RASSEGNA STAMPA 01.02.2000

 

MESSAGGERO
La tragedia alle 12.15: il velivolo era partito da Cagliari ai comandi di un imprenditore sardo, diretto a Senigallia

Aereo precipita a un passo dall’Api

Il piper tenta un atterraggio temerario nella nebbia fitta e si schianta nel depuratore di Falconara. Muore un operaio, dilaniato da una scheggia, feriti i tre tecnici e il pilota.

 Lo ha inghiottito la nebbia, quella nebbia maledetta che ieri mattina è diventata un orizzonte di morte a Falconara. Il Piper-TA 34, gabbiano cieco nella foschia, ha puntato a terra cercando la pista, non l’ha trovata, ha tentato di rialzarsi con un’impennata impossibile a pochi metri dal suolo. Niente da fare. L’aereo è precipitato sulle reti di recinzione di un canile, è finito nel prato sfiorando le vasche ed i serbatoi di biogas del depuratore intercomunale. Quattro passeggeri, compreso il pilota Antonio Cardia, 49 anni di Cagliari, se la sono cavata. Miracolati. Il destino si è accanito invece sul quinto componente dell’equipaggio, Salvatore Manunza, 43 anni, ucciso non dallo schianto ma da un paletto di sostegno della rete sfondata (o forse da un ramo) che gli ha trafitto la gola. E’ successo ancora nel micidiale triangolo tra la Raffineria Api, i serbatoi della Liquigas e l’aeroporto "Raffaello Sanzio".

«Pensavamo di essere in quota, poi c’è stato quel terribile boato»

Uno dei superstiti racconta dall’ospedale i tragici momenti dello schianto

FALCONARA - «Ciao mamma, sono io. Non preoccuparti, sto bene altrimenti non ti avrei chiamato direttamente. Soltanto qualche graffio, mi hanno visitato e hanno detto che non ho nulla di grave, stai tranquilla. Anzi, siccome ho difficoltà per comunicare, fammi un piacere avverti tu a casa mia, mia moglie, e tranquillizzala». Una telefonata, disturbata da una zona dove il telefonino non riesce sempre a prendere la linea, ai genitori ad Assèmini, un comune ad una trentina di chilometri da Cagliari. Roberto Obrano, 36 anni, uno dei feriti in seguito alla sciagura del bimotore, è disteso su un lettino al pronto soccorso dell'ospedale regionale di Torrette, nella sala d'emergenza. Le sue condizioni non sono gravi. Cerca di alzarsi, di muoversi un po'. Sente un dolore al torace. È confuso, scioccato dall'accaduto: «Non mi sono accorto di nulla - racconta uno dei testimoni oculari della disgrazia - tutto stava filando via liscio. Però la visibilità prima dell'atterraggio era molto limitata. Sì c'era molta nebbia, ma i dati che ci arrivavano dagli strumenti di navigazione dicevano che l'altezza in cui ci trovavamo erano circa 500 metri. Insomma, un atterraggio tranquillo, come al solito, poi all'improvviso, appena la visibilità ce l'ha concesso, ci siamo ritrovati a poche decine di metri dal suolo e a quel punto l'impatto è stato inevitabile. Un boato, terribile. Da quel momento ho dei ricordi offuscati. Ero dietro al posto di guida e la sensazione del dramma è arrivata qualche frazione di secondo dopo rispetto ai due piloti. So di essere sceso da solo e di aver visto altri miei amici scendere con le proprie gambe dal velivolo, mentre qualcuno era rimasto all'interno dell'aereo. Poi sono svenuto e mi sono ritrovato dentro l'ambulanza». Una disgrazia per Salvatore Manunza, il co-pilota dell'aereo, morto sul colpo. Un paletto killer non gli ha dato scampo. Gli altri sono tutti fuori pericolo. Roberto Obrano ed Ennio Paolucci sono due dei cinque membri del piccolo aereo da turismo ricoverati al pronto soccorso di Torrette. Antonio Cardìa, il titolare dell'omonima azienda di escavazioni e trivellazioni di Cagliari, si trova nella sala d'emergenza del pronto soccorso dell'Umberto I, mentre l'ultimo, Matteo Steri, è ricoverato a Senigallia. Curiosa la storia di quest'ultimo. Steri è il fidanzato della figlia di Antonio Cardìa e si era aggregato al gruppo in partenza per le Marche per fare un'esperienza, un giorno in affari, la visita ad una ditta per vedere delle macchine. Obrano e Paolucci hanno subìto una serie di politraumi, uno un trauma toracico e l'altro sofferente per un trauma pelvico, entrambi, per fortuna, non di forte entità e soprattutto nessuno degli organi vitali è stato interessato dall'incidente. Solo per Obrano un lievissimo schiacciamento di una vertebra, ma nulla che fa pensare a conseguenze di una certa gravità. Antonio Cardìa dopo le cure prestategli al pronto soccorso all'Umberto I, è stato trasportato al reparto di medicina a Torrette, anche lui con una serie di traumi leggeri, ma anche le sue condizioni non destano alcuna preoccupazione. Dei quattro, Matteo Steri è quello le cui condizioni destano minor preoccupazione. Per lui soltanto una forte contusione alla spalla. Tutti e quattro, se non sopraggiungeranno complicazioni (nonostante gli esami radiografici abbiano escluso qualsiasi di alto spessore) nelle prossime ore, potrebbero essere dimessi nel giro di due o tre giorni. Cinque sardi ad Ancona. Cosa ci facevano da queste parti? L'aereo su cui viaggiavano era stato preso in affitto da Cardìa circa sette mesi fa da una ditta di aerotaxi, la Cga di Genova. «Li aspettavo all'aeroporto - dice ancora incredulo Paolo Ramazzotti, titolare della Comar, una ditta di Senigallia specializzata in macchine per movimento terra - avevo parlato con Antonio Cardìa in mattinata, prima che i cinque si mettessero in volo da Cagliari per raggiungere l'aeroporto di Falconara. Erano circa le dieci di stamattina (ieri per chi legge ndr). Li aspettavo, appunto, verso mezzogiorno e mezzo, poi saremmo andati su in ditta. Il motivo del loro viaggio? Dovevano visionare da vicino un escavatore particolare, necessario per le loro lavorazioni. Sono anni che facciamo affari insieme a quella ditta». L'attesa dell'atterraggio, tutto stava filando liscio, poi la tragedia: «Sono salito sulla torre di controllo - prosegue Ramazzotti - e ho seguito la scena dell'impatto a terra via radio visto che la nebbia rendeva pressoché nulla la visibilità. Una nebbia strana. Venti minuti prima dell'arrivo del piper non era fitta, poi nel giro di una decina di minuti è come se un grosso banco si fosse spostato di botto sulla pista. Tutto filava via liscio, la torre aveva dato l'assenso all'atterraggio, poi l'allarme. Sono corso immediatamente sul luogo dell'impatto e ho visto l'orribile scena, con Salvatore, tra gli amici detto "Tore" che aveva un profondo taglio alla testa, come il colpo di una sciabola. Una disgrazia, una fatalità, visto che gli altri non sembra abbiano riportato conseguenze gravissime. L'aereo è atterrato diritto, la carlinga era quasi intatta. Solo il motore giaceva a circa un centinaio di metri dal velivolo. Sono ancora stravolto dall'accaduto, ma le cose potevano andare peggio per gli altri superstiti. Per fortuna che l'aereo non è finito sui sylos della Liquigas o su quelli per la depurazione delle acque dell'Ams, oppure addirittura sui depositi dell'Api». Un viaggio di lavoro, non il primo da queste parti: «Assolutamente no - conferma Ramazzotti - il gruppo era stato da noi poco tempo fa. Solo che in tutti gli altri casi, di solito con l'aereo atterravano su altre piste, Bologna, Rimini ecc. Era la prima volta che arrivavano direttamente a Falconara. Però Cardìa, il titolare della ditta e il pilota del piccolo aereo, aveva una grossa esperienza, migliaia di chilometri di volo alle spalle senza che mai nulla di pericoloso fosse accaduto. Mi pare che fino ad oggi avesse volato per oltre 1200 ore. Gli affari portavano spesso il gruppo sardo dalle nostre parti, ma soprattutto in Tunisia, dove Cardìa aveva un altro cantiere aperto».

