MESSAGGERO |
La tragedia
alle 12.15: il velivolo era partito da Cagliari ai comandi
di un imprenditore sardo, diretto a Senigallia
Aereo precipita a un passo
dall’Api
Il piper tenta un atterraggio
temerario nella nebbia fitta e si schianta nel depuratore di
Falconara. Muore un operaio, dilaniato da una scheggia,
feriti i tre tecnici e il pilota.
Lo ha inghiottito la
nebbia, quella nebbia maledetta che ieri mattina è diventata
un orizzonte di morte a Falconara. Il Piper-TA 34, gabbiano
cieco nella foschia, ha puntato a terra cercando la pista,
non l’ha trovata, ha tentato di rialzarsi con un’impennata
impossibile a pochi metri dal suolo. Niente da fare. L’aereo
è precipitato sulle reti di recinzione di un canile, è
finito nel prato sfiorando le vasche ed i serbatoi di biogas
del depuratore intercomunale. Quattro passeggeri, compreso
il pilota Antonio Cardia, 49 anni di Cagliari, se la sono
cavata. Miracolati. Il destino si è accanito invece sul
quinto componente dell’equipaggio, Salvatore Manunza, 43
anni, ucciso non dallo schianto ma da un paletto di sostegno
della rete sfondata (o forse da un ramo) che gli ha trafitto
la gola. E’ successo ancora nel micidiale triangolo tra la
Raffineria Api, i serbatoi della Liquigas e l’aeroporto
"Raffaello Sanzio".
«Pensavamo di essere in
quota, poi c’è stato quel terribile boato»
Uno dei superstiti racconta
dall’ospedale i tragici momenti dello schianto
FALCONARA - «Ciao mamma, sono
io. Non preoccuparti, sto bene altrimenti non ti avrei
chiamato direttamente. Soltanto qualche graffio, mi hanno
visitato e hanno detto che non ho nulla di grave, stai
tranquilla. Anzi, siccome ho difficoltà per comunicare,
fammi un piacere avverti tu a casa mia, mia moglie, e
tranquillizzala». Una telefonata, disturbata da una zona
dove il telefonino non riesce sempre a prendere la linea, ai
genitori ad Assèmini, un comune ad una trentina di
chilometri da Cagliari. Roberto Obrano, 36 anni, uno dei
feriti in seguito alla sciagura del bimotore, è disteso su
un lettino al pronto soccorso dell'ospedale regionale di
Torrette, nella sala d'emergenza. Le sue condizioni non sono
gravi. Cerca di alzarsi, di muoversi un po'. Sente un dolore
al torace. È confuso, scioccato dall'accaduto: «Non mi sono
accorto di nulla - racconta uno dei testimoni oculari della
disgrazia - tutto stava filando via liscio. Però la
visibilità prima dell'atterraggio era molto limitata. Sì
c'era molta nebbia, ma i dati che ci arrivavano dagli
strumenti di navigazione dicevano che l'altezza in cui ci
trovavamo erano circa 500 metri. Insomma, un atterraggio
tranquillo, come al solito, poi all'improvviso, appena la
visibilità ce l'ha concesso, ci siamo ritrovati a poche
decine di metri dal suolo e a quel punto l'impatto è stato
inevitabile. Un boato, terribile. Da quel momento ho dei
ricordi offuscati. Ero dietro al posto di guida e la
sensazione del dramma è arrivata qualche frazione di secondo
dopo rispetto ai due piloti. So di essere sceso da solo e di
aver visto altri miei amici scendere con le proprie gambe
dal velivolo, mentre qualcuno era rimasto all'interno
dell'aereo. Poi sono svenuto e mi sono ritrovato dentro
l'ambulanza». Una disgrazia per Salvatore Manunza, il
co-pilota dell'aereo, morto sul colpo. Un paletto killer non
gli ha dato scampo. Gli altri sono tutti fuori pericolo.
Roberto Obrano ed Ennio Paolucci sono due dei cinque membri
del piccolo aereo da turismo ricoverati al pronto soccorso
di Torrette. Antonio Cardìa, il titolare dell'omonima
azienda di escavazioni e trivellazioni di Cagliari, si trova
nella sala d'emergenza del pronto soccorso dell'Umberto I,
mentre l'ultimo, Matteo Steri, è ricoverato a Senigallia.
Curiosa la storia di quest'ultimo. Steri è il fidanzato
della figlia di Antonio Cardìa e si era aggregato al gruppo
in partenza per le Marche per fare un'esperienza, un giorno
in affari, la visita ad una ditta per vedere delle macchine.
