tratto dal sito
www.nonsoloaria.com
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CARATTERISTICHE
Normalmente gli
ossidi di zolfo presenti in atmosfera sono l’anidride solforosa
(SO2) e l’anidride solforica (SO3); questi composti vengono anche
indicati con il termine comune SOx.
L’anidride solforosa o biossido di
zolfo è un gas incolore, irritante, non infiammabile, molto
solubile in acqua e dall’odore pungente. Dato che è più pesante
dell’aria tende a stratificarsi nelle zone più basse. Rappresenta
l’inquinante atmosferico per eccellenza essendo il più diffuso,
uno dei più aggressivi e pericolosi e di gran lunga quello più
studiato ed emesso in maggior quantità dalle sorgenti
antropogeniche.
Deriva dalla ossidazione dello
zolfo nel corso dei processi di combustione delle sostanze che
contengono questo elemento sia come impurezza (come i combustibili
fossili) che come costituente fondamentale.
Dall’ossidazione dell’anidride
solforosa si origina l’anidride solforica o triossido di zolfo che
reagendo con l’acqua, sia liquida che allo stato di vapore,
origina rapidamente l’acido solforico, responsabile in gran parte
del fenomeno delle piogge acide. Dato che la reazione di
ossidazione che conduce alla formazione dell’anidride solforica è
molto lenta, e data la reattività di questo composto con l’acqua,
in genere la concentrazione del triossido di zolfo varia fra l’1 e
il 5% della concentrazione del biossido di zolfo (che viene
considerato l’inquinante di riferimento). |
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FONTI INQUINANTI
Le emissioni naturali
di biossido di zolfo sono principalmente dovute all’attività
vulcanica (circa 20 milioni di tonnellate l’anno). Le emissioni
antropogeniche rappresentano più di 150 milioni di tonnellate
all’anno e sono dovute principalmente ai processi di combustione
dei combustibili fossili e liquidi (carbone, petrolio, gasolio);
oltre il 90% del biossido di zolfo viene prodotto nell’emisfero
Nord. Il carbon fossile ha un contenuto di zolfo che varia dallo
0,1 al 6% e il petrolio greggio dallo 0,05 al 4,5%. Oltre il 90%
dello zolfo presente nel combustibile viene trasformato in
biossido di zolfo (lo 0,5-2% viene trasformato in anidride
solforica ed il resto rimane nelle ceneri sotto forrma di
solfati).
Rilevanti sono anche le emissioni
nei processi di produzione dell’acido solforico, nella lavorazione
di molte materie plastiche, nella desolforazione dei gas naturali,
nell’arrostimento delle piriti, nell’incenerimento dei rifiuti;
l’apporto inquinante dato dalle emissioni dei mezzi di trasporto
appare invece trascurabile. L’emissione di biossido di zolfo in
Italia è approssimativamente dovuta per il 5% al riscaldamento
domestico, per il 40% ai processi industriali comprese le
combustioni e per il 50% alla produzione di energia elettrica ad
opera delle centrali termoelettriche; assieme le altre sorgenti
contribuiscono per un valore pari al 5%. Da notare che i
combustibili a basso tenore di zolfo non sono facilmente
disponibili e i processi di desolforazione sono costosi. Solo una
maggiore sensibilizzazione dell’opinione pubblica sul problema
delle piogge acide negli ultimi anni, sembra stia spingendo verso
interventi nel settore. |
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DIFFUSIONE
La concentrazione di
fondo è stata valutata attorno a 0,2-0,5 µg/mc, mentre nelle aree
urbane si possono raggiungere i 50 µg/mc; nelle grandi città
industrializzate ed in via di sviluppo vengono spesso rilevati
anche livelli di 300 µg/mc (dati dell’Organizzazione Mondiale
della Sanità, 1998). Il biossido di zolfo permane in atmosfera per
1-4 giorni subendo reazioni di trasformazione e principalmente
l’ossidazione ad acido solforico che ricade in forma di nebbie o
piogge acide. Gli ossidi di zolfo di notte vengono anche assorbiti
dalle goccioline di acqua presenti nell’aria dando origine ad un
aerosol che determina una foschia mattutina.
A causa della grande reattività del
biossido di zolfo, le concentrazioni negli ambienti interni sono
generalmente molto basse (almeno la metà di quelle esterne).
