RASSEGNA STAMPA 22.10.2002

 

MESSAGGERO
Il caso. La raffinera non aveva sospeso l’attività della centrale turbogas malgrado l’ordinanza del sindaco.

Allarme-ozono, a giudizio i vertici dell’Api

La centrale Turbogas, l’ossido di azoto (nox) nell'aria, l'allargamento del buco dell'ozono a Falconara, le notti insonni dei cittadini, le ordinanze e le richieste di riportare la situazione entro limiti di sicurezza accettabili. Ebbene, secondo il sostituto procuratore della Repubblica Marco Mansi, di fronte a questa concatenazione i vertici del petrolchimico Api non si sarebbero mossi come avrebbero dovuto, violando così la legge. Si potrebbero sintetizzare così le motivazioni che hanno spinto il pm col pallino dell'ambiente, poco prima del suo trasferimento da Ancona, a firmare un decreto di citazione a giudizio per i responsabili del complesso industriale da anni “separato in casa" coi falconaresi. Vincenzo Saronne, dirigente dello stabilimento dal 15 marzo '86 al 30 giugno 2000, Franco Bellucci, che lo sostituì fino al 4 maggio 2001, e Clemente Napolitano, legale rappresentante dell'azienda, sono chiamati sul banco degli imputati il prossimo 14 gennaio. L'accusa è di aver “bypassato" - senza sospendere la produzione come loro richiesto, ma affidandosi a manovre tecniche di contenimento e riduzione - gli articoli 650 (“inosservanza dei provvedimenti dell'autorità") e 674 (“gettito pericoloso di cose", ovvero “emissioni di gas") del codice penale. Reati che secondo il pm sarebbero stati commessi in concorso tra loro e in esecuzione del medesimo disegno criminoso nella caldissima estate di due anni fa. Quella scandita dalle due ordinanze emanate in tutta fretta (27 luglio) dal sindaco Carletti per la limitazione del traffico veicolare e quindi per abbattere le concentrazioni di nox nell'aria che avevano fatto saltare i livelli di allarme e scattare l'emergenza ozono. Ma soprattutto l'estate dell'ordinanza n° 150 (3 agosto), con la quale il primo cittadino intimò all'Api di «mettere immediatamente in atto tutti quegli interventi tecnologici possibili per una drastica riduzione delle emissioni di ossidi di azoto senza escludere la riduzione della produzione, l'attuazione di fermate di impianto». L'impianto è quello della centrale termoelettrica Igcc Turbogas connessa alla raffineria. E visto che l'impianto continua a girare e l'inquinamento pure, il sindaco s'arrabbia e invia all'Api un atto di diffida (16 agosto). Tre giorni dopo l'Arpam, dati alla mano, evidenzia la mancata ottemperanza dell'ordinanza e Carletti chiede aiuto al prefetto, ovvero l'urgente «riduzione delle tonnellate di greggio lavorate dalla raffineria e/o la fermata del nuovo impianto Igcc». Scatta quindi un nuovo ultimatum, stavolta prefettizio (21 agosto): l'ordine è di «sospendere l'attività dell'impianto Igcc della raffineria Api fino al ristabilimento delle condizioni meteorologiche sfavorevoli all'inquinamento». L'Api non sospende, e in alternativa all'antieconomico stop della Turbogas annuncia una soluzione “leggermente diversa" come la definisce in una intervista Tv l'ing. Bellucci: una temporanea riduzione del livello di lavorazioni della raffineria e della Turbogas. Il prefetto nomina una commissione costituita da Arpam, Ufficio ambiente del Comune e vigili del fuoco (23 agosto) per valutare l'efficacia di quella soluzione e l'organismo lo stesso giorno la promuove perché capace di ridurre le emissioni. Morale: l'ordinanza sindacale 150 del 3 agosto, quella del “braccio di ferro", è da considerarsi in sostanza rispettata, Carletti la revoca (31 agosto) e quindi vengono meno anche le ragioni d'efficacia di quella prefettizia. Questione archiviata, per l'Api, che poi arriverà addirittura a chiedere un risarcimento dorato al Comune proprio per la riduzione delle sue attività. Ma non per il pm Mansi, attivato da un esposto dei comitati dei residenti trasformatosi ora in processo.

 
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