Obrano e Paolucci hanno subìto una serie di politraumi, uno
un trauma toracico e l'altro sofferente per un trauma
pelvico, entrambi, per fortuna, non di forte entità e
soprattutto nessuno degli organi vitali è stato interessato
dall'incidente. Solo per Obrano un lievissimo schiacciamento
di una vertebra, ma nulla che fa pensare a conseguenze di
una certa gravità. Antonio Cardìa dopo le cure prestategli
al pronto soccorso all'Umberto I, è stato trasportato al
reparto di medicina a Torrette, anche lui con una serie di
traumi leggeri, ma anche le sue condizioni non destano
alcuna preoccupazione. Dei quattro, Matteo Steri è quello le
cui condizioni destano minor preoccupazione. Per lui
soltanto una forte contusione alla spalla. Tutti e quattro,
se non sopraggiungeranno complicazioni (nonostante gli esami
radiografici abbiano escluso qualsiasi di alto spessore)
nelle prossime ore, potrebbero essere dimessi nel giro di
due o tre giorni. Cinque sardi ad Ancona. Cosa ci facevano
da queste parti? L'aereo su cui viaggiavano era stato preso
in affitto da Cardìa circa sette mesi fa da una ditta di
aerotaxi, la Cga di Genova. «Li aspettavo all'aeroporto -
dice ancora incredulo Paolo Ramazzotti, titolare della Comar,
una ditta di Senigallia specializzata in macchine per
movimento terra - avevo parlato con Antonio Cardìa in
mattinata, prima che i cinque si mettessero in volo da
Cagliari per raggiungere l'aeroporto di Falconara. Erano
circa le dieci di stamattina (ieri per chi legge ndr). Li
aspettavo, appunto, verso mezzogiorno e mezzo, poi saremmo
andati su in ditta. Il motivo del loro viaggio? Dovevano
visionare da vicino un escavatore particolare, necessario
per le loro lavorazioni. Sono anni che facciamo affari
insieme a quella ditta». L'attesa dell'atterraggio, tutto
stava filando liscio, poi la tragedia: «Sono salito sulla
torre di controllo - prosegue Ramazzotti - e ho seguito la
scena dell'impatto a terra via radio visto che la nebbia
rendeva pressoché nulla la visibilità. Una nebbia strana.
Venti minuti prima dell'arrivo del piper non era fitta, poi
nel giro di una decina di minuti è come se un grosso banco
si fosse spostato di botto sulla pista. Tutto filava via
liscio, la torre aveva dato l'assenso all'atterraggio, poi
l'allarme. Sono corso immediatamente sul luogo dell'impatto
e ho visto l'orribile scena, con Salvatore, tra gli amici
detto "Tore" che aveva un profondo taglio alla testa, come
il colpo di una sciabola. Una disgrazia, una fatalità, visto
che gli altri non sembra abbiano riportato conseguenze
gravissime. L'aereo è atterrato diritto, la carlinga era
quasi intatta. Solo il motore giaceva a circa un centinaio
di metri dal velivolo. Sono ancora stravolto dall'accaduto,
ma le cose potevano andare peggio per gli altri superstiti.
Per fortuna che l'aereo non è finito sui sylos della
Liquigas o su quelli per la depurazione delle acque dell'Ams,
oppure addirittura sui depositi dell'Api». Un viaggio di
lavoro, non il primo da queste parti: «Assolutamente no -
conferma Ramazzotti - il gruppo era stato da noi poco tempo
fa. Solo che in tutti gli altri casi, di solito con l'aereo
atterravano su altre piste, Bologna, Rimini ecc. Era la
prima volta che arrivavano direttamente a Falconara. Però
Cardìa, il titolare della ditta e il pilota del piccolo
aereo, aveva una grossa esperienza, migliaia di chilometri
di volo alle spalle senza che mai nulla di pericoloso fosse
accaduto. Mi pare che fino ad oggi avesse volato per oltre
1200 ore. Gli affari portavano spesso il gruppo sardo dalle
nostre parti, ma soprattutto in Tunisia, dove Cardìa aveva
un altro cantiere aperto».
«Tra le lamiere ho sentito
i loro lamenti»
IL PRIMO AD ACCORRERE
FALCONARA — «Sono stato il
primo a giungere sul posto dove era precipitato l’aereo. Lo
scenario era desolante. Mi sono avvicinato alla carcassa e
ho sentito dei lamenti che venivano dall’interno». Parla
Stefano Santarelli, addetto alla sicurezza aerea
dell’Ufficio traffico dell’aviazione civile falconarese. «La
prima cosa che ho fatto - prosegue - è stata quella di
iniziare a parlare nella speranza di capire la gravità delle
condizioni dei feriti ed, eventualmente, aiutarli ad uscire
fuori. Uno di loro mi ha subito indicato il compagno di volo
più sfortunato. Infatti per la persona che sedeva accanto al
pilota non c’era più niente da fare. Nel frattempo era
arrivato il primo dei mezzi di soccorso, un "Bernini" con
alcuni Vigili del fuoco del distaccamento aeroportuale. I
pompieri si sono subito messi all’opera per estrarre gli
sventurati passeggeri dalla fusoliera». La scomparsa
dell’aereo ha mandato in fibrillazione gli addetti del
"Raffaello Sanzio". Come hanno saputo il punto preciso dove
era precipitato l’aereo? «Nella sala operativa della
direzione - prosegue Santarelli - eravamo da alcuni minuti
in allarme poichè la torre di controllo segnalava un aereo
in arrivo che non aveva più contatto radio. Si temeva che
potesse essere caduto in mare. Una telefonata da parte del
direttore della scuola di volo dell’aeroclub "E.Fogola",
Luciano Moroni, ci ha confermato le nostre paure. Il posto
dove si trovava il Piper precipitato, come segnalato da
alcuni lavoratori, era nei pressi dell’hotel Avion. Gli
operai avevano sentito il rumore tipico di un aereo, seguito
da un forte tonfo. Mi sono diretto là e ho trovato il
relitto». All’aeroporto falconarese c’è dolore, e poca
voglia di parlare. La direttrice Livia Bellomia si limita a
dire che questa mattina arriveranno, dal ministero dei
Trasporti, gli esperti dell’Enac (l’Ente nazionale
dell’aviazione civile) per avviare l’inchiesta
tecnico-amministrativa. I resti del Piper sono stati posti
sotto sequestro e l’aeroporto presidiato tutta la notte per
un singolare motivo. Durante lo schianto, si è attivato il
