L’operaio
ustionato il 13 novembre 2001 non doveva aprire quella
valvola, ma era stato adeguatamente informato? Sul caso più
recente la raffineria ora spiega
Incidenti all’Api, si
comincia a fare luce
Infortunio di Giannoni e
scoppio del 7 febbraio: dagli ultimi rapporti primi spiragli
di verità
Nella foto si vede il
serbatoio imploso alla raffineria Api nell'ultimo incidente
del 7 febbraio. L’incidente è stato caratterizzato da tre
inconvenienti, secondo la relazione dei pompieri. Il primo,
una perdita di gas dalla flangia, una tubazione terminale,
con conseguente arresto del gassificatore n.2. Il
malfunzionamento della valvola in fase di blocco della
centrale è, invece, il secondo inconveniente che ha
provocato il convogliamento del gas in torcia e il rumore
avvertito. Il terzo inconveniente riguarda appunto il
serbatoio di acqua distillata, alto 15 metri e di 10 metri
di diametro, che si è accartocciato a causa di una
depressione interna. Questa la spiegazione dell'evento da
parte dell'Api subito dopo il fatto: «Un leggero
inconveniente presso un'apparecchiatura dell'area Igcc. A
seguito di questo è stato deciso di mettere in atto le
procedure in vigore e di bloccare un gassificatore per
procedere ai controlli necessari. Come da prassi, sono
entrati in azione i sistemi che hanno convogliato in torcia
il gas presente nel gassificatore. Nel passaggio si sono,
quindi, verificate delle emissioni rumorose intorno alle 6
circa, che sono durate 5 minuti. Non si sono verificate
emissioni odorigene». Nessun riferimento al serbatoio
accartocciato.Parla il “nostro” viceministro all’Economia.
Baldassarri: «Porto di
Ancona, 291 miliardi per l’uscita. E la stazione Fs si può
spostare all’interno»
Critiche a D’Ambrosio: «Così
poteva evitare tutte quelle tasse» «Terza corsia, a marzo
può essere varata»
ANCONA — Le Marche a Palazzo
Chigi sono lui, Mario Baldassarri, viceministro
all’Economia. Ogni quindici giorni ad Ancona, a pranzo con
la madre nella casa di corso Amendola. Un fratello a Pesaro,
zii e nipoti nel Maceratese, dov’è nato e dove ha passato
l’adolescenza, prima di laurearsi con Reviglio ad Economia,
ad Ancona, con Fuà preside.
«Una città ricca di ricordi.
Uno per tutti. A sette anni, ospitato dai nonni, pensarono —
rivela — che me ne fossi andato di casa. Ero invece a pesca
in porto. Mi riportarono a casa i carabinieri. Poi ricordo
il nonno, che abitava in via Saffi, che mi portava al mare a
Palombina. E ogni volta che passavamo davanti alla Barducci
mi diceva “questa collina non regge, un giorno verrà giù".
Immaginatevi quando trent’anni dopo seppi della frana...».
Baldassarri, lei ha lasciato
Ancona nel ’69 ma ritorna puntualmente. Che giudizio ha
della città?
«Una città viva ma che ha un
problema enorme: il non aver mai risolto compiutamente il
problema dei collegamenti. E’ una città in un collo di
bottiglia, morfologicamente difficile. Francamente, vedere
realizzate due grandi opere come la galleria del
Risorgimento e l’asse nord sud in cinquant’anni, è un po’
poco. Credo che vi sia un problema culturale di fondo: gli
anconetani, come i marchigiani, sono impareggiabili
nell’impegnarsi per se stessi. Sono self made man e
privatamente ricchi. Quando invece si trovano a doversi
mettere d’accordo per operazioni pubbliche, che riguardano
la collettività, l’accordo non si trova con facilità. E
Ancona risulta pubblicamente povera. Forse è per questo che
ci troviamo in questa situazione».
