LETTERA

 

In margine ad un’assemblea pubblica

Dopo l’ennesimo sversamento di idrocarburi in mare da parte di quel colabrodo chiamato Api, ci sono state alcune (modeste) prese di posizione. Un’iniziativa concreta l’avevano proposta i Centri sociali che, ben pubblicizzata sulla spiaggia falconarese, dava appuntamento domenica 29 luglio al Parco del Cormorano per un’assemblea pubblica dove, così pareva, si sarebbe discusso sull’incompatibilità ambientale di quell’azienda.

     Convinto di assistere a qualcosa che finalmente avesse la parvenza di un inizio di protesta organizzata, mi sono recato a piedi fino al luogo del convegno.

     Non c’è altra cosa come il camminare annusando l’aria che sa di petrolio, con il ronzio nelle orecchie dell’impianto petrolifero per indurre a riflettere. Poi l’arrivo al parco, in questa oasi di verde dove tante volte negli anni appena trascorsi avevo assistito a spettacoli importanti che avevano finalmente visto la gente falconarese riappropriarsi della propria vita, della propria libertà e, soprattutto, del proprio territorio. Questi erano i sentimenti propositivi che mi accompagnavano sotto l’ampio e stupendo tendone.

     Ma ahimè, la delusione subentrò subito all’entusiasmo. Perché? Una semplice equazione: pensavo cioè a quanti abitanti contasse Falconara. Credo ventottomila o giù di lì. Quindi poiché tutti interessati al problema Api (bastava frequentare la spiaggia in quei giorni) era prevedibile la partecipazione di almeno l’1 per cento. Va bene, ho esagerato, riduciamo e facciamo l’1 per mille. Macché, ci siamo ritrovati in meno di cento persone. E i discorsi che si sono dipanati andavano dalla critica alla passata amministrazione, alla giustificazione delle dimissioni di un assessore, al concetto di ambiente che i “verdi” portano avanti (molto inconcludentemente per la verità), al problema cave, alla quadrilatero, al Nodalmolin, alla Tav, alla Pav…

     Solo l’intervento iniziale di Loris Calcina sembrava poter dare il via ad una discussione approfondita sul problema per cui eravamo lì (almeno così io avevo creduto): ovvero della permanenza su questo territorio di una raffineria inquinata e inquinante e della tragica prospettiva della costruzione di due nuove centrali  a gas.

     Nel discorrere di Calcina non potevo non riconoscere il pessimismo di chi, impegnato da anni in una lotta senza quartiere, non vede immediate prospettive poiché l’Api non solo aveva fagocitato il territorio ma anche le coscienze stesse di tanta massa di falconaresi consapevoli sì del pericolo, ma rassegnati e per di più incoscienti (“Siamo diventati grandi con il catrame”, diceva un bagnino alle proteste dei bagnanti).

     In un’assemblea si può certamente parlare di tutto ma si finisce inevitabilmente col parlare di niente. Perché se era pur vero che le tematiche messe in discussione erano senz’altro importanti, purtuttavia il problema per cui lì eravamo convenuti pareva a me fosse proprio l’incompatibilità ambientale della raffineria Api.

     Certo, i primi interventi (quelli a cui ho assistito) hanno svelato alcune cose: quale per esempio che l’attuale amministrazione comunale di Falconara avrebbe certamente potuto acquisire la Squadra Rialzo. Se questa cosa era a conoscenza di assessori, consiglieri e quant’altri già dall’anno passato perché allora non si è mobilitata la cittadinanza tutta o non si è fatto presidio davanti al Comune, o, ancora, non si è predisposta un’informazione certa, con intervento in piazza? Solo ora si è venuti a conoscenza di questo retroscena.

     Tornando alla raffineria e vista la scarsa partecipazione dei falconaresi e men che mai di quella di qualche politico o amministratore pubblico (ma davvero costoro vivono in un altro paese?) avrei voluto portare qualche proposta: per esempio, perché mai un’assemblea pubblica non fosse possibile tenerla direttamente sulla spiaggia interessata dallo sversamento Api. Non ci vogliono né autorizzazioni né contributi di denaro, solo la volontà di discutere e di coinvolgere il più possibile la gente. Un altro esempio: perché non predisporre uno striscione da appendere sulla cancellata Api e un altro in piazza Mazzini. Perché non portare una mostra fotografica nella Sala del mercato considerando che quella sala, nata veramente per la cultura (attualmente maltenuta e degradata), viene ora concessa in modo strampalato e usata, è il termine giusto, con rovinio di muri e di arredi. E visto che i giovani del Centro sociale si sono sobbarcati le notti in tenda a custodia della loro manifestazione, mi domando allora perché non sia possibile predisporre una tenda di protesta in piazza Mazzini dove, di volta in volta, si possano tenere conferenze e soprattutto organizzare un’informazione capillare sulle vicende Api dato che stampa e televisione, su questo argomento, si sono dimostrati ‘ciechi’, quando addirittura non conniventi.

     E ancora, perché non produrre un numero straordinario del ‘Paguro’ sull’intera vicenda dei tre sversamenti Api di quest’anno (il blog è importante, ma quanti mai saranno coloro che usano le nuove tecnologie?); perché non cercare di costruire un libro bianco sulle malefatte passate e future dell’API; perché non portare a conoscenza dell’opinione pubblica gli studi fatti nel recente passato sul tentativo dell’indagine epidemiologica, su quelli della dismissione della raffineria; perché non organizzare una tavola rotonda sul problema invitando politici, sindacalisti, amministratori vecchi e nuovi per un confronto costruttivo che non veda più lo scaricabarile di cui siamo stati testimoni in questi mesi. E infine perché non conoscere, attraverso un questionario, il pensiero dei falconaresi sulla permanenza di questa bomba a orologeria rappresentata dall’Api, coinvolgendo in questa azione anche gli stessi dipendenti, di cui non si sa mai niente, i quali avrebbero almeno l’obbligo morale di dire quale situazione si viva dentro la raffineria.

     Davvero tutto questo è impossibile? Se ciò fosse vorrebbe veramente dire che l’Api non solo ha comperato le coscienze, non solo ha fagocitato il territorio, ma addirittura ha comperato l’anima dei falconaresi. E forse quest’ultima analisi è quella vera, se solo si pensa che durante i giorni dell’inquinamento in mare i giornali locali uscivano con in prima pagina la pubblicità Api, una scritta gialla in campo nero, nero come il petrolio, nero come il catrame, nero come il mare. Avete allora capito perché la benzina Api è la più cara sul mercato nazionale?

Athos Geminiani

 
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