cosiddetto crash-beam, ovvero un segnale che entra in
funzione in caso di impatto per segnalare il posto dove è
caduto il velivolo. Il segnale viene recepito dal satellite
Meteosat ogni 45 minuti, tempo di rivoluzione sulla
verticale di Ancona, che provvede ad inviare l’allarme ad un
centro raccolta di Bruxelles. Il crash-beam può essere
spento soltanto da personale specializzato, che arriverà a
Falconara questa mattina. Di qui la necessità di
"piantonare" l’aeroporto per avvertire i diversi organi di
controllo del traffico aereo che si tratta sempre dello
stesso segnale e non di altri incidenti. Tra i primi
soccorritori dei feriti c’è anche Fabio Petrolini,
dipendente del depuratore Ams nella cui area è caduto il
Piper. «Ho sentito un gran botto ma la nebbia, fittissima,
impediva di vedere qualsiasi cosa - racconta -. Sono corso
sul posto ed ho visto che quattro persone erano già fuori
dall’abitacolo, mentre una quinta era imprigionata tra le
lamiere. A quel punto ho pensato fosse più opportuno correre
in ufficio e telefonare al 118». Intanto a Falconara si
riaccende la polemica della sicurezza della Raffineria
vicina all’aeroporto. Dice l’ammiraglio Massimo De Paolis,
del comitato "25 aprile" che si batte per la
delocalizzazione dei depositi di greggio: «Questa tragedia
dimostra quanto sia grave e attuale il pericolo. Ci
auguriamo che in futuro non si debba piangere una disgrazia
ancora peggiore. Gli amministratori attuali debbono
assumersi le proprie responsabilità ancor più di quelli del
passato, perchè sanno con certezza il rischio che corre
l’intera comunità falconarese».
Catastrofe sfiorata
E’ successo ancora nel
triangolo tra raffineria Api, i serbatoi di gas della
Liquigas e l’aeroporto.
FALCONARA — Lo ha inghiottito
la nebbia, quella nebbia maledetta che ieri mattina è
diventata un orizzonte di morte a Falconara. Il Piper-TA 34,
gabbiano cieco nella foschia, ha puntato a terra cercando la
pista, non l’ha trovata, ha tentato di rialzarsi con
un’impennata impossibile a pochi metri dal suolo. Niente da
fare. L’aereo è precipitato sulle reti di recinzione di un
canile, è finito nel prato sfiorando le vasche ed i serbatoi
di biogas del depuratore intercomunale. Quattro passeggeri,
compreso il pilota Antonio Cardia, 49 anni di Cagliari, se
la sono cavata. Miracolati. Il destino si è accanito invece
sul quinto componente dell’equipaggio, Salvatore Manunza, 43
anni, ucciso non dallo schianto ma da un paletto di sostegno
della rete sfondata (o forse da un ramo) che gli ha trafitto
la gola. E’ successo ancora nel micidiale triangolo tra la
Raffineria Api, i serbatoi della Liquigas e l’aeroporto
"Raffaello Sanzio". Se il Piper fosse precipitato solo un
soffio più in là, staremmo raccontando un’altra catastrofe.
Apocalisse rinviata, per ora. Restano i brividi che continua
a regalare questa area ad altissimo rischio ambientale e la
gravità di un’incidente che non può non sollevare nuovi e
più grandi interrogativi. Le polemiche sono già scoppiate,
rompendo il silenzio sulla morte dell’operaio sardo, un uomo
abituato al duro lavoro delle cave. Erano partiti alle 9.48
di ieri mattina dall’aeroporto di Cagliari-Elmas. Antonio
Cardia, titolare della omonima ditta che si occupa di
attività di escavazione, Matteo Steri di 21 anni, Roberto
Obrano di 36 anni, Matteo Paolucci di 39 anni ed il povero
Salvatore Manunza, tutti sardi, andavano a visionare alcuni
macchinari per l’edilizia dell’impresa Comar di Senigallia.
Ai comandi dell’executive, nominativo radio I-Legy, c’era
Cardia che aveva preso il velivolo a noleggio 6-7 mesi fa
dalla societa di aerotaxi "Cga" di Genova. «L’aereo era a
posto - ha dichiarato Fioravante Sbragi, proprietario della
"Cga" - noi svolgiamo una periodica manutenzione sui nostri
velivoli». Il Piper ha sorvolato la costa Smeralda, il punto
di sicurezza dell’isola d’Elba, il lago di Bolsena e dopo
circa due ore e mezzo di volo senza problemi ha iniziato la
manovra di avvicinamento all’aeroporto falconarese. Alle 12
il contatto radio con la torre di controllo del "Raffaello
Sanzio". Nel corso del breve colloquio l’operatore ha
avvertito Cardia della fitta nebbia che riduceva la
visibilità nella zona dello scalo. A quel punto il
comandante ha deciso l’avvicinamento strumentale verso la
pista 22 (lato mare). Qualche minuto dopo la torre di
controllo ha richiamato il Piper poichè la visibilità si era
ridotta a poche decine di metri ed ordinato al pilota di
riportarsi ad una quota di sicurezza di 3000 piedi per
ritentare la manovra di atterraggio o dirigersi verso un
aeroporto in quel momento più sicuro (Pescara, Rimoni o
Perugia). Erano le 12.10, la radio dell’aereo è rimasta
muta. Il bimotore ha cercato probabilmente di riprendere
quota ma ormai stava sfiorando il suolo, lontano dalla
pista. Il carrello è rimasto impigliato nella prima rete del
canile; l’aereo ha sfiorato la casa del custode (ieri
vuota), distrutto il casotto dei gatti, proseguito la corsa
nel prato del depuratore Ams. Sono stati quegli ostacoli a
frenare la carcassa impazzita, impedendo che l’incidente si
trasformasse in una strage. Quattro passeggeri sono riusciti
ad uscire dalla carlinga con le proprie gambe, Salvatore
Manunza è rimasto invece al suo posto dietro il pilota. Le
reti e gli alberi che avevano salvato gli altri hanno ucciso
lui, con quel dardo di legno che gli si è conficcato in
gola. Fabio Petrolini, un dipendente del depuratore, ha
sentito un gran botto ed è corso in mezzo alla nebbia. A
venti metri dalla prima vasca e dai serbatoi del biogas ha
visto l’ammasso dei rottami: le ali e il piano di coda del
Piper ancora all’interno del canile, la carlinga un po’
avanti, ancora più avanti il motore e altri frammenti
meccanici. L’aereo si era spezzato in tre parti, tutt’intorno
pezzi di lamiera, schegge, brandelli di tappezzeria.
