Rispetto alla richiesta dei Sindacati di
rinnovare la concessione API e al loro riferimento ai programmi
elettorali che non prevedevano la dismissione dell’API vorrei precisare
che oltre alle promesse elettorali, che pur sono state fatte, se
l’amministrare ha un senso, molto più valore e forza hanno gli atti dei
Consigli e delle Giunte di Regione, Provincia e Comune che hanno
deliberato l’incompatibilità dell’API con il territorio e che hanno
richiesto con forza di non rinnovare la concessione API dopo il 2008,
inserendolo nei piani regolatori (PIT, PTC e PRG). Tali atti non sono
promesse elettorali, non decadono con una nuova legislatura, né cambiano
a seconda del vento che tira. Quindi pur riconoscendo una serie di
ritardi, forse voluti, nello studio delle alternative occupazionali e
strategiche all’API (energia, depositi ecc.) non si può andare al
rinnovo fino al 2020 (medio-lungo periodo) senza prevedere il percorso
della bonifica e della dismissione. Un rinnovo con sole prescrizioni è
possibile nel breve-medio periodo al massimo fino al 2013 con la
certezza di un ultimo rinnovo dal 2013 al 2020 per iniziare la
dismissione e l’attivazione progressiva della riconversione dell’area.
In tale periodo si potrebbe concordare con l’azienda API la
riconversione delle sue attività all’interno della Regione Marche nella
produzione di energia con fonti rinnovabili e non ed in altri campi, ma
sempre dismettendo il sito di Falconara che ritornerebbe al territorio
per un uso eco-compatibile più consono alla collocazione cittadina e
legato alle vocazioni ambientali (turismo) e territoriali (terziario
avanzato, fieristico, aeroporto, porto ecc.). Con questo percorso gli
Enti Locali riprenderebbero il ruolo di programmazione che gli è
proprio, il lavoratore e l’impresa sarebbero garantiti, l’area ad
elevato rischio ambientale di Ancona, Falconara e della Bassa Valle
Esina si avvierebbe verso la strada del risanamento. Ma sarebbe troppo
sensato; sta invece prendendo corpo una scelta dettata dalla paura dei
politici di programmare e di perdere voti, dei sindacati di prevedere
forme diverse di sviluppo occupazionale e dell’API di riconvertire le
sue attività in maniera più adeguata all’economia di questo nuovo
millennio.
L’Assessore Provinciale
Massimo Binci |