«Tra le lamiere ho sentito i loro lamenti»

IL PRIMO AD ACCORRERE

FALCONARA — «Sono stato il primo a giungere sul posto dove era precipitato l’aereo. Lo scenario era desolante. Mi sono avvicinato alla carcassa e ho sentito dei lamenti che venivano dall’interno». Parla Stefano Santarelli, addetto alla sicurezza aerea dell’Ufficio traffico dell’aviazione civile falconarese. «La prima cosa che ho fatto - prosegue - è stata quella di iniziare a parlare nella speranza di capire la gravità delle condizioni dei feriti ed, eventualmente, aiutarli ad uscire fuori. Uno di loro mi ha subito indicato il compagno di volo più sfortunato. Infatti per la persona che sedeva accanto al pilota non c’era più niente da fare. Nel frattempo era arrivato il primo dei mezzi di soccorso, un "Bernini" con alcuni Vigili del fuoco del distaccamento aeroportuale. I pompieri si sono subito messi all’opera per estrarre gli sventurati passeggeri dalla fusoliera». La scomparsa dell’aereo ha mandato in fibrillazione gli addetti del "Raffaello Sanzio". Come hanno saputo il punto preciso dove era precipitato l’aereo? «Nella sala operativa della direzione - prosegue Santarelli - eravamo da alcuni minuti in allarme poichè la torre di controllo segnalava un aereo in arrivo che non aveva più contatto radio. Si temeva che potesse essere caduto in mare. Una telefonata da parte del direttore della scuola di volo dell’aeroclub "E.Fogola", Luciano Moroni, ci ha confermato le nostre paure. Il posto dove si trovava il Piper precipitato, come segnalato da alcuni lavoratori, era nei pressi dell’hotel Avion. Gli operai avevano sentito il rumore tipico di un aereo, seguito da un forte tonfo. Mi sono diretto là e ho trovato il relitto». All’aeroporto falconarese c’è dolore, e poca voglia di parlare. La direttrice Livia Bellomia si limita a dire che questa mattina arriveranno, dal ministero dei Trasporti, gli esperti dell’Enac (l’Ente nazionale dell’aviazione civile) per avviare l’inchiesta tecnico-amministrativa. I resti del Piper sono stati posti sotto sequestro e l’aeroporto presidiato tutta la notte per un singolare motivo. Durante lo schianto, si è attivato il cosiddetto crash-beam, ovvero un segnale che entra in funzione in caso di impatto per segnalare il posto dove è caduto il velivolo. Il segnale viene recepito dal satellite Meteosat ogni 45 minuti, tempo di rivoluzione sulla verticale di Ancona, che provvede ad inviare l’allarme ad un centro raccolta di Bruxelles. Il crash-beam può essere spento soltanto da personale specializzato, che arriverà a Falconara questa mattina. Di qui la necessità di "piantonare" l’aeroporto per avvertire i diversi organi di controllo del traffico aereo che si tratta sempre dello stesso segnale e non di altri incidenti. Tra i primi soccorritori dei feriti c’è anche Fabio Petrolini, dipendente del depuratore Ams nella cui area è caduto il Piper. «Ho sentito un gran botto ma la nebbia, fittissima, impediva di vedere qualsiasi cosa - racconta -. Sono corso sul posto ed ho visto che quattro persone erano già fuori dall’abitacolo, mentre una quinta era imprigionata tra le lamiere. A quel punto ho pensato fosse più opportuno correre in ufficio e telefonare al 118». Intanto a Falconara si riaccende la polemica della sicurezza della Raffineria vicina all’aeroporto. Dice l’ammiraglio Massimo De Paolis, del comitato "25 aprile" che si batte per la delocalizzazione dei depositi di greggio: «Questa tragedia dimostra quanto sia grave e attuale il pericolo. Ci auguriamo che in futuro non si debba piangere una disgrazia ancora peggiore. Gli amministratori attuali debbono assumersi le proprie responsabilità ancor più di quelli del passato, perchè sanno con certezza il rischio che corre l’intera comunità falconarese».

