Falconara, li 02/07/2003
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Al |
Ministero dell’Ambiente
e della Tutela del Territorio |
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Dipartimento per la
Protezione Ambientale |
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Direzione per la
Valutazione di Impatto Ambientale |
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Via Cristoforo Colombo
n°44, 00147 ROMA |
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Al |
Ministero per i Beni e
le Attività Culturali |
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Direzione Generale per i
Beni Architettonici ed il Paesaggio |
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Via di S. Michele n°22,
00153 ROMA |
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Alla |
Regione Marche |
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Assessorato Tutela e
Risanamento Ambientale – Ufficio VIA |
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Via Palestro n°19, 60100
ANCONA |
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Oggetto: |
PROCEDURA
DI VALUTAZIONE DI IMPATTO AMBIENTALE (V.I.A.) AI SENSI DEL DECRETO
LEGISLATIVO N°190 DEL 20-07-2002 SULLE OPERE
NODO DI FALCONARA E COLLEGAMENTO
ORTE - FALCONARA CON LA LINEA ADRIATICA (INFRASTRUTTURA STRATEGICA
DI INTERESSE NAZIONALE SECONDO L'ART. 1 DELLA LEGGE 21/12/2001 N.443
- LEGGE OBBIETTIVO). |
OSSERVAZIONI
AL
PROGETTO E STUDIO DI IMPATTO AMBIENTALE DEPOSITATI
Dall’esame dei documenti relativi allo
studio di impatto ambientale del progetto preliminare per il
collegamento della Orte-Falconara con la linea adriatica emergono una
serie di notevoli incongruenze e di gravi lacune che intendiamo esporre
in modo sintetico:
-
L’intervento appare in netto contrasto con gli obiettivi di
ammodernamento della rete dei trasporti ferroviari a scala
internazionale, ed in particolare con gli obiettivi del Corridoio
Adriatico.
Appare immotivata la scelta di spostare la linea adriatica per
by-passare la raffineria API.
Riprendendo quanto espresso nel documento
denominato “Quadro di Riferimento Programmatico” si evidenzia come
all’origine dell’esigenza di adeguare le linee ferroviarie di
interesse europeo è la “Decisione 94/106 del 7 aprile 94” adottata dal
Parlamento Europeo e dal Consiglio sugli orientamenti comunitari per
lo sviluppo della rete transeuropea dei trasporti (vedi pag.14 del
documento).
La Decisione, integrata con gli
emendamenti del 7 aprile 95, prevede impegni finanziari, in
particolare, per il “miglioramento tecnico della linea ferroviaria
dell’Adriatico”.
Questo “miglioramento tecnico”, come
precisato dal documento, è finalizzato a rendere il Corridoio
Adriatico “funzionale alle necessità internazionali europee nei
collegamenti nord-sud dell’intera comunità europea”.
Il Piano Generale dei Trasporti sottolinea
l’importanza dell’adeguamento delle caratteristiche geometriche e
funzionali per la realizzazione di due corridoi longitudinali
ferroviari (tirrenico e adriatico).
Gli studi preliminari per il Corridoio
Adriatico, ripresi dal Piano di Inquadramento Territoriale della
Regione Marche, dal Piano Provinciale dei Trasporti e dal Piano
Territoriale di Coordinamento della Provincia di Ancona, danno una
chiara risposta a questa esigenza di “miglioramento tecnico” con
l’ipotesi del cosiddetto “passante del Conero”, ovvero l’arretramento
della linea ferroviaria adriatica nel tratto dell’area urbana di
Ancona, al fine di rendere il tracciato ferroviario compatibile con le
percorrenze internazionali ad alta velocità.
Con la legge 443/2001 – Legge Obiettivo –
, come si legge a pag.16 del documento, sono stati previsti fondi per
la realizzazione di interventi di adeguamento dell’asse ferroviario
Bologna-Bari-Lecce-Taranto ed è stata confermata la priorità degli
interventi sulla Orte-Falconara. Tale priorità però riguarda
essenzialmente i contenuti dell’Intesa istituzionale di programma tra
Governo e Regione Marche, approvata dal CIPE il 21 aprile 99 (vedi pag.24
del documento) che prevede “il potenziamento della Orte-Falconara”
attraverso interventi di raddoppio delle linee.
E’ soltanto con la delibera CIPE del
21/12/2001 e con l’Intesa Generale Quadro dell’ottobre 2002, tra il
Ministero delle Infrastrutture e Trasporti e la Regione Marche che,
nell’ambito del tratto marchigiano dell’asse ferroviario
Bologna-Bari-Lacce-Taranto, si individua l’intervento denominato:
“Raccordo linea Falconara-Orte/Linea Adriatica e by-pass Api”.