Scaraventata ancor più lontano una borsa con dei documenti:
la pratica di lavoro per cui avevano spiccato il volo verso
le Marche. Allertata dalla telefonata di Petrolini al 118,
la macchina dei soccorsi si è messa in moto in un batter
d’occhio. In una manciata di minuti sono accorse cinque
ambulanze, pattuglie della Polizia, dei Carabinieri, della
Guardia di Finanza, perfino della Marina. I Vigili del fuoco
sono arrivati con carri gru, divaricatori, mezzi di ogni
tipo. Sul posto anche il magistrato di turno Marco Puccilli,
che ha sequestrato la carcassa dell’aereo e avviato
un’inchiesta. Solo i giornalisti non hanno potuto
raggiungere il luogo della tragedia, bloccati davanti al
cancello del depuratore e guardati a vista dalle forze
dell’ordine. I tre feriti più gravi sono stati portati
all’ospedale regionale di Torrette. Roberto Obrano ha
riportato una frattura di una vertebra (40 giorni di
prognosi), Enrico Paolucci un ematoma renale e la frattura
di una vertebra (40 giorni di prognosi) e il pilota Antonio
Cardia la frattura di un piede e diversi traumi contusivi
(20 giorni di prognosi). E’ presto per dire realmente cosa
sia accaduto su quel Piper. Suonano, sinistre, le parole del
proprietario dell’aereo, Fioravante Sbragi: «Le condizioni
meteorologiche erano impossibili per un aereo come quello.
Altri sono andati a Rimini ad atterrare. Il pilota è voluto
andare a tutti i costi lì, s’è abbassato troppo... E’stato
un atto di incoscienza grave».
E’ la terza tragedia al
Sanzio: l’ultima fu nel ’96, quando un Piper si inabissò con
quattro persone
L’aereo precipitato ieri
appartiene alla cosiddetta "aviazione leggera", e in varie
manifestazioni viene usato anche per voli acrobatici.
Introdotto nel 1964 come uno dei velivoli più grandi della
Piper, lo "Cheyen" è adibito al trasporto turistico e
impiegato come aerotaxi. Le consegne ebbero inizio nel 1967
con la versione base con motori da 304 Cv. Disponibile pure
il turbo "cheyen" con motore da 310 cavalli. La produzione
terminò nel 1972, ma nel 1983 nasce lo "Cheyen II" con
propulsori del PA-31-350. Si tratta di un monoplano a otto
posti. L’apertura alare è di 12,40 metri, la lunghezza di
10,60, la superficie alare di 21,3 metri quadri. Il peso al
decollo del Piper è di 3.170 chilogrammi, ed il mezzo
raggiunge una velocità massima di 435 chilometri orari ad
una quota di 4.570 metri, ma può volare ad una altezza di
7.300 metri dove la velocità di crociera è poco superiore ai
370 chilometri l’ora. La sua autonomia di volo è di circa
1.770 km. Quello di ieri è il terzo lutto per l’aeroporto di
Falconara. Nei due precedenti incidenti furono coinvolti
sempre aerei leggeri. L’8 agosto 1968 cadde l’FL-3 "IANCU"
pilotato da Cesare Grifoni di 38 anni. Sul mezzo c’era anche
il direttore di banca Bruno Tenenti. L’FL-3 precipitò
durante degli addestramenti di decollo e atterraggio.
Morirono entrambi i passeggeri. Il 25 luglio 1996 cadde nel
mare, davanti la spiaggia di Rocca Priora, il Piper 66 IACC
con ai comandi un giovanissimo pilota: Alessio Pasquali di
17 anni. Con lui si inabissarono nelle acque dell’Adriatico,
davanti ad amici e familiari, la mamma Alessandra Casaccia,
nota cantante e pittrice, l’anziano co-pilota Giacomo Rossi
di 72 anni, un ragazzino che si era aggregato all’equipaggio
all’ultimo momento. Fu una tragedia che lasciò senza fiato
la città di Falconara, dove Alessio e i genitori erano
conosciutissimi. Una lunga inchiesta non è riuscita ad
accertare le cause del disastro.