Catastrofe sfiorata

E’ successo ancora nel triangolo tra raffineria Api, i serbatoi di gas della Liquigas e l’aeroporto.

FALCONARA — Lo ha inghiottito la nebbia, quella nebbia maledetta che ieri mattina è diventata un orizzonte di morte a Falconara. Il Piper-TA 34, gabbiano cieco nella foschia, ha puntato a terra cercando la pista, non l’ha trovata, ha tentato di rialzarsi con un’impennata impossibile a pochi metri dal suolo. Niente da fare. L’aereo è precipitato sulle reti di recinzione di un canile, è finito nel prato sfiorando le vasche ed i serbatoi di biogas del depuratore intercomunale. Quattro passeggeri, compreso il pilota Antonio Cardia, 49 anni di Cagliari, se la sono cavata. Miracolati. Il destino si è accanito invece sul quinto componente dell’equipaggio, Salvatore Manunza, 43 anni, ucciso non dallo schianto ma da un paletto di sostegno della rete sfondata (o forse da un ramo) che gli ha trafitto la gola. E’ successo ancora nel micidiale triangolo tra la Raffineria Api, i serbatoi della Liquigas e l’aeroporto "Raffaello Sanzio". Se il Piper fosse precipitato solo un soffio più in là, staremmo raccontando un’altra catastrofe. Apocalisse rinviata, per ora. Restano i brividi che continua a regalare questa area ad altissimo rischio ambientale e la gravità di un’incidente che non può non sollevare nuovi e più grandi interrogativi. Le polemiche sono già scoppiate, rompendo il silenzio sulla morte dell’operaio sardo, un uomo abituato al duro lavoro delle cave. Erano partiti alle 9.48 di ieri mattina dall’aeroporto di Cagliari-Elmas. Antonio Cardia, titolare della omonima ditta che si occupa di attività di escavazione, Matteo Steri di 21 anni, Roberto Obrano di 36 anni, Matteo Paolucci di 39 anni ed il povero Salvatore Manunza, tutti sardi, andavano a visionare alcuni macchinari per l’edilizia dell’impresa Comar di Senigallia. Ai comandi dell’executive, nominativo radio I-Legy, c’era Cardia che aveva preso il velivolo a noleggio 6-7 mesi fa dalla societa di aerotaxi "Cga" di Genova. «L’aereo era a posto - ha dichiarato Fioravante Sbragi, proprietario della "Cga" - noi svolgiamo una periodica manutenzione sui nostri velivoli». Il Piper ha sorvolato la costa Smeralda, il punto di sicurezza dell’isola d’Elba, il lago di Bolsena e dopo circa due ore e mezzo di volo senza problemi ha iniziato la manovra di avvicinamento all’aeroporto falconarese. Alle 12 il contatto radio con la torre di controllo del "Raffaello Sanzio". Nel corso del breve colloquio l’operatore ha avvertito Cardia della fitta nebbia che riduceva la visibilità nella zona dello scalo. A quel punto il comandante ha deciso l’avvicinamento strumentale verso la pista 22 (lato mare). Qualche minuto dopo la torre di controllo ha richiamato il Piper poichè la visibilità si era ridotta a poche decine di metri ed ordinato al pilota di riportarsi ad una quota di sicurezza di 3000 piedi per ritentare la manovra di atterraggio o dirigersi verso un aeroporto in quel momento più sicuro (Pescara, Rimoni o Perugia). Erano le 12.10, la radio dell’aereo è rimasta muta. Il bimotore ha cercato probabilmente di riprendere quota ma ormai stava sfiorando il suolo, lontano dalla pista. Il carrello è rimasto impigliato nella prima rete del canile; l’aereo ha sfiorato la casa del custode (ieri vuota), distrutto il casotto dei gatti, proseguito la corsa nel prato del depuratore Ams. Sono stati quegli ostacoli a frenare la carcassa impazzita, impedendo che l’incidente si trasformasse in una strage. Quattro passeggeri sono riusciti ad uscire dalla carlinga con le proprie gambe, Salvatore Manunza è rimasto invece al suo posto dietro il pilota. Le reti e gli alberi che avevano salvato gli altri hanno ucciso lui, con quel dardo di legno che gli si è conficcato in gola. Fabio Petrolini, un dipendente del depuratore, ha sentito un gran botto ed è corso in mezzo alla nebbia. A venti metri dalla prima vasca e dai serbatoi del biogas ha visto l’ammasso dei rottami: le ali e il piano di coda del Piper ancora all’interno del canile, la carlinga un po’ avanti, ancora più avanti il motore e altri frammenti meccanici. L’aereo si era spezzato in tre parti, tutt’intorno pezzi di lamiera, schegge, brandelli di tappezzeria. Scaraventata ancor più lontano una borsa con dei documenti: la pratica di lavoro per cui avevano spiccato il volo verso le Marche. Allertata dalla telefonata di Petrolini al 118, la macchina dei soccorsi si è messa in moto in un batter d’occhio. In una manciata di minuti sono accorse cinque ambulanze, pattuglie della Polizia, dei Carabinieri, della Guardia di Finanza, perfino della Marina. I Vigili del fuoco sono arrivati con carri gru, divaricatori, mezzi di ogni tipo. Sul posto anche il magistrato di turno Marco Puccilli, che ha sequestrato la carcassa dell’aereo e avviato un’inchiesta. Solo i giornalisti non hanno potuto raggiungere il luogo della tragedia, bloccati davanti al cancello del depuratore e guardati a vista dalle forze dell’ordine. I tre feriti più gravi sono stati portati all’ospedale regionale di Torrette. Roberto Obrano ha riportato una frattura di una vertebra (40 giorni di prognosi), Enrico Paolucci un ematoma renale e la frattura di una vertebra (40 giorni di prognosi) e il pilota Antonio Cardia la frattura di un piede e diversi traumi contusivi (20 giorni di prognosi). E’ presto per dire realmente cosa sia accaduto su quel Piper. Suonano, sinistre, le parole del proprietario dell’aereo, Fioravante Sbragi: «Le condizioni meteorologiche erano impossibili per un aereo come quello. Altri sono andati a Rimini ad atterrare. Il pilota è voluto andare a tutti i costi lì, s’è abbassato troppo... E’stato un atto di incoscienza grave».

