RASSEGNA STAMPA 19.02.2002

 

MESSAGGERO
L’operaio ustionato il 13 novembre 2001 non doveva aprire quella valvola, ma era stato adeguatamente informato? Sul caso più recente la raffineria ora spiega

Incidenti all’Api, si comincia a fare luce

Infortunio di Giannoni e scoppio del 7 febbraio: dagli ultimi rapporti primi spiragli di verità

Nella foto si vede il serbatoio imploso alla raffineria Api nell'ultimo incidente del 7 febbraio. L’incidente è stato caratterizzato da tre inconvenienti, secondo la relazione dei pompieri. Il primo, una perdita di gas dalla flangia, una tubazione terminale, con conseguente arresto del gassificatore n.2. Il malfunzionamento della valvola in fase di blocco della centrale è, invece, il secondo inconveniente che ha provocato il convogliamento del gas in torcia e il rumore avvertito. Il terzo inconveniente riguarda appunto il serbatoio di acqua distillata, alto 15 metri e di 10 metri di diametro, che si è accartocciato a causa di una depressione interna. Questa la spiegazione dell'evento da parte dell'Api subito dopo il fatto: «Un leggero inconveniente presso un'apparecchiatura dell'area Igcc. A seguito di questo è stato deciso di mettere in atto le procedure in vigore e di bloccare un gassificatore per procedere ai controlli necessari. Come da prassi, sono entrati in azione i sistemi che hanno convogliato in torcia il gas presente nel gassificatore. Nel passaggio si sono, quindi, verificate delle emissioni rumorose intorno alle 6 circa, che sono durate 5 minuti. Non si sono verificate emissioni odorigene». Nessun riferimento al serbatoio accartocciato.Parla il “nostro” viceministro all’Economia.

Baldassarri: «Porto di Ancona, 291 miliardi per l’uscita. E la stazione Fs si può spostare all’interno»

Critiche a D’Ambrosio: «Così poteva evitare tutte quelle tasse» «Terza corsia, a marzo può essere varata»

ANCONA — Le Marche a Palazzo Chigi sono lui, Mario Baldassarri, viceministro all’Economia. Ogni quindici giorni ad Ancona, a pranzo con la madre nella casa di corso Amendola. Un fratello a Pesaro, zii e nipoti nel Maceratese, dov’è nato e dove ha passato l’adolescenza, prima di laurearsi con Reviglio ad Economia, ad Ancona, con Fuà preside.

«Una città ricca di ricordi. Uno per tutti. A sette anni, ospitato dai nonni, pensarono — rivela — che me ne fossi andato di casa. Ero invece a pesca in porto. Mi riportarono a casa i carabinieri. Poi ricordo il nonno, che abitava in via Saffi, che mi portava al mare a Palombina. E ogni volta che passavamo davanti alla Barducci mi diceva “questa collina non regge, un giorno verrà giù". Immaginatevi quando trent’anni dopo seppi della frana...».

Baldassarri, lei ha lasciato Ancona nel ’69 ma ritorna puntualmente. Che giudizio ha della città?

«Una città viva ma che ha un problema enorme: il non aver mai risolto compiutamente il problema dei collegamenti. E’ una città in un collo di bottiglia, morfologicamente difficile. Francamente, vedere realizzate due grandi opere come la galleria del Risorgimento e l’asse nord sud in cinquant’anni, è un po’ poco. Credo che vi sia un problema culturale di fondo: gli anconetani, come i marchigiani, sono impareggiabili nell’impegnarsi per se stessi. Sono self made man e privatamente ricchi. Quando invece si trovano a doversi mettere d’accordo per operazioni pubbliche, che riguardano la collettività, l’accordo non si trova con facilità. E Ancona risulta pubblicamente povera. Forse è per questo che ci troviamo in questa situazione».

Ad Ancona è in corso il gran dibattito sull’uscita/entrata del porto. Il vecchio asse attrezzato verso sud, progettato trent’anni fa e mai realizzato, è tirato per il bavero a destra e a sinistra. Chi lo vuole, chi chiede di puntare a nord. Lei che ne pensa? E che ne pensa dell’onorevole Duca che accusa il governo Berlusconi di aver tolto i fondi già assegnati per l’asse attrezzato?

«Il governo Berlusconi non ha tolto un bel niente. Duca dovrebbe saperlo. Nella delibera del Cipe del 21 dicembre scorso per il collegamento del porto di Ancona con l’esterno ci sono 291 miliardi di lire in tre anni. Ci sono 291 miliardi a disposizione. Spetta ad Ancona dire come vuole impegnarli. Se impegnarli nell’asse attrezzato o in un altro tracciato. Da cittadino, ma solo da cittadino, mi pare folle insistere su questo asse a sud quando tutti i traffici vanno a nord e quando c’è già l’asse nord sud per il collegamento con il casello di Ancona sud. Mi sa di doppione. Inoltre, produrrebbe un impatto devastante su parte della città. So che a nord ci sono problemi per via della grande frana, però tecnicamente ci deve essere un modo per evitare questo asse a sud. Oltretutto non è previsto nella Vallesina l’interporto? Va collegato direttamente con lo scalo dorico. E collegandolo, si incrocierebbe l’A14. Ad ogni modo, è una decisione che spetta alla città. A me preme ribadire che i fondi ci sono, ci sono 291 miliardi per tre anni. E da marchigiano, augurarmi finalmente una decisione».

Baldassarri, il problema dei collegamenti non c’è solo ad Ancona. Ci sembra che sia il leit motiv di tutta la regione. Lei, spesso, insiste su questo tasto nel corso dei suoi frequenti incontri nelle Marche. La terza corsia dell’A14 è un sogno?