La sinistra: via di lì Api
e Liquigas
L'aereo precipitato ieri a
Falconara presso l' impianto di depurazione Vallechiara «in
prossimità dei popolosi quartieri di Villanova e Fiumesino»,
ripropone «drammaticamente» il problema rappresentato dalla
«compresenza su di un territorio limitato e altamente
urbanizzato di impianti e infrastrutture ad alto rischio». È
quanto afferma l' assessore regionale all' ambiente Edoardo
Mentrasti, precisando che l' incidente «si è verificato a
poche centinaia di metri dalla raffineria Api e dall'
impianto di stoccaggio di gas liquido della Liquigas». «Solo
questo - rimarca - basta ad evidenziare l' assoluta urgenza
che si definiscano in tempi rapidi indirizzi e procedure per
la dismissione di stabilimenti industriali che con la loro
presenza rappresentano un rischio quasi quotidiano per le
popolazioni residenti. L' incidente, con la sua
drammaticità, conferma purtroppo la giustezza dell'
impostazione assunta dalla Regione prima con la risoluzione
del consiglio regionale del 20-9-99 e poi con la delibera di
giunta del 10-1-2000 circa l' incompatibilità tra la
rafffineria Api e la Liquigas e il territorio circostante. È
ora compito del consiglio regionale - conclude - licenziare
rapidamente la procedura di dichiarazione di area ad elevato
rischio di crisi ambientale per il territorio di Ancona,
Falconara e della Bassa Valle dell' Esino al fine di avviare
concretamente le azioni necessarie». Sulla stessa lunghezza
d’onda di Mentrasti anche il capogruppo dei verdi al Senato
Maurizio Pieroni: «Siamo di fronte a tragedie incombenti e
annunciate: la raffineria Api deve lasciare il territorio.
La battaglia dei Verdi prosegue con questo obiettivo, tutto
il resto sono chiacchiere». È quanto ha dichiarato Pieroni,
dopo aver appreso dell' aereo precipitato oggi a Falconara,
a poche centinaia di metri dalla raffineria Api. Già dopo
l’incidente all’interno della Raffineria dell’agosto scorso
Mentrasti e Pieroni avevano chiesto con insistenza che la
raffineria venisse spostata, ma l’azienda petrolifera non ha
mai preso in seria considerazione questa eventualità
ribadendo che le norme di sicurezza sono all’altezza e i
piani vengono continuamento adeguati. In quella occasione
scesero in strada anche le popolazioni delle zone vicine
alla raffineria Api, terrorizzate da quelle che potevano
essere le conseguenze in caso di incidente più grave. Il
disastro aereo di ieri ripropone prepotentemente l’argomento
e nei prossimi non mancherà di scatenare le polemiche tra le
varie forze politiche. Gli interventi di Mentrasti e di
Pieroni subito dopo l’incidente chiamano di nuovo in causa
la Raffineria dell’Api e le conseguenze che un incidente
aereo potrebbe avere su Falconara. |
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RESTO DEL
CARLINO |
«Adesso
basta, la nostra vita è costantemente in pericolo»
FALCONARA — Prima il Tk62,
poi l'esplosione del 25 agosto, adesso un aereo che sfiora
la raffineria. Gli abitanti dei quartieri Fiumesino e
Villanova non ce la fanno più, sono esasperati e disperati.
Ieri a poche ore dall'incidente si sono ritrovati in mezzo
alla strada davanti al depuratore dove il Piper si è
schiantato chiedendo per l'ennesima volta un intervento
decisivo. «Nel giro di pochi mesi — commenta l'ammiraglio
Massimo De Paolis componente del Comitato di Fiumesino — la
nostra vita si è trovata in pericolo per tre volte. Sono
episodi distinti che non fanno altro che accentuare in modo
grave quanto numerosi e diversi siano i rischi che corriamo
quotidianamente. Gli amministratori devono sentirsi
responsabili di un eventuale (facciamo gli scongiuri)
incidente più grave. Viviamo con una spada di Damocle che
oscilla sulla nostra testa. E se gli amministratori di un
tempo hanno sbagliato non prevedendo tutto questo, quelli di
oggi potrebbero almeno riparare. Sbagliare è umano, ma
perseverare è diabolico. Da parte nostra — prosegue
l'ammiraglio — si aspettino battaglia. Non rimarremo con le
mani in mano. Innanzitutto domani in occasione dell'incontro
con la Regione per definire la zona ad alto rischio
ambientale chiederemo con forza che le cisterne vengano
spostate al più presto, in previsione di una totale
delocalizzazione. Chiediamo la collaborazione di tutti i
falconaresi». Non meno agguerrito Alfredo Campanelli del
Comitato di Villanova che aggiunge:«Questo incidente è
un'ulteriore dimostrazione del fatto che le cisterne non
possono stare nel cono di atterraggio degli aerei.
L'amministrazione locale non può continuare a consentire
questo tranquillizzandoci con un piano di emergenza fasullo
che non ci preserva dai pericoli. Ci organizzeremo di nuovo
e prenderemo posizione contro tutto questo. Vogliamo la
totale delocalizzazione dell'Api». Claudia Pasquini
«E' andata ancora bene Ma
l'Api deve andarsene»
FALCONARA — «L'incidente
accaduto ieri al Piper dimostra l'attendibilità dei progetti
e delle preoccupazioni della nostra amministrazione».