E’ la terza tragedia al Sanzio: l’ultima fu nel ’96, quando un Piper si inabissò con quattro persone

L’aereo precipitato ieri appartiene alla cosiddetta "aviazione leggera", e in varie manifestazioni viene usato anche per voli acrobatici. Introdotto nel 1964 come uno dei velivoli più grandi della Piper, lo "Cheyen" è adibito al trasporto turistico e impiegato come aerotaxi. Le consegne ebbero inizio nel 1967 con la versione base con motori da 304 Cv. Disponibile pure il turbo "cheyen" con motore da 310 cavalli. La produzione terminò nel 1972, ma nel 1983 nasce lo "Cheyen II" con propulsori del PA-31-350. Si tratta di un monoplano a otto posti. L’apertura alare è di 12,40 metri, la lunghezza di 10,60, la superficie alare di 21,3 metri quadri. Il peso al decollo del Piper è di 3.170 chilogrammi, ed il mezzo raggiunge una velocità massima di 435 chilometri orari ad una quota di 4.570 metri, ma può volare ad una altezza di 7.300 metri dove la velocità di crociera è poco superiore ai 370 chilometri l’ora. La sua autonomia di volo è di circa 1.770 km. Quello di ieri è il terzo lutto per l’aeroporto di Falconara. Nei due precedenti incidenti furono coinvolti sempre aerei leggeri. L’8 agosto 1968 cadde l’FL-3 "IANCU" pilotato da Cesare Grifoni di 38 anni. Sul mezzo c’era anche il direttore di banca Bruno Tenenti. L’FL-3 precipitò durante degli addestramenti di decollo e atterraggio. Morirono entrambi i passeggeri. Il 25 luglio 1996 cadde nel mare, davanti la spiaggia di Rocca Priora, il Piper 66 IACC con ai comandi un giovanissimo pilota: Alessio Pasquali di 17 anni. Con lui si inabissarono nelle acque dell’Adriatico, davanti ad amici e familiari, la mamma Alessandra Casaccia, nota cantante e pittrice, l’anziano co-pilota Giacomo Rossi di 72 anni, un ragazzino che si era aggregato all’equipaggio all’ultimo momento. Fu una tragedia che lasciò senza fiato la città di Falconara, dove Alessio e i genitori erano conosciutissimi. Una lunga inchiesta non è riuscita ad accertare le cause del disastro.