Occorre a questo punto porsi due domande:
-
La soluzione individuata per raccordare
la linea Falconara-Orte con la Linea Adriatica, che comporta anche
una modifica della linea adriatica stessa, è compatibile con gli
obiettivi originari posti dall’Unione Europea per il “miglioramento
tecnico della linea ferroviaria dell’Adriatico”?
-
Come entra la questione API-ferrovia nel
programma per il miglioramento della linea ferroviaria adriatica? Ed
in base a quali valutazioni si è ritenuto che la soluzione della
questione API-ferrovia fosse perseguibile con uno spostamento della
linea adriatica?
Per rispondere alla domanda sulla coerenza
dell’intervento proposto con gli obiettivi europei di abilitare il
Corridoio Adriatico alle percorrenze transnazionali, è sufficiente
riferirsi a quanto riportato nel documento dello studio di impatto
ambientale a firma dell’Arch. Alessandro Bracchini, dove a pag.3 si
dichiara che il by-pass API “si sviluppa pertanto con tipologie in
rilevato ed in viadotto e con raggi di curvatura al limite dello
standard di velocità assegnato alla nuova linea”.
La variazione del tracciato della linea
adriatica rappresenta quindi un ulteriore rallentamento di
percorrenza, in totale contrasto con l’obiettivo del Corridoio
Adriatico di adeguare la linea alle esigenze di velocità di
percorrenza proprie del traffico internazionale !
La seconda domanda, quella relativa alla
questione API-ferrovia, impone una maggiore analisi dei documenti e
dei passaggi istituzionali.
A pag. 56 del documento denominato “Quadro
di riferimento programmatico”, firmato da Bonifica, si dichiara che la
variante alla linea adriatica di progetto, approvata dalla delibera
CIPE 21/12/2001, “ha il doppio scopo:
Rispetto a questa affermazione c’è da
osservare che:
-
entrambi gli scopi dichiarati non hanno
nulla a che fare con l’obiettivo di migliorare i tracciati
ferroviari sotto l’aspetto dell’efficienza trasportistica.
-
non si capisce in che modo lo
spostamento della linea ferroviaria possa “riqualificare e
recuperare a scala urbana una notevole area del territorio di
Falconara”, e d’altra parte lo stesso studio di impatto non
evidenzia alcuna potenzialità di “recupero e riqualificazione”, ma
semmai una notevole sequenza di impatti.
-
l’esigenza di eliminare i pericoli
derivanti dall’attuale attraversamento della ferrovia non appare
supportata da alcuna considerazione di ordine tecnico che individui
e quantifichi il rischio, né, tanto meno, da alcuno studio che
esponga quali soluzioni possono essere adottate per risolvere
l’eventuale rischio.
Alla data della delibera CIPE non erano
disponibili gli studi commissionati dalla Regione Marche all’ENEA per
la determinazione del rischio (e che comunque sono semplicemente
studi, non atti amministrativi) né le risoluzioni del CTR rispetto
allo studio di caratterizzazione fornito dall’API, relativamente
all’applicazione della legge Seveso bis (il CTR ha consegnato la
relazione nel novembre 2002, successivamente all’accordo Quadro
Ministero-Regione dell’ottobre 2002).
Eppure, sia lo studio ENEA che la
relazione CTR fanno riferimento allo spostamento della linea adriatica
come soluzione già sul campo, senza curarsi quindi di approfondire
l’argomento o trovare altre soluzioni alternative e forse anche
migliorative.
La stessa relazione del CTR evidenzia come
il rischio ferrovia-API sia mitigabile, senza quindi la necessità di
spostare la linea.
In altri termini, si assiste allo strano
paradosso per cui il by-pass API non scaturisce dagli studi sul
rischio industriale come risposta tecnica al problema individuato, ma
è “accettato” come soluzione nata da programmi di carattere
trasportistico che nulla hanno a che fare, sia in termini di
competenza che di interesse, con le questioni relative al rischio
industriale.
Quindi si riscontra la sostanziale
immotivazione della scelta di spostare la linea ferroviaria per
by-passare la raffineria.
-
L’intervento appare in contrasto con gli strumenti di Pianificazione
provinciale e regionale
Il Piano di Inquadramento Territoriale
della Regione Marche richiama espressamente il “passante del Conero”
individuato nell’ambito degli studi per il Corridoio Adriatico.