Ad Ancona è in corso il gran
dibattito sull’uscita/entrata del porto. Il vecchio asse
attrezzato verso sud, progettato trent’anni fa e mai
realizzato, è tirato per il bavero a destra e a sinistra.
Chi lo vuole, chi chiede di puntare a nord. Lei che ne
pensa? E che ne pensa dell’onorevole Duca che accusa il
governo Berlusconi di aver tolto i fondi già assegnati per
l’asse attrezzato?
«Il governo Berlusconi non ha
tolto un bel niente. Duca dovrebbe saperlo. Nella delibera
del Cipe del 21 dicembre scorso per il collegamento del
porto di Ancona con l’esterno ci sono 291 miliardi di lire
in tre anni. Ci sono 291 miliardi a disposizione. Spetta ad
Ancona dire come vuole impegnarli. Se impegnarli nell’asse
attrezzato o in un altro tracciato. Da cittadino, ma solo da
cittadino, mi pare folle insistere su questo asse a sud
quando tutti i traffici vanno a nord e quando c’è già l’asse
nord sud per il collegamento con il casello di Ancona sud.
Mi sa di doppione. Inoltre, produrrebbe un impatto
devastante su parte della città. So che a nord ci sono
problemi per via della grande frana, però tecnicamente ci
deve essere un modo per evitare questo asse a sud.
Oltretutto non è previsto nella Vallesina l’interporto? Va
collegato direttamente con lo scalo dorico. E collegandolo,
si incrocierebbe l’A14. Ad ogni modo, è una decisione che
spetta alla città. A me preme ribadire che i fondi ci sono,
ci sono 291 miliardi per tre anni. E da marchigiano,
augurarmi finalmente una decisione».
Baldassarri, il problema dei
collegamenti non c’è solo ad Ancona. Ci sembra che sia il
leit motiv di tutta la regione. Lei, spesso, insiste su
questo tasto nel corso dei suoi frequenti incontri nelle
Marche. La terza corsia dell’A14 è un sogno?
«No. Non è affatto un sogno.
Ma sull’argomento c’è ignoranza. Nel senso che si ignora che
la Società Autostrade, ex Iri, è una società privata ed è
del Gruppo Benetton. Ignorano che ha già una concessione per
40 anni quindi non ha bisogna ella Legge Obiettivo. Lusetti
dice una clamorosa bugia quando sostiene che gli emendamenti
sono stati respinti. Nessuno ha potuto presentare
emendamenti sull’A14 sulla legge finanziaria perché la legge
non c’entra un beneamato tubo. Vi rivelo, invece, un
aspetto. Il giorno di San Valentino mi sono incontrato con
l’amministratore delegato della Società Autostrade Gamberale.
Ed entro marzo potremmo annunciare la terza corsia nel
tratto marchigiano dell’A14 ridisegnando, in alcuni punti,
il tracciato a monte. Il progetto è in fase di studio. La
Società Autostrade, invece di fermarsi a Riccione, ha detto
chiaramente che vuole prolungare la terza corsia sino a San
Benedetto. Abbiamo ripreso il vecchio progetto di Merloni
quando era ministro dei lavori pubblici nel 1992. Autostrade
è una società privata, realizza da sola l’opera, ma il
governo deve invece dare pareri sui pedaggi. Se la strada
rimane com’è oggi, basta e avanza, se c’è un investimento,
invece, si può fare un’altra valutazione. E in questo senso
abbiamo un forte potere contrattuale. La terza corsia
dell’A14 è una pratica molto, ma molto avviata».
Ma nei giorni scorsi
l’assessore regionale ai trasporti Cristina Cecchini si è
dichiarata più favorevole ad arretrate tutta l’autostrada
piuttosto che alla terza corsia.
«Se la Regione vuol mettere i
soldi per arretrare tutta l’autostrada, benvenga. Mi dicano
però dove intendono prendere i soldi. Non vorre che per
altri 20 anni di discutesse solo lasciando così inquinamento
e morti. E’ stato compiuto un errore storico, anni fa.