La sinistra: via di lì Api e Liquigas

L'aereo precipitato ieri a Falconara presso l' impianto di depurazione Vallechiara «in prossimità dei popolosi quartieri di Villanova e Fiumesino», ripropone «drammaticamente» il problema rappresentato dalla «compresenza su di un territorio limitato e altamente urbanizzato di impianti e infrastrutture ad alto rischio». È quanto afferma l' assessore regionale all' ambiente Edoardo Mentrasti, precisando che l' incidente «si è verificato a poche centinaia di metri dalla raffineria Api e dall' impianto di stoccaggio di gas liquido della Liquigas». «Solo questo - rimarca - basta ad evidenziare l' assoluta urgenza che si definiscano in tempi rapidi indirizzi e procedure per la dismissione di stabilimenti industriali che con la loro presenza rappresentano un rischio quasi quotidiano per le popolazioni residenti. L' incidente, con la sua drammaticità, conferma purtroppo la giustezza dell' impostazione assunta dalla Regione prima con la risoluzione del consiglio regionale del 20-9-99 e poi con la delibera di giunta del 10-1-2000 circa l' incompatibilità tra la rafffineria Api e la Liquigas e il territorio circostante. È ora compito del consiglio regionale - conclude - licenziare rapidamente la procedura di dichiarazione di area ad elevato rischio di crisi ambientale per il territorio di Ancona, Falconara e della Bassa Valle dell' Esino al fine di avviare concretamente le azioni necessarie». Sulla stessa lunghezza d’onda di Mentrasti anche il capogruppo dei verdi al Senato Maurizio Pieroni: «Siamo di fronte a tragedie incombenti e annunciate: la raffineria Api deve lasciare il territorio. La battaglia dei Verdi prosegue con questo obiettivo, tutto il resto sono chiacchiere». È quanto ha dichiarato Pieroni, dopo aver appreso dell' aereo precipitato oggi a Falconara, a poche centinaia di metri dalla raffineria Api. Già dopo l’incidente all’interno della Raffineria dell’agosto scorso Mentrasti e Pieroni avevano chiesto con insistenza che la raffineria venisse spostata, ma l’azienda petrolifera non ha mai preso in seria considerazione questa eventualità ribadendo che le norme di sicurezza sono all’altezza e i piani vengono continuamento adeguati. In quella occasione scesero in strada anche le popolazioni delle zone vicine alla raffineria Api, terrorizzate da quelle che potevano essere le conseguenze in caso di incidente più grave. Il disastro aereo di ieri ripropone prepotentemente l’argomento e nei prossimi non mancherà di scatenare le polemiche tra le varie forze politiche. Gli interventi di Mentrasti e di Pieroni subito dopo l’incidente chiamano di nuovo in causa la Raffineria dell’Api e le conseguenze che un incidente aereo potrebbe avere su Falconara.

 
RESTO DEL CARLINO
«Adesso basta, la nostra vita è costantemente in pericolo»

FALCONARA — Prima il Tk62, poi l'esplosione del 25 agosto, adesso un aereo che sfiora la raffineria. Gli abitanti dei quartieri Fiumesino e Villanova non ce la fanno più, sono esasperati e disperati. Ieri a poche ore dall'incidente si sono ritrovati in mezzo alla strada davanti al depuratore dove il Piper si è schiantato chiedendo per l'ennesima volta un intervento decisivo. «Nel giro di pochi mesi — commenta l'ammiraglio Massimo De Paolis componente del Comitato di Fiumesino — la nostra vita si è trovata in pericolo per tre volte. Sono episodi distinti che non fanno altro che accentuare in modo grave quanto numerosi e diversi siano i rischi che corriamo quotidianamente. Gli amministratori devono sentirsi responsabili di un eventuale (facciamo gli scongiuri) incidente più grave. Viviamo con una spada di Damocle che oscilla sulla nostra testa. E se gli amministratori di un tempo hanno sbagliato non prevedendo tutto questo, quelli di oggi potrebbero almeno riparare. Sbagliare è umano, ma perseverare è diabolico. Da parte nostra — prosegue l'ammiraglio — si aspettino battaglia. Non rimarremo con le mani in mano. Innanzitutto domani in occasione dell'incontro con la Regione per definire la zona ad alto rischio ambientale chiederemo con forza che le cisterne vengano spostate al più presto, in previsione di una totale delocalizzazione. Chiediamo la collaborazione di tutti i falconaresi». Non meno agguerrito Alfredo Campanelli del Comitato di Villanova che aggiunge:«Questo incidente è un'ulteriore dimostrazione del fatto che le cisterne non possono stare nel cono di atterraggio degli aerei. L'amministrazione locale non può continuare a consentire questo tranquillizzandoci con un piano di emergenza fasullo che non ci preserva dai pericoli. Ci organizzeremo di nuovo e prenderemo posizione contro tutto questo. Vogliamo la totale delocalizzazione dell'Api». Claudia Pasquini

«E' andata ancora bene Ma l'Api deve andarsene»