«No. Non è affatto un sogno. Ma sull’argomento c’è ignoranza. Nel senso che si ignora che la Società Autostrade, ex Iri, è una società privata ed è del Gruppo Benetton. Ignorano che ha già una concessione per 40 anni quindi non ha bisogna ella Legge Obiettivo. Lusetti dice una clamorosa bugia quando sostiene che gli emendamenti sono stati respinti. Nessuno ha potuto presentare emendamenti sull’A14 sulla legge finanziaria perché la legge non c’entra un beneamato tubo. Vi rivelo, invece, un aspetto. Il giorno di San Valentino mi sono incontrato con l’amministratore delegato della Società Autostrade Gamberale. Ed entro marzo potremmo annunciare la terza corsia nel tratto marchigiano dell’A14 ridisegnando, in alcuni punti, il tracciato a monte. Il progetto è in fase di studio. La Società Autostrade, invece di fermarsi a Riccione, ha detto chiaramente che vuole prolungare la terza corsia sino a San Benedetto. Abbiamo ripreso il vecchio progetto di Merloni quando era ministro dei lavori pubblici nel 1992. Autostrade è una società privata, realizza da sola l’opera, ma il governo deve invece dare pareri sui pedaggi. Se la strada rimane com’è oggi, basta e avanza, se c’è un investimento, invece, si può fare un’altra valutazione. E in questo senso abbiamo un forte potere contrattuale. La terza corsia dell’A14 è una pratica molto, ma molto avviata».

Ma nei giorni scorsi l’assessore regionale ai trasporti Cristina Cecchini si è dichiarata più favorevole ad arretrate tutta l’autostrada piuttosto che alla terza corsia.

«Se la Regione vuol mettere i soldi per arretrare tutta l’autostrada, benvenga. Mi dicano però dove intendono prendere i soldi. Non vorre che per altri 20 anni di discutesse solo lasciando così inquinamento e morti. E’ stato compiuto un errore storico, anni fa. Autostrada e ferrovia tutte a ridosso della costa. Uno sbaglio terribile. Non solo ha costretto le città delle Marche a crescere logitudinalmente, ma ha isolato l’entroterra. Spostare l’autostrada ora è improponibile. Si può invece lavorare per allargarla. Per la Ferrovia ci sono più margini. Ho in serbo una sorpresa».

Per carità, non ci lasci così.

«Ho la delega per le Ferrovie, forse a qualcuno è sfuggito. E sto concordando con Cimoli il programma di investimenti per i prossimi anni. E se non si può spostare tutto il tratto ferroviario all’interno, nell’area dell’Anconetano qualcosa si può fare. Il passante Montemarciano-Chiaravalle, ad esempio, per allontare i binari dall’Api. Ma più in generale, la stazione centrale di Ancona all’interno, a Varano. I binari attuali potrebbero servire come metrò di superficie. E’ un progetto costoso. Ma abbiamo iniziato a parlarne. Anche così si risolve il problema dei collegamenti che ha il capoluogo».

Baldassarri, non ci sono solo A14 e ferrovia Adriatica. L’entroterra?

«Il progetto delle infrastrutture della legge obiettivo, della delibera Cipe e della finanziaria comprende le 4 trasversali: Fano-Grosseto, il completamento della Flaminia che va fino a Foligno, la Valdichienti che, dopo 30 anni di dibattito, significa Civitanova-Foligno. Per Ascoli c’è il completamento della Teramo-San Benedetto che si innesta però, in collina, sulla superstrada Ascoli-San Benedetto. La Salaria per il momento è fuori da questo piano ma l’anno prossimo potrà essere inserita. Non per farne un’autostrada ma per renderla più scorrevole. E poi c’è la pedemontana. Per ora solo Sfercia-Camerino-Fabriano, poi si dovrà continuare sino a Sassoferrato e Cagli, collegando Pesaro. Sulla Val di Chienti è inclusa la 68 Val di Fiastra fino a Sarnano, quella dovrà proseguire da Sarnano ad Amandola fino ad Ascoli in modo da costruire un reticolo pedemontano. Per ora ci sono 3.500 miliardi.

Quando si può partire?

«Subito, è legge, i soldi sono là. I progetti, alcuni già ci sono, ad esempio il pezzo della Val di Chienti fino a Sfercia. Abbiamo lavorato e stiamo lavorando con la Regione. E’ venuto D’Ambrosio un sacco di volte, la Regione ha presentato tutti i progetti già pronti.

Baldassarri, lei il ministro anconetano e marchigiano nel governo Berlusconi. Avrà notato che le Marche detengono il record della pressione fiscale per il deficit sanitario. Non c’entrano i tagli del suo governo?

«Sì, è la storia che racconta D’Ambrosio. Che mi deve spiegare, però, come abbiamo prodotto questo deficit stratosferico se governiamo da giugno. E’ l’8 per cento del bilancio dell’ente, non so se mi spiego. E’ come se, invece del buco che sapete, a Roma avessi scoperto una falla da 160 mila miliardi. Ognuno è libero di governare come meglio crede, personalmente, però, avrei affrontato il problema in modo diverso. C’è una società del Tesoro che si chiama Consip e si occupa di acquisti e di alienazioni per gli enti locali utilizzando il meccanismo delle base d’asta. In Puglia abbiamo stipulato un accordo e la Regione risparmierà quel tanto che gli consentirà di affrontare il deficit sanitario senza gravare sulle imposte per i cittadini. Le Regione sono tutte informate su questa possibilità. Umilmente, fossi stato D’Ambrosio, avrei chiamato il Consip e con un sistema di razionalizzazione della spesa adeguato magari avrei evitato queste scelte che, a quanto mi risulta, non vanno bene a nessuno. Se protestano sindacati e Confidustria qualcosa che non va, c’è».

 
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