazione tra Api
e ozono
FALCONARA — «Non è possibile
stabilire alcuna correlazione diretta fra l'attività della
raffineria Api e il fenomeno dei picchi di ozono registrati
nel 2000 nell' atmosfera di Falconara». Lo dice la perizia
del consulente tecnico nominato dal Tar delle Marche dopo il
ricorso dell' Api contro le ordinanze del sindaco Carletti
che avevano disposto una riduzione dell' attività
dell'industria petrolifera proprio per scongiurare l'allarme
ozono. Una sintesi della perizia, affidata al dottor
Ziemacki, primo ricercatore dell' istituto superiore di
Sanità-Laboratorio di igiene ambientale, è stata resa nota
dall' Api stessa. Secondo la consulenza tecnica «la modalità
di formazione e diffusione dell' ozono fa sì che le
concentrazioni più elevate della sostanza si verifichino a
grande distanza dalle fonti emissive degli agenti che ne
sono causa». L'ozono sarebbe stato liberato dunque da agenti
situati piuttosto lontano dalla cittadina. La perizia
disposta dal Tar definisce inoltre «inefficace e immotivato
l'approccio adottato dall' amministrazione comunale», poiché
gli effetti benefici della riduzione dell' attività della
raffineria imposta dal provvedimento impugnato «potevano
essere evidenti solo a chilometri di distanza sottovento
alla raffineria». Il sindaco insomma avrebbe dato prova di
una «mancanza di conoscenza e informazione».
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