FALCONARA — «L'incidente accaduto ieri al Piper dimostra l'attendibilità dei progetti e delle preoccupazioni della nostra amministrazione». Commenta così quanto accaduto ieri il primo cittadino di Falconara Giancarlo Carletti. «Questa amministrazione — continua il sindaco — ha sempre preferito seguire la strada della sicurezza. Ciò significa lo sfollamento delle aree interessate dai rischi maggiori. A questo tende il piano regolatore approvato un mese fa. E' prevista la riconversione dell'area con scadenze a breve, medio e lungo termine. Nel prossimo futuro la zona si configurerà in modo diverso anche se naturalmente cercheremo si salvaguardare tutti gli interessi della territorio. Tra i progetti a breve termine come abbiamo detto più volte, ci sono la realizzazione di tutti gli strumenti utili per la sicurezza interna ed esterna all'area della raffineria. Ricordiamo inoltre — conclude Carletti — che non ci faremo attendere a lungo. Molti progetti sono già in cantiere e verranno realizzati al più presto». Nel primo pomeriggio di ieri intanto un comunicato stampa inviato dal Centro informazioni per le emergenze e le attività comunali informava tutta la cittadinanza che la situazione era sotto controllo. «L'incidente — recitava la nota -. non ha coinvolto nessuna persona o cosa. Anche la viabilità non ha subito variazioni. Pertanto si rassicurano i cittadini che non vi sono danni di alcun tipo. Le autorità sono sul posto e la situazione è sotto controllo». Sin dal suo insediamento la giunta Carletti si batte per avere più sicurezza, ma nonostante questo i pericoli restano e la popolazione non si sente al sicuro. Nei prossimi giorni il dibattito sarà sicuramente serrato.

«L'incidente dimostra quanto siano vere le preoccupazioni di questo Comune»

FALCONARA — «Siamo di fronte a tragedie incombenti e annunciate. La raffineria Api deve lasciare il territorio». Maurizio Pieroni, capogruppo dei Verdi al senato, non usa mezzi termini per denunciare, ancora una volta, la pericolosità della raffineria di petrolio a due passi dall'aeroporto, dai quartieri di Viallanova e Fiumesino, dalla caserma e da tutte altre aziende che gravitano nella zona. L'incidente del Piper Senec PA 32, è solo una delle tante gocce che già da molto tempo ha fatto traboccare il vaso delle polemiche e dell'insofferenza dei falconaresi. «La battaglia dei verdi - aggiunge il senatore Pieroni - prosegue con questo obiettivo, tutto il resto sono chiacchiere». Anche la delegazione regionale del Wwf non ha voluto aspettare per commentare quanto accaduto a Falconara e parla di «scampato pericolo». «Devono essere ancora accertate le cause della caduta dell'aereo - scrive l'associazione ambientalista - ma per il Wwf si tratta dell'ennesima conferma del rischio potenziale rappresentato dalla presenza della raffineria nel contesto territoriale della Bassa Vallesina, dove si concentrano importanti infrastrutture per la comunicazione ed il trasporto». Per Luigi Conte, Elena Tanzarella ed Alessia Cerioni, del gruppo di Forza Italia in consiglio comunale a Falconara, «ormai non c'è più bisogno di fare nessun commento o nessuna protesta». «I fatti parlano da soli - sottolineano - e che cosa è cambiato dal 25 agosto? Non solo i cittadini di Falconara continuano a convivere con l'inquinamento costante che ci uccide lentamente, ma anche con una bomba che può scoppiare da un momento all'altro. Verificare le responsabilità di chi ha permesso la realizzazione di tale pericolosa situazione».

Sono usciti da soli dall'aereo ridotto a un ammasso di lamiere

Guariranno tutti entro 20 e 40 giorni quattro dei cinque componenti dell'equipaggio del Piper Senac PA 32. Tre sono stati ricoverati nell'ospedale di Torrette mentre un altro è stato accompagnato in quello di Senigallia. Nell'impatto, hanno tutti riportato fratture agli arti e contusioni varie ma, vista la gravità dell'incidente, le conseguenze, per loro, sono state fortunatamente contenute. Chi li ha soccorsi, ovvero i dipendenti del depuratore Vallechiara, ha raccontato di averli visti uscire dall'abitacolo del velivolo con le proprie gambe. Barcollanti, sotto schock, ma da soli. Antonio Cardia, 49 anni, di Cagliari, come gli altri, ha subito la frattura di un piede, diversi traumi contusivi e un sospetto schiacciamento vertebrale. La prognosi rilasciata dai medici dell'ospedale di Torrette, è di 20 giorni. Peggio è andata, invece, ad Enrico Paolucci e Roberto Obrano trasportati insieme a Cardia al nosocomioregionale. A Obrano, 36 anni, è stata riscontrata una frattura vertebrale e ferite lacero contuse. La prognosi per lui è di 40 giorni. Paolucci, invece, 39 anni, ne è uscito con un ematoma al rene sinistro e una frattura vertebrale. Anche per lui la prognosi è di 40 giorni. E' andata meglio, invece, a Matteo Steri, ricoverato a Senigallia. Per lui solo un forte trauma alla spalla. E ieri, infatti, era l'unico in grado di aiutare gli investigatori a ricostruire come sono andate effettivamente le cose. La chiamata alla centrale operativa del 118 è giunta subito dopo. Sul posto sono arrivate 5 ambulanze, di cui 3 dall'azienda ospedaliera Umberto I e 2 dal distaccamento della Croce gialla di Falconara. Il capocontrollo dell'aeroclub di Cagliari, al momento del decollo del Piper dalla Sardegna, ha riferito di aver scambiato alcune battute con Cardia, il quale sembra abbia risposto che tutto andava bene e che dai controlli eseguiti non c'era alcun problema.