Commenta così quanto accaduto ieri il primo cittadino di
Falconara Giancarlo Carletti. «Questa amministrazione —
continua il sindaco — ha sempre preferito seguire la strada
della sicurezza. Ciò significa lo sfollamento delle aree
interessate dai rischi maggiori. A questo tende il piano
regolatore approvato un mese fa. E' prevista la
riconversione dell'area con scadenze a breve, medio e lungo
termine. Nel prossimo futuro la zona si configurerà in modo
diverso anche se naturalmente cercheremo si salvaguardare
tutti gli interessi della territorio. Tra i progetti a breve
termine come abbiamo detto più volte, ci sono la
realizzazione di tutti gli strumenti utili per la sicurezza
interna ed esterna all'area della raffineria. Ricordiamo
inoltre — conclude Carletti — che non ci faremo attendere a
lungo. Molti progetti sono già in cantiere e verranno
realizzati al più presto». Nel primo pomeriggio di ieri
intanto un comunicato stampa inviato dal Centro informazioni
per le emergenze e le attività comunali informava tutta la
cittadinanza che la situazione era sotto controllo.
«L'incidente — recitava la nota -. non ha coinvolto nessuna
persona o cosa. Anche la viabilità non ha subito variazioni.
Pertanto si rassicurano i cittadini che non vi sono danni di
alcun tipo. Le autorità sono sul posto e la situazione è
sotto controllo». Sin dal suo insediamento la giunta
Carletti si batte per avere più sicurezza, ma nonostante
questo i pericoli restano e la popolazione non si sente al
sicuro. Nei prossimi giorni il dibattito sarà sicuramente
serrato.
«L'incidente dimostra
quanto siano vere le preoccupazioni di questo Comune»
FALCONARA — «Siamo di fronte
a tragedie incombenti e annunciate. La raffineria Api deve
lasciare il territorio». Maurizio Pieroni, capogruppo dei
Verdi al senato, non usa mezzi termini per denunciare,
ancora una volta, la pericolosità della raffineria di
petrolio a due passi dall'aeroporto, dai quartieri di
Viallanova e Fiumesino, dalla caserma e da tutte altre
aziende che gravitano nella zona. L'incidente del Piper
Senec PA 32, è solo una delle tante gocce che già da molto
tempo ha fatto traboccare il vaso delle polemiche e
dell'insofferenza dei falconaresi. «La battaglia dei verdi -
aggiunge il senatore Pieroni - prosegue con questo
obiettivo, tutto il resto sono chiacchiere». Anche la
delegazione regionale del Wwf non ha voluto aspettare per
commentare quanto accaduto a Falconara e parla di «scampato
pericolo». «Devono essere ancora accertate le cause della
caduta dell'aereo - scrive l'associazione ambientalista - ma
per il Wwf si tratta dell'ennesima conferma del rischio
potenziale rappresentato dalla presenza della raffineria nel
contesto territoriale della Bassa Vallesina, dove si
concentrano importanti infrastrutture per la comunicazione
ed il trasporto». Per Luigi Conte, Elena Tanzarella ed
Alessia Cerioni, del gruppo di Forza Italia in consiglio
comunale a Falconara, «ormai non c'è più bisogno di fare
nessun commento o nessuna protesta». «I fatti parlano da
soli - sottolineano - e che cosa è cambiato dal 25 agosto?
Non solo i cittadini di Falconara continuano a convivere con
l'inquinamento costante che ci uccide lentamente, ma anche
con una bomba che può scoppiare da un momento all'altro.
Verificare le responsabilità di chi ha permesso la
realizzazione di tale pericolosa situazione».
Sono usciti da soli
dall'aereo ridotto a un ammasso di lamiere
Guariranno tutti entro 20 e
40 giorni quattro dei cinque componenti dell'equipaggio del
Piper Senac PA 32. Tre sono stati ricoverati nell'ospedale
di Torrette mentre un altro è stato accompagnato in quello
di Senigallia. Nell'impatto, hanno tutti riportato fratture
agli arti e contusioni varie ma, vista la gravità
dell'incidente, le conseguenze, per loro, sono state
fortunatamente contenute. Chi li ha soccorsi, ovvero i
dipendenti del depuratore Vallechiara, ha raccontato di
averli visti uscire dall'abitacolo del velivolo con le
proprie gambe. Barcollanti, sotto schock, ma da soli.
Antonio Cardia, 49 anni, di Cagliari, come gli altri, ha
subito la frattura di un piede, diversi traumi contusivi e
un sospetto schiacciamento vertebrale. La prognosi
rilasciata dai medici dell'ospedale di Torrette, è di 20
giorni. Peggio è andata, invece, ad Enrico Paolucci e
Roberto Obrano trasportati insieme a Cardia al
nosocomioregionale. A Obrano, 36 anni, è stata riscontrata
una frattura vertebrale e ferite lacero contuse. La prognosi
per lui è di 40 giorni. Paolucci, invece, 39 anni, ne è
uscito con un ematoma al rene sinistro e una frattura
vertebrale. Anche per lui la prognosi è di 40 giorni. E'
andata meglio, invece, a Matteo Steri, ricoverato a
Senigallia. Per lui solo un forte trauma alla spalla. E
ieri, infatti, era l'unico in grado di aiutare gli
investigatori a ricostruire come sono andate effettivamente
le cose. La chiamata alla centrale operativa del 118 è
giunta subito dopo. Sul posto sono arrivate 5 ambulanze, di
cui 3 dall'azienda ospedaliera Umberto I e 2 dal
distaccamento della Croce gialla di Falconara. Il
capocontrollo dell'aeroclub di Cagliari, al momento del
decollo del Piper dalla Sardegna, ha riferito di aver
scambiato alcune battute con Cardia, il quale sembra abbia
risposto che tutto andava bene e che dai controlli eseguiti
non c'era alcun problema. |
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UNIONE SARDA |
L' incidente di
ieri mattina ripropone il grave problema della sicurezza
della raffineria Api di Falconara Marittima a poche
centinaia di metri dalla pista dell'aeroporto "Raffaello
Snazio". La raffineria è stata già teatro lo scorso agosto
di un tragico incendio in cui persero la vita due operai e
che mise a rischio i popolosi quartieri adiacenti. Da più
parti - associazioni ambientaliste, amministratori
regionali, parlamentari, come il senatore Verde Pieroni, è
stata chiesta la sua chiusura. Ieri sera è stata di nuovo
sollevata la questione della sua incompatibilità col
territorio e la necessità della dismissione.
