Brachetti
Peretti: concessione da rinnovare, l'api è a posto
Ha voglia di parlare, di
chiarire le cose e si lascia andare anche a qualche battuta.
Lo incontriamo nell'ufficio del direttore Bellucci. 70 anni
di cui 50 passati in raffineria, Aldo Maria Bracchetti
Peretti, presidente del gruppo Api, è un uomo pratico e
sicuro di sé.
Dica la verità, avete
presentato la richiesta di rinnovo di concessione in
Regione?
«La concessione l'avevamo già
ottenuta dal Ministero dell'Industria e per questo abbiamo
costruito una centrale con investimenti macroscopici. Poi è
stata annullata da Tar e dal Consiglio di Stato. Ma la
discussione è ancora aperta. Sotto la pressione delle banche
coinvolte nel nostro progetto col project financing abbiamo
fatto ricorso. Intanto abbiamo inoltrato la domanda per la
richiesta di rinnovo in Regione, le prime indicazioni
arriveranno nei mesi iniziali del 2003».
Cosa si aspetta?
«Faccio affidamento sul senso
di responsabilità delle autorità. Il nostro è uno
stabilimento che occupa centinaia di persone e che
permetterà di ripianare i debiti elevati. Senza contare che
ad oggi nel petrolifero falconarese abbiamo investito quasi
un milione e mezzo di euro».
Perché la Regione dovrebbe
concedervi il rinnovo?
«Sulla base del lavoro svolto
fino ad ora e sulla fiducia che ne deriva. Gli stessi
certificati di oggi dicono come l'azienda si muove e la
serietà con cui lo fa. Crediamo che anche questo convinca le
autorità del nostro impegno. In passato tutte le forze
politiche hanno cavalcato l'onda della poca sicurezza
all'interno dello stabilimento».
Non è così?
«Hanno utilizzato in modo
sbagliato anche l'incidente del 99. E quando muoiono delle
persone è terribile».
Non crede che la Regione
porrà delle condizioni per concedere il rinnovo?
«Le chiederà a livello di
sicurezza e di rispetto di norme di legge, quello che già
stiamo facendo e che continueremo a fare. E nei limiti del
fisicamente ed economicamente fattibile lo faremo».
Se la Regione dicesse no?
«Dovrebbe affrontare i
problemi enormi dei posti di lavoro e delle banche coinvolte
nel nostro progetto».
Quante sono queste banche?
«75, solo quattro sono
italiane, il resto da tutto il mondo, come colossi
giapponesi e tedeschi».
Ma come la mettiamo con
l'incompatibilità tra l'Api e il territorio?
«E' una montatura».
Cioè?
«La raffineria era fuori di
Falconara. Abbiamo ancora delle foto quando nel 1949
costruivano l'albergo».
Chi ha dato i permessi?
«I due quartieri vicini allo
stabilimento non erano come oggi».
Che ne pensa allora del
progetto di riqualificare Villanova, Fiumesino e le arterie
di comunicazione, affidando lo studi all'architetto Bohigas?
«Penso sia giusto e lo stesso
architetto mi sembra abbia apprezzato la raffineria».
Sa che valuterà
l'arretramento del tratto ferroviario che taglia l'Api?
«Pensi che all'epoca
scegliemmo questo sito anche per la presenza della ferrovia:
consentiva il trasporto di carburante. Allora le autobotti
erano poco utilizzate, ma oggi è diverso».
Che rapporto ha col sindaco
Carletti?
«Ha senso di responsabilità.
Non sempre andiamo d'accordo, ma abbiamo un dialogo. E poi
lui è come un secchio dove vanno a finire lamentele ed
elogi». |