Il Piano Territoriale di Coordinamento
della Provincia di Ancona conferma tale ipotesi precisando un’ipotesi
di tracciato (a fianco dell’autostrada A14) e sottolineando
l’importanza di utilizzare l’attuale tratto ferroviario dell’area
urbana di Ancona come metropolitana di superficie.
L’intervento proposto da RFI nega di fatto
il tracciato individuato dagli strumenti di pianificazione provinciale
e regionale coerentemente alle indicazioni fornite dal Corridoio
Adriatico.
La considerazione per cui l’intervento
proposto non è in contraddizione con la realizzazione di quanto
previsto dal Corridoio Adriatico e dagli strumenti di pianificazione
territoriale è veramente poco credibile.
Poco credibile in considerazione del costo
dell’opera (129.114.000 € )
Poco credibile in considerazione
dell’andamento del tracciato, rispetto al quale un secondo
arretramento verso Chiaravalle determinerebbe un impatto complessivo
sul territorio insostenibile ed ingiustificato.
Questo comporta, come conseguenza, che
l’intervento non solo è in contrasto con la programmazione europea,
nazionale e locale, ma inibisce la possibilità di attuare in tempi
adeguati quanto previsto dal Corridoio Adriatico e dagli strumenti di
pianificazione territoriale.
-
Lo studio
di impatto ambientale non ha preso in considerazione vere “alternative
di tracciato” ma solo impercettibili variazioni dello stesso
tracciato.
La valutazione di impatto ambientale ha
tra i suoi obiettivi fondamentali quello di confrontare l’ipotesi di
progetto con le altre alternative progettuali esistenti e
individuabili.
Lo studio esaminato non considera alcuna
alternativa di tracciato, in quanto quelle presentate con questo nome
sono in realtà semplici variazioni dello stesso tracciato, di quelle,
per intenderci, che si prendono normalmente in considerazione passando
da uno studio di fattibilità ad un preliminare.
Eppure esistono “alternative” reali di
tracciato, come quella individuata dal PTC della Provincia di Ancona o
come il vecchio raccordo “degli inglesi”, ancora leggibile sul
territorio e più volte richiamato dai Comitati cittadini.
Recentemente un tracciato alternativo, che
aggiorna e modifica il tracciato “degli inglesi”, è stato proposto
nelle anticipazioni dello studio preliminare per l’area ad elevato
rischio di crisi ambientale di Ancona, Falconara e bassa valle
dell’Esino.
Lo studio di impatto ambientale è
gravemente insufficiente e deve essere integrato attraverso l’analisi
degli impatti determinati dalle alternative di tracciato esistenti: la
soluzione proposta dal PTC, la soluzione “degli inglesi”, la soluzione
proposta nelle anticipazioni dello studio preliminare per l’area ad
elevato rischio di crisi ambientale di Ancona, Falconara e bassa valle
dell’Esino.
-
Lo studio
si regge su una serie di valutazioni assolutamente soggettive e, in
certi casi, in aperta dissonanza con atti e documenti che certificano
il valore e l’interesse pubblico dei beni considerati.
La cosa da evitare in modo assoluto in un
processo di valutazione degli impatti è la “soggettività” dei giudizi
di valore.
Non si vuole in questo caso entrare nel
merito dei metodi per garantire la massima oggettività e trasparenza
dei processi valutativi. Si vuole però sottolineare che il metodo
utilizzato nel caso in esame è, sotto questo aspetto, inaccettabile.
A prova di questa affermazione si
espongono alcuni casi in cui il giudizio del Valutatore appare
un’opinione personale e gratuita contro atti e determinazioni forniti
da Istituti ed Istituzioni competenti nella determinazione del
“valore” dei beni paesistico-ambientali.
Il tracciato di progetto prevede
l’attraversamento di due zone individuate dal Piano di Assetto
Idrogeologico (PAI) come “a rischio elevato – R4” per fenomeni di
esondabilità.
A fronte di questa situazione, in cui
l’introduzione di un nuovo ponte è sicuramente un fattore di
aggravamento del rischio, il Valutatore fa riferimento alla norma di
Piano che consente “la realizzazione di nuove infrastrutture
pubbliche o di interesse pubblico, nonché l’ampliamento o la
ristrutturazione delle esistenti, purché compatibili con la
pericolosità della zona”.
Aggrapparsi ad una deroga (che non può
non essere data per le opere pubbliche dal legislatore) per coprire
l’evidenza di una situazione di impatto grave non è né serio né
professionalmente accettabile.