Tragedia nella nebbia
Il pilota di Quartu ferito
assieme ad altri tre passeggeri sardi del Piper
Aereo si schianta, muore un
operaio di Seneghe
Un capocantiere di Seneghe è
morto e altri quattro passeggeri sardi sono rimasti feriti a
bordo di un Piper che ieri mattina ha sbagliato
l'atterraggio a causa della nebbia. La tragedia è avvenuta a
Falconara, nelle Marche. La vittima, Salvatore Manunza, 43
anni, risiedeva a Quartu. Il velivolo, un Piper PA 34, era
decollato alle 9,50 dall'aeroporto di Elmas. Ai comandi
Antonio Cardia, 49 anni, imprenditore quartese, affittuario
dell'aereo; a bordo con lui - oltre a Salvatore Manunza - il
giovane genero Matteo Steri, 21 anni, il rappresentante di
commercio Roberto Obrano, 36 anni, entrambi asseminesi;
l'ingegnere Enrico Paolucci, 39 anni, di Domusnovas. Il
gruppo si recava a Senigallia per concludere l'acquisto di
alcuni escavatori. La sciagura è maturata intorno alle 12,
20 al momento di atterrare al «Raffaello Sanzio» di
Falconara. Sulla zona gravava una fitta nebbia, la
visibilità era molto ridotta. Non è ancora chiaro se la
torre di controllo abbia autorizzato l'atterraggio o se
abbia consigliato ad Antonio Cardia di dirigersi su Rimini.
Fatto sta che il pilota, appassionato di volo e certamente
esperto, ha mancato la pista di circa due miglia. Il
bimotore ha toccato terra su un campo, poi ha proseguito la
corsa, andando a disintegrarsi sulle lamiere della baracca
di un canile. Una trave ha colpito alla gola Salvatore
Manunza, uccidendolo. Gli altri quattro amici sono rimasti
feriti in maniera non grave e sono riusciti ad uscire con le
proprie gambe dal relitto. L'incidente avrebbe potuto avere
conseguenze ancora più tragiche perché il Piper ha terminato
la sua folle corsa a pochi metri da una raffineria dell'Api.
I quattro feriti sono stati ricoverati nell'ospedale di
Ancona. Per loro i medici hanno diagnosticato dai 20 ai 40
giorni di cure. Due le inchieste aperte per accertare la
dinamica dell'incidente, una da polizia e carabinieri,
l'altra dal ministero dei trasporti.
Tragico schianto in mezzo
alla nebbia
Una vittima e quattro feriti
nell'aereo fuori pista partito da Elmas
Tore Manunza, capocantiere in
una cava di Quartucciu, ha perso la vita nel "Piper"
distrutto a Falconara
Uno schianto nella nebbia, la
tragedia. Fra le lamiere contorte di un aereo finito fuori
pista, un corpo senza vita e quattro feriti. Si è chiuso
così il volo Elmas-Falconara del Piper Senca Ilagy PA34.
Visibilità pessima, atterraggio di fortuna due miglia
lontano dal tracciato dell'aeroporto "Raffaello Sanzio" a un
soffio da una grossa raffineria Api. Il bimotore che scivola
impazzito su un campo, poi si disintegra sulle lamiere di
una baracca di un canile. Volano pezzi dappertutto e una
trave trafigge mortalmente la gola di Salvatore Manunza, 43
anni, di Seneghe, da anni residente a Quartu. Va meglio agli
altri passeggeri e al pilota: sono feriti ma riescono a
uscire con le proprie gambe da ciò che resta del velivolo.
Sono Antonio Cardia, 49 anni, imprenditore quartese,
affittuario del Piper e pilota, il suo giovane genero Matteo
Steri, 21 anni di Assemini, Roberto Obrano, 36 anni,
rappresentante di commercio di Assemini e l'ingegnere Enrico
Paolucci, 39 anni di Domusnovas. Saranno le ambulanze dei
vigili del fuoco a portarli verso gli ospedali della vicina
Ancona dove i medici diagnosticheranno per loro dai 20 ai 40
giorni di cure. Ma se ci vorranno due mesi per ricomporre le
fratture, servirà molto di più per rimarginare il tremendo
ricordo di una tragedia che poteva finire molto peggio. Solo
per poche centinaia di metri l'aereo non si è schiantato sui
depositi di carburante della raffineria Api. Un miracolo ha
evitato che si scatennasse un inferno di fuoco: la pazza
corsa è stata frenata dalle reti metalliche di recinzione
del confinante depuratore comunale.