 
UNIONE SARDA
L' incidente di ieri mattina ripropone il grave problema della sicurezza della raffineria Api di Falconara Marittima a poche centinaia di metri dalla pista dell'aeroporto "Raffaello Snazio". La raffineria è stata già teatro lo scorso agosto di un tragico incendio in cui persero la vita due operai e che mise a rischio i popolosi quartieri adiacenti. Da più parti - associazioni ambientaliste, amministratori regionali, parlamentari, come il senatore Verde Pieroni, è stata chiesta la sua chiusura. Ieri sera è stata di nuovo sollevata la questione della sua incompatibilità col territorio e la necessità della dismissione.

Tragedia nella nebbia

Il pilota di Quartu ferito assieme ad altri tre passeggeri sardi del Piper

Aereo si schianta, muore un operaio di Seneghe

Un capocantiere di Seneghe è morto e altri quattro passeggeri sardi sono rimasti feriti a bordo di un Piper che ieri mattina ha sbagliato l'atterraggio a causa della nebbia. La tragedia è avvenuta a Falconara, nelle Marche. La vittima, Salvatore Manunza, 43 anni, risiedeva a Quartu. Il velivolo, un Piper PA 34, era decollato alle 9,50 dall'aeroporto di Elmas. Ai comandi Antonio Cardia, 49 anni, imprenditore quartese, affittuario dell'aereo; a bordo con lui - oltre a Salvatore Manunza - il giovane genero Matteo Steri, 21 anni, il rappresentante di commercio Roberto Obrano, 36 anni, entrambi asseminesi; l'ingegnere Enrico Paolucci, 39 anni, di Domusnovas. Il gruppo si recava a Senigallia per concludere l'acquisto di alcuni escavatori. La sciagura è maturata intorno alle 12, 20 al momento di atterrare al «Raffaello Sanzio» di Falconara. Sulla zona gravava una fitta nebbia, la visibilità era molto ridotta. Non è ancora chiaro se la torre di controllo abbia autorizzato l'atterraggio o se abbia consigliato ad Antonio Cardia di dirigersi su Rimini. Fatto sta che il pilota, appassionato di volo e certamente esperto, ha mancato la pista di circa due miglia. Il bimotore ha toccato terra su un campo, poi ha proseguito la corsa, andando a disintegrarsi sulle lamiere della baracca di un canile. Una trave ha colpito alla gola Salvatore Manunza, uccidendolo. Gli altri quattro amici sono rimasti feriti in maniera non grave e sono riusciti ad uscire con le proprie gambe dal relitto. L'incidente avrebbe potuto avere conseguenze ancora più tragiche perché il Piper ha terminato la sua folle corsa a pochi metri da una raffineria dell'Api. I quattro feriti sono stati ricoverati nell'ospedale di Ancona. Per loro i medici hanno diagnosticato dai 20 ai 40 giorni di cure. Due le inchieste aperte per accertare la dinamica dell'incidente, una da polizia e carabinieri, l'altra dal ministero dei trasporti.

Tragico schianto in mezzo alla nebbia

Una vittima e quattro feriti nell'aereo fuori pista partito da Elmas

Tore Manunza, capocantiere in una cava di Quartucciu, ha perso la vita nel "Piper" distrutto a Falconara

Uno schianto nella nebbia, la tragedia. Fra le lamiere contorte di un aereo finito fuori pista, un corpo senza vita e quattro feriti. Si è chiuso così il volo Elmas-Falconara del Piper Senca Ilagy PA34. Visibilità pessima, atterraggio di fortuna due miglia lontano dal tracciato dell'aeroporto "Raffaello Sanzio" a un soffio da una grossa raffineria Api. Il bimotore che scivola impazzito su un campo, poi si disintegra sulle lamiere di una baracca di un canile. Volano pezzi dappertutto e una trave trafigge mortalmente la gola di Salvatore Manunza, 43 anni, di Seneghe, da anni residente a Quartu. Va meglio agli altri passeggeri e al pilota: sono feriti ma riescono a uscire con le proprie gambe da ciò che resta del velivolo. Sono Antonio Cardia, 49 anni, imprenditore quartese, affittuario del Piper e pilota, il suo giovane genero Matteo Steri, 21 anni di Assemini, Roberto Obrano, 36 anni, rappresentante di commercio di Assemini e l'ingegnere Enrico Paolucci, 39 anni di Domusnovas. Saranno le ambulanze dei vigili del fuoco a portarli verso gli ospedali della vicina Ancona dove i medici diagnosticheranno per loro dai 20 ai 40 giorni di cure. Ma se ci vorranno due mesi per ricomporre le fratture, servirà molto di più per rimarginare il tremendo ricordo di una tragedia che poteva finire molto peggio. Solo per poche centinaia di metri l'aereo non si è schiantato sui depositi di carburante della raffineria Api. Un miracolo ha evitato che si scatennasse un inferno di fuoco: la pazza corsa è stata frenata dalle reti metalliche di recinzione del confinante depuratore comunale.