Autostrada e ferrovia tutte a ridosso della costa. Uno
sbaglio terribile. Non solo ha costretto le città delle
Marche a crescere logitudinalmente, ma ha isolato
l’entroterra. Spostare l’autostrada ora è improponibile. Si
può invece lavorare per allargarla. Per la Ferrovia ci sono
più margini. Ho in serbo una sorpresa».
Per carità, non ci lasci
così.
«Ho la delega per le
Ferrovie, forse a qualcuno è sfuggito. E sto concordando con
Cimoli il programma di investimenti per i prossimi anni. E
se non si può spostare tutto il tratto ferroviario
all’interno, nell’area dell’Anconetano qualcosa si può fare.
Il passante Montemarciano-Chiaravalle, ad esempio, per
allontare i binari dall’Api. Ma più in generale, la stazione
centrale di Ancona all’interno, a Varano. I binari attuali
potrebbero servire come metrò di superficie. E’ un progetto
costoso. Ma abbiamo iniziato a parlarne. Anche così si
risolve il problema dei collegamenti che ha il capoluogo».
Baldassarri, non ci sono solo
A14 e ferrovia Adriatica. L’entroterra?
«Il progetto delle
infrastrutture della legge obiettivo, della delibera Cipe e
della finanziaria comprende le 4 trasversali: Fano-Grosseto,
il completamento della Flaminia che va fino a Foligno, la
Valdichienti che, dopo 30 anni di dibattito, significa
Civitanova-Foligno. Per Ascoli c’è il completamento della
Teramo-San Benedetto che si innesta però, in collina, sulla
superstrada Ascoli-San Benedetto. La Salaria per il momento
è fuori da questo piano ma l’anno prossimo potrà essere
inserita. Non per farne un’autostrada ma per renderla più
scorrevole. E poi c’è la pedemontana. Per ora solo
Sfercia-Camerino-Fabriano, poi si dovrà continuare sino a
Sassoferrato e Cagli, collegando Pesaro. Sulla Val di
Chienti è inclusa la 68 Val di Fiastra fino a Sarnano,
quella dovrà proseguire da Sarnano ad Amandola fino ad
Ascoli in modo da costruire un reticolo pedemontano. Per ora
ci sono 3.500 miliardi.
Quando si può partire?
«Subito, è legge, i soldi
sono là. I progetti, alcuni già ci sono, ad esempio il pezzo
della Val di Chienti fino a Sfercia. Abbiamo lavorato e
stiamo lavorando con la Regione. E’ venuto D’Ambrosio un
sacco di volte, la Regione ha presentato tutti i progetti
già pronti.
Baldassarri, lei il ministro
anconetano e marchigiano nel governo Berlusconi. Avrà notato
che le Marche detengono il record della pressione fiscale
per il deficit sanitario. Non c’entrano i tagli del suo
governo?
«Sì, è la storia che racconta
D’Ambrosio. Che mi deve spiegare, però, come abbiamo
prodotto questo deficit stratosferico se governiamo da
giugno. E’ l’8 per cento del bilancio dell’ente, non so se
mi spiego. E’ come se, invece del buco che sapete, a Roma
avessi scoperto una falla da 160 mila miliardi. Ognuno è
libero di governare come meglio crede, personalmente, però,
avrei affrontato il problema in modo diverso. C’è una
società del Tesoro che si chiama Consip e si occupa di
acquisti e di alienazioni per gli enti locali utilizzando il
meccanismo delle base d’asta. In Puglia abbiamo stipulato un
accordo e la Regione risparmierà quel tanto che gli
consentirà di affrontare il deficit sanitario senza gravare
sulle imposte per i cittadini. Le Regione sono tutte
informate su questa possibilità. Umilmente, fossi stato
D’Ambrosio, avrei chiamato il Consip e con un sistema di
razionalizzazione della spesa adeguato magari avrei evitato
queste scelte che, a quanto mi risulta, non vanno bene a
nessuno. Se protestano sindacati e Confidustria qualcosa che
non va, c’è». |