Tutto è cominciato ieri
mattina all'aeroporto di Elmas. Come spiegano gli addetti
dell'Ufficio controllo traffico, l'Ilagy PA34 lascia la
pista alle 9,49 in punto. Alla guida del bimotore c'è
Antonio Cardia, che aveva preso in affitto da 6 mesi il
velivolo "varato" dalle officine Piper Aircraft Company il 2
luglio del 1987. Cardia è un grosso imprenditore con
ramificate attività, a bordo c'è il suo staff di fiducia che
segue l'attività estrattiva di una cava di Quartucciu. Sono
il capo cantiere Manunza, l'ingegnere Paolucci, il genero
Steri più Obrano, rappresentante per il Cagliaritano di una
ditta di movimento terra di Senigallia, la Comar. Vanno a
Senigallia a concludere l'acquisto di grossi escavatori.
Il piano di volo prevede che
il Piper debba toccare la pista del "Raffaello Sanzio" dopo
due ore e trenta di volo dal decollo. Sono circa le 12,20
quando il velivolo sorvola Falconara. Ma la fase di
atterraggio subisce un ritardo. La nebbia è fittissima tanto
che la torre di controllo pochi minuti prima aveva dirottato
sull'aeroporto di Rimini un volo in arrivo da Monaco. Per il
bimotore in partenza da Elmas, invece, secondo la prima
ricostruzione dei fatti, non ci sono contrordini, solo un
invito alla prudenza. Viene indicata la pista 22 per
l'atterraggio e impartito un consiglio: se ci sono
difficoltà dare subito gas. Ma c'è una seconda versione dei
fatti, sostenuta da Fioravante Sbragi della società che ha
affittato il Piper e riportata dall'Ansa secondo cui è
Cardia a intestardirsi per atterrare a Falconara e non a
Rimini.
Pare (l'aspetto è ancora al
vaglio) che Cardia abbia tentato una prima discesa, poi
lanciato l'allarme ai controllori del volo. Seguono due
minuti di silenzio radio e subito dopo il botto.
Partono i soccorsi che si
dirigono nell'area che divide l'aeroporto da una grossa
raffineria dell'Api. In mezzo c'è un canile e il depuratore
comunale. La parte frontale sfondata, la carlinga e le ali
spezzate, parti meccaniche sparse in un raggio di 50 metri
su un prato nell'area del depuratore. È questo lo scenario
che si presenta ai soccorritori. Medici e infermieri di
pronto intervento non possono che constatare la morte di
Manunza. È stato sfortunatissimo. Nel prendere terra, il
velivolo si è infilato nel cortile del canile e si è
schiantato su una casupola. Qui un paletto si è conficcato
nella gola del capo cantiere. Ma la folle corsa è proseguita
sino oltre i confini in rete metallica del depuratore
comunale. Ancora difficile stabilire le esatte cause
dell'incidente, forse una manovra sbagliata per colpa della
nebbia. Due le indagini: una coordinata dal pm Pucilli e
un'altra del ministero dei Trasporti. Secondo le prime
indagini della magistratura, in passato un altro Piper di
Cardia era precipitato in atterraggio a Serdiana.
Il proprietario del Piper:
«Atterraggio impossibile»
Secondo Fioravante Sbragi la
nebbia era troppo fitta
«Tentare la manovra di
atterraggio con quelle condizioni meteorologiche,
soprattutto se pensiamo alla fitta nebbia che nascondeva la
pista in quel momento, è stato certamente un errore. Secondo
me, si è trattato di un atto di coraggio fuori luogo da
parte del pilota». É quanto ha dichiarato all'Ansa il
comandante Fioravante Sbragi, titolare della società di
noleggio e aerotaxi "Cga" di Genova, proprietaria del
bimotore caduto stamane nei pressi dell'aeroporto di
Falconara Marittima, causando un morto e quattro feriti.
Ieri pomeriggio, quando ha appreso della sciagura, Sbragi ha
rivelato che il pilota (l'imprenditore Antonio Cardia) aveva
a noleggio il velivolo della "Cga" da circa sei, sette mesi.
«Per quanto mi riguarda, posso assicurare che il Piper era
perfettamente funzionante: la nostra società svolge
regolarmente la manutenzione periodica di tutti i velivoli,
come prescrive la legge». Il titolare della società di
noleggio e aerotaxi insiste sulle pessime condizioni
meteorologiche, che a suo dire sono la causa principale
della sciagura di ieri. «Il fatto è che, al momento
dell'atterraggio, in quella zona la visibilità longitudinale
era compresa tra i cento e i trecento metri, mentre la
visibilità verticale era intorno ai sessanta metri. Sulla
base della mia esperienza, sono condizioni impossibili per
un aereo come quello». Secondo il comandante Fioravante
Sbragi, nelle ore precedenti la tragedia i piloti degli
altri velivoli hanno preferito rinunciare alla manovra di
atterraggio e si sono diretti verso la pista dell'aeroporto
di Rimini. «Antonio Cardia», riferisce lo stesso Sbragi, «ha
invece voluto atterrare a tutti i costi a Falconara
marittima, s'è abbassato troppo ed è accaduta la sciagura. É
stato un atto di incoscienza grave», conclude il titolare
della società proprietaria del Piper, «anche tenendo conto
che il velivolo non era equipaggiato con gli strumenti
adatti all'atterraggio in condizioni di nebbia e non aveva
ancora accumulato molte ore di volo. A tutti dispiace
rinunciare a toccare terra nella località prescelta ed
essere costretti a tornare indietro, questo è senz'altro
comprensibile. Però non dobbiamo dimenticare che, durante il
volo, è possibile affrontare le nubi, anche la pioggia, ma
non certamente la nebbia. Con la nebbia non si scherza». |
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