Inoltre nei mesi invernali, quando il livello di concentrazione
all’esterno tende ad aumentare per effetto del maggior utilizzo
del riscaldamento domestico, le abitazioni restano chiuse per il
freddo e pertanto la concentrazione indoor risulta più contenuta.
Nelle abitazioni sono inoltre presenti numerose sostanze ed
oggetti che assorbono il biossido di zolfo (oggetti in pelle,
coperte di lana) e contribuiscono a diminuire la concentrazione
dell’inquinante. Una precauzione da osservare durante gli episodi
acuti di smog è infatti quella di rimanere chiusi nelle
abitazioni. Nel corso degli ultimi anni, a causa degli interventi
che sono stati adottati per il miglioramento della qualità dei
combustibili e per la diffusione della metanizzazione degli
impianti di riscaldamento, l’emissione degli ossidi di zolfo nelle
aree urbane dei Paesi Occidentali si è notevolmente ridotta, per
cui l’importanza del biossido di zolfo come inquinante è
leggermente diminuita (almeno nei centri abitati). |
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EFFETTI SULL'UOMO
Per l’elevata
solubilità in acqua il biossido di zolfo viene facilmente
assorbito dalle mucose del naso e del tratto superiore
dell’apparato respiratorio (questo rappresenta una fortuna dato
che solo quantità molto ridotte possono raggiungere gli alveoli
polmonari). L’alta reattività lo rende un composto estremamente
irritante. E’ stato comunque notato un effetto sinergico con le
polveri sospese per la capacità che queste hanno di veicolare gli
inquinanti nelle zone più profonde dell’apparato respiratorio. A
basse concentrazioni gli effetti del biossido di zolfo sono
principalmente legati a patologie dell’apparato respiratorio come
bronchiti, asma e tracheiti e ad irritazioni della pelle, degli
occhi e delle mucose.
Analisi epidemiologiche hanno
evidenziato un aumento dei ricoveri ospedalieri, specie di anziani
e bambini, a concentrazioni superiori a 0,3 mg/mc. Già a
concentrazioni di 0,06 mg/mc come valore medio annuale si
verificano episodi di bronchite e infezioni alle prime vie
respiratorie. Il caratteristico odore pungente del biossido di
zolfo viene percepito dal naso alla concentrazione di 0,8-2,6 mg/mc.
A questi livelli bisogna infilare la maschera antigas o,
trattenendo il respiro, raggiungere una zona non contaminata. Per
brevi periodi, in assenza di maschera, ci si può proteggere anche
tenendo sul naso e sulla bocca un panno umido. Brevi esposizioni
di 10’ a concentrazioni di 3 mg/mc provocano un aumento del ritmo
respiratorio e del battito cardiaco; concentrazioni di 25 mg/mc
provocano irritazioni agli occhi, al naso ed alla gola, oltre ad
un aumento della frequenza cardiaca. Concentrazioni maggiori di 5
g/mc producono asfissia tossica con morte per collasso
cardiocircolatorio. |
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EFFETTI SULL'AMBIENTE
L’azione principale
operata ai danni dell’ambiente da parte degli ossidi di zolfo
consiste nell’acidificazione delle precipitazioni meteorologiche
con la conseguente compromissione dell’equilibrio degli ecosistemi
interessati. Gli effetti corrosivi dell’acido solforico si
riscontrano anche sui materiali da costruzione, sui metalli e
sulle vernici. L’acido solforico trasforma i carbonati insolubili
dei monumenti e delle opere d’arte in solfati solubili che vengono
dilavati per azione della pioggia. (Per maggiori informazioni
consiglio di fare riferimento alla parte del sito che tratta delle
piogge acide).