Tutto è cominciato ieri mattina all'aeroporto di Elmas. Come spiegano gli addetti dell'Ufficio controllo traffico, l'Ilagy PA34 lascia la pista alle 9,49 in punto. Alla guida del bimotore c'è Antonio Cardia, che aveva preso in affitto da 6 mesi il velivolo "varato" dalle officine Piper Aircraft Company il 2 luglio del 1987. Cardia è un grosso imprenditore con ramificate attività, a bordo c'è il suo staff di fiducia che segue l'attività estrattiva di una cava di Quartucciu. Sono il capo cantiere Manunza, l'ingegnere Paolucci, il genero Steri più Obrano, rappresentante per il Cagliaritano di una ditta di movimento terra di Senigallia, la Comar. Vanno a Senigallia a concludere l'acquisto di grossi escavatori.

Il piano di volo prevede che il Piper debba toccare la pista del "Raffaello Sanzio" dopo due ore e trenta di volo dal decollo. Sono circa le 12,20 quando il velivolo sorvola Falconara. Ma la fase di atterraggio subisce un ritardo. La nebbia è fittissima tanto che la torre di controllo pochi minuti prima aveva dirottato sull'aeroporto di Rimini un volo in arrivo da Monaco. Per il bimotore in partenza da Elmas, invece, secondo la prima ricostruzione dei fatti, non ci sono contrordini, solo un invito alla prudenza. Viene indicata la pista 22 per l'atterraggio e impartito un consiglio: se ci sono difficoltà dare subito gas. Ma c'è una seconda versione dei fatti, sostenuta da Fioravante Sbragi della società che ha affittato il Piper e riportata dall'Ansa secondo cui è Cardia a intestardirsi per atterrare a Falconara e non a Rimini.

Pare (l'aspetto è ancora al vaglio) che Cardia abbia tentato una prima discesa, poi lanciato l'allarme ai controllori del volo. Seguono due minuti di silenzio radio e subito dopo il botto.

Partono i soccorsi che si dirigono nell'area che divide l'aeroporto da una grossa raffineria dell'Api. In mezzo c'è un canile e il depuratore comunale. La parte frontale sfondata, la carlinga e le ali spezzate, parti meccaniche sparse in un raggio di 50 metri su un prato nell'area del depuratore. È questo lo scenario che si presenta ai soccorritori. Medici e infermieri di pronto intervento non possono che constatare la morte di Manunza. È stato sfortunatissimo. Nel prendere terra, il velivolo si è infilato nel cortile del canile e si è schiantato su una casupola. Qui un paletto si è conficcato nella gola del capo cantiere. Ma la folle corsa è proseguita sino oltre i confini in rete metallica del depuratore comunale. Ancora difficile stabilire le esatte cause dell'incidente, forse una manovra sbagliata per colpa della nebbia. Due le indagini: una coordinata dal pm Pucilli e un'altra del ministero dei Trasporti. Secondo le prime indagini della magistratura, in passato un altro Piper di Cardia era precipitato in atterraggio a Serdiana.

Il proprietario del Piper: «Atterraggio impossibile»

Secondo Fioravante Sbragi la nebbia era troppo fitta

«Tentare la manovra di atterraggio con quelle condizioni meteorologiche, soprattutto se pensiamo alla fitta nebbia che nascondeva la pista in quel momento, è stato certamente un errore. Secondo me, si è trattato di un atto di coraggio fuori luogo da parte del pilota». É quanto ha dichiarato all'Ansa il comandante Fioravante Sbragi, titolare della società di noleggio e aerotaxi "Cga" di Genova, proprietaria del bimotore caduto stamane nei pressi dell'aeroporto di Falconara Marittima, causando un morto e quattro feriti. Ieri pomeriggio, quando ha appreso della sciagura, Sbragi ha rivelato che il pilota (l'imprenditore Antonio Cardia) aveva a noleggio il velivolo della "Cga" da circa sei, sette mesi. «Per quanto mi riguarda, posso assicurare che il Piper era perfettamente funzionante: la nostra società svolge regolarmente la manutenzione periodica di tutti i velivoli, come prescrive la legge». Il titolare della società di noleggio e aerotaxi insiste sulle pessime condizioni meteorologiche, che a suo dire sono la causa principale della sciagura di ieri. «Il fatto è che, al momento dell'atterraggio, in quella zona la visibilità longitudinale era compresa tra i cento e i trecento metri, mentre la visibilità verticale era intorno ai sessanta metri. Sulla base della mia esperienza, sono condizioni impossibili per un aereo come quello». Secondo il comandante Fioravante Sbragi, nelle ore precedenti la tragedia i piloti degli altri velivoli hanno preferito rinunciare alla manovra di atterraggio e si sono diretti verso la pista dell'aeroporto di Rimini. «Antonio Cardia», riferisce lo stesso Sbragi, «ha invece voluto atterrare a tutti i costi a Falconara marittima, s'è abbassato troppo ed è accaduta la sciagura. É stato un atto di incoscienza grave», conclude il titolare della società proprietaria del Piper, «anche tenendo conto che il velivolo non era equipaggiato con gli strumenti adatti all'atterraggio in condizioni di nebbia e non aveva ancora accumulato molte ore di volo. A tutti dispiace rinunciare a toccare terra nella località prescelta ed essere costretti a tornare indietro, questo è senz'altro comprensibile. Però non dobbiamo dimenticare che, durante il volo, è possibile affrontare le nubi, anche la pioggia, ma non certamente la nebbia. Con la nebbia non si scherza».

 
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