Se la Regione Marche ha segnalato l’area
come a rischio elevato, impedendo la realizzazione di qualsiasi
nuova costruzione, ci sarà pure un motivo.
Far passare un’infrastruttura su un’area
a rischio elevato è una cosa comunque da evitare.
Si sottolinea che la stessa deroga vale,
in quanto area a rischio R4, per la grande frana di Ancona. Eppure
in quel caso si sta facendo di tutto per evitare che le ipotesi di
tracciato stradale vadano ad intercettare l’area a rischio.
Rispetto alla gravità riconosciuta
dell’area esondabile, l’impatto del nuovo ponte viene definito “di
modesta entità”.
Lo spostamento della stazione di
Montemarciano viene individuato nella zona interessata dai recenti
gravi fenomeni di erosione costiera (l’area di sedime disegnata è
oggi in gran parte occupata dal mare) senza che il Valutatore ne
abbia fatto alcun cenno.
Non vengono esaminate le relazioni tra
beni storico-architettonici e territorio: La chiesa di S.Lorenzo
viene separata da Fiumesino anche visivamente (rilevato di circa 4-5
metri), il bellissimo castello di Rocca Priora vede negato il suo
ruolo di terminale della via Clementina da un viadotto di 8 metri.
Eppure l’impatto sulla Rocca Priora e
l’impatto paesaggistico del viadotto vengono definiti “di media
entità”.
Viene sistematicamente minimizzato il
valore naturalistico del fiume Esino, concludendo addirittura con
queste dichiarazioni:
“I maggiori impatti, peraltro contenuti
considerando le caratteristiche urbane dell’area, sono a carico
delle specie invertebrate legate agli ecosistemi di ecotono che si
sono sviluppati nelle aree incolte.
Negli ultimi decenni le attività umane
hanno provocato forti riduzioni nella presenza di molte specie
animali”
Come si conciliano queste affermazioni
con il riconoscimento, fatto dal Comitato tecnico-Scientifico
regionale per le aree protette, dell’area del basso Esino
(comprendente le aree in esame) come “meritevole di istituzione di
una riserva naturale orientata”? (parere n°3 – seduta del
08-06-1999)
Come si concilia questa valutazione con
lo sviluppo dell’idea del “Parco dell’Esino” che ha portato al
finanziamento con il PRUSST della Provincia di Ancona di alcuni
interventi di riqualificazione ambientale di aree che sono
interessate dal tracciato di progetto?
Si evidenzia infine la rilevanza del fatto
che il tracciato di progetto intercetta ben 36 linee
infrastrutturali (elettricità, acqua, gas) anche di rilievo
nazionale. Tuttavia lo studio non valuta questo aspetto in termini di
impatti e di costi.
Allo stesso modo lo studio non esamina
l’interferenza tra il nuovo tracciato e l’aeroporto, con particolare
riferimento agli strumenti per il controllo dell’atterraggio guidato
(attraversamento del sentiero luminoso).
Questi semplici esempi per dimostrare come
lo studio presentato sia assolutamente inadeguato all’obiettivo di
determinare l’impatto sull’ambiente dell’opera in esame, per un
eccessivo livello di genericità, per una totale soggettività di
giudizio e per la scarsa conoscenza del territorio.
-
Conseguenze
negative per l’abitato di Villanova.
A fronte del vantaggio derivante dallo
spostamento dello scalo merci, che entrerebbe comunque in gioco in
qualsiasi ipotesi di tracciato per un raccordo della Falconara-Orte
con la linea adriatica, si riscontrano indubbie situazioni di
peggioramento per le condizioni dell’abitato di Villanova.
Un primo aspetto riguarda l’abbattimento
di almeno 8 abitazioni (contro le 5 dichiarate nel documento) con
appesantimento della separazione fisica del quartiere di Villanova da
Falconara.
Una secondo, ancor più grave, fattore di
preoccupazione è legato alla fase di esecuzione dei lavori, dove,
nonostante le ipotesi di mitigazione, si verificheranno rallentamenti
e addensamenti di traffico, produzione di polveri, transito di mezzi,
rumori dei mezzi di cantiere.
Questa situazione verrebbe a gravare in un
contesto ambientalmente già pesantemente compromesso.
Negli ultimi 5-6 anni, ed anche in questi
giorni, sia i limiti di ozono che di PM10 hanno superato ripetutamente
il livelli di allarme.
Sottoporre il quartiere ad ulteriori fonti
di pressione può, in questo contesto, apparire come un atto criminale.
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