Il biossido di zolfo a basse
concentrazioni provoca un rallentamento nella crescita delle
piante, mentre ad alte concentrazione ne provoca la morte
alterandone la fisiologia in modo irreparabile. Nelle foglie il
biossido di zolfo viene trasformato in acido solforoso e solfiti,
da questi per ossidazione si generano i solfati (la forma in cui
lo zolfo viene metabolizzato nelle piante). Quando il livello di
anidride solforosa nell’aria diviene insostenibile, nelle foglie
si accumulano inutilizzati i solfiti che ad alta concentrazione
causano la distruzione della clorofilla, il collasso delle cellule
e la necrosi dei tessuti. Le foglie presentano fra i margini e le
nervature delle aree irregolari di colore bianco, giallo o
marrone, che presentano necrosi; negli aghi delle conifere diviene
marrone l’apice delle foglie. Questi effetti aumentano quando si è
in presenza di un’umidità relativa elevata, vi sono alte
temperature, c’è un’intensa luminosità ed anche nel caso in cui le
piante siano vecchie. L’effetto di una esposizione prolungata a
concentrazioni di anidride solforosa incapaci di causare sintomi
evidenti è più difficile da rilevare: consiste in una serie di
alterazioni fisiologiche fra le quali la riduzione della crescita
e della riproduzione e la senescenza anticipata. L’effetto sulle
piante è particolarmente accentuato quando l’anidride solforosa si
trova in presenza di ozono (sinergismo).
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LEGGI
Il DPR n. 203 del 24
maggio 1988 fissa i valori limite per il biossido di zolfo: la
mediana delle concentrazioni medie nelle 24 ore rilevate nell’arco
di un anno ha il valore limite pari a 80 µg/mc; il 98° percentile
delle concentrazioni medie nelle 24 ore rilevate nell’arco di un
anno ha il valore limite pari a 250 µg/mc; la mediana delle
concentrazioni medie nelle 24 ore rilevate durante il semestre
invernale (1 ott.-31 mar.) ha il valore limite pari a 130 µg/mc.
Il DPR n. 203 prevede anche dei valori guida per il biossido di
zolfo: la media aritmetica delle concentrazioni medie nelle 24 ore
rilevate nell'arco di 1 anno ha il valore guida di 40-60 µg/mc; il
valore medio nelle 24 ore ha il valore guida di 100-150 µg/mc.
Il Decreto Ministeriale 25/11/94
fissa inoltre il livello di attenzione ed il livello di allarme
per quanto riguarda il biossido di zolfo nelle aree urbane:
considerando la media delle medie orarie rilevate nell'arco di 24
ore il livello di attenzione è fissato in 125 µg/mc, mentre il
livello di allarme è posto a 250 µg/mc.
Il Decreto Ministeriale n.60 del
02-04-2002 va ad abrogare in parte le leggi precedenti. Emanato
per ottemperare alle Direttive Europee, pone come valore limite
orario 350 µg/mc (da raggiungere entro il 2005), come limite
giornaliero 125 µg/mc (anche questo da raggiungere entro il 2005)
e come limite annuale per la protezione della vegetazione 20 µg/mc.
La soglia di allarme è di 500 µg/mc.
Il limite di sicurezza per i
lavoratori esposti al biossido di zolfo, come TLV-TWA, è di 2 ppm,
pari a 5,2 mg/mc; come TLV-STEL è di 5 ppm, pari a 13 mg/mc
(limiti indicati dall’ACGIH, American Conference of Governmental
Industrial Hygienists).
NB: I livelli di attenzione sono
definiti come le concentrazioni di inquinanti atmosferici che
determinano lo stato di attenzione, cioè una situazione di
inquinamento atmosferico che, se persistente, determina il rischio
di raggiungere lo stato d’allarme. Lo stato di allarme è definito
come uno stato suscettibile di determinare una condizione di
rischio ambientale e sanitario. Gli stati di attenzione o di
allarme si raggiungono quando, al termine di un ciclo di
monitoraggio, si rileva il superamento, per uno o più inquinanti,
del livello di attenzione o di allarme. Quando questi livelli
vengono raggiunti scatta una serie di provvedimenti finalizzata
alla difesa della popolazione da eventuali esposizioni a rischio.
Denominazione del valore di riferimento |
Tipo di dato |
Unità di
misura |
Valore
limite |
Max superamenti annuali |
Valore Limite
|
Media oraria |
µg/mc |
<= 350 |
24 |
tra
Valore Limite e
Valore Limite +
Margine di Tolleranza |
Media oraria |
µg/mc |
351
- 380 |
|
oltre il
Valore Limite +
Margine di Tolleranza |
Media oraria |
µg/mc |
> 380 |
|
Valore Limite
|
Media
giornaliera |
µg/mc |
125 |
3 |
|
|